#lungo mare
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Mi ammazzo per loro due anche se hanno le battute cringe
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PRIMA PAGINA La Citta di Oggi venerdì, 27 settembre 2024
#PrimaPagina#lacitta quotidiano#giornale#primepagine#frontpage#nazionali#internazionali#news#inedicola#oggi anno#pace#fare#citta#quotidiano#salerno#provincia#sabato#domenica#porte#golf#della#regione#mare#svista#nella#delibera#lungo#anche#litorale#urbano
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Ho pensato ai finali delle orufrey per molto tempo e avevo pensato a un finale pieno di vendetta per Prima di partire per un lungo viaggio perché di solito tolgo lo spirito vendicativo di Qifrey per concentrarmi su altri suoi aspetti che vengono nascosti dal suo passato, ad esempio mi piace molto come si comporta da figlio nella fase ribelle (o più nella fase "quanto è cringe mio papà") con Beldaruit eccetera.
Nel primo finale che avevo in mente per Prima di partire per un lungo viaggio, Qifrey convinceva Olruggio a portarlo all'interno della cupola e strappava via il suo occhio dai suoi abitanti senza pensare nemmeno alle conseguenze delle sue azioni (doveva mettere da parte il senso di colpa verso Beldaruit morto, ad esempio, e mettere in secondo piano i sentimenti di Olruggio e non pensare che i mostri intorno alla cupola ci sono ancora, ci sono degli attacchi anche all'interno della cupola e persone innocenti possono morire senza quell'occhio), perché volevo una storia per dire "una nazione non si può basare sul sacrificio sul sacrificio di qualcuno, anche se questo qualcuno è soltanto una persona". Non è giusto che qualcuno abbia tolto l'occhio a Qifrey e penso che avrei voluto inquadrare la scelta di Qifrey di riprendersi quello che era suo non in modo egoistico quanto per pura e semplice giustizia, con Olruggio al suo fianco e tanti sensi di colpa per entrambi, ma anche una qualche giustizia.
Non ho optato per questo finale perché volevo qualcosa di più soffice che mi permettesse di mettere al primo posto i sentimenti di entrambi. Ho dovuto fare i salti mortali per reinquadrare la narrativa nella mia testa. Non è difficile mettere al primo posto il rapporto tra Olruggio e Qifrey o tra Qifrey e Beldaruit, anzi, mi piace mostrare il loro lato tenero, soprattutto quello di Qifrey, mi sono messa a lavoro appena ho preso la decisione e ho cercato di smussare il suo spirito vendicativo per sostituirlo con il suo attaccamento per Beldaruit prima e per Olruggio poi, ho raccontato un po' della vita di Olruggio come persona che viveva dentro la cupola per dare un po' più di contesto per quello che erano almeno i bambini normali (o chi in quella cupola è arrivato più tardi) ma visto che sto scrivendo una orufrey ho cercato di tagliare corto e quindi ho ottenuto quel primo capitolo striminzito.
Speriamo le cose vadano bene adesso che sto scrivendo l'ultima parte della storia.
#stavo pensando ai due finali perché mi sono resa conto di aver scritto Qifrey in due situazioni opposte#in Dialogo Qifrey vuole sacrificarsi mentre in Prima di partire è stato costretto a farlo#le 2 premesse mi hanno dato l'opportunità di pensare a due diversi finali in cui Olruggio può pregare Qifrey di vivere in due modi diversi#“vivi senza pensare di morire” e “vivi senza curarti di (pensare soltanto a) quella piccola parte di te che è già morta”#spero di riuscire a pubblicare i due finali qiesto luglio#la speranza è di sicuro l'ultima a morire#colachampagne3 the annoying fanwriter#dialogo tra terra e mare#prima di partire per un lungo viaggio
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SULL' ALLUVIONE...POST LUNGO. Ma doveroso, quindi... buona lettura.
L'ennesima alluvione in Emilia Romagna, con quantitativi di acqua caduta con picchi perfino superiori al disastro del 2023, riportano alla luce le solite questioni sulla pulizia dei fiumi. Al netto dell'evento eccezionale ecco quindi molte risposte.
MANUTENZIONE. La manutenzione, che è sacrosanta, va bene per far fronte ad eventi moderati. Quello in atto è tutto tranne che moderato. Se non si analizza il problema partendo da questo fatto, sarà difficile trarre qualche ragionamento serio. Evidentemente il sistema di scolo delle acque, con fiumi ristretti nel tempo, i cui tratti arginati sono stati costruiti molto tempo fa, non sono più sufficienti a far defluire questi carichi idraulici. C’è poco da fare, con questo assetto territoriale, la questione è diventata ingestibile, soprattutto nei confronti dell’attuale e futuro regime di precipitazioni piovose.
PULIZIA FIUMI. E sulla pulizia dei fiumi quindi?
Questo concetto precotto, che ogni volta viene ripetuto fino allo sfinimento, trae la sua origine in una distorsione storica, ovvero che “una volta” si facesse manutenzione. In realtà non è così, ma molto semplicemente “una volta” i fiumi godevano di maggior rispetto da parte dell’uomo, come il territorio ad essi circostante.
Dal secondo dopoguerra in poi, i fiumi sono stati visti come cave a cielo aperto per inerti, sabbie e ghiaie, e aree di scolo in cui far transitare il più velocemente possibile le acque dai rilievi al mare.
Questo ha fatto si che, soprattutto relativo alle gigantesche estrazioni di sedimenti in alveo, i fiumi iniziassero un processo di incisione dell’alveo stesso, attraverso il fenomeno di erosione che si manifesta sia in maniera regressiva, ovvero a monte di dove io ho estratto i sedimenti, che progressiva, a valle del punto di estrazione.
I fiumi sono andati incontro quindi ad un processo di canalizzazione innaturale che ha portato numerosissimi problemi con sé, tra cui: aumento della velocità della corrente, aumento dell’incisione, minor espansione e, soprattutto, minor ricarica delle falde acquifere. Perché le falde acquifere più ricche nel sottosuolo sono rappresentate dalle conoidi alluvionali dei fiumi le quali si alimentano attraverso il contatto idraulico diretto con il fiume sovrastante. Se noi trasformiamo il fiume in un canale che cerca la massima velocità, la ricarica del sottosuolo per infiltrazione è ridotta al minimo. Avrete capito che questa problematica è strettamente correlata con le problematiche di siccità degli ultimi anni.
FIUMI DI PIANURA.
I nostri fiumi sono notoriamente detti pensili, in quanto l’alveo del fiume è in quota più alto delle campagne circostanti. L’uomo per difendersi ha iniziato a costruire argini, iniziando una lotta infinita, ovvero si alza il fiume ed io alzo l’argine.
Gli argini sono manufatti vecchi che soffrono per tanti fattori: qualità ed epoca costruttiva, lunghi periodi siccitosi, manutenzione, tane di animali… Quasi mai però leggo, o sento, qualcuno che si soffermi sul parametro più importante: la sezione idraulica. I fiumi/torrenti sono ridotti a canali sopraelevati in pianura estremamente stretti, e questa è un’eredità pesantissima che ci portiamo dal passato. Su questi argini è necessaria la manutenzione, in quanto questi abbiamo e al momento come difesa passiva abbiamo loro.
Abbiamo però soprattutto sezioni idrauliche ridotte all’osso, argini enormi costruiti in più riprese, e al piede dell’argine manufatti come case ed aree industriali. Se avviene una piena devo quindi pensare in primis alla pulizia? Eh, direi di no in quanto come ha mostrato il Lamone (anche nell’evento maggio 2023), le sezioni di questi “fiumi” non sono in grado di fare defluire forti colmi di piena.
La pulizia risolve tutto? Bisogna definire cosa si intende per pulizia: l’unica pulizia fluviale che ha senso è la rimozione del legname secco in quanto quello viene subito preso in carico dalle piene e potrebbe creare sbarramenti in sezioni critiche come, ad esempio, ostruire la luce di un ponte. Il resto, sono leggende metropolitane.
Gli alberi “vivi” rappresentano una difesa idraulica passiva, in quanto sono in grado di far rallentare la corrente idraulica. Pensate che dove non ci sono, vengono impiantate delle opere di ingegneria con la stessa funzione degli alberi, detti pennelli.
Il cavare sedimento “a mo’ di pulizia” è quanto di più sciocco si possa fare, come dimostrato sopra: aumento velocità, erosione e il sano trasporto solido dei fiumi. Si sano, perché i fiumi portano a mare quel sedimento fondamentale per il mantenimento dei nostri litorali: i fiumi portano sedimento, le correnti marine lo distribuiscono lungo costa e così si sono sempre mantenute le nostre coste. Almeno fino a 70 anni fa, perché poi le pesanti estrazioni di sedimento in alveo hanno rotto questo equilibrio dei fiumi, ed infatti noi emiliano-romagnoli paghiamo una ditta tedesca che, ogni anno, draga la sabbia a 40-60 m dalle coste dell’Adriatico per fare il ripascimento delle nostre spiagge. Geniale no? Ma l’abbiamo cercata noi.
Le sezioni dei fiumi, quindi, appaiono sempre più insufficienti, in primis perché noi le abbiamo ristrette all’osso, ed in seconda battuta perché il territorio, fortemente cementato e antropizzato è andato incontro all’impermeabilizzazione. Questa strana parola racchiude in realtà uno degli aspetti più critici. Se io ho, ad esempio, un’area di 1 km quadrato a terreno naturale, questa assorbirà le precipitazioni in funzione ovviamente delle litologie di cui è composta, ovvero terreni più permeabili e terreni meno permeabili.
Se di quel km quadrato metà lo perdo perché ho cementato, asfaltato, rendendo di fatto impermeabile metà della mia area pilota, dove andrà l’acqua che piove? Non verrà mai assorbita e finirà velocemente nelle reti scolanti, quindi nei canali ed infine nei fiumi.
Si, quei fiumi che già li abbiamo ristretti e poi caliamo giù l’asso come surplus idrico da gestire. E le precipitazioni intense, concentrate, degli eventi estremi mettono la ciliegina sulla torta.
Quindi quando sentite dire da qualcuno “bisognerebbe dare spazio, o meglio, ridare lo spazio che abbiamo tolto ai fiumi e qualcosina di più ..” non è un pazzo, non è un “verde”, non è un “ambientalista”.
E’ uno che ha capito come funzionano i fiumi.
La pulizia radicale non risolve uno stupro al territorio che si è perpetrato per 60 anni.
Soluzioni possibili? Quando si dice “dare spazio ai fiumi” in molti criticano, storcono il naso, perché non hanno idea delle soluzioni proposte. Nessuno dice di lasciare, soprattutto in pianura, i fiumi al naturale come migliaia di anni fa. Bisgogna concentrarsi su aree di intervento dove qualcosa è effettivamente possibile applicare: devono essere interventi organici e mai interventi spot o puntuali, quelli non servono a nulla.
Il sistema va "allargato" in maniera da far riprendere di norma certe aree golenali ai fiumi. Inoltre, ci sono le fasce tampone dei fiumi, perse grazie all'incisione, che sono importantissime in in ottica di ricarica idrogeologica e per la biodiversità. Si deve fare in modo di ripristinare i canali abbandonati dalle nostre opere siano ripresi dai corsi d'acqua che tornano a situazione multicanale e non a canale singolo modello "canale scolante" come li vediamo ora.
In alcuni casi sono stati progettati anche gli arretramenti di argine e/o eliminazione degli stessi. Se riusciamo a fare questo in maniera organica la sezione si allarga e tutto ne trae beneficio. In alcune aree si dovrà giocoforza andare in contro ad espropri, non lo nego, ma i nostri errori di pianificazione li stiamo pagando a caro prezzo.
In aree critiche dobbiamo prevedere e realizzare aree di laminazione, come casse di espansione e/o aree appositamente allagabili.
Se non capiamo questo concetto sarà sempre peggio: la cementificazione e il cambiamento climatico comportano un notevole surplus idrico che i fiumi, ristretti fino all'osso, non riusciranno mai a smaltire.
Testo di Giulio Torri, geologo
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Io ti bacerei per la strada, tra passanti curiosi, seduta al tavolino di un bar.
Ti bacerei lungo giorni rubati ad altre vite, su ponti, palazzi, maree.
Ti bacerei ancora e ancora, al limitare della notte, su sentieri impervi, in ogni dove, in ogni quando.
Ti bacerei fino a dimenticare chi siamo, rimanendo sospesi in quell’ istante di noi, ed in quel bacio porterei l’infinito.
- Carla Casolari
Val Escoubet art - "Pour le meilleur de nous deux"
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Dicono che prima di entrare in mare
Il fiume trema di paura.
A guardare indietro
tutto il cammino che ha percorso,
i vertici, le montagne,
il lungo e tortuoso cammino
che ha aperto attraverso giungle e villaggi.
E vede di fronte a sé un oceano così grande
che a entrare in lui può solo
sparire per sempre.
Ma non c’è altro modo.
Il fiume non può tornare indietro.
Nessuno può tornare indietro.
Tornare indietro è impossibile nell’esistenza.
Il fiume deve accettare la sua natura
e entrare nell’oceano.
Solo entrando nell’oceano
la paura diminuirà,
perché solo allora il fiume saprà
che non si tratta di scomparire nell’oceano
ma di diventare oceano.
-Khalil Gibran
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Il mare a giugno, a differenza di quello di settembre, è meno malinconico. Porta più promesse, è foriero di nuovi inizi, è il risveglio da un lungo letargo.
«Perché vai verso l’orizzonte se sai che tanto non potrai mai raggiungerlo?»
«Perché l’orizzonte serve a quello: a continuare a nuotare»
Inizio sempre da qui, anche stavolta.
#mare#il mio mare#iniziamo da qui#come ogni volta#leviamo l’ancora#partiamo#è stato bello#è ora di cambiare
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TINDARI - IL PICCOLO MUSEO GRECO-ROMANO
Uno dei personaggi più importanti e affascinanti che nel 400 a.C. segnò la storia del bacino Mediterraneo, fu sicuramente il tiranno siracusano Dionisio primo. Dionisio, nato da famiglia non aristocratica si convinse che la democrazia che guidava Siracusa, non era più in grado di impedire il decadimento politico e militare della città, per cui, abile oratore, si fece eleggere generale e, una volta inviato a Gela per risolvere una controversia locale, simulò un attentato nei suoi confronti, richiese la possibilità di avere un esercito mercenario ai suoi ordini per difesa personale, diventando ben presto il padrone di Siracusa. Per dimostrare la noncuranza che aveva per l’aristocrazia, una volta protetto dal suo esercito personale, imprigionò e giustiziò tutti gli aristocratici di Gela, con il loro oro pagò i mercenari spartani che comandava e donò le terre degli aristocratici alla popolazione locale. Così facendo ottenne un consenso assoluto ed una base molto forte per diventare il padrone assoluto della Sicilia orientale. Per restare tale dovette contrastare per tutta la sua vita il desiderio dei Cartaginesi di invadere la sua isola. Dovette inoltre fermare l’espansionismo degli italioti provenienti dalla Calabria, consolidare il rapporto con il resto delle colonie della Magna Grecia e rafforzare l’alleanza con Sparta. Fondò inoltre colonie lungo tutto l'adriatico. In tal modo garantì potere e ricchezza a Siracusa che sotto di lui divenne una delle maggiori città greche del mediterraneo. Tra le tante colonie che fondò per motivi economici e strategici vi fu anche Tindari, ai confini settentrionali del suo dominio siciliano in una località che era abitata già nell’età del bronzo, più di mille anni prima. La posizione e il nome di Tindari non sono casuali. Tindari come Tindaro re di Sparta padre della Elena per cui scoppiò la guerra di Troia, padre di Castore e Polluce i semidei dioscuri che erano tanto onorati in Siracusa. La posizione della colonia Tindari, era inoltre estremamente importante essendo in cima a un promontorio facilmente difendibile, con accanto una grande baia e pianura in cui potevano trovare riparo le navi di allora. La città era inoltre di fronte alle isole Eolie da cui riceveva ossidiana per preparare gioielli e armi e pietra pomice che era la carta vetrata di allora e utilissima nell’ingegneria civile e navale. Finito il dominio di Dionigi il vecchio, Tindari ben presto, come il resto dei possedimenti del vecchio tiranno, fu presa di mira dai Cartaginesi e per questo motivo si affidò a Roma diventando una città romana, molto ben considerata e molto amata. La prova della benevolenza dei romani fu nel dedicare la città all’imperatore Augusto. La “nobilissima civitas” si riempì quindi di statue dell’imperatore, di un teatro, di un porticato (propileo) da cui si accedeva all’Agorà e di tutta quell’architettura che distingueva l’era imperiale romana. I reperti rinvenuti negli scavi, mostrano una civiltà elegante, dove ogni piccolo strumento d’uso comune, nella sua semplice funzionalità, ha una bellezza che va oltre il tempo e le mode. Questa stessa bellezza circonda ancora oggi Tindari, preziosa perla racchiusa tra l’azzurro immenso del cielo e il purissimo e trasparente blu del mare.
One of the most important and fascinating characters that in 400 BC marked the history of the Mediterranean basin, it was certainly the Syracusan tyrant Dionysius I. Dionysius, born into a non-aristocratic family, was convinced that the democracy that led Syracuse was no longer able to prevent the political and military decay of the city, so he was elected general and once sent to Gela to resolve a local controversy, simulated an attack against him, required the possibility of having a mercenary army on his orders for personal defence, soon becoming the master of Syracuse. To demonstrate his indifference to the aristocracy, once protected by his personal army, he imprisoned and tried all the aristocrats of Gela, with their gold he paid the Spartan mercenaries he commanded and gave the aristocratic lands to the local population. In doing so he obtained an absolute consensus and a very strong basis for becoming the absolute master of Eastern Sicily. To remain so he had to resist throughout his life the desire of the Carthaginians to invade his island. He also had to stop the expansionism of the Italians from Calabria, consolidate relations with the rest of the colonies of Great Greece and strengthen the alliance with Sparta. He further founded colonies all along the Adriatic. He thus guaranteed power and wealth to Syracuse, which under him became one of the largest Greek cities in the Mediterranean. Among the many colonies he founded for economic and strategic reasons was Tindari, on the northern borders of his Sicilian domain in a town that had been inhabited already in the Bronze Age, more than a thousand years earlier. The location and name of Tindari are not accidental. Tindarius as Tindarus king of Sparta father of Helen for whom the Trojan War broke out, father of Castor and Pollux the demigods who were so honored in Syracuse. The location of the Tindari colony was also extremely important being on top of an easily defensible promontory, with a large bay and plain next to it where the ships of that time could find shelter. The city was also opposite the Aeolian islands from which it received obsidian to prepare jewelry and weapons and pumice stone which was the sandpaper of that time and very useful in civil and naval engineering. After the rule of Dionysius the Elder, Tindari soon, like the rest of the possessions of the old tyrant, was targeted by the Carthaginians and for this reason relied on Rome becoming a Roman city, very well regarded and very loved. The proof of the Romans’ benevolence was in the dedication of the city to Emperor Augustus. The “noblest civitas” was therefore filled with statues of the emperor, a theater, a portico (propileo) from which one accessed the Agora and all that architecture that distinguished the Roman imperial era. The finds found in the excavations show an elegant civilization, where every small tool of common use, in its simple functionality, has a beauty that goes beyond time and fashion. This same beauty still surrounds Tindari today, a precious pearl enclosed between the immense blue of the sky and the pure and transparent blue of the sea.
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Varcò la soglia di quel bar coi capelli legati e la mano sventolante vicino al viso: faceva caldo, troppo caldo, nonostante fossero appena le 8 di mattina. Le goccioline che le partivano dalla fronte scendevano giù lungo tutto il viso arrivando alla bocca rimpolpata da quel suo lipgloss appiccicoso che usava sempre. Il locale era pieno, le voci erano alte, tutti di fretta ma non troppo: va bene andare a lavoro, sì, ma con calma, ce n'è di tempo per lavorare, ma per esser felici e spensierati ce n'è troppo poco. Si avvicinò al bancone, a servirla c'era un bel giovane sorridente. «Non ti ho mai vista qui, sei nuova?» il sorriso si fece ancora più ampio, ma come risposta ricevette il sopracciglio inarcato e indispettito di lei. «Buongiorno, innanzitutto» rimbobò. Erano già due mesi che era lì, ma ancora non si era abituata a quella confidenza che chiunque si prendeva. Sapeva non fosse cattiveria, ma un po' l'infastidiva. Tutti conoscevano tutti e lei, a sentirsi dire sempre la stessa frase, si sentiva un po' un pesce fuor d'acqua. «Sì, sono nuova. Ma ricordate tutti coloro che passano o è proprio un vostro modo di approcciare?» continuò quindi lei. Il giovane si passò la mano tra i capelli lisci che gli cadevano sulla fronte «signorina, non mi permetterei mai di approcciarvi... O almeno, mi correggo, non così» rise, era bello. «Scusatemi se mi sono permesso o se vi ho dato fastidio... Diciamo che qui ci conosciamo tutti» botta secca «o comunque, più o meno mi ricordo chi passa, un viso così bello lo ricorderei». Le lusinghe erano tante, ma la pazienza la stava proprio perdendo. «Sì, capito, capito. Mi può portare un caffè, per favore?» «sì, certo, permettetemi di presentarmi almeno, io son-...» dei passi lenti dietro di lei la interruppero «Antò, e falla finita! Ti vuoi sbrigare? Non è cosa, non lo vedi? Portagli 'sto caffè e muoviti, glielo offro io alla signorina». La situazione stava degenerando, la ragazza in viso era ormai paonazza e non di certo per il caldo. «Scusatemi tutti, il caffè me lo pago da sola! Posso solo e solamente averlo?! Si sta facendo tardi, non pensavo che qui fosse un delirio anche prendere un caffè!» per un attimo calò il silenzio che non c'era mai stato, nella mente di lei passò un vento di leggerezza e sollievo, senza rendersi conto che, con quell'affermazione, si era di nuovo sentita come tutto ciò che non voleva sentirsi: un pesce fuor d'acqua. «Scusatemi» bofonchiò, poi di nuovo «potrei avere gentilmente un caffè? Grazie. Mi andrò a sedere al tavolo» il barista la guardò, un po' dispiaciuto «signorì, se permettete, cappuccino e cornetto, offre la casa. Sentitevi un po' a casa, vi farebbe bene» e si dileguò. Non disse nulla e si trascinò verso il tavolino, non poteva combatterli: erano tutti pieni di vita lì in quel posto. Che alla fine, un po' di gioia dopo anni di sofferenze, non sarebbe poi mica guastata.
Si sedette lì, ad un tavolino accanto ad un immenso finestrone: da lì si vedeva il mare, mozzafiato. Si guardò intorno. Il viavai di gente era irrefrenabile e la mole di lavoro assurda, ma la cosa più bella di quel posto è che nonostante le richieste più assurde dei clienti, venivano accolti tutti con il sorriso più caloroso del mondo.
Sorseggiava il suo cappuccino, lasciando vagare il suo sguardo di tanto in tanto, fin quando non si fermarono inchiodati su quello di un altro. Nell'angolo, in fondo, c'era un ragazzo. Gli occhi scuri tempesta bloccati nei suoi ciel sereno. I capelli un po' arricciati gli scappavano qua e là dalla capigliatura indefinita che portava. Un ricordo è come un sogno lucido, che però puoi toccare, sentire, annusare, vivere ad occhi aperti, vivere senza dormire. In quell'angolo di stanza, c'era lui. I battiti partirono all'impazzata all'unisono, nel bar non c'era più nessuno, solo loro. So potevano quasi toccare co mano, nonostante la distanza a separarli, le loro mani accarezzavano i rispettivi visi come a gridare “sei vera? Sei vero?”. Un impeto di emozioni, un vulcano in eruzione, la pioggia sul viso, il vento che porta il treno che sfreccia, il pianto di un bambino, la risata di un ragazzo. «Signorì, tutto apposto?» il tempo di sbattere le palpebre: lui non c'era più «sì, sì... Pensavo di aver visto qualcuno di mia conoscenza».
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lo ti bacerei per la strada, tra passanti curiosi,
seduta al tavolino di un bar.
Ti bacerei lungo giorni rubati ad altre vite, su ponti, palazzi, maree.
Ti bacerei ancora e ancora, al limitare della notte, su sentieri impervi, in ogni dove, in ogni quando.
Ti bacerei fino a dimenticare chi siamo, rimanendo sospesi in quell'istante di noi, ed in quel bacio porterei l'infinito
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Qualcuno ha pubblicato questa foto qualche giorno fa. Molti hanno voluto sapere la storia dietro la statua, quindi eccola qui...
Kópakonan: Una statua della Donna Foca si trova a Mikladagur, sull'isola di Kalsoy. È realizzata in bronzo e acciaio inossidabile, progettata per resistere a onde alte fino a 13 metri. All'inizio del 2015, un'onda di 11,5 metri si abbatté sulla statua, ma rimase ferma e non subì danni (vedi i commenti per le foto di questo evento).
La leggenda di Kópakonan (la Donna Foca) è una delle fiabe più conosciute nelle Isole Faroe. Si credeva che le foche fossero esseri umani che avevano scelto volontariamente di morire nell'oceano. Una volta all'anno, la tredicesima notte, erano autorizzate a tornare sulla terra, togliersi la pelle e divertirsi come esseri umani, ballando e godendosi la vita.
Un giovane contadino del villaggio di Mikladalur, sull'isola settentrionale di Kalsoy, curioso di sapere se questa storia fosse vera, si appostò sulla spiaggia una sera della tredicesima notte. Vide le foche arrivare in gran numero, nuotando verso la riva. Si arrampicarono sulla spiaggia, si tolsero la pelle e la posizionarono accuratamente sulle rocce. Senza la pelle, apparivano come normali esseri umani. Il giovane osservò una bella ragazza foca posare la sua pelle vicino al punto in cui era nascosto, e quando iniziò la danza, si avvicinò di nascosto e la rubò.
I balli e i giochi durarono tutta la notte, ma non appena il sole iniziò a spuntare all'orizzonte, tutte le foche si precipitarono a riprendere le loro pelli per tornare in mare. La ragazza foca era molto sconvolta quando non riuscì a trovare la sua pelle, anche se il suo odore era ancora nell'aria. Poi l'uomo di Mikladalur apparve tenendola in mano, ma non gliela restituì, nonostante le sue suppliche disperate, così fu costretta ad accompagnarlo alla sua fattoria.
L'uomo la tenne con sé per molti anni come sua moglie, e lei gli diede diversi figli; ma lui doveva sempre assicurarsi che lei non avesse accesso alla sua pelle. La teneva chiusa in un forziere di cui solo lui aveva la chiave, una chiave che portava sempre con sé, appesa a una catena alla cintura.
Un giorno, mentre era in mare a pescare con i suoi compagni, si rese conto di aver lasciato la chiave a casa. Annunciò ai compagni: "Oggi perderò mia moglie!" – e spiegò cosa era successo. Gli uomini ritirarono le reti e le lenze e remavano verso la riva il più velocemente possibile, ma quando arrivarono alla fattoria, trovarono i bambini tutti soli e la madre scomparsa. Il padre sapeva che non sarebbe tornata, poiché aveva spento il fuoco e messo via tutti i coltelli, in modo che i piccoli non si facessero male dopo la sua partenza.
Infatti, una volta raggiunta la riva, la donna aveva indossato la sua pelle di foca e si era tuffata in acqua, dove un grosso foca maschio, che l'aveva amata per tutti quegli anni e che la stava ancora aspettando, le si avvicinò. Quando i suoi figli, quelli avuti con l'uomo di Mikladalur, più tardi scesero in spiaggia, una foca emergeva dall'acqua e guardava verso la terra; la gente naturalmente credeva che fosse la loro madre. E così passarono gli anni.
Un giorno, gli uomini di Mikladalur pianificarono di andare a caccia di foche in una delle grotte lungo la costa. La notte prima della caccia, la moglie foca apparve in sogno al marito e gli disse che se fosse andato nella grotta a caccia di foche, avrebbe dovuto fare attenzione a non uccidere il grande foca maschio che avrebbe trovato all'ingresso, perché quello era suo marito. Non avrebbe dovuto neppure ferire i due piccoli cuccioli di foca nel fondo della grotta, perché erano i suoi due giovani figli, e gli descrisse le loro pelli in modo che li potesse riconoscere. Ma il contadino non prestò attenzione al messaggio del sogno. Si unì agli altri nella caccia e uccisero tutte le foche che trovarono. Quando tornarono a casa, il bottino fu diviso e il contadino ricevette come sua parte il grande foca maschio e le zampe anteriori e posteriori dei due cuccioli.
La sera, quando la testa del grande foca e le membra dei piccoli furono cucinate per cena, ci fu un grande boato nella stanza del fumo, e la donna foca apparve sotto forma di un terribile troll; annusò il cibo nelle ciotole e lanciò la maledizione: "Qui giace la testa di mio marito con le sue larghe narici, la mano di Hárek e il piede di Fredrik! Ora ci sarà vendetta, vendetta sugli uomini di Mikladalur, e alcuni moriranno in mare e altri cadranno dalle cime delle montagne, finché non ci saranno abbastanza morti da poter unire le mani tutto intorno all'isola di Kalsoy!"
Pronunciate queste parole, scomparve con un grande boato di tuono e non fu mai più vista. Ma ancora oggi, purtroppo, accade di tanto in tanto che gli uomini del villaggio di Mikladalur annegano in mare o cadono dalle scogliere; si teme quindi che il numero delle vittime non sia ancora sufficiente affinché tutti i morti possano unire le mani intorno all'intero perimetro dell'isola di Kalsoy.
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Adesso gli USA sanzioneranno anche la Corte penale internazionale? Vorrei ricordare agli USA che non hanno ancora sanzionato il Bhutan ed il chiosco di piadine sul lungo mare di Riccione.
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Io ti bacerei per la strada,
tra passanti curiosi,
seduta al tavolino di un bar.
Ti bacerei lungo
giorni rubati ad altre vite,
su ponti, palazzi, maree.
Ti bacerei ancora e ancora,
al limitare della notte,
su sentieri impervi,
in ogni dove,
in ogni quando.
Ti bacerei fino a dimenticare
chi siamo, rimanendo sospesi
in quell’ istante di noi,
ed in quel bacio porterei l’infinito.
Carla Casolari
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Quindi in Italia da una parte abbiamo:
1. Un piano pandemico che, seppure con parole diverse, prevede sostanzialmente le stesse misure di quello di Speranza, edulcorate da vaghe promesse verbali del ministro Schillaci di ricorrere a restrizioni delle libertà solo "in casi estremi"
2. La struttura informatica del green pass che da ieri è diventata permanente e interoperante con quella della UE e dell'OMS.
Dall'altra, in Florida, Texas, Svezia e altri Stati, invece abbiamo:
1. La PROVA controfattuale che i lockdown non servono a niente, green pass e obblighi vaccinali neanche (anzi fanno perdere la fiducia anche nei vaccini sicuri, oltre che, più in generale, nelle Istituzioni).
NONDIMENO da noi si continua imperterriti sulla stessa strada.
Un errore poteva essere umano, due no. Il perseverare è decisamente diabolico.😈
Le spiegazioni possono essere:
1. Una guerra ibrida "a pezzetti" non dichiarata ma in atto, che spinge i governi occidentali a reprimere il dissenso, togliere le libertà fondamentali e militarizzare la società con la scusa di sempre nuove emergenze (virus, catastrofi climatiche, Putin alle porte), fatte credere grazie al controllo dei Media e a schiere di "esperti" venduti e corrotti.
2. Una strategia di lungo termine delle élite occidentali volta a ridurre la popolazione attraverso il caos sociale, la cancellazione dei valori tradizionali e l'immigrazione incontrollata. In particolare spingendo aborto ed eutanasia, esaltando l'omosessualità, e spargendo depressione con l'annuncio di sempre nuove catastrofi. E soprattutto liberando periodicamente virus a bassa letalità, affinché una parte della popolazione muoia, o per la malattia, o per gli effetti avversi dei vaccini, che vengono resi obbligatori anche se pericolosi.
Una spiegazione non esclude necessariamente l'altra. Anzi, si integrano a vicenda. Non a caso l'Occidente è in guerra coi paesi che non hanno problemi di sovrappopolazione, ma anzi perseguono la crescita demografica.
Perfino la popolosa Cina si preoccupa di combattere il calo delle nascite. Russia e Iran hanno territori enormi da popolare. Noi invece ascoltiamo l'ex ministro di Draghi Cingolani spiegare che il mondo ha una popolazione tripla rispetto a quella per cui sarebbe "progettato".
Complottismo? Allora è complottista anche Elon Musk. Lui ripete da tempo che la vera guerra è tra cui vuole lo sviluppo dell'umanità e chi ne progetta l'estinzione.
l'Occidente galleggia sempre peggio in un mare di debiti e di titoli senza nessun sottostante, e le materie prime scarseggiano.
Probabilmente stanno tentando d' impossessarsi delle risorse dell'Oriente. Di qui la guerra. Intanto l'Occidente globalista e anglosionista tampona la crisi contenendo i consumi e il numero di coloro che consumano.
Si stanno giocando ultima carta che hanno.
Massimo Montanari
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Visto tik tok dove una ragazza dice che si sta dimenticando del miagolio del suo gatto che è morto di recente o l’odore del suo pelo e sono andata a rivedere il video del mio cane perché mi sono accorta della stessa cosa e ora sono in un mare di lacrime signore iddio prendi più anni di vita ai francesi e dalli ai nostri amici pelosi affinché vivano a lungo
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Nella mia famiglia non ci sono poeti.
Però mio nonno Gregorio,
quando annaffiava l’orto
è rimasto così tanti pomeriggi
a osservare il canale, mormorando:
Non beviamo
l’acqua: è essa a berci.
No, nella mia famiglia non ci sono poeti.
Ma una volta, da bambina, trovai dei gusci
di un uovo azzurro
ai piedi del mandorlo.
Li mostrai a mio padre e mio padre, silenzioso,
mi insegnò a costruirgli un nido
con i rametti;
e mi spiegò perché: ci sono pezzi di vita
che valgono
interi sogni.
Nella mia famiglia, vi dico, non ci sono poeti.
Ma quando la mia bisnonna
Asunción
vide per la prima volta il mare
- la prima e l’unica -
mi dicono che restò molto seria, tacendo
a lungo, prima di dire:
Grazie
per
gli occhi.
Non so da dove vengo.
Ma nella mia famiglia non ci sono poeti.
Martha Asunción Alonso
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