#mi piace questa prospettiva
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Le tapparelle chiuse. La stanza buia che tutta in una volta si illumina di rosso mettendo a tutti gli oggetti un velo di proibito. Sul letto. Sul tavolo con la bottiglia di vino sopra. Su di te seduto sulla sedia accanto al tavolo. Su di me in piedi di fronte a te. Anche sulla musica che si infila e si intreccia tra di noi. Mi guardi. La tua camicia di lino è aperta. Si vede come si alza e si abbassa il tuo petto quando respiri. Sempre più forte. Hai fatto un sorso dalla bottiglia. Stai passando le dita sulla tua pelle scoperta. Dal petto verso la pancia e poi sopra i pantaloni. Torni sul petto. Lo accarezzi..lo graffi. Hai voglia. Il tuo sguardo mi sta toccando..mi sta facendo a pezzi. Ti sei alzato tenendo ancora la bottiglia in mano. Adesso il tuo viso a 2 centimetri dal mio e la tua mano sta sul mio collo. Mi baci. Ti bacio. Mi lecchi le labbra. E poi mi guardi di nuovo. Passi la tua mano sulla mia guancia e mi dai uno schiaffo. Mi sta bene. Ti sorrido. Il tuo sguardo diventa serio e la mano va dietro la mia testa. Mi raccogli i capelli e tiri la mia testa indietro. Sussuri "Apri la bocca". Lo faccio tirando la lingua fuori. Sputi sopra e poi mi versi il vino in bocca.
- Bevi!
Cerco di bere ma stai versando troppo velocemente e il vino comincia a scolare ovunque su di me. Sulle braccia..sul seno..sulla pancia..sulle gambe. Ti fermi e mi baci bevendo il vino dalla mia bocca. Lasci i miei capelli e mi stringi vicino a te. Il mio seno bagnato schiacciato al tuo petto. Mi graffi la schiena con le unghie. Mi baci il collo..lo lecchi scendendo verso le braccia e le dita. Sanno di vino. Gli prendi in bocca e succhi. Mi guardi negli occhi. E in questo momento non si capisce chi sottomette chi. Salendo passi la tua lingua sulla mia pancia. Ti fermi sul seno. Lo schiafeggi e lo succhi subito dopo. Passi le unghie sopra e sui capezzoli bagnati. Mi lasci i segni addosso.
Non so il perché ma ti fermi e ti allontani. Sparisci nel buio. Sento solo il rumore. Stai cercando qualcosa. Resto ferma e aspetto. So che non devo muovermi da qui. Torni con polaroid in mano. Scatti una foto ai segni che mi hai lasciato sulla pelle. La sventoli e la metti nella tasca dei pantaloni aspettando che sviluppi. Passi le dita sul mio viso e sulle labbra. Gli prendo in bocca e gli succhio. Ti guardo. Tiri fuori le dita e gli metti nella tua bocca succhiandoli. Senti il sapore della mia saliva. Stai attaccato alla mia faccia. Gemi. Sai quanto mi eccita sentirti gemere. Passi le dita bagnate sul mio petto strizzando un po i miei capezzoli facendomi aprire la bocca di nuovo. Le dita scendono ancora...verso linguine..mi toccano leggermente. Senti come mi fa bagnare tutto questo.
Ti togli la cintura dai pantaloni con i miei occhi puntati sulle tue mani. E mentre giochi con i miei capezzoli appena colpiti con la mano avvicini il tuo orecchio alla mia bocca.
- Dimmi dove vuoi essere colpita
Non riesco a non gemere perché le tue dita sopra miei capezzoli mi fanno impazzire e ti rispondo:
- Sul culo
Vai dietro di me e scatti un'altra foto da questa prospettiva. Mi dici di stare ferma e passi la cinta su tutta la mia schiena. Mi fa vivere i brividi. Ti allontani e mi dai un colpo sul culo, e subito un altro veloce. Mi lasci i segni. Ti pieghi e passi la tua lingua sopra. Lo accarezzi per calmare il dolore. Ti alzi e dai altri due colpi..anche sulle cosce. È difficile stare ferma. Ma lo so che ti piace. Ti piace vedermi lottare per mantenere il controllo. Vieni di nuovo davanti a me. Mi baci. Sto cercando i tuoi baci perché mi danno la tregua. Scendi a baciare tutto il mio corpo. Sul collo e di nuovo sul petto, lungo le braccia, giù sulla pancia e sulle cosce.
- Posso toccarti?
- No! Prima devo finire di assaggiare tutto il tuo corpo.
Dalle cosce ti sposti verso il ginocchio e il polpaccio, e poi sui piedi. Lecchi tutto. Ti metti in gioco davanti a me e prendi il mio piede portando le dita sulle tue labbra succhiandoli uno per volta. Mi eccita molto vederti così.
Questo racconto è stato scritto in collaborazione e con l'influenza di una persona che non ci sta più su Tumblr. Però volevo pubblicare lo stesso 🖤
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Prospettiva di oggi, #156
È tutta la giornata che piove su Berlino, io non sono andata a lavoro. Volevo pulire casa, pulirmi la testa, non lo so, magari uscire per fatti miei. Ho fatto tutto questo, ho fatto anche la spesa, senza il cappotto verde lunghissimo che mi fa sentire al posto giusto, ma con quello, ancora più caldo, che ho preso dall’armadio di mio padre. Quando sono andata via da lavoro, ieri, la mia collega decisamente perfetta per questo ufficio mi ha chiesto che programmi avessi per la serata, avevo il contratto da festeggiare. Io le ho detto che non lo sapevo, ma che la mia novella coinquilina aveva menzionato l’idea di aprire una certa bottiglia di vino insieme. Lì ho visto uno sprazzo di come sono dall’esterno - una delle cose che sono - una roba che certamente ho pensato spesso, ma vista nei suoi occhi e letta nelle sue parole si è fatta di nuovo reale, all’improvviso. Non so come fai ad essere sempre così cool, prima esci a bere birra con la professoressa indiana, poi bevi vino con quella brasiliana. Il fatto, e gliel’ho detto, è che avrei volentieri degli amici come lei, della mia età, se a qualcuno di loro andasse di vedersi ogni tanto fuori dall’ufficio. Il fatto è che prima ero come lei, non avevo spazio per nessuno e niente, ero concentrata sulle cose che avevo da fare. Non lo sono più: non faccio che perdermi, vado dove mi capita.
Poi è vero anche che coi cinquanta-sessantenni vado forte. La brasiliana mi ha detto che aveva intenzione di cambiare casa quando ha saputo del mio arrivo, anche perché quella in cui siamo è lontana, ma adesso vuole restare, perché le piace molto la mia compagnia. Io le offro le sigarette segrete, le cucino torta e castagne, pulisco da capo l’intera casa perché lei proprio non ne ha l’attitudine. La faccio sentire libera di essere se stessa. Allora mi confessa che si è inscritta ad una certa app di incontri, mi parla della sua vita. L’indiana ha un regalo per me, me lo porterà quando ritorna. La persona che sento di più in assoluto, ancora, è lo zio di Valerio: alla penultima terapia intensiva che abbiamo condiviso abbiamo realizzato che è più grande di come lo sarebbe mio padre. Queste persone parlano con me come io parlo con loro, ed io parlo con loro come parlo con tutti, anche quei tre amici che mi restano. Io, lo so, piaccio alle persone. Il commesso del negozio di casalinghi che stamattina ha dovuto gestire il suono dell’antitaccheggio provocato dal mio tentativo di andare via ha provato a scherzare con me, metà in inglese e metà in tedesco, metà parlando e metà cantilenando. A quanto pare esiste una parola in questa lingua astrusa che ha a che fare con le forbici e che significa qualcosa del tipo “ritagliare la sagoma”. Non stavo capendo un cazzo e quindi non ho colto bene, ma dopo pensandoci ho immaginato che volesse dirmi: Non ho avuto alcun dubbio che si trattasse di un errore, perché hai il profilo da personcina per bene. A volte è difficile ricordarmi che se suona l’allarme non è necessariamente perché ho fatto qualcosa di male. Eppure dovrebbe essere la prima spiegazione plausibile: non faccio mai deliberatamente qualcosa di male, e sono davvero una bella persona. Il cappotto di mio padre è mezzo monito di quanto posso essere capace di relazionarmi col prossimo e mezzo testimone di una condanna antica a cui non potrò mai sfuggire. Un esempio pratico: sono cresciuta sentendomi dire che sono una disordinata patologica incapace di contribuire alla gestione della casa. Adesso che papà è morto la narrazione si è ribaltata, e per mia madre quando entro in casa sua è arrivata la suocera ipercritica delle condizioni igieniche in cui vive. In comune a tutte le narrazioni c’è una cosa sola, la solita: io non vado bene, questo mio modo sbagliato di essere rende gli altri mie vittime.
Io piaccio a tutti perché non piaccio alla mia famiglia, oppure è più sensato dire nonostante? Nel frattempo, comunque, raccolgo sempre i frutti di questa scuola di inaccettabilità, ed è forse anche questo nel telos, anche questo mi ha portato ad essere qui, chissà dove altro mi porterà, finché resisto e ancora mi perdo.
#l’app di incontri comunque mi è ancora inaccettabile#proprio come per mia madre#magari però posso perdermi meglio e capitarci per sbaglio#non stupirebbe nessuno più di quanto stupirebbe me#nemmeno mia madre#pdo
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Mi capita spesso di osservare le persone. Molte sono farfalle che svolazzano da un fiore all'altro, senza mai posarsi davvero. Ma, purtroppo, c’è meno poesia. C'è invece un'agitazione frenetica, una reazione a catena che sembra non avere fine. Un grido che ne suscita un altro, un gesto aggressivo che ne innesca una sequenza. È come se stessero recitando una parte, senza un copione ben definito, semplicemente reagendo a uno stimolo esterno. Una strana presenza-assenza sul grande palcoscenico della vita. Una disconnessione tra l'azione e il pensiero, tra il corpo e l'anima.
Mi chiedo: perché? Qual è la molla che spinge gli individui a comportarsi in questo modo? Credo che alla base ci sia una profonda insicurezza, un bisogno spasmodico di affermare sé stessi in un mondo che ci chiede costantemente di essere qualcuno che non siamo. Un mondo che ci promette l'apice del successo, ma ci costringe a indossare maschere sempre più uguali.
E poi c'è la rabbia, un sentimento represso che esplode alla minima provocazione. È la rabbia di chi si sente prigioniero di un sistema che lo soffoca, di chi anela a ribellarsi senza sapere a cosa o come.
Ma la cosa più preoccupante è la perdita di un senso più profondo. Sembra che stiamo vagando alla deriva, senza una bussola, senza una meta. Viviamo in un'epoca di grande incertezza, dove i valori tradizionali sono messi in discussione e le nuove generazioni sembrano smarrite.
Eppure, nonostante questo grande caos, in ognuno di noi c’è una stanza, vuota e silenziosa, che attende solo di essere scoperta. Un luogo interiore dove, al riparo dai giudizi e dalle aspettative, possiamo finalmente guardarci dentro senza filtri. Un rifugio dove chiederci: "Chi sono io, davvero, al di là di ciò che mostro al mondo? Quali sono i miei desideri più autentici, quelli che nascondo anche a me stesso? Perché fuggo da loro invece che corrergli incontro?"
È in questa stanza che possiamo liberarci dalle maschere che indossiamo per paura di essere giudicati, o per conformarci a un'immagine che non ci appartiene. È qui che possiamo smettere di cercare un giusto o uno sbagliato, e semplicemente essere.
Io ho scoperto questa stanza grazie a un amore che mi ha messo a nudo, mostrandomi le contraddizioni e le paure che nascondevo. All'inizio ho provato terrore, ma poi ho capito che quella era la mia occasione per riconnettermi con me stessa.
Un amore che non è possesso, ma dono. Che si trasforma nella capacità di aprirsi completamente all'altro, senza riserve, e insegna che, per farlo davvero, bisogna prima conoscersi a fondo. Bisogna prima entrare nella stanza vuota, trovare il coraggio di farlo.
Sono grata di quell’amore. Quello che ho vissuto è stato un incontro unico, un regalo inaspettato che mi ha permesso di cambiare prospettiva. Non c'erano le aspettative e i desideri della passione, solo una profonda volontà di dare e di essere autentica.
Vorrei che tutti potessero provare questa esperienza: la fortuna di provare un sentimento così intenso da spingerli a mettersi a nudo. Vorrei che tutti voi riceveste lo stesso dono che ho ricevuto io. Ma se non dovesse arrivare, se fosse in ritardo, andatelo a cercare voi. Che sia un qualcuno o un qualcosa, non importa, cercatelo e non vi arrendete. Ne vale la pena. È l’accesso alla vostra stanza vuota, la soglia di quel luogo di verità e di autenticità in cui trovare finalmente le risposte che cerchiamo.
Questo blog è il mio piccolo angolo creativo. Ogni parola e ogni immagine presente in questo post è frutto della mia immaginazione. Se ti piace qualcosa, condividi il link, non copiare
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Riflessione… questa è la mia prima riflessione che pubblico, quindi abbiatene paura, sinceramente 😂
Stavo pensando che viviamo in un mondo dove le percezioni sono spesso frammentate, dipinte da esperienze personali e dalle sfumature dei nostri pensieri. Ogni gesto, ogni parola, viene interpretata attraverso una lente soggettiva, e ciò che per un altro appare come giusto o innocente, per un altro può sembrare incomprensibile o addirittura offensivo. Questo può generare tensioni e fraintendimenti, perché spesso ci manca la pazienza di cercare di vedere oltre la nostra prospettiva e di fare spazio alle visioni altrui. Come esseri umani, cerchiamo naturalmente di capire il mondo secondo la nostra esperienza; tuttavia, questo atteggiamento non sempre lascia spazio a una vera comprensione. Spesso, si preferisce criticare o evitare ciò che non si comprende piuttosto che cercare di approfondire. La volontà di ascoltare, di fare domande, di cercare di capire non è scontata e richiede umiltà e un interesse autentico verso l’altro. Molti giudicano subito, senza sforzarsi di scoprire cosa ci sia dietro un comportamento o una parola. Magari per orgoglio, o perché manca quella connessione naturale che ci fa sentire attratti da una persona... Si potrebbe dire, è oggettivo ciò che è uguale per tutti ed è visto allo stesso modo da tutti; è soggettivo ciò che invece varia. Purtroppo, però, non tutti hanno la stessa bontà e non tutti siamo uguali, anche se è apprezzabile chi ancora riesce ad avere un po’ di empatia e comprensione.
Siamo spinti dal bisogno di leggerezza, preferiamo la compagnia di chi ci fa ridere, di chi allevia il peso delle giornate. È umano, naturale: cerchiamo il sollievo nel simile e nelle persone che ci fanno sentire al sicuro. Forse per questo tendiamo a preferire le compagnie spensierate e quelle che ci distraggono dai pesi della quotidianità. Tuttavia, proprio questa preferenza, se da un lato ci fa sentire bene, dall’altro può farci perdere qualcosa di profondo. Scartiamo involontariamente chi può avere qualcosa di importante da dire ma non lo fa con la leggerezza che cerchiamo, e questo può creare delle fratture lasciando cicatrici. Seguiamo i nostri interessi e non ci preoccupiamo troppo di come le nostre scelte possano influenzare gli altri. Ma la chiave per andare oltre le apparenze e trovare una connessione autentica sta proprio nella capacità di essere pazienti e di ascoltare, senza giudicare. Forse, ciò che manca davvero è la disponibilità a guardare l’altro come un’opportunità di conoscenza, senza chiedergli di essere in un certo modo solo per il nostro piacere o comodità.
Siamo una società che tende a ridurre i rapporti a un "mi piace" o "non mi piace", a semplificarli al punto di non lasciare spazio alla complessità dell'essere umano. La vera empatia, però, implica mettersi nei panni dell’altro e voler comprendere la sua soggettività. Dopotutto, ci sono poche esperienze più belle di quella di sentirsi compresi, ma per riuscirci serve la volontà di andare oltre il nostro personale concetto di giusto e sbagliato.
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«Forse è vero, – si disse. – Forse i miei fallimenti nascono proprio da questa prospettiva sbagliata: rifiuto il mondo perché non mi piace, poi però faccio di tutto per piacergli. Cammino davanti a una porta chiusa, orgoglioso di starne fuori, ma se busso nessuno mi apre».
Fantasmi, Vincenzo Cerami.
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Chi dopo il liceo è andato a studiare giurisprudenza, medicina o ingegneria, ha spesso conservato nei confronti del latino la reverenza che si ha verso l’aguzzino di cui ci si è liberati: l’antico terrore che, grazie al peso degli anni, si addolcisce di nostalgia. E, soprattutto, germoglia rigogliosamente questa idea che se sul latino ci ho sofferto io ci dovrà soffrire anche la generazione dei miei figli e delle mie figlie. Si sopravvive, alla fine, ci si tempra. Ed è qui che, di solito, mi vedo costretta a interrompere il dissertare nostalgico perché no, c’è chi non sopravvive per niente. Non sopravvivono spesso le ragazze e i ragazzi figli di genitori non italiani. Non sopravvive chi non può permettersi le ripetizioni. Non sopravvive chi incontra come insegnanti “le vestali” delle lingue classiche, che ancora insegnano il latino a suon di due e di liste di complementi mandate a memoria. Prima di stracciarsi le vesti per la regressione del latino, lanciare geremiadi sulla nostra civiltà ormai perduta, possiamo prendere in considerazione il fatto che se non ci fosse l’indirizzo di scienze applicate al liceo scientifico perderemmo forse un numero importante di diplomati nelle discipline STEM di cui pure lamentiamo continuamente la mancanza? La domanda degli studenti, in fondo, non è così peregrina (e in effetti le loro domande di senso non dovrebbero mai essere liquidate frettolosamente). Ed è forse la stessa domanda che, come docenti, dovremmo porci quotidianamente. E se – come dico di solito in classe – iniziare una domanda con a cosa serve è fuorviante perché ci inserisce subito all’interno di un ragionamento utilitarista (lo stesso che governa, temo, le scelte di orientamento di questo governo), è pur vero che domandarsi perché e subito dopo come può aprire alla didattica, non solo del latino, prospettive inaudite. La risposta che tendo a preferire è sempre la stessa: insegnare per liberare. A chi volesse esplorare questa prospettiva, consiglio Tutte storie di maschi bianchi morti, di Alice Borgna, che pone in modo serio il tema dello studio e dell’insegnamento delle lingue classiche, anche alla luce del fatto che studiare il latino per leggere i grandi classici vuol dire oggi fare i conti con il fatto che, per esempio, quei classici sono prodotti di una cultura maschilista e fondata sullo schiavismo.
L'articolo è dietro paywall ma basta disattivare gli script per leggerlo tutto. (Ho segnalato questa cosa a Domani anni fa, ma evidentemente gli piace così)
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"Caro C. Sono meno convinto di te che lo spirituale non possa essere sottratto al dominio umano. Agli ambientalisti/fisicalisti si sovrappone il “transumanesimo”. È vero che gli “esseri umani” come li abbiamo conosciuti nel corso della storia sono esseri intrinsecamente spirituali, ma tutta una serie di fattori stanno ora cospirando per sostituire effettivamente gli “esseri umani” con un nuovo tipo di creatura/macchina, e la dimensione spirituale è non fa parte del piano. Sto scoprendo che anche tra le cosiddette persone "spirituali" nel mondo eco/fisicalista, la "spiritualità" che hanno in mente è simulata e generata dalla macchina, ad es. "Elmo del dio di Persinger". Oppure la “pillola illuminista”. E così via. Ha una lunga storia, ovviamente, che risale alle macchine del "biofeedback", alla "dianetica" di Hubbard e alla spiritualità dell'LSD di Leary. Questo tipo di cose ora sembra sempre più mainstream. L'interfaccia tecnologia/spiritualità, come piace chiamarla.
Ma ciò equivale a una denaturazione radicale dell’uomo, e non sono sicuro che il bisogno apparentemente innato di “spiritualità” sopravvivrà a questa denaturazione. Può essere incontenibile negli esseri umani così come li abbiamo conosciuti, ma la categoria stessa di “essere umano” è oggi sotto un attacco senza precedenti. Parte del grande piano è riprogettare gli esseri umani dal gene in su. [...]
Un mondo di uomini/macchine senz’anima. Questa è una prospettiva reale, penso. E gli odiatori di Dio nella sinistra verde contemporanea sono tutti a favore. Non vogliono una religione mondiale. Vogliono ricostruire gli esseri umani dentro e fuori per sradicare del tutto l’impulso religioso. Questo, almeno, è ciò in cui mi sto imbattendo."
-Un professore universitario Australiano nel 2012.
(utenteLXXVIII)
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se è vero che il potere nasconde i suoi fini, perché ce lo mostrano? (domanda che rimane aperta).
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Ti seguo da un sacco e vorrei sapere cosa ne pensi: Da persona di genere maschile, cis-etero, che ha cambiato prospettiva proprio sull'essere "maschio", ovvero prima molto basico adesso molto diverso e consapevole, vorrei sapere se possibile quali sono i motivi per la quale fansly è poco attivo.
Mi spiego meglio: A mio parere tutte le piattaforme di questo genere, utilizzate negli ultimi anni da maggiormente persone di genere femminile (etero e non), sono a parer soltanto piattaforme che appagano l'uomo.
Approfondisco meglio: credo (ma non voglio presupporre) che tu sia meno attiva perché adesso c'è qualcuno che ti desidera veramente e non soltanto come appetito sessuale. Ovvio, magari ti sei stancata, chissà! Vorrei soltanto sapere se quello che penso se mi immergo nei panni di una ragazza che vende contenuti è plausibile. Ovvero che l'euforia che viene dal far mostrare il proprio corpo ed avere una remunerazione per questo, si spenge via via che si capisce di essere esclusivamente un prodotto di se stessi.
Non voglio insultarti perciò se questa domanda ti da fastidio accoglierò il fatto che non ne vuoi parlare!
Hey, apprezzo il tono con cui è stata posta la domanda e prima di tutto, ti ringrazio.🤍
In generale negli ultimi anni ho acquisito molta più consapevolezza su me stessa, sia a livello fisico che mentale. Ho imparato poco a poco ad amarmi. E partendo dall'essere perennemente in conflitto con il corpo, tanto da piangere veramente ogni dannato giorno, continuando a mettere a confronto il mio corpo a quello di mille altre ragazze che consideravo "perfette", sono arrivata al punto in cui scoprirmi non mi sembrava più motivo di imbarazzo, anzi. Ho iniziato a fotografarmi spesso e chissà, forse quando ho iniziato a postare le mie prime foto più "spinte" qua su Tumblr desideravo che anche gli altri, uomini e donne, vedessero ciò che vedevo io e lo apprezzassero tanto quanto me. Un po' per vanto, un po' per approvazione. Poi con il tempo è diventata semplice abitudine. Il fatto che sia poco attiva su fansly non ha nulla a che vedere con la mia relazione. Ovviamente mi sento amata e apprezzata e desiderata e mi sento fortunata ogni giorno per questo. Ma lo scattare foto e renderle pubbliche è una cosa che risaliva a prima della mia attuale relazione, ora semplicemente mi piace farlo quando ho del tempo da dedicare a me stessa e l'idea di aver aperto una pagina in cui mi "vendo", a parte il poco guadagno, è solo una cosa come un'altra. Mi piace il mio corpo, mi piace fotografarlo, mi piace pubblicare una cosa che mi fa stare bene, tutto qui. Spero di essere stata chiara ed esaustiva, forse le frasi sono un po' sgrammaticate perché mi sento particolarmente stanca questa sera e sto faticando persino a concentrarmi durante la lettura di un libro che mi appassiona😩
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Io divento la donna che scrive...
Hai iniziato da piccola, a guardare incantata le famiglie degli altri. Che talento che hai sviluppato: riconoscere le famiglie felici. Va sempre così, chi ha una famiglia felice, spesso non ci fa caso, ma chi non ne ha mai avuta una, le capta subito. E tu le riconoscevi, ne osservavi incantata i meccanismi, per te del tutto sconosciuti: fratelli, sorelle, qualcuno con cui giocare e bisticciare, una mamma e un papà che si baciano mentre ricordano il passato.
Le belle case, disordinate dalle vite che le abitano, e proprio per questo belle. Dio, con quanta disperazione hai pensato "Vorrei essere quella mensola, o un qualsiasi pezzo dell'arredamento, basta esserne parte". Con quanta disperazione hai finto di essere una figlia in più, ogni volta in cui gli amichetti ti invitavano a casa e i genitori ti accarezzavano la testa?
Sei così triste e non sai ancora pronunciare la parola tristezza, forse neanche scriverla.
Sei triste quando torni a casa e compari quello che hanno loro e quello che hai tu e capisci che qualcosa non torna: nessun fratello o sorella con cui giocare, nessuna mamma e papà a baciarsi e ricordare il passato. No, nella tua casa mamma e papà litigano per quel passato che entrambi rinnegano. Separazione, divorzio, tutti paroloni che non comprendi. E tu continui a osservare, ora anche a tremare perché sai che qualcosa non va nel modo in cui papà avanza verso mamma, le sputa, la insulta, a volte lancia oggetti per ferirla. E oltre alla tristezza senti la paura. Poi arriva la rabbia, qualche anno dopo. Urli basta, tiri dei pugni contro papà. Sei così piccola ma anche così grande. Ti chiedi dove siano i vicini di casa, se sentano le urla, se qualche famiglia felice avrà pietà di te e ti verrà a prendere.
Poi gli anni passano, i litigi cessano, nessuno ne parla e tu li affondi in una parte della tua mente che non visiti mai. Forse hai immaginato tutto. Anche se fosse accaduto davvero, ogni famiglia ha i suoi difetti, no? Alla fine quello è tuo papà, è gentile con te e ha fatto tanti sacrifici per il tuo futuro. Tutti ti dicono che ti adora e anche tu sai che è così. E poi, lui non ha mai picchiato mamma. Quindi non è vera violenza, no? La violenza è fatta di lividi e percosse. Se non ci sono, allora non è così grave. Quanto sarà pericolosa questa idea scavata nella tua mente quando comincerai a uscire con i ragazzi?
Lo sarà fin quando un giorno non ti troverai a immaginare la tua di famiglia, quella che vorresti. E ti renderai conto di avere un solo timore: sbagliare a scegliere. Scegli l'uomo sbagliato e sei finita. Sì, perché poi arriverà un'altra bambina, simile a te, che si troverà a guardare con occhi incantati un'altra famiglia felice, e a smaniare di esserne parte, anche solo come tappezzeria. Un ciclo disfunzionale che passa di generazione in generazione. Tua mamma non ha avuto una famiglia felice, neanche tua nonna, lo stesso destino tocca a te, a tua figlia, ai tuoi nipoti...
E allora la prospettiva cambia, tu cambi, io cambio. I ricordi tornano a galla, io li devo far tornare a galla, perché quella merda mi serve. Così la smetto di essere una bimba che osserva e divento una donna che scrive, che pensa, che capisce. Divento quella indipendente, libera, che cerca di non perdere la sua sensibilità. Ora non riconosco solo le famiglie felici ma anche le persone che contribuiscono a rendermi felice. Ora so quando rimanere o andare, so perdonare, essere gentile e comprensiva, ma so anche essere così tanto cattiva o indifferente (con chi lo merita) che a volte mi faccio paura da sola. E mi piace così tanto essere così.
Perché sento di essere quella che spezza questo ciclo di merda che si trascina da generazioni. Lo devo a quella bambina che da piccola ha smesso di osservare e ha trovato il coraggio di dire basta, di colpire chi l'ha messa al mondo. Sono quella che traccia il limite che lei mi ha indicato.
Forse un giorno sarò madre o forse no, in ogni caso, qualsiasi trauma abbia tormentato la mia famiglia fino ad ora, non passerà alla generazione successiva.
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La mia depressione segue un pattern che alterna fasi maniacali folli e periodi di vuoto esistenziale in cui faccio fatica anche a tenere gli occhi aperti.
Negli ultimi due giorni sono passata da scatti d'ira violenta e immotivata a crisi di pulizia degne di una casalinga degli anni '50. Crisi che hanno avuto fine ieri, quando mi sono decisa a far visita all'emporio cinese sotto casa mia per comprare una nuova tenda per la doccia.
Adesso il mio bagno è bellissimo, lucido e pulito. Tutto grazie alla sfumatura di bianco avorio della nuova tendina in PVC, decorata da delicate fantasie di coralli cerulei.
Nel momento in cui ho deciso che la tenda della doccia avrebbe risolto tutta la frustrazione che mi causa la disorganizzazione della mia Manager Suprema, però, ho anche deciso che era giunto il momento di spendere 25 euro in un abbonamento annuale a un'applicazione per imparare il Coreano.
La fissa per il Coreano è la cosa che mi fa più ridere in assoluto, se la osservo dalla prospettiva di una mente neurotipica. Perché mai una ragazza di 26 anni, che padroneggia mirabilmente l'Inglese, sa parlare Francese e comprende il Tedesco, dovrebbe cimentarsi nell'imparare una lingua che realisticamente non le servirà a un bel niente?
Non lo so, fatto sta che adesso ho il mio bravo quadernino dove riporto in bella copia tutti i caratteri Hangul, le forme di saluto e le espressioni di cortesia. Sono due giorni che dedico almeno un'ora e mezza a leggere e imparare nuovi termini, arrabbiandomi con la mia lingua che non ne vuole sapere di articolare in maniera aggraziata questi suoni gutturali e palatali d'Oriente.
Ho anche scaricato un'applicazione per parlare con persone coreane, nella speranza di sveltire il processo di apprendimento e immagazzinare quante più nozioni linguistiche possibili prima che arrivi la prossima fase depressiva. Solo che le persone coreane o mi snobbano oppure mi parlano in Italiano. E in quest'ultimo caso lo parlano anche fin troppo bene, quindi finisco per mettermi a chiacchierare di cavolate, dimenticando che il mio obiettivo è riuscire a pronunciare bene la parola "anneyong".
Comunque, questa nuova e imprevedibile fissa fa il paio con l'assoluta mancanza di socializzare e parlare con la gente. Mi viene difficile trascorrere più di un paio d'ore insieme ad altre persone, soffro le conversazioni di circostanza e non riesco a trattenermi da sganciare piccole bombe non richieste in forma di considerazioni esistenzialeggianti sul senso della vita. Con il risultato che le persone attorno a me mi guardano perplesse e poi con un sospiro danno fuoco alla loro canna del fine settimana.
In periodi come questo darei via la mia anima per essere una persona normale, per essere in grado di parlare del niente ed essere contenta, per potermi accontentare della mediocrità e della frivolezza. Darei sinceramente la mia vita per poter esorcizzare le mie ansie paralizzanti facendo compere o passeggiando per le vie del centro.
E invece eccomi qua: barricata alla scrivania, quasi dimentica di mangiare, che passo dallo scrivere una copy sulle piante per il mal di testa a decifrare esercizi scritti in un alfabeto che fino a 48 ore fa mi era completamente sconosciuto.
Però in fin dei conti forse va anche bene così. Quando ero ragazzina avrei preferito suicidarmi piuttosto che ammettere a me stessa che stare da sola è proprio ciò che mi piace.
Certo, poter parlare con qualcuno è bello - in alcuni casi. Ma io sono rassegnata al fatto che neanche il mio ragazzo vuole sentirmi dar voce ai pensieri che popolano la mia testa. E come biasimarlo.
Anche la psicologa, che ho ghostato qualche mese fa, mal sopportava i miei sproloqui e le mie fisse estemporanee.
Anche lo psichiatra, che vedo solo due volte l'anno per farmi rinnovare le ricette, si limita a monopolizzare la seduta perché tanto io non avrei nulla di interessante da dirgli. E quindi sì, certo, parlami ancora della filosofia orientale mentre mi chiedi di pagarti senza fattura.
Anche mio padre, che ormai si è dato alla macchia, non mi ha mai lasciato parlare durante le poche volte che abbiamo mangiato assieme.
Che nessuno mi voglia ascoltare un po' mi ferisce. Anche perché vorrei tanto condividere la piccola gioia che mi dà il saper dire "grazie" in coreano. Vorrei poter dire che fare TikTok stupidi e senza pretese mi mette allegria. Vorrei poter dire a qualcuno che sì, mi sento molto sola ma che ho imparato a non farmi del male quando sono da sola con me stessa.
A quindici anni dicevo che anche le persone più ricche e di successo a fine giornata si trovano da sole davanti alle loro paure. Ebbene, io vivo all'ombra dei miei terrori ininterrottamente da ventisei anni. Ormai posso dire che sono loro i miei migliori amici.
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Premetto che la penso allo stesso modo, la pancia è l’unica cosa di me che non sono mai riuscita ad accettare. Ma guardando le tue foto e ti ho sempre invidiata proprio perché hai un fisico bellissimo e una pancia stupenda (😭). Probabilmente le nostre pance non ci piaceranno mai in qualsiasi modo siano, dobbiamo solo accettarle per quello che sono e conviverci. Ogni tanto penso che secoli fa lo standard di bellezza erano donne estremamente formose e in carne o che fino a cinquant’anni fa gli standard erano completamente altri e mi viene da sorridere. Ci torturiamo inutilmente, è triste.
Ti sono vicina 🫂🩷
eh purtroppo è sempre una grande rottura, soprattutto quando oltre ad averla e oltre ad essere un’insicurezza magari c’è quella giornata in cui ti senti gonfia, o sai di aver mangiato un po’ di più la sera prima, e quindi per la vergogna eviti di uscire, o di andare a qualche serata convinta che quel pantaloncino o quella maglietta un po’ più stretta che tanto ti piace metterà tutto ancora più in risalto (o almeno, questa è la mia esperienza: esco quando la mia pancia non esce hahaha)
si nelle foto si, capisco quello che intendi, però quello che dico sempre è: luci e posizioni cambiano sempre la prospettiva, e io con il tempo ho imparato a nascondere tutto ciò che non mi piace, provando e riprovando e fotografarmi. non servono le app come photoshop e cazzate del genere, una mano sul punto che non ti convince, un’angolazione, una luce possono cambiare tutto. quindi diciamo che ciò che mostro io è realtà ma una piccola percentuale viene nascosta e/o camuffata. la mia pancia c’è, e dopo il grande sforzo che ho fatto per perdere tanti chili spesso guardandomi penso: “una ragazza normale che pesa come me non ha questa pancia” e quindi un po’ mi dispero. però va bene così, con il tempo ci sarà modo per diminuirla finché non sarò soddisfatta.
non ti conosco ma ti auguro di arrivare presto a quel giorno in cui non invidierai più le ragazze nelle foto e riconoscerai la tua bellezza💕
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"Tu sei il maestro della tua orchestra e puoi decidere la colonna sonora della tua vita"
- Alessio Stortini
Ehilà, raggio di sole! ☀️
Oggi ci tenevo tantissimo a condividere con te questa bellissima citazione, principalmente perché mi ha ricordato una frase che porto nel cuore da anni e che mi ha aiutata molto: "Sei tu il protagonista della tua vita".
Ma soprattutto perché queste parole mi donano sempre una consapevolezza preziosa, che purtroppo oggi sembra essere meno comune e spero che possano risvegliare in te la stessa sensazione di forza e fiducia!
Ricordati sempre che sei forte, coraggios* e capace di realizzare tutti i tuoi sogni. La vita è breve, e non vale la pena vivere con i rimpianti. Mettiamo da parte le nostre paure e osiamo inseguire ciò che ci rende veramente felici! 🌷
Ti auguro di vivere ogni giorno con gioia e determinazione, perché TU puoi TUTTO! 💫
🎨 Ora, vorrei chiederti un piccolo aiuto! 🥹
È da un paio d'anni ormai che ho aperto un account Instagram in cui parlo di libri. E,dal momento che mi piace provare nuove cose e creare contenuti sempre diversi tra loro, sto cercando di imparare a creare dei collage carini.
Inizialmente utilizzavo Picsart e mi trovavo davvero benissimo! È un'applicazione molto semplice da utilizzare però... a quanto pare riesco a creare soltanto contenuti simili! :(
Quindi! Ho provato a scaricare altre app, come: Adobe Express, VSCO, Canva e Phonto.
Ma ammetto di non essere molto esperta di tecnologia e sinceramente non ci capisco un tubo. Non so proprio da dove cominciare! Uffi
Canva mi sembrava molto intuitiva... poi mi ha chiesto di aggiungere le scritte, di cambiare la font e mi sono persa. Certo che la tecnologia è complicatella :/
E sì! Okay, forse sono semplicemente io ad essere una frana ahaha
Però non voglio arrendermi. Desidero DAVVERO TROPPOOO realizzare dei moodboard di stile diverso e innovativo! Per questo sono qui a chiederti una mano! 🤧
Se hai dei consigli su come utilizzare Canva o altre risorse simili, sarei davvero grata per il tuo aiuto e il tuo tempo! 💫🥹
🌷
È arrivato il momento di salutarci! 🥹
Goditi questa serata, amorino e rifletti sulle cose positive della giornata. Anche se ti sembrerà di aver vissuto una giornata negativa, in realtà troverai sempre qualcosa di buono. Basta cambiare prospettiva! E nel caso non riuscissi proprio a trovarne una... Hey, capita avere giornate negative! Domani avrai tutto il tempo per brillare 🌟
Ti voglio un moooondo di bene! Scrivimi quando vuoi, io ci sono sempre per te! Un forte abbraccio!! 🥰
- Frannie! 🌷
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Le Relazioni Che Guariscono
Cosa si nasconde dietro alla scelta del partner “giusto”?
Cosa ci spinge a uscire con una persona? È un’emozione? O una sensazione? Forse una caratteristica fisica o forse qualcosa di più.
L’attrazione però ha poco a che vedere con la ragione per cui si sceglie di rimanere con quel partner.
Perché c’è una differenza tra l’uscire con qualcuno e il fare una scelta consapevole di costruire una vita (anche per un breve periodo) con quella persona.
Esiste Un Partner Perfetto?
No, esiste il partner più giusto per noi. E, dal mio punto di vista è quella relazione ci aiuta a “correggere” i modelli e le credenze che ci portiamo dietro a partire dall’infanzia, facendoci allo stesso tempo sentire al sicuro.
Un partner giusto per noi è un partner che ci vede nei momenti vulnerabili e ci fa sentire protetti e supportati, aiutandoci anche a vedere le difficoltà da una prospettiva diversa.
Detto questo, ci sono delle caratteristiche che aiutano nella scelta della persona giusta.
Le Caratteristiche Di Un Partner Ideale
Prima di scegliere il partner giusto, devi prima conoscere te stesso! Ouch, sorry, mi spiace ma è così. Non dico che dobbiate sapere tutto tutto, però alcune cose.
Sapere che cosa ti piace/non ti piace. Capire quali siano le tue esigenze, i tuoi desideri e dei tuoi obiettivi nella vita (sembra poco!)
È fondamentale fare questo primo passaggio perché il rischio nel non sapere quello che si vuole in una relazione è che si scelga una persona in base alle cose che ci mancano (poca autostima, poca considerazione di se) oppure siamo totalmente passivi perché “ ci basta stare con qualcuno”.
La possibilità di entrare in una dinamica poco salutare in questo caso, è abbastanza alta e molto lontana dalla relazione ideale per noi e la nostra crescita. Ti meriti il meglio e il meglio parte da te.
Definisci i tuoi valori: Identifica i valori fondamentali che ritieni importanti in una relazione e in un’altra persona, ad esempio l’affidabilità, la sincerità, la lealtà, la comunicazione aperta, l’empatia o qualsiasi altro valore che sia significativo per te. Assicurati che i valori del potenziale partner siano compatibili con i tuoi.
Questi valori messi assieme vanno a creare una parte della compatibilità con questa persona (assieme al punto 3). La compatibilità può riguardare aspetti come gli stili di vita, gli obiettivi futuri, l’etica del lavoro, l’approccio alle relazioni familiari e molto altro.
Se i nostri valori non sono compatibili c’è il rischio che finiamo per “parlare due lingue diverse”, sentendoci incompresi e di conseguenza allontanandoci.
Condivisione di interessi: al di fuori della compatibilità fisica, cosa vi piace fare assieme? Diciamo che se tu sei vegano e lei va a caccia, il rischio è che non vi capiate molto bene e che dopo un po’ cerchiate di cambiarvi a vicenda invece che accettare le vostre differenze (e poi, cosa fanno per sport? Caccia di avocado?). Battuta a parte, è importante avere qualcosa in condivisione. Una passione, un hobby, degli interessi…
Una domanda che non ci facciamo quasi mai è: “la persona che mi interessa è single ma…è emotivamente disponibile?”. Aiuto!
Emotivamente disponibile: È importante trovare un partner che sia in grado di sostenerti durante i momenti difficili e che sia genuinamente interessato al tuo benessere.
Allo stesso modo, è fondamentale offrire il tuo sostegno al partner quando ne ha bisogno. La capacità di sostenersi reciprocamente contribuisce a creare una base solida per la relazione. Ma, se il nostro partner ha difficoltà ad accedere alle proprie emozioni, questo potrebbe portarci a sentirci soli e a portare del rancore perché sembra che siamo gli unici a mettere impegno nella relazione.
Perché è importante capire cosa ci fa stare assieme?
Capire cosa ci fa voler stare con il nostro partner non è una cosa scontata ma che va consapevolizzata perché ci tornerà utile.
Nei momenti difficili, in cui ci si sente disconnessi, la ragione per cui volete stare assieme a quella persona è il collante che vi fa dire “ aspetta un attimo… “ prima di reagire.
Il partner giusto quindi, è quella persona che ci piace, che ci fa stare bene, ci supporta e che al tempo stesso ci spinge ad essere migliori in tutti gli aspetti della vita.
Una persona con cui si può “crollare” e che ci aiuta a capire che siamo in grado di costruirci di nuovo e spesso, meglio di prima, sapendo che noi faremo lo stesso per loro.
E tutto inizia da te, diventa il partner che vuoi trovare.
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Il mio primo bacio aveva al sapore di sigaretta: se mi passo la lingua sulle labbra mi sembra ancora di sentirlo. Per buona parte di quella sera mi ero divertita sugli autoscontri, e non mi ero accorta che qualcuno, a lato della pista, mi stava osservando.
Avevo poco più di 13 anni e un comportamento privo d'ogni tipo di femminilità: maglietta larga, pantaloni strappati; i capelli raccolti in una coda. Quella sera ero felice perché avevo battuto il record nel restare in piedi al centro sul tagadà. Vedovo i ragazzi solo come amici.
Pat non faceva parte della mia compagnia, perché era più grande di me: girava in moto e la sua fama era legata allo spaccio. Lo avevo visto più volte passare davanti a casa mia, in quella strada residenziale dove nelle sere d'estate stavamo tutti fuori, insieme.
Alla fine della serata, prima di congedarci, eravamo soliti salire sul campanile, per guardare l'orizzonte e goderci il fresco. Non sapevo che lui avesse chiesto ai miei amici (o meglio, preteso) di essere lasciato solo con me. E fu così che mi ritrovai con lui, da sola.
Avevo un'immagine diversa di lui: di un duro, di uno che più volte aveva picchiato qualcuno; ma non ero spaventata, perché la persona davanti a me era completamente diversa. Non sapeva cosa dire e questa cosa mi faceva ridere; ma cominciai a capire cosa volesse da me.
Mi vennero in mente i film d'amore che avevo visto e qualche romanzetto Harmony letto e presi io l'iniziativa. Mentre lo baciavo nella penombra, gli guardavo gli occhi e i capelli molto biondi, che portava spettinati. Erano morbidi fra le mani; lui era morbido nel toccarmi.
Tutta l'estate fu così. Ore e ore a baciarci. Ero minorenne e lui quasi un trentenne, e non mi chiese più di quello, fino a che, man mano, senza dirci nulla. D'improvviso avevo scoperto di essere una donna e che non ero più una ragazzina incosciente; che volevo anche altro.
Anni dopo venni a sapere che si era schiantato con la moto e da lì il ricordo ricominciò a farsi strada nella mente, guardato da una diversa prospettiva. Quella di una persona che era andata oltre un bacio, con molte persone, e che era rimasta sospesa in un piccolo dolore.
Rivedevo la dolcezza e la timidezza di Pat, che per rispetto tratteneva i suoi istinti con me; lo vedevo uscire di spalle, rassegnato dalla mia giovane età. Reinterpretai tutto, persino quei lunghi sguardi mentre io mi divertivo a buttar fuori gli avversari in autoscontro.
Se non è amore questo cosa lo e? Ed è lì che iniziai ad amarlo; ad apprezzarlo, a maledire la mia giovane età, la mia incapacità di poter capire allora quello che compresi dopo. Ma come si fa ad amare un ricordo?
Ogni volta che vedo Ryan Gosling, rivedo i tratti e la fisicità di Pat. Lo stesso sorriso, lo stesso modo di essere, nel privato con me, un po' impacciato. Saprei cosa fare adesso, ma so anche che non c'è più stato un bacio in cui qualcuno mi guardasse così, ora che vedo tutto.
Al suo funerale, dopo tutti quegli anni trascorsi, mi aspettavo una moglie e dei figli a piangerlo, invece c'erano solo i parenti e pochi amici rimasti; buona parte morti per droga. C'ero io coi miei turbamenti.
Chissà se, senza saperlo, mi ha guardata ancora, mentre io percorrevo altre strade; se mi ha vista crescere e mettermi gli occhiali e cambiare il colore dei capelli dal blu, al verde, al rosa. Quello che mi turba è che non lo saprò mai.
Cambio ragazzi come i calzini; non vado a giorni ma ad ore; non sento niente, perché consumo solo ciò che non merita niente. I sentimenti sono fiori spontanei: non hanno giardino. Non voglio niente, perché non puoi volere: non puoi farti piacere qualcuno.
Sono un uomo che prende e non da nulla; che investe solo nel presente. Non guardo film d'amore, amo il linguaggio scurrile, la battuta a sfondo sessuale, bestemmiare. Proteggo i miei spazi gelosamente e mi piace il fatto che qualcuno sia riuscito a farmi arrossire. A darmi forma.
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Rifiuto Росси́я
15 Giugno 2023
Ciao blog, come stai? Io, male. Stasera Giovedì 15 Giugno male. Ci sono stati effettivamente degli sviluppi, almeno degli eventi, anche se la sostanza della mia vita che mi aspettavo non è arrivata come mi aspettavo l’ultima volta che ti ho scritto. Ho fatto un’altra trasferta a Catania, e quasi concluso il trasloco in Città Studi. Nel frattempo, temo di essermi invaghito di una ragazza, da cui il titolo del post. Lei per una settimana o giù di lì mi ha dato una speranza, e poi in questi ultimi giorni, che l’ho effettivamente invitata a uscire, mi ha allontanato. Lavoro con lei, ed è più fredda, più distaccata. Ha un ragazzo, anche simpatico, però vaffanculo. MI scrive più di rado, prima anche per scemenze, e mi cercava.
Scrivere qui mi fa bene. Perché quando sei da solo, i pensieri turbinano e volano, come un uragano. Quando scrivi invece, pensi al passo delle tue dita sulla tastiera, hai il tempo di vedere le cose con più calma e con un’altra prospettiva. Facciamo chiarezza, perché sono overall contento di questa situazione. Non prendetemi per matto: questo impasse fa cagare è ovvio, però come percorso storico è un bene! Io fino ad un anno fa non ero capace di farmi piacere qualcuno, e soprattutto non ero capace di approcciare qualcuno. Non ero capace a relazionarmi, e non ero capace a creare un ponte con una ragazza. Sentimentalmente intendo, non in termini di amicizia. Ora sto imparando, sto effettivamente uscendo dal guscio, finalmente. Mi sto aprendo. Certo, non è bello farlo a 27 anni, ma tanto tempo di depressione fa questo effetto qui, e la corazza non è corazza ma prigione. E’ la mia riscossa. Ed è un percorso lento, a piccoli passi. Forse è cominciato con la ragazza tedesca? Sicuramente sì! Ora con una russa? Certo diventa macchinoso se il target è una sola per paese straniero. Il mio problema è che non sono capace con qualcuno appena conosciuto, perché il mio inconscio mi blocca, mi ferma, non mi fa fare. A me piace una persona solo se ho avuto giorni per parlarci, se posso essere sicuro di poter essere me stesso, senza sentirmi diverso dagli altri.
Sono scoppiato in lacrimoni dallo psicologo quando ho realizzato questa cosa. E’ tutta la vita che mi sento diverso dagli altri, sono stato emarginato e mi hanno fatto sentire diverso di proposito, nel momento più fragile della mia esistenza. Per forza che ora mi piace solo qualcuno che non mi fa sentire così, che mi fa sentire sicuro.
Il mal di pancia e il mal di gola hanno ripreso a farsi sentire oggi. Temo sia anche lo stress del lavoro, stare dietro al mio capo che sembra farsi di cocaina, tanto è pimpante e arzillo. Riconosco ancora la mia fragilità: il rifiuto di questa ragazza mi sta pesando, perché sempre mi sono pesati i rifiuti, e sempre gli ho temuti.
Come è brutto vivere così.
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Sto col mio compagno da 12 anni, abbiamo due figli, e dopo esserci amati tanto, e avendo avuto una relazione piuttosto viva prima dei figli, all'improvviso si è spento tutto! Perché!? E mi sento in colpa perché lui si è migliorato tantissimo negli ultimi anni, abbiamo costruito davvero tanto assieme, stiamo arrivando finalmente dopo immensi sacrifici a una stabilità economica che durerà nel tempo, abbiamo due bambini meravigliosi, perché ora che finalmente possiamo viverci a pieno, pensando meno ai soldi, avendo una certa maturità di coppia, io mi sento completamente spenta?
Il suo problema sono io! Mi dico!
Negli anni ho scoperto di voler più passione nelle cose, più poesia, più arte, più particolari, più attenzioni, non mi piace più come mi guarda, nella quotidianità lo fa solo se ha voglia di tirarmi una sculacciata, (non mi dispiace ma solo così diventa nauseante) non c'è più un corteggiarsi prima di avere un rapporto, non c'è un sediamoci sul divano mentre i bambini sono a letto e parliamo! Parliamo di qualsiasi cosa, di quello che ci piace, siamo in continuo mutamento, di cose di cui parlare ce ne sarebbero un infinità, parliamo di quello che ci fa stare male, di cosa vorremmo, di ciò che è successo al lavoro, no.. lui sul divano davanti al telefono/televisione, io sul divano a giocare a qualcosa online.. Io di fianco all'altro ma comunque non siamo assieme.
Riconosco di essere spenta, riconosco di essere spesso musona, tutto ciò che non ero prima lo sono diventata, difficilmente mi apro e quando mi apro, quando gli spiego cosa mi fa stare male, ultimamente riesce sempre a deludermi, mi sento rispondere cose come "ti deve arrivare il ciclo?"
Cosa ne pensi?
Tesoro bello ma dopo 13 anni di relazione e tanta fatica è così brutto starsene un pochino rilassati? Quello che tu cerchi dura un anno scarso, poi in tutti i rapporti subentra la routine. Vuoi cambiare le cose? Cambia tu! Corteggialo tu, butta il cellulare e fatevi un massaggio, comincia a raccontare tu per prima la tua giornata o quello che ti è successo, ma soprattutto impara a godere anche di questa serenità che le montagne russe so belle solo quando si sta in alto.
È indubbio che negli anni si stabilisca una
routine che da una sorta di "serenità" ad una coppia ma che contemporaneamente la rende monotona per certi versi, nonostante voi abbiate faticato degli anni per costruire quello che siete, proprio oggi che tu potresti essere serena non lo sei.
No, tu vuoi di più, secondo me è una prospettiva tua, nel senso, la vedi così perché sei tu che vuoi qualcosa di diverso.
In alternativa cominciate a fare cose diverse, che so tipo farvi qualche viaggio insieme, è normale volere nuovi stimoli nella vita.
Ed è normale che ad un certo punto ci si adatti un po' nella routine, succede a tutti i rapporti, non sarete né
primi né gli ultimi, ma il fatto di additare l'altro come il problema non ci scagiona dal fatto che in realtà invece potrebbero essere i nostri occhi in realtà che guardano le cose in maniera diversa rispetto a come magari le vede o come le vive lui.
Se vuoi cambiare le cose sicuramente l'atteggiamento chiuso e che non parla e sbuffa e si lamenta non è il migliore per risolvere o cambiare, anche perché nel momento in cui tu hai un atteggiamento fastidioso condizioni anche lui a non continuare ad indagare perché gli darebbe più fastidio ancora quindi magari per evitare di litigare preferisce evitare proprio di continuare il discorso.
In una coppia la necessità di ascolto e la capacità di comunicare è tutto.
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