#marrone merda
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Ehi questa è la maxi storia di come apparentemente sarei in coma in ospedale.
Ma ehi ehi ehi non è così! Fatemi spiegare, venite a fare un viaggio con me: durante una tranquilla giornata lavorativa, ci mandano in rosso in culo ai lupi per morso di vipera. Mentre procediamo in rosso, un coione ci si piazza dietro ai 130 superando il superabile standoci attaccati al culo. Literally. Ad un certo punto vedo una bestia marrone nera attraversarmi la strada: dallo spavento inchiodo e sto mona mi tampona. La velocità erano più o meno i 130 km/h. Ora vi evito tecnicismi ecc, ma sono stato male sia di schiena che di testa, annoverando anche mezz'ora di coma (GCS Glasgow Coma Scale di 6), e sono stato ricoverato 1 giorno e mezzo in pronto soccorso. Ora mi ritrovo con un collare con dolori lancinanti con il collo che puzza di pesce putrefatto tanto sudo e dolori interessanti diciamo per non dire DI MERDA. Prognosi minima fino al 6 agosto.
Ora il mio post non è per aggiornarvi, cioè anche si, ma per raccontarvi come il mio lavoro sia un paesone pieno di gente che inventa e di fake news:
RACCONTO 1: Secondo collega X di postazione di Culoailupi, sembrerebbe che io abbia avuto uno shock anafilattico da Fentanyl e sia intubato in rianimazione, quindi si sono presi la briga di chiamare MIA MADRE. Fonte della Fake News non reperibile
RACCONTO 2: Secondo collega Y di postazione di LontanelloParecchio sarei in lizza per diventare la controfigura di Stephen Hawking visto che dall'urto ho una vertebra cervicale schiacciata/lesionata. Chiamata in lacrime. Fonte irreperibile
RACCONTO 3: Secondo collega Z di postazione di MaEsisteStoPosto sarei in coma farmacologico in Rianimazione. Chiamata fatta direttamente a migliore amica che poi ha scritto a me. Fonte apparente l'infermiere che mi ha fatto i farmaci, il quale ha negato in quanto MI HA VISITATO SUBITO LUI. Quindi Fonte Falsata.
State tunati per altre versioni.
Ah la versione della mia possibile morte è quotata attualmente a 1.20 alla SNAI.
bei colleghi di merda
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È finalmente giunta al termine questa sbronza collettiva chiamata festival della canzone italiana, o san remo per i più pratici, e come tutte le cose successe dopo il COVID, ne siamo usciti peggiori, per tanti motivi(attenzione elenco alla Robespierre degli Offlaga disco pax):
- lo sdoganamento dei tratti tossici dei napoletani, fomentato da social come tik Tok (sono pugliese, quindi sciò razzisti)
- il regno del terrore del democristiano Fiorello ( speriamo finalmente giunto al termine)
- la musica pop dance che la fa' da padrona, ma in quale cazzo di direzione stiamo andando?
- la totale mancanza di band sul palco ( al netto dei Negramaro)
- persone costrette a ritrattare le loro posizioni (per quale motivo poi?) Salvo poi accorgersene e tentare di avere una strada (ciao dargen)
-mara Venier conciata come una sionista
-ghali costretto a fare da capo popolo (propaganda direbbe "la sinistra riparta da ghali", io invece dico "la sinistra si allontani da propaganda).
- Angelina mango che vince con una canzone di merda, suonata su una musica di merda, che non è una cumbia.
- Angelina mango che stupra una canzone del padre
- Angelina mango che non era mango perché non se la cagava nessuno
- il fantasanremo, quando la farsa diventa reale e si trasforma in banalità
- il televoto che ancora una volta dimostra che la democrazia è sopravvalutata e che i 5stelle hanno fatto solo danni
- Loredana berte' che non sa cantare
- i ricchi e poveri strafatti di cocaina
- big mama che non sa cantare e allora si butta suo messaggi sociali
- tutti voi , che fino a 10 fa non lo guardavate san remo
- e no, non è un elogio alla "prima era meglio", perché hanno vinto Scanu, carta, Povia , marrone......
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Questo uomo no, #135 - Quello che lui vuole fare l’eroe
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Ricordo ancora i giorni seguenti alla sentenza del caso tra Johnny Depp e Amber Heard. Ingolfati dalla solita retorica scorretta e ignorante sul processo, la vittoria di Depp fu salutata da molti uomini come “la fine del #metoo”, ai quali si aggiunsero le solite voci sedicenti coraggiose di “attivisti per i diritti degli uomini”, “padri separati” e altre creature fantastiche, tutte vittime a miliardi delle ingiuste accuse di spietate donne disumane. L’esercito delle femmine accusatrici di falsità era stato definitivamente sconfitto, dicevano tutti, dal meno visibile al giornalistone più leggibile. Com’era, com’era… ah sì: “è finita la pacchia!���. Adesso che è stato un uomo, Massimo Guastini, a denunciare lo schifo di una delle migliaia e migliaia di ambienti chiusi nei quali milioni di uomini, ovunque nel pianeta, fanno sessismo esplicito e convinto sui corpi delle colleghe di lavoro, che è successo, cari uomini sofferenti di denunce false? Il #metoo è riapparso, miracolato, zombie? O forse, tra le balle che vi raccontate, c’è stata pure quella della sua fine? Perché tra gli aspetti più schifosi della vicenda - che sia chiaro, l’ennesima di una lunghissima storia, niente in sé di sorprendente né di nuovo - c’è che tutta l’importanza mediatica che sta suscitando è evidentemente dovuta al fatto che quella solita retorica vigliacca che si abbatte su qualsiasi espressione del #metoo, qui non può funzionare. Non si può dire che Massimo Guastini è la solita attricetta che cerca notorietà. Non si può dire che Massimo Guastini è una ex avida che vuole solo soldi. Non si può dire che Massimo Guastini è una femminista isterica che odia gli uomini. Non si può dire Massimo Guastini è una povera scema che non capisce le battute. Non si può dire che Massimo Guastini è una donnetta ingenua che non sa che questa roba si fa dalle scuole medie. Non si può dire che Massimo Guastini è una lesbica fanatica che fa un sesso insoddisfacente. Non si può dire che Massimo Guastini è una racchia che incolpa tutti gli uomini delle sue frustrazioni. Si diranno le solite cose che si dicono a quegli uomini - ancora troppo pochi, purtroppo - che hanno scelto di assumersi la responsabilità sociale di dare all’immagine maschile qualcosa di più del tono marrone che da secoli gli spalma addosso il sistema patriarcale. Diranno che è un traditore, un infame, perché ha violato uno spazio privato, segreto. Segreto di Pulcinella, ma tanto se lo denunciano le donne nessuno crede loro. Diranno che c’è dietro un interesse lavorativo, economico, così adesso avrà tanto lavoro da questa pubblicità “woke”, “politically correct” che si è fatto. E sì che Massimo Guastini ne aveva proprio bisogno di lavorare, poverino. Diranno che è una vendetta personale vai a sapere perché. Certo, non c’era modo migliore in cui Massimo Guastini si poteva vendicare: bruciarsi un ambiente di lavoro e prendersi carriolate di melma per settimane. Quello che non diranno è la semplice verità: che Massimo Guastini si è rotto le palle di venire messo alla pari di gente che non si rende conto della sua disumanità, e che con quella disumanità rovina la vita a donne che hanno tutto il diritto di viversela come pare a loro; che Massimo Guastini ha solo fatto quello che chi assiste a un abuso dovrebbe fare, cioè chiamarlo col suo nome; che Massimo Guastini è tra i pochi che sta dando l’occasione a una società intera di interrogarsi sui suoi distorti rapporti tra generi e di come queste distorsioni siano nocive anche nel mondo del lavoro; che a Massimo Guastini tutto andava di fare nella vita tranne che dover sembrare un eroe per colpa della merda altrui. Perché questo succede a violare apertamente e pubblicamente lo schifoso doppio standard di giudizio sociale tra gli uomini etero e qualsiasi altro genere: sembri un eroe, e invece sei solo una persona civile. Beh, che dire. Non tutti gli eroi indossano un mantello svolazzante; speriamo che almeno questi “eroi” qui abbiano gli stivali di gomma. Gli stronzi invece, uh, ce l’hanno proprio scritto in fronte, e se ne vantano pure. Questi uomini no.
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Conferindo a saúde pela merda
As fezes humanas podem variar significativamente em forma, textura e cor, e essas características podem ser indicativas da saúde intestinal e geral. A Escala de Bristol é uma ferramenta comumente usada para classificar as fezes em sete tipos, cada um refletindo diferentes condições de saúde:
Tipo 1: Fezes em pequenas pelotas duras, semelhantes a nozes (difíceis de expelir). Isso pode indicar constipação severa, muitas vezes devido à falta de fibra na dieta.
Tipo 2: Fezes em forma de salsicha, mas com aspecto grumoso. Também indica constipação, mas não tão severa quanto o tipo 1.
Tipo 3: Fezes com forma de salsicha, mas com fissuras na superfície. Isso é normal e indica uma boa função intestinal.
Tipo 4: Fezes em forma de salsicha ou cobra, lisa e macia. Este é o tipo ideal, indicando fezes saudáveis.
Tipo 5: Fezes em forma de bolhas macias com bordas definidas (fáceis de passar). Isso sugere falta de fibra na dieta.
Tipo 6: Fezes com pedaços fofos com bordas irregulares, uma forma pastosa. Isso pode indicar diarreia leve ou irritação intestinal.
Tipo 7: Fezes líquidas sem peças sólidas, indicando diarreia severa. Isso pode ser devido a várias condições, como infecções, intolerâncias alimentares, entre outras.
A cor das fezes também é um importante indicador de saúde. Fezes marrons são normais, enquanto cores como preto, vermelho, branco ou muito pálido podem indicar problemas de saúde e devem ser investigadas por um médico.
Além da forma e cor, a microbiota intestinal também desempenha um papel crucial na saúde digestiva. Uma microbiota saudável contribui para a formação de fezes normais e pode ser influenciada por fatores como dieta, uso de medicamentos, estilo de vida e saúde geral.
Alterações significativas nas fezes, especialmente se acompanhadas de outros sintomas como dor, sangramento ou mudanças súbitas nos hábitos intestinais, devem ser avaliadas por um profissional de saúde. Estudos recentes enfatizam a importância de uma dieta balanceada rica em fibras, hidratação adequada e atividade física regular para manter a saúde intestinal e a formação adequada das fezes.
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Un gruppo di formiche in pellegrinaggio su un bicchiere pieno di fiori morenti. A 20 anni mi pareva che l'universo mi parlasse ora lo guardo ed è un tizio che scoreggia in una busta mentre discute di alcune teorie del complotto con la sua terza testa che gli sbuca dalla zip dei pantaloni marrone merda. Dio fa video demenziali su instagram e diventa virale. Non ha più niente da dirci ma almeno ci vuole far ridere per 30 secondi. Mi gira la testa quando dico di no. L'odio mi fa andare il cuore a mille. Voglio salire su un treno e sparire e chiedermi tutta la vita dove cazzo sono andata a finire.
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Ettore Borzacchini, pseudonimo di Giorgio Marchetti (Lucca, 12 dicembre 1943 – Viareggio, 7 settembre 2014), è stato uno scrittore e satirista italiano. Fine umorista e grande filologo italiano, però spesso dimenticato da una certissimo settore "culturale", sappiamo tutti quale: quello salottiero con la puzza sotto il naso, che non gli perdonò la sua simpatia verso una certa forza politica, ma forse per il suo carattere forte e orgoglioso di "livornesaccio" (E anche "lucchesaccio") lui, la merda, la scansava come la peste. Ecco un sunto di una sua ironica, e presa di culo, recensione su un vino che io, fantasticamente, ho battezzato, da una idea di un mio amico, "Rossello di Botticino", che naturalmente non esiste al mondo un vino con un nome così stupido: “Egli, il chiaretto, si rivelò, al colore, pudibondo e nuvoloso, ma contemporaneamente barbagliante d’un rubinaccio spento, quasi pennellato di terrose riminiscenze, ricordando certi trebbianelli ambiziosi o i sangiovesi adulti da salotto. Ma al gusto fu la vera sorpresa: squadrato e sentenzioso negli avancorpi, fu subito dopo ruspigno e cipollato nel centro destra, mentre l’ala sinistra scivolava ampollosamente sugli strascichi gargamellosi e dorotei dei lambruschini claudicanti dell’Oltrepò Pavese; il bouquet spingeva dapprima con insistenza sul fragolato pesto, ammiccando però alle vaniglie zebrate e ai pistacchi esotici, mentre la coda si impennava orgogliosamente sulla papillazione di mentuccia fungata e di vaghe tisane del sottobosco friulano dalle parti di Cividale. Non v’era traccia e non me ne dolsi, di retrogusto, se non a fiocchetti spenti di sparagio salvatico, qua e là punzonati di asciutto rigno di muflone d’Abruzzo. Il corpo, magniloquente e pomposo, aggrediva poi il palato con fare sprezzante ed ortogonale, aggallando nella faringe a piccole e frequenti bolle chiacchierine, senza peraltro obliterare l’ugola, anzi molcendola come rorido, tiepido pelo di nutria. Frusco, ben pasturato e solenne nelle intenzioni, il vino risultò altresì leggermente gianduiato nella maturazione, reclamando ancora un poco di riposo, forse ad acquisire vieppiù rango e stoffa, senza però pretendere il decoro marchionale dei fratelli maggiori: il Succhiasassi Tartufato nature di Roccapregna del Vulture ed il leggendario Zoccolato rosè dei Conti Cucchiaioni Papera di Poggio Merdoso.” Manca una ultimissima parte che non sono riuscito a trascrivere che parla di abbinarlo a "lepri giovani lasciate a frollare tre mesi tra i calabroni del sottoscala e fatte al salmì"!
Oppure, c'è il video su YouTube, la lettera inedita dal carteggio di Giacomo Puccini: "Elvira, lasciami la cena sul tavolo di cucina, stirami le camice, lucidami le scarpe di vacchetta marrone e dai da mangiare al cane. Torno tardi e domattina non mi rompere i COGLIONI prima di mezzogiorno che sennò ti gonfio di cazzotti come lunedì. Giacomo." In foto il Maestro Borzacchini nel famoso ritratto fattogli dal suo amico Maestro F. M. Sardelli.
La storia del vino "Rossello Di Botticino" mi venne raccontata da un mio caro amico di Villa Basilica -vicino Collodi dove abito io- (Botticino è una sua frazione comunale che vigneti non ne ha assolutamente, ma ha tanti boschi di acacie e castagni): "Eravamo anni fa a cena in un ristorante in Versilia. Prima di ordinare le portate viene al tavolo una giovane sommelier appena formatasi, forse, all'Istituto Alberghiero Marconi di Viareggio. Appena assunta dai gestori di questo ristorante, si presenta timidamente a prendere ordine per i vini. Dopo averne elencato, sotto perfida richiesta dei commensali, una miriade, uno di noi le dice: -Ma ce l'avete il Rossello Di Botticino?- al ché lei confusa farfuglia: -non saprei, adesso vado a vedere se lo trovo nella cantinetta-, naturalmente le risa, prima soffuse, si fecero ancora più forti... beh, tornò rossa come in viso come il culo di un babbuino dicendo che no, non l'avevano.
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64. (Biscotti)
Dopo aver preparato dei biscotti, sono uscito per strada. I biscotti li ho bruciati, ma non lo dirò a nessuno. Li preparerò di nuovo, maledetti. È che al mondo non c’è la ricetta perfetta, non c’è. Prima c’erano le nonne, poi il progresso ha portato i libri, poi la tecnologia ha portato la tv computer internet. Ma le ricette non hanno mai portato e mai porteranno ad un risultato perfetto, nei secoli dei secoli amen, e io lo so il perché, perché sono io che le preparo. E per me non c’è neanche la ricetta.
L’odore di bruciato ce l’ho ancora nelle narici. Prima di entrare nel traffico la cui merda mi disinfetterà l’olfatto, passo nel parco, magari il verde, chissà. Il verde oggi è esploso, dopo tutta quella pioggia e dopo questo sole così caldo ed amichevole ogni stelo sembra non volere fare altro che spogliarsi e mostrarsi splendente, come fosse una statua greca in un campo di felici nudisti. I biscotti sono morti, ma l’erba no, o perlomeno non ancora. Poi interverrà il comune a tranciare il tutto, a fare di ogni giardino pubblico un prato equanime ed uniforme come un campo di calcio. La diversità da fastidio, certo, come il bruciato dei biscotti. Cazzo. Vuoi vedere che sono come il comune? Che orrore.
Le macchine si affiancano, si sorpassano, si incazzano. Si vede, si vede che le macchine hanno uno scopo, devono andare da qualche parte, specialmente con fretta, sono fatte per questo. Ad esempio, non sono trasparenti, sono fatte per vedere con agevolezza il traffico, ma non il cielo. Tranne qualcuna, ma non sono nate per quello. Perché nessuno ci pensa? Perché nessuno le vuole? Forse costerebbero troppo, dobbiamo essere pratici, pratici come se fossimo morti, come se le cose più belle a una certa debbano farsi da parte e lasciar passare le cose più importanti. Per la bellezza c’è tempo, ma se rimane tempo. Non saremmo qui, se gli uomini primitivi avessero pensato alla bellezza. Invece siamo qui perché hanno pensato a far cadere un mammut nella buca, a fracassarlo con le pietre e finalmente a mangiarlo e a sfamare la stirpe. Boh, chissà, a me la storia dei libri mi ha sempre fatto pensare ad un romanzo, ma in fondo chi se ne frega. Sono arrivato davanti alla libreria che mi piace.
Entro in libreria, non devo comprare nulla. Ma passeggio come se fossi al supermercato. Invece dei pelati i libri di fotografia, invece del bagnoschiuma romanzi rosa. Qualcuno li avrà scritti, forse li avrà letti e li avrà trovati come dei biscotti bruciati, ma c’era la possibilità di venderli e allora. Basta. Ho il disgusto. Ieri il prete che dice che ha avuto una intuizione dallo Spirito Santo. In dieci minuti di omelia ha detto più cazzate di quante ne avrei potute immaginare io. E quello che dovrebbe essere mio amico mi ha detto con una certa convinzione che da quando ha avuto la prima erezione è sempre stato in compagnia di una donna. Credo che siano bruciati dentro, non si spiega, o sono io bruciato e dovrei buttarmi nella spazzatura così eliminiamo il problema di questi miei pomeriggi in giro per la città.
Torno a casa, va. Nella pattumiera non ci sto, forse domani l’umore sarà più alto, forse ci sarà il sole anche qui dentro, nella testa. Il rientro a casa. A volte sembra di ritornare in una tomba, a volte in un tiepido rifugio in inverno, mentre fuori la tempesta batte e sconquassa.
Casa. Cucina. Toh. Un biscotto è scampato alla mia furia, si è nascosto dietro la friggitrice, è bruciato a metà, l’altra metà è marrone scuro, cioè quel colore e quel grado di cottura che mi fa cagare. Ma sì, non ti butto. Ma sì. Anzi, sai che faccio? Sai quanto sono stronzo? Io ti mangerò, non mi piaci e mai mi piacerai, ma ti terrò in bocca come una medicina, sentirò l’amaro, ti impasterò bene con la saliva, ti butterò giù un decigrammo alla volta, e non lascerò che mi sfugga neanche una briciola. E così non lo so che farò, che cosa avrò concluso, non lo so, attualmente io so solo che faccio fatica a reggere. Ma reggerò e vaffanculo.
Non c'è la ricetta per me.
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Brasil dia 11: a pescar piranyes
Dijous 24 d’agost del 2023
Hem arribat rebentades després de tot un dia fora de casa, amb zero ganes de buscar granotes. Avui el nostre dia ha començat a les 5:30h del matí, per la qual cosa mitja hora abans ja estàvem despertes, després d’haver-nos adormit cap a quarts de 22h. Seguim per cert sense cobertura ni wi-fi, desconnexió total.
Hem sortit a veure ocells i a veure com s’aixecava el dia aquí enmig de la selva. Ha estat molt bonic, hem fet unes quantes fotos en silenci (cosa que costa perquè tremendes cotorres estem fetes) i hem vist per cert l’autocar escolar que passa a recollir els nens dels “poblats” de la zona. Un cop de tornada, hem anat a esmorzar al menjador on ja a les 7 ens esperaven amb el jalo a punt. Aquí a totes els encanta la pinya, diuen que és la millor fruita que han tastat mai. Però com que jo la trobo asquerosa sigui del Brasil o de l’Ametller origen, no noto la diferència. L’he tastat un cop i ja no repetiré.
Plenes, m’he dutxat. Per sort no hi havia granotes, pel matí deuen dormir. Ah i he aprofitat per fer caca. I res, des de les 9 que hem sortit de casa fins les 18h que hem estat dalt d’una canoa per l’Amazones i afluents.
La llanxa d’ahir ha estat les nostres cames. Primer per anar a veure on es troben l’afluent on estem situades i el riu Amazones. Està a la quinta polla (2h). Però bueno és perquè cada cop que el Leo divisava un mono/iguana/ocell bonic/caiman aturava la llanxa per veure’l uns minuts, deia “là, là. Cappuccino” (que és com li diu als monos mig marrons mig pel-rojos). Bua avui per cert ja hem perdut la vergonya i aprofitant que ahie ens va ensenyar el so gutural per cridar els caimans, avui no hem parat de fer-lo nosaltres. És com un “mu” cap endins, cridat afònic, enèrgic. Ha d’anar acompanyat de picades de mans seques, no tipo aplaudiment eh? Raríssim, i un punt ridícul, però paradoxalment funciona. I funciona tant que en un moment ens hem aturat a la vora del riu per veure el rastre que deixen aquests animals quan surten de l’aigua i el Leo s’ha posat a fer el so. Total, que de cop i volta sentim alguna cosa grossa que entra a l’aigua, com si algú s’hagués capbussat. I després silenci. Diooosss VAYA PUTA RALLADA. Totes “Leo Leo vámonos”, i sí sí ell també ho ha vist clar i ha encès el motor y hasta luego Maricarmen. Ell també s’ha cagat.
El matí ha passat molt entretingut, l’única pega ha estat el puto sol, fa una calor exagerada. Ens hem estat banyant en crema solar i Relec totes les hores que ha durat la passejada. Quan quedaven potser 45min per arribar a on es creua el nostre riu amb l’Amazones (on hi desemboca, per ser concreta, ja que l’Amazones sembla un puto mar), l’Eli diu “merda ties, he tacat a gas”. Efectivament: li ha vingut la regla mentre érem a la canoa i portava una rodanxa de sang que flipes. El Leo té sort que no li ha tacat el seient de la barca. I no és conya que tan bon punt hem acabat de veure el súper Amazones (que és tan gran que fins i tot té onades. Molt loco, és gegant) la Joana diu “ties, crec que a mi també m’acaba de venir la regla”. Així ha sigut, amb la diferència que la Joana ha sabut parar l’hemorràgia abans del merder i ha avisat per no repetir la matanza de Texas.
Hem fet un pipí per la selva, aprofitant un dels camins que deuen fer els caimans quan surten a prendre el sol, i veient l’Amazones. Les dues regloses han pogut canviar-se. La part bona és que sempre podran dir que van veure l’Amazones mentre menstruaven.
Cap a les 14h el Leo ha aparcat la llanxa en una mena de bosquet i ens ha demanat que féssim un foc, una petita foguera, mentre ell preparava tot el tinglado per cuinar el dinar. Ha estat xulíssim! Ell s’ha encarregat de dur pollastre (que s’ha descongelat amb el sol del matí mentre anàvem en canoa), arròs i verdures. I com que té coneixements de fuster, ha muntat la infraestructura d’una cuina amb pals i servint-se d’un matxet.
Nosaltres només teníem una tasca: fer el foc, i sort de la Laia que clarament guanyaria Supervivientes de les que som aquí! Ens ha anat guiant del que calia fins que l’hem encès. No sé si el Leo s’havia imaginat que ho aconseguiríem. L’aigua per cert per cuinar l’hem agafat del puto rio. Asco. Sort que bullit tot es mata.
Hem dinat parlant d’avortaments i terrorisme, sort que el Leo no ens entén perquè fliparia, i cap a les 16h hem tornat a la llanxa, i uns metres més enllà ens hem aturat per pescar piranyes des de dalt de la barca. Jo no he pescat una puta merda, ni una trista sardina. Vaya fail. I només un cop he notat que m’estirava alguna cosa però tirava tan fort que ni el Leo l’ha pogut treure, ha dit ��Deuria ser un cat fish”. No sé què cony és un cat fish però bueno, l’important és que quasi el pesco. La Laia ha pescat dues piranyes (però una l’hem tornat per bebé), la Clara 3, l’Eli una i la Joana una. Algunes d’aquestes les hem alliberat per petites. Al final hem tornat amb cinc peixos. Per pescar fèiem servir les restes dels pollastres del dinar, em refereixo a la cresta, el fetge i els dits de les potes. Feia angúnia, bastant asco. Avui m’he plantejat fer-me vegetariana però per sort se m’ha passat. Hem tornat amb els dits bruts i amb una pudor espantosa. Crec que demà em tallaré les ungles.
Quan hem acabat de pescar hem fet una darrera sessió de fotos a la Golden hour i ja hem tornat a les cabanyes. Òbviament ja ens estaven esperant les granotes! Que avui per cert han convidat a una amigueta, un llangardaix bebé! Amb la Laia, pujant les escales, hem vist per la ranura de la porta dos capets, una granoteta i el llangardaix, que en veure’ns han entrat cap a casa. De puta madre, ja sabem amb qui dormirem avui!
Ens feia tanta jerna treure la granota que ni llençant la paperera contra la paret l’hem fet baixar. Ha calgut cridar el Leo (cridàvem “Ajudaaa” a grito pelao) perquè vingués a salvar-nos. Ell l’ha tret amb la mà, tal qual. He certificat que jo aquí no hi podria viure. És que ni una setmana aguanto aquí, ja t’ho dic.
Després de sopar les piranyes que hem pescat hem vingut a l’habitació a dormir. Demà a les 5:30 hem tornat a quedar amb el Leo per veure l’alba des de la puta canoa del cul trinxat. Bona nit i reseu per nosaltres!
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mi sento strano, abbastanza.
quasi in una crisi interiore, non so su cosa concentrarmi, su cosa ragionare. Per una volta non riguarda la mia vita, ordinata, organizzata, pulita e ciò mi rende così felice. Quantomeno se mi concentro su questo. Per la prima volta sono in un tornado emotivo che non mi fa unire i punti. Ho sempre avuto ben chiaro il quadro nei rapporti con gli altri. Da quando finì con gaia, cambiai completamente il modo di vedere, capire e costruire i sentimenti. Feci tabula rasa perché effettivamente facevo cacà. Non nutrivo, non curavo. Decisi di cambiare tutto, capii l'importanza di tutte quelle piccole cose di cui me n'ero sempre fottuto. Fu così che quando di botto mi trovai Saida davanti, ero così fiero di cio' che potevo offrirle, nonostante non volessi, nonostante volessi restare solo con me stesso. La relazione che ho costruito e di una solidità disarmante. Ho imparato a dare e ad amare tutti quei piccoli dettagli, quelle piccole attenzioni, quei piccoli momenti che sommati, delineano la parola amore. Era questo il motivo per cui in passato avevo così paura di quella parola, di quei sentimenti. Non mi appartenevano, non li capivo. Dopotutto dagli errori si impara ogni giorno. E proprio quando ero così fiero di cio' che avevo costruito, mi godevo ciò che ero riuscito a creare insieme a lei, CROLLO TOTALE. Trasferimento, lavoro, distanza, assenza, mancanza, tristezza, vuoti su vuoti. Mi son promesso di lottare sempre per lei, amarla incondizionatamente, senza riserve. Dimostrarle ogni singolo giorno cosa sia l'amore e dove ci puo' portare. Io, romantico da fare schifo, che finalmente trovo il modo per esternare tutto, ora mi trovo a crollare nel vuoto. Ho bisogno di vicinanza, di carnalità, di passione, di controllo, di fiducia.. dove le trovo ora? io voglio correre da te ogni volta che voglio, voglio ascoltarti raccontare la tua giornata sul letto mentre carichiamo l'ennesima puntata di masterchef. voglio darti consigli, calmarti, rassicurarti, farti ridere, sorridere, voglio stringerti ogni volta che ne ho voglia quindi sempre. Voglio prendere il motorino, passare a prenderti e andare a sorrento. Voglio scriverti l'ennesima canzone e cantartela in camera mentre trattieni le lacrime nel cuscino. Voglio portarti a mangiare nell'ennesimo ristorante di pesce perché "se non li proviamo tutti come facciamo a capire qual é il migliore. Voglio regalarti l'ennesimo paio di orecchini enorme, o l'ennesimo paio di calzini impossibile da trovare (trovo assurdo tutt'oggi che piangi quando ti regalo un paio di calzini inchiavabile), l'ennesima matita waterproof di chissà quale gradazione di marrone per aiutarti a sentirti più bella ogni giorno. Voglio scopare mentre duffy arap semp chella sfaccimm e port, continuare a collezionare paesi in cui abbiamo scopato, stavamo andando forte. Voglio continuare a provare ogni singolo panino nuovo di puok, l'ennesima pizza gourmet a caserta/salerno o in culo al mondo. Il problema é questo. Io voglio tutto questo, ora come si fa?
mi sento strano, abbastanza. Fortunato mai stato, ma manco così sfigato. Rischiare di far finire tutto, non per amore ma per questa vita di merda che ci spinge sempre su strade così distanti, quasi come se anche le stelle odiassero tutto ciò. Non so.
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Il presidente del Consiglio Conte2 mentre distribuisce le nomine ai sottosegretari del M5S e del PD del GovernoMarrone........
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Ma quale figuraccia volete che faccia uno che non ha manco il senso del ridicolo? Uno che divora merda tutti i giorni e se ne vanta, che si contraddice ogni settimana a testa alta e se viene sputtanato pubblicamente fa le faccine? Un''idiota conclamato al servizio di appaltatori di fantomatici ponti sullo stretto dei mafiosi, e convinto che la vergogna sia un status da condividere su X? Uno che si fa cacciare da un sindaco ucraino dal quale è andato a blaterare di pace appena sfilata la maglietta con Putin stampato sopra? Cosa volete che sia l'ennesima figuraccia per lui? Solo un'altra virgola marrone da appuntare orgogliosamente sul suo petto.
Mezzasega Salvini accusa Ilaria Salis di aver danneggiato un gazebo della Lega. In realtà aveva impedito le violenze.
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Domani è il mio compleanno. Mi è sempre piaciuto tanto il mio compleanno, lo facevo durare una settimana prima e una settimana dopo. Era molto bello. Ultimi due anni compleanno in pandemia, ok. Primo anno passava la protezione civile col megafono urlando “State a casa”, ok. Quest’anno non voglio festeggiare. Avevo dimenticato fino a poche settimane fa che stava arrivando, e sinceramente mi sentivo meglio. Non voglio festeggiare. Alcuni programmi basici sono già saltati per i positivi. Ma al di là di ciò, io non ho voglia di festeggiare. Negli ultimi anni mi sono ripromessa di fare soprattutto cosa che voglio fare e non cose per fare contenti gli altri, e ci sono parzialmente riuscita, ma stavolta sono sopraffatta da gente che vuole fare cose per il mio compleanno, cose che “andrebbero” fatte per il mio compleanno visto che da due anni non festeggio e io non voglio. Non sono dell’umore. Vivo nella perenne paura di dover prendere una pausa forzata dal mio lavoro, non mi viene pagata nessuna malattia, nessuna sostituzione, niente di niente, non ricevo aiuti dai primi nel 2020 e la mia situazione economica è davvero critica. Già penso a come poter fare in caso di positività, a chi poter chiedere soldi. Se non ci fosse questa ansia la mia situazione economica stessa mi farebbe stare malissimo, quindi forse questa della pausa è la paura minore. Non saprei, ma forse manco lo voglio sapere tanto che cazzo mi cambia. Che cambia se è merda marrone o merda marroncina? Niente.
Sono, fondamentalmente, triste.
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Non mi chiamavano ricchion* da quando frequentavo le scuole superiori, e oggi, a 33 anni, è successo proprio per mano di ragazzi di quell’età. Non li chiamerò bambini o ragazzini, come a sminuire la cosa o ad attenuarla, perché a quindici o sedici anni non sei un uomo, ma un minimo di educazione civile devi averla. Stasera, intorno alle 17:30, stavo lavorando nel Podere con un amico, ed è passato di fronte al casale un branco di sei ragazzi sui motorini. Passano sempre, ogni pomeriggio, con due cani sciolti, uno nero e uno marrone, ma in genere sono un paio di loro che arrivano fin lì. Stavolta c’era tutta la comitiva. Pensando che io fossi in casa e quindi di non essere visti, uno di loro ha urlato “ricchion*”. Poi si sono accorti che invece ero nel parco e che li avevo riconosciuti, così hanno accelerato e sono usciti dalla campagna. Penso siano tutti figli delle famiglie del Cafasso, il borgo di Capaccio Paestum in cui è situato il Podere. Non li conosco, non posso sapere se le loro famiglie sono di brave persone che non immaginano di avere figli di merda o se siano delle merde anche i genitori. Ma una cosa la so: credevo che non facesse più male. Di averla superata. Di essere un uomo che ha trasformato quei ricordi in cicatrici e che capisce che là fuori ci sono persone crudeli, bisogna solo resistere. Invece non è così. Ho fatto finta di niente, ho chiuso gli attrezzi nel capanno, sono salito in macchina per tornare a casa e quando ho messo in moto sono scoppiato a piangere. Come se non fosse passato un giorno da quei tempi in cui quei ragazzi di quindici e sedici anni mi chiamavano ricchion* a scuola e mi rovinavano per sempre la vita. Come se avessi ancora paura, e adesso so che è così. Ho ancora paura del mondo. Io so perfettamente cosa vuol dire essere gay in un paese di provincia. Discorsi sull’orgoglio e sul combattere vanno a farsi fottere quando intorno a te hai persone che fanno in modo che tu sia socialmente evitato, escluso o chiacchierato, o quando hai intorno uomini, padri di famiglia, che fanno della virilità un vangelo e conservano il fucile nel garage, per risolvere i problemi. So perfettamente che tante persone diranno cose del genere alle mie spalle, che penseranno che io faccia schifo e va benissimo. A me non interessa niente di avere il rispetto degli sconosciuti o l’accettazione da gente orribile. Ma di certo non posso sopportare di essere insultato a 33 anni, di provare di nuovo paura nel posto che diventerà la mia casa e mi darà un lavoro. Non posso essere colpito al cuore nel posto in cui vorrei sentirmi più al sicuro. Pubblico questa foto senza vergogna, non importa se così mi rendo vulnerabile o ridicolo, perché ripeto che non è una questione di forza, di lotta o resistenza. Fa male e basta. È una violenza e non è giusto. E la pubblico affinché chi li conosce capisca il dolore che possono causare dei ragazzi di quell’età. Perché se lo fanno a me, vuol dire che lo faranno anche a scuola, e magari stanno distruggendo l’adolescenza a qualcuno come successe ai miei tempi. Di Pierpaolo Mandetta
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No, grazie.
Qua a Parma, terra di prosciutti e parmigiani da carne e latte di animali nutriti con foraggi fertilizzati rigorosamente a letame di mucca, esistono delle vasche concave in cemento dal bordo alto una decina di centimetri, dove un nastro trasportatore scarica il suddetto letame ivi trasportato direttamente dal culo degli animali di cui sopra.
Siccome i pregiati animali non scaricano solo il bisogno grosso ma eseguono, naturalmente, pure la divina minzione in loco, il letame convogliato è grondante di urina, la quale scioglie i composti azotati e crea in tale vasca un’enorme pozzanghera di liquame marrone - detto in dialetto SISSO - una sorta di Mar dei Sargassi con un’isola di Tortuga di merda fumante al centro.
Ecco, facendomi aprire quel tuo link da me oscurato e come se tu m’avessi spinto a faccia in giù in quella vasca e una volta riemerso mi avessi urlato COM’È L’ODORE?!
Non posso stare dietro a tutta la variegata gamma di manifestazioni della mente umana.
E tu non puoi chiedermi un giudizio su ogni cialtrone complottista dotato di connessione a internet nella cui dieta neonatale evidentemente sono mancati vitamina B12 e iodio.
Se avessi un euro per ogni testa molle antivaccinista di cui la parte migliore dello schizzo da cui è nata è colata fra le chiappe di sua madre e ha macchiato il materasso, avrei già comprato una macchina del tempo per tornare a Marzo del 2020 e accecarmi con due siringhe caricate a sodio pentothal.
Quando qualcuno non capisce i disegnini che illustrano il funzionamento di un vaccino, come si comporta un virus e che cosa sia una pandemia, questo qualcuno è solo un poveraccio ignorante.
Ma quando questo individuo si ammanta della pretesa di spiegare gli arcani meccanismi socio-politici secondo i quali esiste un disegno globale per prendere il controllo della mente dei cittadini del mondo, ecco, questo qualcuno dovrebbe correre a casa della propria mamma, cacciare via la fila di clienti sulle scale e chiederle perché da piccolo non sia stato menato a sufficienza.
ECCO, PERFETTO... dovevo guardare la prima puntata della Ruota del Tempo e madonna avviperata m’avete fatto bestemmiare dal nervoso.
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Gli italiani sono gentilissimi: li puoi fregare e abbindolare fino all’infinito, te lo permetteranno sempre. Un milione di posti di lavoro e ci crediamo. Apriamo il parlamento come una scatoletta e ci crediamo. Ogni due anni c’innamoriamo di un nuovo imbonitore, poi lo cambiamo come fosse un colore che va di moda. Aspetto quello che ci prometterà di togliere l’inverno e la vecchiaia; senza dubbio ci crederemo. Ogni volta è quello giusto ed ogni volta ci tradisce: è infinita la voglia di farci calpestare dalla fila infinita di aspiranti principi azzurri. Noi, senza un principe in cui credere, fosse anche marrone, che campiamo a fare, che italiani saremmo?
I colori sbiaditi, né carne né pesce, non ci vanno bene, non si abbinano alla nostra fame di esagerazioni. Un arancione sporco dove vuole andare? Stavolta va il marrone! Un giallino pavido perde di fronte ad un marrone scuro, quasi nero. Meglio la merda del giallo. E poi questo principe marrone è in realtà una principessa, che ne sai che poi non è così male? E così aspettiamo di essere sotterrati da una bella valanga. Ma sempre con gentilezza, eh!
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Questo uomo no, #117 - Le pere e la shitstorm, 2a parte: Barbero e le differenze strutturali fra uomo e donna
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Dopo aver raccolto diverse richieste di riconsiderare le parole di Alessandro Barbero nella sua interezza, leggendo tutta la sua intervista rilasciata a Silvia Francia, lasciando stare il solito titolo idiota costruito apposta, mi sono accorto che in effetti Barbero non dice una stronzata: ne dice almeno tre.
Numero uno: “Premesso che io sono uno storico e che quindi il mio compito è quello di indagare il passato e non il presente o futuro, posso rispondere da cittadino che si interroga sul tema”. Beh, dato che l’intervista serve a pubblicizzare lezioni di Barbero anche su Madre Teresa e Nilde Iotti, donne vive fino a pochi anni fa, l’eccesso di modestia non si capisce: nessuna delle due fa parte del passato di cui di solito Barbero si occupa, nelle sue lezioni parlerà da “cittadino che si interroga” anche su Madre Teresa e Nilde Iotti? Non credo. In più, di solito un “cittadino che si interroga” non viene intervistato su La Stampa e non gli si chiede un parere su “come mai, secondo lei, le donne faticano tanto non solo ad arrivare al potere, ma anche ad avere pari retribuzione o fare carriera?”. La prima stronzata di Barbero è fare il gioco delle tre carte sulle sue competenze: o pensa di averle e risponde, o dice di non averle e non risponde; fingersi “semplice cittadino” significa prendere in giro chi legge.
Numero due: “Rischio di dire una cosa impopolare, lo so, ma vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi”. Guardi Barbero, il rischio a dire questa cosa non è di essere impopolare, ma di apparire ignorante: sono almeno tre secoli e mezzo che femministe di ogni origine sociale e provenienza culturale s’interrogano con studi e pratiche su queste “differenze strutturali”, e hanno dato un’enormità di risposte differenti e ben documentate. In più, hanno detto spesso che una espressione vaga e imprecisa come “differenze strutturali” è facilmente manipolabile e strumentalizzabile senza precisarne il senso: biologico? Sociologico? Economico? Geopolitico? Demoetnoantropologico? Chissà, davvero non sapeva nessuna di queste cose? La prima conseguenza negativa di questa stronzata è che chi, come il sottoscritto, si occupa di divulgazione di questioni di genere soprattutto agli uomini, passerà i prossimi mesi a parlare - in classi, in aule, in aziende, in associazioni, in centri sociali - con tizi tutti contenti di sostenere che “l’ha detto anche Barbero che ci sono differenze strutturali”. Grazie Barbero.
Numero tre: “È possibile che, in media, le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi? Credo sia interessante rispondere a questa domanda. Non ci si deve scandalizzare per questa ipotesi, nella vita quotidiana si rimarcano spesso differenze fra i sessi”. Infatti, Barbero, è molto interessante rispondere a quella domanda, e sempre le tante studiose e attiviste femministe richiamate sopra lo fanno sempre almeno da quei 350 anni. Non si scandalizza proprio nessuno e nessuna per questa ipotesi, professor Barbero, visto che un numero straordinariamente grande di disparità sociali storiche e presenti si basano proprio su interpretazioni faziose di essa - com’è stato ampiamente dimostrato. Ammetto però di rimanere perplesso di fronte al valore epistemologico che lei sembra dare alla “vita quotidiana” - ah già, sta parlando da “semplice cittadino che si interroga”. Meno male, se lo avesse detto da professore di Storia avrebbe fatto proprio una gran figura di merda.
Detto ciò, sarà utile riprendere il cordame marrone che ci lega alla vicenda Montemagno: il professor Barbero, certamente più preparato di Marco Montemagno, avrebbe dovuto fare l’unica cosa che si richiede a chi, con la sua visibilità e la sua competenza, dovrebbe fare se interrogato su questioni come quella: dire a chi intervista che deve porre la domanda a chi studia quei problemi e quelle vicende. Se Barbero avesse citato - per esempio - i lavori della Società Italiana delle Storiche come fonte autorevole per fornire una risposta, e non la sua semplice opinione, mi sarei spellato le mani per applaudirlo: avrebbe lasciato spazio, avrebbe nominato un’altra autorevolezza, avrebbe spinto chi legge verso una condivisione di competenze e di visibilità. Invece non l’ha fatto, ponendosi dalla stessa parte di chi fa della sua “competenza” di semplice cittadino qualcosa di sufficiente per parlare di questioni di genere. Il risultato l’abbiamo letto: stronzate banali e strumentalizzabili.
Veniamo al problema nient’affatto laterale della gogna mediatica, o shitstorm, o altro nome generico e inutile che si vuole dare a quello che succede quando parte la gara al lancio di melma sul personaggio che secondo qualcun3 “ha sbagliato”. Proviamo a stabilire qualche punto fermo. a) Non sono tutte sempre e solo “gogne mediatiche” o “shitstorm”, perché se non distinguiamo cosa succede di volta in volta mettiamo sullo stesso piano il professore di Storia che viene falsamente denigrato dai giornali di destra per delle motivazioni di cui non capiscono niente manco loro, le attiviste femministe che si prendono “lezioni” di comunicazione da chi parla loro di pere, le donne che vogliono porre questioni importanti sui propri diritti e si beccano minacce di morte e ceppe di ca22o in foto, filosofi e filosofe che provano a far capire qualcosa prima che la tempesta oscuri tutto e tutt3 e si ritrovano in mezzo al “fuoco amico” - ecco, se usiamo la stessa parola per queste cose così diverse, i primi ad alimentare la gogna siamo noi. Con buona pace di chi mi scrive che non capisce “l’orizzonte inclusivo in cui si colloca l’argomento ‘c’è chi sta peggio in fatto di shitstorm’”. Amico mio, non lo capisci perché non t’interessa capire la lezione femminista del posizionamento: non è per niente lo stesso trovarsi nella tempesta di merda quando sei uomo affermato professorone, giovane donna attivista, presuntuoso chiacchierone della domenica, donna di alto profilo politico, scrittore di romanzi in vena di prediche - e così via. Ti arriva roba assai diversa, e non sempre si è nella posizione di potersene fregare - cosa che fa tutta la differenza di orizzonti inclusivi del mondo. b) Come già detto per Montemagno, chi scambia la questione del posizionamento politico per “dipende dal tono, dalla pertinenza, dalle intenzioni” mi sa che non ha capito niente né del posizionamento né di tono pertinenze e intenzioni (per le quali vedi il post precedente). Su un social è un attimo trasformare tutto in merda, e questo chi la alza e ci soffia lo sa benissimo: quindi pure tu non mi venire a parlare di analisi che tanto sarebbero del tutto impossibili; ma (vedi punto a) ) almeno non sostenere che la shitstorm è intollerabile quando, al contrario di quello che succede con anonimi dispositivi elettronici, parli di articoli di giornale firmati. Io quando ho fatto un libro sul linguaggio sessista ho fatto nomi e cognomi: si può fare senza rischiare la galera. Perché tu chiacchieri genericamente invece di scrivere pubblicamente al giornale/giornalista meschino lo schifo che fa a strumentalizzare Barbero per i suoi scopi denigratori? c) alzare qualcuno a livello mitologico solo perché parla bene e fa capire argomenti complessi, e in più non è fascista, è un problema psicologico oltre che sociale - non lo dico io eh, c’è abbondante materiale in merito. Se alla prima stronzata detta dal tuo mito personale prendi e lo ricopri di merda, siete in due ad avere un problema, sia te che il tuo mito. Pensiamoci un po’ più spesso.
Per la cronaca, da quando ho rilasciato un’intervista e me la sono vista tagliata della metà e intitolata “Cosa devi fare per essere un vero uomo”, concedo interviste solo a giornalist3 che so dove abitano. Consiglio caldamente lo stesso a chiunque.
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