#ma signori miei che disperazione. che disagio
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la biblioteca pubblica regala sempre grandi emozioni, ho appena visto una signora inserire la stessa moneta per CINQUE volte nella macchinetta (che prontamente gliela rifiutava) solo per accorgersi alla sesta volta che sul vetro avevano attaccato un foglio con scritto "guasta"
#la routine uccide qualsiasi pensiero e senso logico#anche perché 2 minuti dopo è arrivato un ragazzo che ha fatto la stessa cosa#almeno lui al primo rifiuto si è accorto subito del guasto#ma signori miei che disperazione. che disagio
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...e anche lì riflettei se per caso fossi io ad avere tendenze masochistiche che mi spingevano sempre a trovare impieghi che non mi soddisfacevano e che come quello erano malpagati, o anche qui, se forse ero io a pensare per me un tenore di vita troppo alto, troppo slegato dalla realtà di me stessa, come se mi immaginassi un ruolo, una condizione economica che in realtà non potevo permettermi, che non era la mia... (Christian Raimo, Sono come tu mi vuoi) _______________ Volevo anche invitarla per un coffee break ai distributori automatici nei corridoi. Insomma, già intravedevo uno scopo e il suo raggiungimento. Già mi sentivo quell'uomo migliore che nel fondo dell'anima ero certo di essere, quando mi dovetti scontrare con un impedimento insormontabile. Sapete cosa mi ha fregato, signori che sfrecciate incuranti sulle tangenziali? Mi ha fregato il fatto che le scimmiette non possono parlare tra di loro durante l'orario di lavoro. Be', potevi aspettare che l'orario finisse e poi le parlavi, no? direte voi. Credete che non ci abbia pensato? Ci ho pensato sì. Solo che se le parlavo dopo l'orario di lavoro mica la potevo più invitare alla macchinetta del caffè. Dovevo invitarla fuori, davvero. E chi me li dava, i soldi? Oppure l'avrei dovuta invitare a casa mia, nel casermone della tangenziale che voi sapete. Il che avrebbe potuto mal disporla nei miei confronti, visto che casa mia non è che faccia una bella impressione al momento. Inoltre avrebbe potuto pensare che avessi mire di tipo sessuale sbrigativo, il che avrebbe potuto mal disporla ancora di più nei miei confronti. Così ho aspettato che maturassero le condizioni ideali. Del resto, cos'altro potevo fare se non aspettare? (Tommaso Pincio, Tanti piccoli me) ________________ Cristina dice che la situazione lì da lei è disperata: tutti stagisti e contrattisti a progetto - contratti che di solito non vengono rinnovati -, ma le stagiste come lei non percepiscono neanche un rimborso spese e per un contratto a progetto farebbero pazzie, e allora scatta un meccanismo psicologico molto simile a quello che spinge i criceti sui tamburi rotanti: più gli stagisti non vengono pagati più si fanno il culo, nella speranza di essere notati da qualcuno iniziano a strafare, si autoraddoppiano l'orario di lavoro, moltiplicano le proprie competenze, si improvvisano maggiordomi, dog-sitter, si offrono per sobbarcarsi qualunque tipo do rottura di coglioni... Dico a Cristina: "Che schifo...", cerco di consolarla, ma nel frattempo devo ammettere che il suo discorso mi ha fatto nascere nel cuore un sentimento molto prossimo alla gioia. 'Se c'è qualcuno che sta peggio di te', dice questo sentimento che non posso controllare, 'significa che non sei una totale cogliona'. Vorrei adesso che Cristina mi raccontasse di tutte le umiliazioni che subisce sul posto di lavoro, la sua disperazione sarebbe la mia salvezza temporanea, a un certo punto magari dovrebbe anche iniziare a piangere, stilare un lungo elenco di soprusi e situazioni degradanti, dovrebbe essere talmente dettagliata da farmi passare davanti agli occhi l'immagine di dieci stagiste che per zero euro ai mese strisciano ai piedi dell'ultimo usciere dell'Auditorium. E voglio dire... Cristina è la mia più cara amica, darei la vita per lei, ma se decidessero di farle un contratto di assunzione all'Auditorium e per assurdo io potessi impedirlo, non esiterei a farlo. È un pensiero orribile, lo so. Allora mi sorprendo a desiderare che in pizzeria faccia irruzione un uomo armato, un uomo che dovrebbe iniziare a sparare tra la folla, magari proprio in direzione di Cristina. Io allora le fare da scudo col mio corpo e finalmente sarei libera. (Nicola Lagioia, Un milione di euro) ________________ Un giorno due donne si siedono sul pavimento del negozio e scartano tutti e dieci i presepi da un euro che hanno deciso di comprare, per vedere se sono fallati. Ci mettono mezz'ora, occupando tutto lo spazio, inginocchiate ed espanse in giubbotti ingombranti e dozzinali. Aprono i presepi, si guardano, si consigliano, ormai fa un freddo cane e la scena mi mette una tristezza, per la povertà e lo zelo di quei gesti, l'essere inginocchiate come due pazze al centro di un negozio, con i commessi che ti guardano perplessi e non trovano il coraggio di dirti. Alzati! Avranno sessant'anni e chissà che genere di vita alle spalle, m'immagino una specie di lungo corpo a corpo col dolore, non so perché. Quei dieci presepini da UN EURO comprati per chissà chi, controllati fino all'ultimo pezzo di plastica... è una scena che mi fa scattare una specie di disagio fino a quel punto sopito. [...] Per un sacco di gente, questa roba ha un valore. Anche se il materiale di cui le statuine sono fatte è talmente scadente che le facce a volte si deformano, il fatto è che il vecchio contadino con la terza elementare che decide di regalare un Padre Pio di resina a sua nipote, lo fa con tale disinteresse e affetto sincero che, be', pure il volto semiliquefatto che fa sembrare il santo di Pietralcina una maschera grottesca diventa un acquisto sensato - per certi versi un acquisto parecchio più sensato di altri. (Marco Di Porto, Crocefissi a un euro) ________________ "Il problema" mi racconta, "è che quando finisci devi tornare. Se non c'è lavoro devi tornare a casa". Lui e gli altri prendono sui venti euro al giorno; io insisto per capire bene, gli chiedo dei passaggi dalle viti, alle olive, ai kiwi; che cosa farà di qui a due settimane, quando avrà finito. E Hristov, che ha capito perfettamente, nonostante le incertezze della lingua, che io sono lì per parlare, che il mio lavoro è questo, parlare, che sono interessato soltanto a capire dove andrà, quest'inverno, prossima stagione, ecco, Hristov mi chiede, semplicemente, dopo gli ultimi che farai, che farete, con la naturalezza di chi si riservi l'unica domanda plausibile. "Perché? Ti serve qualcuno? Ti serve qualcuno per lavorare?" (Giordano Meacci, Fuori stagione) _______________ L'Evento. All'inizio fu la fiera campionaria di Philadelphia. E poi quella di Chicago. E poi quella di St. Louis. Eventi transitori inscenati tra quinte precarie, mostre-fantasma, già lontane parenti di quelle europee, dalle quali traevano quantomeno l'oggetto, il tema della trattazione: le nuove meraviglie della tecnica, il progresso della scienza, il futuro dell'umanità. Teatri di cartone da assemblare e smantellare nel rapido volgere di un soffio di calendario, al termine del quale non restavano nemmeno le macerie. Come erano state montate, così venivano smontate. A Coney Island, giusto di fronte a Manhattan, Steeplechase, Luna e Dreamland commettono l'azzardo: replicare il senso del meraviglioso, l'apoteosi emozionale dell'Evento in chiave ludica, edonistica. Le strutture precarie, le quinte di cartone che erano servite a illustrare al mondo ascensori e telefoni, diventano il fondale su cui muovere altre meraviglie, altri colpi a effetto. Montagne russe. Tunnel dell'amore. Repliche in scala di Venezia, di Pompei, con tanto di Vesuvio fumante. Teatri, sale da ballo, simulazioni di disastri. Orchestre. Cantanti. Nani. Ballerine. È un circo malandato e fasullo, che si tiene in piedi su impalcature barcollanti. Le pareti sono pannelli scrostati buoni per mezza stagione, gli ambienti null'altro che trucchi scenografici: il parco-divertimenti non è fatto per durare. Cambia, si amplia e si restringe, muta a seconda delle esigenze del pubblico. È una fantocciata, e un'esibizione infima, bassa, e alla gente piace. [...] Eppure, a restare intatta, immutata nel suo abbaglio, c'è l'idea. Quella di una grandeur posticcia, appiccicata a forza su uno scheletro di miseria e finanche squallore. [...] Pianeta Terra. Secolo Ventunesimo. Il Grande Evento Unico (G.E.U.), l'episodio che come un uragano sconvolge sinapsi urbane nel recinto costretto di poche ore, prima di svanire nel nulla come dal nulla era apparso, ha sostituito la retorica della meraviglia parco-divertimenti. [...] Esaltazione parossistica dell'emotività, i G.E.U. sono al tempo stesso una monumentale manifestazione di primitivismo. Le loro impalcature, le loro quinte di cartone, i loro turbinii circensi, replicano all'infinito l'ooooooh! stupefatto della meraviglia fieristica. Davanti a tanto sfarzo, il pubblico viene prima proiettato, e poi risucchiato nella sfera del fantastico. Dietro ai fasti, invece, sempre loro: le quinte di cartone, le impalcature-fantoccio, e un intero popolo che a questa allucinazione dà vita. (Valerio Mattioli, All'alba delle notti bianche)
AA.VV., Sono come tu mi vuoi. Storie di lavori
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Ecco la terza e ultima parte dei miei consigli per l’acquisto.
Nella narrativa contemporanea esiste una grande piccola nicchia di libri che hanno un forte impatto sul sociale. Alcuni parlano di religione nel senso più ampio del termine, come un tendere dell’animo umano verso l’armonia. altri sono più di denucia sociale e ereditano l’arduo compito da Charles Dickens. E in questa magica festività, riflettere su noi stessi, sulle nostre ombre serve. per poter arrivare al nuovo anno, migliorati. O almeno si spera
Narrativa contemporanea: Romanzo sociale
Ci sono libri che in realtà rappresentano un vero essere un atto terapeutico. Questo avviene quando, assorbendo l’orrore in essi contenuto, che svela come nel mondo di oggi ci sia un eccesso di male, riusciamo a rulare il nostro sentito NO.
Ci sono libri che nel disgusto provocato dagli eventi narrati, provoca nel lettore attonito un’acuta fame di bellezza, con una corazza di fede più lucente e con una volontà più salda. Ed è questo che fa di noi, semplici mortali, veri guerrieri della luce. Perché il vero guerriero non nega la mostruosità, ne prova pena e la combatte con la lucente spada della speranza. Sto parlando di
“Arrivederci all’inferno” di Luciano Dal Pont, Eroscultura edizioni.
Vi consiglio questo libro proprio a natale?
Sì. Perché quando la luce diventa opaca e la fede sta in silenzio e diventa cieca, allora, il vero Male trionfa.
Coraggioso e agghiacciante, lucido resoconto della verità, è il romanzo di denuncia per eccellenza, capace di svegliare dal torpore sonnolento una parte del mondo che ancora oggi dorme.
Les Fleurs du mal
Un romanzo moderno, sociale che renderebbe il buon vecchio Dickens davvero orgoglioso.
Un romanzo che finalmente e coraggiosamente asserisce che il male abita una parte della nostra anima, ne ha preso dimora e rischia se non si agisce di infettare il resto di noi. Ed in fondo è proprio così.
Un romanzo che libera il concetto da ogni forma di folclore e pastoie religiose lo identifica come disordine, come evento dannoso per la collettività e per il nostro prossimo è accanto a noi, è quell’abisso su cui noi ci muoviamo tronfi, perfetti giocolieri in bilico su un filo sottile, quello stesso che separa la sanità dalla follia. Quello che leggerete qua è un male seduttivo, il gusto del proibito, la volontà dominatrice che ci fa cozzare contro ogni regola e dogma. Ma è differente dalla fede portata con orgoglio sul bavero da molti satanisti. Non sarà un essere o una presenza nata dall’infernale girone, dotata di corna….
Il male che qua viene raccontato e che apre le porte alle nefandezze è il disagio sociale.
Sto parlando di “Il diavolo dentro” di Roberto Ottonelli, Delos digital edizioni.
Ci sono libri che nascono cosi, come se un’entità aliena avesse posseduto la nostra autrice dettandole pagine che si immergono nella luce della raffinata meraviglia, nei labirinti dei multi-significati e nella volontà altra, di dare senso a eventi che, davanti alla logica umana, senso non hanno ma vengono accettati come inevitabili: la guerra.
E in fondo la creazione artistica è questo, lasciarsi avvolgere dalla luce della musa di turno, perché funga da intermediario tra il mondo archetipo e quello umano, ricordando che la vita è molto più di quella che i nostri miseri occhi possono vedere e che sollevato il velo di Maya abbiamo la vera, autentica realtà.
Attraverso l’escamotage della storia d’amore, il testo abilmente, racconta e mostra altro, mostra la disperazione, l’orrore, la perdita di sé che lentamente si riacquista a contatto con il dolore, con la devastazione. Perché forse la guerra, la tragedia è questo: uno schiaffo che la vita ci regala ( si avete letto bene ci regala) per svegliarci dal pigro torpore della quotidianità e dell’abitudine. Sto parlando di “Polvere sui ricordi” di Giorgia Golfetto, self publishing
Raramente leggere un libro mi provoca un emozione tale da doverlo per forza metabolizzare. E ancor più raramente un libro supera la barriera della mia mente analitica, tanto da riposare direttamente in fondo all’anima e risvegliare in essa ricordi emozioni sopite. Eppure succede. In genere io quando leggo sono estremamente lucida. Amo cosi tanto l’arte e la bellezza da trovare un piacere irresistibile nel soffermarmi sui dettagli, analizzare lo stile, compiacermi di aver trovato similitudini e influenze, osservare con severità se la trama è coerente con il genere. Per me è un diletto assoluto quello della ricerca. Ma è un piacere quasi intellettuale, quasi distante dall’altra parte di me, quella che vive con passione e si sporca nel fango felice come una bimba.
Per me questo libro va soltanto letto. Non descritto. Non analizzato ma letto. E letto bene però. Letto con occhi diversi, con una mente che fa pace con il cuore. Letto a prescindere da cosa incontrerete perchè non sarà mai il vero messaggio. Leggetelo aprendo un’anima che ci fa paura quando vibra. Non lasciatevi sviare dalle trappole abilmente nascoste nel testo dal fastidioso pirata. Non vi fate affascinare da quella figura. Essa è li solo per mettervi alla prova, vi confonde il cammino e tenta di velare il messaggio. Perchè signori miei il bisogno di raccontarsi è forte ma altrettanto forte è il desiderio di nascondere, di camuffare il centro del libro, affinché colui che arrivi sia davvero cosi degno da aver superato a testa alta le prove. Perchè arrivare in quel centro, significa togliere strato dopo strato e abbracciare un’anima ferita, lacerata eppur ancora viva. Significa togliere la maschera e asciugare quel sangue rappreso da quelle ferite che non dimenticherete. Non si possono dimenticare. “Il pirata con il pulcino nel taschino” di Giordano Alfonso Ricci, self publishing.
Potrei invogliarvi a leggere questo libro raccontandovi dello stile (eccelso) dell’autrice, dalla sua perfezione nel descrivere psicologicamente i personaggi (nulla da invidiare alla coscienza di Zeno) ma mi rifiuto di farlo. Perché quando un libro è cosi, le parole sono superflue. Non parlo della bellezza. non posso raccontare un dramma che è al tempo stesso redenzione.
Posso solo lasciarvi con delle parole che, secondo me riassumono il libro
Era partito per fare la guerra
per dare il suo aiuto alla sua terra
gli avevano dato le mostrine e le stelle
e il consiglio di vender cara la pelle
e quando gli dissero di andare avanti
troppo lontano si spinse a cercare la verità
ora che è morto la patria si gloria
d’un altro eroe alla memoria
ma lei che lo amava aspettava il ritorno
d’un soldato vivo, d’un eroe morto che ne farà
se accanto nel letto le è rimasta la gloria
d’una medaglia alla memoria.
Fabrizio de Andre
Che il libro possa irrobustire davvero la vostra coscienza. “Soldier series volume primo. Oltre le nuvole” di Stefania Mortini, self publishing.
E cosi, davanti allo sfacelo di quella meravigliosa creazione, in cui Dio in fondo cresceva con noi, si spezzava per, ironia della sorte, ingrandirsi (perché solo perdendo si accresce) si ritrova a vedere l’uomo, la sua scintilla, quella che doveva sperimentare il mondo ampliando esso stesso l’energia divina dispersa, un’energia che doveva tornare ancora più pura alla fonte, perché chi è messo alla prova deve dare il meglio di sé, si trova privo di speranza. L’uomo rinnega il sogno e l’appartenenza…
Immagino il volto etereo di un Dio che ci crea, accorgersi che quella creatura per cui ha sfidato anche l’amore dei suoi angeli, fino a accettarne la ribellione, sputa letteralmente sul dono più bello: la vita. E abbraccia quel male che fornisce sollievo immediato, è un placebo per il suo narcisismo e soprattutto non gli chiede costantemente di farsi domande.
Perché, in fondo, questo è Dio. È la nostra coscienza, quella capacità di dirsi attraverso quel cristo figlio dell’uomo, che in realtà siamo noi stessi, quella parte perfettibile su cui bestemmiamo chi sei e cosa cerchi.
È stancante per un uomo, allenato all’immediatezza al tutto subito, alla filosofia pret a porter, impegnarsi a comprendere e comprendersi. La morte, il dolore gli fanno ribrezzo e cosi volta il viso disgustato abbracciando l’effimero, quel Mammona che ci dice costantemente “Non è vero che non di solo pane vive l’uomo. Guarda puoi avere tutto, bellezza fama, successo, soldi, solo in cambio della tua anima. Cosa te ne fai dell’anima? Ti fa provare emozioni! Ti fa versare lacrime, ti impegna a costruire una vita che possa salire al cielo e rendere onore al creatore. E cosa ti dà il creatore in cambio di tutto questo? Morte, fatica, sangue e polvere. vieni con me….”
E cosi l’uomo cede, ogni giorno, ogni secondo ogni ora.
Cosa deve fare un’energia divina che è fatta di tutto e tutto comprende?
Che si toglie parte di sé, della sua essenza per darci quella libertà che gli angeli non hanno?
Dio si addormenta. Per stanchezza forse. Colpito da un senso atroce di amarezza. Forse per non vedere e sognare un mondo diverso. e non fosse Dio morirebbe di crepacuore. E invece dorme. Lasciando incustodita tutta la sua creazione e dando l’avvio alla guerra millenaria per il dominio della terra: gli angeli da una parte capitanati da Azarel bella e fiera sprezzante e spaventosa e Lucifero, pieno di livore, di rabbia, di senso di vendetta contro colui che lo ha dannato. Una poesia che risplende nell’incanto di un libro che è qualcosa di più, è coscienza fatta carne: “Il sonno di Dio” di Giovanni Galaffu, Eretica edizione
E ora addentriamoci nelle strade intricate del romanzo neovittoriano con due titoli strabilianti:
La Londra vittoriana, splendido esempio di una nazione che diventava una delle maggiori potenze commerciali e industriali ma anche simbolo di decoro, rispettabilità progresso, morigeratezza tutte le caratteristiche che, sembravano ulteriori conferme di un grande progetto di vita. Tutto questo racchiude il fascino dell’epoca vittoriana, lo si ravvisa nella fede del progresso e dell’evoluzione, nella scienza che inventava sempre nuovi modi per combattere il tempo, la natura e perchè no, anche porre un freno al regresso umano. Eppure, come ci hanno rivelato scrittori al pari di Dickens, quella perfetta macchina da guerra che innalzava la bandiera del divenire umana come baluardo contro i tempi oscuri, nascondeva sotto lo strato di perbenismo borghese il suo lato più oscuro, marcio oserei dire.
Ed è quello strato che la perfetta penna di De Angelis va a raccontare.
Una storia apparentemente banale, che cela in se i drammi e il fasto di un epoca che appassiona e atterrisce al tempo stesso poiché sacrifica sull’altare del progresso la libertà individuale. E questa libertà è abilmente simboleggiata nel racconto dalla poesia.
Perché odiare cosi tanto la poesia? Cosa spaventava di quei versi che sono giunti a noi e che sono musicali, perfetti nella loro metrica lirici come un canto, perfetti esempi di alta letteratura?
Scopritelo leggendo il meraviglioso ” Il mistero di Paradise Road” di Pietro de Angelis, Elliot editore.
Una volta letto questo libro sarà difficile e tragico tornare alla realtà, ma sicuramente ci torneremo più ricchi, più forti di quando, per mano di un tale talento, ci siamo addentrati nel mistero che non è soltanto di Paradise Road ma di ciascuno di noi.
Questo è un libro fondamentalmente storico. Racconta si le avvincenti vicende di una ragazza che si affaccia alla vita e all’amore, ma soprattutto, ambisce a descrivere una società controversa, ambigua piena di ombre e di luce, che affascina da sempre, chi come me adora la storia: il periodo denominato vittoriano e riesce a riunire in se tutti i suoi elementi caratterizzanti. questo libro riesce a amalgamare le influenze diverse dei grandi maestri dell’ottocento senza che, queste soffochino una sua peculiare originalità di fondo.
Il testo risulta cioè, classico in quanto richiama lo stile linguistico delle grandi autrici: manieristico, poetico e con quell’afflato verso una ricerca di qualcosa che possa dare senso a un’età che si dibatteva tra due opposte tendenze, senza riuscire a decidere quale seguire. Si riscontra l’ipocrisia bigotta tendente a soffocare la creatività troppo libera della fantasia, che poi lungi dall’essere persa o dissolta, sfociava inesorabilmente, nelle grandi scoperte scientifiche, nella letteratura di ogni genere e forma. Sempre però, con un occhio guardingo, sempre con sospetto, sempre con quella recondita paura di perdere quel poco di identità necessaria alla sopravvivenza. Si ritrova la condizione femminile bloccata, controllata da inflessibili norme di convivenza sociale che apparivano dissonanti in un mondo che, inesorabilmente cambiava, ma proprio per tale motivo diventavano indispensabili per tenere insieme una società che barcollava sotto la spinta della modernità. Si ritrova l’ossessione della sessualità, repressa e fonte di curiosità, tanto da sfociare più tardi nei racconti orrrorifici di stampo vampiresco.
Ma al contempo dona un elemento moderno, impersonato dal narratore esterno e dai pensieri della protagonista che si proiettano in un futuro prossimo, come se la fantasia (ed è la realtà straordinaria di quel potere mentale che abbiamo inserito nella corteccia cerebrale) potesse essere un punto di congiunzione tra presente passato e futuro…..Ed è questo l’elemento originale quello che non troveremo, nelle sorelle Bronte, nella Woolf. Queste autrici, seppur dotate di una notevole modernità, restano inevitabilmente e senza possibilità altra, figlie del loro tempo. La loro ribellione è sicuramente un valore che oggi noi esaltiamo, ma che rimane al margine, che rimane una volontà inconsapevole di donne che , erano soltanto coscienti di un fuoco creativo che non potevano domare se non andando contro alcune e sottolineo alcune, regole.
Ma l’autrice, nata nel mondo di oggi ha una consapevolezza lapalissiana di se, del ruolo femminile, dell’identità personale e umana di ognuno, della necessità tutta contemporanea del dovere che ogni essere umano ha di essere felice. Realizzato. Completo, anche a scapito dei principi sociali che, possono essere contestati e rielaborati, se non si dimostrano idonei allo sviluppo personale e psicologico.
Ecco che unire lo stile vittoriano, come influenza letteraria, non significa copiare un’autrice del passato, significa apprendere uno stile, una modalità di scrittura elaborandola con la mentalità odierna. Ed è la dote straordinaria dell’autrice. E unire in una tela di rara bellezza, passato e moderno senza sacrificare il necessario linguaggio vittoriano, senza alterare l’espressione fondamentalmente rigida di un romanzo storico. Il diario delle cose improbabili di Federica Auriemma. Self publishing
E arriviamo al mio amato thriller con titoli davvero da brivido!
Il geniale autore in questi due testi risponde alle domande fondamentali che attanagliano la mente:
Come intende raccontare Gerosa il male?
E’ questo l’elemento interessante e distintivo del thriller: più che spiegare la genesi che porta a una strana commistione di fissazioni e pazzie, con complicate teorie psicologiche e criminologiche ( non posso svelarvi altro ma invitarvi a leggere attentamente il libro. Il mio ruolo è di fornirvi elementi per inquadrarlo) l’autore parte dalle conseguenze della follia omicida….
Chisi occupa della giustizia a in particolare quelli che sono quasi argini per un male che sembra inarrestabile, deve rispondere a un quesito importantissimo che riguarda non solo il loro lavoro ma anche l’animo umano: cosa spinge una persona, apparentemente sana, a commettere atrocità?
Cosa c’è nel nostro io, di cosi oscuro, capace di azionare l’interruttore che scatena la brutalità più impensabile?
Forse questi libri non risponderanno alle vostre domande, ma sicuramennte la prospettiva che vi racconteranno aiuteranno voi stessi a provarci: Granelli di sabbia e Oscura memoria di Andrea Gerosa, self pubblishing
Sherlock Holmes? Hercule Poirot? Maigret? Montalbano?
Scansateve.
Sta per arrivare Pestalozzi a dominare il giallo!
Amanti di Wilkie Collins, nostalgici dell’ispettore Auguste Dupint di Edgar Allan Poe, non riuscirete, fidatevi, a restare indifferenti al genio ironico, grottesco e totalmente sconveniente di questo personaggio. Esilarante e polemico. Geniale e dotato di un acume che ci ricorda da lontano i grandi detective del passato. Ma con una vena politicamente scorretta che, oggi fa la differenza. Perché esacerbata in cotale maniera, diventa specchio e sberleffo della nostra tragicomica società. Mai come in questo caso si ride dei difetti e delle ipocondrie umane, si demoliscono i miti, persino i sentimenti, si scoprono quei lati che la psicologa junghiana Pinkola Estes chiamava il non bello. Perché oggi, anche il giallo è dotato di apparenza: machismo durezza e alterità fanno da contorno a noir impaccabili, perfettamente radical chic, con la loro ansia da prestazione per potersi distinguere dalla cultura popolare, per essere elevati al rango di libri di alta letteratura. come se il giallo avesse colpe da espiare, o fosse catalogato come genere di serie B tanto da doversi inserire tra la letteratura classica e il romanzo sociale. Sto parlando “L’Agghiacciante caso del gatto nella minestra” di Claudio Vastano, Dunwich edizioni.
Non solo un giallo fantastico, con ogni elemento caratteristico del genere, non soltanto un libro che fa ridere e sorridere, ma anche una satira acuta di una società che decade lentamente, che si rende sempre meno persone e più oggetti. che sacrifica il sentimento alla posizione e alla sicurezza economica. E il gatto? è il protagonista stesso del testo, ma per comprendere il suo importante ruolo dovete leggerlo. E quando un agguerrito micio scapperà di corsa a nascondersi in un tegame ricco di cibarie, avrete sicuramente qualche elemento marcio da stanare e qualche pericolo da evitare.
La Casella con uno stile agghiacciante e ricco di pathos non fa sconti, affonda la penna nei meandri dell’oscurità dell’animo umano, delle sue distorsioni, facendo camminare i suoi protagonisti sul filo di un rasoio e non impedendo loro la definitiva caduta con un finale idilliaco e dedito alla giustizia. La Casella racconta tramite uno straordinario personaggio femminile, privo di leziosità, di giustificazioni ( ricorda la bellezza del taglio giornalistico di Cinzia Tanzi e la sarcastica crudeltà di Maestra della Hilton) l’abisso inquietante in cui ogni essere umano è sospeso….Noi siamo da sempre protagonisti di un’eterna lotta non tra bene e male, ma tra sanità e pazzia, tra abisso puro e paradiso armonico. Ed è questa lotta che ci rende vivi, vitali e creativi. Questo eterno scontro è ben rappresentato nel libro. Uno scontro che coinvolge ogni soggetto, che davanti alla bellezza folle di linda riesce a tirare fuori non il meglio di se ( argomento protagonista di tanti bei libri etici) quanto il marcio, il malvagio, il recondito desiderio di liberarsi da ogni vincolo morale, da ogni eticità, da ogni armonico inserimento nel contesto sociale. Amore obliquo di Terri Casella Melville self publishing.
Ebbene vi confesso la mia debolezza. Io adoro, adoro dal profondo del cuore Alice di Carrol. E’ uno dei miei libri sacri, letto venerato analizzato, vissuto. Le sue frasi sono le mie citazioni. La sua storia è la mia linfa vitale, il mio universo segreto dove carico le energie perdute. Pertanto sono molto severa con tutti i riadattamenti di questo incredibile libro, pur considerandoli necessari perché esso resti eterno. Quando ho avuto tra le mani il libro di Staiano ero titubante e curiosa. Felice anche che il mio mito fosse di nuovo riletto e di novo dotato di vita. Certo il rischio che si rivelasse una delusione esisteva cosi, con un sospiro l’ho iniziato. E divorato in un giorno. Non soltanto perché è una scrittura divertente, soccorrevole e originale, ma perché Staiano ha davvero compreso, come solo chi ama Alice sa fare, il segreto di Wonderland. C’è da dire che l’autore ha Alice tatuato nell’anima ed è riuscito a comprenderne lo spirito profondo autentico di un racconto che non è soltanto favola fantasia immaginazione. Ed è questa sua empatia che gli ha permesso di giocare con il mondo di Wonderland, plasmarlo a suo piacimento, creare una nuova ma antica mitologia. Perché il paese delle meraviglie è in fondo la nostra anima, la parte istintiva folle e creativa di noi stessi. E’ il bambino che non adotta le regole del mondo e va in cerca del Bianconiglio sempre, di quell’entrata nel mondo illogico del non senso, l’unico che in realtà da forma e sostanza alla vita reale. Irrealtà e realtà si fondono nel libro creando un alchimia incredibile alla ricerca del filo rosso che condurrà a unire il mondo di Carrol antico, primigenio con un mondo moderno di cui siamo portatori con le contraddizioni e la sua meraviglie. Wonderland è il nostro alter ego, è lo specchio della nostra percezione della realtà, è il contenitore di miti, mitologie sogni, idee e colori che nascono dentro di noi. E solo chi comprende lo stretto legame tra questo mondo e l’altro può dominarlo.
In questo libro troverete un mondo in crescita cosi come è in crescita l’umanità che lo ha generato. Tante cose dai tempi di Carrol sono cambiate, evoluzione e involuzione si danno la caccia e c’è bisogno di una nuova Alice, di una nuova vitalità che generi altre storie. Ed è in questa ricerca che si immette la novità che squarcia la bellezza di questo mondo: la sete di potere, quella stessa sete che consuma le visioni, l’immaginazione e che renderà Wonderland un posto diverso. Wonderland è il potere della mente e riuscirà a sopravvivere uscendone forse diverso, forse cambiato ma sempre sede di nascita dei sogni. “Murders in Wonderland”di Roberto Staiano, Eretica edizioni.
Che il viaggio di ritorno a Wonderland sia per tutti quello che è stato per me, una corsa ribelle, una linguaccia dissidente alla quotidianità, il mio no alla banalità di una vita senza magia. Staiano ha creato un piccolo grande capolavoro, una porta verso il numinoso, verso il mondo incantato di Alice. Ultima cosa. Ho sempre amato lo Stregatto e grazie all’autore oggi lo amo sempre di più e lascio che il suo sorriso beffardo mi accompagni alla fine di questa splendida avventura.
Les Fleurs du mal
E poteva mancare la bellezza della poesia? No di certo
Petrigliano non è il solito poeta.
Non usa una lirica aggraziata. Non crea armonia ma disarmonia. È l’opposto di chi si bea di una bellezza effimera. Petrigliano omaggia la disarmonia cronica, presente e intrinseca nell’essere umano e che ne disegna l’incredibile splendore.
Ed è questa tara, la sua perfezione. Ne è conscio e orgoglioso, quasi tronfio di quest’umanità chiassosa, irriverente e dissacrante. Un’umanità allo sbando, in cerca di una nuova identità, visto la distruzione sistematica di ogni sua tradizione. Nel suo totale rifiuto per l‘atteggiamento intellettuale, quasi dandy, l’autore lacera l’immagine del poeta come animo tormentato, come spirito che si eleva sopra la banalità e ce lo restituisce come uomo che elabora costantemente il suo quotidiano, ha bisogno di estraniarlo, esorcizzarlo quasi per poterlo metabolizzare meglio, così com’è senza abbellimenti, senza veli, né idealismi. Ed è dal basso di un substrato emotivo di pasoliniana memoria, politicamente scorretto, che emerge una saggezza antica, profumata di fango, fatta di terra e sole e aria.
Insomma, un mosaico di emozioni semplici, immediate, scartate dai grandi geni in favore di un realismo magico di kafkiana memoria, che adombra di colti significati anche l’elemento più banale. E invece, spesso, proprio questa propensione eccessiva verso la ricerca dell’interiorità a ogni costo, ci allontana dalla bellezza del quotidiano reale, senza fronzoli, né liricismi eccessivi. “Come poeta Dio non vale un cazzo” di Giuliano Petrigliano, Eretica edizioni.
E ricordatevi…Dio è Dio. Non edulcora, non filosofeggia, non indaga. Non ha bisogno di domande: lui è le domande e risposte. Dio è atomo, struttura, coordinazione, matematica. È armonia della precisione delle catene di carbonio. È quella realtà della forma che noi dobbiamo illuminare di sostanza. Dio semplicemente è e diventa costantemente.
Leggete ogni verso, ogni riflessione, fatela penetrare dentro di voi affinché conosciate il buio di una notte senza luna, quella che sorrisi accattivanti e egocentrismo mascherato da interesse tenta di divorare la nostra luce interiore.
Siete la bellezza resa viva, voi ogni donna che esiste. Voi miracoli di dio. Voi nate dall’unione cielo e terra. Voi nate non da una costola dell’uomo ma da un autentico soffio divino. La prima Donna fu Lilith. Eva è solo un prodotto maschile. ritrovare grazie a Rita la vostra Lilith interiore.
E tu Autrice di talento, grazie per questo scritto, grazie per aver raccontato il dramma e la speranza della resurrezione. Grazie per credere assieme a noi nel riscatto di ogni madre, figlia, nonna e nipote. Di ogni donna. “Ceramiche a Capodanno” di Rita Angelilli, Mezzelane editore.
Una raccolta di poesie quasi grottesca, quella di Andrea D’urso, quasi un passatempo ilare. Ecco come possono apparire le sua poesie a una lettura superficiale. Ma, c’è un ma. Questa raccolta risponde a due importanti domande, quelle su cui tutti i poeti, artisti, scrittori si sono arrovellati nel trovare una risposta: cos’è la poesia? E qual è il senso della vita?
Tutti gli aspetti di questo nostro a volte comico viaggio umano, sono spesso abbelliti ,edulcorati da gradevoli a livello estetico sicuramente, abbellimenti. Ogni emozione anche la più sviscerale, la più immediata e fisica viene quasi circondata da un alone fatato. Troppo fatato. La poesia cosi, invece di mezzo per diversa percezione del reale, diventa una sorta di svista consapevole che orna di belletti anche gli elementi più terreni e primigeni. Come a voler giustificare la carnalità e la quotidianità dei gesti, come se in essi non aleggiasse la considerevole bellezza della vita. Magiare bere, lavorare, diventano soltanto parole a cui il poeta in modo snobbistico, inserisce significati alti, aulici eccessivamente lirici, privandoli cosi della loro bellezza. Se il poeta è colui che ha il coraggio la capacità e la follia di sollevare il velo illusorio della maschera o dello stereotipo, che senso ha allora liberarlo per poi sotterrarlo nel marasma dei liricismi?
Rubinetterie è diverso e pertanto molto più istintivo, più elegante nella sua semplicità di tanti tentativi di usare la rima per rendere accettabile la banalità. D’urso ci fa comprendere come nulla nella vita, tutto ciò che fa parte della vita è davvero banale. siamo noi alla ricerca costante di qualcosa, cosa sia quel qualcosa non ci è dato sapere. E non è usando un linguaggio ridondante che la poesia svolge il suo arduo compito: in un mondo che è sottomesso alla massificazione alla globalizzazione deve semplicemente ( ma non è cosi semplice) restituirci la vitalità del quotidiano. Cosi senza veli ne orpelli inutili. Questo può essere fatto destrutturando i codici del passato, quelli considerati poesia colta, per inserirvi nuove modalità che spaziano dal non sense, all’ironia seria di D’Urso. L’indifferenza e la noia possono essere combattuti con scoprire il segreto di questo nostro viaggio ossia non è importante dove si va quando piuttosto mantenere un atteggiamento fanciullesco di meraviglia costante. E d’Urso lo riesce a fare. Dissacrante e volte ma con quella ingenuità verace e giocosa del bambino Andrea si muove in un mondo che in fondo non ha bisogno. “Rubinetterie” di Andrea D’Urso, Eretica edizioni.
E per ultimo, una serie di libri che appartengono al favoloso regno del mito:
Vi piacciono i vampiri? Amate la buona cucina?
Ecco per voi un libro classico e moderno, in cui il sangue diventa il mezzo in cui si può sfuggire non solo a regole dei comuni mortali ma anche dalle loro trappole e gabbie morali che spesso sviliscono e imprigionano la donna. Tramite il vampiro, la protagonista sboccia in tutta la sua pienezza, in tutta la sua morbida bellezza come immagine di antiche dee remote.
Ma il vampiro sfida anche la morte, è colui che supera l’atavica paura dell’ignoto e la ricerca non tanto dell’immortalità ma di una capacità perduta di transitare tra due mondi che ci appartengono di diritto.Il vampiro vero, dispensa vita come dispensa morte, come se lui stesso fosse un misterioso dio tribale, dipinto a lettere brillanti nel nostro inconscio. Questo non è fatto però in modo indolore. Ma essendo stato uomo, conserva la memoria mitocondriale della sua umanità e la sua violenza animalesca, se non controllata, viene limitata dal senso di colpa. (un tema inaugurato splendidamente da Anne Rice) Il vampiro non è perfettamente felice e privo di coscienza. Il vampiro sperimenta una profonda sofferenza esistenziale. Sono creature che vivono nel mondo, hanno bellezza, intelligenza cultura, conoscono tutto e tutto hanno visto ma ne sono osservatori esterni. Non fanno parte del mondo lo attraversano. Sono sospesi. Ranieri non è geneticamente maligno o amorale. Ranieri può scegliere sapendo che la scelta comporta o serenità o senso di colpa. Ed è questo senso di colpa che limita la sua sfrenatezza. Ranieri non ha remore a uccidere, ma uccide solo chi considera pericoloso, corrotto o destinato alla sofferenza.
Ultimo questo libro è femminista. Direte femminista uno che divora letteralmente le donne?
Si ragazze. Il vampiro, pur essendo parte di un retaggio leggendario antico, deve la sua fisionomia odierna proprio a una delle epoche cosi controverse della storia: l’epoca vittoriana. In questo secolo esisteva un timore inquietante verso la donna e soprattutto verso la sua sessualità. Cosi la rigida morale vittoriana si prefiggeva di tenere a bada l’umore pericoloso per il vivere comune della donna. All’epoca in cui fu scritto il Dracula di Bran Stoker le donne scendevano in piazza per ottenere emancipazione voto, mentre il resto della società si aggrappava a ideali vittoriani di purezza e religiosità. Mentre il mondo cambiava si serravano le righe dell’ortodossia e del perbenismo. Ed ecco che in questo clima soffocante emergeva il simbolo della sessualità libera, sfrenata, giocosa, erotica del nostro buon vampiro. Tutto questo senza che la donna si sentisse colpevole; era lui che irretiva i sensi, era lui che le prosciugava in un’estasi senza fine. Era lui a rappresentare il bisogno di passione, di animalità della donna troppo costretta non solo da un corsetto strettissimo, ma da una morale che la sviliva. ” Caldo Sangue” di suanna F. Roberti, Delos digital edizioni.
Solo chi come me è cresciuta con le magiche storie celtiche può capire, davvero fino in fondo, la delicata magia di questo romanzo. Fionn, Cu Chulainn, Gwidion, Gwenhwyvar, Ceridwen, Bran il benedetto, la bianca dama, eroi e persino il lupo Fenrir ( di norvegesi richiami, figlio della Dea degli inferi Hel e Miðgarðsormr) tornano, finalmente ad avvolgere radiosi la fantasia del lettore. Non solo la mia, la vostra. La nostra. Una storia nuova ma dal sapore antico, presente in noi, nel nostro DNA, incisa nei genomi di un popolo che ha usato le divinità per esprime l’eterna dialettica tra forze opposte, quelle che un tempo lontano hanno dato forma e sostanza al nostro mondo. Ordine e caos, o bene e male si incontrano in un lungo eterno braccio di ferro che incidono profondamente sullo svolgere di eventi umani, secondo l’antica saggezza ermetica cosi in cielo così in terra.
Aaorn è il collante di questo scontro, colui che dotato della seconda vista è accettato al cospetto di queste divinità, di questi Faerie (corte oscura e corte luminosa) e rappresenta l’ago della bilancia da cui l’eterna lotta dipende. Sarà Aaron in virtù della sua natura di mezzo a dare forza a una o all’altra parte. Perché Aaron è il prescelto, colui capace di ripristinare il collegamento tra i molteplici mondi. Molteplici mondi direte voi? Si miei lettori. Il fantastico mondo celtico e norreno, ha una visione dell’universo che affascina e che Claudio Massimo inserisce con perfezione e eleganza. E vi informo che io, appassionata di leggende e mondo celtico quando mi approccio a un libro che brama di raccontarne, in chiave romanzata l’essenza, divento estremamente severa. Ma in queste pagine, bellissime, poetica, ariose, non c’è nulla da recriminare ma solo da raccontare, affinché anche voi possiate beneficiare di quell’odore muschiato caratteristico dei regni fatati. “Aaron e gli dei combattenti” di Claudio Massimo, Lettere animate edizioni.
Ed è nel campo della mitologia così nebulosa che l’autrice dà prova di genialità, collocando il suo romanzo in questo tempo non tempo. Pertanto non troveremo una dettagliata analisi storica ma più che altro riferimenti reali alla vita egizia, non collocabili in modo preciso o puntuativo.
Il romanzo della Pellegrino si muove sul filo della leggenda, dove tutto esiste in possibilità non manifesta e dove troviamo tutte le caratteristiche della civilizzazione che verranno poi trasferite nel mondo che farà del tempo, dalla data, il suo metro di misura. Vi troverete al momento X laddove lo scontro tra forze motrici, bene e male, darà l’avvio alla civiltà.
E la nostra Ayli è proprio l’ago che aiuterà le due forze che denominerò Seth (il caos) e Horus ( l’ordine) a, sì, scontrarsi ma anche a compenetrarsi, per dare finalmente avvio alla rinascita.
In un calzante susseguirsi di eventi che hanno come obiettivo principale il risveglio del potere della prescelta, la nostra autrice pone le basi per quello che diventerà una saga fantasy di tutto rispetto. Qua troverete gli ingredienti principali, in un parossismo di tensione, quasi irritante, che nel precipitare degli eventi ( la forza oscura che si risveglia) ci daranno i dettagli necessari per seguire la nostra eroina durante il suo apprendimento. E cosa dovrà imparare? Semplicemente a conoscersi, a fare amicizia con un potere che le appartiene ma che è comunque un estraneo che minaccia l’imperturbabilità della sua comoda esistenza.
Perché il prescelto deve, necessariamente, staccarsi dal quotidiano e fare del tempo mitico la sua dimora preferenziale. E questo rappresenta uno shock non solo culturale ma emotivo. Se l’uomo tende a volersi adagiare nella staticità, nell’equilibrio e a raggiungere una sorta di stabilità interiore ed esteriore, altre forze inconsce, presenti in sé, lo spingono a creare nuovi stimoli che lo portano sempre oltre i limiti imposti dalle convezioni sociali.
“Le dodici porte. La scoperta del segreto” di Veronica Pellegrino, self publishing.
Un’imponente rievocazione di un genere spesso vilipeso. Una serie di intriganti simboli e una trama classica eppure moderna. La grandiosa Fedor Galiazzo ha permesso al fantasy italiano di sdoganarsi dal cliché di genere letterario di svago, per precipitarlo con orgoglio nel panorama della letteratura colta. E spero che la lettura di questo testo che è più di una semplice fiaba, possa essere fonte non soltanto di bellezza ma di sapere. E ci possa restituire quelle nostra radici, ammuffite e un po’ ammaccate. La cultura popolare deve tornare a guidare i nostri passi e a dirci finalmente non solo chi siamo ma ci potremmo essere. “Il cavaliere di bronzo” di Fedor Galiazzo, Le Mezzelane Casa Editrice.
E infine, buona lettura e Buon Natale!
Alessandra Micheli
I libri sono stati i miei uccelli e i miei nidi, i miei animali domestici, la mia stalla e la mia campagna; la libreria era il mondo chiuso in uno specchio; di uno specchio aveva la profondità infinita, la varietà, l’imprevedibilità. Jean-Paul Sartre
qui?” Cosa leggere a Natale. Consigli per gli acquisti ultima parte. A cura di Alessandra Micheli Ecco la terza e ultima parte dei miei consigli per l’acquisto. Nella narrativa contemporanea esiste una grande piccola nicchia di libri che hanno un forte impatto sul sociale.
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