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Milano indaga
Si è appena conclusa l’iniziativa Milano in giallo e noi vogliamo tracciare una sintetica panoramica degli autori più noti. “Milano come Chicago“: titolava così il 29 novembre 1976 la prima pagina de «La Notte», storico giornale milanese poi chiuso negli anni Novanta. Ecco spiegata la moltiplicazione di libri (e film) gialli e, di conseguenza, di ispettori, detective, commissari che hanno popolato e tuttora investigano nella nostra città.
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In realtà la ‘predisposizione’ di Milano ad essere terreno fertile per indagini criminali risale più indietro nel tempo, a quello che è considerato il padre di questo genere letterario, Augusto de Angelis: noto antifascista e giallista in un’epoca in cui il Minculpop aveva disposto il sequestro “di tutti i romanzi gialli in qualunque tempo stampati e ovunque esistenti in vendita”, innamorato di una donna ebrea, incarcerato e poi picchiato da un fascista: morì in seguito alle ferite riportate a soli 56 anni. Il suo eroe, il commissario De Vincenzi, egregiamente interpretato da Paolo Stoppa in una serie di sceneggiati Rai, opera prevalentemente nella nostra città. 
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Forse anche l’atmosfera, soprattutto invernale, fatta di nebbia e cieli plumbei, ha favorito lo sviluppo di questo tipo di letteratura: un misterioso delitto nella caligine notturna di Palestro apre le pagine di Motivo d’allarme di Eric Ambler, ambientato durante gli anni del ventennio. 
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Al dopoguerra si ispira Dario Crapanzano: “Mario Arrigoni, capocomissario di Porta Venezia (che è come dire arcimilanese, meneghino al quadrato), si muove in una Milano impegnata a ricostruire ma non ancora toccata dalla febbre dal boom, dove insieme a fabbriche e uffici riaprono anche i teatri, come il Piccolo di Strehler; dove le auto sono poche e ci si sposta in tramvai, tutt’al più in Vespa; dove brunch e happy hour non sono stati ancora inventati e al massimo nelle fumose osterie si può mangiare un panino, anzi, un ‘sanguis’, traslitterazione milanese della parola sandwich”. 
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Dal dopoguerra la città si è ingrandita a dismisura, la periferia “ha fagocitato cascine, campi coltivati e borghi storici, e si è ritrovata, senza rendersene conto, una metropoli” (così scrive Michele Turazzi nell’utile volumetto Milano di carta). Sono gli anni del boom economico “di una società approdata al consumismo senza aver davvero capito di essere uscita dalla povertà”, e l’equazione ricchezza = criminalità dà i suoi risultati nella cronaca nera come nelle pagine dei romanzi gialli. Dalla vecchia ligera locale “malavita estrosa e un po’ scalcagnata” che quasi mai uccideva (quella cantata da Jannacci e Gaber, per intenderci) si passa alla delinquenza efferata con cui si trova a combattere l’investigatore Duca Lamberti (protagonista anche di alcuni film) creato dalla veloce penna di Giorgio Scerbanenco. Sono gli anni della famigerata ‘banda Cavallero’ (che ha ispirato il film di Lizzani Banditi a Milano, con Gian Maria Volonté), di Francis Turatello e di Vallanzasca.
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La mala degli anni ’60-70 è descritta da Paolo Roversi in Milano criminale, prequel di Solo il tempo di morire, ambientato tra il 1972 e il 1984, ancora prima della cosiddetta ‘Milano da bere’.
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Al 1978 risale il l’esordio di Renato Olivieri. Ecco come Andrea Camilleri (nella prefazione di Il romanzo poliziesco di Yves Reuter) descrive il suo eroe: “Il commissario Giulio Ambrosio, innamorato stendhalianamente della sua Milano, è un uomo colto, dalle abitudini borghesi, sostanzialmente malinconico”. Ricordiamo anche il bellissimo film I giorni del commissario Ambrosio con Ugo Tognazzi.
“Ma l’eredità maggiore di Scerbanenco si ritrova in tutti quei commissari, vicequestori e detective improvvisati che hanno invaso gli scaffali delle librerie nell’ultimo mezzo secolo, rendendo Milano la città d’elezione per le indagini letterarie nel nostro Paese. Questi investigatori agiscono ovunque, in qualsiasi quartiere di una città che, dal punto di vista del crimine, non conosce pace”. 
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È la Milano degli anni Ottanta quella di Piero Colaprico, il giornalista che ha coniato il termine ‘tangentopoli’ (la sua esperienza in tema di criminalità milanese gli ha dettato il saggio di recente pubblicazione Manager calibro 9), nonché padre, insieme a Pietro Valpreda, del maresciallo Binda “un investigatore che si inserisce perfettamente nella tradizione del giallo. Classico per la meticolosità dei suoi ragionamenti, moderno per la sua abilità nel districarsi nei vari strati sociali di una Milano colma di divergenze, Binda risulta un personaggio con il quale non si può non simpatizzare. Padre e marito modello, imperturbabile, ma con un profondo lato malinconico, quasi dark, che bilancia una certa dose di sana ironia. Un anziano ex carabiniere che vive una seconda giovinezza proprio grazie all’attività di investigatore privato”. 
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Si tratta di un vero proliferare (cui si può offrire solo un rapido cenno), che non sembra attenuarsi, forse perché la narrativa è più vera e accattivante se agganciata al territorio, e la Milano buia, nebbiosa, tentacolare, sovrappopolata ben si presta ad un immaginario di tipo poliziesco. 
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I più recenti: Il mistero di Chinatown di Mario Mazzanti, la prima indagine dell’anatomopatologo Tommy Davis e dell’amico Gualtiero Abisso; La disciplina di Penelope di Gianrico Carofiglio: “La protagonista, brillante magistrato dei tempi che furono, è impegnata in un’investigazione tra le vie di Milano, avvolta nei ricordi e in un intrico da svelare”; a proposito di nebbia, è appena uscito Una giornata di nebbia a Milano di Enrico Vanzina: “È una giornata di nebbia a Milano, una di quelle che sembravano non esistere più, come se fosse uscita da un romanzo di un altro tempo, da una ballata di giorni lontani. Luca Restelli sta andando al giornale per cui lavora, per le pagine di cultura, quelle che non considera nessuno. Non ha ancora quarant’anni, ma anche i suoi gusti sono ‘passati’, come la nebbia di quella mattina: vive di riferimenti letterari e cinematografici, tra insicurezze e un po’ di superbo disprezzo per il mondo indolente e arrivista che lo circonda. All’improvviso arriva una notizia, un omicidio in Corso Vercelli, un uomo è stato ucciso con un colpo di pistola, è stata arrestata una donna. Restelli si propone, la cronaca nera gli è sempre piaciuta. Dopo aver raccontato la città eterna, Vanzina racconta l’altra capitale italiana. Il risultato è un giallo straordinario, elegante, irriverente, geniale e inaspettato”; Nella luce di un’alba più fredda di Hans Tuzzi: nuove indagini per il commissario Norberto Melis; Un colpo al cuore di Piergiorgio Pulixi, ambientato tra la Sardegna e Milano è la storia di “un serial killer che ha deciso di riparare i torti del sistema giudiziario”; e poi le indagini del commissario Caronte di Alessandro Reali. 
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Ambientato sempre a Milano (ma questa volta in estate!) l’ultimo bestseller di Alessandro Robecchi, Flora, di cui abbiamo già parlato: “Storia di un Pigmalione ai tempi della televisione che cerca di convertire la sua pupilla e le masse al culto della poesia, tramite il toccante esempio del surrealista Robert Desnos. Storia di un rapimento sui generis in cui il lettore è dalla parte dei malviventi, e ben presto lo sarà anche la vittima. Scritto in piena pandemia, ne riporta qualche velata eco”.
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Addirittura una magliaia è stata promossa all’invidiabile ruolo di investigatrice: si tratta di Delia, la protagonista dei gialli di Mauro Biagini.
Come dice Turazzi, “la lista è quasi inesauribile”. Per la fortuna di noi appassionati lettori, ci viene da aggiungere...
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paoloroversi · 5 years ago
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Il gioco è semplice: su questi tavolo ci sono esposti 8 miei romanzi. Riuscite ad individuarli tutti?#playthegame #radeschi #gialli #noir #thriller #thrillerbooks #feltrinelli #librerie #milano #milanoingiallo Un indizio? #Nientebaciallafrancese info https://t.co/jHM88m8OAk pic.twitter.com/3d34IYtNRc
— Paolo Roversi (@paoloroversi) June 21, 2020
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