#la mia specie di giardino
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Sbaam
I boccioli della mia Dalia.
Che gioia 🌺
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Se mi vedete nel vostro giardino, aggiungete del cibo (carne cruda non salata, carne macinata; mi piace anche il cibo per gatti ma non il pesce) e l'acqua. Non darmi il latte, causa problemi di stomaco e potrei morire di disidratazione. Ma io sono ingenuo e se vedo il latte bevo.
Non darmi il latte.
Non usare insetticidi o trappole. Sono innocuo e aiuto nel tuo orto perché mi nutro di insetti che attaccano verdure.
La mia specie sta scomparendo, aiutatemi a rimanere vivo.
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NO LATTE o rischio di morire.
Se mi vedete nel vostro giardino, aggiungete del cibo (carne cruda non salata, carne macinata; mi piace anche il cibo per gatti ma non il pesce) e l'acqua. Non darmi il latte, causa problemi di stomaco e potrei morire di disidratazione. Ma io sono ingenuo e se vedo il latte bevo.
Non darmi il latte.
Non usare insetticidi o trappole. Sono innocuo e aiuto nel tuo orto perché mi nutro di insetti che attaccano verdure.
La mia specie sta scomparendo, aiutatemi a rimanere vivo.
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📷 Cammino portoghese 2023.
Tu mi hai rapito il cuore, o mia sorella sposa mia! Tu mi hai rapito il cuore con un solo sguardo dei tuoi occhi, con uno solo dei monili del tuo collo. Quanto è piacevole il tuo amore quanto migliore del vino è il tuo amore e la fragranza dei tuoi olii profumati e più soave di tutti gli aromi. Le tue labbra stillano come un favo di miele, miele e latte sono sotto la tua lingua e la fragranza delle tue vesti è come la fragranza del Libano. Tu sei un giardino chiuso, una sorgente chiusa e fonte sigillata. I tuoi germogli sono come un giardino di melograni con frutti squisiti piante di alcanna con nardo e croco, cannella e cinnamomo, con ogni specie di alberi d'incenso, mirra e aloe con tutti i migliori aromi. Tu sei una fonte di giardini, un pozzo di acque vive coi rivi che scaturiscono dal Libano. Tu sei tutta bella amica mia!
Ca. 4:9-15 📖
lan ✍️
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Gli alberi sembrano identici che vedo dalla finestra. Ma non è vero. Uno grandissimo si spezzò e ora non ricordiamo più che grande parete verde era. Altri hanno un male. La terra non respira abbastanza. Le siepi fanno appena in tempo a metter fuori foglie nuove che agosto le strozza di polvere e ottobre di fumo. La storia del giardino e della città non interessa. Non abbiamo tempo per disegnare le foglie e gli insetti o sedere alla luce candida lunghe ore a lavorare. Gli alberi sembrano identici, la specie pare fedele. E sono invece portati via molto lontano. Nemmeno un grido, nemmeno un sibilo ne arriva. Non è il caso di disperarsene, figlia mia, ma di saperlo mentre insieme guardiamo gli alberi e tu impari chi è tuo padre.
— Franco Fortini, Gli alberi
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L’albero a cui tendevi la pargoletta “ah ‘nfame!”
A volte le attese non sono ripagate. La vita probabilmente è bella proprio per questo, non sai mai cosa ti riserva ed il solo pensiero che un giorno di monotono grigiore possa essere spezzato da un lampo di luce ti pone sempre nella prospettiva che tutto sia un dono. Tranne che per il melograno che ho in giardino. In realtà è un ritaglio di terra, piena zeppa di piante di vario genere che incornicia un approssimativo rettangolo di cemento dove parcheggiamo le auto. È un cemento vissuto, pieno di crepe a loro modo poetiche, tutte indistintamente testimoni della nostra vita familiare. Quante auto hanno lasciato l’impronta dei propri pneumatici su quel cemento! Papà vende automobili, contare il numero di veicoli che hanno, anche per un solo giorno, bivaccato in quel cortiletto è per me impresa impossibile. Molte persone passano decenni con una sola macchina, noi no, non ci siamo potuti mai affezionare ad un Pandino rosso con gli interni in finta pelle o una Citroen col paraurti un po’ ammaccato come tutte le persone normali. Nossignore, un porto di mare quel cortiletto col cemento un po’ crepato. Però tutte le piante messe lì ad addolcirne la seriosa austerità hanno sempre reso il tutto un gradevole posto dove tirare due calci ad un pallone quando la mia vita era un po’ più spensierata e sicuramente meno invasa dall’elettronica di consumo. E tra quelle piante spicca un albero maestoso, di cui non mi sono mai chiesto la specie, ma che è la quintessenza della bellezza, almeno ai miei occhi. Ci passavo davanti oggi, alle sette del mattino e mi sono fermato un attimo ad osservare la deliziosa cupola verde formata dall’intreccio di rami e foglie che pian piano diradano in due tronchi, cosa assai strana invero, che si attorcigliano parzialmente uno sull’altro, sembrando ai miei occhi ormai concupiti da concetti scientifici, quasi un richiamo alla scala a chiocciola del DNA. Poi lo sguardo si è posato su un piccolo arbusto, poco distante dal mio amato albero senza nome. Un alberello smilzo, venuto su quasi a stento in quasi trent’anni, quando la zia lo pianto con ben altri intenti. Ci ha messo una vita a superare il metro e mezzo, venendo meno a tutte le promesse e le aspettative che ci eravamo fatti. Per una vita ho sognato di gustarne i frutti maturi e lui sempre lì, ogni anno impercettibilmente più alto e sempre più smunto ed anemico. Ho sempre pensato che non avrebbe mai dato frutti e già pensavo al Carducci che con lui avrebbe avuto ben poca ispirazione per la sua famosa poesia. Ed invece dopo ben 30 anni suonati il primo frutto, l’anno dopo ben due e quest’anno abbiamo voluto esagerare con ben 8 bei melograni. Li raccolgo tutto contento e li assaggio. Avrei preferito un bicchiere di cicuta, tanto erano amari quei frutti, tutto sommato gradevoli da vedere ma aspri come l’ultimo bacio che mi diede una mia ex prima di dirmi che era finita per sempre. A volte le attese non sono ripagate. Dopo tutto chi nasce melograno, non può morire tiramisù ma per me, mio caro albero, rimani un grande infame.
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cosa significa il nome del blog?
Il significato letterale è “l’arte sensibile”, tuttavia, è stato creato dal connubio di due parole francesi a cui, ho associato un pensiero, un’emozione e un modo di vivere. Mi hanno sempre giudicato per la mia sensibilità, per la mia capacità di alzare i veli dell’illusione, di riuscire a scovare nelle profondità degli abissi, mi hanno sempre allontanato per la mia sensibilità, poiché, era strana, a tratti spaventosa. Per molti anni, ho sofferto in silenzio per la mia sensibilità, perché mi rendeva diversa. Avevo qualcosa che gli altri non capivano e allontanavano, possedevo qualcosa che non avevo mai richiesto e per cui soffrivo. L’unica cosa a cui ambivo era l’amore, poter essere amata da qualcuno, per molto tempo la sensibilità non mi ha permesso di essere amata, almeno, così credevo. Ho donato tutte le colpe a me e alla mia capacità di essere sensibile, quando in realtà, io non avevo nessuna colpa di essere com’ero. Con il tempo ho cercato di amare, una cosa che ritenevo odiosa: essere me. Inutile dire, quando ho imparato ad accogliere la mia sensibilità, alcuni semi hanno iniziato a fiorire, trasformando un giardino privo di fiori, colmo di specie diverse di piante. Trasformando la mia maledizione in benedizione, trasformando la mia sensibilità in un modo di vivere e di percepire il mondo, un mondo colmo di fiori, significati e valori. Della sensibilità ho colto innumerevoli doni, riuscendo a trasformarla in un’arte. L’arte di essere sensibile. Un nome che mi rappresenta per tanti altri motivi e circostanze, motivi che narrerò se ne avrò l'occasione.
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Per chi abita in… Via delle Lame
Un tempo, prima che la Repubblica Fiorentina facesse eseguire i lavori di arginatura e le opere difensive lungo la riva del fiume, l’Arno dilagava nella campagna, si divideva formando due rami, tra i quali restava una lingua di terra, una specie di piccola isola, che prese il nome di Bisarno, che ha il significato di doppio Arno (bis-Arno). Nel terreno paludoso, l’acqua che ristagna forma pozze che sotto il sole appaiono lucenti come lame d’acciaio, ed ecco l’origine del nome Via delle Lame, che attraversa tutto il piano del Bisarno. La strada ha una storia antica, lungo il suo corso vi sono delle ville ed un Borgo esistenti fin dal Quattrocento. Diverse illustri famiglie fiorentine avevano case e terreni in questa zona, ad esempio i Cavalcanti, i Barducci, i Bardi, gli Alberti.
In Via delle Lame, all’angolo col Viuzzo che porta lo stesso nome, delle Lame, si trova una villa, che ho scoperto di recente, in quel poco tempo che il maltempo ha concesso ad una passeggiata. Sulla facciata si trova una targa, che riporta il nome “Villa Barberina”, ma in passato si chiamava l’Arnino o Villa Arnina. Mi ci è cascato l’occhio perché, sull’alto muro di cinta, si trovano a decorazione tre statue in terracotta, ed un busto.
In origine sembra si chiamasse “Il Limbo”, forse in contrasto con alcune zone limitrofe, conosciute come Inferno e Paradiso. La costruzione è di inizio Quattrocento, ed apparteneva ai Del Cappa, che avevano case in Firenze nella via che prendeva il nome dall’Albergo del Guanto; in seguito passò ai Nasi, quando nel 1491 Lionarda, vedova di Ser Niccolò del Cappa decise di vendere a Battista di Giovanni Nasi, famiglia che nella pianura di Ripoli aveva importanti possedimenti. Giusto per la cronaca, alla famiglia Nasi appartenne Bartolomea, una delle amanti di Lorenzo il Magnifico, che per lei aveva una discreta passione, nonostante non si trattasse di una donna particolarmente avvenente. Ne parleremo più diffusamente in un altro momento.
Successivamente, la proprietà della Villa passò ai Pergolini, dopo la confisca dei beni operata su un discendente della famiglia Nasi, poi ai Gherardini e, ad inizio Settecento, agli Altoviti che la ricevettero in pagamento di crediti vantati nei confronti dei Gherardini. A metà dell’Ottocento fu acquistata dallo svizzero Enrico Stupan, il titolare del Caffè Elvetico, in Mercato Vecchio, nel quale artisti di ogni genere amavano ritrovarsi: “...orefici, cesellatori, gioiellieri, gettatori di metalli, lavoratori di brillanti, scultori, modellatori, pittori sbozzatori, tutti tipi schiettamente fiorentini, tutta gente allegra, spensierata, italianissima, pronta di lingua e, capitando il bisogno, anche di mano.
Da questo caffè uscivano per il solito quei motti arguti, quegli epigrammi a due tagli e quelle satire corte e affilate, come rasoi, che passando di bocca in bocca, facevano il giro di tutte le case, di tutti i crocchi o di tutte le brigate, senza che nessuno arrivasse mai a poterne indicare con precisione il nome dell’autore: lampi spontanei e collettivi dell’antico spirito fiorentino.” (Carlo Collodi, Occhi e nasi). Il cortile della villa è rinascimentale, una volta con un portico a tre arcate, su un solo lato, che oggi risulta murato. L’alto muro su cui si trovano le statue in terracotta, delimita un giardino pensile, che mi sarebbe proprio piaciuto riuscire a vedere, ma… era troppo in alto! Bisogna accontentarsi di una veduta satellitare, anche se certo non rende l’idea… Purtroppo, l’addensarsi di nere nuvole promettenti un’altra bomba d’acqua, mi ha impedito di continuare la mia passeggiata, per ora… ma non può piovere sempre!
Gabriella Bazzani Madonna delle Cerimonie Read the full article
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Era più o meno questo periodo, nel 2018. 19 anni. L'incubo della matura sempre più vicino. Ricordo che fumavo le cicche in terrazzo con il maglione addosso e 24 gradi fuori. Il libro di chimica sulle gambe. Un'ansia addosso, orribile. Sapevo di dover per forza studiare, di dover fare una fatica immane per creare solo bei ricordi, quelli successivi alla matura, agli esami, a tutto quello che avrebbe coronato la fine di quel periodo eterno che è stato il liceo. La quantità di feste, tipe, amici, serate, compleanni, ora me la sogno. Fare notte con la musica nelle cuffie. Da una parte studiavo tutti i grandi della letteratura italiana, quelli di duemila anni prima, qualche stronzo nel mezzo che ha fatto qualche guerra, e qualche megalostronzo che si è inventato le leggi della fisica e i teoremi della matematica. L'inglese non lo considero all'altezza, era letteratura, bastava ricordare due robe, poi improvvisavi un po', tanto sapevo dire qualcosa se un minimo di basi di studio erano disperse nella mia memoria. Ora come ora tutte le ragazze che mi sono interessate l'ultimo anno si sovrappongono in una melma di emozioni e scarsi ricordi. C'è stata quella sera al compleanno della Camilla, ballando in giardino con una sua amica, era bellissima, non sono riuscito a non dirglielo e lei ha sorriso. Me la sono giocata male. La Eli, in classe con la Ale, timidissima, poi ha cominciato a parlare solo con me, la streghetta della Bea ha messo la zampino facendomi credere ci tenesse a ballare con me, ma da pirla ero troppo distratto da tutte le altre tipe all'ennesimo diciottesimo. Un'altra giocata male. La B, con la quale sono uscito da solo e parlando mi è sembrato di perdere la voce tanta era l'emozione, quando esci un po' troppo sincero e ti sorprendi della facilità con cui ciò accade. Quella è stata una brutta giocata prolungata per anni. La Ele, madonna quanto mi ha fatto patire, prima quando stava con un mio amico, le chiamate alle tre di notte, le serate insieme, i messaggi infiniti, tutta quella schifezza che sono le belle persone, quindi le belle amicizie che poi si trasformano, una gran bella schifezza che complica tutto. La musica tecno in auto come unica conseguenza positiva della G. Ma tanto preferisco la house, ho sempre preferito la house alla tecno. Poi un'estate infinita, surreale, nessuna preoccupazione per la prima volta per anni, l'alba di un nuovo inizio. E poi una cazzata dietro l'altra. Ma ovvio, anche F, indomabile e pigra, una specie di cagnolino con il naso a punta all'insù, fuori forma, ma elegantissima, una tattica valida: provarci con una tua amica così che ti possa scarica addosso una miriade di amiche sue per toglierti di torno. Le stelle in mezzo all'acqua non te le meritavi, cara. Poi si invecchia, si continua ad ascoltare la musica di notte quando si è esausti per lo studio, si continua a scrivere alla velocità della luce, senza pensare troppo, come fosse una specie di terapia personale, un abbraccio fuori dal tempo. E tutto sembra relativamente piccolo così, negli anni, nel tempo, tutto si riduce a una schifezza, un insetto sul parabrezza, o meglio, una collezione di "stone-chips" sul cofano della propria Porsche mentre la si usa per viaggiare. Quando ti si rovina la vernice, sembra una cazzo di tragedia greca, da inginocchiarsi a terra e urlare con le braccia al cielo e gli occhi lucidi, poi un giorno ti fermi e guardi il risultato. È tutto un po' incasinato e rovinato, ma ogni segno è qualcosa che è successo, un viaggio, un tramonto, un alba, un cuore spezzato, una sfiga atomica, una notte in bianco a studiare o a parlare, e allora tutti questi brutti graffietti cominciano a starti simpatici, come vecchi amici che è difficile ricontattare ma che quando li rivedi, beh, sembra non essere passato un secondo.
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Il Rododendro: Splendore e Fascino nel Mio Giardino
Ciao a tutti! Sono Andrea, appassionato di giardinaggio e fondatore di Giardinoweb, il blog dedicato a chi ama vivere a stretto contatto con la natura. Oggi voglio parlarvi di una pianta che occupa un posto speciale nel mio cuore: il Rododendro, un vero gioiello che regala fioriture spettacolari e colori vibranti. Un Fiore con Mille Volti Il Rododendro, conosciuto anche come "Albero delle Rose", vanta una varietà incredibile che conta oltre 1000 specie. Originario prevalentemente delle zone montane dell'Asia e dell'Europa, questo arbusto sempreverde si distingue per le sue foglie coriacee e i suoi fiori, che possono assumere forme e dimensioni diverse. Nella mia esperienza, ho avuto la fortuna di coltivare diverse varietà di Rododendro, ognuna con il suo fascino particolare. Tra le mie preferite ci sono: Il Rododendro ponticum: un classico dalle fioriture abbondanti e profumate, che spaziano dal bianco al rosa intenso. Rododendro ponticum flower Il Rododendro catawbiense: dalle grandi infiorescenze a forma di coppa, disponibile in una palette di colori che comprende il rosso, il viola e il porpora. Rododendro catawbiense flower Il Rododendro molle: noto per la sua fioritura precoce, che avviene già a fine inverno, con fiori delicati di colore giallo o arancione. Rododendro molle flower Un Ospite Speciale nel Giardino Inserire un Rododendro nel proprio giardino significa accoglierlo come un ospite d'onore, a cui dedicare attenzioni e cure particolari. Per garantire a questa pianta tutto il suo splendore, è fondamentale scegliere la posizione giusta: predilige zone semi-ombreggiate, riparate dai venti forti e dai raggi diretti del sole, soprattutto durante le ore più calde della giornata. Il Rododendro ama i terreni acidi e ben drenati, quindi è importante preparare un substrato adatto con torba, terra di erica e sabbia. Le annaffiature devono essere regolari, soprattutto durante il periodo di fioritura, evitando però i ristagni d'acqua che potrebbero danneggiare le radici. Potatura e Concimazione Per mantenere il Rododendro in forma e favorire una fioritura rigogliosa, è consigliabile effettuare una potatura leggera dopo la fioritura. In questo modo si eliminano i rami vecchi e danneggiati, stimolando la crescita di nuovi germogli. Per quanto riguarda la concimazione, è sufficiente somministrare un fertilizzante specifico per piante acidofile una o due volte all'anno, in primavera e autunno. Un Fiore che Conquista Con le sue fioriture spettacolari e i suoi colori vivaci, il Rododendro è in grado di conquistare il cuore di ogni appassionato di giardinaggio. La sua bellezza si aggiunge alla sua facilità di coltivazione, rendendolo una scelta ideale per chi desidera impreziosire il proprio giardino con un tocco di classe ed eleganza. Se state pensando di inserire un Rododendro nel vostro spazio verde, vi consiglio di visitare un vivaio specializzato e di chiedere consiglio a un esperto per scegliere la varietà più adatta alle vostre esigenze. Con un po' di cura e attenzione, questa pianta regalerà al vostro giardino anni di fioriture spettacolari e colori indimenticabili. Non dimenticate di condividere le vostre esperienze con i Rododendri nei commenti! Alla prossima, Andrea - Giardinoweb Read the full article
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Eccolo, il bellissimo fiore del mio cactus a palla che dura solo un giorno, arriva meraviglioso, vanitoso e spacca 💮🥰
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Dal 17 febbraio al 21 aprile (anteprima stampa il 16 febbraio alle ore 12.00 e inaugurazione alle ore 18.00) il Museo Carlo Bilotti di Roma, in Via Fiorello La Guardia, 6 e Viale dell’Aranciera, 4 nel cuore di Villa Borghese, ospita, a cura di Gabriele Simongini, la mostra, progettata dall’artista per il Museo, “Manuel Felisi 1:1” dedicata al mondo animale (ingresso gratuito; orari: dal martedì al venerdì dalle 10.00 alle 16.00 e il sabato e la domenica dalle 10.00 alle 19.00). Il Museo Carlo Bilotti, per l’artista, è la sede ideale per ospitare il suo progetto incentrato sulla raffigurazione su grandi tavole di legno di un bestiario posto in dialogo con il vicino Bioparco, il giardino zoologico più antico d’Italia (Piazzale del Giardino Zoologico, 1, aperto tutti i giorni). La collaborazione con la Fondazione Bioparco di Roma inoltre consente di osservare dal vivo alcuni degli animali ritratti dall’artista e protetti al suo interno per rendere possibile un ulteriore approfondimento sulla natura delle specie. In esposizione 80 opere, come suggerisce il titolo “1:1”, a grandezza naturale, realizzate con la tecnica di pittura ibrida - cifra stilistica di Felisi (Milano, 1976) - che da sempre pratica un’arte di commistione tra tecniche e linguaggi, modi della tradizione e innovazione tecnologica, trovando nella versatilità la chiave della sua ricerca. “Felisi/Noè - scrive il curatore Gabriele Simongini - porta nella grande Arca della pittura l’immagine/memoria di animali la cui esistenza è spesso minacciata dalla nostra folle e pervasiva aggressione ambientale. Sospesi fra apparizione e scomparsa, non di rado trasformati in presenze fantasmatiche, gli animali ci fissano quasi increduli, stagliandosi in scala reale su sfondi che sembrano evocare anche la raffinatezza dell’Art Déco e comunque un tempo che già appartiene alla dimensione del ricordo.” Infatti, se nelle opere dell’artista l’iconografia centrale sono le forme arboree e floreali, simboli di vita che inneggiano alla forza della natura, nella mostra 1:1 Felisi si cimenta per la prima volta nella rappresentazione del regno animale, che vede insieme a opere bidimensionali, alcuni lavori sottratti alla staticità attraverso animazione digitale ottenuta con interventi di digital art. “Sulle ampie superfici di legno - afferma l’artista - i rulli e le garze, le resine e le campiture irregolari che caratterizzano la mia pittura hanno trovato il terreno fertile per creare un mondo fantastico dove immergere i miei animali.“ La mostra è nata nell’anima dell’artista nel corso del primo lockdown, nella primavera del 2020. In un periodo drammatico come quello del Covid e di stasi forzata, alcune foto di animali, scattate da Felisi durante un viaggio in Senegal, “hanno suggerito una riflessione sui pericoli che le specie animali stanno correndo a causa del degrado del loro habitat naturale. Attraverso la mediazione dell’arte, Felisi crea così l’idea di un giardino incantato che possa mettere al riparo gli animali da qualsiasi insidia. Il richiamo evidente è quello con l’Arca biblica. Ogni Arca è fatta di legno e quella creata da Felisi non fa eccezione, motivo per cui per le opere in mostra utilizza grandi tavole di legno. Non mancano i richiami al Contemporaneo. In particolare al ‘Bestiario’ realizzato da Andrea Pazienza, una raccolta di disegni, schizzi, illustrazioni del noto fumettista dedicati al mondo animale e alle creazioni per bambini ideate da Bruno Munari, in cui le forme degli animali giocano un ruolo chiave”. Nel corso del vernissage, venerdì 16 febbraio alle ore 18.00 si svolgerà un incontro, moderato dal curatore Gabriele Simongini, organizzato da National Geographic Italia, tra Manuel Felisi e il pluripremiato fotografo naturalista Bruno D’Amicis. Il confronto tra i due porterà Felisi alla realizzazione di un’opera inedita sulla base di una foto di D’Amicis raffigurante un grande orso marsicano, con l’idea di sensibilizzare il pubblico alla conservazione di questa specie a rischio anche attraverso lo specifico linguaggio dell’artista.
Attualmente a Roma, presso l’Aeroporto di Fiumicino al Terminal 1, in sintonia con la mostra allestita al Museo Bilotti, sono in esposizione due opere di grande dimensione di Manuel Felisi dal titolo Vertigine posizionate una di fronte all’altra: una serie di griglie composte da piccole tele vanno a scomporre e a ricomporre fotografie di alberi, ritratti senza foglie e protesi verso il cielo in due momenti diversi nell’arco della giornata, la mattina e la sera. Le opere testimoniano l’intento dell’artista di portare l’attenzione - in un luogo di continuo passaggio - sul mondo della natura e sulla preservazione dell’ambiente. L’esposizione, accompagnata da un ampio catalogo pubblicato da Gangemi Editore, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, prodotta e organizzata dalla Galleria Russo con il sostegno del Gruppo Banca del Fucino, in collaborazione con la Fondazione Bioparco di Roma e in media partnership con National Geographic Italia.
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23.01.24
I.
Dovevo andare in aeroporto. Ho con me una borsa. Un borsone da viaggio per la precisione. Dell’esercito militare.
Prendendo l’autobus, metto il borsone nel vano apposito prima di salire. E si parte. La strada mi ə familiare. E anche l’aeroporto. Li ho già visti in un altro sogno ( Quello dove ero senza promozione. Infatti anche stavolta ero a secco, senza chiamate e messaggi).
Scendo. Non prendo la borsa, la dimentico. Il pullman parte e io entro in questo giardino bellissimo. Sembra quello di una università prestigiosa, e antica. Mi faccio strada su una scalinata che porta dentro ai gate. Ma è li che realizzo che mi manca la borsa. Mi giro. L’autobus è andato. Come si fa? Noto un braccialetto sul mio polso sinistro. È piccolo e di gomma. Ci sono due numeri separati da una linea. Nove… e qualcosa?
Comunque, questo affarino sembra essere la versione cinese e bambinesca di sotto marca di uno smartwatch. E in quando tale è in grado di fare chiamate. Molto bene dato che, appunto, sono senza promozione. Dunque uso questo affarino e vedo che l’unica cosa che posso fare è chiamare l’assistenza valigie. Deduco che sia un gadget proprio della compagnia del bus. Chiamo.
La prima chiamata mi risponde un signore. Deduco un “capo” del pullman. Sembra anziano o comunque un omaccione. Mi fa dire che pullman era, e come era la valigia. Descrivo. Mi fa che non trova niente e in caso farà sapere. Chiude.
Mi trovo in questa specie di labirintico pianerottolo di un hotel vuoto. E non mi do’ per vinta. Ho bisogno della mia valigia. Ci tengo, quel borsone lo rivoglio indietro. Come ho fatto a dimenticarmene. Insomma, afflitto da sto pensiero richiamo. E stavolta risponde una donna. Una signorina, forse una segretaria. Che appunto dice che non è stata trovata.
Sembra però che menta. Si sente come la voce di un uomo mentre parla, dietro, che le suggerisce le parole. Ipotizzo si l’uomo di prima. Magari ne parla per fottermi, magari si vuole tenere lui la borsa. Che ne so.
So che da lì partono venti sogni diversi alla ricerca di sta borsa. Non me li ricordo tutti bene sul momento quindi passiamo a uno degli ultimi frammenti
?.
Ero sulla salita delle scuole medie, quella della casa di Mario. (La sogno spesso sta cazzo di salita. Il perche non lo so. È una strada di passaggio. Non ha nulla di speciale. Forse questo simboleggia, il passaggio? Boh. Anyways) e ci sono due signore con due cani.
Un cane è piccolo e L’altro è grande, enorme. Entrambi sono in giro per la tipica passeggiata. Fanno i loro bisogni, una cacca. Il grande la fa per strada. Il piccolo nella boscaglia. Io proseguo lungo la discesa è svolto a destra.
Li dove nella vita reale non c’è molto. Una strada con as destra un tempio della madonna r un venditore di mangimi. Nel sogno c’è una piazzetta piena di sgherri e la strada semplicemente un vicolo cieco.
Chi sgherri sono appostati davanti questa torre dell’orologio. Io mi alzo una sciarpa e me la avvolgo, a mo’ di maschera. Gli sgherri che provano a mettersi in mezzo li rispondo in malo modo in dialetto, e loro si scansano. Arrivo alla porta e busso.
Apre questo signore che è il capo degli sgherri. Ma appena appena. Apre ma la porta è socchiusa e lui si nasconde dentro.
<<Che vuoi>> mi fa scazzato
Io so che sto cercando la valigia. Ma li per li non so che cut scene mentale si trigghera e gli inizio a fare delle suppliche affinche mi ridia indietro… Un happy meal…. (Dio santo ma che cazzo)
E lui dice di no e che deve darlo s sua figlia. Allora io insisto e lo seguo dentro. Dicendogli che dentro quell’haooy meal c’è qualcosa che mi aveva dato mia madre. E che se lui consegnerà quell’happy meal alla figlia, consegnerà l’ultimo regalo che una donna morta ha lasciato per me a lei.
Lui scassato e disgustato si decide dicendomi di prendere solo sto regalo e lasciare il resto. Mi avvicina la scatola. Non c’è nulla. Cioè, c’è una patatina regular. Forse un panino. Dei fazzoletti. Un gioco. Ma… dove è quello che cercavo. Forse una collana? No?
Non lo so cOsa ho visto. O cosa c’era.
So che poi girandomi ho visto questa ragazza di forse 30 anni sdraiata su una branda senza sensi. Era lei la figlia dell’uomo. Era forse in coma?
E l’uomo mi fa di si. Che stava male. Me ne dispiaccio.
L’uomo le da l’happy meal. Io prendo uno skate a tema eso (wtf) li in giro e vado via alla ricerca di sta cazzo di borsa
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PRINCE: “HE’S BACK!”
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ESCALADE (B)
Sono ancora dietro alla finestra. Immobile. Per un paio di secondi sono come paralizzata da una strana emozione, che mi attraversa, velocissima, dalla testa ai piedi e viceversa, come una scarica a trentamila volts si fa strada nell’incauta persona che ha toccato un cavo dell’alta tensione, senza riuscire a prevedere cosa stia per accaderle.
(niente di particolare, in realtà: quella è stata solo la sua ultima percezione da viva e amen!)
Poi - solo POI - riesco a muovermi.
Mi metto a correre.
Corro fuori, così come sono, con la maglietta da notte logora ed i leggings, indossati alla velocità della luce.
Infilo anche le mie ciabatte da esterno, quelle da giardino. Corro fuori.
Da te. Tu mi guardi e automaticamente sorridi, con quel tuo sorrido timido ed impacciato, quello che inalberi ogni volta che ti senti colto alla sprovvista e non hai fatto in tempo a metterti la corazza.
Agiti la mano. Io resto lì a guardarti. Inespressiva. Mi muovo come un automa.
(ma che mi succede?)
Con le chiavi apro il cancello.
(eh, no, mio caro, devi sapere che io sono povera, non possiedo un apri-cancello elettrico: qui si fa tutto manualmente, usando delle semplici chiavi, ogni benedetta volta!)
Mi tremano le mani.
Cerco di capire, ad occhio e croce, se quella specie di mastodonte potrà passare nell’apertura. Miracolo. Ci riesce. Scendi di nuovo.
Eccoti.
Siamo uno davanti all’altra. Ci guardiamo. Ci studiamo per un paio di secondi.
Subito dopo, due braccia che si allargano, che contengono, che scaldano.
“My little girl!”
(gli abbracci quelli lunghi, avvolgenti, i migliori, in assoluto, parola di hugs seeker)
Un bacio. Arriva, subito dopo. Rassicurante. Amorevole.
Ti guardo.
“Eccoti. Sei proprio arrivato.” - ti dico, mentre poggio una guancia sulla tua.
È fresca. Morbida. Adorabile, come sempre. Adorata, come sempre.
Non riesco a dire nulla, a mettere insieme pezzi semplici, parole semplici, per costruire una frase banale, ma anche solenne, adatta all’occasione e questo perché proprio in quel momento mi commuovo. A tradimento.
Lacrime. Vere. Piuttosto copiose, anche.
Mesi, anni di cose dette a distanza tra noi due e, a quel punto, ci sono solo dei secondi tra me e te. Uno spazio microscopico, che si è appena ridotto a zero.
Eccoci. Abbraccio senza fine. Una stretta di cui ho appena misurato la forza, l’unico mezzo per capire quanto sia l’intensità della mancanza, che è speculare, simmetrica alla mia.
Osmosi di abbracci, di sollievo. Ho sollevato la mano, insieme al mio viso, che si è allontanato dall’incavo del tuo collo e ti ho accarezzato di nuovo la guancia morbida.
Avrei voluto gridare.
(Relief)
Ma non l’ho fatto. Ho resistito.
(uno degli sport in cui sono sempre stata eccellente, fin da giovane, una supercampionessa mondiale: resistere all’emozione, bloccarla, proprio mentre sta arrivando, non farmi trascinare, costi quel che costi)
Ho solo pianto: non sono riuscita a controllarmi fino in fondo. Perdo colpi, a quanto pare.
Ormai sono vecchia e - lo so - da un po’ di tempo a questa parte mi commuovo per ogni più piccola cosa: un gatto simpatico che passa dalle mie parti e miagola al mio indirizzo, un bambino che mi sorride e fa una smorfia, l’abbraccio di un’amica che capisce al volo un mio stato d’animo particolarmente triste, in una sera di primavera.
È comprensibile, quindi, che stasera mi sciolga per l’emozione. E tu mi abbracci ancora più forte. Capisci. Sai cosa c’è dietro. La tua stretta è direttamente proporzionale.
Sei arrivato. Dopo tanto tempo. Mi hai ascoltato, sei partito. Eccoti qui. Abbiamo tanto da raccontarci. Abbiamo un viaggio da fare insieme.
Noi due. Noi due soli.
Ma non ora.
Ora andiamo verso casa.
Mi giro a guardarti: mi viene da ridere.
“Fammi capire una cosa, innanzi tutto: sei arrivato qui, davanti al mio cancello, come Testimone di Geova o come Uomo della Mia Vita?”
Scoppi a ridere con una delle tue risate travolgenti. Potenti.
“Holy Shit!” - dici e riprendi a ridere.
Anche io non riesco a smettere di ridere.
Metti il tuo braccio intorno al mio collo come se fosse un gancio, poi ti avvicini alla mia guancia per darmi un bacio.
(la battuta scema è stata perdonata)
Ci avviamo verso la porta.
“Guarda che la mia casa è piccola e povera. Ti avevo già avvisato.”
“No matters”
Non importa?
“Forse ti conviene dormire lì dentro” - ti dico, mentre indico lo scarafaggio nero appena parcheggiato - “di sicuro è più grande”
“No matters” - ripeti
Va bene. Ok. Non importa.
A te va bene come sono, quello che sono. Non è importante dove e come vivo. Ne abbiamo già parlato. A lungo.
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Lo sapevi caro amico di Spazio Trekk che il nostro bellissimo itinerario alla scoperta della biodiversità delle Valli Meridionali di Comacchio è stato arricchito da una meravigliosa novità?
Ora è possibile transitare lungo quello che è stato definito il più bel percorso ciclabile d’Italia, non a caso soprannominato "l’Argine degli Angeli" , ovvero una lingua di terra che si sviluppa lungo l’argine che divide la Valle Furlana da Valle Lido di Magnavacca, in prossimità di Volta Scirocco, fino ad arrivare al mare.
In sella alla nostra bicicletta ci addentriamo lungo le Valli Meridionali di Comacchio, dopo aver attraversato il fiume Reno a bordo di un traghetto elettrico a impatto zero sull’ambiente e ci muoviamo silenziosamente all’interno delle Valli percorrendo in direzione est la carrareccia che ci conduce a Volta Scirocco passando davanti all’Oasi di Boscoforte. Attraversiamo lingue di terra assolate tra canneti e tamerici, avvolti dai suoni della natura e circondati da specchi d’acqua palustri e distese di fenicotteri, tra il silenzio e la quiete di un’oasi naturalistica in cui è possibile ammirare tante altre specie di uccelli che ci vivono e nidificano e che, muniti di binocolo potremo riconoscere, emozionandoci nell’osservare i loro comportamenti di vita quotidiana: accudimento del nido, corteggiamento e tanto altro.
Una volta giunti a Volta Scirocco imbocchiamo la ciclabile degli Angeli e sarà come un leggero planare sulle acque della laguna che si dispiega intorno a noi a perdita d’occhio! Nel punto più bello del percorso troveremo il nostro “Yoga Spot” del Cuore e ci fermeremo a fare un po' di sgranchimento gambe attraverso dolci posizioni yoga, esercizi di ricarica energetica e qualche piccolo momento di interiorizzazione. Ci portiamo il pranzo al sacco per comodità, ma al rientro, dopo la pedalata è previsto, per chi lo desidera, un "aperipiada" dalla Mary, a Sant'Alberto, dove gustiamo nel bel giardino del Chiosco le sue molteplici e gustose specialità.
Se ne vuoi sapere di più circa la mia passione per i fenicotteri clicca qui : https://www.facebook.com/107573244804271/posts/118730903688505/
Di seguito le info tecniche. DOVE: ore 9,30 davanti al Museo Natura di Sant'Alberto (Ra) LUNGHEZZA: 22 km circa DIFFICOLTA’: Facile DURATA BICICLETTATA: Circa 7 ore comprese le soste. la merenda in piadineria è FACOLTATIVA.
Quota escursione €14 adulti e bambini daI 12 anni in su.
Si offre, SU PRENOTAZIONE ANTICIPATA, il servizio di noleggio biciclette al costo di 15€ per l’intera giornata.
Non compresi nella quota: - 2€ quota traghetto andata e ritorno e aperipiada al chiosco della Mary che varierà a seconda delle pietanze consumate.
Se hai una bella maglietta rosa, indossala, ci mimetizzeremo con i fenicotteri!!!
Al momento della prenotazione riceverai tutte le informazioni per svolgere l'escursione in totale sicurezza e adeguatamente accessoriato
GUIDA: Annalisa Romagnoli Guida Ambientale Escursionistica AIGAE, regolarmente registrata e assicurata, tessera ER857. Insegnante di Yoga Certificata YogaAlliance
INFO e PRENOTAZIONI: 339/2549407 [email protected]
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Il Brogliaccio Premessa
Il Brogliaccio è un quaderno che racchiude gli appunti sui miei pensieri e il modo in cui essi si manifestano. Ho deciso di condividere con te alcuni di essi, affinché tu possa leggere qualche mia riga senza dover spender quattrini. Questo spero possa essere di aiuto ad entrambi per una conoscenza più approfondita e duratura. La struttura di Il Brogliaccio è molto essenziale: un breve estratto lo trovi sui miei social, invece per scaricare i file completi e gratuiti potrai recarti su www.olivilucia.it Ogni uscita de Il Brogliaccio è numerata e contiene un racconto che non è germogliato. Mi piace pensare a questo quaderno come a una sorta di giardino dove abitano le anime dei personaggi che non hanno ancora conosciuto la carta e l’inchiostro. Non tutti i pensieri si trasformano in storie concluse o raccontate in questo presente. Ci sono pensieri i cui semi vengono piantati nell’adesso ma che germoglieranno con gli scrittori nel domani. In ciò trovo via sia una specie di magia chiusa in una sorta di raccoglitore per l’invecchiamento, un po’ come accade per il vino. A volte capita che alunne neonate righe vadano lasciate fermentare in botti affinché crescano in aromi e fragranze. Mentre alcune altre vadano riposte lì dentro perché diventino un eccellente aceto balsamico. Comunque, in qualsiasi cosa esse siano destinate ad evolversi nel proseguo, spero che nel presente possano essere ad entrambi utili al fine di farci incontrare dentro una piacevole o quantomeno inaspettata lettura. Se vuoi puoi sbrogliare la storia anche tu. Ti ho lasciato una pagina vuota dove tu potrai metterle nell’ordine che più ti aggrada le mie righe. Quindi accorda e coniuga tutto all’occorrenza, aggiungi la tua fantasia e condisci con il tuo estro. Se vorrai, alla fine, il racconto che fa-rai germogliare potrai condividerlo sui social di Ad hoc. Grazie per adesso e restiamo in contatto per le attività future.
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