#leggère
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Le persone
trovano sempre le parole giuste,
ma spesso sbagliano l’accento.
E vedo che preferiscono
i prìncipi ai princìpi
che si pèrdono sul perdòno,
che vogliono tutto sùbito
senza ricordare cosa hanno subìto
che non gettano mai l’àncora
ma ne vogliono sempre ancòra
che desiderano le loro vite leggère
ma non sanno lèggere negli occhi.
Gio Evan
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Oggi è la giornata mondiale del libro, giornata dedicata alla cosa più bella dopo il bacio. E prima della musica e della pizza.
Il libro, anzi i libri.
Ne sono stati scritti tanti, di ogni genere, che hanno regalato emozioni o creato reazioni diverse in ogni lettore. Perché ogni lettore reagisce e percepisce un libro in maniera diversa.
Per me la lettura è stata, ma lo è ancora, un'ancora di salvezza. Un libro se mi cattura mi svuota la mente dai pensieri brutti, facendomi non pensare per un po' alle cose brutte.
Con l'uso dei social ho scoperto tanti scrittori, tante persone che hanno scritto un libro o più libri. Se mi è possibile li seguo, chiedo loro l'amicizia, così cerco di conoscere la loro personalità da quello che scrivono, prima di leggere un loro libro.
Questo mi aiuta sapete? Si, leggere un racconto o una narrazione avendo visto i loro occhi, conoscendo il loro modo di pensare e, in alcuni casi, avendo udito la loro voce mi avvicina agli scrittori. Oltre che immergermi nella lettura. Conoscere l'autore di un libro mi aiuta a interpretare alcuni spazi tra le parole, che passerebbero inosservati.
Alcuni libri sono luce, altri tenebre. Alcuni si leggono velocemente, altri vorresti non finissero mai. Non vi è mai capitato di sentirvi dentro un libro? Accolti o coinvolti? Io sì.
Ci sono libri in cui speravo in un finale diverso, ma era già tutto scritto. Come nella vita.
Leggere è cibo per la mente, te ne puoi nutrire finché vuoi, il bello è che non fa ingrassare. Anche se alcuni libri sono paragonabili ai fast food tanto nutrono male.
Lèggere: interpretare un sistema di scrittura in modo da decifrare parole e frasi; cambiando la posizione dell'accento diventa leggère: che non danno sensazione di peso o di pesantezza. Sempre le letture, dico.
#libero de mente#pensiero#frase#vita#amore#giornata mondiale del libro#libri#lettura#leggere#bacio#pizza
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Le persone
trovano sempre le parole giuste,
ma spesso sbagliano l’accento.
E vedo che preferiscono
i prìncipi ai princìpi
che si pèrdono sul perdòno,
che vogliono tutto sùbito
senza ricordare cosa hanno subìto
che non gettano mai l’àncora
ma ne vogliono sempre ancòra
che desiderano le loro vite leggère
ma non sanno lèggere negli occhi.
Gio Evan
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Se rinasco
Voglio rinascere
Libro
Un libro piccolo
Che possa entrare
In una borsa piccola
Un libro di poesie
Che si possa aprire così
A caso
Un libro di poesie
Brevi
Che non spaventino
Per complessità
O lunghezza
Un libro da sfogliare
Piano
Ogni pagina
Una carezza
Un libro
Che una volta finito
Possa ricominciare
Piccole poesie
Facili da mandare a memoria
Che facciano compagnia
Nei momenti della vita
In cui si aspetta
Che un semaforo
Diventi verde
Che restino sul cuore
Salde ma leggère
Leggère da leggere
Leggère da ricordare
Leggère da riaffiorare
Come un bisbiglio
Sulle labbra
Improvvisamente
E senza sforzo
Come un’illuminazione
Come un’epifania
Se rinasco
Voglio rinascere
Libro
Se rinasco
Voglio rinascere
Poesia
GiusyGatti@tuttiidirittiriservati
#poesia #poetry #book #reading #readingpoetry #love
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Attenti agli accenti
Nella vita gli accenti sono importanti, quando si parla non ce ne rendiamo conto, ma quando si scrive diventano fondamentali. È proprio per questo che quando comunichiamo scrivendo bisogna fare tantissima attenzione, “lèggere” le foglie del tè o “leggère” le foglie del te? “Amare le prove della vita!” che cosa vuol dire? che le prove della vita sono amare? o che bisogna amare le prove della…
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...le Donne...
...Non importa quale sia la loro taglia, loro sono leggère dentro: alle donne basta uno sguardo o una carezza, per volare.
E se ti guardano negli occhi restando in silenzio è perché hanno tante cose da dirti, ma sanno anche che le parole sarebbero insufficienti, o superflue... dopotutto, loro non hanno la pretesa di essere capite,
vogliono solo essere amate.
(Ossimoro, Nicole).
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Ieri sera si parlava. Si parlava un po’ di tutto: di vaccini, di socialità, di sesso e di amori.
E la mia amica, parlando di affetti aleatori e sessualità saltuaria, componenti a suo dire di una fisiologia necessaria, mi fa: “necessaria perché ritengo che il sesso sia una pratica che possa tenersi scissa dagli AFFETTI. Senza sesso si diventa meno creativi, meno curiosi, meno interessati al mondo, è una specie di cura ricostituente.”
“Ma io sono fatto male: sesso e affetti per me non possono essere scissi. Semplicemente mi viene una chiavica se non c’ho trasporto”
“Ma non dico una cosa gelida, dico non necessariamente una grande passione, a volte poi se si è troppo coinvolti si rischia di attaccarsi troppo, poi rimanere delusi... e a che scopo soffrire? Non ho voglia di roba eccessiva, anche qui abbiamo già dato abbondantemente, voglio cose leggère”
E alla fine mi tocca darle ragione, perché effettivamente abbiamo già dato abbondantemente, abbiamo a volte riso e per lo più sofferto e si arriva ad un’età che vuoi il minimo, il dovuto giornaliero per continuare a vivere senza grandi scossoni, pigliandosi dalla vita quello che viene.
Ma il problema che ad una certa età (che poi detto così sembro mio nonno mentre solo diventato abbastanza grande da guardare, a volte, indietro con un po’ di nostalgia) dicevo ad “una certa” cominci a tirare inevitabilmente le somme e il tuo bilancio ha sempre un saldo negativo. Ti rendi conto che è più quello che hai dato che quel che hai ricevuto ed ora ti dici che forse è il momento di batter cassa, di chiedere conto un po’ alla vita, di pretendere attimi prolungati di felicità, per potersi poi lasciare andare tra le braccia di qualcuno e potersi dire finalmente “ti amo” anche caricandolo con qualche huachaferia di troppo, perché è giusto dirle senza doversi sentire necessariamente ridicolo. Ed anche se il tempo sembra stia volando, cominciare finalmente a fondere sesso e amore, per quel che ci resta da fare e da vivere.
Potrà sembrare rischioso? Eccessivo? Morboso? O è semplicemente voglia di vivere, anche per uno sprazzo di un nano secondo, quello che la vita non ti ha dato o semplicemente quello che tu non sei stato capace di prenderti dalla vita e che era tuo, soltanto tuo? Cosa ho da rischiare considerato che il mio cuore è andato in frantumi più di una volta e certamente non sono stato più in grado di ricomporlo? Nulla. I danni sono già subiti ed irreversibili. Per cui vivere o morire. Ed io ho decisamente ancora voglia di vivere.
Per cui sto qui, aspetto fiducioso, perché son certo che prima o poi il mio bilancio per lo meno andrà in pareggio
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Marzo è un mese timido. Marzo parla a bassa voce. Marzo è fiori senza foglie. Marzo è una gemma, tante gemme. Marzo è una siepe gialla, una nevicata rosa sotto la nuvola d'una chioma di quartiere. Un rosa misto al bianco, tenue. Marzo è tenue e tenero, è un germoglio. Un mese discreto e molto giovane. Marzo è adolescente, ha piccole lentiggini e lenti ampie e pesanti, imperlate da gocce di pioggia leggère. Marzo è una ragazzina, marzo è un bambino. I bambini di marzo sono dolci e fragili, anche se duri. Marzo è un cielo di vetro e ha il tepore verde di un vivaio. È fresco ma non freddo, come una fronte che sta bene, senza febbre. Una fronte da baciare, a cui voler bene, senza schiamazzi, senza proclami.
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Scappa dai luoghi che non ti assomigliano, dalle persone che non ti comprendono, dalle cose che non sono in grado di posarsi leggère sulla tua anima. Scappa senza indugio né afflizione.
Stefano Curreli
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Persona, quando perdi il controllo, ancora e ancora, per favore, qualora tu sia in grado (allenato) per farlo, semina parole leggère. Nessuno si merita strazio e pena (soprattutto, in aggiunta, quelli altrui), ma chiunque li vive. Se hai vissuto/stai vivendo un male, articolato o meno, questo lo sai bene.
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Le persone trovano sempre le parole giuste, ma sbagliano l’accento... E vedo che preferiscono i prìncipi ai princìpi che si pèrdono sul perdòno, che vogliono tutto sùbito senza ricordare cosa hanno subìto che non gettano mai l’àncora ma ne vogliono sempre ancòra che desiderano le loro vite leggère ma non sanno lèggere negli occhi e ho capito che le persone trovano sempre le parole giuste, ma sbagliano l’accento. - Gio Evan
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Opinione: Libia, di Francesca Mannocchi e Gianluca Costantini
Un reportage a fumetti che dà notizia di una Libia diversa da quella dei telegiornali e dei post sui social. È la Libia dei libici, la Libia delle code fuori dalle banche per procurarsi una moneta che non ha più valore. La Libia dei ragazzi che hanno combattuto il regime di Gheddafi e ora lo rimpiangono.
«Un’opera di graphic journalism che dà voce a chi vive una realtà dilaniata dalla guerra, segnata da ricatti e abusi quotidiani» – Robinson
Da circa un decennio la questione libica divide profondamente l'opinione pubblica italiana. Da un lato chi è stato favorevole all'intervento armato nel 2011, dall'altro i contrari. Da un lato – soprattutto – chi pensa che il flusso dei migranti verso le nostre coste vada fermato con ogni mezzo, e che i centri di detenzione "legali" e illegali in Libia siano una soluzione, dall'altro chi ritiene che i migranti imprigionati in Libia abbiano il diritto di fuggire ed essere salvati da trafficanti e sfruttatori. Bianco o nero; pieno o vuoto; tutto o niente. Ma come sempre la realtà è più complessa. Occorre conoscerla. Questo volume dà notizia di una Libia diversa da quella dei telegiornali e dei post sui social. È la Libia dei libici, la Libia delle code fuori dalle banche per procurarsi una moneta che non ha più valore. La Libia dei ragazzi che hanno combattuto il regime di Gheddafi e ora lo rimpiangono perché almeno, "quando c'era lui", si sentivano sicuri; e non mancavano soldi, corrente elettrica, benzina. La Libia delle madri ferme alla finestra in attesa di figli che non torneranno. La Libia degli anziani che hanno attraversato decenni di dittatura e si guardano sempre le spalle. La Libia della gente comune che subisce ogni giorno ricatti dei militari, abusi, rapimenti, e vive perennemente nel terrore.
È davvero difficile mettersi davanti al pc e riuscire a scrivere qualcosa su questa Graphic Novel, anche perché smuove rabbia. Non verso di "loro", ma verso di "noi", in particolare verso chi si prende diritto di parola davanti una delle situazioni più assurde e drammatiche (e complesse) degli ultimi anni, con la faccia tosta di criticare sempre e solo i più deboli. Perché è più facile, ammettiamolo. Informarsi e prendersela con chi ha creato tutto questo, è davvero troppo per queste "persone". Questo insieme di storie si legge in pochissimo, ma lascia dentro dubbi e domande che vanno oltre quelle pagine, già comunque ricche e che riescono ad instillare molte cose diverse ad una semplice e veloce lettura. Chi ne sa qualcosa, si troverà ad approfondire qualche argomento. Chi, non avendo mai avuto tempo e/o voglia di scavare per trovare la verità fra mille testate "giornalistiche", potrà scoprire ancora di più ed iniziare ad avere un occhio più critico, per distinguere realtà da...altro. In linea molto generale, sappiamo dove si trova la Libia. Cosa succede lì. Banalmente, tutti noi italiani, sappiamo che è legata ai clandestini. Ai barconi che affrontano il mare. Gente disperata che rischia la vita per una speranza, un sogno. C'è chi li definisce così, come (ahimè) ci sono molti che indirizzano solo odio verso queste persone che hanno avuto la sfortuna di esser nati lì. Perché è sfortuna, nessuno può scegliere. Se ne parla spesso e di nuovo aggiungo un enorme purtroppo, poiché c'è tantissima disinformazione intorno alla vicenda mentre viene raccontata. Si strumentalizzano le persone, indirizzando un enorme odio senza motivo che parte dalla politica più becera che sfrutta ignoranza e che scende fino al cittadino (analfabeta) comune. Si, analfabeta, perché (per mia esperienza) crede ad ogni bufala e prova un risentimento assurdo, senza però aver mai riflettuto sul perché odia "loro" e non altri. Anche se non gli cambia molto. L'importante è odiare. Chi, non importa. Non migliora la loro vita, ma non comprendono. Sto divagando, scusate... Si divide in sei racconti. Parte dal massacro di Abu Salim (1996). Nasce tutto da una rivolta carceraria, dove i prigionieri chiedevano il cambiamento della situazione disumana in cui erano costretti a vivere. Ci fu un breve negoziato, che però non andò a buon fine. Seppur i carcerati tornarono nelle loro celle volontariamente, vennero poi mandati in un cortile ed ammazzati a colpi d'arma da fuoco. 1270 morti. Solo molto più tardi si scoprì tutto. (Mai pretese indagini. Mai avuta giustizia). Ci parla di questo uno dei sopravvissuti, rinchiuso per più di vent'anni, solo per aver avuto una fede diversa. Attraverso i suoi occhi vediamo la vergogna, la voglia di dimenticare, quasi di lasciarsi sopraffare purché con ciò possa esser lasciato in pace. La rassegnazione (e distruzione) di un uomo. Come tanti altri. Si passa ad accennare alle migrazioni, finendo in un centro di detenzione. Era il 2014 ed erano "ospitate" 1200 persone a Zwiya, dove Francesca riesce ad entrare e ce ne parla. Condizioni disumane, sovraffollamento, niente cibo né aria,...e tanta puzza. La giornalista fa una riflessione estremamente potente partendo da questo dettaglio:
Ma come si fa?
In un gesto a dire loro: Tu puzzi.
Perché le consigliano di mettere una mascherina per coprire l'odore, ma lei ne è inorridita. Gente che scappa dalla fame, dalla guerra, dal terrorismo,...arrestata senza motivo e rinchiusa in un posto del genere, senza dignità ne rispetto. Una mascherina sarebbe l'ennesimo affronto. E ci introduce ad uno dei problemi centrali della Libia: le forze armate. Che torneranno più avanti. Si passa a parlare del traffico di esseri umani. Di come la Guardia Costiera di Garabulli (sessanta chilometri ad est di Tripoli), dove moltissimi barconi partono, non ha nessun mezzo né per fermare, né per aiutare chi parte. Vediamo la drammaticità di uno Stato a cui non importa. Vediamo le forze armate che minacciano chi tenta di fermare e/o soccorrere, perché il traffico di esseri umani porta loro soldi. Scopriamo un pezzetto in più riguardo la rete che mette insieme la gente, organizza i viaggi, e manda in mare i disperati. Una catena difficile da spezzare. Si parla della figura dello scafista. Che non esiste. Chi organizza questi viaggi sa benissimo cosa rischia e non mette la sua vita in pericolo. "Addestra" una delle persone che salirà a bordo e stop. Gente che non si sente colpevole, perché è così che ha scelto di vivere. Attribuendo colpa ai nostri governi che non guardano, perché non fa comodo. Un indifferenza generale che fa rabbrividire. Ci viene presentata Wered, una ragazzina di sedici anni, eritrea, poverissima, a cui la famiglia da i soldi per andarsene, per lasciare l'Africa e poterli aiutare economicamente. E lei parte. Affronta il deserto, sofferenze atroci, un viaggio terribile. E finisce nelle mani dell'ISIS. Violenza e soprusi. Liberata dai libici, torna in carcere. Vuole uscire, ma non ha dove andare. L'unica via sarà il mare, sperando di non morire. Viene mostrata parzialmente la condizione delle donne, prigioniere di guerra e strumenti di sfogo per i carcerieri. Di come lo stupro stia tornando come metodo punitivo verso avversarie e/o prigioniere (già affrontato in alcuni articoli quando si parla delle donne Curde che combattono l'ISIS). Si parla di soldi. Di come uno Stato ricchissimo, abbia in realtà pochissimo denaro per i cittadini. Spesso minacciati dalle milizie, che "chiedono" una parte dei soldi per poter velocizzare i prelievi alle banche. Qui viene affrontato e spiegato, almeno in parte, questo problema che è un po' il fulcro di tutto. Senza un Governo forte abbastanza da distruggere le milizie, hanno preso il controllo e nessuno vuole fermarle. E fra i cittadini non c'è voglia di ribellarsi, visto che dall'ultima volta che lo hanno fatto la situazione è precipitata e si chiedono se possa ancora andare peggio. Un tema delicato e davvero complicato, che non ho proprio la facoltà di saper riassumere. E per ultimo si torna a riaffrontare la vergogna di chi ormai ha abbassato la testa. La rassegnazione che ha avvolto molti fra quelli che si erano ribellati e che non sono riusciti a trasmettere questa voglia di libertà ai figli. Per paura e rassegnazione, un misto che non può che far riflettere chi legge:
se fossimo noi al loro posto?
Ed in un certo senso, "lo siamo". Sicuramente non abbiamo milizie armate fuori dalle porte, ma abbiamo già gente che inneggia alla violenza quotidianamente su troppi fronti per citarli brevemente, che la usa come metodo per affrontare i problemi, che distrugge il "nemico" quando questo vuole solo giustizia. Che pretende di avere ragione e alza il pugno per ottenerla, spesso solo in casa o verso i deboli, e/o fa gruppo ed assalisce in massa l'avversario, perché la frustrazione viene da chi poi non sa affrontare nessuno nella vita comune in modo civile e maturo. Qualunque siano le sue idee. Siamo anche noi parte del problema. Siamo stati zitti troppo a lungo. Siamo anestetizzati alla violenza. Siamo stati "educati" a guardare chi sono vittima e carnefice, prima di emettere opinione. Siamo circondati da bestie che esultano quando muore della gente innocente. Siamo in un paese di incivili ed ignoranti, che continuano ad aumentare e credere che il numero sia indice di aver l'idea giusta. Sarà banale, ma possiamo nel nostro piccolo cambiare le cose anche solamente informandoci e diffondendo le notizie corrette. Questo è un piccolo volume, ma può fare tanto. Semplice, ben creato e con idee interessanti da analizzare, permette di capire almeno "qualcosa" per iniziare a spiegarlo a chi vorrà ascoltare. O per tentare di spiegarlo a chi crede di aver l'unica verità in tasca, ma (ahimè) ennesimi articoli "clickbait". Se vi incuriosisce, compratelo! Se vi va, fatemi sapere se lo avete letto o pensate di farlo. Se conoscete altre letture per approfondire il tema (leggère, non riesco proprio a star dietro a saggi; più forte di me e me ne vergogno). O semplicemente se vi va di parlarne... Scrivetemi pure. from Blogger https://ift.tt/2u3eRCA via IFTTT
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“Ma la legge è una dama cieca davanti alla logica del tempo storico”. #lawandliterature #manuelvazquez #manuelvazquezmontalban #damacieca #legge #bookstagram #books #bookscover #leggere #leggère #pepecarvalho #libriamoci #libri #booksnotselfies (presso Tribunale di Palermo)
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Friday 10:00 lessons 13:00 work 15:00 work again, but with talks. 19:00 aperitivo, spumantino, piccolo brindisi. Evviva evviva 21:00 cena, razioni sopravvivenza: patatine e birra. 22:30 chiacchiere personali leggère, si pensa di ballare 24:00 …ancora chiacchiere leggere, ma con bordeuax, e molta più gente. Salta la serata ballo. 1:35 saluti, ci si vede alla festa-compleanno domani? ok. 1.40 Altri arrivi… ritorna l'idea di ballare (vieni?) 1:50 all'Alcatraz al volo.. 4:10 afterhour 4:30 confidenze notturne, sdraiati. Focacce. 6:30 am - rientro. 6:45 am - I semafori sono di nuovo accesi. La radio suona i R.E.M. La felicità capricciosa muove l'aria, spinge via la notte, e guida le mie mani sul volante… 7.05 …letto, morfeo e sogni.
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Amo le mani, le loro nervature, i segni duri, amo guardarle mentre si destreggiano a costruire, con forza, a memoria, per poi farsi leggère, a raccontare un'altra storia
_ ScillaMé ©8112017739
ebook di RossellaRò
#Pensieri & Parole Di Un Cambiamento#SensualMente#ScriviColCuore#RossellaRò#ScillaMé#SkinOfMySoul blog
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Lui e lei ridono
Umidi baciano
Parole lievi
Leggère le piume
Se lui e lei fragili
Indecisioni
Al solito posto
La solita ora
Se lei e lui sabato
Dopo la scuola
Lo fanno sul serio
La colomba vola
Domani è lontano
Domani è lontano
Se mi ami ora
Se lui e lei ridono
Umidi baciano
Parole lievi
Leggère le piume
Se lei e lui timidi
Umidi scrivono
Platani
Con incisione di cuori
Sinceri se dicono
'ti voglio bene'
Il parco sorride
La stagione viene
Se lei e lui nuvole
Di desideri
Si toccano puri
Il prato respira
Domani è lontano
Domani è lontano
Se mi ami ora
Domani è lontano
Se mi ami ora
Penso che
Ho di nuovo i brividi
E mi lascio prendere
Da domande inutili
Da poeti poveri
Sui miei rami umidi
Sulle foglie ultime
A che cosa pensano
Questi umani fragili
A che cosa servono
I miei rami stupidi
A che cosa servono
Se mi lascio prendere
Da pensieri inutili
Posso solo esistere In eterno vivere
Senza avere gli attimi
Degli amanti giovani
Degli amori giovani
A che cosa pensano
Questi umani fragili
A che cosa servono
I miei rami stupidi
A che cosa servono Se mi lascio prendere
Da pensieri inutili
A che cosa?
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