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Verona, lo sport scende in campo contro la violenza di genere
Verona, lo sport scende in campo contro la violenza di genere. «Cosa stiamo facendo per cambiare le sorti della violenza maschile sulle donne, per arginare il fenomeno tragico e radicato della violenza di genere, questa terribile piaga della nostra società che trova radice in una cultura patriarcale di prevaricazione, di coercizione, di sopruso e di annullamento dell’altro - dove l'altro è la donna, e che riguarda ciascuno e ciascuna di noi? È in atto uno profondo cambiamento della società, che deve essere seguito dal cambiamento dell’alfabeto e del linguaggio delle relazioni tra uomini e donne, un cambiamento che è epocale e l’efferatezza degli eventi di violenza che accadono quasi quotidianamente, come quello che ha riguardato la giovanissima Giulia Cecchettin, dimostra che i giovani uomini non hanno gli strumenti per comprendere e accettare la conquistata libertà delle donne di autodeterminarsi, l’identità complessa delle donne e il valore della loro differenza. E se anche noi adulti stentiamo a capire il cambiamento della società in tal senso dobbiamo informarci e formarci, noi adulti come i più giovani, noi adulti anche per aiutare i più giovani. Questo vuol dire ‘riguarda anche te’, vuol dire che il fenomeno della violenza maschile sulle donne riguarda e deve impegnare ciascuno di noi, individualmente e come parte della comunità». Con queste parole ieri la vicesindaca e assessora alla Parità di genere Barbara Bissoli ha introdotto la presentazione di un importante progetto per sensibilizzare cittadini e cittadine sulla violenza di genere attraverso le sport, considerato come importante strumento per trasmettere i valori del rispetto dell’altro e delle differenze di genere. Le principali società sportive veronesi hanno infatti aderito così alla campagna di sensibilizzazione promossa dal Comune in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, con una serie di iniziative sul campo in occasione dei prossimi incontri e non solo. In programma diverse aste benefiche a favore del Centro comunale Antiviolenza Petra e della Casa della Giovane, ma anche campagne social realizzate dagli atleti e dalle atlete, incontri nelle scuole e percorsi di formazione per gli istruttori sportivi. Una rete che trova la sua forza nell’impegno profuso dall’Amministrazione per coinvolgere più soggetti possibili nella battaglia contro la violenza di genere e che, al fianco della vicesindaca Barbara Bissoli, vede l’impegno della consigliera comunale con delega alle Pari opportunità Beatrice Verzè, che ha chiamato a raccolta il mondo sportivo veronese coinvolgendolo nel progetto del Comune riguarda anche te. Tutte le società hanno risposto presente. Un si non solo all’iniziativa legato al 25 novembre ma anche alla presa di coscienza che è necessario avviare un percorso di dialogo e formazione dei ragazzi che educhi al rispetto dell’altro e della sua libertà. Cosa succedere nei campi di calcio, pallavolo e basket veronesi nel prossimo fine settimana? Tutti i giocatori e le giocatrici indosseranno sia in allenamento che in partita una Patch dedicata con lo slogan “Riguarda anche te”. Accadrà in occasione di Hellas Verona-Lecce del 27 novembre, il 26 novembre in occasione del Match tra Hellas verona Women e Tavagnacco, sempre il 26 novembre nella partita tra Verona Volley e Perugia; sabato 2 dicembre, in occasione dell'incontro di campionato tra Virtus Verona e la Triestina. Tutte le magliette saranno poi oggetto di aste benefiche organizzate dalle società sportive il cui ricavato sarà devoluto a enti e associazioni del territorio che si occupano di violenza di genere.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Parafilie di nicchia
Stavo mettendo un po' di ordine nel computer e ho deciso di dividere le donne nude per categorie: donne nude che leggono Schopenhauer, donne nude che indossano cotte di mithril, donne nude che tifano per squadre di calcio con magliette girocollo e così via, perché ho davvero un sacco di manie molto particolari e tutte le volte perdo così tanto tempo a cercarle che mi passa tutto il sentimento. Delle donne con le cotte di mithril apprezzo soprattutto i tensori della fascia lata per cui ho sviluppato una vera e propria parafilia, peccato solo che si trovino così poche immagini su internet. Sto seriamente pensando di aprire un gruppo su Reddit, per ora siamo solo io e un ortopedico.
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Fischia il vento di Federico Tulli Da oltre venti anni, ai primi di luglio, in Emilia si giocano i Mondiali antirazzisti di calcio, un evento sportivo amatoriale non competitivo che si fonda su una formula semplice ma rivoluzionaria (specie di questi tempi): coinvolgere e mettere in contatto tra loro realtà considerate di solito contrastanti e contraddittorie, quella dei gruppi ultrà, spesso etichettati come razzisti, e quella delle comunità di immigrati e delle associazioni impegnate nel volontariato. Nel corso degli anni, i Mondiali – che ora si giocano sui prati di Bosco Albergati – si sono trasformati in un vero e proprio festival multiculturale e in esperienza concreta di lotta contro ogni forma di discriminazione... Una lotta pacifica portata avanti con convinzione da migliaia di persone. Abbiamo visto giocare all’insegna del fair play squadre miste di ragazzi e ragazze, di associazioni attive nell’accoglienza ai migranti, oppure formate solo da bambini saharawi rifugiati, oltre che compagini composte da sole donne italiane e straniere oppure da rifugiati e richiedenti asilo di ogni parte del globo. Abbiamo visto rappresentanti di tifoserie di norma ostili tra loro come Lazio e Marsiglia scambiarsi le magliette, cantare “Bella ciao” e brindare insieme dopo essersi affrontati sotto il sole cocente della Pianura padana. Le formazioni provenienti da decine di Paesi diversi sono state sempre circa 200. Nel 2018 erano poco più di 130. Come mai? Chi scrive venne a sapere che poco prima dell’inizio del torneo il ministero dell’Interno aveva sollecitato le prefetture a non rilasciare il nulla osta ai richiedenti asilo per allontanarsi dalle strutture in cui erano ospitati. E così almeno una trentina di squadre composte per lo più da profughi avevano dovuto rinunciare all’appuntamento. ... Tutto questo mi è venuto in mente vedendo nei giorni scorsi le famose foto che ritraggono il responsabile del Viminale insieme al pregiudicato e ultras del Milan Luca Lucci. Stretta di mano e abbraccio tra i due nell’ambito della festa per i cinquant’anni della curva rossonera. Praticamente uno spot all’insicurezza sociale che ha per protagonista l’uomo che ha giurato sulla Costituzione di “servire lo Stato” garantendo l’ordine e la sicurezza pubblica. Per scoprire a che gioco sta giocando il ministro, che un giorno indossa la sciarpa da ultras e il giorno dopo la divisa da poliziotto, abbiamo cercato di ricostruire il contesto in cui si muove Matteo Salvini. Considerando il bacino di voti per la Lega rappresentato dalle tifoserie di destra è oggi lecito chiedersi senza voler demonizzare il tifo né alcuni aspetti della cultura ultrà, cosa possa accadere in prossimità delle elezioni europee in caso di nuovi episodi di razzismo e di antisemitismo come quelli accaduti di recente a Milano, Bologna e Roma: «Si accanirà col manganello contro chi il mese dopo gli porta voti o – come scrive Galieni – durante i match dimenticherà, come spesso gli capita di essere un ministro»? Staremo a vedere. Ma l’Italia che vogliamo raccontare in questo numero non è solo quella lugubre e sguaiata che Salvini vorrebbe plasmare a sua immagine e somiglianza. Scoprirete insieme a noi tutto un mondo, di cui i Mondiali antirazzisti sono uno dei numerosi esempi, che all’insegna dell’integrazione, dell’accoglienza, della collaborazione e della coesione sociale non si arrende al senso di oppressione generato dalle politiche xenofobe e nazionaliste del governo giallonero mettendo in campo proposte e attività di resistenza e rifiuto di ogni forma di discriminazione. Un ultimo pensiero va a Cecile Kyenge, le cui figlie spesso abbiamo visto lavorare come volontarie ai Mondiali antirazzisti. Il leghista Calderoli è stato condannato in primo grado a un anno e sei mesi dal Tribunale di Bergamo per aver definito l’ex ministra «un orango». I giudici hanno riconosciuto l’aggravante razziale. Esultiamo insieme a lei. Avanti così, forse il vento sta cambiando.
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Calcio e superstizione: due tra i "vizi" più famosi degli italiani
Nel famoso film “Il Sorpasso” di Dino Risi, un giovane Vittorio Gassman faceva il gesto scaramantico delle “corna” mentre sfrecciava sulle curve dell’Aurelia con la sua spider. Quel cenno è un gesto scaramantico che usiamo, spesso senza rendercene conto, soprattutto in momenti in cui si cerca di allontanare la sfortuna, come prima di un esame, un momento importante o, perché no, durante una partita di calcio decisiva. Calcio e superstizione: l'indagine Wallapop In vista della partita di qualificazione dell’Italia ai mondiali di calcio nel 2022, che si terranno a fine anno in Qatar, Wallapop piattaforma leader nella compravendita di prodotti second hand, che promuove un modello di consumo responsabile e sostenibile, ha deciso di analizzare i comportamenti degli italiani quando si parla di calcio e dei piccoli rituali scaramantici che compiamo prima di un match. Non solo, in occasione della partita, che si terrà giovedì 24 marzo a Palermo, sulla piattaforma Twitch OCW Sport, twitcher affermato in ambito sportivo e Marco Materazzi, campione del mondo nel 2006, creeranno un live streaming dalle 14.30 alle 16.30, per commentare insieme questa seconda opportunità che l’Italia giocherà, per potersi qualificare al grande evento di novembre. Seconde opportunità Wallapop, il più grande tifoso quando si parla di “seconde opportunità”, ha deciso di celebrare questa occasione di qualificazione decisiva per la nostra nazionale, realizzando un’indagine con mUp, per capire qual è la posizione degli italiani rispetto al calcio, e tutti i diversi rituali scaramantici messi in atto dagli italiani mentre guardano una partita. “Siamo molto contenti di supportare questa seconda opportunità che l’Italia ha di qualificarsi ai mondiali,” - afferma Giuseppe Montana, Head of Internationalization di Wallapop – “noi di Wallapop crediamo molto nell'importanza di dare una seconda chance che sia per una console, una lampada o perché no una partita di football. Inoltre il calcio in Italia come in Spagna è uno sport di tradizione che appassiona tutti dai più grandi ai più piccoli, capire quali sono gli usi e costumi italiani in merito è interessante, anche per analizzare un diverso panorama di consumatori.” Senza molte sorprese sono circa 27 milioni gli italiani (62%) che seguono il calcio, e tra i club più amati si confermano senza dubbio: Juventus, Milan, Inter, Napoli e Roma. Quando però si parla di nazionale, il sentimento di appartenenza cresce notevolmente, infatti solo circa 200 mila (0,8%) non sentono un legame con la maglia azzurra, mentre 30 milioni (92%) provano un senso di appartenenza quando gioca la nazionale, anche senza essere habitué dello stadio alla domenica. Riti scaramantici e GEN Z È interessante come ben quasi 16 milioni (36%) di tifosi sostengano di avere dei rituali scaramantici che compiono prima dei match, a sorpresa però sono i più giovani ad essere i più superstiziosi, infatti il 2,7 milioni (17%) di coloro che hanno riti scaramantici appartiene alla GEN Z. Fra le azioni più diffuse, che gli italiani compiono prima di una partita di calcio, troviamo che sono più di 4 milioni (10%) le persone che si siedono sempre allo stesso posto, 3 milioni e mezzo (8%) guardano la partita sempre con le stesse persone, circa 2 milioni (5%) spengono i device tecnologici per non essere disturbati e addirittura alcuni (1%) indossano un particolare capo d’abbigliamento senza mai lavarlo. Oltre ai gesti che accompagnano una partita, sono tanti gli oggetti portafortuna che aiutano a superare i momenti al cardiopalma o le sfide che sembrano non finire mai. In questo frangente sono le donne ad avere la scena, circa 4,4 milioni (20%) ha un oggetto di buon auspicio dal quale non si separa, e tra i più diffusi troviamo: cornetti rossi, sciarpe e magliette. Lucky Object Fra i canali che le persone sfruttano per la ricerca di un lucky object, 1,4 milioni (25%) degli intervistati, che hanno venduto o comprato oggetti scaramantici, dichiara di utilizzare piattaforme di second hand per accaparrarsi un porta fortuna, mentre chi vende la propria “coperta di Linus” dopo che la propria squadra ha perso sonosolo 700 mila (2%). La nazionale di calcio, per gli italiani, non è solo sport, ma è un momento nel quale si ritrovano, grandi e bambini, uomini e donne, esperti o meno, a tifare per una maglia. È da questi attimi, che nascono rituali ed usanze che entrano nella vita di tutti i giorni, e ci accompagnano nei momenti della vita. Read the full article
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maglia tottenham kane impressionante impegno p
maglia tottenham kane impressionante impegno per la parte femminile. "La disponibilità del fisioterapista e delle cure e ovviamente essere basata sul campo di allenamento è stata la cosa più importante per me che venissi e mi trasferissi qui", ha detto a RangersTV. Una conversazione con la medaglia olimpica Asha PhillipCoxsey, annunciata come la prima scalatrice in assoluto della squadra GB per la rosa dei candidati di Tokyo 2020BBC Women's Footballer of the Year, ha rivelato "Penso che sia fantastico che stiano integrando le donne nella struttura di magliette calcio bambino allenamento maschile per farcela. Ho bisogno di farlo. tornare a
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Valdy: normalmente giocare contro i Mondiali contro il Liverpool non li influenzerà
Lo scorso fine settimana, nel 18 ° round della Premier League, Leicester City ha perso 1-3 contro il Manchester City. Questa è stata la prima volta che la squadra ha perso in campionato dopo aver perso contro il Liverpool in ottobre.
Valdi ritiene che la squadra possa completare un forte rimbalzo dopo aver perso. Ha detto: "Penso che siamo fiduciosi nella nostra forza, ma sappiamo anche che dobbiamo mostrare il livello una partita dopo l'altra. Siamo in una posizione degna di una squadra".
"Dobbiamo solo trattare questo gioco come qualsiasi altro gioco. Come ho già detto, sappiamo di essere forti e sappiamo che se giochiamo al meglio possiamo ferire i nostri avversari."
"La sconfitta per il Manchester City è un po 'deludente, ma la cosa più importante ora è ricominciare e prepararsi per la prossima partita contro il Liverpool".
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Sabato 20 luglio. Alcune notizie telefoniche
Relativamente alle magliette sportive per individuare le taglie aveva detto al telefono riportando indicazioni di suor Marcelline che gli uomini sono alti da 1.60 a 1.80 al massimo, mentre le donne intorno a 1.60. Suggerito i colori giallo e rosso per due squadre diverse e bianco per i 40 professori che pure giocano ai tre sport calcio, volley e basket. Sono utilizzati per partite con altre città, dunque meglio avere il numero anche.
Il PC di suor Marcelline, direttrice della scuola, è andato e non dipende dalla batteria. Lo riporteranno in Italia per recuperare i dati.
Biblioteca cartacea: l’uragano ha creato molti danni e i libri sono stati spostati. Al momento non sono sugli scaffali ai loro posti ma su scatoloni. Non si sono rovinati. Non sappiamo con precisione quanto e quanti siano presi per essere letti, ma padre Tonino e suor Marcelline dice che la cosa funziona molto bene. I libri digitali sono utiizzati.
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Sappiamo bene che gli abiti non hanno più, come in passato, solo la funzione di proteggerci dal freddo ma anche quella di raccontare le caratteristiche più marcate della nostra personalità. Ieri per esempio, ho avuto l’onore di scattare questa foto. Secondo voi perché quattro ragazzi, ognuno con una diversa “impronta” nella vita, portano la stessa t-shirt? Si, ok per il concerto ma dietro a quella linguaccia stampata su stoffa c’è un significato più profondo. “No man is an island” scriveva John Donne, nessun uomo è un’isola. è questa la risposta che stavamo cercando. Ma cosa vuol dire “indossare” una maglia? Vuol dire condividere un’idea, una passione, vuol dire giocare in squadra, ognuno con il proprio ruolo ma con la stessa finalità. ll senso di appartenenza è un sentimento di grande importanza nella nostra vita, è un legame che si instaura non solo con il territorio ma con persone che hanno “quel qualcosa” in comune con noi, potrebbe essere una matrice culturale o caratteriale oppure professionale…a volte quasi “spirituale” se si parla di calcio! Rapporti interpersonali appaganti e anche duraturi, all’interno di un periodo storico attualmente complicato, ci regalano un sorriso, ci alleggeriscono il morale facendoci sentire parte di un tutto, ci fanno in un certo senso percepire un calore che stabilisce il nostro posto nel mondo senza perdere di vista la nostra individualità. Questa foto racconta una storia di complicità, risate e aneddoti su tanti concerti vissuti insieme, parla di un’amicizia che dura da anni, di persone meravigliose con la stessa passione per la musica… e le magliette. Gli amici sono come i vestiti, se sono fatti per noi non passeranno mai di moda.
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Raggiungere a piedi lo stadio Ferraris, camminando lungo le sponde del Bisagno, trasmette sempre un’emozione particolare. Vedere in lontananza, poco alla volta, materializzarsi le mura dell’antico campo del Genoa, incastonato e stretto tra il carcere di Marassi ed i palazzi tutt’attorno, è qualcosa di unico e speciale che difficilmente si riesce a descrivere con le parole.
Bisogna esserci e provarlo, per riuscire a capire. Per comprendere l’atmosfera che si respira nell’aria. Quell’aria che profuma di Storia del calcio. Una Storia che è fatta di uomini, donne, anziani e bambini (tanti) che poco alla volta sciamano verso le quattro mura di quello scatolone di cemento che, al suo interno, nasconde un prato verde smeraldo, sovrastato da un cielo azzurro e dal contorno delle colline di questa città così strana ed unica, irripetibile, stretta com’è tra la montagna ed il mare.
Faccio appena in tempo ad assaporare intorno a me le voci, le facce e i colori del prepartita quando mi trovo, in un attimo, catapultato all’interno di questo strano cubo, contenitore di speranze e gioie ma, ahimè, anche di dolori e delusioni. Ma soprattutto, la culla di un sogno che dura ormai da quasi cent’anni e che ha accompagnato la vita e le gesta di migliaia di tifosi Genoani, di intere generazioni, che mai, oggi come allora, lo hanno abbandonato.
Ed allora mi guardo intorno e ci penso. Penso a come potrebbe essere quel giorno, se mai quel sogno, il sogno della Stella, si potesse realizzare. Mi immagino la festa che ci sarebbe tutt’intorno, sugli spalti, tra la gente che affollerebbe all’inverosimile questi gradoni, come ha sempre fatto in occasione di una semplice promozione in serie B o della solita partita che valeva la permanenza in serie A. E che festa che ci sarebbe poi per le strade, nei vicoli stretti ed angusti della città vecchia, nei bar e nelle case. Una festa di popolo. A cui, forse, guarderebbero con simpatia anche gli storici rivali cittadini.
Questo e mille altri pensieri mi attraversano la mente ed il cuore ogni qualvolta mi capita di avere la fortuna di poter calcare questi spalti, palcoscenico privilegiato di chi, come il Genoa, la storia del calcio italiano l’ha scritta fin dal suo primo giorno. E guardandomi attorno, tra bandiere, sciarpe, magliette e striscioni, in un tripudio di rosso e di blu che quasi non ha eguali, mi rendo conto che è vero quando mi dicono che il Genoa è molto più di una semplice squadra di calcio.
Ma l’annuncio delle formazioni schierate sul campo mi riporta alla realtà dei giorni nostri. Ed allora non posso che seguire ciò che avviene intorno a me durante i novanta minuti di gioco di questo Genoa – Parma, in campo e sugli spalti.
Dirò quindi del grande tifo della Gradinata Nord, che ruggisce per tutto il tempo in cui le due squadre si danno battaglia in mezzo al campo e mi ricorda che qui siamo in serie A e che quindi, oltre alla qualità del tifo, ci sono anche numeri importanti in termini di quantità dei sostenitori coinvolti.
La cosa che colpisce di più di una partita a Marassi, come sempre, sono le grandi bandiere che sventolano in Gradinata Nord, ma non solo, visto che anche nei Distinti se ne vedono sventolare a decine. Dai giovani sostenitori della Genoa Academy, nel primo anello del rettilineo, ai più attempati tifosi dei Figgi do Zena e degli altri club rossoblu che occupano il secondo anello dei Distinti.
In Gradinata Nord, in particolare, le grandi bandiere che sventolano durante il match sono il segno distintivo più evidente dei vari gruppi ultras presenti all’interno del settore. Il marchio di fabbrica della Nord, cuore pulsante del tifo rossoblu, con quella conformazione tutta “british” che lo rende unico tra tutti gli stadi della serie A.
Il sostegno vocale del popolo rossoblu è impressionante. Continuo ed incessante, senza battute di arresto, nemmeno in occasione dei tre goal con cui gli ospiti emiliani riescono prima a pareggiare, poi a portarsi in vantaggio ed infine a chiudere definitivamente la partita di oggi con un sonoro 3 a 1.
Risultato pesante ma al contempo non veritiero rispetto ai valori espressi in campo dalle due squadre. Ma tanto basterà al presidente del Genoa per riuscire a liquidare il mister rossoblu, Davide Ballardini, che aveva fin qui ottenuto una media punti da “zona Uefa”. Esonero che, come tutte le decisioni impopolari ed ingiustificate, scatenerà per l’ennesima volta le ire del popolo rossoblu nei confronti del proprietario del Club più antico d’Italia.
Malgrado la sconfitta, al triplice fischio finale la Gradinata Nord richiama tutta la squadra sotto il proprio settore per tributargli un lungo e sentito applauso ed un coro che diventa un vero e proprio boato, coinvolgendo tutti i presenti. I giocatori di casa apprezzano e ricambiano con gesti eloquenti nei riguardi dei propri sostenitori la cui passione, com’è giusto che sia, anche oggi è andata ben al di là del risultato finale maturato sul campo.
Alla fine, chi fa festa, sono i sostenitori del Parma, giunti al Ferraris in buon numero. Sono molto colorati e mettono in mostra un tifo continuo e costante per tutta la durata del match. Malgrado i loro cori non si riescano mai a sentire, è indubbio che si diano da fare per sostenere la loro squadra. Tanti sono, infatti, i battimani che si notano nel loro settore, così come molto bella e partecipata è la sciarpata finale, con cui salutano i loro giocatori prima dell’uscita dal campo.
Postilla a margine. Ho scelto di arrivare a Genova in treno perché viaggiando in auto da soli, si sa, van via dei soldi e, così facendo, non posso non notare la visione apocalittica che mi si staglia davanti agli occhi quando il convoglio su cui viaggio sbuca fuori dall’ultima galleria e si appresta ad attraversare la città, scendendo giù verso il mare.
Volutamente, scelgo di non aggiungere altro, in merito a questo triste scenario. Se n’è già parlato tanto, anche troppo, quando invece sarebbe ora di “fare”, per far tornare a vivere una città ferita, per colpa dell’uomo prima ancora che della natura. Una città fiera ed orgogliosa che ha già dimostrato al mondo che, se anche si spezza, non si piega, mai.
Testo di Giangiuseppe Gassi. Foto di Furio Bruzzone.
Genoa-Parma, Serie A: a tu per tu con la storia Raggiungere a piedi lo stadio Ferraris, camminando lungo le sponde del Bisagno, trasmette sempre un’emozione particolare.
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FRANCIA - CROAZIA (MONDIALI 2018)
Premetto che sono completamente disinteressata alla questione calcistica, salvo che per tutto quello che riguarda Gianluigi Buffon, e per il periodo dei mondiali, durante il quale mi trasformo di punto in bianco inspiegabilmente in un Ultras, e inizio a fare commenti tecnici improvvisati con quell'atteggiamento distaccato di chi la sa lunga (“va be' ma di che stiamo parlando? Ve ne accorgerete da soli tra qualche anno”) di un ex direttore della Gazzetta dello Sport.Tutto ciò, in particolar modo quando in finale ci va la Francia.
Ma per il resto non ne ho la più pallida idea. A testimonianza di ciò, i seguenti frammenti di dialoghi tratti da conversazioni realmente avvenute durante le scorse partite.
���Ma Zidane gioca?” “...” “Peccato, che figo. Madonna che figo” “...” “Lizarasu?” “Chi?” “Platini?” “...” "È morto?"
E infine al 40esimo del secondo tempo, dopo 80 minuti esatti di occhi incollati sullo schermo, fa il suo decisivo ingresso la frase cult: “Ma la Francia chi sono dei due?”. Eh, sì, finalmente l'ho detta anche io, come una sciacquetta qualsiasi. Del resto, chi sono per esimermi da cotanta idiozia?
In generale le donne che si interessano al calcio con trasporto le trovo semplicemente ridicole e decisamente volgari. Andiamo, le signorine bene non guardano il calcio. Anche gli uomini che si interessano al calcio trovo decisamente ridicoli, devo dire. Li guardo dapprima con un certo sospetto e poi finisco per fare loro quel genere di sguardo carico di compassione che normalmente si riserva a quell'essere che occupa la posizione – diciamo – mediana della consueta rappresentazione grafica dell'evoluzione umana dalla scimmia a Calderoli, che grossomodo corrisponde alla terza scimmia, quella col busto ancora non completamente eretto, dicendo tra me e me che dio lo perdoni perché non sa quello che fa, non poteva immaginare quello che dì lì a poco e poi nei secoli a venire il progresso sarebbe stato capace di fare. Lo considero se non un handicap, quanto meno un'involuzione. Gli mollo due carezzine e la finiamo lì.
Comunque. In questo caso era facile capire chi dei due fosse la Francia, perché, per esclusione, la Croazia erano quelli che indossavano certe magliette che neanche i personaggi che popolano le discoteche di Capri a Ferragosto sono mai arrivati a tanto.
In queste vesti da tifosa di curva sud scandalosamente di parte, faccio un ritorno domenicale in macchina dalla Liguria, convinta che tutto il mondo non stesse aspettando altro che la finale dei mondiali Francia-Croazia. A darmi ragione, il viaggio culmina di lì a poco in un clamoroso imbottigliamento autostradale. La figlia unica di fronte a un imbottigliamento autostradale ha normalmente come reazione due classi di pensieri possibili, che si susseguono. In un primo momento, si rende conto che Hei! c'è altra gente al mondo come mi dimostra il fatto che non procediamo verso la partita ma siamo completamente impantanati in mezzo ad altri umani che guidano delle vetture e mi sa che ora accendiamo la radiolina, che lascia il posto a un lo vedi? stanno senz'altro tutti cercando di raggiungere Milano in vista di una partita di eccezionale rilievo e valore simbolico e affettivo. L'inconfondibile prospettiva grandangolare di chi è cresciuto in una famiglia con svariati fratelli e sorelle.
A quel punto, mi fanno notare che non è che perché ora sono appena tornata dalla Francia allora, applicando uno schema francocentrico, tutti sono interessati alle sorti della nazione, con lo scopo perverso di suggerirmi un dubbio sul fatto che le cose possano essere irrelate, e che la coda è molto più probabilmente dovuta al fatto che stiamo sulla Genova-Milano direzione Milano una domenica pomeriggio di metà luglio e domani la gente deve andare a lavorare e che è ancora più probabile che sia un rallentamento dovuto a un incidente, chi lo sa. A conferma di ciò, le varie telefonate che nel frattempo faccio per capire dove piazzarci a vedere il match, se solo fossimo poi finalmente giunti in città (vivi) e che per giunta mi regalano una scenario di ritorsione per mano de tipici locali che frequento io, dovevo aspettarmelo:
- Buonasera, avete lo schermo per guardare la partita? - Quale partita?
-Buonasera, avete lo schermo per guardare la partita? -Cielo, ma sei impazzita! Io non so neanche come è fatto un televisore.
-Buonasera, avete lo schermo per guardare la partita? -Sì ma solo in bianco e nero e in cinemascope.
-Buonasera, avete lo schermo per guardare la partita? - Sì ma accettiamo solo tifoseria croata.
Ultima spiaggia: Esprit de Milan, con quella sua allure bucolica in filo diretto con una scampagnata domenicale. Cerco quindi il numero di telefono su Google e trovo molto divertente che alla stringa "esprit" il motore di ricerca mi suggerisca la doppietta di esprit blaise-pascaliani "esprit de geometrie" ed "esprit de finesse" e non ultimo un sempre opportuno "esprit d'escalier". Passo tre ore a ridere per cui alla fine non riesco a prenotare, nell'abitacolo si sparge per un attimo la voce che sia a causa di una grave insolazione poi propendono per la tesi "crisi isterica con reazione contraria al piangere a dirotto perché la partita del cuore era ormai nel frattempo iniziata da dieci minuti e noi eravamo ancora alle porte di Milano". Ai semafori, altri sedicenti umani che millantano di appartenere a questo pianeta. Intimo in macchina di non cedere a mediocri provocazioni e di procedere dritti per la nostra strada.
Il locale dove infine atterriamo in clamoroso ritardo, si rivela effettivamente un covo di tifosi della Croazia (“non solo è in ritardo, è pure della Francia”), che in breve tempo mi fa sentire una mosca bianca cerchiata con un evidenziatore giallo lampeggiante, come quella volta che andai a sentire i Placebo all'Heineken Jamin' Festival all'autodromo di Imola che suonavano lo stesso giorno dei Metallica, e finii per cantare esaltata Every You Every Me con il braccio teso al cielo a pugno chiuso in mezzo a un mare di raccapriccianti mostri coi capelli lunghi che mi guardavano allibiti.
Ecco più o meno così, solo che alla fine sai cosa, la Francia ha vinto. Era importante che vincesse proprio quest'anno, perché è un chiaro segno che tutto l'universo si sta muovendo a dare "conferma di vento a favore" (Massimo Volume).
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Jorge Nome completo: Jorge Marco de Oliveira Moraes Data di nascita: 1996/3/28 Luogo di nascita: Rio de Janeiro, Brasile Altezza: 1,84 m Posizione di gioco: terzino sinistro Squadra attuale: Monaco Numero: 6 01/2017 - 20/0621: AS Monaco (centrocampista) 10/2014 - 01/2017: Flamengo RJ (Centrocampista)
Jorge Marco de Oliveira Moraes noto semplicemente come Jorge, è un calciatore professionista brasiliano che gioca come terzino sinistro per la Ligue 1 dell'AS Monaco.
È un ex membro del team U20 del Brasile.
Nato a Rio de Janeiro, Jorge è entrato a far parte della formazione giovanile del Flamengo nel 2008, all'età di 11 anni.
Il 26 settembre 2014, Jorge ha firmato un nuovo accordo con Fla, fino a dicembre 2017.
Il 26 gennaio 2017, l'AS Monaco ha firmato Jorge da Flamengo, dopo aver accettato una quota di trasferimento di € 8,5 milioni per il giocatore.
Questo è stato il più grande trasferimento nella storia di Flamengo in quel momento.
Il 19 gennaio 2017, Jorge è stato convocato per la prima volta nella nazionale brasiliana per una partita amichevole contro la Colombia.
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In Argentina lo Sciopero Internazionale delle Donne ha avuto un capitolo intenso, con manifestazioni in tutto il paese. Nella Capitale, alcune azioni sono state portate a termine in strategici simboli del potere, come Tribunali, banche e Parlamento. Il corteo è straripato in ogni senso: in quantità, diversità, parole d’ordine e provenienze. La nostra cronaca, scritta a tre mani, riflette su come ci ha fatto oggi sentire che noi donne occupiamo le strade per fermare questo mondo orribile. Una Appeso al petto, su un cartoncino e con un pennarello, Lei ha scritto: “Qui stanno le ovaie che la CGT non ha”; un’altra Lei ha scelto un cartone per gridare “Qui è la fica di tua sorella e della puttana che ti ha partorito chiedendo rispetto”; un’altra Lei chiamata Vera è arrivata con le sue compagne paraguaiane dal quartiere di Lugano con una stampa: “Che finisca il maschilismo” [“Que se acave (acabe) el machismo”], così con l’errore di ortografia scritto di proprio pugno da questa sarta che ha adornato la frase con arabeschi tracciati con dei pastelli; altre Lei del Centro di Salute di Zavaleta portano il grido “Basta ucciderci” dipinto con un pennarello verde; la Lei del Suteba La Matanza chiamata Maruca ha scelto di appendersi la foto di Milagro Sala; Mavi del Movimento La Dignità, il fazzoletto verde della Campagna Nazionale per l’Aborto Legale; Rachele del Mumalá, un globo terraqueo sulla testa, Mava del Solano, l’avvertimento “Non appariamo morte, ci assassinano”; Mabel di Quilmes, “Ti partoriamo, ti fermiamo e ti diciamo basta”; quelle dell’UOM di Quilmes, “Abbassa l’età pensionistica”; la Madre Giovane con il suo bebè di pochi mesi, il chiarimento “Io non sono nata dalle tue costole, tu sei nato dal mio utero”; la Madre di Verónica, la foto di sua figlia assassinata il 30 giugno 2015 e il messaggio “Hanno spento la tua vita, ma non hanno mai spento la tua luce”; la Ragazza Vestita di Nero, un cartoncino verde mela che proclama “Ho perso la paura il giorno in cui ti ho visto picchiare una mia amica”; la Ragazza in Maglietta Bianca una lezione: “Gelosia non è amore, Molestie in strada non sono complimenti e Femminicidio non è un crimine passionale”; la Signora con i Capelli Bianchi ha scritto sul suo ventaglio “Stanca di lottare per questa stessa cosa dai 60”; le Madri Per Un Futuro Senza Droghe di Pilar vestono delle magliette arancioni, quelle dell’UOM di La Matanza, magliette come quelle della selezione di calcio argentina e Le Riciclatrici di Cartone di Chacarita, tute azzurre; la Nena in Maglietta Rosa sostiene “Sul mio corpo e il mio abbigliamento risparmiati il commento” e Le Veterane in Grembiule Bianco di Cetera del partito Esteban Echeverría reclamano “Licenza per violenza di genere per le lavoratrici dell’educazione”; quelle del FOB di Lugano in colore violetto accusano “Lo stato è complice dei femminicidi”; e la ragazza in Shorts di Jeans si è dipinta con un pennarello rosso su una gamba “Non Una” e sull’altra “Di Meno”. Di più? Le Loro emigranti si sono vestite con gli abiti tipici delle loro provenienze, le Ballerine, di nero, altre di bianco e altre ancora di fucsia; dietro ci sono Quelle Che Battevano sui Tamburi e altre ancora, Quelle Che Suonavano i Sax; là Quelle Che Dipingevano con Stencil l’Asfalto e più in là Quelle Che Intervenivano sui Cartelli Pubblicitari; in questo angolo il Gruppo Fauno rappresenta situazioni di violenza maschilista; in un altro, scuotono le anche le Altas Guachas e là un gruppo di artiste costruisce una lunghissima bandiera con le sagome delle donne vittime di femminicidi. Di più? La Plaza de Mayo era già strapiena e non erano ancora entrati i quattordici isolati con le colonne coordinate dal collettivo Non Una Di Meno, che cercava di aprirsi il passo tra questa moltitudine di “sciolte” e anche di “organizzate”. “Perché devo correre di lato affinché passino le colonne se stiamo tutte sfilando per la stessa cosa?”, era la frase contro cui si scontravano le donne che cercavano di organizzare la moltitudine, di bloccare il passaggio del traffico e di controllare la “sicurezza” del corteo. Impossibile? No. Difficile. Ci sono riuscite con pazienza e fino alla fine della manifestazione. Dopo c’è stato il classico show per dare da mangiare alla tv, che in ogni Incontro Nazionale della Donna si è trasformato in un classico pogo: fondamentalisti cattolici vs. giovani furiose. E la polizia e la TN (canale di notizie, ndt) che rimestavano questo brodo. Già a questa altezza era diventato chiaro che questa diversa, ampissima e profonda diversità aveva in questo giorno una sola protesta e un chiaro destinatario: il differimento dello sciopero nazionale che la CGT (Confederazione Generale del Lavoro) evita di convocare. Così in ciascun angolo in cui la colonna centrale si è fermata e, specialmente, entrando nella Plaza de Mayo, si è ascoltato l’hit di questo corteo: “Sì si può Lo Sciopero a Macri Glielo facciamo noi donne”. Due Per la prima volta da molto tempo, in questi giorni si è ascoltata un’analisi politica utilizzando la parola “straripamento”. È stato in relazione al corteo di ieri convocato dalla CGT. Noi donne già sappiamo questo: è una delle qualità più belle del nostro movimento e anche quella che crea più tensione. Il movimento delle donne straripa su tutto e su tutti. Oggi si è visto una volta di più. Non è stata sufficiente l’ora che era stata proposta per lo sciopero. In tutti i luoghi di lavoro è stato esteso l’orario e sono state prese misure molto più creative di quelle ascoltate nell’assemblea del Collettivo Non Una di Meno. Nei Tribunali, per esempio, le donne sono entrate con fischietti, raganelle, lanciando foglietti e volantini al grido di “Finirà la giustizia patriarcale”. Un grido fermo e allegro che è stato replicato in scuole, metro, banche e strade. Non ci sono stati limiti. Noi li abbiamo. Non sono stati sufficienti i più di dodici isolati che i corpi occupavano nel Viale di Maggio. La marea si è estesa nelle strade parallele con bandiere fucsia, violette, rosse e verdi. Non è nemmeno sufficiente guardare solo il corteo e leggere il loro documento. Prima, durante e dopo, gruppi di donne hanno effettuato ogni tipo performance per denunciare le ingiustizie che le attraversano. A noi è toccato far parte di una con un messaggio: #NosotrasAbortamos per chiedere una legge sull’aborto strilliamo e gridiamo fino a sfogarci perché continuiamo ad essere senza legge. La chiediamo al Parlamento con il corpo e i nostri pantaloni come bandiera, interrogando con il nostro grido la performance di stampa che giusto in quel momento stava facendo la vicepresidente Gabriela Michetti accompagnata dalle legislatrici del blocco governativo. Così le abbiamo rubato le telecamere, che le hanno dato le spalle per registrare l’enorme cartello nero che gridava: “Aborto Legale ORA”. Le parole d’ordine alle donne ci superano così come ci gemellano. C’erano quelle che avevano dipinto di rosso e sulla faccia “Puttana e Grassa”, denunciando violenze. Altre di familiari o amiche di vittime di femminicidi, con la loro propria lotta personale appesa al collo nella forma di una foto. “Per quelle che ci sono, quelle che non ci sono e quelle che sono in pericolo”, hanno cantato con grida un gruppo di donne con tamburi e le facce dipinte di colori. Un’infinità di fazzoletti verdi che hanno segnalato la nostra complicità per chiedere insieme e in strada una legge sull’aborto. Il ritmo delle donne unite va contro ogni macchina. Ci sono donne con bebè nati recentemente che danno il seno e li fanno dormire in pieno corteo. Altre che fanno ronde per dipingere cartelli, mentre insieme bevono mate in mezzo alla strada Saenz Peña. Nonne con il bastone che applaudono e acclamano quando passa l’orda. Ragazze che hanno fatto il proprio striscione con il grido “Vive noi vogliamo”. Ragazze che scoprono i propri seni in pieno Viale Rivadavia affinché le altre li dipingano di colori con la frase “Sul mio corpo decido io”. Donne che insieme, simultaneamente festeggiano e denunciano. Festeggiano ciò che questo straripamento indica: che stiamo già sfuggendo dagli stretti, oppressivi e violenti limiti di questo sistema, insieme. Oggi abbiamo perso la paura di uno sciopero generale e andiamo oltre qualsiasi tipo di struttura. Questo è fermare il mondo. Tre Borges ha avvertito che dall’Aleph si può vedere tutto il mondo. Oggi questo Aleph ha la forma della fica. Non precisamente da questo spazio biologico sotto l’ombelico, ma da questa sensazione calda, umida, potente, viva. Oggi tutto questo mondo, quello che si vede da questo Aleph, non è questo: è il mondo che sta venendo. È anticipato dal territorio che stiamo creando e allevando. Quante eravamo oggi che disegnavamo con i corpi le nuove geografie? Molte. Tutte. Tutte e intanto diverse, varie, sciolte e organizzate. Oggi abbiamo scioperato per non rimanere quiete. Ci afferriamo con le mani, ci mescoliamo, ci abbracciamo, ci diamo da fare, ci guardiamo, ci riconosciamo, ci accompagnamo. Gridiamo. Cantiamo. Creiamo. Il mondo odora di marcio, ma oggi il nostro Aleph ci ha permesso di intuirne un altro possibile: questo che sta giungendo. Foto: Lina Etchesuri e Nacho Yuchark 09/03/2017 lavaca da Comitato Carlos Fonseca
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Il terzino del Lione Christophe Jallet ha terminato il suo accordo con il club e firma un accordo triennale con l'OGC Nice.
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SU Olivier Boscagli (prestito, Nimes) Alexy Bosetti (gratuito, Laval) Valentin Eysseric (3,5 milioni di euro, Fiorentina) Dalbert (€ 20m, Inter) Dorian Caddy (gratuito, Quevilly) Franck Honorat (gratuito, piede di Clermont) Paul Baysse (gratuito, Malaga) Ha detto Benrahma (prestito, Chateauroux) Mouez Hassen (prestito, Chateauroux)
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“Ridateci il calcio”, parte da qui il mio racconto di Milan-Rijeka, da questo stendardo esposto in seconda transenna della Curva Sud di Milano dal gruppo Roma 1978. Tutti desideriamo rivivere quelle emozioni che trasmetteva proprio quel “vecchio calcio” di cui abbiamo tanta nostalgia, per chi lo ha fortunatamente vissuto o per chi sfortunatamente ne ha solo sentito parlare.
Il classico martedì della Coppa delle Coppe, la Coppa Campioni di mercoledì e la Coppa Uefa di giovedì, in orari diversi per ciascuna gara in base al fuso orario, con partite proposte magari in un’affascinante differita, lì dove le distanze erano ancora improponibili per le trasmissioni. Quelle distanze che ieri sembravano troppo lontane e che oggi sono tremendamente vicine grazie alle innovazioni tecnologiche.
Sì perché spesso il progresso non è sempre sinonimo di vantaggio e di benessere ma può essere talvolta intollerabile per chi ci viveva bene anche senza o che avrebbe potuto anche conviverci bene se non vi fossero state immolate tutte le proprie tradizioni.
L’inconfondibile voce telefonica di Bruno Pizzul e Alfredo Provenzali, le affascinanti storie europee del Vicenza di Lamberto Zauli e Pasquale Luiso o del Parma di Dino Baggio e Nestor Sensini che non potevano non coinvolgere chi il calcio lo viveva con passione.
Magliette non troppo sofisticate, colori sociali di appartenenza, pochi sponsor, numerazione classica da 1 a 11 senza nomi sul retro. I calciatori non erano di certo prime donne come oggi, lo testimoniano i baffi inconfondibili di un certo Pietro Paolo Virdis, la chioma dorata di Stromberg, la grinta di Rizzitelli e da qui ne potremmo nominare tantissimi altri che senza tanti estetismi primari sono rimasti nel cuore di chi è innamorato del pallone.
Quella passata Coppa Uefa oggi ci viene riproposta come Europa League, con orari standardizzati per tutte le partite alle ore 21.05 oppure alle 19.00. La gente non ne è più particolarmente coinvolta: troppe gare da disputare prima di giungere alle fasi cruciali, chi è a casa spesso non la segue nemmeno in TV e gli stadi continuano ad essere sempre meno affollati come il San Siro in questa gara che di certo non richiama il pubblico delle grandi occasioni. Cosa diametralmente opposta invece accade in altri paesi, come quelli dei Balcani, per esempio, che visti più da vicino in questi ultimi anni attirano sempre più gli interessi del nostro paese fino adesso affezionato e radicato al movimento ultras nostrano.
Ed è proprio lì, in alcune nazioni, che non solo il calcio ma lo sport in generale può diventare sinonimo di rivalsa sociale e viene vissuto con acceso orgoglio e passione. Ad emergere è quel senso di appartenenza che spinge ben oltre quello che può essere il semplice sostegno per i propri colori, dove sostenere la propria squadra in altre città, oltre i confini della propria terra, alimenta quel giusto valore di patriottismo che rende ammirevole e a tratti unica una tifoseria e persino un intero movimento ultras.
È il caso, quest’ultimo, dei sostenitori Croati del Rijeka che in questo match sono presenti in oltre 4 mila, sistemati in quel settore ospiti al terzo anello della Curva Nord di San Siro che non rende giustizia alle tifoserie avversarie che giungono al Meazza. Un sostegno incondizionato per tutta la durata della gara a prescindere dal risultato in campo; vari bomboni esplosi e tantissime torce accese, molte delle quali lanciate sul terreno di gioco durante alcune fasi del secondo tempo, causandone la sospensione per un paio di minuti.
Dall’altra parte, della Curva Sud c’è poco da rimarcare. Nonostante qualche spazio vuoto, il sostegno ai rossoneri non è mai mancato. Ottimo il compito di coordinazione dei vari lanciacori che, posti sui diversi striscioni e a distanze notevoli, hanno gestito con grande unità di intenti un settore così ampio come il primo anello di San Siro.
Bandieroni in movimento soprattutto nelle fasi iniziali e finali della partita che hanno creato davvero un ottimo impatto visivo. Il ritorno dell’utilizzo dei tamburi poi, ha permesso che il tifo non subisse particolari cali, dove la dimestichezza di chi lo suona in sintonia con la giusta interpretazione della gara da parte del lanciacori, hanno permesso di rifiatare nei momenti opportuni con ritmi coinvolgenti di battimani.
Anche se prima e al termine della partita non si sono verificati episodi tali da essere riportati, all’interno dello stadio sono stati molteplici i cori avversi che si sono scambiati le due tifoserie, con i Croati in questo caso protagonisti e artefici di un ottimo lessico italiano.
Lello Onina.
Milan-Rijeka, Europa League: quel che resta dei sogni “Ridateci il calcio”, parte da qui il mio racconto di Milan-Rijeka, da questo stendardo esposto in seconda transenna della…
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