Tumgik
#lui rotto portato via in barella
galloberardi · 2 months
Text
Il fatto che questi siano i primi tre risultati su Getty come 'most popular' per Davide Calabria e' davvero fitting
Tumblr media
5 notes · View notes
questionedabitudine · 2 years
Text
ventidueaprileduemilaventidue
Non so nemmeno da dove cominciare.  Il 23 febbraio mio padre è morto. Non lo sapevamo, ma aveva un tumore al duodeno e un infezione... il cuore non ce l’ha fatta ed ha avuto due infarti. Era finito in ospedale qualche giorno prima, e da allora non l’abbiamo più visto. Mi viene in mente il momento in cui lo hanno portato via in barella. Ho visto una lacrima scendergli giù per il viso. Forse lui lo sapeva che sarebbe stata l’ultima volta. E’ morto solo come un cane. E’ morto solo come un cane e probabilmente senza nemmeno la forza o la voce per chiedere aiuto. Mio padre è morto. Io faccio ancora fatica a crederci. La vita continua ad andare avanti indisturbata, ma qualcosa si è rotto. Anche dentro di me. Disprezzavo mio padre eppure sto di merda. Tutto questo rancore a cosa mi serve ormai? Eppure non va via... Sono stati giorni intensi. Nessuno ti dice come funziona la vita quando decede un genitore. Dovrebbero farci un manuale di istruzioni.  Sono rimasta tutta un pezzo fino a quando non l’ho visto lì, nella bara. Il vestito ormai grande, la faccia scavata, il colorito grigiastro. Era ancora caldo, ma non aveva più nulla del padre autoritario di cui avevo così tanto terrore. Era come se quello non fosse mio padre...e quella di fronte a lui non fossi davvero io.  Nessuno è venuto a vederlo. Solo le mie nipoti e mio cognato, per poco, per dovere. Anche il funerale è stato spoglio, c’erano solo i parenti stretti, un paio di amici.  Quello che veramente mi ha fatto male è la tenerezza di mia madre, che piangendo gli accarezzava la testa. Trent’anni di merda, ma provava ancora qualcosa per quell’uomo. Non so come abbia fatto. Quella scena ha sbriciolato tutto il mio ego. Mio padre per me era ormai una presenza fastidiosa. Se si alzava prima di me, non andavo in cucina a fare colazione per non incontrarlo. A tavola gli rivolgevo la schiena, non lo guardavo mai. Gli parlavo solo se strettamente necessario, e sempre con tono alterato. Pensavo a che seccatura sarebbe stato assisterlo per altri dieci anni, fin quando il Parkinson non lo avrebbe consumato del tutto. Pensavo che forse quello era il periodo più brutto della mia vita, vedere mia madre perdere anche il sonno per stargli dietro, sentire il peso angosciante della malattia su tutti noi. L’aria in casa era ormai irrespirabile. Io stessa facevo fatica ad alzarmi, non volevo affrontare nulla di tutto ciò.  Ma anche dopo la sua morte, non è cambiato nulla. Sembra che i problemi si siano triplicati. Adesso siamo in tre a lottare con burocrazia, avvocati, agenzia delle entrate e cazzi vari. Dovrebbero spiegare anche questo nel manuale d’istruzioni. In tutto questo caos, io ho fatto la valigia e son scappata a Macerata. “Per fare gli esami”, ho detto. In realtà mi trovo in una casa di merda con un tizio strambo e l’unica cosa che vorrei fare e scappare e tornarmene nel mio paesino del cazzo. Ma sono adulta...e non lo farò.  Com’è difficile essere soli in un posto completamente nuovo. Potrebbe capitare qualsiasi cosa e io posso contare solo su me stessa. La casa non è male e il mio coinquilino non è così terribile, ma io sono troppo stravolta emotivamente per sopportare anche solo la puzza di chiuso che si respira quando varchi la soglia di casa. O il mocho e la scopa lasciati appositamente nel corridoio. O la mancanza di qualsiasi detersivo per la casa. O i funghi nel bagno e la muffa nella lavatrice. Un giorno mi sveglio propositiva e pronta a spaccare il mondo, il giorno dopo anche alzarsi dal letto diventa un’impresa di massimo coraggio e la sera finisco che piango guardando mia madre in videochiamata. Che fifona che sono.  Non ho la ben che minima idea di cosa sto facendo della mia vita. Non so più se ha senso, un significato. Per la prima volta forse va bene così... non mi va di trovarlo. Mio padre è morto due mesi fa e io non ho ancora trovato un senso nemmeno a questo.  Sento che c’è un grosso gomitolo sul mio stomaco, nel mio petto. Tante emozioni tutte incastrate... il gomitolo pesa. Per la prima volta non so darmi risposte ma ho fin troppe domande e questa cosa mi fa andare fuori di me. Sono fuori di me. Vorrei tanto andare in terapia. Sento davvero che ne ho bisogno.  Vorrei potermelo permettere.  Voglio stare bene. Voglio essere forte. Voglio laurearmi e smettere di stare sui libri. Voglio sentirmi grande. Voglio trovare la mia dimensione. Voglio essere indipendente.  Devo solo convincermi di potercela fare... ma adesso mi sembra troppo difficile.
0 notes