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#kimchi the purring quest
sycamorality · 3 months
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kimchi the purring quest. does aynone hear me
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gamingkilledthecat · 7 years
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Kimchi!!! :0
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kimmorz · 3 years
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Something I drew for my Twitch page, featuring a few cats from some of the games I'll be playing. Kitten from A Street Cat's Tale Kimchi from The Purring Quest Calico from Calico
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cats-in-video-games · 3 years
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Kimchi from The Purring Quest
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animaliagaming · 7 years
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The Purring Quest by Valhalla Cats
Status: Released
Genre(s): Adventure, Platformer Playable Animal(s): Cat Platform(s): PC Features: Single-player, comedy, hand-drawn graphics, smooth animations, famous cats, orchestral soundtrack, story-driven, collectables, combat
Notes: N/A. Mods Recommend: No data.
The Purring Quest is an stealthy adventure-platformer in which players take control of Kimchi the cat on a journey to free kittens, meet famous cats, climb buildings, escape dogs, collect food and more.
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Lee’s Korean Restaurant Nagrin, ristorante coreano.
Come ribadito in altri contesti, pur essendo fan del K-Pop, la cucina coreana non è mai stata la mia preferita tra quelle asiatiche, e avevo trovato in MilanCore, vicino a casa, un ristorante grazie a cui cominciavo ad apprezzarla di più. Purtroppo questo locale ha resistito pochi mesi alle dure leggi del commercio e ha finito per chiudere: triste storia. E se Imone, nel 2015, era stata un’esperienza simpatica ma tutt’altro che incisiva, il primo coreano della mia vita è stato, in tempi di onnivorismo, Lee’s, in viale Lombardia, quando abitavo lì vicino nel lontano 2013. Avevo provato il bibimbap, che non mi aveva entusiasmato, ed ero rimasto colpito, pur cibandomi ancora di animali, da un cartello esterno che diceva ‘si servono piatti vegetariani - e anche vegetaliani’ che mi era sembrata una frase autoironica (giuro!) ignorando che ‘vegetaliano’ altro non è che un modo desueto e aulico di dire ‘vegano’. Coreani veggiefriendly e pure con una conoscenza dell’italiano superiore alla mia: tanto di cappello.
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Dopo otto anni in città studi, Lee’s si è spostato nel mio quartiere attuale, in via Fara - sì, ad un passo da quel Leon D’Oro appena recensito (e un po’ bastonato) e ha aggiunto ‘Nagrin’ alla sua insegna. Il locale è nuovissimo e molto carino, e non potevo non (ri)provarlo in chiave veggie, con peraltro una maggiore conoscenza del tipo di cucina. E in una serata poco frequentata, assistiti dal gentilissimo marito della proprietaria, io e Ale abbiamo fatto proprio una bella esperienza.
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Lee’s infatti, da quel cartello visto cinque anni fa, si conferma, anche in versione Nagrin, attentissimo alla clientela vegetariana, e ce ne si accorge da subito scorrendo il menu, in cui ogni piatto segnato con la V è addirittura vegano, e in cui sono chiaramente indicate le portate che possono, a scelta, contenere animali o meno. Ecco una carrellata di quello che ho preso:
- spiedini di gnocchi di riso con salsa di soia, nella tipica forma coreana, diversa da quella cinese: semplici e ottimi.
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- sua maestà il kimchi, di cui sono diventato dipendente (al punto da comprarlo in scatola!) e qui servito in una ciotolina. Si tratta del contorno per eccellenza della cucina coreana: cavolo cinese fermentato, peperoncino, aglio, zenzero e spezie: buonissimo e piccante al punto giusto. Da Nagrin viene servito in varie versioni, anche meno consuete, che mi premurerò di provare ;)
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- Kimchi kimbap: il kimbap, o gimbap, è il ‘sushi’ coreano, fondamentalmente riso con altri ingredienti avvolti in un’alga, come i maki a cui siamo generalmente abituati vista la diffusione più massiccia della cucina giapponese. La differenza fondamentale è che il kimbap non contiene mai pesce crudo, ma al massimo carne cotta, e che molto spesso è vegetariano - se non addirittura vegano - di default: gioia e tripudio. La versione che abbiamo provato noi è quella che oltre al riso aromatizzato contiene, appunto, il kimchi, ma anche una frittatina di uova, e carote. Il roll della vita.
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- Japchae: noodles di amido di patate dolci con verdure: buoni, ma nulla di sconvolgente, di fatto come consistenza molto simili ai noodles di soia, un po’ più delicati nel sapore, troppo fungosi nel condimento per i miei gusti.
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- Gotgamssam: caco essiccato ripieno di noci: simpatico, non un piatto per cui diresti ‘ooooh, ho preso il dolce’, ma una cosa che, fettina dopo fettina, mangeresti all’infinito.
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Ale ha preso del loto, come in un guazzetto, una frittella di kimchi e grano saraceno e un piatto intero di gnocchi di riso con verdure al posto dei noodles: roba che è stata spazzolata troppo velocemente perché riuscissi a fotografarla :p 
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Plus di valore: il locale serve una birra coreana artigianale brandizzata Lee’s, non pastorizzata e aromatizzata alla perilla, tipica pianta asiatica: leggera ma buona, adatta per accompagnare cibi speziati.
Una cena ottima, per un posto da continuare a frequentare anche per la vastità di scelte veggie/veg ancora da provare. Piattino dopo piattino, alla fine il conto è stato più salato di quello che mi aspettassi, ma ci sta: Nagrin punta, ancor di più del precedente Lee’s, all’eccellenza, offrendo una panoramica ‘deluxe’ della cucina coreana. E in ogni caso abbiamo ordinato molto: per quanto per la cucina asiatica queste distinzioni non valgano, possiamo dire di aver preso cinque antipastini/contorni e tre piatti principali + un dolcino e due birre grandi + due coperti, 79 euro in tutto. Non economico ma adeguato.
POSTO: 3/5 MANGIARE: 5/5 BERE: 3/5 VEGFRIENDLYTUDINE: 5/5 ECONOMICITA’: 2/5
Lee’s Korean Restaurant Nagrin - via Fara 17 (zona Repubblica/Centrale)
02 38265350
www.lees.it/
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jucks72 · 7 years
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Shiso dalla A alla Z: alla scoperta della foglia giapponese
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Shiso dalla A alla Z: alla scoperta della foglia giapponese
Aroma Menta, basilico, cannella, chiodi di garofano, melissa, anice e agrumi: sono i profumi tipici dello shiso. Per esaltarli, i più consigliano di usare i germogli o le foglie giovani fresche tagliate a listarelle sottili.
Britton Così si chiama una varietà bicolore di perilla frutescens, con foglie verdi sopra e porpora sotto, diffusa soprattutto nella cucina coreana.
Condimento Le prugne “ume” fatte prima fermentare con foglie di shiso, sale e acquavite e poi fatte seccare, danno origine a un condimento che, ridotto in polvere e noto in Giappone come “shiso momiji”, si usa come alternativa al sale. Le foglie di shiso rosso essiccate e macinate in Giappone si chiamano “ukari furikake”: mescolate con sale, zucchero e acido malico, sono un tipico insaporitore per il riso o le zuppe.
Dessert Pastry chef di indiscussa fama mondiale hanno incluso lo shiso nei loro dolci: si va dalla Mousse di cioccolato bianco con granita di limone e gelato allo shiso di Ron Mendoza del Sona di Los Angeles alla Gelée di calamondino con zuppetta di cioccolato bianco, soia e cocco, più tapioca e sorbetto di shiso e litchi di Adrian Vasquez del Providence, sempre di Los Angeles, passando per la Granita di shiso con fragole, gelatina di yuzu, spuma di formaggio e crema di cioccolato bianco di Junji Tokunaga, pastry chef e chocolatier del Ritz Carlton di Tokyo e la freschezza del Sorbetto di shiso e menta su letto di crema inglese di Martín Berasategui del Lasarte’s di Barcellona, il tre stelle Michelin della città catalana.
Egoma Così si chiama in Giappone la perilla frutescens della varietà “japonica”, dai cui semi si ricava anche un olio. In Corea questa varietà prende il nome di “deul-ggeh”.
Fine dining Gli chef stellati conoscono bene le qualità organolettiche dello shiso. Come Tanja Grandits dello Stucki di Basilea con la Tartare di manzo con olio di caffè, barbabietola e foglie di shiso. Joël Robuchon, Il più stellato chef di tutti i tempi, in joint venture con Air France, ha proposto (ma solo per i passeggeri de “La Première luxury suite” in partenza da Parigi-Charles de Gaulle) caviale e tartare di salmone con germogli di shiso.
Gelupo La nota gelateria londinese di Soho ha proposto, sul finire del 2016, sette gelati firmati da altrettanti chef londinesi “freschi” di stella Michelin. Fra le proposte (l’elenco completo lo trovate qui), il gelato allo yuzu e shiso verde ideato da Arnaud Bignon de The Greenhouse di Mayfair.
Hojiso Si chiama così l’infiorescenza dello shiso spesso usata come guarnizione per il sashimi: i fiori andrebbero prelevati con le bacchette e intinti nella salsa di soia.
Italia La città giapponese di Toyama, capoluogo dell’omonima prefettura nella regione di Chūbu, ha lanciato il progetto “Global Perilla Network” con lo scopo di diffondere lo shiso in Italia. “Ponte” fra le due culture, Cristina Bowerman, alla quale è stato chiesto di usare l’erba in un piatto di tradizione italiana. Nasce così il Carciofo di lunga vita, che punta sia sulle foglie sia sull’olio di shiso (o egoma che dir si voglia).
Liquore In Giappone, è diffuso il “Choya Umeshu liqueur”: poco alcolico (15°), sposa le prugne “umi” alle foglie di shiso. Negli Stati Uniti, invece, la Sidetrack Distillery ha lanciato sul mercato lo “Shiso Liquer”, dalla gradazione più decisa (45°) e in cui spiccano le note erbacee e speziate dell’erba in questione.
Mixology Rum bianco o cachaça (più succo e scorzette di yuzu, lime e ginger ale) con foglie di shiso anziché menta per “divertissement” all’insegna del mojito (come queste). Ma anche vodka, zucchero di canna, yuzu e shiso; o tequila, shiso e cetrioli; o ancora gin, shiso, cetrioli, succo di limone e sciroppo di gomma arabica come proposto dal Nobu (Londra), dove questo cocktail è noto come Cucumber & Shiso Martini. Insomma, la mixology ha scoperto l’erba asiatica e ne ha fatto tesoro!
Nutrizione Ferro, calcio, fosforo, potassio, vitamina A, C e B2 hanno consacrato lo shiso come superfood esotico del 2016. Il nome nipponico antico dello shiso è “jyuunin”, che etteralmente significa “dieci anni”: la tradizione infatti dice che le sue proprietà salutari favoriscono l’allungamento della vita di ben due lustri.
Olio Ottenuto dai semi della pianta tostati, è ricco di acido alfa-linolenico e acidi grassi Omega-3 e 6. Ha un caratteristico sapore nocciolato ed è largamente usato nella cucina coreana sia per fritture o sauté di verdure, sia come plus di un intingolo sia come ingrediente (non più segreto!) del gelato di foglie di perilla e vaniglia con caramello salato dello stellato Soigné di Seoul.
Perilla frutescens Questo il nome scientifico della pianta che, pur avendo una struttura simile a quella del basilico, appartiene alla famiglia della menta. Oltre alle citate “Britton” e “japonica”, c’è la varietà “crispa”, regina nella cucina giapponese che può essere a foglia verde (dal marcato aroma di cannella) o rossa (vira verso l’anice e ha un sapore meno speziato). La pianta, o meglio un derivato di un aldeide estratto dalla stessa, ha un formidabile potere dolcificante: merito della perillartina, che risulta addirittura 2000 volte più dolce del saccarosio.
Qi Nella medicina tradizionale cinese, è l’energia vitale. Secondo la pratica orientale, foglie e semi di perilla frutescens hanno la capacità di riequilibrare il qi.
Rimedio Pare che le foglie – in particolare della varietà rossa – strofinate sulla pelle siano un formidabile anti-zanzara: a tenerle lontane sarebbe il profumo fortemente aromatico.
Semi I semi tostati, oltre a essere il punto di partenza per la produzione dell’omonimo olio, sono un ingrediente tipico della cucina coreana ai cui piatti aggiunge note nocciolate oltre che speziate. Macinati a formare uno sfarinato, diventano “deulkkae-garu”: si usa per conferire a zuppe e stufati una consistenza densa e cremosa. In Nepal e nei territori della vicina India, sono tostati, macinati e mescolati a sale, peperoncini e pomodori per farne un intingolo.
Tradizioni Nella cucina del Sol Levante, le foglie figurano nel tempura, caratterizzano l’umeboshi (vedi sotto), si sposano allo zenzero sottaceto, avvolgono i tortini di carne o pesce, sposano lo sushi e il sashimi e finiscono nell’impasto delle “tsukune” (polpette di pollo) o nello “shiba-zuke”, la specialità di Kyoto a base di melanzane, cetrioli, foglie di shiso rosso, zenzero e myoga (“cugino” dello zenzero ma più delicato). Nella cucina coreana, dove l’erba fresca si chiama “kkaenip”, entra nel kimchi, il piatto tradizionale a base di verdure fermentate e spezie. In Vietnam, invece, dà un quid a insalate, piatti di pesce e zuppe, mentre nel Laos figura nel “khao poon”, la tradizionale zuppa di pollo, pesce o maiale con salsa di pesce, aglio, scalogni, peperoncini Lao, galanga, foglie di lime e perilla. Nella cucina cinese le foglie fresche vengono saltate nel wok con aglio o zenzero e servite come contorno.
Tè Con le foglie e i fiori essiccati si fa anche un tè, noto come “zisuye cha”.
Umeboshi La varietà a foglia rossa è l’ingrediente fondamentale dell’umeboshi, il noto condimento giapponese a base di prugne, cui conferisce note pungenti e il caratteristico colore rosso. Fra le molte ricette che ne prevedono l’uso, l'”Ume Shiso Maki”, alias sushi con pasta di umeboshi, foglie di shiso, alga nori, riso e, a volte, cetrioli. Qui per ulteriori informazioni.
Vocabolario Oltre al citato giapponese “shiso”, la perilla si chiama “tía tô” in Vietnam, “zǐsū” in cinese, “deulkkae” o “tŭlkkae” in coreano, “pak maengda” nel Laos, “silem” in Nepal e India, “wild coleus” (nord America). Ci sono poi i sinonimi come “beefsteak plant” perché le foglie della varietà rossa assomiglierebbero a delle bistecche, o “rattlesnake” (letteralmente: serpente a sonagli) per via del suono che farebbero i semi nei relativi baccelli. Diffusi sono anche basilico cinese o giapponese, timo giapponese, menta viola, basilico selvatico, menta perilla.
Zisuye and zisuzi Derivati da “zĭsū”, dove “zĭ” sta per il viola dello stelo e “sū” per gli effetti benefici dell’infuso che se ne ottiene, i due vocaboli cinesi indicano rispettivamente la foglie (ye) e i semi (zi) della perilla frutescens.
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gamingkilledthecat · 7 years
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i made it look weird but oh well ;v;
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