#le ferite originali
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rei-the-head-shaker · 7 months ago
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[28.03.2024]
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susieporta · 11 days ago
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La Giustizia
"L'atto di Coraggio: la nuova Medianità".
La Guarigione è alle porte.
E mentre il Sistema si prodiga ancora più intensamente per produrre e proiettare nei Cieli illusioni e paure, mentre il popolo immaturo persevera nel delega del potere personale e nell'inseguire "fantasmi volanti", l"inconsapevole presenza" si muove indisturbata tra le nostre sinapsi, ponendo in sicurezza l'eredità del nuovo processo evolutivo.
Nulla è più pericoloso che sfidare la Giustizia Divina e la Coscienza dell'Universo. Questa "setta di potere" ha le ore contate. Un grande scandalo si aprirà intorno a questa follia collettiva.
Ma mentre attendiamo il baratro a cui può giungere la razza umana per la sete di potere e per rivendicare il dolore subito, possiamo nel frattempo proseguire celermente con i processi di chiusura delle Antiche Memorie.
Questa Vibrazione così impattante ed esplosiva, facilita le "espulsioni" e le "riconciliazioni".
Impatta con il sistema nervoso, iperattiva i gangli neuronali, accelera l'installazione dei programmi di auto-guarigione, rinnova le cellule. Produce "nuovi input e output" di comunicazione tra il Sentito del Cristallino e la parte percettiva e conscia del nostro Corpo fisico.
Ci si potrebbe sentire particolarmente sotto pressione, ipervigili e irrequieti. A tratti sopraffatti dalla rabbia, dal nervosismo, dall'irritabilità. La tensione dolorosa del Corpo potrà, per alcuni, essere vissuta come ingestibile, risvegliare sofferenti ricordi e vetuste ferite.
Per altri, invece, questa ri-attivazione dei Codici Cristallini, potrebbe aumentare a dismisura la Sensitività, riportandola all'Antico Splendore.
Con Gennaio si apre infatti, per la Medianità Antica, una nuova Era, un ripristino delle Funzioni Originali di comunicazione e di manifestazione.
In Passato, un simile avvenimento avrebbe scioccato il nostro impianto interiore a livello umano e ne avrebbe scompensato l'aspetto psichico. Non eravamo pronti ad un tale potere di trasformazione alchemica.
E per molti, ancora oggi, è impensabile e ancora prematura anche solo l'installazione del "programma base".
L'assetto psichico nella nuova Medianità è importante. Non è più tempo di "sfondare" la porta dell'umana emozionalità, per ottenere l'Evoluzione dello Spirito. E' invece tempo di piena Armonia e Collaborazione tra Dono ed Esperienza, tra Spirito e Materia.
Più che mai ora è fondamentale il Discernimento.
I prossimi passi potrebbero accompagnarci ad una Rivoluzione senza precedenti.
Nonostante la "tensione Energetica" percepita sia oramai alle stelle, insieme anche all'assestamento fisico e psichico, nonostante tutto ci sembri accelerato e ingestibile, in fondo in fondo sentiamo che tutto questo è preparatorio all'ingresso ala Nuovo Varco.
Un Varco che ci trasformerà fino al midollo. Intenso, avvolgente, illuminante.
Scardinerà tutto. Tutto ciò che avevamo tentato di nascondere, di mettere al sicuro sotto al tappeto, di porre in salvo dall'ondata di novità che sta per pervaderci.
Molti temono questo attimo.
Hanno paura di "perdere".
E' una prospettiva di "Morte" quella che molte persone proiettano ancora nella loro Vita.
Molti Esseri umani sono maggiormente impegnati e concentrati nel trattenere il Dolore, anziché nel rilasciarlo. Sono più al sicuro nella "mancanza" che nell'"abbondanza", si sentono più a loro agio nel "poco" che nel "molto".
Si rifugiano nella sottomissione e nella schiavitù per non assumersi la responsabilità di "scegliere" la Libertà. E con essa tutto ciò che di riflesso accade poi a cascata nella loro Vita.
La Dipendenza e l'Attaccamento sono duri a morire.
E' stato fatto credere all'Individuo che, anche nella fase di adultità, necessita di cure e di protezione, di guide e di ordini, di latte e pannolini. Ed esso, a conti fatti, non ha mai lasciato a livello emotivo la "casa dei Genitori", sentendosi energeticamente "di loro proprietà".
L'Adulto cresce, si separa dal Padre e dalla Madre, sperimenta, cade, si rialza, corre libero per i prati della Vita, cambia direzione ogni qual volta sente di aver concluso l'esperienza.
Non ha una catena intorno al collo. Non è una pecora in un recinto.
L'Adulto può sbagliare, può assumersi le sue responsabilità, può comunicare, può discutere, può disobbedire all'ordine precostituito, può manifestare dissenso, può collaborare, può costruire ponti o dighe.
Può amare chi vuole. Quanto vuole. Come vuole.
Può separarsi. E ricongiungersi a se stesso.
Per rinascere. Per vivere. Per respirare.
No. Non ci sono scuse.
Si può essere Adulti.
E' necessario però assumerlo come "atto di volontà interiore".
"Vado in ansia se penso di separarmi da lui/lei, dalla casa dove vivo, dal mio compagno/a, dal ruolo di madre/padre perfetto, dal lavoro che faccio, dalla mia famiglia". "Mi fa troppo male". "Mi odierebbero tutti". "Non riesco". "Soffrirebbero tutti per colpa mia". "Tu non puoi capire". "Nessuno mi può capire".
Nessuno potrà mai capire. E' vero. Solo tu.
E' per questo che "tocca a te" prendere in carico il tuo bambino dolorante e sofferente e compiere la scelta allineata al tuo Sentito. Solo a te. A nessun altro.
Buon viaggio. A tutti. Ognuno con quello che si concede o meno. Con il proprio bagaglio di "se" e di "ma", e con i suoi "però".
Nessuno è migliore, o peggiore.
Ma questi sono "Tempi forti". E necessitano di "scelte forti", autentiche, presenti, e allineate alla Nuova Frequenza interiore.
Ci vuole Cuore e Spada.
Ci vuole Amore. Per se stessi.
E poi per l'Altro. Per la sua dignità. E per la nostra.
Ora più che mai.
Mirtilla Esmeralda
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micro961 · 3 months ago
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I fratelli Bulgarelli - Il nuovo cortometraggio “Quello che non ti ho detto”
Una visione intima sul tema del rimpianto e della comunicazione
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La prima nazionale del cortometraggio “Quello che non ti ho detto” dei fratelli e registi Flavio e Massimo Bulgarelli viene proiettata il 7 ottobre 2024 alla 21esima edizione del Sedicicorto Festival di Forlì. “Quello che non ti ho detto” è stato prodotto da E Elle Produzioni, una società di produzione audiovisiva specializzata nell'offrire servizi di alta qualità. Grazie ad una consolidata esperienza nel settore, il team di professionisti crea prodotti originali in grado di catturare l'attenzione del pubblico e suscitare emozioni ma soprattutto capaci di veicolare in modo efficace contenuti di qualunque tipo. Preziosa la collaborazione con Duende Film che pianta le sue radici nel panorama cinematografico indipendente, dove ha consolidato collaborazioni con registi, attori e sceneggiatori di talento, arricchendo costantemente il patrimonio creativo. Ogni progetto che porta avanti è il risultato di una combinazione unica di esperienza, innovazione e dedizione che porta ad elaborare la creatività su ogni progetto. L’intero progetto è distribuito da Associak, casa di distribuzione cinematografica indipendente nata nel 2012 ed impegnata nella diffusione artistica e commerciale di lungometraggi, documentari e cortometraggi nei principali festival nazionali. Associak vuole essere un punto di riferimento per opere di elevata qualità estetica ed artistica in grado di unire il puro intrattenimento con l’originalità e l’innovazione narrativa. Il protagonista del cortometraggio è Giorgio, un anziano signore che vive solo: degli strani rumori nel suo appartamento rivelano Anna, una giovane ragazza che si muove nel cuore della notte, la più importante della sua vita. L’uomo è tormentato dai rimpianti e questa donna rappresenta l’amore perduto, che riapre le vecchie ferite e rivela le verità nascoste. Giorgio affronta nuovamente il suo passato, fra lacrime e confessioni, accettando il rimorso delle occasioni mancate. "Quello che non ti ho detto" è una disamina sul tema del rimpianto e dell’incapacità comunicativa in una coppia: la generazione di Giorgio, infatti, non ha ricevuto un’educazione affettivo-relazionale e le conseguenze di questa mancanza risultano, purtroppo, evidenti. Con uno sguardo sensibile, il cortometraggio guida attraverso i labirinti del passato, illuminando le sfumature della bellezza e della tragedia che risiedono nei ricordi del grande amore. Attraverso sequenze incantevoli e dialoghi evocativi, “Quello che non ti ho detto” trasporta il pubblico in un universo emotivo intenso e suggestivo, dove ogni gesto e ogni sguardo raccontano una vita, fatta di sogni, di perdita e poi anche di speranza. Un incontro magico, che mescola la dolcezza dell'amore giovanile con il peso della morte, creando un'atmosfera di malinconia e serenità allo stesso tempo. L’opera parla di un tema universale, in grado di arrivare alla maggior parte degli spettatori. La sua forza risiede proprio nella sua capacità di toccare corde emotive comuni a tutti, indipendentemente da background, esperienze personali o provenienza culturale.
Storia dei registi
Flavio Bulgarelli nasce a Roma il 7 settembre 1984. Si laurea in psicologia nel 2011, nel frattempo si avvicina al mondo del cinema creando uno studio horror indipendente che realizza più di dieci cortometraggi destinati al web e virali in alcuni paesi del mondo con più di 1 milione di visualizzazioni. La sua specialità è la sceneggiatura, che ha studiato negli anni con vari professionisti.
Massimo Bulgarelli nasce a Roma il 4 giugno 1996. Diplomato presso l’Istituto per cinematografia e televisione “Roberto Rossellini” come montatore, si dedica in seguito alla direzione fotografia e all’editing. Al momento lavora come assistente alla regia e come videomaker.
Cresciuti con le stesse influenze cinematografiche di commedia all’italiana e cinema internazionale, Flavio e Massimo trovano un punto di forza proprio nei 12 anni di differenza che li rendono capaci di “parlare” sia ad un pubblico adulto che ad un pubblico più giovane. Doppio Gioco, è stato il loro primo cortometraggio, una commedia all’Italiana 2.0 sul tema della ludopatia. Singolarmente, ma sempre facendo appoggio l’uno sull’altro, hanno scritto e diretto altri cortometraggi di fantascienza come Senza Parole o Lo Spazio sulla Terra.
Instagram: https://www.instagram.com/fratellibulgarelli/ 
Duende Film
https://www.instagram.com/duende_film
E ELLE Produzioni
https://www.instagram.com/eelleproduzioni
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liberolibro · 4 months ago
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lamilanomagazine · 6 months ago
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Bologna, Attorno al Museo la rassegna dedicata al 44° anniversario della Strage di Ustica
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Bologna, Attorno al Museo la rassegna dedicata al 44° anniversario della Strage di Ustica Il 27 giugno 2024 ricorre il quarantaquattresimo anniversario della Strage di Ustica, che causò la morte di 81 persone in viaggio tra Bologna e Palermo su un DC9 della compagnia Itavia, in una sera di inizio estate del 1980, di guerra aerea, come ricordato dal Giudice Rosario Priore nella sua sentenza ordinanza del 1999. Manca ancora un pezzo è il tema scelto per la XV edizione di Attorno al Museo, la rassegna organizzata dall'Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica al Parco della Zucca, dove sorge il Museo per la Memoria di Ustica del Settore Musei Civici di Bologna con l'installazione permanente di Christian Boltanski attorno al relitto del DC-9 e in dialogo con esso, e, accanto, il "Muretto di Andrea", dedicato alla memoria del giornalista Andrea Purgatori, scomparso lo scorso anno, che alla strage di Ustica dedicò gran parte della sua vita. Dal 27 giugno al 10 agosto arte, teatro, musica, poesia, danza si confrontano ancora una volta con la strage, che nel corso di questi 44 anni ha continuato a sollecitare la necessità della riflessione e rielaborazione artistica e culturale, forse più di qualsiasi altro evento nella storia del nostro Paese. Un anniversario che si arricchisce quest'anno di due importanti notizie: da un lato la costituzione, da parte della Regione Emilia-Romagna, Il Comune di Bologna e l'Associazione dei Parenti, di una Fondazione per la gestione e la promozione del Museo per la Memoria di Ustica; dall'altro la decisione della Giunta Comunale di Mantova, città natale della Presidente dell'Associazione Daria Bonfietti, di intitolare alle vittime della strage di Ustica un giardino nella zona di Valletta Paiolo, quartiere dove risiedevano due delle cinque vittime mantovane. Tanti sono i protagonisti e le protagoniste del mondo della cultura, dell'arte e dello spettacolo che hanno voluto essere presenti anche quest'anno alla rassegna con produzioni originali che, a partire dalla strage, arrivano a riflettere sul presente. Giovedì 27 giugno alle 11.30 a Palazzo d'Accursio il sindaco Matteo Lepore incontrerà i parenti delle vittime. Saranno presenti il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e la presidente dell'Associazione Parenti delle Vittime della strage di Ustica Daria Bonfietti. L'incontro sarà trasmesso anche in streaming sul canale YouTube del Comune di Bologna. L'apertura della rassegna serale Attorno al Museo al Parco della Zucca è affidata nella stessa giornata alle 21.15 allo spettacolo Sempre, ovunque con te mi troverai di Concita De Gregorio, in cui parole e musica si intrecciano partendo dalla cronaca per arrivare alla poesia, "l'unica capace di raccontare la verità che abita l'animo". Sul palco le canzoni e la voce di Erica Mou diventano la musica che guarisce le ferite della memoria. Viaggio notturno per mare è il titolo della videoinstallazione di Jacopo Rinaldi a cura di Laura Brambilla costruita sulle immagini del relitto del DC-9 Itavia sul fondale marino girate nell'ambito della missione "Opera – Operazione di Recupero Aeromobile", che a partire dal 27 aprile 1987 diede avvio al recupero dei resti del velivolo consentendo al Giudice Rosario Priore di scrivere la verità sulle cause del disastro aereo. Il video sarà proiettato in alcuni luoghi della città, tra cui il MAMbo, Bologna Welcome e le sedi Tper di via di Saliceto e via Lame, a partire dalle 20 del 27 giugno e per tutta la notte, e al termine dello spettacolo all'interno del Parco della Zucca. L'opera di Rinaldi consente di immergersi nell'abisso marino riportando a galla la drammaticità dell'evento nello spazio pubblico della città. Il progetto è realizzato in collaborazione con MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna. La rassegna continua giovedì 4 luglio alle 21.15 con Stefano Massini per Ustica, in cui l'autore restituisce un affresco della storia italiana degli anni Ottanta in parole e racconti che nel suo stile caratteristico e travolgente 'toccano il cuore e la mente' per non dimenticare, fare memoria e ricordare la necessità di fare chiarezza sulle tante vicende ancora oscure della storia italiana. Giovedì 11 luglio è la volta del concerto, in collaborazione con il Conservatorio G.B. Martini di Bologna, dei Pulse Percussion Duo, al secolo Mattia Grassi e Pierfrancesco Semeraro, viaggio sonoro fatto di energia esplosiva, che porta le percussioni a esplorare un ampio repertorio musicale, dalla musica classica a quella popolare e contemporanea. 3D Soundscape - La Battaglia per Ustica è il titolo dell'opera sonora ideata da Oderso Rubini e composta da Carlo Cialdo Capelli, musicista e compositore, in occasione del terzo anniversario della morte di Christian Boltanski, che sarà presentata domenica 14 luglio alle 19: una partitura polifonica realizzata a partire dalle voci degli 81 altoparlanti – uno per ogni vittima – che compongono l'installazione dell'artista francese, che si allarga fino a creare un viaggio immersivo, rievocando le profondità marine e restituendo da un lato il senso della fragilità umana, dall'altro un messaggio di speranza, determinazione e coraggio. Una toccante e significativa esperienza d'ascolto che offrirà al pubblico fino al 10 agosto un modo diverso di vivere l'installazione permanente del Museo per la Memoria di Ustica (da venerdì a domenica alle 17.30 e nelle serate di rassegna alle 21 e al termine degli spettacoli). Alla memoria di Andrea Purgatori, che ha dedicato gran parte della sua vita di giornalista di inchiesta alla strage di Ustica, è dedicato venerdì 19 luglio, nel primo anniversario della sua scomparsa, il concerto di Francesco Cafiso e Alessandro Lanzoni, entrambi enfants prodiges della musica jazz e oggi tra i più affermati musicisti in ambito nazionale e internazionale, in una serata in collaborazione con il Bologna Jazz Festival. La danza d'autore di Virgilio Sieni sarà protagonista nello spettacolo Esistenze, in prima assoluta mercoledì 24 luglio: un mosaico di sette brevi danze dedicate e intervallate, misurate e sospese dalle parole che alcuni visitatori hanno lasciato nel guestbook del Museo, passando davanti al relitto, contribuendo a tracciare un punto di vista che si muove sempre verso noi. A David Riondino il compito di chiudere la rassegna sabato 10 agosto con La Notte di San Lorenzo: il poliedrico artista fiorentino reciterà testi poetici e narrativi legati al tema del volo, uno dei temi maggiormente presenti nella letteratura di tutti i tempi, da Luciano di Samosata a Giovanni Pascoli. Accanto a lui Monica Demuru, le cui canzoni si intrecceranno alle letture sospese tra nostalgia e speranza, tra malinconia e vitalità. Gli spazi esterni del Museo per la Memoria di Ustica si arricchiscono, durante le giornate della rassegna, dei disegni realizzati nel corso dell'anno dagli studenti e dalle studentesse di alcuni istituti scolastici romagnoli, frutto delle visite al Museo e degli incontri con l'Associazione dei Parenti, che raccontano il punto di vista dei ragazzi e delle ragazze rispetto all'esperienza del Museo e al racconto della strage. In una sorta di museo a cielo aperto, i disegni andranno a completare le installazioni già presenti sui muri esterni, accanto alle celeberrime vignette del settimanale satirico Cuore. Anche quest'anno si rinnova la collaborazione con il MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna, dove il 21 giugno nella Sala delle Ciminiere apre al pubblico (fino al 29 settembre) P E R S O N O M A L I A, mostra personale di Robert Kuśmirowski a cura di Lorenzo Balbi e Marinella Paderni con l'assistenza curatoriale di Sabrina Samorì: volontà dell'installazione dell'artista polacco, noto per il suo approccio alla creazione di ambienti immersivi che combinano elementi visivi, sonori e sensoriali, è quella di richiamare soprattutto i più giovani ad approfondire il loro legame con una vicenda che non li ha direttamente coinvolti ma che ha segnato la storia del Paese, affidando al linguaggio del contemporaneo una riflessione sulla memoria collettiva in un particolare momento di ripiegamento della storia su se stessa. Per tutte le serate della rassegna le Cucine Popolari di Bologna in collaborazione con il Centro Sociale Antonio Montanari prepareranno i "Piatti della solidarietà", nell'ambito del progetto La memoria in tavola. In collaborazione con Tper, il bus "vestito" con l'immagine coordinata della rassegna Attorno al Museo circolerà per le strade di Bologna a partire dal 27 giugno. Come di consueto, in corrispondenza delle date di tutti gli eventi in programma il Museo per la Memoria di Ustica propone aperture straordinarie con i seguenti orari: giovedì 27 giugno dalle 11 alle 14 e dalle 19 alle 24; 4, 11, 14, 19, 24 luglio e 10 agosto dalle 20 alle 23. In queste serate, ad eccezione del 27 giugno, il Dipartimento educativo MAMbo propone una visita guidata gratuita al Museo alle 20: la prenotazione è obbligatoria scrivendo alla mail [email protected] entro le 13 del giorno precedente. Negli altri giorni restano invariati gli orari di apertura estivi del Museo, validi dal 28 giugno al 29 settembre: venerdì, sabato e domenica dalle 17 alle 20. La rassegna fa parte di Bologna Estate 2024, il cartellone di attività promosso e coordinato dal Comune e dalla Città metropolitana di Bologna – Territorio Turistico Bologna-Modena. Il programma completo è disponibile sul sito www.attornoalmuseo.it Attorno al Museo è realizzata con il sostegno della Regione Emilia-Romagna; Assemblea legislativa Regione EmiliaRomagna; Settore Musei Civici di Bologna | Museo per la Memoria di Ustica; Città metropolitana di Bologna; Comune di Bologna; Bologna Unesco City of Music. Con il patrocinio di: Rai Media partner: Rai Radio 3. Si ringraziano: TPER; Legacoop Bologna; Gruppo Hera; Coop Alleanza 3.0; Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Progetti realizzati in collaborazione con: Cronopios; Officina Immagine; Bologna Jazz Festival; Conservatorio G.B. Martini; Centro Sociale Antonio Montanari; Cucine Popolari Bologna. Per informazioni: www.attornoalmuseo.it www.associazioneparentiustica.it www.museibologna.it/ustica... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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cursedsappho · 5 years ago
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bubbl3gumbitch · 5 years ago
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Come sempre quando c’era da parlare, Dafne finì col tacere.
Eleonora C. Caruso
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rainbowsparroww · 6 years ago
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"Julian sembrava uno che non voleva lasciare in disordine, prima di andarsene. Era sempre stato così. Il suo ragazzo riservato, che preferiva la compagnia degli adulti e non s'intrometteva mai nei loro discorsi, anche se ne registrava ogni parola. Il bambino intelligente, docile, maturo fino al masochismo. L'unico che poteva capirlo."
_Pietro (Le ferite originali
08012019
Di questo romanzo ho amato praticamente tutti i personaggi, il protagonista fra tutti per la sua straordinaria caratterizzazione, ma quello con il quale ho sviluppato la connessione più profonda è Julian. È quello che per certi versi mi rispecchia di più, quello più vicino a me e non solo per età, anche per gusti e carattere! Forse è un po' di quel magico legame, che unisce i secondogeniti ombra, alle prese con fratelli maggiori ( o nel mio caso sorella maggiore ) straordinari! Ad ogni modo, non posso fare a meno di volergli bene, perché, per me, è un po' come vedersi allo specchio, mentre leggo alcuni passi del romanzo che lo riguardano!
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fedtothenight · 6 years ago
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rei-the-head-shaker · 5 months ago
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22.04.2024
🥹❤️❤️
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punti-disutura · 4 years ago
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~ Feb 28, 2020: “Non ho le parole, per una volta non so cosa dire, se non essere qui, dirti rimani, dirti che ti voglio bene così come sei” “Perché a te ci tengo. Ecco, se rimani è meglio.”
~ Feb 29, 2020: “Grazie a te di quanto mi hai dato e mi stai dando. Per come possiamo parlare di tutto. Per come c’è trasparenza e rispetto” “Domani farò una foto per te. Quindi aspettami”
~ Mar 1, 2020: “Oggi è l’anniversario della prima volta che ci siamo scritti. Non era il 1 marzo ma era la domenica di carnevale, e io ero in montagna, e c’era un tempo coperto” “Oggi ho cambiato montagna ma il tempo è uguale e tu ancora sei nei pensieri e emozioni” “La foto è semplice, ma parla di te” “Volevo fotografarti una “clavicola di neve” come la prima volta” “Ma poi ho pensato a questo albero, che sembra secco, ma si spinge verso l’alto, e che secco non è” “Non volevo darti della “secca” :)” “Ma un po’ sì” “;)” “Tu come stai oggi?” “E adesso ti do un appuntamento per domani”
~ Mar 2, 2020: “Oggi vorrei regalarti questa poesia di un libro di una mia amica” “Ci ho visto dentro te” «Era tutto bianco e lento./ Io guardavo e guardavo./ È stato un momento,/ ma ho sentito davvero/ nevicare anche dentro.» “O forse ho visto te, in me”
~ Mar 3, 2020: “ciao”
~ Mar 4, 2020: “sono preoccupato, come stai?”
~ Mar 5, 2020: “oddio che bello sentirti” “(ti regalerò il libro allora)” “Cerco di fartene uno al giorno così lo aspetti e tieni duro”
~ Mar 6, 2020: «Ido no kurasa ni/ waga kao o miidasu (Ozaki Hōsai) Nel buio di un pozzo/ ravviso il mio volto» “Questo è da un libro di haiku” “(...) E se mi aspetti domani un altro regalo”
~ Mar 7, 2020: “Oggi invece andiamo nella pittura” [Lucas Cranach the Elder, Venus, 1532] “Di questo quadro mi piace il velo che non vela”
~ Mar 8, 2020: “Ti tengo per mano, amica preziosa” ”Comunque il pittore, cranach, è un grande” “Ha fatto cose stranissime”
~ Mar 10, 2020: “Ciao, un saluto. Come stai?”
~ Mar 12, 2020:  “ti mando un saluto anche oggi, con molta speranza”
~ Mar 14, 2020: “Io ti penso anche oggi” “Anche da questa situazione assurda” “Ti mando una foto semplice” “Del mio balcone”
~ Mar 15, 2020: “Io continuo a pensarti e oggi lo faccio con questa foto fatta tempo fa a Catania” “La mimosa pudica”
~ Mar 16, 2020: “io continuo a pensarti e a sperare di leggerti” “anche quando vedo una sola spunta, e spero, voglio sperare, che sia solo che hai il telefono spento”
~ Mar 17, 2020: “poi a volte la spunta singola si fa doppia, e io spero di vederla blu, magari oggi”
~ Mar 18, 2020: “o anche oggi”
~ Mar 19, 2020: “E oggi di prima mattina, o quasi” “Guarda che ti aspetto”
~ Mar 20, 2020: “Finisce una settimana in cui non ho avuto tue notizie. E intanto fuori c’è questa situazione assurda. Io mi aggrappo ai ricordi e ai pensieri sperando che un giorno tu torni a scrivere e io torni a leggerti. Ti voglio bene. Resta, se puoi”
~ Mar 22, 2020: “È domenica, e io spero di vedere queste spunte diventare blu.”
~ Mar 24, 2020: “Oddio. Oddio. Grazie. Che emozione” “Sto piangendo” “Io continuo. E spero che tu piano piano ti riprenda. Ti aspetto ogni giorno” “oggi ti regalo questa foto, che presenta crepe, sbarre e può far pensare a come stai ora. Ma la cosa più bella della foto, per me, è che c'è una luce che entra, e quella luce spero ti dia un po' di forza”
~ Mar 25, 2020: (…) “Tu mi hai insegnato a dare valore a ogni minuto, a ogni parola, a ogni attesa” “come stai oggi?”
~ Mar 27, 2020: “oggi ci vorrebbe una foto di speranza perché sono un po' giù anche io” “ti regalo questa perché è un luogo del cuore, la casa di campagna della mia famiglia”
~ Mar 28, 2020: “ecco! non ti fai mancare nulla, ma spunta blu!” “e i tubi?”
~ Mar 29, 2020: “Grazie di raccontarmi. Immagino la fatica per scrivere un messaggio così lungo. Immagino solo la fatica di ogni giorno. Se possiamo, non perdiamo la speranza, aspettiamoci”
~ Mar 30, 2020: “È sera. La giornata oggi è stata faticosa. Ieri ho fatto un autoritratto per provare una nuova macchina fotografica” “Te lo regalo”
~ Apr 1, 2020: “Ti mando un saluto. Io spero. Aspetto”
~ Apr 3, 2020: ”Oggi ho lavorato in balcone. Te lo mostro.”
~ Apr 5, 2020: “anche oggi, il mio ciao e il mio affetto” “oggi ti mando una foto di me che imbianco casa”
~ Apr 9, 2020: “mi manchi qui”
~ Apr 12, 2020: “Oggi sarebbe un giorno a proposito di resurrezione. Credenti o no, io ti penso” “Ti spero”
~ Apr, 15, 2020: “Passano i giorni, tu stai lottando, io ti sto aspettando”
~ Apr 16, 2020: “Ti aspetto”
~ Apr 20, 2020: “Sono molto preoccupato. Spero sempre in una spunta blu. Tieni duro. Io ti aspetto”
~ Apr 22, 2020: “non sai che emozione vedere un tuo like oggi sotto la mia foto”
~ Apr 23, 2020: "Vederti mettere dei like. Respiro”
~ Apr 24, 2020: “un saluto, oggi” (…) “come faccio a chiederti come stai?” “è un po' banale” “o ti faccio stancare a scrivere”
(…)
~ Apr 25, 2020: “Io ti aspetto così come sarai”
(…)
~ Apr 28, 2020: “un abbraccio, delicatamente ”
(…)
~ May 20, 2020: “eh, mi manchi in diversi organi” “inclusa la vista e l'udito”
~ May 25, 2020: “mi manchi ora.”
(…)
~ May 31, 2020: “Un piccolo abbraccio. Ora”
~ Jun 2, 2020: “Ogni volta mi salta un battito del cuore”
(…)
~ Jun 3, 2020: (…) “tu per me sei così. sei qui” “Lo sei”“Tu mi hai dato una fiducia che non dimentico” “e non faccio nemmeno battute stupide sull'averla data” (…)
~ Jun 4, 2020: (…) “il tuo corpo mi è sempre stato caro” “in una forma direi completa, personale, estetica, erotica, ordinaria, come campo di una lotta e come strumento di relazione” “e lasciami ridire anche questo "erotica" proprio ora che tu questo corpo non lo ami, o che ti dà un sacco di problemi e lo vedi con tutte le sue ferite” “è una cosa più profonda” “io voglio che tu conservi ai miei occhi la dignità di essere pensata e vista come donna, come bellezza, come piacere, come sensualità” “oltre il corpo, se si capisce cosa intendo” (…)
A questo e al tanto che ho volutamente omesso, alle parole sottintese e sospese con cui abbiamo annullato ogni pensabile e all'apparenza incolmabile distanza, all'Amicizia, al silenzio che mi ha inghiottito in quei lunghi interminabili mesi di semincoscenza e lungodegenza ospedaliera, alla lentezza che sai, alle scie delle lumache che la ricordano e rappresentano un po' il nostro procedere: paziente, non rettilineo, con mille incroci, ma che avanza; a chi aspetta e (si) sa aspettare, al teatro delle mie sofferenze, al palcoscenico del mio dolore, a quello spettacolo a porte chiuse di cui ti ho reso partecipe, a chi c'è stato a suo modo, all'oltre in cui ci ritroveremo, alle clavicole nella neve, alla neve e anche alle clavicole; alle parole che tempo addietro ho tanto disdegnato, respinto e dissacrato, alla disarmante semplicità salvifica di questa singolare ed insolita corrispondenza che solo oggi trovo il coraggio e la forza di ripercorrere, al pensarsi e alla trasparenza, all'onestà e alla sfrontatezza di dirselo sempre, al nostro ��addio o arrivederci” sul quale rimaniamo sempre sospesi, alla naturalezza, alla schiettezza, a quella libertà di essere, quella stessa a cui tanto ambivo in questa vita terrena e di cui mi hai dato assaggio, all'accezione che ho sempre attributo al termine e a quella con cui mi hai sempre parlato, a quella fame di conoscenza dell'Altro, di sé e dell'Altro in sé e di sé nell'Altro, alle cose solo nostre che rimarranno tali e che terrò solo per me; a quel “mi viene da piangere solo a scriverlo, ma sarei in grado di farlo”, a quegli abbracci lunghi, desiderati, morbidi, mancati, di quelli che si sincronizzano i respiri, a quei “mi viene sempre un po' da piangere ma", a quel parlarne senza eluderLa mai, a quel “ti aspetto così come sarai” che ancora mi emoziona, a quel “in un certo senso tu sei per me “casa”, io so che a te posso mostrare tutto senza preoccuparmi di filtrare e spiegare”, ai tuoi regali peculiari ed estremamente originali (con lo specchietto retrovisore di una macchina rotto ritrovato per caso in quel di Milano per il mio ultimo compleanno ti sei superato!), al tuo ritrovare richiami e rimandi a sfumature di me in ogni cosa, persino nelle più piccole e insignificanti, a quelle lettere sulla soglia tra qui e l'oltre, a quell'“Io accolgo ogni tuo messaggio come se fosse l’ultimo e insieme come se fosse il primo”, ai “ti voglio bene nel silenzio e nelle grida”, alla tua “vicinanza inattesa” che ho sempre percepito, sentito e vissuto come un privilegio, ai confini e ai limiti inesistenti in quell'universo solo nostro a cui abbiamo saputo dare vita, al “quando leggo questi messaggi in cui ti racconti, io mi emoziono”, a quel “però se a volte senti di volerle affidare a qualcuno, di volerle lasciare partire, ecco io posso essere il qualcuno, posso essere il cielo in cui farle volare”, a quell'“ecco, sto pensando a questo di te: che il tuo farti sottile, ti fa anche essenziale, il tuo avvicinarti a una fine ti fa anche leggera e ti concentra su ciò che conta”, alla forza della nudità in tutte le svariate accezioni del termine, a quel “se e quando partirai, io ricorderò la data e vorrei nel tempo, elaborato il dolore, imparare a festeggiarla come festa della libertà”, a quel “io ci spero completamente, ma sono pronto ad accettare tutto da te, completamente”, al “tu per me vali per te, nuda o vestita, sana o malata, triste o felice, visiva o parolosiva”, all'aver abbracciato tutte le mie me senza (pretendere di) escluderne nessuna, non ponendomi mai alcuna condizione, ultimatum, imposizione di alcun genere e tipologia.  Al “volevo dirti una cosa che ho pensato stanotte: vorrei potere fare molto per te, essere una ragione per farti stare meglio, avere dei superpoteri, e invece l’unico super potere che ho è quello di essere impotente, di accettare questa impotenza, così come in un certo senso anche tu lo sei rispetto al tuo destino. Restare, esserci, senza sapere se ci sarà un domani e come. Se vedrò un like o una spinta blu. Restare senza paura (anche se ne ho), con umiltà.”
Perché avrei voluto e potuto riportare, ricordare, scrivere molto altro per quanto, per me, nulla sia mai realmente abbastanza, ma un grazie non saprei come dirlo e sarebbe riduttivo in questo e persino in quell'infinito e indefinito mondo dell'Oltre che sai, ma - pur non essendo nella mia indole farlo - sentivo di avere bisogno di rendere pubblica la mia umilissima gratitudine sperando, così facendo, che possa acquisire una valenza maggiore, un significato più ampio e potente. Perché hai portato inconsapevolmente un poco di quella leggerezza effimera e irraggiungibile che mi ha tenuto compagnia in quei giorni e non solo, quella stessa decantata e promessa da quei molti che si sono dileguati per i motivi più disparati, perché sei semplicemente rimasto nonostante tutti i "nonostante" pensabili e immaginabili, perché tu c'eri, inaspettatamente c'eri, con il tuo materasso di parole, concedendomi la privilegiata possibilità di guardare le cose attraverso i tuoi occhi, con quella tale semplicità sgombra di artifizi e convenzioni. Perché la mia irraggiungibile capacità di «rivestire di carne e di sangue l'idea della vita» può spaventare ed apparire respingente a chiunque, lo so, perché ho imparato a vivere sola dentro di me, ma essere mi pesa un po' meno se ci sei, M.
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susieporta · 5 months ago
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Re di Coppe.
"Il Viaggio dell'Eroe".
Siamo incarnati in un Corpo.
Molti non accettano questo "Stato dell'Essere". Si adoperano per anni e anni, ricercando il modo di "ritornare all'Origine", di neutralizzare i limiti della Materia e riconnettersi al Tutto, di ricongiungersi nuovamente con la sensazione di "pura fusione" che dona l'esperienza dell'Unità Divina.
Nella spasmodica ricerca di snaturare e squalificare la propria esperienza terrena, si dimenticano di loro stessi. Si aggrappano a qualsiasi strumento di dissociazione dalla propria condizione emozionale ed emotiva. Abusano del loro Corpo. E lo strumentalizzano. Come fosse un fantoccio.
E nell'impossibilità di Amare il proprio involucro incarnazionale, nascondono il loro profondo Dolore di non essere stati amati, in un continuo atto di negazione e di impossibilità di ammettere l'evidenza.
Il Cuore lo sa. La Mente non lo accetta.
Lo stato più sacro di "Fusione con il Tutto" è il Ventre Materno.
Nell'esperienza della Simbiosi Materna, avviene il Miracolo dell'Amore. Quello Umano. Ma anche quello dell'Anima che incontra l'Incarnazione. Per la prima volta o per l'ennesima.
E se l'Anima non viene accolta con favore o sincera amorevolezza dal Sentito Materno, l'ingresso nella Percettività Terrestre si rende fin da subito un lungo e penoso calvario.
Se la Madre abbandona la sua funzione affettiva e nutritiva, non necessariamente con Volontà o Intenzione, "i frutti dell'Albero non matureranno mai".
Avranno bisogno di un lungo ricovero, di maggior Luce, di una intensiva cura d'Acqua e di Fertilizzante una volta approdati nel Mondo.
Ma nel Tempo, con Cura e Passione, essi ritorneranno forti e rigogliosi, avranno innestato nel terreno radici forti e resistenti.
Potranno tornare al Padre solo dopo un potente percorso di risanamento interiore e inchinarsi di fronte a lui.
Poiché solo alla risoluzione del "conflitto materno", il figlio del Padre sarà pronto a portare nel Mondo la sua Forza, il suo Coraggio, la sua Indipendenza, l'Amore per se stesso e per le Creature di questo Pianeta.
Il Padre allora potrà benedire la Spada e insignirla di onorificenze.
E' un percorso lungo, accidentato e coraggioso.
E' il viaggio dell'Eroe.
Rinascere si può.
Spezzare le catene del Disamore e risorgere dalle Ceneri delle Ferite Originali, è in nostro potere.
Ma si parte dall'Umano.
Sempre.
Si parte da ciò che neghiamo, da ciò che continuiamo a evitare, da ciò che ci rende vulnerabili e fragili. Da ciò che vediamo come un limite, anziché come la nostra Risorsa più immensa: la Sensibilità.
Se Sento posso trasformare il mio Mondo. Posso espandere la Conoscenza, la Visione, la Connessione, l'Amore.
Se chiudo il Cuore ai Sentimenti e alle Emozioni, se non radico il mio Corpo alla Terra, se "non mi accorgo", se vago per il Mondo come un burattino appeso al filo dell'Assenza e della Negazione, sarò condannato a cercare in maniera spasmodica, per tutta la Vita, ciò che è "già qui" e non si è mai spostato.
Ciò che è dentro, è la Chiave.
Ciò che sentiamo nel profondo, è la Soluzione.
La Fiducia è la Mano Invisibile che muove l'apertura del Cuore alla piena e radicata Connessione con noi stessi.
Non ci sono trucchi, né inganni. Non c'è "illusione" nella Verità di chi siamo veramente. C'è Bellezza, Sapienza e Pura Conoscenza.
Non continuiamo a cercare "fuori" ciò che è già "dentro".
Va solo ripulito e purificato dagli schemi del Passato.
Radicarsi alla Presenza e all'Accettazione dell'Incarnazione è il Dono più amorevole che potete concedere a voi stessi.
E allora tutto improvvisamente cambierà. E fiorirà di nuova Vita.
Mirtilla Esmeralda
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shi-zu-ko · 4 years ago
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Juli ha detto: “Se il tuo sangue è avvelenato, allora lo è anche il mio”. Ha detto “non ti lascerò più solo”, ha detto “dimmi di cos’hai bisogno”, ma lui non sa che il suo bisogno Christian ha imparato a farlo a pezzi, a suddividerlo come in barattoli dentro a decine di cose, ossessioni, persone, perché nessuno avrebbe mai potuto sopportarlo tutto intero, nessuno sarebbe rimasto con lui se avesse scoperto quanta rabbia (allora sei arrabbiato?) e quanta fretta e quanta paura e quante visioni ci fossero in lui. [ ... ]
Juli, ma davvero tu credevi di essere qualcuno? Sei un avanzo, una cosa mia rimasta nella pancia della mamma nove anni; sei la mia dolcezza, la mia ingenuità, sei i pesi che ho lasciato dentro l’utero per uscire più in fretta e che poi ho rimpianto; sei la parte migliore di me, la parte sana di me. Ho provato a inglobarti, ma non ne ho avuto il coraggio. Ho provato a proteggerti, ma non ne ho avuta la forza. Hai detto che non mi lascerai solo, e siccome io non posso uscire, tu verrai con me.
Le ferite originali - Eleonora C. Caruso.
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freedomtripitaly · 4 years ago
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Quest’anno Trieste è capitale Europea della Scienza. Non che occorressero ulteriori motivi per andare alla scoperta di questa stupenda città italiana dalla storia grandiosa. Elegante, rigorosa, quasi algida. Del resto una delle sue tante anime è austriaca. Città di frontiera, enigmatica. Trieste affascina per la sovrapposizione armoniosa delle sue storie: l’antica Roma, Venezia e poi l’Austria; l’annessione dopo la grande Guerra, i crimini perpetrati da fascisti e nazisti; le ferite profonde poi la rinascita, l’aura letterata e colta. Trieste scelta e amata da grandi scrittori come Joyce e Stendhal; Trieste madre e padre di Saba e di Svevo; l’est Europa alle porte, la cultura mitteleuropea che ancora si respira, che entra decisa anche nei sapori della sua cucina. Sbatte le porte come il vento che qui talvolta soffia davvero forte, facendo rotolare la salsedine per le stradine dei suoi storici rioni. Cosa non perdere di Trieste Trieste è un mondo da scoprire. In completa autonomia oppure organizzando interessanti visite guidate. Vediamo quali sono le cose assolutamente da vedere per conoscere la città. La città Vecchia A sud della monumentale piazza Unità d’Italia affacciata sul mare, si sviluppano i rioni compresi nella città Vecchia di Trieste (San Vito, Cavana e ghetto Ebraico), stretta tra il colle di San Giusto e il mare. Qui si trovano alcuni dei monumenti più antichi della città come la cattedrale di San Giusto, la chiesa barocca di Santa Maria Maggiore, l’arco di Riccardo di epoca romana (I secolo d.C.) con le sue colonne in stile corinzio sito in piazza Barbacan e il teatro romano, ogni anno splendida cornice ai più importanti eventi cittadini. Nel rione di San Vito, in piazza Attilio Hortis si trova la statua di Italo Svevo, nei pressi della quale si trovano il museo Revoltella e il Civico museo Sartorio. Piazza Unità d’Italia e il molo Audace Maestosa e spazzata dalla salsedine e dalle brezze dell’Adriatico. La cornice monumentale e iconica della città. Da sinistra a destra qui si trovano il palazzo della Luogotenenza tedesca, palazzo Stratti con lo storico caffè degli Specchi, palazzo Modello oggi sede del Municipio, l’antico palazzo Pitteri, l’albergo di palazzo Vanoli e il palazzo della Regione. Al centro si erge la fontana dei quattro continenti (1751-1754). Il molo Audace che si allunga davanti alla piazza prende il nome dalla prima nave che entrò in porto dopo la fine della grande Guerra e la conseguente annessione all’Italia. Da notare la rosa dei Venti in bronzo affissa all’inizio del molo e ottenuta dalla fusione di una nave austriaca affondata dalla marina Italiana. La cattedrale di San Giusto Nasce all’inizio del Trecento dall’unione di due chiese preesistenti, Santa Maria e San Giusto. Sobria facciata in mattoni con rosone gotico. il portale riutilizza gli elementi di una stele funeraria romana. Sul muro del campanile, eretto inglobando i resti di un tempio romano e di un’edicola intitolata a San Giusto, vi sono incastrate ancora alcune canne di cannone. L’interno è decorato con splendidi affreschi di scuola veneziana e con un grande mosaico trecentesco. Dalla cattedrale si accede all’adiacente battistero e al museo del Tesoro, nelle cui sale spicca l’alabarda di San Sergio recuperata in terra Santa durante la prima Crociata 1096-1099. Il castello di San Giusto La fortezza posta sulla sommità del colle omonimo rappresenta il nucleo più antico della città nonché uno dei suoi simboli più amati e famosi. Il cuore del castrum risale ai Romani e nel corso dei secoli ha subito le modifiche apportate da Veneziani e Austro-Ungarici. Il castello è sede del museo Civico di Trieste, le cui sale custodiscono una ricca collezioni di armi e il suggestivo lapidario Tergestino con oltre 130 reperti di epoca romana di pregevole fattura. La sinagoga di Trieste Per capire appieno quanto la comunità ebraica è stata centrale nello sviluppo della città, della sua anima multietnica e di frontiera, basta fermarsi ad ammirare la bellezza architettonica e la vita che scorre dentro e fuori la sinagoga cittadina. Da notare gli stupendi rosoni, i pavimenti, le decorazioni e i lampadari di questo, ancora oggi, importante edificio religioso cittadino eretto nel 1912. Il castello di Miramare Il “nido d’amore costruito invano” ricordato da Giosué Carducci in una poesia dedicata proprio al castello, fu eretto a metà Ottocento da Massimiliano d’Asburgo-Lorena arciduca d’Austria e oggi è uno dei musei più visitati d’Italia. L’elegante e suggestiva struttura in pietra chiara affacciata sul golfo di Trieste conserva ancora gli arredi originali dell’epoca e numerose testimonianze della vita dei proprietari, l’arciduca Massimiliano e sua moglie Carlotta del Belgio, prima di diventare la residenza del duca Amedeo d’Aosta. Da segnalare all’interno la sfarzosa sala dei Regnanti, la bella sala della Musica e la sala ispirata all’arredamento navale della fregata Novara sulla quale Massimiliano aveva prestato servizio nella Marina Austriaca. L’esterno invece si caratterizza per il parco e per il superbo giardino all’inglese, che permettono di effettuare piacevoli passeggiate davanti al mare. Il castello è visitabile in completa autonomia o con tour privato. Il borgo Teresiano A nord di piazza Unità d’Italia, superato lo scenografico canal Grande si sviluppa come una piccola scacchiera il suggestivo borgo Teresiano, tra i quartieri storici più noti di Trieste realizzato per volere dell’imperatore d’Austria Carlo VI. Lungo il canal Grande sfilano alcuni tra gli edifici più belli, come palazzo Aedes, palazzo Gopcevich, la chiesa neoclassica di Sant’Antonio Nuovo, lo storico caffè Stella Polare, palazzo Genel, palazzo Carciotti e il bellissimo tempio serbo-ortodosso della Santissima Trinità e di San Spiridione. Sul suggestivo ponte Rosso che attraversa romanticamente il canale, il secondo insieme al ponte Verde, si trova la statua di James Joyce. La risiera di San Sabba Questo stabilimento per la pilatura del riso – che comprende pulitura, sbramatura, sbiancata e lucidatura – si trova a circa 5 km da piazza Unità d’Italia stretta tra il mare e i quartieri di Servola, Valmaura e borgo San Sergio. Rimase in funzione tra il 1913 e il 1943, l’anno dell’armistizio, quando i nazisti lo trasformarono in campo di prigionia, nel quale persero la vita oltre 3500 persone e altre 8000 da qui furono deportate nei campi di sterminio del nord ed est Europa. Oggi la Risiera di San Sabba è un museo da visitare assolutamente, archeologia industriale e memoria storica. Il faro della Vittoria Costruito nel 1923 in pieno fascismo, il faro ricorda i marinai italiani caduti durante la Grande Guerra. Sulla sommità, la statua della Vittoria Alata è alta 7 m ed è dotata di un complesso meccanismo interno che le fa impercettibilmente sbattere le ali per assorbire le folate di vento, che qui a Trieste con la bora è risaputo possono essere anche molto violente. Il faro sotto alla statua è ancora oggi il più potente dell’Adriatico. Il tram panoramico di Opicina Presto si spera che torni definitivamente in servizio il suggestivo tram che collega il centro città con le alture del Carso che si innalzano spigolose alle sue spalle. Un modo davvero curioso e singolare di scoprire la città e ammirarla dall’alto man mano che il tram lentamente si inerpica sulle alture. La grotta Gigante Questa enorme cavità risalente al Neolitico è una delle attrazioni principali di Trieste e si trova a circa 10 km dal centro nei pressi del borgo omonimo. Le concrezioni rocciose createsi nel corso di migliaia di anni hanno dato un fondamentale impulso alla speleologia modena. A circa 80 m di profondità si raggiunge la galleria Grande alta, un unico e sterminato ambiente alto quasi 100 m dove stalagmiti, stalattiti e colta di carbonato di calcio assumono infinite sfumature di colore, tra le quali la colonna Ruggero, alta 12 m. Scoprire Trieste: i caffè storici Pare che seduto ai tavoli della storica pasticceria Pirona Joyce abbia scritto non poche pagine sia dell’Ulisse che di Gente di Dublino e, insieme a lui, alcune tra le più illustri personalità della letteratura e della poesia come i triestini Umberto Saba e Italo Svevo (al quale è dedicato l’interessante museo Sveviano) o lo scrittore francese Stendhal hanno lungamente frequentato i caffè storici di Trieste. Si segnalano tra questi il caffè Tommaseo del 1830, è il più antico della città, il caffè degli Specchi in piazza dell’Unità e il caffè San Marco. Scoprire Trieste: i sapori e i piatti tipici La cucina triestina è una delle più famose d’Italia ed è innanzitutto caratterizzata da una secolare influenza austro-ungarica mitigata da alternative proposte di pesce e dai sapori dell’Adriatico. Una forma tipica di ristorazione a Trieste, in alternativa alle trattorie e ai ristoranti, sono i tradizionali buffet, a metà tra un bar e una trattoria, dove le carni sono cotte ancora oggi nella tradizionale caldaia, un pentolone incastonato nel bancone. Tra i piatti tipici ci sono dunque il prosciutto cotto caldo triestino tagliato rigorosamente a mano, il liptauer (spuma di formaggi insaporita con paprika e cumino), i formaggi Jamar (stagionato nelle grotte del Carso) e Tabor, la granzievola alla triestina (polpa di granchio con olio, sale, pepe, limone e prezzemolo servita nel suo guscio), la Jota (minestra di fagioli, crauti, patate e salsiccia o cotenna), i fusi istriani (tipo garganelli) con sugo di pesce o di carne, la zuppa de bobici (mais e fagioli), gli gnocchi di patate, di pane, di fegato o di susine (prugne), oppure come accompagnamento al tradizionale goulash. Tra i secondi piatti, di pesce o di carne, oltre al goulash ci sono anche il bollito in tecia con senape, crauti e patate, i cevapcici (salsicce speziate di origine balcanica), la porzina con capuzi (coppa di maiale lessa servita con crauti, senape e rafano), la calandraca (spezzatino di lesso con patate e poco pomodoro) l’agnello al kren (salsa al rafano), le immortali canocchie alla busara (pomodoro, pepe e vino), le alici in savore, i pedoci alla scotadeo (cozze alla scottadito), il baccalà mantecato e infine il merluzzo all’istriana con capperi, acciughe e patate. Lo street food non è di certo da meno in quanto a prelibatezze, come dimostra ampiamente il gustoso panino con porzina (maiale), crauti, senape e rafano. Tra i dolci infine ricordiamo il classico strucolo de pomi (strudel di mele), la pinza (pasta lievitata con rum, bucce d’arancia grattugiate, limone e vaniglia) la torta Rigojanci di origine ungherese e a base di cioccolato, il presniz (pasta sfoglia con susine e frutta secca), il koch (soufflé a base di burro e zucchero montati, pangrattato e uova con frutta, semolino o riso) e infine il cuguluf, anche questo di ispirazione austriaca che assomiglia a un plum cake con uvetta e buccia di limone. Scoprire Trieste: il Prosecco e i vini del Carso Sarebbe impensabile non visitare Trieste senza scoprire e assaggiare i vini del suo territorio, alcuni dei quali considerati tra i vini italiani più famosi al mondo. Trieste e tutto il Friuli-Venezia Giulia sono insieme al Veneto territorio per eccellenza votato alla produzione del prosecco. Molti sono i produttori e molte le cantine presenti sul territorio, da scoprire magari organizzando e prenotando degustazioni guidate. In città ci sono inoltre innovativi winebar pronti a farvi assaggiare i vini del territorio, quelli coltivati sugli aspri altipiani del Carso che si aprono come una corona intorno a Trieste. Terreni fatti di roccia. Aridi, sassosi e ricchi di ferro, che danno vita a vini DOC come la Vitovska, il Terrano (Refosco friulano) e la dolce e aromatica Malvasia istriana, tutti vitigni autoctoni che aspettano solo di essere scoperti. https://ift.tt/31ZRMQa Cosa mangiare a Trieste: i sapori da non perdere Quest’anno Trieste è capitale Europea della Scienza. Non che occorressero ulteriori motivi per andare alla scoperta di questa stupenda città italiana dalla storia grandiosa. Elegante, rigorosa, quasi algida. Del resto una delle sue tante anime è austriaca. Città di frontiera, enigmatica. Trieste affascina per la sovrapposizione armoniosa delle sue storie: l’antica Roma, Venezia e poi l’Austria; l’annessione dopo la grande Guerra, i crimini perpetrati da fascisti e nazisti; le ferite profonde poi la rinascita, l’aura letterata e colta. Trieste scelta e amata da grandi scrittori come Joyce e Stendhal; Trieste madre e padre di Saba e di Svevo; l’est Europa alle porte, la cultura mitteleuropea che ancora si respira, che entra decisa anche nei sapori della sua cucina. Sbatte le porte come il vento che qui talvolta soffia davvero forte, facendo rotolare la salsedine per le stradine dei suoi storici rioni. Cosa non perdere di Trieste Trieste è un mondo da scoprire. In completa autonomia oppure organizzando interessanti visite guidate. Vediamo quali sono le cose assolutamente da vedere per conoscere la città. La città Vecchia A sud della monumentale piazza Unità d’Italia affacciata sul mare, si sviluppano i rioni compresi nella città Vecchia di Trieste (San Vito, Cavana e ghetto Ebraico), stretta tra il colle di San Giusto e il mare. Qui si trovano alcuni dei monumenti più antichi della città come la cattedrale di San Giusto, la chiesa barocca di Santa Maria Maggiore, l’arco di Riccardo di epoca romana (I secolo d.C.) con le sue colonne in stile corinzio sito in piazza Barbacan e il teatro romano, ogni anno splendida cornice ai più importanti eventi cittadini. Nel rione di San Vito, in piazza Attilio Hortis si trova la statua di Italo Svevo, nei pressi della quale si trovano il museo Revoltella e il Civico museo Sartorio. Piazza Unità d’Italia e il molo Audace Maestosa e spazzata dalla salsedine e dalle brezze dell’Adriatico. La cornice monumentale e iconica della città. Da sinistra a destra qui si trovano il palazzo della Luogotenenza tedesca, palazzo Stratti con lo storico caffè degli Specchi, palazzo Modello oggi sede del Municipio, l’antico palazzo Pitteri, l’albergo di palazzo Vanoli e il palazzo della Regione. Al centro si erge la fontana dei quattro continenti (1751-1754). Il molo Audace che si allunga davanti alla piazza prende il nome dalla prima nave che entrò in porto dopo la fine della grande Guerra e la conseguente annessione all’Italia. Da notare la rosa dei Venti in bronzo affissa all’inizio del molo e ottenuta dalla fusione di una nave austriaca affondata dalla marina Italiana. La cattedrale di San Giusto Nasce all’inizio del Trecento dall’unione di due chiese preesistenti, Santa Maria e San Giusto. Sobria facciata in mattoni con rosone gotico. il portale riutilizza gli elementi di una stele funeraria romana. Sul muro del campanile, eretto inglobando i resti di un tempio romano e di un’edicola intitolata a San Giusto, vi sono incastrate ancora alcune canne di cannone. L’interno è decorato con splendidi affreschi di scuola veneziana e con un grande mosaico trecentesco. Dalla cattedrale si accede all’adiacente battistero e al museo del Tesoro, nelle cui sale spicca l’alabarda di San Sergio recuperata in terra Santa durante la prima Crociata 1096-1099. Il castello di San Giusto La fortezza posta sulla sommità del colle omonimo rappresenta il nucleo più antico della città nonché uno dei suoi simboli più amati e famosi. Il cuore del castrum risale ai Romani e nel corso dei secoli ha subito le modifiche apportate da Veneziani e Austro-Ungarici. Il castello è sede del museo Civico di Trieste, le cui sale custodiscono una ricca collezioni di armi e il suggestivo lapidario Tergestino con oltre 130 reperti di epoca romana di pregevole fattura. La sinagoga di Trieste Per capire appieno quanto la comunità ebraica è stata centrale nello sviluppo della città, della sua anima multietnica e di frontiera, basta fermarsi ad ammirare la bellezza architettonica e la vita che scorre dentro e fuori la sinagoga cittadina. Da notare gli stupendi rosoni, i pavimenti, le decorazioni e i lampadari di questo, ancora oggi, importante edificio religioso cittadino eretto nel 1912. Il castello di Miramare Il “nido d’amore costruito invano” ricordato da Giosué Carducci in una poesia dedicata proprio al castello, fu eretto a metà Ottocento da Massimiliano d’Asburgo-Lorena arciduca d’Austria e oggi è uno dei musei più visitati d’Italia. L’elegante e suggestiva struttura in pietra chiara affacciata sul golfo di Trieste conserva ancora gli arredi originali dell’epoca e numerose testimonianze della vita dei proprietari, l’arciduca Massimiliano e sua moglie Carlotta del Belgio, prima di diventare la residenza del duca Amedeo d’Aosta. Da segnalare all’interno la sfarzosa sala dei Regnanti, la bella sala della Musica e la sala ispirata all’arredamento navale della fregata Novara sulla quale Massimiliano aveva prestato servizio nella Marina Austriaca. L’esterno invece si caratterizza per il parco e per il superbo giardino all’inglese, che permettono di effettuare piacevoli passeggiate davanti al mare. Il castello è visitabile in completa autonomia o con tour privato. Il borgo Teresiano A nord di piazza Unità d’Italia, superato lo scenografico canal Grande si sviluppa come una piccola scacchiera il suggestivo borgo Teresiano, tra i quartieri storici più noti di Trieste realizzato per volere dell’imperatore d’Austria Carlo VI. Lungo il canal Grande sfilano alcuni tra gli edifici più belli, come palazzo Aedes, palazzo Gopcevich, la chiesa neoclassica di Sant’Antonio Nuovo, lo storico caffè Stella Polare, palazzo Genel, palazzo Carciotti e il bellissimo tempio serbo-ortodosso della Santissima Trinità e di San Spiridione. Sul suggestivo ponte Rosso che attraversa romanticamente il canale, il secondo insieme al ponte Verde, si trova la statua di James Joyce. La risiera di San Sabba Questo stabilimento per la pilatura del riso – che comprende pulitura, sbramatura, sbiancata e lucidatura – si trova a circa 5 km da piazza Unità d’Italia stretta tra il mare e i quartieri di Servola, Valmaura e borgo San Sergio. Rimase in funzione tra il 1913 e il 1943, l’anno dell’armistizio, quando i nazisti lo trasformarono in campo di prigionia, nel quale persero la vita oltre 3500 persone e altre 8000 da qui furono deportate nei campi di sterminio del nord ed est Europa. Oggi la Risiera di San Sabba è un museo da visitare assolutamente, archeologia industriale e memoria storica. Il faro della Vittoria Costruito nel 1923 in pieno fascismo, il faro ricorda i marinai italiani caduti durante la Grande Guerra. Sulla sommità, la statua della Vittoria Alata è alta 7 m ed è dotata di un complesso meccanismo interno che le fa impercettibilmente sbattere le ali per assorbire le folate di vento, che qui a Trieste con la bora è risaputo possono essere anche molto violente. Il faro sotto alla statua è ancora oggi il più potente dell’Adriatico. Il tram panoramico di Opicina Presto si spera che torni definitivamente in servizio il suggestivo tram che collega il centro città con le alture del Carso che si innalzano spigolose alle sue spalle. Un modo davvero curioso e singolare di scoprire la città e ammirarla dall’alto man mano che il tram lentamente si inerpica sulle alture. La grotta Gigante Questa enorme cavità risalente al Neolitico è una delle attrazioni principali di Trieste e si trova a circa 10 km dal centro nei pressi del borgo omonimo. Le concrezioni rocciose createsi nel corso di migliaia di anni hanno dato un fondamentale impulso alla speleologia modena. A circa 80 m di profondità si raggiunge la galleria Grande alta, un unico e sterminato ambiente alto quasi 100 m dove stalagmiti, stalattiti e colta di carbonato di calcio assumono infinite sfumature di colore, tra le quali la colonna Ruggero, alta 12 m. Scoprire Trieste: i caffè storici Pare che seduto ai tavoli della storica pasticceria Pirona Joyce abbia scritto non poche pagine sia dell’Ulisse che di Gente di Dublino e, insieme a lui, alcune tra le più illustri personalità della letteratura e della poesia come i triestini Umberto Saba e Italo Svevo (al quale è dedicato l’interessante museo Sveviano) o lo scrittore francese Stendhal hanno lungamente frequentato i caffè storici di Trieste. Si segnalano tra questi il caffè Tommaseo del 1830, è il più antico della città, il caffè degli Specchi in piazza dell’Unità e il caffè San Marco. Scoprire Trieste: i sapori e i piatti tipici La cucina triestina è una delle più famose d’Italia ed è innanzitutto caratterizzata da una secolare influenza austro-ungarica mitigata da alternative proposte di pesce e dai sapori dell’Adriatico. Una forma tipica di ristorazione a Trieste, in alternativa alle trattorie e ai ristoranti, sono i tradizionali buffet, a metà tra un bar e una trattoria, dove le carni sono cotte ancora oggi nella tradizionale caldaia, un pentolone incastonato nel bancone. Tra i piatti tipici ci sono dunque il prosciutto cotto caldo triestino tagliato rigorosamente a mano, il liptauer (spuma di formaggi insaporita con paprika e cumino), i formaggi Jamar (stagionato nelle grotte del Carso) e Tabor, la granzievola alla triestina (polpa di granchio con olio, sale, pepe, limone e prezzemolo servita nel suo guscio), la Jota (minestra di fagioli, crauti, patate e salsiccia o cotenna), i fusi istriani (tipo garganelli) con sugo di pesce o di carne, la zuppa de bobici (mais e fagioli), gli gnocchi di patate, di pane, di fegato o di susine (prugne), oppure come accompagnamento al tradizionale goulash. Tra i secondi piatti, di pesce o di carne, oltre al goulash ci sono anche il bollito in tecia con senape, crauti e patate, i cevapcici (salsicce speziate di origine balcanica), la porzina con capuzi (coppa di maiale lessa servita con crauti, senape e rafano), la calandraca (spezzatino di lesso con patate e poco pomodoro) l’agnello al kren (salsa al rafano), le immortali canocchie alla busara (pomodoro, pepe e vino), le alici in savore, i pedoci alla scotadeo (cozze alla scottadito), il baccalà mantecato e infine il merluzzo all’istriana con capperi, acciughe e patate. Lo street food non è di certo da meno in quanto a prelibatezze, come dimostra ampiamente il gustoso panino con porzina (maiale), crauti, senape e rafano. Tra i dolci infine ricordiamo il classico strucolo de pomi (strudel di mele), la pinza (pasta lievitata con rum, bucce d’arancia grattugiate, limone e vaniglia) la torta Rigojanci di origine ungherese e a base di cioccolato, il presniz (pasta sfoglia con susine e frutta secca), il koch (soufflé a base di burro e zucchero montati, pangrattato e uova con frutta, semolino o riso) e infine il cuguluf, anche questo di ispirazione austriaca che assomiglia a un plum cake con uvetta e buccia di limone. Scoprire Trieste: il Prosecco e i vini del Carso Sarebbe impensabile non visitare Trieste senza scoprire e assaggiare i vini del suo territorio, alcuni dei quali considerati tra i vini italiani più famosi al mondo. Trieste e tutto il Friuli-Venezia Giulia sono insieme al Veneto territorio per eccellenza votato alla produzione del prosecco. Molti sono i produttori e molte le cantine presenti sul territorio, da scoprire magari organizzando e prenotando degustazioni guidate. In città ci sono inoltre innovativi winebar pronti a farvi assaggiare i vini del territorio, quelli coltivati sugli aspri altipiani del Carso che si aprono come una corona intorno a Trieste. Terreni fatti di roccia. Aridi, sassosi e ricchi di ferro, che danno vita a vini DOC come la Vitovska, il Terrano (Refosco friulano) e la dolce e aromatica Malvasia istriana, tutti vitigni autoctoni che aspettano solo di essere scoperti. Trieste è una città affascinante e ricca di attrazioni culturali ed enogastronomiche, perfette per un tuffo nella storia e nell’arte del nostro Paese.
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Milano è memoria. Presentata la “City Escape Piazza Fontana”, luogo di cronaca di una strage.
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Milano è memoria. Presentata la “City Escape Piazza Fontana”, luogo di cronaca di una strage. È stato presentato ieri mattina a Palazzo Marino "City Escape Piazza Fontana", un progetto nato per raccontare a ragazzi e ragazze dai 15 anni in su ciò che accadde il 12 dicembre 1969 nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura: la strage di piazza Fontana. L'iniziativa è promossa dal Comune di Milano nell'ambito della piattaforma "Milano è Memoria", per il suo valore innovativo nel trasmettere e diffondere la conoscenza di fatti ed eventi riguardanti Milano e la sua identità. Alla presentazione hanno partecipato l'assessora alle Politiche giovanili del Comune di Milano Martina Riva, il delegato del Gabinetto del Sindaco al Coordinamento di "Milano è Memoria" Luca Gibillini, il presidente dell'Associazioni familiari delle vittime di Piazza Fontana, Federico Sinicato, per Garipalli l'amministratore delegato Luca De Bellis e il direttore creativo Simone Radaelli, la Project Manager Factanza Media, Maria Russo. Presenti anche il Presidente di Anpi Milano, Roberto Cenati e Paolo Silva figlio di una delle vittime. La strage di piazza Fontana in cui morirono 17 persone e altre 88 rimasero gravemente ferite fu l'inizio a Milano di un periodo di attentati terroristici, morti innocenti, depistaggi, processi e falsità che solo in questi ultimi anni, grazie alla strenua richiesta di giustizia, dei familiari delle vittime, ha visto l'affermazione della verità su mandanti ed esecutori. Una storia relativamente recente della nostra città di cui molto è stato detto e scritto ma che ancora oggi in molti non conoscono, specialmente i più giovani. "City Escape Piazza Fontana" è frutto della collaborazione tra Garipalli e Factanza Media, due startup innovative che intendono offrire alle nuove generazioni gli strumenti utili a comprendere il mondo in cui vivono. È la prima City Escape in Italia ideata per raccontare i luoghi di interesse storico che hanno segnato il nostro Paese, un'esperienza interattiva che unisce ricerca documentale e strumenti digitali, lettura e investigazione, senso critico e scoperta della verità. La partecipazione a "City Escape Piazza Fontana" è gratuita e disponibile tutti i giorni, fino al 12 dicembre. Chiunque potrà immergersi in questa vicenda della nostra storia contemporanea muovendosi, da solo o in un piccolo gruppo, su un percorso di ricostruzione dei fatti guidato da enigmi, documenti chiave, luoghi della città. L'esperienza ha la durata di circa 90 minuti ed è adatta a tutte le età, dai 15 anni in su. Portati indietro nel tempo al 1969, i partecipanti (principalmente giovani e studenti) passeranno attraverso i fatti di quell'anno e di quel dicembre che culminò con lo scoppio dell'ordigno nel salone della banca, la strage, i funerali delle vittime e lo sgomento di una intera città. All'interno del percorso interattivo il Quarto Potere, rappresentato dalla stampa e da altre fonti di informazione, assume il ruolo chiave di guida. Testate giornalistiche, testimonianze originali e notizie dell'ultima ora orienteranno i partecipanti alla ricostruzione, in modo attivo, dei fattori che portarono all'attentato. Per partecipare è necessario registrarsi sulla piattaforma Garipalli a questo link e recarsi in piazza Diaz seguendo le indicazioni che si ricevono alla registrazione. "È fondamentale trovare il modo per spiegare e raccontare soprattutto ai più giovani, con il loro linguaggio, che cosa è successo il 12 dicembre 1969 - ha commentato l'assessora alle Politiche Giovanili Martina Riva -. In quest'ottica, l'esperienza proposta da 'City Escape Piazza Fontana' si carica di un importante valore educativo e civico. Coinvolti nella ricerca della verità, ragazze e ragazzi potranno conoscere un evento che ha segnato la storia di Milano e dell'Italia, facendone memoria". "Siamo contenenti - ha dichiarato Federico Sinicato, Presidente dell'Associazione familiari delle vittime di Piazza Fontana - che ci sia interesse dei giovani e delle giovani per questa vicenda. Piazza Fontana merita che le nuove generazioni la affrontino e se ne facciano carico. È stato un punto di svolta che ha segnato la storia del nostro Paese e ha messo radici nel percorso che l'Italia ha fatto. Per questo va studiata e capita con tutti gli strumenti possibili, anche i più innovativi". Le City Escape di Garipalli sono esperienze interattive da vivere all'aperto, dedicate alla scoperta delle città italiane e della loro storia attraverso lo storytelling e la gamification. L'appuntamento con piazza Fontana nasce proprio dalla volontà di raccontare in una maniera nuova gli avvenimenti storici protagonisti di "Rewind": il podcast di Factanza Media che racconta il Dopoguerra italiano attraverso gli eventi che hanno fatto l'Italia di oggi. Un podcast che dalla scorsa primavera ha collezionato centinaia di migliaia di ascolti, dimostrando contro ogni pregiudizio l'interesse del pubblico più giovane per la storia del proprio Paese. Luca De Bellis, CEO di Garipalli, ha spiegato "Siamo entusiasti di tornare a Milano con una nuova avventura e di raccontare questa volta una storia molto più recente. Desideravamo arrivare al pubblico con una narrazione attenta e ben informata, e per farlo volevamo coinvolgere una realtà che avesse una profonda conoscenza della materia e che come noi parlasse ai giovani. Factanza ha i nostri stessi valori, e con un podcast già attivo sulla materia è stata una scelta naturale". Livia Viganò, COO di Factanza Media: "La missione di Factanza è da sempre quella di rendere le nuove generazioni più informate e consapevoli del mondo che le circonda. In questo processo conoscere la storia è fondamentale, eppure spesso a scuola non si arriva a spiegare avvenimenti dal Dopoguerra in poi. Noi, con il nostro podcast, abbiamo cercato di farlo con l'approccio che ci contraddistingue: educativo e coinvolgente. È stato un grande successo e adesso, insieme a Garipalli, vogliamo portare tutto questo dal digitale al fisico, costruendo un'esperienza unica per chi vuole conoscere ancora più a fondo le dinamiche degli avvenimenti che gli abbiamo raccontato nel podcast". Garipalli è una startup per la cultura nata per offrire strumenti innovativi e non convenzionali per avvicinare i giovani alla cultura. Attraverso City Escape e altri format di storytelling interattivo Garipalli vuole aiutare i giovani a comprendere il mondo passato, navigare quello odierno e prendere decisioni consapevoli per quello futuro. Con 21 esperienze attive in oltre 16 città Italiane, Garipalli ha aiutato oltre 25.000 giovani a riscoprire la cultura, la storia e il territorio. Tutte le informazioni su garipalli.com Factanza Media è una media company nata per rivoluzionare il mondo dell'informazione, adattandolo alle esigenze delle nuove generazioni. Si occupa di divulgare tutti i giorni sui propri canali social - dove conta oltre un milione di follower - le informazioni fondamentali per essere aggiornati sull'attualità in pochi minuti, con formati creati per catturare l'attenzione e rendere gli utenti più consapevoli di cosa succede nel mondo. La mission di Factanza è quella di rendere l'informazione accessibile e appassionante per tutti, in particolare per GenZ e Millennials (protagonisti del gap informativo del nostro secolo), in modo da permettergli di prendere decisioni libere e informate e di avere un impatto sulla realtà che li circonda.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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levysoft · 4 years ago
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Il mondo delle serie televisive, in questi ultimi anni, sembra avere accolto di buon grado l’utilizzo di remake e reboot, espedienti narrativi che consentono, anche furbamente, di ripescare vecchie glorie del mondo dell’entertainment riproponendole sotto una nuova chiave. Sono numerose le serie TV e i film che hanno beneficiato di questa pratica, non ultima una produzione fantascientifica dalla vita piuttosto travagliata: Battlestar Galactica. Una serie, per l’appunto, che ha avuto più di un’esistenza televisiva, ma che è divenuta universalmente conosciuta principalmente per il reboot del 2004.
La prima vita di Battlestar Galatica risale al periodo in cui la fantascienza sembrò diventare il motore trainante dell’industria dell’intrattenimento cinematografico. Merito dell’impatto di Star Wars, che con il suo primo capitolo aveva convinto le major a riportare in auge la fantascienza, dando nuova linfa anche all’altra grande saga fantascientifica, Star Trek. In mezzo a questi due titani si era infilata l’idea di Glen A. Larson, che ispirandosi non poco alla creazione di George Lucas aveva deciso di rispolverare un suo vecchio progetto, come vi abbiamo raccontato qui.
Le mille vite di Battlestar Galactica
La sorte di Battlestar Galactica, nonostante una promettente partenza, fututt’altro che gloriosa. Dopo un iniziale successo, la serie di Larson, infatti, non ebbe il successo sperato, incappando anche in problematiche legali con la produzione di Star Wars, ma a sancirne il fallimento fu soprattutto l’incredibile budget necessario, che non trovava ragion d’essere in termini di ascolti.
Dopo una prima chiusura, Battlestar Galactica ebbe una seconda occasione con una seconda stagione, frutto della tenacia con cui i fan chiesero di mantenere viva l’idea di Larson. ABC pensò quindi di accontentare gli appassionati realizzando Battlestar Galactica 80, ma questa seconda stagione fu un flop devastante, al punto che per diversi anni il nome Battlestar Galactica rimase un ricordo dei nostalgici della serie fantascientifiche.
Nonostante questo fallimento, non mancarono dei tentativi di riportare in vita il franchise di Battlestar Galactica. A dare linfa a questi tentativi, era anzitutto la presenza di un fandom nostalgico che sembrava non arrendersi alla morte della serie. Nata nel periodo in cui anche un’altra grande serie fantascientifica, Star Trek, aveva trovato nuova vita, il Galactica aveva fatto breccia nel cuore degli appassionati che cercavano una fantascienza di grande spessore all’interno del medium televisivo.
I primi entusiasmi…
Forte di questa convinzione, uno degli attori del cast originale, Richard Hatch, fece di tutto per riportare in auge la serie. Interprete di Apollo, Hatch aveva rifiutato di tornare in Battlestar Galactica 80, ma aveva mantenuto un rapporto affettivo intenso con la serie che gli aveva dato il successo. Motivo per cui diede vita a Battlestar Galactica: The Second Coming.
L’idea di Hatch era quella di realizzare un film che potesse convincere la Universal, detentrice dei diritti, a riprendere la storia del Galactica, partendo dal finale della prima stagione e cancellando gli eventi di Battlestar Galactica 80 (in cui Hatch non era presente). A sorpresa, non venne riproposto uno dei personaggi più amati della serie originale, Starbuck (in italiano Scorpion), interpretato da Dirk Benedict, divenuto nel frattempo celebre come Templeton ‘Sberla’ Peck dell’A-Team.
Battlestar Galactica: The Second Coming, una volta completato, avrebbe avuto una durata di mezz’ora, e un trailer di circa cinque minuti venne presentato in occasione del DragonCon di Atlanta nel luglio 1999. I presenti furono entusiasti, convincendo Hatch a presentare il film finito in diverse convention, cercando di sollevare anche l’interesse di Universal.
Pensiero che aveva avuto anche Glen A. Larson, creatore della serie, che aveva avvicinato Todd Moyer, produttore con una passione per i film di fantascienza reduce dalla produzione di Wing Commander. Larson voleva raccontare gli eventi di Battlestar Galactica in un film, che avrebbe avuto come ambientazione un’altra astronave da guerra coloniale sopravvissuta, la Battlestar Pegasus.
…stroncati da una tragedia mondiale
Tutte queste idee stavano faticosamente prendendo forma, senza che nessuno fosse a conoscenza che la Universal stesse già lavorando per una nuova serie di Battlestar Galactica. Nel 1999 si era identificato Bryan Singer come la figura ideale per riportare al successo la serie, con una storia ambientata venticinque anni dopo gli eventi della prima serie, con la presenza di volti noti e nuovi personaggi.
Tutto sembrava pronto per una data di uscita fissata per la prima 2002, con inizio delle riprese a novembre 2001, al completamento dei set. A interrompere il progetto sopraggiunse una delle grandi ferite dell’America contemporanea: la strage dell’11 settembre 2001. Questa tragedia stravolse la società americana in ogni aspetto, compreso il mondo dell’entertainment: i ritardi inevitabilicostringendo Singer a lasciare il progetto per impegni precedenti (ovvero X-Men 2) e Fox perse interesse nel progetto, causandone la cancellazione.
Alla fine del 2001, i tre potenziali progetti per la rinascita di Battlestar Galactica nemmeno uno aveva preso vita. Ma non era ancora detta l’ultima parola, e il salvatore delle Dodici Colonie avrebbe presto avuto un nome: Ronald D. Moore.
La rinascita di Battlestar Galactica
Il destino di Battlestar Galactica, in realtà, fu segnato da una congiunzione particolarmente felice, che riguardava anche una degli emittenti che avevano portato la fantascienza televisiva nuovamente in auge: Sy-Fy.
Sy-Fy (oggi noto come SciFi) era un canale televisivo che basava, come lascia presagire il nome, la propria esistenza sulla fantascienza. E non poteva esser diversamente, considerato che all’origine di questa emittente c’erano nomi forti della fantascienza, da Gene Roddenberry, creatore di Star Trek, a Isaac Asimov, scrittore celebre per il suo ciclo sui robot.
Nel 2003, Sy-Fy sta cercando una nuova serie di fantascienza per il proprio palinsesto, che mantenessero inalterato la sua fama. Coincidenza vuole che in quello stesso anno uno degli sceneggiatori di punta di un colosso della fantascienza televisiva, Star Trek, si stia avviando alla fine della sua collaborazione: dopo avere dato spessore alle trame di The Next Generation, Deep Space Nine e Voyager, Ronal D. Moore è libero da obblighi verso la saga di Roddenberry.
A questo si aggiunge un terzo elemento: sta cambiando la percezione della serialità. Le serie stanno diventando sempre più apprezzate, ampliando la loro presenza con tematiche di spessore e capaci di rivaleggiare con le grandi produzioni cinematografiche. Aumentano gli investimenti, le major sono pronte a sperimentare e investire, ma al contempo sono altrettanto spietate nel cancellare e tagliare serie non remunerative. Il tutto primo che arrivasse la vera fautrice del cambio di percezione della serialità televisiva, Lost.
In questa congiuntura, dunque, si trovano a convergere, questi elementi, essenziali a riportare in vita Battlestar Galactica. Che, a tutti gli effetti, è stata ampiamente ricompensata della lunga attesa per tornare sul piccolo schermo, visto che è stata plasmata da Moore.
Ad avviare questa rinascita è la Universal stessa, che cancellando tutte le precedenti proposte prende una decisione: nessun sequel, serve un reboot.Le tematiche originali dell’idea di Larson, nel 1978, non erano state ben recepite e ne era uscita una caratterizzazione poco incisiva, rivolto ad un pubblico diverso rispetto a quello moderno, desideroso di avere più livelli di lettura delle storie.
Motivo per cui si pensò ad una miniserie di quattro ore, e il nome che tutti pensarono fu quello di Ronald D. Moore. Sin da questo primo passo, le idee erano chiare: in caso di successo, ne sarebbe scaturita una serie. Moore, quindi, lavorò già immaginando sviluppi futuri, gettando le basi per la creazione di una trama orizzontale profonda e appassionante. Superfluo dire che Moore scommise con intelligenza, considerato che la miniserie Battlestar Galacticadel 2003 fu la più vista ed apprezzata dell’annata televisiva, garantendo quindi la nascita di una serie!
La nuova anima di Battlestar Galactica
Quando nel 1978 uscì la prima serie di Battlestar Galactica, Glen A. Larson aveva infuso, seppure in modo confusionario, diverse influenze religiose e mistiche all’interno della sua idea,guidato anche dalla sua fede mormone. All’epoca, queste filosofie religiose erano viste come una preziosa aggiunta all’ambientazione, soprattutto nella speranza di ricreare il successo della misteriosa Forza inventata da Lucas per il suo Star Wars.
In Battlestar Galactica, però, tutte le idee e le filosofie di Larson non trovarono piena realizzazione, rimanendo una promessa disattesa. In compenso, quando Moore prese in mano il progetto decise di rivedere anche questo aspetto, avendo anche una visione precisa di quello che non aveva funzionato anni prima nella serie
“Battlestar Galactica aveva grandi potenzialità, ma era una serie impossibile da realizzare nel 1978 sulla ABC. Ogni settimana erano obbligati a mandare in onda una combinazione di Star Trek e Star Wars. In più, iniziava cupamente, con un incipit inquietante e graffiante, narrativamente impossibile da sviluppare al tempo”
Parole forti, ma che erano anche frutto della sua esperienza con la regina della serialità televisiva di fantascienza, Star Trek. Dopo un decennio a scrivere storie ambientate dove nessun uomo è mai giunto prima, Moore aveva ben chiaro come sviluppare un’organizzazione sociale credibile e funzionale, imparando anche dagli errori dell’universo di Roddenberry: evitare morali comode e dare vita a personaggi moralmente imperfetti.
Per Moore, Star Trek è una serie troppo lineare, rigida su alcuni concetti. L’aver sempre voluto imporre un distacco con la religione, imposizione nata sin dalla serie originale, era vista come un torto all’umanità futura, che umanamente cercherà sempre una figura ‘superiore’ a cui rivolgersi. Secondo Moore, privare l’umanità futura di un rapporto con il divino, senza analizzarlo, e cancellare quell’affinità con il sovrannaturale era sbagliato. Era innaturale.
Solo una cosa, il buon Moore, vede di utile in Star Trek: le dinamiche narrative. Alla base dello Star Trek ‘tradizionale’, ossia serie originale e The Next Generation, la storia si svolge principalmente sul ponte di comando e poi in seguito si apre marginalmente in altre location. Moore fa tesoro di questa lezione, specialmente nella miniserie pilot, dove il ponte di battaglia del Galactica è il teatro principale della scena. E non potrebbe essere diversamente, considerato che in prima battuta Battlestar Galactica di Moore è una storia di guerra e disperazione.
Dopo anni nel silenzio, i Cyloni, esseri cibernetici creati dall’uomo e con cui questi si sono scontrati in una sanguinosa guerra, sono tornati e infliggono una dura batosta alle forze umana: un attacco simultaneo a tutte le Dodici Colonie, sterminando quasi totalmente la razza umana. A guidare i pochi sopravvissuti, l’ammiraglio Will Adamo (Edward James Olmos), prossimo alla pensione che trasforma la sua vecchia nave da battaglia, la Battlestar Galactica, pronta a diventare un museo, nell’ammiraglia della flotta dei sopravvissuti. Se Adamo è il leader militare, tocca a Laura Roslyn (Mary McDonnell), sotto segretario all’istruzione, diventare la guida politica delle Dodici Colonie, in quanto unica sopravvissuta del corpo politico coloniale.
Lotta alla sopravvivenza
In tutto questo, si colloca una lotta per la sopravvivenza contro una razza aliena, ma non nel senso fantascientifico classico del termine. Anche perché uno dei membri essenziali del cast, Edward James Olmos, avevo imposto contrattualmente che nella serie non apparissero mostri o razze aliene. Un diktat che non sconvolse particolarmente la produzione, dato che Battlestar Galactica, infatti, non pone l’umanità a confronto con altre specie, ma idealmente con una propria creazione: i Cyloni.
Questi esseri meccanici sono frutto della mente umana, e hanno un rapporto innovativo con la specie creatrice. Solitamente, le intelligenze artificiali e i robot, nella fantascienza, cercano di imitare e integrarsi con l’umanità, da L’uomo bicentenario a Io, Robot. Moore, in un certo senso, si allontana dall’integrazione di Asimov per avvicinarsi alla concezione di Dick, resa celebre da Blade Runner: l’intelligenza artificiale si ritiene superiore all’umanità. E quindi la stermina, perché considerata inferiore.
È un elemento narrativo centrale in Battlestar Galactica, utilizzato spesso come contrapposizione ad un’umanità dipinta cinicamente e presentata in un’ottica non sempre lusinghiera. I sopravvissuti sono costretti ad angherie e difficoltà che ne fanno emergere gli aspetti più autentici, dando vita a narrazioni profonde anche dal punto di vista sociale, con tradimenti, amori e tensioni che rendono vivo l’interesse dello spettatore. Tendenzialmente, perché Moore non crea personaggi monolitici, ma li rende credibili, dotati di luci ed ombre, facendone emergere le debolezze. Li rende, insomma, umani.
Moore cerca un realismo narrativo che diventa il tratto distintivo di Battlestar Galactica. L’emotività dei personaggi non è il solo metro di paragone di realismo, Moore coinvolge tutti gli aspetti della narrazione televisiva.
In ogni aspetto, Moore cerca di cogliere sfumature di quella che è, fondamentalmente, una storia di umanità ferita e disperata. Non a caso, alcune scene si rifanno idealmente a momenti tragici della storia, come il giuramento della Roslyn, che viene modellato su quello di Johnson alla morte di Kennedy. In un certo senso, questi 50.000 sopravvissuti si trovano a fronteggiare uno shock come l’America all’assassinio di Kennedy, il doversi ricreare un’identità dopo che il mondo è finito.
Ricreare un’identità
In questo, Moore è stato abilissimo. A bordo del Galactica si cerca costantemente una nuova identità, uomini oramai distrutti ritrovano una ragione di vita e persone che erano convinte di dominare il mondo scoprono che ora tutto è cambiato. Battlestar Galactica è una storia di sopravvivenza, crea un sistema sociale in cui le regole si scrivono ad ogni episodio, mettendo in discussione morale e umanità, con il fine della sopravvivenza: ma a quale scopo?
In questo interrogativo si racchiude la differenza sostanziale tra il classico Battlestar Galactica e il suo reboot. Se la serie originale manteneva una certa leggerezza, con umorismo e un tono avventuroso da space opera tradizionale,la visione di Moore è più terrena, più concreta.
Pur mettendo in gioco forze divine, Moore analizza l’umanità di Battlestar Galactica con una diversa mentalità, approfondendo dinamiche complesse e animate da angoscianti dilemmi etici. Quello che a suo tempo non fece Larson, a Moore è stato consentito, dando vita ad una delle migliori serie di fantascienza della storia.
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