#mare di mattina
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tulipanico · 21 days ago
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Nel blu, mi perdo.
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Se dovessi disegnarmi in testa la malinconia, forse allora sarebbe una coperta, oppure un piumone, di quelli caldi e difficili da lasciare la mattina. Come quando si guarda il mare, sul far della sera in inverno, con la nebbia che scende e confonde acqua e cielo: l'aria stessa si colora di un blu magnetico che riempire gli occhi, che si insinua sotto alla pelle. Ecco, davanti a quel blu mi perdo, ed è una sensazione strana, come se desiderassi strapparmi il cuore dal petto, anche solo un pezzetto, e dirgli "vai, questa malinconia ti appartiene, è casa tua".
Che alla fine -forse- crogiolarmi in questo stato d'animo di un blu caldo, accogliente, fin troppo comodo, è una delle cose che mi riesce meglio: allora ci sguazzo dentro e provo a portare a galla qualcosa di buono.
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lanymphedaphne · 7 months ago
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* post per i pochissimi affezionati che si domandano di me e si chiedono dove sia finita
se volessi fare un recap dall'inizio del nuovo anno ad adesso scriverei che il tempo è scorso fra le mie mani senza che io effettivamente ne avessi piena coscienza a. e t. sono cresciuti moltissimo e hanno iniziato ad andare a scuola b. é una creaturina di appena un anno composta posata e seria ma quando sorride ti manda letteralmente il cuore in un mare di giuggiole aver avuto la fortuna di poter intraprendere una nuova avventura lavorativa é stato provvidenziale e salvifico mia nonna letteralmente come una leonessa combatte quella condizione terribile di malattia con un carattere ed una forza d'animo incredibile inviarle libri riviste e foto e chiamarla con assiduità non attutisce molto il rammarico di non poterle stare più vicina "da vicino" la mia presenza online si è ridotta drasticamente ad esclusione di un piccolissimo spazio di foto su patreon che curo con una leggerezza che raramente mi caratterizza e che mi tengo ben cara in compenso sono riuscita a leggere tre saggi e ad approfondire bene i temi legati al mondo della nutrizione il tempo libero è pochissimo ad eccezione dei momenti in cui l'umore è terribile e soffocato dall'ansia mi accorgo di vivere momenti assolutamente perfetti come la colazione al parco di questa mattina con b. vista fiume dove l'acqua brillava e le canoe sembravano avanzare come in una danza delicatissima con gli alberi che rendevano l'ombra freschissima o il gelato giuditta di ieri sera prima di entrare a lavorare o in generale le sere d'estate trascorse a passeggiare non ho previsto vacanze e di cose che non funzionano ne restano ancora troppe ma non posso che essere gratissima per poter avere l'occasione di migliorare ed essere ed avere ciò che desidero e per essere riuscita ad uscirne illesa da tutta una serie di vicende oggettivamente pesanti ed impattanti questa sera ho la visita dalla dottoressa e spero per quel momento di aver conservato il medesimo approccio vi leggo ogni volta che ho modo e sarei felicissima di ricevere cose scritte da voi in cui mi raccontate quello che vi va
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ilfildiarianna · 8 months ago
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C'era una volta la vacanza estiva che durava dai due ai tre mesi. Aveva un nome obsoleto ed in disuso, "la villeggiatura".
Tanti partivano addirittura ad inizio giugno od ai primi di luglio e tornavano a metà settembre. L' autostrada era una fila di Fiat 850, 600, 1100, 127, 500 e 128, Maggiolini e Prinz.
Non era guardato affatto chi aveva la Bmw la Mercedes o l'Audi, perché gli status symbol allora non esistevano.
Era tutto più semplice e più vero.
La vacanza durava talmente tanto che avevi la nostalgia di tornare a scuola e di rivedere gli amici del tuo quartiere, ed al ritorno non ricordavi quasi più dove abitavi.
La mattina in spiaggia la 50 lire per sentire le canzoni dell'estate nel juke box o per comprare coca cola e pallone.
Il venerdì chiudevano gli uffici e tutti i papà partivano e venivano per stare nel fine settimana con le famiglie.
Si mandavano le cartoline che arrivavano ad ottobre ma era un modo per augurare "Buone vacanze da..." ad amici e parenti.
Malgrado i 90 giorni ed oltre di ferie, l'Italia era la terza potenza mondiale, le persone erano piene di valori e il mare era pulito.
Si era felici, si giocava tutti insieme, eravamo tutti uguali e dove mangiavano in quattro mangiavano anche in cinque, sei o più.
Nessuno aveva da studiare per l'estate e l'unico problema di noi ragazzi era non bucare il pallone, non rompere la bicicletta e le ginocchia giocando a pallone altrimenti quando rientravi a casa ti prendevi pure il resto.
Il tempo era bello fino al 15 di Agosto, il 16 arrivava il primo temporale e la sera ci voleva il maglioncino perchè era più fresco.
Intanto arrivava settembre, tornava la normalità.
Si ritornava a scuola, la vita riprendeva, l'Italia cresceva e il primo tema a scuola era sempre.
"Parla delle tue vacanze". Oggi è tutto cambiato, diverso. La vacanza dura talmente poco che quando torni non sai manco se sei partito o te lo sei sognato.
E se non vai ai Caraibi a Sharm o ad Ibiza sei uno stronzo. O magari hai tante cose da fare che forse è meglio se non parti proprio, ti stressi di meno.
Una risposta certa è che allora eravamo tutti più semplici, meno viziati e tutti molto più felici, noi ragazzi e pure gli adulti. La società era migliore, esisteva l’amore, la famiglia, il rispetto e la solidarietà. Fortunati noi che abbiamo vissuto così.
La vita era quella vera insomma.
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angelap3 · 8 months ago
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Dalla sua cella lui vedeva solo il mare ed una casa bianca in mezzo al blu. Una donna si affacciava, Maria è il nome che le dava lui.
Alla mattina lei apriva la finestra e lui pensava: "Quella è casa mia. Tu sarai la mia compagna, Maria".
Una speranza e una follia.
Lunghi i silenzi come sono lunghi gli anni, parole dolci che s'immaginò: "Questa sera vengo fuori, Maria, ti vengo a fare compagnia".
E gli anni stan passando, tutti gli anni insieme. Ha già i capelli bianchi e non lo sa. Dice sempre: "Manca poco, Maria. Vedrai che bella la città".
E sognò la libertà e sognò di andare via. E un anello vide già sulla mano di Maria.
E gli anni son passati, tutti gli anni insieme, ed i suoi occhi ormai non vedon più. Disse ancora: "La mia donna sei tu".
E poi fu solo in mezzo al blu...
(Lucio Dalla)
"DONNA BLU'"di RICHARD BURLET, pittore francese nato nel 1957.
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raccontidialiantis · 2 months ago
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Mare, mare, mare: ma che voglia di arrivare fino a te
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Ho quarantotto anni e sono già... una nonna! Mia figlia è separata e sgobba dalla mattina alla sera, con scarse ferie o permessi. Pur di far fare un paio di settimane di mare a Livio, il mio nipotino di tre anni, io e mio marito Luca ci siamo recati a Grottammare il sabato stabilito, nell'albergo prenotato tempo addietro. Scesi in spiaggia, abbiamo stretto amicizia con i nostri vicini d'ombrellone. Kiluake è un senegalese pallavolista professionista: alto, tutto muscoli e bellissimo. Nora è sua moglie, romagnola e avevano con loro il figlio Adam, di tre anni anche lui come Livio, la luce dei miei occhi.
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All'una del primo giorno abbiamo mangiato nella sala pranzo dell'albergo. Recatici in stanza, ho notato che Kiluake e Nora erano alloggiati proprio nella stanza di fianco alla nostra. Domenica sera infine mio marito Luca è ripartito; sarebbe tornato solo il sabato mattina successivo per stare con noi due giorni. Il lunedì appresso Nora s'era offerta di badare per un paio d'ore ai due piccoli sulla riva, così io avrei potuto prendere un po’ di sole sdraiata. Indossavo un costume veramente ridotto e avevo di fianco quel bellissimo pezzo di manzo senegalese.
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Dalla lettura distratta e francamente impossibile dei giornali, tanta era la voglia reciproca di parlare finalmente da soli, siamo subito passati alle chiacchiere. Lo desideravamo entrambi molto. Era il palese inizio di una vera, inevitabile intimità tra due poli che percepiscono una latente, vicendevole attrazione. Non potei fare a meno di notare che lui guardava con insistenza il mio basso ventre, i miei seni sodi, le mie gambe e il mio culo, quando ero a pancia sotto. Per parte mia, io mi interrogavo su come potesse essere bello da drizzato quell'ammasso di ben di Dio che gli riempiva il costume davanti.
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La cosa mi stuzzicava non poco, confesso. Lo volevo dentro. Moltissimo. Ora, va detto che io la mia età me la porto benissimo e ho un fisico decisamente tonico. Faccio pole dance tre volte a settimana. Poi yoga, plank e corro ogni domenica mattina. Nora invece dopo il parto, così lui mi confidò, s'era un po' lasciata andare. Era notevolmente ingrassata e non curava più il suo aspetto; adesso era fuori forma e aveva quindi perso molto del sex appeal che aveva su di lui originariamente. Il giorno prima le avevo chiesto, in confidenza tra donne, come fosse partita la storia con Kiluake.
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Lei mi aveva detto che, da sostenitrice, dapprima seguiva la squadra. In seguito, trovandosi spesso insieme nel dopo partita, da cosa nacque cosa. E a mia domanda esplicita, mi fece capire che il capitolo “dimensioni” non era stato secondario nella sua decisione di accaparrarselo. La sera alle dieci il piccolo Livio già dormiva della grossa nel suo lettino, anche in quel primo lunedì da soli senza mio marito. Quindi uscii sul balcone per respirare un po’ e guardare il mare di notte. Vi trovai Kiluake appoggiato alla sua ringhiera. Mi disse che la moglie era di sicuro un tipo mattiniero, ma che la sera, stanca morta dopo una giornata appresso alla piccola canaglia, crollava letteralmente.
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Scherzando dissi: “allora potremmo farci un po’ di compagnia, noi due!” Egli rispose: “certo, scendiamo giù e andiamo a farci un drink.” Io ormai senza più pudore: “intendevo qui in camera mia.” L'uomo divenne serio, mi guardò fisso e rientrò dentro. Ero convinta di aver combinato un guaio ed in realtà ero rossa di vergogna. Ma subito dopo sentii bussare leggero alla porta: era lui. Mi disse con un tono comprensivo che nella sua cultura loro rispettano molto una donna sposata. Ero di brace. E che la vagina di una sposa è solo ed esclusivamente del marito. Io chiesi: “tutto il corpo della sposa?” e lui: “Beh, il culo e la bocca no!”
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Ci facemmo una risata che sbloccò qualsiasi imbarazzo. Quindi lo abbracciai. Lui si scongelò, mi baciò infilandomi mezzo metro di lingua in bocca e poi scoprì i miei seni. Li soppesò, li accarezzò dolcemente e io iniziai a gemere. Li succhiò a lungo; poi si decise e mi distese sul letto, mi girò sul ventre e iniziò a massaggiare le mie natiche; me le divaricò, per disporre liberamente dell'interno del solco e vi sputò abbondantemente dentro, proprio sull'ano. Poi leccò e lubrificò con molta esperienza. Non ci potevo credere: tra un po’ avrei preso nel culo un guerriero africano! Appoggiò la sua cappella e cercò di entrare. Mi trattava come la sua troia.
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E mi piaceva moltissimo: con sua moglie a due metri di distanza. A me francamente piaceva ancora di più, con mio marito a un'ora di viaggio. Gli dissi di aspettare, che il culo non l'avevo mai concesso a nessuno, neppure a mio marito e temevo mi rompesse, con quell'affare enorme. Rise di cuore e mi disse di non preoccuparmi. Mi fece rilassare e riprese il suo lavoro. Pian piano riuscii a prenderlo nel culo per metà. Dapprima stavo per svenire dal dolore. Ma lo volevo sentir sborrare dentro di me con tutta l'anima. Lui si accontentò del parziale ingresso nel mio culo e prese a tenere un'andatura molto lenta.
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Man mano che procedeva, sputava sempre dall'alto della nuova saliva direttamente nel mio culo, così che il suo cazzo entrasse sempre un po’ di più. Era un'emozione nuova e bellissima: avevo scopato al di fuori del matrimonio già diverse volte, ma mai con un pezzo d'atleta del genere. E non l'avevo mai preso in culo: porca puttana, iniziavo direttamente dal top! Alla fine, con mia grande sorpresa, il suo cazzo entrò tutto! E prese a essere più veloce. Inarrestabile. Una vera bestia. Io non sapevo più se godere di lui e con lui o se invece soffrire per il mio culo dolorante palesemente rotto, sanguinante e dilatato al massimo.
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Sentivo i suoi coglioni sbattermi sul perineo. Era il più dolce e gradito massaggio. Mi sembrò di vivere impalata ma… in paradiso! Sborrò dentro di me forse una mezza litrata di roba. E sotto di lui divenni una morbida bambola di pezza, mentre venivo gemendo più volte, se solo pensavo a lui dentro di me. Ero completamente sua. I seni erano nelle sue mani a coppa. Mi baciava il collo, me lo leccava, mi torceva la testa per baciarmi lingua in bocca. La sera dopo, martedì, mi feci trovare supina e nuda. Depilata, profumata e bellissima. A sorpresa, mentre tentò di girarmi, rimasi ferma, col culo incollato al letto e gli presi il cazzo enorme con le mie due mani e lo puntai decisa contro le mie piccole labbra.
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Lui disse: “no, amore mio; questo non posso farlo” ma intanto non accennava ad andarsene. Per di più, io tenevo le sue palle strette nel mio pugno. Come faceva per allontanarsi, io glieli strizzavo. La sua indecisione e gli scrupoli durarono forse dieci secondi. Poi alla mia fregna già ben lubrificata e totalmente aperta per lui non seppe resistere; si decise. Entrò e mi sventrò letteralmente. Fu una cosa incredibile. Non la finiva di sborrarmi dentro. Ero incosciente dal piacere. Quel martedì sera mi fece venire tre volte. Scopammo regolarmente tutte le sere, fino al venerdì incluso e poi di nuovo da domenica sera fino alla fine della vacanza.
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Ebbi modo anche di prenderglielo in bocca, ma solo fino a quasi metà. Era un suo grande desiderio, quello di riuscire a trovare una donna che glielo prendesse tutto in gola. Avrei dovuto avere più tempo a disposizione. Sospetto che la moglie Nora sapesse, ma non ci fu mai problema tra noi. Anzi: forse era sua complice. Aveva probabilmente capito che per tenerselo avrebbe dovuto sempre condividerlo con donne magari anche più mature ma più attraenti di lei.
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Ci scambiammo i numeri e ci ripromettemmo di non perderci di vista. Conoscendomi bene, io da parte mia già sapevo che avrei comunque fatto in modo di godere ancora di quel bellissimo uomo durante i prossimi mesi. Ero sicura: infatti ero innamorata persa di quel vero guerriero africano, ma soprattutto del suo enorme arnese. E poi mi sarei esercitata ogni giorno con dei falli in gomma, per riuscire a prenderglielo in bocca tutto. E farlo finalmente felice.
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godisacutedemon2 · 1 year ago
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Varcò la soglia di quel bar coi capelli legati e la mano sventolante vicino al viso: faceva caldo, troppo caldo, nonostante fossero appena le 8 di mattina. Le goccioline che le partivano dalla fronte scendevano giù lungo tutto il viso arrivando alla bocca rimpolpata da quel suo lipgloss appiccicoso che usava sempre. Il locale era pieno, le voci erano alte, tutti di fretta ma non troppo: va bene andare a lavoro, sì, ma con calma, ce n'è di tempo per lavorare, ma per esser felici e spensierati ce n'è troppo poco. Si avvicinò al bancone, a servirla c'era un bel giovane sorridente. «Non ti ho mai vista qui, sei nuova?» il sorriso si fece ancora più ampio, ma come risposta ricevette il sopracciglio inarcato e indispettito di lei. «Buongiorno, innanzitutto» rimbobò. Erano già due mesi che era lì, ma ancora non si era abituata a quella confidenza che chiunque si prendeva. Sapeva non fosse cattiveria, ma un po' l'infastidiva. Tutti conoscevano tutti e lei, a sentirsi dire sempre la stessa frase, si sentiva un po' un pesce fuor d'acqua. «Sì, sono nuova. Ma ricordate tutti coloro che passano o è proprio un vostro modo di approcciare?» continuò quindi lei. Il giovane si passò la mano tra i capelli lisci che gli cadevano sulla fronte «signorina, non mi permetterei mai di approcciarvi... O almeno, mi correggo, non così» rise, era bello. «Scusatemi se mi sono permesso o se vi ho dato fastidio... Diciamo che qui ci conosciamo tutti» botta secca «o comunque, più o meno mi ricordo chi passa, un viso così bello lo ricorderei». Le lusinghe erano tante, ma la pazienza la stava proprio perdendo. «Sì, capito, capito. Mi può portare un caffè, per favore?» «sì, certo, permettetemi di presentarmi almeno, io son-...» dei passi lenti dietro di lei la interruppero «Antò, e falla finita! Ti vuoi sbrigare? Non è cosa, non lo vedi? Portagli 'sto caffè e muoviti, glielo offro io alla signorina». La situazione stava degenerando, la ragazza in viso era ormai paonazza e non di certo per il caldo. «Scusatemi tutti, il caffè me lo pago da sola! Posso solo e solamente averlo?! Si sta facendo tardi, non pensavo che qui fosse un delirio anche prendere un caffè!» per un attimo calò il silenzio che non c'era mai stato, nella mente di lei passò un vento di leggerezza e sollievo, senza rendersi conto che, con quell'affermazione, si era di nuovo sentita come tutto ciò che non voleva sentirsi: un pesce fuor d'acqua. «Scusatemi» bofonchiò, poi di nuovo «potrei avere gentilmente un caffè? Grazie. Mi andrò a sedere al tavolo» il barista la guardò, un po' dispiaciuto «signorì, se permettete, cappuccino e cornetto, offre la casa. Sentitevi un po' a casa, vi farebbe bene» e si dileguò. Non disse nulla e si trascinò verso il tavolino, non poteva combatterli: erano tutti pieni di vita lì in quel posto. Che alla fine, un po' di gioia dopo anni di sofferenze, non sarebbe poi mica guastata.
Si sedette lì, ad un tavolino accanto ad un immenso finestrone: da lì si vedeva il mare, mozzafiato. Si guardò intorno. Il viavai di gente era irrefrenabile e la mole di lavoro assurda, ma la cosa più bella di quel posto è che nonostante le richieste più assurde dei clienti, venivano accolti tutti con il sorriso più caloroso del mondo.
Sorseggiava il suo cappuccino, lasciando vagare il suo sguardo di tanto in tanto, fin quando non si fermarono inchiodati su quello di un altro. Nell'angolo, in fondo, c'era un ragazzo. Gli occhi scuri tempesta bloccati nei suoi ciel sereno. I capelli un po' arricciati gli scappavano qua e là dalla capigliatura indefinita che portava. Un ricordo è come un sogno lucido, che però puoi toccare, sentire, annusare, vivere ad occhi aperti, vivere senza dormire. In quell'angolo di stanza, c'era lui. I battiti partirono all'impazzata all'unisono, nel bar non c'era più nessuno, solo loro. So potevano quasi toccare co mano, nonostante la distanza a separarli, le loro mani accarezzavano i rispettivi visi come a gridare “sei vera? Sei vero?”. Un impeto di emozioni, un vulcano in eruzione, la pioggia sul viso, il vento che porta il treno che sfreccia, il pianto di un bambino, la risata di un ragazzo. «Signorì, tutto apposto?» il tempo di sbattere le palpebre: lui non c'era più «sì, sì... Pensavo di aver visto qualcuno di mia conoscenza».
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ccartapesta · 6 months ago
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Ossi di seppia
ossi di seppia trascinati
a riva
i miei pensieri che vanno
alla deriva
e tu non torni più
la mattina
lampioni accesi
mi ricordano la sera prima
così comprimo tutte
le mie idee
che mi scalfiscono
come le alte maree
parlar non posso
più di tanto
c’è un tacito accordo
siglato da tanto
sopprimo la mia indole
più aggressiva
non dormo da tanto
si è fatta mattina
parole dolci
mi riportano a riva
ossi di seppia
ormai alla deriva
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mermaidemilystuff · 7 months ago
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Mi rendo conto solo ora quanto nella mia vita, fin da piccola, ho dovuto conoscere da vicino la solitudine, il distacco da una realtà normale.
Fin da quando ero una bimba piccola, fino ai 12 anni circa, in estate quando finiva la scuola mia madre lavorava già da un po', usciva la mattina senza che me accorgessi e tornava di notte. Ogni anno, da che ho memoria, io stavo con mia nonna e andavo con lei al mare. A mia nonna fu diagnosticato il parkinson poco dopo che sono nata, tra le altre cose faceva della fisioterapia in una struttura sul mare che aveva la sua spiaggia e per i clienti della struttura i prezzi di ombrelloni e sdraio erano molto convenienti. Io andavo al mare lì con lei, ogni estate, ogni giorno, per quasi dieci anni. Non so se è intuibile, ma essendo il bagno di una struttura che aiuta i vecchini con le loro malattie, di bambini oltre a me ce ne erano: 0.
Ho passato intere estati a stare unicamente con mia nonna, potevano passare settimane senza che io vedessi anche solo una mia amichetta. Passavo intere giornate a sguazzare in acqua da sola, inventarmi qualche gioco su sabbia o sotto l'ombrellone da sola e con il passare degli anni ho imparato fin da troppo giovane ad accudire io mia nonna e quasi non più viceversa.
Non ho mai riflettuto, l'ho sempre pensata come una cosa normale o meglio una cosa, così era. Adesso invece non so perché ma ci rifletto.
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spettriedemoni · 9 months ago
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Il mare di maggio ha colori intensi, luci delicate e brezze dolci.
Il mare di maggio si sveglia presto anche se è domenica mattina.
Il mare di maggio nella mia città porta tante persone a camminare sulla spiaggia, a correre, a passeggiare in bici, a prendere il sole.
Oppure ti puoi mettere semplicemente lì sulla battigia a guardare l’orizzonte e a respirare a pieni polmoni.
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angelap3 · 17 days ago
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Da " Favole al telefono" propongo la storia
" Una Viola al Polo Nord"
Rodari in questo racconto affronta un tema di grande attualità: il Cambiamento climatico.
Una mattina al Polo Nord, l’orso bianco fiutò nell’aria un odore insolito e lo fece notare all’orsa maggiore (la minore era sua figlia).
«Che sia arrivata qualche spedizione?».
Furono invece gli orsacchiotti a trovare la viola. Era una piccola violetta mammola e tremava di freddo, ma continuava coraggiosamente a profumare l’aria, perché quello era il suo dovere.
«Mamma, papà» gridarono gli orsacchiotti.
«Io l’avevo detto subito che c’era qualcosa di strano», fece osservare per prima cosa l’orso bianco alla famiglia. «E secondo me non è un pesce».
«No di sicuro – disse l’orsa maggiore, – ma non è nemmeno un uccello».
«Hai ragione anche tu», disse l’orso dopo averci pensato su un bel pezzo.
Prima di sera si sparse per tutto il Polo la notizia: un piccolo, strano essere profumato, di colore violetto, era apparso nel deserto di ghiaccio, si reggeva su una sola zampa e non si muoveva. A vedere la viola vennero foche e trichechi, vennero dalla Siberia le renne, dall’America i buoi muschiati, e più di lontano ancora volpi bianche, lupi e gazze marine. Tutti ammiravano il fiore sconosciuto, il suo stelo tremante, tutti aspiravano il suo profumo, ma ne restava sempre abbastanza per quelli che arrivavano ultimi ad annusare, ne restava sempre come prima.
«Per mandare tanto profumo, – disse una foca – deve avere una riserva sotto il ghiaccio».
«Io l’avevo detto subito – esclamò l’orso bianco – che c’era sotto qualcosa».
Non aveva proprio detto così, ma nessun se ne ricordava.
Un gabbiano, spedito al Sud per raccogliere informazioni, tornò con la notizia che il piccolo essere profumato si chiamava viola e che in certi paesi, laggiù, ce n’erano milioni.
«Ne sappiamo quanto prima», osservò la foca. «Com’è che questa viola è arrivata proprio qui? Vi dirò tutto il mio pensiero: mi sento alquanto perplessa»
«Come ha detto che si sente?», domandò l’orso bianco a sua moglie.
«Perplessa. Cioè, non sa che pesci pigliare».
«Ecco – esclamò l’orso bianco – proprio quello che penso io».
Quella notte corse per tutto il Polo un pauroso scricchiolio. I ghiacci eterni tremavano come vetri e in più punti si spaccarono.
La violetta mandò un profumo più intenso, come se avesse deciso di sciogliere in una sola volta l’immenso deserto gelato, per trasformarlo in un mare azzurro e caldo, o in un prato di velluto verde. Lo sforzo la esaurì. All’alba fu vista appassire, piegarsi sullo stelo, perdere il colore e la vita. Tradotto nelle nostre parole e nella nostra lingua il suo ultimo pensiero dev’essere stato pressappoco questo «Ecco, io muoio… Ma bisognava che qualcuno cominciasse… Un giorno le viole giungeranno qui a milioni. I ghiacci si scioglieranno, e qui ci saranno isole, case e bambini».
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red-v3lvetx · 2 months ago
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Io voglio farti una domanda diversa, quali sono i fattori/cose della vita quotidiana che ti danno gioia?
che bella domanda, la apprezzo molto, comunque:
-i golden retriever e il loro musino da stupidotto
- i labrador chuncky
- le candele che accendo ogni sera
-l’ultima sigaretta che fumo la sera
-le coccole con il mio cane prima di andare a dormire
-i caloriferi caldi quando mi sveglio
-il the cannella e vaniglia
-svegliarmi in un mare di coperte
-il sole ancora un po’ nascosto dalla nebbia e un paio di ore dopo il cielo limpidissimo
-il pranzo con le mie infinite colleghe, quando siamo così tanti che non ci stiamo al tavolo
-camminare sull’erba ghiacciata di prima mattina e sentirla scricchiolare
-fare la doccia e poi usare l’olio solido alla vaniglia e profumare di dolce
eeee un sacco di cose in realtà, apprezzo le piccole cose, e voi invece? cosa vi da gioia nel quotidiano?
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libriaco · 6 months ago
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Bologna, agosto 1980
Le nostre vacanze di quell'estate 1980, in Austria, finirono troppo presto e per colpa mia.
Avevo parcheggiato il camper (in realtà, un vecchio furgone 238 Fiat riadattato dal propretario) in un silo piuttosto distante dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, mèta della nostra mattinata culturale. Il costo del parcheggio era diviso in fasce orarie e avevamo fatto i nostri conti sulla durata che avrebbe dovuto avere la visita per spendere il meno possibile. Il Museo risultò però incredibilmente interessante, Dürer, Bruegel, Bosch.... Il tempo passò troppo in fretta e quando ci accorgemmo di stare per entrare nell'orario in cui il balzello del parcheggio ci sarebbe costato un bel po' di scellini, uscimmo in fretta, più di corsa che a passo veloce; è vero che Orazio aveva inscenato una incredibile pantomima alla biglietteria del museo, mostrando il suo libretto universitario e cercando di far capire, un po' in inglese e un po' in pugliese, che, come studenti, dovevamo avere uno sconto, che poi ci fecero, ma avevamo veramente i soldi contati e il costo della vita in Austria era ben più alto che in Italia.
Arrivati appena in tempo al parcheggio, mi misi alla guida cercando di guadagnare l'uscita prima dello scadere dell'orario. Ahimè, così al coperto, e abituato a guidare una Mini, non avevo valutato l'altezza del furgone e, a una curva troppo stretta, feci impuntare il tettino in uno spigolo di cemento sporgente, producendo un gran di rumore e un notevole 'taglio' nella lamiera: accorsero subito un paio di sorveglianti per vedere che cosa fosse successo, passò una mezz'ora o più e ovviamente, all'uscita, fummo costretti a pagare per la salata fascia oraria in cui eravamo rientrati per quei minuti di ritardo.
La cosa più brutta era che il camper, Domenico, il terzo componente del gruppo, lo aveva avuto in prestito da suo cognato, con l'impegno di riportarlo a Firenze entro il 9 o 10 agosto, per consentire a lui e alla famigliola di andarsene in vacanza. Che cosa potevamo fare? Certo non raccontare l'accaduto, a rischio creare dei problemi familiari a Domenico; decidemmo allora, dopo una serie concitata di telefonate in Italia (non c'erano i cellulari!), di rientrare qualche giorno prima, per consentire a un mio amico carrozziere, che avevo rintracciato ancora nella sua officina, di porre rimedio al danno in maniera 'invisibile': avremmo usato i soldi risparmiati dall'accorciarsi della vacanza per pagare il lavoro.
Io fui immediatamente esonerato dalla guida in città ma poi mi alternai con Domenico durante il rientro; eravamo abbastanza abbattuti per l'incidente e per la brutta chiusura della vacanza, e decidemmo, per fare prima, di guidare anche di notte.
Orazio doveva andare a Pisa, con Domenico, per ripartire subito dopo verso la Puglia, dai suoi. Domenico doveva riportare il camper a Firenze, dopo aver accompagnato me nel mio paesello di mare e fatto aggiustare il danno alla carrozzeria del mio amico. Visto il rientro anticipato, Orazio decise di fermarsi qualche giorno da alcuni amici a Bologna, per poi andare da lì in Puglia; i bagagli li aveva con sé e non aveva motivo di ripassare da Pisa.
Il pomeriggio del primo di Agosto, arrivati a Bologna poco dopo le 16:30, parcheggiammo in prossimità della stazione per accompagnare Orazio a consultare gli orari dei treni e a fare la prenotazione e il biglietto per il suo rientro. La stazione, nonostante il periodo dell'anno, non era particolarmente affollata; girellammo un po' per il salone, mentre Orazio era in fila, poi lo accompagnammo col camper nella zona dove abitavano i suoi amici. Senza neppure scendere per salutare i suoi nuovi ospiti, riprendemmo la strada verso casa mia: volevamo arrivare dai miei sul fare della notte.
La cena, finalmente tra le mura familiari, fu veramente ristoratrice, così come gli abbondanti lavacri. La mattina dopo, sabato 2 agosto, Domenico ed io dormimmo fino a tardi; a tavola, all'ora di pranzo, saltata la prima colazione, eravamo famelici.
L'immancabile televisore rumoreggiava in sottofondo, ma non lo ascoltavamo, tutti presi a rispondere alle domande dei miei sulla nostra vacanza; a un certo momento però ci accorgemmo che alla TV parlavano di Bologna, della stazione e ci voltammo meccanicamente per vedere e sentire cosa dicevano. "Eravamo lì ieri pomeriggio...", feci alla mamma, con la bocca piena.
Il silenzio fu poi agghiacciante: capimmo cosa era successo. Un incidente? Un attentato? Decine di morti, centinaia di feriti... Muti, un raggrinzire della pelle... ci prese, stretti, quella commozione che ti fa luccicare gli occhi; e ci fu un pensiero non detto, negli sguardi tra me e Domenico: chissà, forse andando un po' più piano o non viaggiando di notte, saremmo potuti essere lì anche noi, a quell'ora.
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unfilodaria · 29 days ago
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Oggi credo di aver raggiunto il punto zero della mia resistenza mentale e mi sono spento come quando salta la corrente... zot! Sicuramente il mio stato emotivo di questi mesi non ha contribuito (ricordate l'esempio dei sostegni/gambe che reggono la nostra vita?). Ma c'è da dire che la stanchezza/stress mentale accumulata in questo ultimo anno di lavoro ha raggiunto vette inimmaginabili. Metti pure che quest'anno sono giusto giusto 40 anni che lavoro (quaranta! Mamma mia, mi spaventa solo sentirlo il numero) ed il conto è detto fatto. Non ho più la tempra. Non ho più la forza di reggere questi ritmi e questi pensieri. 40! Una vita cazzarola, e l'idea di doverne fare almeno altri 4 per chiudere i libri e ricominciare una nuova vita non mi fa stare meglio. In ogni caso, dicevo, oggi è scattato il black-out e qualsiasi voglia di fare è svanita. Per cui mi sono infilato a letto e ho chiesto due giorni di malattia, che già so passerò comunque a lavorare ma almeno non avrò lo stress della sveglia.
Due propositi certi per la nuova vita che verrà:
a) riprendere a studiare. Voglio prendere una seconda laurea o una specializzazione. Ma questa volta studiare per qualcosa che mi piace davvero. Sociologia? O qualcosa legata ad attività partecipative
b) vivere in un luogo dove la mattina posso guardare il mare dalla finestra. E finire i miei giorni lì. Ricollegarmi ad un luogo che ho sempre respinto e che invece in questi ultimi due anni ho scoperto essere intimamente connesso con me.
Siamo noi, siamo in tanti
Ci nascondiamo di notte
Per paura degli automobilisti, dei linotipisti
Siamo i gatti neri, siamo pessimisti
Siamo i cattivi pensieri
E non abbiamo da mangiare
Com'è profondo il mare
Com'è profondo il mare
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solobrividiecoraggio · 1 month ago
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Tumblr media
Ho preparato i biscotti in foto per portarli come dolce alla serata di capodanno con il gruppo a casa di un amico. Tornato a casa ho aperto la scatola dei ricordi e ho letto la lettera che mi ero scritto un anno fa.
La scatola dei ricordi mi ha ricordato alcune delle esperienze che ho fatto nel 2024: ho iniziato a studiare giapponese; sono stato in montagna, ho sciato per la prima volta, ho fatto lo slittino con i miei amici; sono andato da solo al concerto della Florence Pops Orchestra al Teatro La Compagnia a Firenze; sono stato a Milano con i miei amici, la mattina della partenza ho corso per raggiungere la tramvia e riuscire ad arrivare in stazione in tempo; sono stato a due fiere, al Gamics Carrara e al Lucca Comics; sono stato al concerto dei La Sad con due miei amici, quel giorno ho guidato per la prima volta in autostrada, ho guidato in centro a Bologna, al ritorno ho preso tipo 3 volte la strada sbagliata; tramite il corso di giapponese ho conosciuto Makoto, con gli altri del corso prima che tornasse in Giappone abbiamo pranzato nella casa dove stava con il padre qui a Firenze, ha suonato per noi il violino e ce l'ha fatto anche provare; sono stato con una delle mie sorelle alla festa Tanabata organizzata in un parco qui a Firenze; sono stato al mare dai miei amici, arrivando e tornando in macchina da solo; sono stato al mare qui in Toscana con una delle mie sorelle, sempre guidando io; ho iniziato il servizio civile universale; sono tornato in palestra dopo anni di allenamenti solamente in casa o all'aperto; sono andato alla mostra degli Yōkai. È stato un anno di nuove esperienze, in cui non mi sono fatto fermare tanto dalla paura, sono soddisfatto.
Nel 2024 ho incrociato la mia ragazza, una persona speciale che ogni giorno rende la mia vita più ricca. Ha un cuore meraviglioso, è dolcissima. Sono innamorato di lei e trovo la sua vicinanza inestimabile. Mi sta cambiando la vita e sono così felice.
La lettera di un anno fa mi ha ricordato la situazione in cui mi trovavo. Mi ha anche fatto venire i brividi leggendo parole di incoraggiamento da parte di me stesso. Ho scritto la lettera che leggerò fra un anno, con un paio di desideri in mente.
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elenascrive · 5 months ago
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“Io esigo un po’ di poesia, altrimenti appassisco, mi spengo, mi deterioro.
Alzarsi ogni mattina e vedere solo sguardi vuoti, sentire discorsi pratici e razionali, oppure battute senza senso, mi fa consumare dentro.
Vivere così mi stanca. Non è correre da una parte all’altra, non avere un attimo di respiro. Non è il lavoro, il telefono che suona, non sono le notti in bianco. È la mancanza di poesia che mi sfinisce. Come quando le persone si dimenticano di baciarsi, di abbracciarsi e di guardare il cielo. Come quando le parole delle canzoni sono solo parole e non più storie. Come quando non ringrazi più per la bella serata, per la bella giornata, per un bel gesto.
La poesia, per me, è far caso a quello che ci circonda, è il coraggio di commuoversi ancora, è la fantasia che trasforma un foglio di carta in un fiore. La poesia, per me, è dire “me ne frego di tutto e vado al mare”, è saltare nelle pozzanghere anche quando si è grandi, fare “m’ama o non m’ama” con le margherite, aspettare l’alba insieme a qualcuno che ci vuole bene. È continuare a giocare anche se tutti ti guardano male, è alzarsi un po’ brilli alla fine di una cena e improvvisare un lento.
Io senza non ce la faccio, sul serio, mi spavento, mi manca il respiro, non sono io, e forse dovrei crescere, ma se crescere vuol dire smettere di sentire, smettere di ribellarsi, allora no, ci rinuncio, perché io voglio sentire tutto, perché io voglio fare la rivoluzione.”
- Susanna Casciani
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g0r3b4b1 · 2 years ago
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andare al mare di sera >>>> andare al mare di mattina
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