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Tupperware
Avrei voluto salutare i miei vicini di casa. Quello che portava i pincher a fare i loro bisogni per la strada, i tre anziani che si mettevano a chiacchierare prima di cena, dalla primavera a settembre, attraverso i loro tre giardini comunicanti. La signora che mi vedeva tornare dal lavoro e mi salutava dalla finestra, aperta per arieggiare l’ambiente di casa sua, della quale non ho mai saputo il nome ma che mi stava simpatica e mi faceva sentire a casa. Avrei voluto salutarli prima di traslocare definitivamente, ma non l’ho fatto. Me ne sono dimenticato e, forse, ho dato per scontato che, vedendomi ogni sera armeggiare con valigie, cesti e scatoloni, avrebbero compiuto loro il primo passo, togliendomi dall’imbarazzo di dover recarmi da loro e, uno per uno, aver dovuto raccontare cosa mi stesse capitando. Che di lì a poco avrei cambiato casa, quartiere, modi di fare. Allo stesso modo, recitando un adagio banale che avrebbe avuto, come unico beneficio, quello di farmi stare in pace con me stesso, mi sarei rigettato a capofitto nel mio status quo di persona timida ma, comunque, sempre riverente.
Mi sono autoconvinto per settimane di questo fatto. Che avrebbero comunque visto portar via la mia roba, i miei mobili, i miei amati tupperware dove avevo conservato, per anni, pranzi, cene, dolci che non riuscivo a finire ma che non volevo gettare nella spazzatura, sughi, cipolle che poi marcivano assieme ad aglio e patate bollite. Non è come andare in vacanza. Come viaggiare ed arrivare al mare e far capire sin da subito ai tuoi vicini che ti sei reimpossessato della tua casa preparando la cena facendo baccano con le pentole e berciando domande in direzione dei tuoi commensali. Non è come giungere con le luci della sera in una località di montagna e posizionare due beole lisce e levigate dietro alle ruote posteriori della tua macchina, che hai sempre odiato, perchè la parcheggi in una viuzza leggermente in discesa, una stradina dietro casa, comoda, umida e poco percorsa.
Non è necessario rendere conto, nei traslochi, perchè i traslochi vengono fatti e vissuti solamente da persone che vogliono sentirsi protagoniste. Che lavoro avrebbe fatto Patricia Cornwell senza Kay Scarpetta, l’anatomopatologa di origine veronese da lei stessa creata? La sua vita e le sue attività da medico legato alla polizia. Le sue lamentele e il suo lavoro, la sua fisicità . Coi suoi alti e bassi, pur non essendo un giocatore capellone come Michele Padovano, che si è trovato a dover raccontare di città , a dover rassicurare la propria famiglia, sino a vincere da centravanti mancino una Coppa dei Campioni a Roma contro l’Ajax, in quella Juventus che poteva vantare, in attacco, un repertorio di professionisti di prima qualità che gli aprivano quotidianamente un campo di battaglia per poter trovare un posto da titolare. Padovano passò dai dissidi con Marchioro, allenatore milanese deputato alla provincia agra che provò a seguire a Genova l’anno dopo la fantasmagorica salvezza del 1994 nelle file della Reggiana, in una Reggio Emilia rossa come il frutto del tamaro. Forse fu un bene, quello di essere un panchinaro in quella Juventus, in quanto il subentrare all’altro mancino offensivo Fabrizio Ravanelli quando ormai la partita si stava avviando verso i tempi supplementari, lenta come la tartaruga di Zenone, gli permise di segnare dal dischetto uno dei rigori che gli fecero vincere quel trofeo, fortemente voluto e rincorso negli anni dalla società dopo il massacro dell’Heysel.
Michele lo ricordiamo con la seconda maglia della Juventus, quella blu con le stelle gialle. Come a significare una strana forma di appartenenza e di coerenza nei confronti del colore e della societĂ per quale stesse rendendo conto. Partendo dalla panchina o esultante, significativo e commovente, anche, sotto un certo aspetto.
Io, invece, mi sono ritrovato il giorno stesso del trasloco senza aver salutato nessuno, della mia vecchia via. Sono andato a far colazione al bar all’angolo il giorno stesso, quello delle grandi manovre, quando ormai in casa non avevo nemmeno più i fornelli per farmi il caffè. Sperando di non incrociare nessuno di conosciuto, sperando di non dovermi giustificare. Ogni volta che guardo i miei tupperware, quando li riempio o li metto in lavastoviglie a fine giornata, vedo gli sguardi dei miei vicini di casa squadrare il sacchetto di Iperborea conoscendone già il contenuto: un raccoglitore di olio, condimenti e rimasugli del pranzo ormai accaldati e puzzolenti, che mi porto appresso quotidianamente mentre, lontano da casa, penso ai miei vicini. Anche se ormai è troppo tardi.
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#pic #sport #calcio #michelepadovano #birthday #fbbrunetti Attaccante da 90 gol in campionato. Cresce nel Barcanova e Asti dove riesce ad esordire e fare i primi gol. Quattro squadre in cinque anni: Pisa, Napoli, Genoa e Reggiana prima della chiamata della Vecchia Signora dove vince uno scudetto, due supercoppe nazionali, una Coppa Campioni, una Intercontinentale e una supercoppa Uefa. Dopo la Juve, esperienze poco gratificanti con #crystalpalace, #metz e #como. https://www.instagram.com/p/B1tUeQ5AHRf/?igshid=k03qayc0522u
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