#le endorfine della corsa sono insostituibili
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nusta · 3 years ago
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discorsi caotici
In questi giorni ho fatto pensieri e ragionamenti e discussioni caotiche su varie questioni e questa sera, l’ennesima in cui non vado a correre per il caldo e per la mancanza di gente in circolazione, forse posso provare a mettere in fila qualche pezzo dei discorsi.
C’è il discorso della Guerra, che è un discorso enorme ed eterno, come la guerra stessa forse. Lo scorso weekend è capitato per caso a tavola con mia nipote e la settimana prima avevo fatto un giro tra le tombe dei soldati della prima guerra mondiale al cimitero e nel mezzo c’è stata la morte di Gino Strada e l’avvicendarsi di notizie sulla situazione in Afghanistan. E nei miei giorni ci sono stati pensieri per i soldati di allora e di oggi, a partire da mio nonno partigiano, di cui ci ha raccontato le vicissitudini lavorative mia mamma l’altro giorno dopo pranzo. Storie del nostro dopoguerra e della nostra povertà, come paese, delle occasioni che abbiamo avuto e che abbiamo perso, come persone, come gente, come nazione. E ora sembra tutto ancora più complicato o forse è solo più esplicito e mi chiedo quanto senso abbia parlare di autodeterminazione di un popolo, quanto ci si possa aspettare che “ci devono pensare da soli”, quando siamo tutti così legati all’economia globale, quando, anche al di là del concetto di Patria, il proprio spazio è il proprio mondo, e il territorio geografico stesso ha una sua peculiarità talvolta irrinunciabile, delle specificità a cui si ancorano sì grosse difficoltà ma anche grosse potenziali risorse e sopra a quella terra ci sono reti di conoscenze, parentele, amicizie, legami affettivi che non possono essere sciolti senza conseguenze, e pensare di andarsene o di restare non è affatto una scelta scontata, o addirittura possibile. Perchè per potersi “autodeterminare” ci dovrebbe essere un ventaglio di possibilità tra cui poter scegliere, mentre per molte persone non è così.
C’è il discorso del Lavoro, di quanto sia difficile per la mia generazione e per quelle ancora più giovani far capire ai nostri genitori la differenza tra la nostra situazione e la loro. A livello esistenziale, proprio. Ma siccome l’esistenza del mio quotidiano è riempita per 8 ore e oltre dal mio lavoro in ufficio, inevitabilmente spesso la frustrazione ruota intorno a questo profilo di intraducibilità. Mi trovo a confrontare le loro battaglie con quella che potrebbe essere definita arrendevolezza, da parte mia, se non fosse una strategia di difesa a protezione della mia pace mentale. Loro hanno affrontato altre sfide e loro due in particolare non sono nemmeno rappresentativi della loro generazione e se gli dici Voi nel senso di Quelli della Vostra Età fanno fatica ad accettare di essere parte di un gruppo che ha vissuto un’epoca diversa dal presente e ha avuto vantaggi così come svantaggi diversi da chi è “giovane” ora, un gruppo che forse non ha proprio gli strumenti concettuali necessari per comprendere la nostra esperienza, semplicemente perchè non li ha mai dovuti maturare. Così come noi non capiremo mai come possono essersi sentiti loro. Forse lo potremmo studiare, ma la distanza cognitiva tra fare un ragionamento a fronte di un’esperienza vissuta e a fronte di un’esperienza “studiata” è comunque notevole e forse troppo spesso trascurata quando si cerca di dialogare con chi ha avuto una storia diversa dalla nostra alle spalle. Per la cronaca, era la prima volta che i miei genitori sentivano parlare del concetto di “Boomer”.
C’è appunto il discorso delle Generazioni, che è una generalizzazione utile e inutile al tempo stesso, come tutte le generalizzazioni. Però ora che ho due rappresentanti di quella più recente a stretto contatto e la più grande mi comincia a porre Grandi Domande, mi devo chiedere come ragionare con lei e con Loro. Oggi ho visto un bel video di Rowan Ellis sull’attivismo e sull’importanza di non liquidare le domande altrui con un “cerca su google”. L’altro giorno ho letto un post in cui si parlava dell’importanza di tenere presente la relativa “novità” di tutte queste risorse per imparare qualcosa, per educarsi e comprendere meglio il mondo. E se penso al Grande Pericolo della Disinformazione e alla enorme barriera d’accesso posta da tutto ciò che serve per “visitare” un sito web, e prima ancora a costruirlo e a tenerlo in piedi, mi chiedo quanto sia particolare la mia, di generazione, l’ultima che ha fatto le scuole medie senza computer e telefonini e però ha cominciato a vederli in giro prima di arrivare al diploma delle superiori. Molti appunti dell’esame di maturità li ho scritti a macchina e il primo pc l’ho comprato di seconda mano solo l’anno dopo, dal mio fidanzato, che ha avuto l’occasione di montarsene uno nuovo. Ricordo che mi salvavo le pagine web per leggere con calma e non occupare la linea telefonica di casa. Mi chiedo se e quanto la nostra prospettiva sia diversa da quella di chi è arrivato online solo quando si è trovato lo smartphone in tasca, perchè un pc non ha mai pensato fosse necessario, e magari ora si trova alle prese con lo Spid e i troll nei commenti su Facebook e non ha idea di cosa sia la netiquette. E da quella di chi sa far partire un video su youtube o fare una videochiamata su whatsapp prima ancora di aver imparato a scrivere. Mi chiedo quanta distanza cognitiva ci sia, quanto sia incolmabile e quanto invece potremo comprenderci, nelle nostre diverse paure e perplessità nei confronti di questo universo di informazioni apparentemente a disposizione. Quanta autorevolezza dovremo mostrare per essere convincenti, quando arriveranno all’età della sfida, e quanta umiltà saremo in grado di mostrare quando arriveranno all’età della maturità. Perchè le loro battaglie saranno diverse dalle nostre, le loro esigenze, i loro pericoli, saranno nuovi e inediti e allo stesso tempo sembreranno simili a quelli che abbiamo affrontato noi e sicuramente in qualcosa lo saranno davvero. Sicuramente alcune battaglie le combatteremo insieme, perchè nessuno sarà ancora riuscito a vincerle definitivamente, purtroppo.
C’è infine il discorso della Serenità, che è una delle mie priorità costanti ed è a volte estremamente difficile da conservare. Perchè ci sono pensieri pesanti  e scadenze impellenti e parole sgarbate e caldo opprimente e desideri irrealizzabili. E mantenere a fuoco la prospettiva giusta, allargare l’obiettivo in modo da comprendere ciò che vale la pena di mettere in evidenza, non è facile. E in questi giorni ho visto alcuni video sui fenomeni come cottagecore e dark academia, in cui si parlava anche del fatto che il recente successo di queste “estetiche” stia anche nella possibilità di offrire una via di fuga dalla realtà, quando questa non te ne mette a disposizione molte altre, una valvola di sfogo per la vena creativa che spesso viene frenata o soffocata dalle esigenze della routine quotidiana scandita dagli orari e dai ritmi imposti da attività organizzate da qualcun altro. E però è proprio questa vena creativa che ci rende umani e per quanto possiamo andare avanti in questo modo? E lo so che non sono da sola in questa difficoltà emotiva, a ritagliare e costruire gli spazi e i modi per cercare di Stare Bene. E lo so pure che io stessa pretendo troppo da me stessa. Perchè alla fine in un giorno ci sono 24 ore e poi è l’indomani. E una volta che uno lo sa, si regola di conseguenza, dico sempre. Anche lasciando spazio a una buona dose di caos. E comunque la prossima settimana, caldo o non caldo, gente o non gente, torno a correre.
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