#john forse
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webdiggerxxx · 1 year ago
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gentilfarfalletta · 10 months ago
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John Forse, Gouache, watercolor & pastel on board, 2023
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ros64 · 9 days ago
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Ye Dinna get used to it
A beautiful episode that redeems the mediocrity of the previous one. I melted at the looks exchanged between Jamie and John. In their hatred, they love each other. Did you notice Jamie’s expression, the way his body moved, his breathing when he saw he was safe and standing there? Sam is absolutely brilliant in those moments when he speaks through his face and body. David is no less impressive, and his exchange with Percy is worthy of a textbook performance.
I also really enjoyed William with Jane—Silvia is very talented, by the way, another spot-on casting choice. It’s truly a shame what will happen. I’ll always root for Will and Fanny, even if their story hasn’t been written yet. Ian and Rachel were very sweet too, but in my opinion, they’re missing something. I’m not sure what—maybe the actors don’t have the right chemistry, a bit like Roger and Bree, who work much better when they’re not paired as a couple.
The Marquis de Lafayette was very charming, an original, likable, and well-portrayed character—I really appreciated him. As for Richardson, I won’t say much to avoid spoilers, but even by the end of Bees, I couldn’t fully understand him. That he’s a time traveler is now obvious, but what he truly wants has never been clear.
This episode also lets us appreciate Jamie’s introspection—that blend of humanity, warrior strength, and leadership—that extra something that makes him the perfect man, for better or worse. I really like this new Claire more than the one from the earlier seasons, and I will never stop saying that she reflects the Claire from the novels more—the one I love so much, she’s the perfect partner for Jamie and the support his tormented soul needs. The final score was beautiful.
And finally: “Go and save our son.” Because what unites these two men is something that surpasses mere “carnal knowledge.”
Un bellissimo episodio che riscatta la pochezza del precedente. Mi sono sciolta per gli sguardi tra Jamie e John. Odiandosi si amano. Avete notato l’espressione di Jamie e il movimento del suo corpo, il respiro quando ha visto che era salvo ed era lì? Sam è meraviglioso in quei momenti in cui parla col viso e col corpo. David non è da meno e lo scambio con Percy vale un interpretazione da manuale. Mi è piaciuto moltissimo anche William con Jane, Silvia è molto brava tra l’altro, un altro pov azzeccato dal casting. Davvero peccato quello che succederà. Io continuerò sempre a fare il tifo per Will e Fanny, anche se la storia non è ancora stata scritta. Molto dolci Ian e Rachel però, a mio avviso, a loro manca qualcosa, non so, forse gli attori non sono bene assortiti un po’ come Roger e Bree che funzionano molto meglio quando non sono in coppia. Molto carino il Marchese De Lafayette, personaggio originale, simpatico e ben interpretato, l’ho apprezzato tantissimo. Di Richardson non parlo, farei spoiler ma neppure alla fine di Bees mi è riuscito di comprenderlo del tutto, che sia un viaggiatore ormai è palese, ma cosa voglia davvero non è mai stato chiaro. Anche in questo episodio possiamo apprezzare l’ introspezione di Jamie quel suo essere così umano e allo stesso tempo guerriero e condottiero, quel qualcosa in più che lo rende l��uomo perfetto nel bene e nel male. Questa nuova Claire mi piace più di quella delle prime stagioni e non smetterò mai di dire che rispecchia di più la Claire dei romanzi quella che amo tanto, la compagna perfetta per Jamie e il sostegno della sua anima tormentata. Bellissima la sigla finale.
E infine: “Vai e salva nostro figlio” perché ciò che unisce questi due uomini è qualcosa che surclassa la “conoscenza carnale”.
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sgiandubh · 1 month ago
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Finalmente leggo qualcosa che è perfettamente in linea con il mio pensiero. Ho letto i libri della Gabaldon( non l’ultimo pubblicato) e sinceramente mi è piaciuto il primo e poi la curiosità mi ha portato verso gli altri . La prima stagione è stata perfetta come ambientazione, costumi , luci e realismo recitativo. Ho sempre pensato che si poteva terminare con la stagione tre . Ho continuato a guardare le nuove serie per vedere se si ripeteva il miracolo della prima ma non è più successo . Forse la sceneggiatura , le scenografie, i costumi , la regia , gli attori, non lo so… recupereranno con le ultime ?Arrivero’ alla fine perché spero si vada ad una recitazione di cuore e non solo di buona tecnica . Grazie per essere qui con noi .
Dear (returning) @findanserwers,
Tante, tante grazie (mille!) per le tue belle parole - finalmente qualcuno ha capito perfettamente che quello che volevo dire era la mia opinione e solo la mia opinione! Ma prima, permettimi di tradurre ciò che mi hai così gentilmente inviato:
'I am finally reading something that is perfectly in line with my thoughts. I read Gabaldon's books (not the latest published) and honestly I liked the first one and then curiosity led me to the others. The first season was perfect in terms of setting, costumes, lights and acting realism. I always thought that it could end with season three. I continued to watch the new series to see if the miracle of the first one would be repeated but it never happened again. Maybe the script, the sets, the costumes, the direction, the actors, I don't know… will they catch up with the latest ones? I'll get to the end because I hope we'll go to heartfelt acting and not just good technique. Thank you for being here with us.'
Oh, darling: thank you for reading me and thank you for sending such an honest and positive message. I have very few things to add to it, in reality and I think you hit the nail on the head when you told me that you were hoping OL will end with 'heartfelt action, not just good technique'. I dare to think that this is what keeps us all still around - this hope the series and its cast could finally find a way to redeem and perhaps even free themselves from contrived acting and a terrible, terrible story line. At this point, I am very much tempted to add some more, but I will spare my judgement until we reach that much talked about Lord John/Claire subplot, lest people would accuse me of groundless charge against Gabaldon and her Masterpiece. Ahem.
Since Everest is apparently all the rage in this fandom, right now, may I recommend with all my heart Terzani's last travelogue, Un altro giro di giostra/One More Ride on the Merry-Go-Round? I discovered him many years ago, prompted by a very adamant Someone, and I have to tell you I have seldom read something more deep and beautiful and true about the Himalayas and the mystique surrounding it.
You are (always, always) welcome.
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gai0la · 2 months ago
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onestamente prima di vedere Parthenope non avevo tante aspettative, ero quasi certo che avrei ritrovato il Sorrentino esteta de la grande bellezza e di youth, ed in parte questa aspettativa è stata soddisfatta.
allo stesso tempo però mi sono fatto rapire dall’estetica, perché credo che nelle arti la forma possa diventare anche sostanza; in particolare dalle ambientazioni, dai costumi perfetti di Anthony Vaccarello, dalle lunghe scene mute e dalle citazioni anche a film del recentissimo passato come povere creature e the whale.
ma più di questo mi ha rapito una frase, la più banale, quella classica da didascalia di un post Instagram: “tu hai amato troppo o troppo poco?”
perché davvero questa frase mi ha fatto per un lungo momento estraniare dal film, quasi fossi John Dorian di scrubs, per pensare ai miei amori: amo e ho amato la mia famiglia, il mio cane, i miei amici, a volte anche troppo; ho amato forse troppo poco altre persone, perché citando Kanye West “I love myself way more than I love you”.
quindi Parthenope e Sorrentino mi hanno rapito, mi hanno fatto amare oltre le aspettative.
ma forse questo “era già tutto previsto”.
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diceriadelluntore · 1 month ago
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Storia Di Musica #350 - Miles Davis Quintet, Relaxin' With The Miles Davis Quintet, 1958
Per essere stata una piccola casa editrice musicale, la Prestige di Bob Weinstock è infarcita di leggende, come ho un po' raccontato in queste belle (per me, e spero pure per chi le ha lette) storie musicali novembrine. Che oggi toccano l'impressionante traguardo dei 350 dischi, e come tradizione vuole tocca a Miles Davis. Weinstock capì agli inizi degli anni '50 che Davis aveva un talento gigantesco sia come musicista ma forse ancora di più come band leader, tanto che fu uno dei suoi più grandi sostenitori ad intraprendere la costruzione di un suo gruppo. E Davis alla prima occasione dimostrerà il suo fiuto per la genialità musicale e nello scegliersi i musicisti, formando quello che è uno dei grandi gruppi di sempre, e apice dell'hard bop. Davis sceglie un giovane sassofonista della scuderia Prestige, John Coltrane, che in pochi anni diventerà uno dei giganti della musica del '900 e quella che è la sezione ritmica per eccellenza del genere: Red Garland al pianoforte, Paul Chambers al basso e contrabasso e Philly Joe Jones alla batteria. Siamo nel 1955: come accennato, Weinstock era uno che metteva la praticità davanti all'estetica, e spinge il quintetto a registrare. I musicisti la prendono come un'occasione per provare come suoneranno il repertorio dal vivo. Davis ha già registrato con la Prestige il suo primo disco da 12 pollici, The Musings Of Miles, nel 1955 con Oscar Pettiford al basso, e vedendo l'aura del personaggio crescere enormemente come seguito, Weinstock pubblicò in vari Lp tutte le registrazioni su disco da 10 pollici che Davis, con varie formazioni, aveva fatto agli inizi degli anni '50. Ai leggendari studi Van Gelder, Davis e il suo quintetto registrano in due date, passate alla storia del jazz: l'11 maggio e il 16 ottobre del 1956. Sono già così affiatati e coesi, la magia e la bravura a livelli così alti, che registrano moltissimo materiale, che il buon Weinstock è ben felice di avere, dato che ha notizie sicure che la Columbia vuole mettersi Davis sotto contratto, cosa che avverrà alla fine dello stessio anno, il 1956. Per questo motivo, e per la bellezza della musica, le intere quattro registrazioni vengono pubblicate come 4 dischi: Cookin' With The Miles Davis Quintet nel 1957, Relaxin' nel 1958, Workin' nel 1960 e Steamin' nel 1961. Sebbene Davis sia già passato ad altre magie stilistiche già nel 1958, quando pubblica quel capolavoro che è Milestones, i 4 dischi sono considerati insieme non solo uno dei gioielli del catalogo Prestige, ma come lo stato dell'arte del bop nella seconda parte degli anni '50.
Scelgo Relaxin' With The Miles Davis Quintet nella tetralogia perchè è unanimemente considerato il lavoro più palpitante e musicalmente ineccepibile, sebbene il repertorio scelto fosse, e da questo il titolo, il lato più intimo e dolce dei brani registrati. In questo disco la tromba di Davis, con i suoi interventi delicati e strutturati sulla ripresa di poche note caratteristiche del brano, diventerà iconica, tanto che chiunque pensi solo di avvicinarsi al suo stile verrà etichettato come "davisiano". Tra l'altro persino nelle versioni rimasterizzate più recenti, quelle del 2005 nientemeno che da Van Gelder in persona, rimangono ancora gli intermezzi di dialoghi all'inizio di ogni brano, dove Davis discute con i musicisti sul da farsi. In scaletta 6 brani, tutti standard, che in questa registrazione troveranno la loro forma definitiva: If I Were A Bell è un brano scritto da Frank Loesser per il famosissimo musical Guys And Dolls (uno dei grandi successi di Broadway, che ispirò il film Bulli E Pupe con Marlon Brando e Jean Simmons), qui è nella sua versione decisiva con gli assoli di Garlad e Coltrane e la tromba di Davis, che qui usa una sordina Harmon che diventerà una sorta di feticcio tra i trombettisti. You're My Everything è una canzone del 1931, altra canzone da un musical epocale è I Could Write A Book di Rodgers e Hart, cantata nella versione originale da Gene Kelly nel musical Pal Joey come It Could Happen To You, tratta dal film della Paramount And The Angels Sing del 1940. Due invece sono i brani scritti da jazzisti: Oleo è un brano di Sonny Rollins, il quale era molto stimato da Davis: i due spesso hanno suonato insieme, ma mai con assiduità, avendo un grande rispetto reciproco. L'altro brano è Woody 'n' You di Dizzy Gillespie, uno dei tre arrangiamenti realizzati da Gillespie per la big band di Woody Herman, anche se all'epoca non venne utilizzato; gli altri due erano Swing Shift e Down Under.
Nasce in questo disco la sintonia musicale quasi sincronica di Davis e Coltrane, che nel 1959 porteranno ai picchi inarrivabili di Kind Of Blue: la sezione ritmica diventerà lo standard, tanto è che Coltrane, che inizierà i suoi lavori solisti proprio con la Prestige, se li porterà appresso.
Il quintetto lavorerà fino al 1960, non senza dissidi e pause, primo fra tutti il fatto che Red Garland porterà Coltrane alla dipendenza dall'eroina, cosa che Davis non gli perdonerà mai (tanto è vero che Garland non suona in Kind Of Blue). Chambers, un genio, anche lui attraverserà una devastante dipendenza dalla droga e addirittura morirà per complicazioni da tubercolosi nel 1963, a 33 anni.
Nel 2006 la Concorde Records, che detiene il catalogo Prestige, pubblicherà in una scintillante confezione box da 4 cd The Legendary Quintet Sessions, che ai 4 capolavori aggiunge 'Round Midnight, presente in Miles Davis And The Modern Jazz Giants e una serie di registrazioni inedite in jazz club e show in televisione. Un tesoro per gli appassionati più accaniti, ma per un approccio genuino e affascinante al jazz basta ascoltare la bellezza del disco di oggi, una delle innumerevoli magie di Miles Davis.
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angelap3 · 4 months ago
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La storia della Musica!!!!
Tre giorni di pace e musica. Tre giorni che hanno fatto la storia. Si celebra oggi il 51esimo anniversario del più grande evento di libertà, umanità e lotta pacifica: il Festival di Woodstock. Più che un concerto un pellegrinaggio, una fiera di arte e musica, una comunità, un modo di vivere che ha cambiato per sempre il concetto di libertà. Sul palco, a Bethel (una piccola città rurale nello stato di New York) si sono alternati per tre giornate alcuni tra i più grandi musicisti della storia. Musicisti che provenivano da influenze, scuole musicali e storie differenti ma che avevano in comune ciò che più contava in quei favolosi anni ’60: la controcultura.
Si passava dal rock psichedelico di Jimi Hendrix (che, pur di essere l’ultimo a esibirsi, salì sul palco alle 9 di lunedì mattina per un concerto di due ore, culminato nella provocatoria versione distorta dell’inno nazionale statunitense) e dei Grateful Dead ai suoni latini dei Santana (che regalarono un memorabile set, impreziosito dallo storico assolo di batteria del più giovane musicista in scena: Michael Shrieve) passando per il rock britannico di Joe Cocker (che regalò in scaletta le splendide cover di Just Like a Woman di Dylan e With a Little Help from my Friends dei Beatles) e degli Who all’apice della loro carriera (celebre l’invasione di palco dell’attivista Habbie Hoffman, durante il loro concerto, quasi quanto il lungo assolo di Pete Townshend durante My Generation, con lancio di chitarra finale).
C’era poi il folk, con una splendida Joan Baez su tutti, che suonò nonostante fosse al sesto mese di gravidanza, genere tipicamente statunitense che si alternava a suoni più esotici e orientali, come il sitar di Ravi Shankar. Impossibile dimenticare infine l’intensa performance della regina del soul Janis Joplin, la doppia esibizione (acustica ed elettrica) di Crosby, Stills, Nash e del “fantasma” di Neil Young, che rifiutò di farsi riprendere dalle telecamere e il divertente show dei Creedence Clearwater Revival.
1969, il ‘Moon day’ in musica..
Concerti che rimarranno nella memoria di chiunque ami la musica come simbolo di cambiamento, pace e libertà. D’impatto i presenti come pesanti furono le assenze di John Lennon, che si rifiutò di esibirsi per il mancato invito di Yoko Ono, Bob Dylan, padrone di casa (lui che all’epoca viveva proprio a Woodstock) assente per la malattia del figlio, i Rolling Stones, ancora scossi per la morte di Brian Jones e i Doors, alle prese con una serie infinita di problemi legali.
Il vero protagonista dell’evento fu però il pubblico, la “vera star” secondo l’organizzatore Michael Lang, eterogeneo quasi quanto i generi musicali. Da tutta America arrivarono studenti liceali e universitari, hippie, veterani del Vietnam, filosofi, operai e impiegati. Nessuna differenziazione di razza, etnia o colore della pelle: tutti uniti dalla voglia di stare insieme in libertà con il fango a livellare ogni diversità e i capelli lunghi come simbolo di ribellione. Un sogno che oggi sembra lontano anni luce, nelle ideologie come nell'organizzazione.
Da quel 1969 si è provato a più riprese a riproporre Woodstock, con scarsi risultati culminati nell'annullamento del concerto in programma per questo cinquantesimo anniversario, organizzato proprio da Lang e non andato in porto tra una defezione e l’altra, forse perché indigesto ai grandi organizzatori di eventi musicali mondiali. Forse, a conti fatti, meglio così: quell'atmosfera irripetibile era frutto di una spontaneità organizzativa di altri tempi, una magia fuori da ogni schema il cui risultato sensazionale, iconico e significativo fu chiaro solo anni dopo anche agli stessi partecipanti.
Vanni Paleari
PhWoodstock, 1969
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segretecose · 11 months ago
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comunque pensavo che forse il motivo per cui amadeus si è così inviperito per la questione john travolta è che non sa che non tutti hanno il feticcio dell’umiliazione?
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armandoandrea2 · 10 months ago
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Questa lettera d'amore scritta da Johnny Cash alla moglie June Carter Cash è stata eletta come la più bella di tutti i tempi.
23 giugno 1994, Odense, Danimarca.
Buon compleanno Principessa, invecchiamo e ci abituiamo l’uno all’altra. Pensiamo allo stesso modo. Ci leggiamo nel pensiero. Sappiamo cosa l’altro vuole senza chiederlo. A volte capita che non ci sopportiamo. E forse talvolta ci capita anche di dare per scontata la presenza dell’altro. Ma ogni tanto, come oggi, ci rifletto e mi rendo conto di quanto io sia fortunato a dividere la mia esistenza con la donna più straordinaria che abbia mai incontrato. Ancora mi affascini e sei fonte d’ispirazione. La tua influenza non fa che migliorarmi. Sei l’oggetto dei miei desideri, la ragione di vita numero uno su questa terra.
Ti amo tantissimo.
Buon compleanno Principessa.
John
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recherchestetique · 10 months ago
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THE MARCHESA CASATI
Marchesa Luisa Casati: An inspiringly decadent true tale of a bizarre Italian aristocrat. Pet cheetahs, séances and dresses made from lightbulbs, the heiress, socialite and artist's muse Marchesa Luisa Casati led a life every bit as unusual as her outfits.
Luisa, Marchesa Casati Stampa di Soncino (born Luisa Adele Rosa Maria Amman; 23 January 1881 – 1 June 1957), was an Italian heiress, muse, and patroness of the arts in early 20th-century Europe.
Casati was known for her eccentricities that delighted European society for nearly three decades. The beautiful and extravagant hostess to the Ballets Russes was something of a legend among her contemporaries. She astonished society by parading with a pair of leashed cheetahs and wearing live snakes as jewellery.
She captivated artists and literary figures such as Robert de Montesquiou, Romain de Tirtoff (Erté), Jean Cocteau, and Cecil Beaton.[citation needed] She had a long-term affair with the author Gabriele d'Annunzio, who is said to have based on her the character of Isabella Inghirami in Forse che si forse che no (Maybe yes, maybe no) (1910).[citation needed] The character of La Casinelle, who appeared in two novels by Michel Georges-Michel, Dans la fete de Venise (1922) and Nouvelle Riviera (1924), was also inspired by her.
In 1910, Casati took up residence at the Palazzo Venier dei Leoni, on Grand Canal in Venice, owning it until circa 1924. In 1949, Peggy Guggenheim purchased the Palazzo from the heirs of Viscountess Castlerosse and made it her home for the following thirty years. Today it is the Peggy Guggenheim Collection, a modern art museum on the Grand Canal in the Dorsoduro sestiere of Venice, Italy.
Casati's soirées there would become legendary. Casati collected a menagerie of exotic animals, and patronized fashion designers such as Fortuny and Poiret. From 1919 to 1920 she lived at Villa San Michele in Capri, the tenant of the unwilling Axel Munthe. Her time on the Italian island, tolerant home to a wide collection of artists, gay men, and lesbians in exile, was described by British author Compton Mackenzie in his diaries.
Numerous portraits were painted and sculpted by artists as various as Giovanni Boldini, Paolo Troubetzkoy, Adolph de Meyer, Romaine Brooks (with whom she had an affair), Kees van Dongen, and Man Ray; many of them she paid for, as a wish to "commission her own immortality".[citation needed][citation needed] She was muse to Italian Futurists such as F. T. Marinetti (who regarded her as a Futurist) Fortunato Depero, Giacomo Balla (who created the portrait-sculpture Marchesa Casati with Moving Eyes), and Umberto Boccioni. Augustus John's portrait of her is one of the most popular paintings at the Art Gallery of Ontario; Jack Kerouac wrote poems about it and Robert Fulford was impressed by it as a schoolboy.
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webdiggerxxx · 1 year ago
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gentilfarfalletta · 9 months ago
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John Forse
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anchesetuttinoino · 4 months ago
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Donald Trump jr e Kennedy jr: “Subito de-escalation e aprire negoziati diretti con la Russia”
"Il New York Times ha riferito che l'amministrazione Biden sta valutando di consentire all'Ucraina di usare armi di precisione a lungo raggio fornite dalla NATO contro obiettivi in profondità all'interno della Russia. Una decisione del genere metterebbe il mondo a un rischio maggiore di conflagrazione nucleare rispetto a qualsiasi altro momento dalla crisi missilistica cubana". Lo scrivono su 'The Hill' il figlio di Trump, Donald Trump junior, e Robert Kennedy junior.�"In un momento in cui i leader americani dovrebbero concentrarsi sulla ricerca di una via di fuga diplomatica per una guerra che non avrebbe mai dovuto aver luogo, l'amministrazione Biden-Harris - proseguono Trump e Kennedy junior - sta invece perseguendo una politica che la Russia afferma che interpreterà come un atto di guerra. Nelle parole di Vladimir Putin, gli attacchi a lungo raggio in Russia 'significheranno che i paesi della NATO, gli Stati Uniti e i paesi europei, sono in guerra con la Russia'. La logica degli analisti sembra essere che se si stuzzica un orso cinque volte e non risponde, è sicuro stuzzicarlo ancora più forte una sesta volta. Una strategia del genere potrebbe essere ragionevole se l'orso non avesse denti. I falchi dell'amministrazione Biden sembrano aver dimenticato che la Russia è una potenza nucleare. Hanno dimenticato la saggezza di John F. Kennedy, che nel 1963 disse: 'Le potenze nucleari devono evitare quegli scontri che portano un avversario a una scelta tra una ritirata umiliante o una guerra nucleare'. Dovremmo prendere sul serio questo consiglio".
Trump e Kennedy junior continuano: "Putin ha segnalato numerose volte che la Russia avrebbe usato armi nucleari in circostanze estreme. A settembre 2022, Putin affermo': 'Se l'integrita' territoriale del nostro Paese e' minacciata, useremo senza dubbio tutti i mezzi disponibili per proteggere la Russia e il nostro popolo: questo non è un bluff'. A marzo 2023, ha stretto un accordo con la Bielorussia per stazionare lì armi nucleari tattiche. All'inizio di questo mese, il vice ministro degli Esteri Sergei Ryabkov ha annunciato che la Russia avrebbe modificato la sua dottrina nucleare in risposta al coinvolgimento occidentale nella guerra in Ucraina. Immaginate se la Russia fornisse a un altro paese missili, addestramento e informazioni di puntamento per colpire in profondità nel territorio americano. Gli Stati Uniti non lo tollererebbero mai. Non dovremmo aspettarci che lo tolleri neanche la Russia. Questo gioco del nucleare è andato abbastanza lontano. Non possiamo avvicinarci più di così al limite. E per cosa? Per 'indebolire la Russia'? Per controllare i minerali dell'Ucraina? Non è in gioco alcun interesse americano vitale. La febbre della guerra nell'establishment della politica estera statunitense è a un livello tale che è difficile dire se credono alla loro stessa retorica. Nel dibattito di martedì scorso, la vicepresidente Kamala Harris ha evocato immagini di forze russe che avanzano in Europa. Di sicuro deve sapere quanto sia assurdo. Per prima cosa, la Russia riesce a malapena a strappare qualche provincia all'Ucraina, che non è affatto una delle grandi potenze europee. In secondo luogo, la Russia ha reso molto chiari i suoi obiettivi di guerra fin dall'inizio, in particolare la neutralità ucraina e la fine dell'espansione verso est della NATO. Centinaia di migliaia di vite perse e centinaia di miliardi di dollari dopo, nessuno sta meglio, né l'Europa, né l'America e certamente nemmeno l'Ucraina. E' giunto il momento di una de-escalation di questo conflitto. Questo è più importante di qualsiasi questione politica su cui la nostra nazione discute. Una guerra nucleare significherebbe la fine della civiltà come la conosciamo, forse persino la fine della specie umana. L'ex presidente Donald Trump ha giurato di porre fine a questa guerra, ma quando entrerà in carica, potrebbe essere troppo tardi.
Marco Rizzo
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stoopidassjamesfranco · 11 months ago
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Sanremo il festival dell'abuso psicologico su John Travolta e (forse) della canzone d'italia
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kon-igi · 1 year ago
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UN VIAGGIO NELL'ORRORE
Tranquilli, non è il vostro viaggio ma il mio.
Io sono nato all'inizio degli anni '70, quindi mi sono fatto prima tutta la cinematografia horror di Dario Argento&co e poi tutti gli slasher americani con le icone classiche quali Jason, Freddy, Leatherface etc.
Ma c'è un problema...
Io non ho mai visto nessuno di quei film fino al 1990.
Vedete, io vivevo in una famiglia molto particolare™ dove la televisione era vista come il male assoluto, ragion per cui fino ai 14 anni io sono stato costretto ad andare a letto alle nove di sera e durante il giorno potevo guardare solo un'ora di televisione (stranamente non era conteggiato il tempo davanti al Commodore 64 e indovinate un po' chi era il mio migliore amico).
In quell'ora a disposizione io cercavo, ovviamente, di farci stare i miei cartoni animati preferiti ma non mi era possibile guardare film, tantomeno di sera.
Me li facevo raccontare.
Sì perché, evidentemente, il concetto di film non adatto ai bambini si applicava solo a me mentre tutti i miei amici, invece, rimanevano alzati fino a tardi a guardare film pazzeschi insieme ai loro genitori e il giorno dopo me li raccontavano.
A difesa dei miei genitori posso dire che in effetti ero un bambino particolarmente impressionabile ed è forse a causa dei sogni che facevo alle elementari che scelsero di non espormi a quello che in linguaggio tecnico viene definito nightmare fuel.
Non che ne avessi bisogno, intendiamoci.
Per esempio, in terza o in quarta elementare fui perseguitato da quello che io avevo soprannominato Il Burattinaio Cadavere, che si manifestava nel seguente modo: prima io mi trovavo in un qualsiasi luogo a me conosciuto (casa, scuola, parco giochi etc) poi improvvisamente tutto diventava scuro e dei fili tipo ragnatele scendevano dal cielo per toccare le decine di cadaveri che improvvisamente erano apparsi accasciati a terra, i quali si rianimavano come burattini e mi venivano barcollando incontro. Ovviamente mi svegliavo urlando come un ossesso.
E che dire della Lamante, una donna che ogni notte mi faceva vedere un buco sul braccio e mi sussurrava 'Se mi aspetti poi ti faccio vedere cosa mi hanno fatto'. E dopo tornava con le braccia amputate e due lame lunghissime innestate cercando di trafiggermi.
E poi il Buio, la Porta, il Verme Oculare, lo Sghignazzatore Maledetto...
(Beh, forse ero un qualcosa di diverso da 'impressionabile' ma vabbe'...)
Comunque, il primo film horror che vidi a casa di un amico fu Halloween di John Carpenter e al di là dell'angoscia di vedere REALMENTE un qualcosa horror, mi piacque parecchio e lì cominciò la mia collezione di problemi.
Come qualsiasi manuale di pedagogia insegna fin dai primi capitoli, la lunga privazione di un qualcosa di proibito che ero l'unico a non possedere mi spinse a fare binge watching di ogni film horror, di ogni libro di Stephen King, Clive Barker, Lovecraft e persino a scegliere come gioco di ruolo preferito Call of Cthulhu invece del più innocuo Dungeons&Dragons.
Andai fuori di testa.
Ogni notte un Geteit Chemosit che indossava la faccia strappata di mia madre cercava di entrare in camera mia e di giorno giravo sempre armato perché non si sa mai.
Mandai quasi in ospedale la mia povera mamma che ebbe la pessima idea di entrare in camera mia perché mi lamentavo nel sonno (non avevo capito che la faccia era attaccata alla persona giusta) e a distanza di anni ancora ridiamo con i miei amici di quando in campeggio tenni sollevato per il collo lo sventurato che fece un verso sospetto quando, uscendo per pisciare ancora mezzo addormentato, calpestai per sbaglio il suo sacco a pelo.
Per me valeva il motto 'L'uomo che dorme con un machete sotto al cuscino è un pazzo tutte le notti tranne una' e infatti la routine serale dei miei amici era aspettare che mi addormentassi e poi nascondere tutte le mie armi (grazie Francesca perché quella notte particolare avrei senza dubbio ucciso tutti con la mia Katana).
La notte, insomma, non mi è stata mai amica perché forte in me era la convinzione, per non dire la certezza, che il sonno rendesse possibile la venuta di orrori innominabili che si arrampicavano lungo la parte sbagliata della luce.
Verso i diciannove anni facemmo una festa per la fine della Maturità in un'enorme casa di campagna di non mi ricordo chi e dopo aver bevuto l'impossibile ognuno si appropriò di una stanza a casa, chi per trombare (non io) chi per collassare (io).
Solo che non collassai.
Come in un racconto breve di Stephen King mi misi a sedere su un vecchio letto col materasso di lana e tenendo i piedi nudi su un pavimento di cotto dalle piastrelle tutte storte (assurdo come certi particolari rimangano impressi) cominciai a fissare la porta chiusa.
Faceva caldo ma l'avevo chiusa.
Improvvisamente sento una sensazione strana sulla schiena, come di brividi, e i capelli mi si rizzano sulla nuca.
Un pensiero mi si insinua nelle tempie come un ago nel polistirolo...
'Sta arrivando'.
E poi abbasso lo sguardo e vedo che sto tenendo in mano un lungo coltello da macellaio, che evidentemente non ricordavo di aver preso giù in cucina.
Non ricordavo di averlo preso o forse in quel momento avevo capito qualcosa?
Sta arrivando
Punto i piedi a terra...
STA ARRIVANDO
Mi alzo e stringo più forte il coltello
STA ARRIV...
Ma io mi muovo per primo e scatto verso la porta con un fendente dal basso verso l'alto che avrebbe aperto in due la pancia dell'essere non appena avesse spalancato la porta.
TUNC!
Guardo la lama affondata a metà nel pannello della porta chiusa, assolutamente chiusa ma così chiusa che pareva l'emblema della possibilità che io quella sera trombassi.
Allora scendo in cucina, rimetto il coltello nel cassetto e tra i gorgoglii dei conati di vomito di chi aveva ecceduto e l'assoluto silenzio di chi non stava minimamente trombando, mi sdraio sul letto e mi addormento di un sonno senza sogni.
La parte più nobile e metafisica di me vuole pensare che con quell'ultimo fendente dato al vuoto in realtà uccisi definitivamente l'oscurità in me ma in realtà credo di aver semplicemente realizzato che chiunque fosse entrato in quel particolare momento si sarebbe visto rovesciare gli intestini sul pavimento e questo non rientrava tra le cose che avrei voluto fare da grande.
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diceriadelluntore · 1 year ago
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Storia Di Musica #309 - Led Zeppelin, Led Zeppelin, 1969
Come iniziare un nuovo anno di storie musicali? Si inizia con la scelta di 4 dischi che portano lo stesso nome dei loro autori, 4 band molto differenti tra loro, alcune famosissime, altre molto di meno (la scoperta di grandi dischi da artisti sconosciuti vorrei fosse una sorta di cardine di tutte le scelte del 2024). La Storia di Musica della prima domenica di gennaio 2024 parte con un modo di dire inglese: Go over like a lead ballon, che significa “è fallito del tutto” perché un lead ballon è un palloncino di piombo che ovviamente non può volare. Leggenda vuole che fu questo detto ad ispirare Keith Moon e John Entwistle, che suggerirono a Jimmy Page il nome per quella che diventerà una delle più formidabili formazioni di sempre: i Led Zeppelin. La storia è piuttosto nota: Page entra nel 1966 negli Yardbirds (già di Eric Clapton) come seconda chitarra di Jeff Beck. La band era già allo sfascio, e Page aveva intenzione di formare una nuova band con Moon ed Entewinstle. I tre con Jeff Beck registrano la storica Beck’s Bolero, registrata nel Maggio del 1966 ma pubblicata come singolo solo mesi più tardi, nel Marzo del 1967, brano fenomenale ma dalla storia travagliatissima, tra cui una intricata questione di diritti d’autore. Page, titolare del nome Yardbirds, prende accordi come leader degli Yardbirds per un mini tour in Scandinavia, ma nessuno dei suoi compagni accetta. Ne trova di altri: convince un session man mago delle tastiere, John Paul Jones, nel progetto, e tramite l’ex cantante degli Yardbirds Chris Dreja (che nel frattempo si è dato alla fotografia) assolda un biondo cantante, Robert Plant, che si porta con sé un batterista un po’ pazzo, John Bonham. È il 1968. Nascono così i Led Zeppelin (scritto così per non confondere il lead “piombo” con il lead “guidare”).
Senza nemmeno un po’ di gavetta registrano in 36 ore, sotto la guida del grande ingegnere del suono e produttore Glys Johns per poco più di 1700 sterline il loro primo, omonimo album per la Atlantic Records (fa più impressione il dato temporale che quello economico, 1700 sterline del 1968 sono 35 mila di adesso). E bastano: Led Zeppelin esce il 12 gennaio 1969 e diviene uno dei 10 album di debutto più belli ed importanti della musica rock. Venderà decine di milioni di dischi e manda in orbita, forse quasi troppo velocemente, il dirigibile più famoso del rock. In copertina mettono l’incidente del dirigibile Zeppelin LZ 129 Hindenburg avvenuto il 6 maggio 1937 nel New Jersey (vicenda leggendaria, su cui aleggia un complotto internazionale e non l’ufficiale incidente aereo). I 4 partono dal furente suono del british blues, ma arrivano dove nessuno si era mai spinto: rifanno due classici del blues, I Can’t Quit You Baby (eccezionale, caldissima e stupenda) e You Shook Me di Willie Dixon, e prendono da Jack Holmes Dazed And Confused (che nei live diverrà infinita con medley di altri classici della Musica del Delta). Per capire il suono Zeppelin e la sua travolgente natura, basta capire come strutturano il suono di una canzone tutto sommato banale come Good Times Bad Times. Your Time Is Gonna Come è quasi corale, come la veloce How Many More Times. Black Mountain Side è uno strumentale acustico in cui Page rincorre la maestria del fingerpicking di Bert Jansch, allora in auge con i superbi Pentagle. Communication Breakdown diviene un altro classico, con il suo stile particolare: parte blues, poi sale con l’intensità della voce di Plant e diviene furiosa ed accesa, e per molti è la nascita dell’hard rock. Gemma dell’album è però Babe I’m Gonna Leave You: presa da Joan Baez, in realtà la canzone, accreditata come traditional, è dalla folksinger inglese Anne Bredon (che fu ricompensata con un cospicuo assegno dalla band una volta risolto il mistero). Plant canta babe come mai nessuno più farà, la canzone ha un intro acustico ma poi esplode nel nuovo suono elettrico e potente, diviene struggente, torbida, assolutamente memorabile.
Questo fu il primo episodio di un modo di “gestire” le ispirazioni da altre canzoni che fece scuola, e si potrebbe aprire un dibattito infinito sulla loro musica. Per alcuni (pochini, va sottolineato) il loro rock blues portato all'estremo, con la chitarra rivoluzionaria di Page (che influenzerà 3 generazioni di chitarristi), il bombardamento ritmico di Bohnam (davvero feroce), l’elegante e mai invasivo tessuto sonoro di Jones (che suona basso e tastiere) e la voce, straordinaria e incantatrice di Plant, non è niente di così innovativo. Per altri (la stragrande maggioranza degli appassionati) il loro suono, le idee, la maestria tecnica dei musicisti e l’alone leggendario che la band riesce a costruire su di sé, li pongono ai vertici assoluti della storia del rock, ne fanno i padri putativi dell’Hard Rock (con i coevi Deep Purple), e la loro genialità è dimostrata dalle future evoluzioni stilistiche e musicali. È innegabile però che per farlo saccheggiarono un po’ dovunque, dal blues del Delta a quello urbano di Chicago, spesso non accreditandolo sui dischi, con picchi assoluti di sorrisetti ironici (tipo il caso di Stairway To Heaven per l’intro uguale ad una canzone degli Spirit, Taurus, caso che finirà addirittura in tribunale con la vittoria di Page e Plant, sebbene lo stesso tribunale ne riconosce le somiglianze). All’epoca era prassi comune raccogliere i semi del blues e riadattarli nel suono, un po’ per convenienze e un po’ perché non esistevano le normative precise e puntuali che esistono oggi sui diritti d’autore (molti altri, tra cui i Rolling Stones, furono protagonisti di episodi analoghi). Il successo dei Led Zeppelin amplificò la questione: il problema fu molte volte la paternità delle musiche, spesso passate come traditional (vedi il caso della canzone della Bredon) e quindi non riconducibili ad un artista detentore dei diritti. In tutti i casi di presunta usurpazione di diritti altrui, hanno sempre pagato i richiedenti ufficiali. Quelli che li accusano di scarsa inventiva, sinceramente non li hanno mai ascoltati: nessuno prima di loro suonava così, probabilmente sono tra le band più imitate in assoluto, saranno centinaia quelli che dopo vorranno suonare come loro. E rivoluzionarono anche altri aspetti del mondo del rock: l'andare in tour, i rapporti con le case discografiche, con i promoter, persino con le radio: ruolo centrale lo ebbe in ciò il loro manager Peter Grant, un gigante di stazza e di potere, passato alla storia anche per i modi tutt'altro che amichevoli con cui convinceva i gestori dei locali o chiunque potesse danneggiare il gruppo a farla finita. Un’ultima curiosità: con il crescente successo, una discendente dei Von Zeppelin citò la band per uso improprio del nome, e per un unico, storico concerto a Copenaghen la band si presentò come The Nobs. Poi però tornarono ad essere quel dirigibile di piombo che volava altissimo.
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