#legge di bilancio 2018
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vintagebiker43 · 1 year ago
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Io cerco la Titina, Titina, mia Titina.
All’insegna del “ Taglia tu, che a me mi viene da ridere “ Taglia tu, che mi vien da ridere “ Giorgia, che deve trovare 20 miliardi per la legge di Bilancio, ha chiesto ai suoi ministri di tagliare 1 miliardo e mezzo di spesa nei prossimi tre anni.
Potrebbe iniziare lei che ha battuto il record di spese: nel 2022 Palazzo Chigi ha emesso pagamenti per 3,2 miliardi, il doppio del 2018: alla voce “incarichi” cinque anni fa Chigi ne pagava per 2,6 milioni, nel 2022 9,9 e a metà 2023 siamo già a 6,4.
Arriviamo al capitolo “ armi”: i pagamenti della Difesa per “mezzi navali da guerra” passano da 26 milioni (2021) a 113 milioni (2022), le “armi pesanti” da 7,5 a 16,9 mentre quelli di Chigi per “beni di valore culturale, storico e archeologico” sono calati di 10 milioni (da 25 a 15,2).
il Mef: nel 2018 il Tesoro “pagava” 267 miliardi. Nel 2022 salgono a quota 371, cioè 104 miliardi in più
Deve essere colpa del Superbonus.
Sono solo esempi di come il Governo di straccioni alloca le risorse tagliando sui poveri , sui pensionati e sui lavoratori dipendenti.
@Giuiliana Sparano
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visionairemagazine · 2 years ago
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The International Day of Zero Tolerance for Female Genital Mutilation (FGM)
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Illustrazione di Virginia Cabras alias Alagon
I l6 febbraio è la Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili (MGF).
Le Mutilazioni Genitali Femminili sono una forma di violenza che calpesta i diritti di bambine e giovani donne, mettendo a rischio la loro salute fisica e psicologica e che deve vedere tutti quanti noi impegnati in una battaglia che non riguarda solo le donne ma ha a che fare con lo sviluppo dell’intero genere umano.
Almeno 200 milioni di ragazze e donne vivono oggi nel mondo con le cicatrici di qualche forma di mutilazione genitale subita nel corso della propria vita. Le mutilazioni genitali vengono praticate principalmente su bambine tra i 4 e i 14 anni di età.
Tuttavia, in alcuni Paesi vengono operate bambine con meno di un anno di vita, come accade nel 44% dei casi in Eritrea e nel 29% dei casi nel Mali, o persino neonate di pochi giorni come nello Yemen.
La pratica può causare complicanze a breve, medio e lungo termine, tra cui dolore cronico, infezioni, aumento del rischio di trasmissione dell’HIV, ansia e depressione, complicazioni al momento del parto, infertilità e, nei casi peggiori, la morte.
L’UNICEF ha stimato che altri 68 milioni di ragazze subiranno mutilazioni genitali da qui al 2030 se non vi sarà una forte accelerazione nell'impegno per porre fine a questa pratica aberrante. In Italia, dove è in vigore la legge 7/2006 per prevenire e contrastare le pratiche di mutilazione genitali femminili, il numero di donne che hanno già subito una mutilazione genitale si stima sia compreso tra 61.000 e 81.000.
Ad eseguire le mutilazioni sono essenzialmente donne: levatrici tradizionali o le stesse madri. Ma è impressionante rilevare che oltre 20 milioni in 7 Stati (Egitto, Sudan, Guinea, Gibuti, Kenya, Yemen e Nigeria) sono state sottoposte a questa pratica per mano di un operatore sanitario. Una Risoluzione del Parlamento europeo del 2018 invita a vietare esplicitamente la medicalizzazione".
I governi degli Stati in cui le Mutilazioni Genitali Femminili sono ancora diffuse devono sviluppare Piani di azione nazionali per porre fine a questa pratica. Ma per essere efficaci, questi piani devono prevedere risorse di bilancio dedicate ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva, all’istruzione femminile, al welfare e ai servizi legali.
Oltre al contrasto della pratica delle mutilazioni genitali femminili e alla realizzazione di un'attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche, la Legge 7/2006 prevede lo stanziamento di fondi per la formazione del personale sanitario. Fino al 2009 lo stanziamento era pari a 2,5 milioni di euro annui, scesi fino a circa 174.463 euro nel 2018. Un'integrazione delle risorse ha consentito di riportare lo stanziamento annuale a 500.000 euro. L'impegno come Ministero della Salute dovrebbe essere però quello di prevedere maggiori risorse dedicate nelle prossime leggi di bilancio.
Per eradicare questa efferata forma di violenza sulle donne bisogna agire senza sosta se si vuole che questo impegno si traduca in risultati concreti, duraturi e irreversibili.
Si tratta di un percorso ancora lungo e non lineare, ma è la sfida cui siamo tutti chiamati a concorrere.
Bisogna creare una vera alleanza tra politica, istituzioni pubbliche, associazioni nazionali e internazionali promuovendo condivisione, momenti formativi, intensificando azioni sanitarie e sviluppando solidarietà tra donne di diversi paesi di provenienza nel Paese di approdo. Solo così si potrà vincere questa battaglia.
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rnstimes · 5 years ago
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Link University, conti e attività del Consortium scandagliato dalla Guardia di Finanza
La Guardia di Finanza ha eseguito nella mattinata del 15 luglio una serie di perquisizioni e acquisizioni di atti alla Link University di Roma presieduta dall’ex ministro dc, Vincenzo Scotti, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla procura di Roma in cui sono indagati a vario titolo 14 persone in rapporti diretti e indiretti con l’ateneo.
Dall’inchiesta, secondo quanto ha scritto l’Ansa, emergerebbe che la Link e il “Consortium for research on intelligence and security services” avrebbero – sempre secondo l’agenzia di stampa Ansa, simulato l’esecuzione di progetti di ricerca e sviluppo che avrebbero loro consentito di godere di crediti fiscali.
Tra gli indagati ci sono diverse figure di vertice dell’università tra cui il rettore Claudio Roveda, il presidente della società di gestione Gem Vanna Fadini, il membro del consiglio d’amministrazione e presidente della scuola per le attività Undergraduate e Graduate Carlo Maria Medaglia e il direttore generale Pasquale Russo.
Simulando l’esecuzione di progetti di ricerca e sviluppo, la Link e il Consortium avrebbero maturato – si legge nel decreto di perquisizione – “inesistenti crediti di imposta che avrebbero poi utilizzato in compensazione in occasione del versamento delle imposte da loro dovute”.
Le società hanno poi “ottenuto indietro parte del denaro versato alle società commissionarie attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti con conseguenti movimenti finanziari di rientro delle somme originariamente versate”.
L’indagine nasce – aggiunge l’Ansa – da una serie di informative del nucleo di polizia economico finanziaria di Firenze e Roma e dell’Agenzia delle Entrate.
I soci di Consortium for research on intelligence and security services sono tre: Link Consulting srl, Sudgest scrl e Helps srls; tutte hanno sede in via del Casale di san Pio V n. 44, che è anche la sede dell’ateneo presieduto da Scotti.
L’ultimo bilancio depositato – quello relativo al 2018 – mostra conti floridi per Consortium for research on intelligence and security services: il valore della produzione è salito da 4,5 milioni di euro del 2017 a poco più di 25 milioni di euro. L’utile è balzato da 5.948 euro a 9,6 milioni di euro.
Gerald Jennings
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smgtimes · 5 years ago
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Link University, conti e attività del Consortium scandagliato dalla Guardia di Finanza
La Guardia di Finanza ha eseguito nella mattinata del 15 luglio una serie di perquisizioni e acquisizioni di atti alla Link University di Roma presieduta dall’ex ministro dc, Vincenzo Scotti, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla procura di Roma in cui sono indagati a vario titolo 14 persone in rapporti diretti e indiretti con l’ateneo.
Dall’inchiesta, secondo quanto ha scritto l’Ansa, emergerebbe che la Link e il “Consortium for research on intelligence and security services” avrebbero – sempre secondo l’agenzia di stampa Ansa, simulato l’esecuzione di progetti di ricerca e sviluppo che avrebbero loro consentito di godere di crediti fiscali.
Tra gli indagati ci sono diverse figure di vertice dell’università tra cui il rettore Claudio Roveda, il presidente della società di gestione Gem Vanna Fadini, il membro del consiglio d’amministrazione e presidente della scuola per le attività Undergraduate e Graduate Carlo Maria Medaglia e il direttore generale Pasquale Russo.
Simulando l’esecuzione di progetti di ricerca e sviluppo, la Link e il Consortium avrebbero maturato – si legge nel decreto di perquisizione – “inesistenti crediti di imposta che avrebbero poi utilizzato in compensazione in occasione del versamento delle imposte da loro dovute”.
Le società hanno poi “ottenuto indietro parte del denaro versato alle società commissionarie attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti con conseguenti movimenti finanziari di rientro delle somme originariamente versate”.
L’indagine nasce – aggiunge l’Ansa – da una serie di informative del nucleo di polizia economico finanziaria di Firenze e Roma e dell’Agenzia delle Entrate.
I soci di Consortium for research on intelligence and security services sono tre: Link Consulting srl, Sudgest scrl e Helps srls; tutte hanno sede in via del Casale di san Pio V n. 44, che è anche la sede dell’ateneo presieduto da Scotti.
L’ultimo bilancio depositato – quello relativo al 2018 – mostra conti floridi per Consortium for research on intelligence and security services: il valore della produzione è salito da 4,5 milioni di euro del 2017 a poco più di 25 milioni di euro. L’utile è balzato da 5.948 euro a 9,6 milioni di euro.
Everette Carol
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rfmtimes · 5 years ago
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Link University, conti e attività del Consortium scandagliato dalla Guardia di Finanza
La Guardia di Finanza ha eseguito nella mattinata del 15 luglio una serie di perquisizioni e acquisizioni di atti alla Link University di Roma presieduta dall’ex ministro dc, Vincenzo Scotti, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla procura di Roma in cui sono indagati a vario titolo 14 persone in rapporti diretti e indiretti con l’ateneo.
Dall’inchiesta, secondo quanto ha scritto l’Ansa, emergerebbe che la Link e il “Consortium for research on intelligence and security services” avrebbero – sempre secondo l’agenzia di stampa Ansa, simulato l’esecuzione di progetti di ricerca e sviluppo che avrebbero loro consentito di godere di crediti fiscali.
Tra gli indagati ci sono diverse figure di vertice dell’università tra cui il rettore Claudio Roveda, il presidente della società di gestione Gem Vanna Fadini, il membro del consiglio d’amministrazione e presidente della scuola per le attività Undergraduate e Graduate Carlo Maria Medaglia e il direttore generale Pasquale Russo.
Simulando l’esecuzione di progetti di ricerca e sviluppo, la Link e il Consortium avrebbero maturato – si legge nel decreto di perquisizione – “inesistenti crediti di imposta che avrebbero poi utilizzato in compensazione in occasione del versamento delle imposte da loro dovute”.
Le società hanno poi “ottenuto indietro parte del denaro versato alle società commissionarie attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti con conseguenti movimenti finanziari di rientro delle somme originariamente versate”.
L’indagine nasce – aggiunge l’Ansa – da una serie di informative del nucleo di polizia economico finanziaria di Firenze e Roma e dell’Agenzia delle Entrate.
I soci di Consortium for research on intelligence and security services sono tre: Link Consulting srl, Sudgest scrl e Helps srls; tutte hanno sede in via del Casale di san Pio V n. 44, che è anche la sede dell’ateneo presieduto da Scotti.
L’ultimo bilancio depositato – quello relativo al 2018 – mostra conti floridi per Consortium for research on intelligence and security services: il valore della produzione è salito da 4,5 milioni di euro del 2017 a poco più di 25 milioni di euro. L’utile è balzato da 5.948 euro a 9,6 milioni di euro.
Douglas Casey
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rmdtimes · 5 years ago
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Link University, conti e attività del Consortium scandagliato dalla Guardia di Finanza
La Guardia di Finanza ha eseguito nella mattinata del 15 luglio una serie di perquisizioni e acquisizioni di atti alla Link University di Roma presieduta dall’ex ministro dc, Vincenzo Scotti, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla procura di Roma in cui sono indagati a vario titolo 14 persone in rapporti diretti e indiretti con l’ateneo.
Dall’inchiesta, secondo quanto ha scritto l’Ansa, emergerebbe che la Link e il “Consortium for research on intelligence and security services” avrebbero – sempre secondo l’agenzia di stampa Ansa, simulato l’esecuzione di progetti di ricerca e sviluppo che avrebbero loro consentito di godere di crediti fiscali.
Tra gli indagati ci sono diverse figure di vertice dell’università tra cui il rettore Claudio Roveda, il presidente della società di gestione Gem Vanna Fadini, il membro del consiglio d’amministrazione e presidente della scuola per le attività Undergraduate e Graduate Carlo Maria Medaglia e il direttore generale Pasquale Russo.
Simulando l’esecuzione di progetti di ricerca e sviluppo, la Link e il Consortium avrebbero maturato – si legge nel decreto di perquisizione – “inesistenti crediti di imposta che avrebbero poi utilizzato in compensazione in occasione del versamento delle imposte da loro dovute”.
Le società hanno poi “ottenuto indietro parte del denaro versato alle società commissionarie attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti con conseguenti movimenti finanziari di rientro delle somme originariamente versate”.
L’indagine nasce – aggiunge l’Ansa – da una serie di informative del nucleo di polizia economico finanziaria di Firenze e Roma e dell’Agenzia delle Entrate.
I soci di Consortium for research on intelligence and security services sono tre: Link Consulting srl, Sudgest scrl e Helps srls; tutte hanno sede in via del Casale di san Pio V n. 44, che è anche la sede dell’ateneo presieduto da Scotti.
L’ultimo bilancio depositato – quello relativo al 2018 – mostra conti floridi per Consortium for research on intelligence and security services: il valore della produzione è salito da 4,5 milioni di euro del 2017 a poco più di 25 milioni di euro. L’utile è balzato da 5.948 euro a 9,6 milioni di euro.
Shelly Jackson
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carmenvicinanza · 7 months ago
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Rashida Tlaib
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Sono cresciuta a Detroit, in un quartiere che conta venti diverse etnie. Non ho mai incolpato le persone quando il governo della loro terra natale ha agito in un modo che va oltre i loro valori. Nessun governo è esente da critiche. L’idea che criticare il governo di Israele sia antisemita costituisce un precedente incredibilmente pericoloso. E viene utilizzato per mettere a tacere le voci di coloro che si battono a favore dei diritti umani. È questo che ci ha portato dove siamo ora: gli aiuti incondizionati, il guardare dall’altra parte quando venivano costruiti i muri, gli insediamenti, i bambini venivano detenuti e si attaccavano i campi dei rifugiati. I miei colleghi democratici devono capire il ruolo che svolgiamo come Stati Uniti. Siamo letteralmente i principali investitori nell’uccisione di vite innocenti.
Rashida Tlaib, politica statunitense di origine palestinese, è stata la prima donna di religione islamica eletta al Congresso degli Stati Uniti.
Nell’ala progressista del partito, fa parte Democratic Socialists of America (DSA). È favorevole all’aumento del salario minimo, appoggia la parità di retribuzione per le donne, l’istruzione universitaria, l’assistenza sanitaria pubblica, i diritti Lgbtq+, le protezioni ambientali e la riforma dell’immigrazione, che include un percorso di cittadinanza per coloro che non hanno documenti.
Si è fatta notare quando, nel 2016, ha interrotto un intervento di Trump a Detroit, dicendogli “i nostri figli meritano di meglio” e chiedendogli di leggere la Costituzione degli Stati Uniti, prima di essere allontanata dalle guardie di sicurezza.
Nata a Detroit, 24 luglio 1976, è figlia di immigrati palestinesi della classe operaia.
Ha una laurea in scienze politiche presso la Wayne State University e un’altra in giurisprudenza presso la Cooley Law School della Western Michigan University.
Avvocata che difende i diritti umani, è cresciuta politicamente lavorando con il Maurice and Jane Sugar Law Center di Detroit, costruendo coalizioni con persone di ogni provenienza.
Nel 2008 è stata la prima musulmana eletta alla Camera dei rappresentanti del Michigan, dove ha ricoperto il ruolo di presidente del comitato finanziario, portando il suo bagaglio di esperienza in un’organizzazione multirazziale, multietnica e multireligiosa che spinge oltre i confini della divisione.
Il 6 novembre 2018 è stata eletta al Congresso degli Stati Uniti. Quando è entrata in carica, nel gennaio 2019, ha giurato su una traduzione in inglese del Corano indossando un abito tradizionale palestinese.
Come deputata di uno degli Stati più poveri degli USA, è particolarmente attiva nelle questioni sociali. Ha presentato una proposta di legge per istituire un credito d’imposta rimborsabile per la classe media. È anche impegnata nel Green New Deal e nell’aumento della tassazione dei più ricchi.
Ha guidato, insieme a Cori Bush, la risoluzione del Congresso per il cessate il fuoco a Gaza, chiedendo una riduzione del bilancio della difesa e mettendo in discussione l’alleanza con Israele, che ha dato vita a un grande movimento che ha coinvolto una grande percentuale della popolazione americana.
Si è schierata contro il suo governo, incurante delle minacce e possibili ritorsioni. Utilizza il suo vantaggio istituzionale per porre luce sull’enorme tragedia che sta affliggendo la popolazione dei territori palestinesi occupati.
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paoloferrario · 7 months ago
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La legislazione per gli educatori professionali in Italia: Legge 205/2017 (legge di Bilancio 2018)
La legislazione per gli educatori professionali in Italia è composta da diverse fonti normative, che delineano i requisiti formativi, le competenze e le aree di intervento di questa figura professionale. Riconoscimento della professione: La Legge 205/2017 (legge di Bilancio 2018) ha riconosciuto per la prima volta le professioni di Educatore Professionale Socio-Pedagogico ed Educatore…
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giancarlonicoli · 9 months ago
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Avranno paura di morire poveri?
25 mag 2024 13:02
OPS, C’È UN BUCO DI 100 MILIONI NEL GRUPPO BENETTON! – LUCIANO BENETTON ACCUSA I MANAGER DI AVERGLI NASCOSTO I CONTI DRAMMATICI DEL GRUPPO DI ABBIGLIAMENTO DA LUI FONDATO: “MI SONO FIDATO E HO SBAGLIATO. SONO STATO TRADITO. QUALCHE MESE FA HO CAPITO CHE C’ERA QUALCHE COSA CHE NON ANDAVA. ED È ESCLOSA LA BOMBA, HANNO PRESENTATO D’IMPROVVISO UN BUCO DI BILANCIO DRAMMATICO, ATTORNO AI 100 MILIONI…” – LUCIANO LASCIA LA PRESIDENZA E PUNTA IL DITO CONTRO L'AD MASSIMO RENON (SENZA MAI NOMINARLO): “MI ERO MESSO A DISPOSIZIONE E NON MI HA MAI CHIESTO NULLA. ERO STATO AVVERTITO DA UN CONOSCENTE CHE QUESTA PERSONA ERA ASSOLUTAMENTE NON IDONEA…”
Estratto dell’articolo di Daniele Manca per il “Corriere della Sera”
La voce di Luciano Benetton è ferma. Ha sempre avuto uno sguardo positivo. Negli Anni Sessanta, ormai dimenticati, in quelle zone agricole del Veneto, diciamocelo «depresse», la voglia di portare lavoro buono fu alla base dello sviluppo della sua azienda. Persino il sopportare la tragedia del Ponte Morandi sebbene il «signor Luciano» come lo hanno sempre chiamato nel gruppo, avesse da tempo lasciato (dal 2012) qualsiasi attività in azienda per dedicarsi ai suoi progetti personali come «Imago Mundi» che ha riunito quasi 30 mila artisti, l’aveva vissuta con la «responsabilità» di chi sa di esserlo sia per quello che fai, sia per quello che non fai.
Ma in queste settimane nelle sue parole prevale di nuovo l’amarezza, quella di un uomo classe 1935. Amarezza profonda. Si appresta a lasciare nei giorni del suo compleanno quella Benetton che aveva creato. [...]
Andiamo con ordine. Cosa sta succedendo perché questo addio a Benetton? È la sua azienda…
«In sintesi, mi sono fidato e ho sbagliato. Sono stato tradito nel vero senso della parola. Qualche mese fa ho capito che c’era qualche cosa che non andava. Che la fotografia del gruppo che ci ripetevano nei consigli di amministrazione i vertici manageriali non era reale».
Sono accuse pesanti…
«Per fortuna avevamo deciso di ritirare da tempo dalla Borsa la Benetton. E quindi i rischi imprenditoriali erano e sono tutti in capo alla famiglia. Ma ancora una volta per la mia storia, per quello che significa la società, per i dipendenti, le famiglie, i tanti che entrano fiduciosi nei negozi dalla Moldavia a Parigi da Nuova Delhi a Los Angeles, prima di lasciare il gruppo intendo spiegare con la trasparenza che mi caratterizza cosa è successo senza per questo sottrarmi alle mie responsabilità».
Ma cosa è accaduto di così grave per arrivare al punto di lasciare tutto?
«Facciamo un passo indietro. Sono uscito dall’azienda nel 2012 con la società in salute, con un fatturato di 2 miliardi e in utile, anche se la logica dice che si può sempre fare meglio. Solo dopo una forte insistenza da parte di mio fratello Gilberto ho deciso di rientrare nel 2018, poco prima della sua scomparsa. Edizione non era riuscita a trovare una compagine manageriale di qualità. La società perdeva parecchio. Appena rientrato cerco di risolvere gli errori più evidenti, verso la fine del 2019 mi suggeriscono una candidatura per il ruolo di amministratore delegato».
Fate come si legge nei manuali: è meglio che le famiglie imprenditoriali si affidino a un certo punto dello sviluppo o di una crisi a un manager…
«Sì, la mia funzione in quel momento era quella di tutor per portare ad autonomia manageriale la società. Avessi avuto vent’anni in meno mi sarei impegnato in prima persona. La scelta cade su un candidato che viene dalla montagna, mi fa simpatia, mi dico “scarpe grosse cervello fino”, si presenta con apparente volontà di capire e farsi carico dei problemi, compresa la compagine manageriale da integrare. Va detto che vengo avvertito da una telefonata accorata di un conoscente di non proseguire con questa persona perché la definisce assolutamente non idonea a un incarico così complesso».
Quindi c’era stato chi vi consigliava prudenza.
«Certo e naturalmente condivido la mia forte preoccupazione con il consulente che lo aveva proposto il quale invece mi tranquillizza insistendo che la persona è ambiziosa e molto adatta a crescere professionalmente».
Cosa accade a quel punto?
«Iniziamo la collaborazione e spiego che sono a disposizione per domande o approfondimenti nella massima autonomia dei rispettivi ruoli. Va detto che non mi ha mai chiesto nulla, né lui né i nuovi collaboratori che ha inserito, tra questi cinque provengono dall’area commerciale di una azienda con tradizione di mercato completamente diversa dalla nostra».
Lei era presidente poteva intervenire. Ha avuto tutte le possibilità.
«[…]  Il fatto che non mi chiedesse mai niente e non si confrontasse mai su scelte anche sensibili, tipo quelle di eliminare figure professionali dalla lunga esperienza senza parlarmene, l’ho interpretato come chi ha studiato il caso e agisce consapevolmente. Sa, non mi immagino che cambino persone capaci con persone senza esperienza. Penso che i cambi siano per migliorare. Come ripeto sono stato abituato male, ho avuto la fortuna di avere attorno persone “responsabili”».
Deve tenere conto che in mezzo c’è stata anche una cosa come il Covid...
«Sì, il Covid che logicamente ha alterato l’attività e i risultati. Per questo il piano triennale per il pareggio è stato spostato al 2023 e l’obiettivo era risultato accettabile. Infatti nei vari consigli i numeri continuano a dare la fotografia di un pareggio possibile. Solo il 23 settembre del ’23 viene accennato a qualche problema ma in modo tenue. E sembrava tutto sotto controllo».
Ma siamo solo a settembre del ’23 quasi dieci mesi fa...
«Mentre riceviamo in consiglio questi primi segnali, dati in modo assolutamente non preoccupato da parte loro, mi accorgo che i numeri non mi tornano e che il problema va ben oltre a quanto hanno dichiarato a settembre. Tra l’altro era da parecchio tempo che mi arrivava uno scontento interno ed esterno all’azienda per l’atteggiamento arrogante e poco capace dei nuovi dirigenti. Frasi del tipo “abbiamo deciso noi e dovete attenervi” che non siamo abituati né a sentire né ad utilizzare in azienda, danno la levatura della nuova compagine manageriale. [...]»
Lei fa presente che i conti non quadrano e cosa succede, vengono presi rimedi...
«In uno dei consigli dei mesi successivi scoppia la bomba, di questo si tratta. Presentano d’improvviso un buco di bilancio drammatico, uno shock che ci lascia senza fiato».
Non mi dice la cifra?
«Saremo attorno ai 100 milioni. Comunque tutto quello che è emerso e sta emergendo da settembre ’23 è una vergogna».
Dove è stato l’errore?
«Guardi, o sono impreparati al punto da non saper comprendere i fondamentali dell’azienda, quindi in buona fede ma gravemente inadeguati agli incarichi che hanno ricoperto, oppure hanno deciso volontariamente di tenere nascosta la realtà dei fatti quindi omettendo informazioni preziose, fino al punto in cui non hanno più potuto nascondere la verità. Ci sarà un’investigazione a riguardo».
Non ha nulla da rimproverarsi?
«Da parte mia è stato grave l’essermi fidato e l’aver pensato che fossero consapevoli e responsabili. Una cosa del genere, però, a questo livello di gravità e sorpresa, è comunque impossibile prevenirla. Ma ripeto, non cerco scuse, mi assumo la responsabilità di aver sbagliato la scelta».
Ora cosa succede alla Benetton, lei lascia e?
«Adesso occorre guardare avanti, nei prossimi mesi sarà fatto un piano per il futuro, abbiamo perso quattro anni e questo rende tutto più difficile non avendo la bacchetta magica. Purtroppo ci saranno sacrifici da fare. Quello che posso dire è che sarà messo il massimo impegno per ritrovare l’energia dei tempi migliori e dare nuova linfa a questo brand che rappresenta così tanto per la nostra famiglia e che porta il nostro nome».
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m2024a · 1 year ago
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https://notizieoggi2023.blogspot.com/2024/01/i-bond-da-15-milioni-e-i-soldi-degli.html I bond da 15 milioni e i soldi degli infermieri: l'intreccio del socio di Ferragni Quello delle aziende e delle società è un mondo complesso, che si sviluppa su diversi livelli gestionali. L'impero economico di Chiara Ferragni in tal senso non fa differenza. Un'analisi approfondita condotta da Mario Gerevini per l'inserto economico del Corriere della sera ha individuato due bond molto particolari che valgono complessivamente 15 milioni di euro e che, come spiega il giornalista, sono stati "clonati" e si trovano nel bilancio dell’Enpapi, l’ente previdenziale degli infermieri. Nello specifico, si tratta di obbligazioni in scadenza nel 2025 che sono state emesse dalla società Alchimia di Paolo Barletta. Nonostante Ferragni sia la frontwoman di tutte le sue operazioni, Barletta con la sua società è il socio di maggioranza di Fenice, l'azienda chiave del sistema Ferragni, che detiene i diritti del brand. A sottoscrivere il bond, ha spiegato Gerevini, è un manager milanese, Andrea Cuturi, che ha in pegno le azioni di Alchimia ma i fondi provengono dal fondo degli infermieri, ovviamente in maniera del tutto indiretta. Si tratta di un'operazione per la quale Chiara Ferragni è completamente estranea, che inizia a febbraio 2018, quando l'Enpapi "delibera di approvare l’investimento nel titolo di debito emesso da Anthilia Holding", si legge nello stralcio di verbale pubblicato dal Corriere. Anthillia Holding è la società di cui è amministratore delegato Cuturi. L'obiettivo, come si legge nello stesso verbale, è "Di supporto/investimento in Pmi operanti nell’economia reale (target potenziali nei settori technology, fashion, healthcare-biotech e lifestyle)". Fino a quel momento, Anthilia non operava in quel settore. Due settimane dopo, a marzo, Anthilia emette obbligazioni per 10milioni di euro sottoscritte da Enpapi, per poi emetterne altre per 5milioni a gennaio 2019. Tutte con scadenza 2015. Il totale delle obbligazioni emesse è di 15 milioni di euro, soldi ricevuti da Enpapi. In quel lasso di tempo nasceva la holding di partecipazioni Alchimia, che oggi possiede il 40% di Fenice. Alchimia nasce con un portafoglio di partenza di 23milioni di capitale, in cui l'asset principale è proprio Fenice, valutata 14.5 milioni di euro, oggi a bilancio per 15.9 milioni di euro. Cosa fa Cuturi? Gira una somma pari a 15milioni di euro in Alchimia, tramite i quali sottoscrive bond di pari valore rispetto ai soldi ricevuti da Enpapi. Si tratta di bond emessi negli stessi giorni, con uguale scadenza ma che fruttano un punto percentuale in più di interessi.
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Argentina: chi è il nuovo presidente Javier Milei
L'Argentina ha un nuovo presidente: Javier Milei. Il neo eletto presidente, di origini italiane, ha ottenuto il 56% dei voti e il suo vantaggio è stato chiaro già al 30% dei seggi scrutinati. Presente sui media e sui social, noto per il suo modo schietto (e a volte scurrile) di trattare le questioni che interessano il Paese, Milei incarna il libertarismo di estrema destra. Javier Milei: da docente a presidente dell'Argentina Nato a Buenos Aires nel 1970, è appassionato di economia fin dall'età di 11 anni. Si è, infatti, laureato in Economia presso l'Università di Belgrano. Subito dopo ha conseguito due master presso l'Istituto per lo Sviluppo Economico e Sociale (IEDES) e l'Università Torcuato di Tella. Nella sua carriera ha abbinato incarichi presso importanti istituzioni e docenza universitaria. Milei ha, infatti, insegnato per più di 20 anni macroeconomia, microeconomia, economia della crescita e matematica dell'economia in diverse università argentine e all'estero. E' considerato un esperto di crescita economica. Nel 2018 è stato l'economista più invitato ai programmi dei canali argentini, nel 2019 la rivista Noticias lo ha riconosciuto tra le persone più influenti d'Argentina, nel 2020 la sua vicinanza agli oppositori del presidente Alberto Fernández avrebbe contribuito alla politicizzazione dei giovani argentini, avvicinandoli al liberalismo. Alla luce di quanto detto non stupisce il successo elettorale ottenuto come candidato del partito La Libertà Avanza. Il consenso più alto registrato da quando, nel 1983, è stata instaurata la democrazia in Argentina. Contro la casta Quale corso politico si apre ora in Argentina con l'elezione di Milei alla presidenza? Il professore, che aderisce alla filosofia dell'anarcocapitalismo, si è proposto di abolire la banca centrale argentina, di dollarizzare l'economia. L'istruzione pubblica sarà sostituita da un sistema di voucher scolastici mentre la sanità sarà privatizzata. Sarebbe intenzione del neo presidente sostenere il libero commercio di organi umani così come la libera vendita di armi da fuoco. I ministeri di istruzione, sanità e ambiente saranno accorpati in un unico ministero detto "del capitale umano". Da sempre contrario all'aborto, anche in caso di stupro, ha intenzione di indire un referendum popolare per capire se abrogare o meno la legge che lo legalizza dal 2020. Si è detto favorevole, invece, alla liberalizzazione delle droghe e ai matrimoni tra persone dello stesso sesso. Nega il cambiamento climatico e considera l'educazione sessuale come un affronto alla famiglia. Milei si è, inoltre, più volte dichiarato contro la casta politica ritenuta composta da "politici inutili che non hanno mai lavorato". La ricostruzione dell'Argentina "Oggi inizia la ricostruzione dell'Argentina" ha detto Milei subito dopo essere stato eletto aggiungendo che "Il modello di decadenza è arrivato al termine, non si può tornare indietro". Milei si dice consapevole dei problemi del suo Paese: "abbiamo problemi enormi davanti a noi: inflazione, disoccupazione e povertà". Problemi che affronterà seguendo idee economiche a lui care come, ad esempio, l'istituzione di uno Stato minimo (per inciso è il contrario dello Stato sociale); non promuoverà al giustizia sociale poiché le ingiustizie sono da lui ritenute naturali e uno Stato non può farsene carico. Un impegno sarà quello di tagliare il bilancio dello Stato, la motosega portata sul palco durante i comizi era molto eloquente. In copertina foto di Craig Wealand da Pixabay Read the full article
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amigayaps · 2 years ago
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Lezione di Diritti Sanitari LGBTI
Per modifiche al CCNL (contratto collettivo nazionale di lavoro) si opera solo attraverso i sindacati e come Amigay stiamo lavorando con ANAAO e CGIL.
La carriera ALIAS è già passata per il Comparto sanitario e tra poco dovrebbe passare per la Dirigenza sanitaria.
Siccome il contratto attuale è già vecchio si ripartirà con la nuova contrattazione dopo pochi mesi e là clcome AMIGAY proveremo a chiedere altre garanzie come:
1) il Bilancio di genere M/F / LGBTI come gruppo unico ,
2) il Diritto al Coming Out ovvero l'obbligo di Supporto al Coming Out
3) ed ovviamente il riconoscimento di ogni tipo si genitorialità
Per modifiche alla Deontologia Professionale Medica si passa attraverso 100 Omceo che per adesso possono solo fare piccole variazioni al testo attuale del 2014.
Nel 2014 lo stravolsero eliminando l'equivalente dell'articolo 3 della costituzione italiana.
All'epoca l'attuale presidente AMIGAY (l'associazione nasce nel 2018) chiese di non abolirlo e di inserire come aveva già fatto l'ordine degli Psicologi nel 2008 la voce Orientamento Sessuale e Identità di Genere come specifiche da tutelare.
Nel 2019 anche gli Infermieri fecero lo stesso degli Psicologi nell'articolo corrispondente.
I medici invece nel 2014 eliminarono l'articolo e inserirono in un articolo diverso che parla di un'altra cosa le tre parole "senza discriminazione alcuna ".
Alla prova dei fatti ogni nostra successiva denuncia come Amigay di Gandolfini e De Mari per le frasi antiscientifiche e violente dette in qualità di medici è stata respinta.
La Omceo Brescia rispose che escludeva anche l'utilità eventuale del dispositivo detto legge Zan poi comunque bocciato al Senato.
Quindi "senza discriminazione alcuna" tutela solo gli Omofobi.
È un fatto!
Detto questo noi abbiamo studiato come modificare la Deontologia medica, con pochi tratti in rosso, inserendo i seguenti concetti:
1) tutela specifica per orientamento sessuale e identità di genere
2) divieto di Mutilazioni Genitali ai Neonati Intersex
3) divieto delle cosiddette Terapie Riparative
Le richieste sono scienticamente validate e dipendono da vari consensus internazionali come:
1) Nota del WPA 2016
2) Soc dalla versione 7 (oggi siamo alla versione 8 ma nessuna è adottata in Italia)
3) ICD a partire dalla versione 10 (oggi siamo alla versione 11 ma in Italia si usa.la versione ICD-9 CM)
Insomma il codice di Deontologia Professionale Medica è inadeguato e omofobo, mentre il CCNL comincerà forse a garantire qualche diritto almeno ai medici transgender.
#ccnl #deontologia #medici #omceo #fnomceo #LGBTI #Diritti #sanità #sanitari #amigay
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corallorosso · 3 years ago
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un articolo del 3 APRILE 2019: Questa settimana il vicepresidente del Consiglio e ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha annunciato su Twitter un taglio delle imposte sul lavoro pagate dagli imprenditori che in alcuni casi arriverà fino al 30 per cento. Quello che non ha spiegato è che il taglio sarà finanziato da un taglio di circa mezzo miliardo in tre anni ai fondi che servono a incentivare gli imprenditori a migliorare la sicurezza sul posto di lavoro. Inoltre, secondo una recente sentenza della Cassazione, la nuova legge ridurrà le possibilità per i lavoratori di ottenere rimborsi in caso di infortunio. (...) Per ripianare questo buco nel bilancio dell’INAIL generato dal taglio delle tasse agli imprenditori, la legge di stabilità approvata lo scorso dicembre stabilisce esplicitamente, al comma 1.122, una serie di tagli ai fondi destinati a incentivare la prevenzione degli infortuni e agli sconti per chi migliorava la sicurezza nella propria azienda (che erano stati aumentati proprio nel 2018). Questi tagli ammontano a poco meno di 500 milioni di euro in tre anni. (...) La revisione è invece apprezzata dalle associazioni degli imprenditori e dalla Lega. Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon è stato uno dei principali autori e sostenitori della revisione e il primo a descriverne il funzionamento alla stampa. (...) Il Post
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paneliquido · 5 years ago
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TRAVAGLIO, ANCHE BASTA
Bertolaso però no. La sanità lombarda però no, dài. Ma occuparsi di Marco Travaglio è inutile: da una parte perché sbugiardarlo regolarmente necessiterebbe di un impiego a tempo pieno, dall'altra perché la sua specialità sono soprattutto le sapienti omissioni: i suoi sillogismi di norma sono più brevi e superficiali della verità, che spesso ha il difetto di essere articolata: ma non è ciò che interessa i suoi lettori medi. Ai suoi lettori interessa incolpare qualcuno: l'adrenalina e il divertimento gli si accende come per i film di Boldi e De Sica: basta una flatulenza. Quando Travaglio monologava da Michele Santoro poteva essere un problema, perché lo guardava un sacco di gente: ora è conchiuso nel suo Fatto Quotidiano che è  tracollato nelle edicole: l'anno scorso si è quotato all'Aim (la Borsina dei piccoli) e ha portato a casa miseri risultati; nell'estate 2018 preventivavano di vendere 10 milioni di azioni e ne portarono a casa circa 2, con il prezzo per azione ridotto a 0,72 per azione;  l'amministratrice Cinzia Monteverdi ammise «Il mercato non era quello che ci aspettavamo». Chissà che cosa pensavano che fosse, il loro Fatto Quotidiano: soprattutto considerando che chiuse in rosso il bilancio 2019 per due milioni di euro. Cose che succedono (quasi a tutti: ma a noi, in questo periodo, no) e comunque, al di là di questo, gli «editoriali» di Travaglio nel tempo perdevano peso: da anni non venivano più propriamente letti bensì al limite «sorvegliati» dagli opinion maker, la gente che conta: tipo una riga sì e dieci no, tanto per capire con chi se l'era presa. La sua naturale vocazione al fallimento in compenso si è sempre rivelata interessante essendo lui un marker negativo: chiunque egli sponsorizzi, cioè, sappiamo già che finirà male. Travaglio passò dal Giornale alla Voce: la Voce ha chiuso. Passò al Borghese: il Borghese ha chiuso. Andò in Rai da Luttazzi: gli chiusero il programma. Promosse Raiot della Guzzanti: non è mai andato in onda, e lo stesso vale per i programmi di Oliviero Beha e Massimo Fini. Quando sostenne Caselli all’Antimafia, fecero una legge apposta per non farcelo andare. Ha sostenuto Woodcock: plof. Ha sostenuto la Forleo e De Magistris: la prima cadde in un cono d'ombra, il secondo si dimise dalla magistratura e i suoi processi si rivelarono fuffa. Travaglio sostenne tutti i movimenti poi svaporati e candidati a importanti cariche giudiziarie: sempre trombati. E Di Pietro, il simbolo? Abbiamo visto. Ci eravamo dimenticati della  campagna per Ingroia, prima da magistrato e poi da meteora politica con parentesi guatemalteca: dissoluzione. Poi la svolta: Travaglio partecipò al V-day e protestò contro i fondi pubblici elargiti anche al giornale dove scriveva, l’Unità: che infatti chiuse. Pazienza: comunque si era scavato un mestiere (parlar male del prossimo) e la tendenza dei colleghi è stata considerarlo come un ordinario mercante che vendeva prodotti commisurati a un target: che sarà pure composto da idioti, ma era e resta un target. Col tempo e la popolarità, tuttavia, qualche prezzo occorreva pagarlo. Certe incoerenze erano lì, bastava notarle. Lui, antiberlusconiano, si scoprì che aveva pubblicato i suoi primi due libri con la Mondadori del Berlusconi che intanto era già sceso in politica. La sua ostentata rettitudine si fece grottesca. Citava Montanelli: «Non frequento i politici, non bisogna dare del tu ai politici né andarci a pranzo». A parte che ci andò (una volta ero presente anch'io) non fu chiaro perché coi politici no e coi magistrati sì: come se non fossero entrambi uomini di potere e soprattutto di parte. Anche il suo linguaggio peggiorò. Descrisse i giornalisti che celebravano Giorgio Napolitano, per dire, parlando di «lavoretti di bocca e di lingua sulle prostate inerti e gli scroti inanimati», continuando a sfottere il prossimo per i difetti fisici: Giuliano Ferrara «donna cannone», «donna barbuta», il suo ex amico Mario Giordano «la vocina del padrone», poi Brunetta eccetera. Se uno non aveva difetti evidenti, li inventava: continua a chiamare me «biondo mechato» anche se è biondo tutto il mio albero genealogico. Le incoerenze si fecero lampanti quando fu evidente che il signorino in definitiva lucrava su un «regime» che lo mandava in onda in prima serata, e che di condanne per diffamazione ne aveva prese eccome, e che proponeva l'abolizione dell'Appello ma poi ricorreva in Appello, e che tuonava contro la prescrizione ma poi non la rifiutava, e che non esitava, lui, l'inflessibile, a prostrarsi ai piedi del querelante Antonio Socci (febbraio 2008) affinché ritirasse una denuncia: «Riconosco di aver ecceduto usando toni e affermazioni ingiuste rispetto alla sua serietà e competenza professionale, e di ciò mi scuso anche pubblicamente».Ma avevamo cominciato con Bertolaso: perché è contro di lui e contro la sanità Lombarda che il Fatto Quotidiano, dopo anni di routine da pagliacci del circo mediatico, si sono riguadagnati la ribalta dell'infamia. Editoriali titolati «Bertoléso», altri dove gli si dà dell'untore o che relegano i resoconti dell'assessore Giulio Gallera a «televendite» per fini elettorali, o profonde analisi della competette Selvaggia Lucarelli in cui si esorta la Lombardia - che ha fatto comunque miracoli e ha probabilmente la migliore sanità pubblica di questo Pianeta - a «chiedere scusa». Non c'è neanche da parlarne. Però ricordo bene un'altra volta in cui Travaglio ad Annozero parlò di Bertolaso e delle sue «cattive frequentazioni»; ricordo che Nicola Porro del Giornale gli fece notare che delle frequentazioni discutibili potevano essere capitate anche a lui, a Travaglio, il quale diede di matto e diede a Porro e Maurizio Belpietro di «liberale dei miei stivali», poi scrisse che «non sono giornalisti», «se non si abbassano a sufficienza vengono redarguiti o scaricati dal padrone», «non hanno alcun obbligo di verità» e «sguazzano nella merda e godono a trascinarvi le persone pulite per dimostrare che tutto è merda». Ora però, con tutto il rispetto, l’unica merda giornalistica che ci viene in mente è il giornalismo del Fatto Quotidiano di questi giorni, che, pur di screditare la sanità lombarda, giunge a pubblicare, per dirne una, i verbali del processo a  Roberto Formigoni: come se noi, adesso, ricordassimo appunto le «frequentazioni» di Travaglio – che sono quelle a cui accennavano Porro e Belpietro – quando il direttore del Fatto andò in vacanza con un tizio poi condannato per favoreggiamento di un mafioso, già prestanome di Provenzano; quando telefonò a un siciliano, uno che faceva la spia per un prestanome di Provenzano, e gli chiese uno sconto sulla villeggiatura in Sicilia; quando la sua famiglia e quella di Pippo Ciuro, poi condannato per aver favorito le cosche, si frequentavano in un residence consigliato da questo Ciuro e si scambiavano generi di conforto; quando il procuratore di Palermo Pietro Grasso, sul Corriere, scrisse che Travaglio  faceva «disinformazione scientificamente organizzata». E questi sono tutti «fatti», come li definirebbe Travaglio, «fatti» a loro modo ineccepibili, non querelabili. Forse andrebbero spiegati, perché la verità sempre più complessa. Beh, è Travaglio a non farlo mai, a non spiegare mai e a scrivere barzellette sui malati a cui dovrebbe banalmente baciare il culo. Travaglio ha scritto che Bertolaso, «più che trovare posti letto, ne ha occupato uno». Poi è passato oltre, per il risolino demente di quei pagliacci e cialtroni che ancora lo leggono. Ha una sola fortuna, il direttore del Fatto: che non c'è un giro un Travaglio che certe infamie gliele ripeta di continuo, in libri e articoli e comparsate televisive. Oddio, potremmo anche farlo noi. Io tempo fa lo feci, poi a un certo punto smisi perché avevo anche interessi, nella vita. Lui, a parte Renato Zero, non sappiamo. E’ questa la differenza: noi non vogliamo farlo, perché, a differenza sua, non facciamo schifo.
Filippo Facci 
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levysoft · 4 years ago
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“Perché la maggior parte di noi fino a un certo punto del­la vita è come se leggesse senza guardare la punteggiatura? Quante volte si sente dire: ‘Il più delle volte il punto e virgola può essere sostituito dal punto, o addirittura dalla virgola’. Non sanno quello che dicono; non sanno quello che si per­dono“.
Lo scriveva nel 2018 Leonardo G. Luccone (autore, traduttore, agente letterario e fondatore dello studio editoriale Oblique) nel suo Questione di virgole. Punteggiare rapido e accorto, edito per Laterza e di cui su ilLibraio.itavevamo pubblicato un estratto.
Maneggiare bene questo segno di punteggiatura, infatti, può sembrare delicato e complesso, specialmente se non ne abbiamo approfondito le potenzialità e se non ci sono chiari i suoi contesti d’uso. E, tuttavia, padroneggiarlo è fondamentale sia che si vada ancora a scuola sia che ci si trovi già nel mondo del lavoro, per redigere con efficacia dei testi espositivi, argomentativi o regolativi e anche, se si scrive di mestiere, per capire come infrangere la regola e sperimentare giocosamente con la lingua italiana.
Per questo motivo proviamo a fare un punto e a capire come e quando si usa il punto e virgola in base a diversi criteri.
Il punto e virgola in sintesi
Partendo da una rapida visione d’insieme, secondo la grammatica il punto e virgola si utilizza per:
collegare gli elementi di un elenco complesso;
collegare proposizioni che contengono altri segni di interpunzione;
collegare idee concettualmente vicine;
evitare ambiguità;
ottenere effetti stilistici particolari.
Vediamo adesso nel dettaglio ciascuno di questi casi, per poi passare ad alcuni consigli finali.
Collegare gli elementi di un elenco complesso
Cominciamo dall’ipotesi più intuitiva: abbiamo una lista di concetti da enumerare, ma separarli l’uno dall’altro con la virgola non è l’ideale, perché non si tratta di singole parole, bensì di sintagmi più articolati.
Pensiamo a una frase del tipo: “Quando la vidi, la riconobbi subito: portava una giacca bianca con i bottoni tutti chiusi, aveva gli occhi stanchi, ma vispi, la sua pettinatura era rimasta quella di sempre, la pelle era abbronzata come se fosse stata in vacanza fino al giorno prima, i pantaloni, forse troppo larghi, le coprivano le caviglie, e la prima cosa a cui pensai era che mi era mancata”.
Se sostituiamo la virgola tra i macroelementi con dei punti e virgola, otteniamo: “Quando la vidi, la riconobbi subito: portava una giacca bianca con i bottoni tutti chiusi; aveva gli occhi stanchi, ma vispi; la sua pettinatura era rimasta quella di sempre; la pelle era abbronzata come se fosse stata in vacanza fino al giorno prima; i pantaloni, forse troppo larghi, le coprivano le caviglie; e la prima cosa a cui pensai è che mi era mancata”.
Così l’effetto è molto diverso, più ordinato e scorrevole, e permette di seguire facilmente il filo del discorso, anche se ci troviamo davanti a un periodo lungo parecchie righe.
Collegare proposizioni che contengono altri segni di interpunzione
Questo caso assomiglia al precedente, con la differenza che stavolta parliamo espressamente di proposizioni da congiungere fra di loro attraverso il punto e virgola.
Vediamolo con un esempio, nel quale immaginiamo di scrivere un report aziendale con la seguente punteggiatura: “Nel corso del trimestre si è osservato un aumento delle vendite, oltre a una più elevata richiesta da parte dei fornitori, i proventi sono aumentati, grazie anche all’arrivo di nuove sovvenzioni richieste durante l’anno precedente, e il bilancio è nettamente positivo”.
Ancora una volta, sostituiamo le virgole fra le proposizioni con dei punti e virgola, così da evitare di usare lo stesso segno di interpunzione con funzioni differenti: “Nel corso del trimestre si è osservato un aumento delle vendite, oltre a una più elevata richiesta da parte dei fornitori; i proventi sono aumentati, grazie anche all’arrivo di nuove sovvenzioni richieste durante l’anno precedente; e il bilancio è nettamente positivo”.
Percepite anche voi quanto la frase in questione ne guadagni in leggibilità?
Collegare idee concettualmente vicine
Cosa fare se invece, in un periodo, non c’è un nesso causa-effetto esprimibile tramite i due punti, né viene in nostro soccorso un connettivo logico esplicito, ma vogliamo riunire due frasi che hanno un significato correlato? Lo avrete già capito: ricorriamo senza indugi al punto e virgola.
Per afferrare meglio questa regola di grammatica, analizziamo una frase estrapolata dall’art. 19 della Costituzione italiana: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”.
Dal momento che si tratta di un insieme di caratteristiche interconnesse, scindere le proposizioni in più periodi non ce ne farebbe individuare i legami sottintesi. Per mantenerle tutte in maniera armonica dentro la stessa frase, la soluzione più pertinente consiste dunque nell’utilizzo dei punti e virgola, che ci spiegano il senso generale, ne separano i singoli elementi e al tempo stesso ci segnalano quanto fra loro siano vicini l’uno all’altro.
Usare il punto e virgola per evitare ambiguità
Se il nostro scopo è trasmettere un messaggio inequivocabile, che non presti il fianco a dubbi o a fraintendimenti, il punto e virgola può essere un nostro prezioso alleato. Come? Aiutandoci a disambiguare i concetti che altrimenti, come già dicevamo, sembrerebbero giustapposti per via di una virgola, collegati male tramite i due punti o fin troppo scollegati se ci serviamo di un punto fermo.
Il 22 agosto 2003, per esempio, sul quotidiano La Repubblica (fonte: Università degli Studi della Campania) si leggeva questa comunicazione: “Lunedì primo settembre, in omaggio con il giornale, il primo volume dell’Enciclopedia; poi con cadenza settimanale ogni lunedì, a partire dall’8 settembre, sarà possibile acquistare i successivi diciannove volumi dell’opera”.
Cosa sarebbe successo se la redazione avesse preferito la virgola, scrivendo “Lunedì primo settembre, in omaggio con il giornale, il primo volume dell’Enciclopedia, poi con cadenza settimanale ogni lunedì, a partire dall’8 settembre, sarà possibile acquistare i successivi diciannove volumi dell’opera”? Al di là di uno strano andamento sintattico, si sarebbe persa di vista la gerarchia temporale e logica delle informazioni.
Ancora peggio con i due punti, che avrebbero lasciato intendere una consequenzialità inesistente: “Lunedì primo settembre, in omaggio con il giornale, il primo volume dell’Enciclopedia: poi con cadenza settimanale ogni lunedì, a partire dall’8 settembre, sarà possibile acquistare i successivi diciannove volumi dell’opera”.
E se si fosse optato per un punto, dando origine a “Lunedì primo settembre, in omaggio con il giornale, il primo volume dell’Enciclopedia. Poi con cadenza settimanale ogni lunedì, a partire dall’8 settembre, sarà possibile acquistare i successivi diciannove volumi dell’opera”? Le notizie sarebbero sembrate erroneamente a sé stanti.
Grazie al punto e virgola, invece, le due idee rimangono sì indipendenti, però allo stesso tempo associabili fra di loro non solo con facilità, ma anche e soprattutto senza equivoci di sorta.
Ottenere effetti stilistici particolari
Veniamo ora all’uso forse più creativo del punto e virgola, cioè a quello che ci permette di usare questo segno di interpunzione per conferire una specifica enfasi a una o più parole, oppure per suggerire delle pause particolari nel nostro enunciato.
Sul sito di Treccani viene citato al riguardo uno stralcio molto calzante, tratto da un articolo di Ilvo Diamanti apparso su La Repubblica: “Tuttavia dispiace, comunque, osservare che la vecchiaia venga trattata come una malattia incurabile; risolta attraverso l’esclusione e la morte. Ma dispiace di più vederla inghiottita dalle logiche dell’infinito presente; piegata al modello “giovanilista” e “consumista”, sublimato dalle logiche mediali”.
Ebbene: “risolta” avrebbe potuto legarsi facilmente a “una malattia incurabile” tramite una virgola, così come “piegata” alla porzione di frase precedente. Questo, però, avrebbe conferito al testo un ritmo diverso, più rapido, che non avrebbe consentito di rimarcare una certa posizione nella mente di chi legge.
Dopotutto, costringere a una pausa tramite la punteggiatura significa invitare i nostri destinatari a soffermarsi in un determinato punto del testo e a soppesare con particolare attenzione i termini scelti da chi scrive.
Consigli finali sul punto e virgola
Dopo quanto detto, speriamo che il punto e virgola non abbia più segreti per voi, anche se è importante tenere a mente un altro paio di nozioni per evitare ogni traccia di confusione.
Innanzitutto, il punto e virgola non va usato al posto della virgola: come abbiamo visto, la virgola serve a creare o a rafforzare i nessi logici, semantici e sintattici, e svolge funzioni diverse e non sovrapponibili a quelle del punto e virgola. Sarebbe scorretto, quindi, scrivere “La pizza mi piace da matti; ma la mangio solo due volte al mese” al posto di “La pizza mi piace da matti, ma la mangio solo due volte al mese”.
Di converso, bisognerebbe anche evitare di usare la virgola al posto del punto e virgola. Se dobbiamo collegare elementi di un elenco complesso, collegare proposizioni che contengono altri segni di interpunzione, collegare idee concettualmente vicine, creare enfasi, evitare ambiguità o sortire specifici effetti stilistici, come abbiamo visto, è pertanto corretto ricorrere al punto e virgola, ma non lo sarebbe limitarsi a una virgola.
Ultimo, ma non per importanza, un consiglio sempreverde: andare alla ricerca di testi che contengono il punto e virgola e leggerne quanti più possibile, così da osservare le scelte di chi con la scrittura ha già una grande familiarità. In questo modo si imparerà a stare alla larga da eccessi e sbavature, usando la punteggiatura con una sempre maggiore cognizione di causa.
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et3rnauta · 5 years ago
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Le due ipotetiche ricostruzioni sulla reale motivazione che ha portato alla caduta del governo giallo-verde:
RICOSTRUZIONE 1 (spacciata dai nemici del popolo italiano): Salvini, che cinicamente ma legittimamente ha bisogno di capitalizzare il 38% di consensi prima di perderli con la legge di bilancio, coglie la scusa del TAV per dichiarare finita l’esperienza con i 5Stelle. Così presenta la mozione di sfiducia contro Conte e chiede elezioni subito. (Ecco, pensate che c’è gente che crede a questa versione qui. A Salvini che sfiducia Conte. Pazzesco).
RICOSTRUZIONE 2 (proposta dal nostro Capitano): i 5Stelle vincono le elezioni politiche del 2018 e, pur potendo da subito fare il governo con il PD (con cui, ci spiega oggi Salvini, erano già in combutta), decidono di prenderla alla larga e di allearsi prima con la Lega. Così, giusto per confondere le acque e spiazzare gli spettatori. Così per un anno interno i 5Stelle (che sono in combutta con PD, Macron e Merkel) insultano e attaccano da mattina a sera Macron (contro il quale incontrarono pure i gilet gialli), Merkel e PD, arrivando perfino a definire quest’ultimo come "il partito che vende i bambini e gli fa l'elettroshock". Ma tutto questo perché sono in combutta.
Sempre nel frattempo i 5Stelle (che sono segretamente in combutta con il PD, contro Salvini) approvano tutte le leggi di Salvini: tutte, dal decreto sicurezza 1 al decreto sicurezza bis, dalla legittima difesa ai porti chiusi, arrivano persino a perdere l’anima e la faccia (e i voti) salvandolo in Parlamento sul caso Diciotti.
A questo punto però che ti combinano sti disgraziati che sono in combutta col PD? Pensate un po’: votano contro il TAV voluto dal PD. Cioè capito? I 5Stelle contro il TAV! Chi l’avrebbe mai detto signora mia. Salutavano sempre.
Salvini, ovviamente sorpreso e stordito come tutti da questa incredibile posizione dei 5Stelle sul TAV che proprio guarda non se l’aspettava nessuno visto che in fondo sono nati come NO-TAV, capisce che con loro proprio non si può governare perché ti piazzano queste mosse a sorpresa che tu proprio devi stare sempre sul chi va là. E soprattutto capisce che questi stanno in combutta col PD.
Infatti il PD vuole il TAV. E siccome i 5Stelle votano contro il TAV significa che loro sono d’accordo col PD. Logico no? Ovvio. Mentre la Lega che vota come vuole il PD sul TAV è chiaramente contro il PD. Cioè chiarissimo, ovvio, lapalissiano. Non fa una piega.
E qui arriva l’atto finale. Salvini, che mica a lui lo freghi, capisce a quel punto (come fai a non capirlo insomma, anche perché i 5Stelle hanno votato la nuova presidente della commissione europea anziché isolare il governo italiano dal resto d'Europa, sti stronzi) che i 5Stelle sono in combutta con il PD, Macron e la Merkel.
Salvini vorrebbe dirlo agli italiani, vorrebbe rivelarlo a tutti, ma un finto Salvini-Robot uguale a lui creato da Macron, Merkel, ONG e zingari dichiara dalla spiaggia la fine del governo, firma la mozione di sfiducia contro Conte e a chiede elezioni subito. E ora che il Salvini-vero dice che è stato tutto un complotto, che lui con i 5Stelle voleva starci, che voleva perfino Di Maio Premier, che hanno stato gli zingari, qualcuno cerca di tappargli la bocca.
Ecco, se credete alla ricostruzione 1 siete chiaramente dei coglioni. Se credete alla 2 ovviamente no. Vai Capitano, scopritore di complotti. Siamo con te.
E. Mola
applausi.
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