#io e l'agilità
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Rimedi per questa giornata di pioggia: vestirsi carine! 🖐 (si anche se stanno larghi)
#fotografie#in realtà nel video ci stava la canzone dei#the strokes#ma non la mette#no reblog#si quella sono io tutta spettinata#but i don't care#mi piace così#io e l'agilità#Spotify
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[La commedia all'italiana]
“ La commedia all'italiana, nella confusione dei generi, ha il grande merito di non aver allontanato del tutto il pubblico. Qui non si parla di capolavori, sappiamo bene che i capolavori sono mosche molto rare, e sappiamo anche chi li fa. Ma uno strano comportamento degli altri "capolavori" italiani è che si tratta quasi sempre di tragedie che col tempo si avviano a diventare comiche. Le eccezioni sono rare, e sappiamo tutti quali sono gli autori che resistono all'usura del tempo: Rossellini, Fellini, Antonioni, Rosi, un altro paio li lascio scegliere a voi. Gli altri preferirei tacerli, pensano già troppo loro stessi a farsi pubblicità, a spargere il terrorismo ideologico e artistico, e alla fine viene voglia di difendere "la commedia all'italiana", soprattutto se si pensa a quei "capolavori" che hanno i minuti contati e rendono pensoso il ceto medio, sempre sull'onda della moda. La commedia italiana ha rivelato una certa Italia che esiste, e che gli italiani avevano sotto gli occhi e non vedevano.
L'Italia dei soliti ignoti (bisognerà rifarsi a questo lontano film di Monicelli), quella dei "mostri", della legislazione arretrata, del boom e delle congiunture, l'Italia della televisione, della provincia ormai tentacolare, dei moralisti e degli imbroglioni. L'Italia, insomma, che esce dalla commedia dialettale e sentimentale per guardarsi com'è fatta. Si è scoperto un tipo di italiano eterno, che viene da Machiavelli, e che affronta la vita con tranquilla amoralità, comicamente e talvolta con una certa disperazione. I nostri comici bene o male rappresentano l'Italia. Sordi e Tognazzi, Gassman e Manfredi sono l'Italia. Ne siamo circondati. Oltre che parlare di registi (Risi, Scola, Salce e altri) qui bisogna parlare anche degli scrittori, e cito i quattro più rispettabili, Rodolfo Sonego, Age e Scarpelli, Ruggero Maccari. Bene, si ha l'impressione, leggendo le critiche dei giornali, che costoro debbono passare il tempo a difendersi dall'accusa di facilismo. Io ammiro in loro invece la grande fecondità inventiva, lo spirito di osservazione sempre aggiornato, l'agilità costruttiva delle loro storie, e l'umorismo oltre che la comicità. È un cinema che è una variazione attuale della commedia cinquecentesca, fatto con lo stesso spirito di spregiudicatezza dei tempi d'oro. Faccio qualche esempio: chi ha visto "Riusciranno i nostri eroi etc.", si è reso conto che finalmente l'italiano esiste, appunto perché trasportato fuori del suo habitat. Chi ha visto l'episodio delle due checche nel film "Vedo nudo" non ha potuto non ammirare la semplice grazia dello svolgimento e della recitazione. E chi ha visto Sordi nell'ultimo episodio della "Contestazione generale", sa che siamo davanti ad un piccolo capolavoro, piccolo ma resistente. Infine mi sembra che la commedia all'italiana, anche nei casi più clamorosi (Il medico della mutua) pur con tutte le sue facili risate indica problemi che sollevati dalla saggistica, dal giornalismo, dalla narrativa, chissà perché annoiano. “
Ennio Flaiano, Frasario Essenziale - per passare inosservati in società, introduzione di Giorgio Manganelli, Bompiani (collana Nuovo Portico, n° 41), 1986¹; pp. 78-79.
Nota: Il volume è una raccolta postuma di scritti inediti e varî (taccuini, appunti, fogli sparsi di diario o di viaggio).
#Ennio Flaiano#libri#letture#leggere#anni '60#recensioni#Frasario Essenziale#cinema italiano#Dino Risi#Ettore Scola#Vittorio Gassman#Alberto Sordi#Ugo Tognazzi#I soliti ignoti#Giorgio Manganelli#Francesco Rosi#citazioni#Nino Manfredi#Michelangelo Antonioni#italianità#anni sessanta#diaristica#Roberto Rossellini#celebrità#Federico Fellini#Italia del boom#Mario Monicelli#vizi#virtù#carattere nazionale
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È strano vivere fra due mondi: essere nata e cresciuta in Italia e poi aver continuato a crescere altrove, in Inghilterra, in un paese completamente diverso. Mi ricordo di essere stata brava a scrivere, di sapere bene la grammatica e di ricordarmi parole obsolete e bellissime che ormai nessuno usava più. Poi sono andata via e ho dovuto ricominciare da capo. Dopo tanti anni trascorsi a vivere a Londra non so più scrivere bene in italiano, mischio le regole, sbaglio gli accenti e i congiuntivi; e non so scrivere bene in inglese perché non ho l'agilità di una persona nata e cresciuta qui, non ho quella densità di vocabolario che mi permetterebbe di spostarmi da un vocabolo all'altro come sarei forse in grado (sarei stata) di farlo in italiano. Negli anni ho scritto all'infinito. Da bambina avevo quaderni di dimensioni A4 che riempivo di storie, di avventure gotiche fatte di personaggi alieni e macabri che amavo in gran segreto e dai quali ero sempre tutta presa. Scrivevo ovunque, ma soprattutto scrivevo a casa di mia nonna paterna durante i pomeriggi soleggiati di ogni stagione un po' perché ero un po' sola, un po' perché mi piaceva avere le sue attenzioni. Avevo tanti diari e pagine piene di documenti Word ora andati perduti dopo che il fidanzato dei tempi dell'università calpestò il mio vecchio computer e schiacciato l'hard drive, portandolo ad una morte prematura e dolorosa. Il giorno in cui il mio ex calpestò il mio computer persi tutti i miei documenti preziosi, incluse le fotografie mai stampate delle mie amicizie e viaggi adolescenziali e di amori ormai vecchi (ma mai dimenticati), e ovviamente tutti i capitoli di cose iniziate e mai finite. Forse non ho mai perso niente; tanto non ho mai finito niente, d'altro canto.
L'altro giorno per puro caso mi sono imbattuta in una scrittrice italiana che vive a Londra. Anche lei amante del gotico e del macabro, delle cose "morbid" - bello, bellissimo questo aggettivo che in italiano suona come "morbido", mentre in inglese si riferisce ad un interesse verso materie inquietanti, da pelle d'oca, che abbiano a che fare con la morte o le malattie. Sembra quasi che non ci sia una semplice traduzione di questo aggettivo, come tradurre "dolce" con "sweet", o "arrabbiato" con "angry". La scrittrice che ho scoperto si chiama Viola di Grado e ha già alle spalle premi letterari e lavori prestigiosi, indossa quello che vuole (è una goth appassionata) e scrive come le pare. È sé stessa negli autoscatti tenebrosi misti ad ego un po' imbarazzanti e teneri, e nei libri anche questi morbid e pieni di psicologia del lutto e di antropologia. L'ho adorata immediatamente e dopo ore trascorse a cogitare ho deciso di mandarle un messaggio per dirle che anche io ho un lavoro che lei forse sognerebbe, in una libreria che forse avrà visitato già tante volte, fra la stregoneria, il paranormale, la magia, i tarocchi, e che mi farebbe piacere essere sua amica.
Mi sono chiesta perché ho voluto mandarle quel messaggio e perché sento il bisogno di farmela amica. All'inizio mi sono detta che vorrei tanto avere amicizie originali e sincere, e ammiro chi nonostante l'età continui ad indossare abiti scelti con amore e con personalità piuttosto che amalgamarsi e mettere a tacere i piaceri personali. In parte è vero; in parte è anche una cazzata. La verità è che ho sempre voluto scrivere bene e scrivere un libro. Ho scritto fino alla nausea e odiato ogni cosa che ho pensato e deciso di trascrivere in flussi di rabbia, senza struttura, o in flussi di calma e amore, di notte, prima di collassare sotto il peso del sonno, anche questi senza struttura. Ho sempre voluto essere una scrittrice fino ad imbarazzarmi. Proprio come lei.
Ho un ricordo distinto delle scuole medie. Tornata per un saluto alle scuole elementari, mi ero fermata a salutare la maestra di italiano, tale Maestra Manfreda, rigida e gelosa delle bambine talentose a differenza di sua figlia, meno dotata, o almeno così mi aveva detto una cugina che subiva le sue angherie. Le dissi: sto scrivendo un libro che voglio pubblicare. Lei era contentissima, sotto sotto però mi sentivo presa in giro. Stavo gonfiando le parole quanto possibile per sentirmi grande e capace. Quindi ho voluto essere scrittrice già secoli fa, quando non sapevo cosa fosse scrivere; per me non era altro che un passatempo e un luogo metafisico per nascondermi, e da allora non è quasi cambiato nulla.
E poi Viola di Grado.
Continuo a scrivere prima di andare a letto. Sono sole paginette a sé stanti che descrivono sentimenti e fatti accaduti. Mi impegno a scrivere bene in italiano per non dimenticare questa lingua che mi ha cresciuta, che mi ha fatto innamorare e che ho odiato fino al midollo per poi rimangiarmi le parole. Scrivo scrivo scrivo e poi niente.
Forse un giorno.
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#Pillole di vita 1
Era una giornata come un'altra in ufficio, dopo alcune ore passate a squagliarmi sulla sedia decisi di andare a prendere qualcosa alla macchinetta. Mi alzai dalla sedia con l'agilità di un cadavere in rigor mortis e mi diressi alla macchinetta. Guardai intensamente l'elenco delle bevande che potevo avere, fingendo di voler provare qualcosa di nuovo, ma sono debole di spirito e goloso, pessima accoppiata per una persona intollerante alla cioccolata. Quindi scelsi la cioccolata. Intanto si avvicinò un collega che, per scegliere cosa prendere, si mise alla mia sinistra scrutando attentamente l'elenco delle bevande mentre io mi apprestavo a selezionare la mia. Poco dopo entrò una ragazza che si fermò alla mia destra, anche lei li per prendere qualcosa dalla macchinetta. Mentre aspettavo la mia cioccolata il ragazzo alla mia sinistra cominciò a fare delle avances alla ragazza, alcune molto velate altre un po' più dirompenti ma mai eccessive. Io mi trovavo in mezzo, ed è stato tremendo, mi sentivo come un bambino piccolo che entra in camera dei genitori mentre fanno sesso e mentre il padre grida alla madre "Chiamami papino, vacca" prima di montarla come un cinghiale etrusco. Ad un certo punto l'unica cosa che volevo era andarmene, ma la macchinetta ci stava mettendo più del dovuto. Ad un certo punto scese lo zucchero, scese il cucchiaino, scese la cioccolata...ma non scese il bicchierino. Dopo pochi secondi uscì il bicchierino, ovviamente, vuoto. Lo presi con ferma decisione, ormai non mi importava più, volevo andarmene. Mentre fissavo il bicchierino vuoto il ragazzo mi chiese "tutto bene?" Io sicuro di me "sì sì, lo prendo sempre così il cioccolato" e me ne andai.
Morale: Non entrare mai in camera dei tuoi senza bussare e non fare affidamento su cose che potenzialmente potrebbero farti male.
Morale nascosta: Tu sei un mago, Harry!
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Pablo Neruda Poesia D'amore
P o e s i e - d i - P a b l o N e r u d a
E' oggi: tutto l'ieri andò cadendo
entro dita di luce e occhi di sogno,
domani arriverà con passi verdi:
nessuno arresta il fiume dell'aurora.
Nessuno arresta il fiume delle tue mani,
gli occhi dei tuoi sogni, beneamata,
sei tremito del tempo che trascorre
tra luce verticale e sole cupo,
e il cielo chiude su te le sue ali
portandoti, traendoti alle mie braccia
con puntuale, misteriosa cortesia.
Per questo canto il giorno e la luna,
il mare, il tempo, tutti i pianeti,
la tua voce diurna e la tua pelle notturna.
Pablo Neruda
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IL TUO SORRISO
Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l' aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l'acqua che d' improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d'argento che ti nasce.
Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d' aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.
Amore mio, nell' ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d' improvviso
vedi che il mio sangue macchina
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.
Vicino al mare, d'autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.
Riditela della notte,
del giorno, delle strade
contorte dell'isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l'aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.
Pablo Neruda
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XVII
Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima.
T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.
T'amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti
che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.
Pablo Neruda
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Due amanti felici fanno un solo pane,
una sola goccia di luna nell'erba,
lascian camminando due ombre che s'unisco,
lasciano un solo sole vuoto in un letto.
Di tutte le verità scelsero il giorno:
non s'uccisero con fili, ma con un aroma
e non spezzarono la pace né le parole.
E' la felicità una torre trasparente.
L'aria, il vino vanno coi due amanti,
gli regala la notte i suoi petali felici,
hanno diritto a tutti i garofani.
Due amanti felici non hanno fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l'eternità della natura.
Pablo Neruda
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Per il mio cuore basta il tuo petto,
per la tua liberta' bastano le mie ali.
Dalla mia bocca arrivera' fino al cielo
cio' che stava sopito sulla tua anima.
È in te l'illusione di ogni giorno.
Giungi come la rugiada sulle corolle.
Scavi l'orizzonte con la tua assenza.
Eternamente in fuga come l'onda.
Ho detto che cantavi nel vento
come i pini e come gli alberi maestri delle navi.
Come quelli sei alta e taciturna.
E di colpo ti rattristi, come un viaggio.
Accogliente come una vecchia strada.
Ti popolano echi e voci nostalgiche.
Io mi sono svegliato e a volte migrano e fuggono
gli uccelli che dormivano nella tua anima.
Pablo Neruda
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Se non fosse perché i tuoi occhi hanno color di luna,
di giorno con argilla, con lavoro, con fuoco,
e tieni imprigionata l'agilità dell'aria,
se non fosse perché sei una settimana d'ambra,
se non fosse perché sei il momento giallo
in cui l'autunno sale su pei rampicanti
e anche sei il pane che la luna fragrante
elabora passeggiando la sua farina pel cielo,
oh, adorata, io non t'amerei!
Nel tuo abbraccio io abbraccio ciò ch'esiste,
l'arena, il tempo, l'albero della pioggia,
e tutto vive perché io viva:
senz'andare sì lungi posso veder tutto:
vedo nella tua vita tutto ciò che vive.
Pablo Neruda
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Saprai che non t'amo e che t'amo
perché la vita è in due maniere,
la parola è un'ala del silenzio,
il fuoco ha una metà di freddo.
Io t'amo per cominciare ad amarti,
per ricominciare l'infinito,
per non cessare d'amarti mai:
per questo non t'amo ancora.
T'amo e non t'amo come se avessi
nelle mie mani le chiavi della gioia
e un incerto destino sventurato.
Il mio amore ha due vite per amarti.
Per questo t'amo quando non t'amo
e per questo t'amo quando t'amo.
Pablo Neruda
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Ho fame della tua bocca, della tua voce, del tuoi capelli
e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso,
non mi sostiene il pane, l'alba mi sconvolge,
cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.
Sono affamato del tuo riso che scorre,
delle tue mani color di furioso granaio,
ho fame della pallida pietra delle tue unghie,
voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta.
Voglio mangiare il fulmine bruciato nella tua bellezza,
il naso sovrano dell'aitante volto,
voglio mangiare l'ombra fugace delle tue ciglia
e affamato vado e vengo annusando il crepuscolo,
cercandoti, cercando il tuo cuore caldo
come un puma nella solitudine di Quitratúe.
Pablo Neruda
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CANTO DELLA TRISTEZZA
Non resta che invocare il tuo nome, creatore della vita:
soffro, ma tu soltanto sei nostro amico!
Parliamo solo il tuo incantevole linguaggio,
diciamo il perché della mia tristezza:
Cerco la grazia dei tuoi fiori,
l’allegria dei tuoi canti, i tuoi tesori.
Dicono che in cielo vi sia gioia,
vita e letizia: lì risuona il tamburo,
il canto è incessante e con esso si dissolvono
il nostro pianto e la tristezza,
nella sua casa dimora la vita…
questo sanno i vostri cuori,
oh principi!
Pablo Neruda
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Perché tu mi oda
le mie parole
a volte si assottigliano
come le orme dei gabbiani sulle spiagge.
Collana, sonaglio ebbro
per le tue mani dolci come l'uva.
E le vedo lontane le mie parole.
Più che mie esse son tue.
Si arrampicano sul mio vecchio dolore come l'edera.
Si arrampicano così sulle pareti umide.
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la realtà mistificta volutamente oscurata
Non possiamo ascoltare,leggere,osservare,o semplicemente subire passivamente le continue esternazioni di uno scrittore che decide chi può e chi non può combattere la mafia con qualsiasi mezzo,chi ha il pedigree di moralizzatore delle coscienze,chi deve rappresentare i vari movimenti civili che contrastano tutte le mafie.Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”. Peppino Impastato. Lo ricordiamo con le sue parole e con quelle di sua madre, Felicia Impastato, perché “la mafia non si combatte con la pistola ma con la cultura”..A Saviano bisognerebbe ricordare ogni giorno che ogni piccola azione,gesto,parola,detta per coinvolgere altre persone a combattere le organizzazioni criminali,o mafiose,dovrebbero essere sostenute e non delegittimate,demonizzate,perché producono effetti contrari,e tutti coloro che dicono la mafia mi fà schifo sono dalla parte della legalità,onestà,attivano anticorpi per il contrasto di tali forme di criminalità.L'uomo della parola,che divide la società in buoni e cattivi,che custodisce il segreto della verità,che inasprisce divisioni,l'uomo che credeva di non aver pi�� tempo(guillaume musso).Guillaume Musso scriveva:"Prima di andar via ci restano cose da fare e da risolvere e sapere di avere poco tempo per farlo ci spinge a rendere più intensa la nostra "banale" vita, riuscendo a vedere cose che per troppo tempo ci sono sfuggite".Lo scrittore che ti inganna con la comunicazione,con la narrazione,con i racconti delle testimonianze,mai complete,o imparziali,il traghettatore delle divinità del culto,colui che ti illude con delle foto,che cerca di farti sentire a disagio,colpevole,di crimini non tuoi,che ti racconta di una bambina in mare,attaccata ad una speranza,ad una vita migliore,la stessa negata per gravi colpe dell'occidente,che ha predato l'Africa,che ha contaminato terreni con i loro rifiuti,che ha saccheggiato villaggi,che ha abbattuto foreste,per i piaceri delle società occidentali..i suoi stessi piaceri,di una sigaretta,di una chiamata al cellulare,di un diamante alla ragione della sua vita ecc..il racconto oscurantista,di una strategia scientificamente studiata per sconvolgere le società contemporanee,usi,costumi,culture,storie,identità.Lo scrittore che difendeva chi voleva cancellare l'autoctonie dei popoli(chiedilo ai musulmani di rinunciare alle loro usanze).Non posso restare in silenzio dinanzi ad una accusa di questo scrittore che etichetta tutti come insensibili,disumani,vigliacchi,egoisti,individualisti,senza scrupoli,poco altruisti,come istanza all'immigrazione.Lo scrittore che ti racconta la fine di un film,non la trama,e peggio ancora neanche inizio del film.tralascia da dove partono,chi li induce a partire,chi gestisce le operazioni,quaii sono le menti che hanno spinto queste masse di uomini donne bambini giovani a emigrare,chi ci guadagna,come sono reinvestiti i profitti(armi,droghe,traffico di organi,terrorsmo,),le multinazionali che distruggono villaggi in nome del profitto ecc..Saviano colui che ha la verità in tasca o Nessuno ha la verità in tasca rappresenta il mantra recitato oggi dall'intellettuale medio-cre, quello, per intenderci, a cui la natura ha risparmiato la maledizione dell'intelligenza! Tale genere d'individuo non manca quasi mai di aggiungere che il dubbio rende l'uomo intelligente... e che solo gli stupidi sono sicuri delle loro verità... e così via... Insomma, una glorificazione dell'incompletezza e dell'inettitudine. D'altronde quale altra possibilità ha,per non sentire l'angoscia del vuoto,una civiltà ignorante di tutto ciò che appartiene alla profondità umana, se non rendere l'ignoranza stessa un pregio e una caratteristica di cui vantarsi in società? Non mi stupisco di ascoltare altri relatori nel campo del miglioramento personale, se non addirittura della spiritualità, affermare tutti invariabilmente di non “avere la verità in tasca”, per poi ammiccare compiaciuti e compiacenti verso il pubblico, il quale di buon grado muove meccanicamente su e giù la testa per indicare che approva. (già, perché se nemmeno il relatore ha la verità in tasca, allora io, che sono seduto tra il pubblico e ho l'agilità mentale d'un comodino, sono pienamente giustificato nella mia ignoranza) Riguardo argomenti come anima, origine dell'universo, coscienza, vita dopo la morte, immortalità … fanno tutti riferimento a testi più vecchi di loro e personaggi al di sopra di loro. E il valore d'un relatore è stabilito in base a quante “fonti certe” è in grado di citare, non in base a quanto davvero ha compreso in profondità e conosce intuitivamente ciò di cui parla. “Noi non sappiamo se c'è vita dopo la morte o cosa è l'anima... ma così viene riportato su … così è stato detto da ...”. Nessuno che sia capace di sopportare e supportare la sua verità. Se si parte dal presupposto che nessuno può avere accesso a verità certe circa il mondo dello spirito, quando qualcuno sostiene che l’uomo è un’anima immortale e qualcun altro ribatte che l’uomo è solo una scimmia con la testa grossa... a entrambe le affermazioni può essere riconosciuta pari dignità! Democratizzare la verità,ciò che Gesù pensa circa il significato della vita ha lo stesso valore di ciò che ne pensa Bruno Vespa,significa in definitiva assenza di verità e, soprattutto, assenza di punti di riferimento certi. La conseguenza è che vince sempre il punto di vista della maggioranza, anche quando questa ha fottutamente torto e manifesta una cecità patologica. Signori... eccovi servito il relativismo! Invece io ho la verità in tasca e lo dico... perché qualcuno deve pur farsi avanti e dirlo, fregandosene delle critiche!insomma io sto dalla parte di chi contrasta la morte,il traffico,le speculazioni,le tragedie, chi vuole costruire una società nel rispetto delle culture,storie,usanze,chi rispetta regole,leggi,chi ha una visione di integrazione vera,giusta,inclusiva,e non buonista valida per ottenere premi,encomi,medaglie,titoli ma che rendono le nostre città invisibili.
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Il miglior modo per allenare la mente
Molto spesso, si parla di metodi per migliorare la memoria, la conoscenza e l'apprendimento ma anche per lavorare sulla salute mentale e per combattere lo stress. Se ne cercano ovunque dei più disparati e strani ma, se noi avessimo già da tempo la chiave che apre il mondo della salute mentale e dell'allenamento della memoria? In una mia recente serie di ricerche, su articoli e tendenze che girano sul web, ho avuto modo di sperimentare che la necessità di allenare la memoria e l'agilità della mente in generale, si colloca in cima agli interessi di molte persone. Questo perché la modernità ci pone davanti a sfide quotidiane e ci richiede non solo di memorizzare in fretta concetti ma anche, di agire e decidere con rapidità. Così, al fianco dell'allenamento fisico, volto al miglioramento della salute e alla ricerca di una dieta sana, sempre più persone pongono attenzione alla salute mentale. Come non farlo vista la molteplicità di fonti di stress offerte dal nostro quotidiano? Io stesso mi sono imbattuto in una grande quantità di persone che dichiaravano di essere attanagliate dagli impegni tra casa, lavoro, studio ecc. Di certo da questa tendenza deriva che le persone, hanno meno tempo per se stesse, per coltivare interessi, hobby e passioni. Una risposta a questo è stato a mio parere, il boom delle iscrizioni nelle palestre o a corsi sportivi, non solo con l'obiettivo di apprendere nuove discipline ma principalmente, come mezzo per staccare la spina dalla spirale quotidiana. Sull'onda di questa considerazione, mi sono domandato se allora, accanto all'allenamento del corpo, non vi siano altri mezzi per distaccarci e una risposta, mi è stata suggerita dalla mia professione (per chi non mi conoscesse sono uno scrittore) e dal mio modo di fare. Nel mio esempio, scrivere, mi porta ad informarmi, ad ampliare i miei orizzonti e a distaccarmi dalla fretta del quotidiano. E' un'attività per certi versi lenta, che si contrappone alla fretta che mi viene imposta dall'esterno. Allo stesso modo leggere, può essere una maniera per coltivare se stessi, per passare un momento di espansione mentale immersi in un mondo che ha una velocità dettata solamente dalla nostra volontà di voltare pagina. Ma che effetto ha la lettura nel nostro cervello? Per rispondere a questo, le mie ricerche mi hanno portato a conoscenza di curiosi elementi che voglio condividere con voi lettori. Sapevate che quando leggiamo riconosciamo le parole come immagini e le percepiamo invece come suoni pronunciati nella nostra testa? Questo processo è affascinante come quello che vuole l'uso da parte delle persone, delle stesse aree cerebrali usate per riconoscere le facce, al fine di riconoscere le parole quando leggono. In questo concetto, le parole, sono nostre amiche da sempre, ne riconosciamo la forma così come riconosciamo i lineamenti di una persona a noi nota, che cosa c'è di meglio se non rifugiarsi tra gli amici quando il quotidiano ci sovrasta?
Lettura, miglioramento e salute
Non finisce qui, continuando la mia ricerca mi sono imbattuto in alcuni risultati che vogliono la lettura come mezzo in grado di migliorare alcune capacità compresa la memoria. Quando leggiamo qualcosa di nuovo infatti, il nostro cervello crea uno spazio inedito e alla lunga questo concorre nel migliorare il processo memonico. Leggere può inoltre ridurre il rischio di malattie come l'Alzheimer mentre, la lettura di storie fantastiche sarebbero in grado di migliorare il nostro approccio verso le altre culture. Da ultimo, leggere ci rende più critici ampliando le nostre conoscenze e i punti di vista.
Chi legge di più
Il paese con un maggior numero di ore dedicate alla lettura è l'India seguita dalla Tailandia mentre l'Italia, non compare nella mia ricerca di riferimento. Questo dato dovrebbe farci riflettere sul tempo che dedichiamo a quella che io chiamo "l'arte" del leggere. Certo è che oggi, si preferiscono mezzi di diffusione e apprendimento diversi ma questo, non vuol dire che dobbiamo per forza abbandonare un'attività, come la lettura, tanto antica quanto salutare.
Leggere è un esercizio per la tua mente quindi, prendi un libro e allena la tua mente in modo salutare.
A presto,
-Daniele Scopigno-
Immagine tratta da:
https://www.google.it/search?q=lettura&client=opera&hs=vDf&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0ahUKEwiegamy9pDhAhUHsKQKHZG5B7EQ_AUIDigB&biw=1880&bih=939#imgdii=wlq22qAKkDtFsM:&imgrc=QYS9Yn8onKgeZM:
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DIARIO DI BORDO. GIORNO 36.
I Racconti di Lenore. L'uomo che si piegava da solo.
Una domenica grigia, come molte altre prima di questa. Una domenica particolare, come altre dopo di questa. Una domenica gratis, per i visitatori del museo. Ci avevano detto di aspettarci pubblico a fiotti, di prepararci a vigilare più del solito, che ci avrebbero messo dei rinforzi umani in sala oltre ai colleghi abituali. E soprattutto ci avevano detto di ricordarci che a un certo orario, ci sarebbe stata un'esercitazione di sfollamento, per testare le nostre capacità in caso di emergenza. Gli esemplari migliori di tutta la forza pompieristica francese erano da noi. Ragazzoni di tre metri per due, alti belli e muscolosi, che di fronte a loro perfino il nostro nero Mombasa di 1,90 m sembrava un ragazzino pisciasotto delle medie. Una domenica meno noiosa delle altre, forse. Io mi dirigo in sala, mentre tutte le colleghe del sesso opposto si catapultano vicino ai pompieri riempiendoli - in mancanza di possibilità di fare altro - di domande su come fare in caso di, e come fare se, e soprattutto "ma siete tutti fidanzati?", la questione direi più interessante per tutte loro. Capisco che oggi la mia pausa pranzo e pure quella sigaretta me le farò in solitudine, visto che nemmeno la non troppo bella ragazza indiana, che unica e sola sembrava filarmi, inizia a guardare con una lussuria che mai avrei supposto in lei, sti pezzi di marcantoni. E va beh. Mi resta pur sempre Mohamed, africano musulmanizzato che con le sue risate a sproposito - ma pur sempre gradite in un ambiente più vetusto di Matusalemme - almeno mi fa dimenticare che per otto ore dovrò ineluttabilmente sfrangermi la sacrosanta. In sala siamo io e lui. E. Il nuovo venuto, rinforzo d'eccezione, che sicuramente hanno piazzato con noi perché in fin dei conti siamo meno stronzi di tutti gli altri. Il giovane bardo, anni diciotto, corpo tacchineo pompato a dovere e altezza imbarazzante - non meno delle sue gambe storte - ha almeno un viso aggraziato e non troppo aggressivo. Si avvicina a me, forse inizialmente intimorito dal massiccio Mohamed, e comincia a parlarmi di sé. Giovane genio dell'ingegneria elettronica, a soli diciassette anni, comincia a lavorare su un suo progetto ambiziosissimo di robotica applicata alla vita casalinga spiegandomi questo questo e quell'altro. Io lo osservo un po' con l'aria di chicazzosenefrega ma poi rabbonito dalla sua giovane età, gli faccio un po' di domande fingendo un interesse che non mi sogno minimamente di avere davvero. Lui attacca un pippone sui suoi sostanziosi studi e sulle sue ambizioni, sul padre ricchissimo che ha il compito di "studiare il quadro economico-sociale delle grandi aziende per ottimizzarne i costi e i proventi". - cioè tuo padre licenzia i lavoratori che l'azienda non si vuole più sobbarcare, insomma? gli chiedo con non troppa simpatia, senza preoccuparmi peraltro di nasconderla. Il giovane virgulto, che si chiama Baldassarre vai a capire perché, subito mi entra in crisi morale e cerca di giustificarsi descrivendo il grande dolore e le enormi difficoltà emotive del suddetto padre per questo lavoro molto remunerativo ma comunque da pezzo di merda. Va beh. Mohamed è seduto sulla sua sedia, essendosi da subito disinteressato al Magio portatore di non so quale dei tre tesori, che il museo ci ha gentilmente concesso in rinforzo. Mentre il mio collega africano dorme - e russa - sulla sedia nascosto dalle telecamere, io cerco di non sembrare troppo annoiato dai racconti del giovane Baldassarre, che cercando di raggiungere la tortuosa strada della mia stima, mi chiede il mio numero di telefono per invitarmi ad una festa che si terrà, mi dice, per festeggiare il suo contratto a tempo indeterminato. Là, capisco molte più cose di quante ne abbia probabilmente capite lui sulla ingegneria robotica fino ad allora. - cioè tu sei stato già assunto a tempo indeterminato il tuo primo giorno di lavoro? Mohamed si risveglia magicamente dal sonno dei giusti aprendo un solo occhio come i gatti e si riassetta sulla sedia per ascoltare meglio il seguito. - beh sì, mi risponde senza imbarazzo il giovane magio, ma conscio comunque di avere fatto un'ulteriore gaffe a detrimento della sua popolarità. Io lo fisso un istante e lui senza darmi tempo di chiedergli altro mi confessa senza ombra di vergogna alcuna, che in effetti lui è figlio di una delle conservatrici del museo e che quindi sua mamma.. Non ho bisogno del seguito, e nemmeno Mohamed, che con uno sbuffo che può voler dire solo "sti borghesi del cazzo" si riassopisce prontamente sul suo trono domenicale, riprendendo a russare più forte di prima. Io pure, mi dirigo verso la mia di sedia per riprendere a leggere il mio libro prima dell'orario di apertura effettiva del museo. Ma Baldassarre è deciso ad ogni costo a conquistare - perché poi? - la mia stima e il mio affetto incondizionato, e quindi mi tampina peggio di uno stolker psicokiller fino alla mia sedia, impedendomi di leggere anche solo una riga. Mi racconta di quando faceva sport a livello agonistico - hockey sul ghiaccio - e di come nella partita di finale della sua squadra, qualificata come prima a livello nazionale, durante il match Romania-Francia, decide di abbandonare definitivamente questo sport violento. - violento, l'hockey? non posso non chiedergli con tutte e due le sopracciglia inarcate in segno di forte stupore. Avesse detto la boxe russa fatta coi coltelli, o il catch giapponese, avrei capito. - beh sì, sai nella partita a un certo punto mi hanno stretto in due, tipo sandwich e io ho sentito la pressione molto forte e Mohamed, che ora finalmente scopro non dormire davvero anche quando russa, si fa una risata sommessa, indizio più che sospetto che abbia sentito tutto. Io guardo il giovane Balda con una faccia sicuramente da pesce lesso, facendogli notare che ogni sport ha la sua dose normale e accettabile di aggressività, e mentre ancora sono là che cerco di fargli capire la sua attitudine alquanto frocia che di certo non giova alla sua ricerca muscolotica di mascolinità, lui quasi per smentirmi, di punto in bianco, senza un fottuto segnale di avvertimento, cade a terra. Mohanmed scatta in piedi sulla sedia temendo in un malessere improvviso, io resto immobile ben più colto alla sprovvista del mio collega finto dormiente e osservo il buon Balda. Che senza un cazzo di perché, comincia a fare flessioni in pieno centro della sala. Io e Mohamed ci guardiamo e guardiamo le telecamere: una candid camera? Un test di prontezza alla reazione voluta dai pompieri di stamane con la complicità del Balda? Un momento di pazzia fottuta? Il risultato di anni e anni di nerdaggine e infoiamento nell'ingegneria robotica? Una semplice mancanza reiterata di figa? Quello che sia sia, Baldassarre continua a fare flessioni contando ad alta voce fino a quindici poi si rimette in piedi come se nulla fosse e riprende a raccontarmi di lui, della ex fidanzata anoressica, e dei sonori schiaffoni che le dava per farla stare zitta quando litigavano "perché nel palazzo di gente bene della Magnifica, le urla non sono per niente di classe". Io stento a credere di aver visto quello che ho visto (e di aver sentito quello che ho appena sentito), Mohamed stenta a rimettersi a dormire sulla sedia e anzi si avvicina allo psiconano chiedendogli - tutto a posto, fratello? con un'aria sinceramente preoccupata. Ma il fratello lo gela con uno sguardo che manco il Principe di Galles all'ultimo dei merdaioli e gli risponde con una calma inquietante - sì, perché? No tranquillo, vorrei dirgli. Ti sei solo buttato a terra in pieno discorso a fare flessioni alle dieci di mattina in una delle sale principali del museo che dovresti sorvegliare. Di fronte alla risposta gelida del giovane virgulto, Mohamed fa un sorrisone che a Balda sembra amichevole ma che io che lo conosco, so che significa pressapoco "bruttofinocchiofigliodipapàbuttatiaterraemuoriperquellostracazzochemenefrega", e ritorna tranquillo alla sua sedia. E stavolta si addormenta davvero. Io resto là a cercare di parlare col ragazzo, preso da un improvviso istinto materno/paterno ma lui comincia adesso con più frequenza a buttarsi giù all'improvviso e a fare flessioni o altri improbabili esercizi di rinvigorimento muscolare. Dopo una decina di serie ripetute a tempi alterni, capisco che la giornata andrà così, fra flessioni improvvise e racconti agghiaccianti, riferiti con una lucidità da psicotico grave. Guadagno la mia sedia e attendo i visitatori, che manco a dirlo, quel giorno sono piuttosto numerosi. Quindi Mohamed è costretto a svegliarsi e il giovane Balda - penso io - sarà costretto a smetterla di buttarsi giù nel bel mezzo di un discorso, anche solo perché non avrà più spazio per farlo con tutta la gente che sta entrando. E ne entra parecchia. E nel mezzo del delirio della visita gratuita domenicale, una sirena assordante con annessa fulminea venuta dei vigili del fuoco, annuncia improvvisamente l'inizio dell'esercitazione. Mohamed scatta in piedi e con l'agilità della pantera (nera) comincia gentilmente e senza impanicare nessuno a dirigere un cospicuo gruppo di visitatori all'uscita, mentre io mi occupo di un'altra bella mappanza di gente. Balda, ebbene Balda scatta. Ma a terra, dietro un'istallazione che lo nasconde alla vista umana e a quella delle telecamere, e sono certo sta per fare la sua quindicina di flessioni, quando un pompiere prontamente si accorge di lui che si allontana, lo va a scovare e in un minuto gli è sopra. Credendolo in preda a un collasso emotivo-fisico chiama a raccolta tutti gli altri che cominciano a stordirlo con varie domande a soggetto unico: fratello stai bene? (il concetto di fraternità, devo dire che ha ben attecchito nel gergo comune, qui nella Magnifica). Io cerco di scattare sulla fascia per dire al pompiere marcantonio che è tutto a posto, è nato così (o forse lo ci è diventato in seguito a reiterata astinenza da figa), vorrei urlare. Ma i marcantoni di due metri per due hanno fatto muro intorno al povero Balda, e manco fosse una partita di rugby americano, tutti gli altri visitatori rimasti cominciano a spingere per vedere meglio, fottendosene alla grande della sirena che continua a massacrarci le orecchie. Riesco a farmi largo fra la folla quando vedo che il prode Balda, per cercare di spiegare cosa succede, dà una dimostrazione pratica di quello che aveva intenzione di fare buttandosi a terra e cominciando il suo sport preferito della giornata. E tutti i pompieri marcantoni, non credendo ai loro occhi e con gran voglia di coglionare il povero virgulto - ma soprattutto non credendo ai loro occhi - divertitissimi dall'imprevisto imprevedibile, dimenticano per un attimo lo scopo dell'esercitazione e cominciano a contare in coro - uno, due, tre, il testosterone è ai livelli massimi storici qui nel Magnifico Museo e altri due pompieri grandi giocherelloni, si mettono carponi, quasi volendo sfidare - umiliare direi - la virilità del caro Balda. In breve l'expo super classe sulla moda, si trasforma in una palestra di maschi alfa ipermuscolati che contano in coro e/o incitano gli altri a farne di più (di flessioni). Mohamed ritorna prontamente indietro per godersi la scena e snudare la sua bianca dentatura da carnivoro divertito, mentre io non so se chiamare il capo di giornata, il direttore del museo o direttamente la neuro. Il numero della neuro della Magnifica non lo so, quindi decido comunque di far sfollare i visitatori rimasti e di lasciare i maschi alfa a quattro zampe, a far flessioni.
Se qualcuno me lo avesse raccontato, non ci avrei creduto. Ad averlo visto dal vivo, non ci credo lo stesso. Nemmeno lo chef di giornata, quando finalmente arriva - chiamato da quel falso buontempone di Mohamed - sembra crederci. E da buon ex militare capisce che c'è solo una cosa da fare per salvare patria e onore, baracca e burattini. Soprattutto per salvare il giovane figlio della conservatrice da licenziamento in tronco e da prese per il culo da qui all'eternità. Si mette a contare pure lui.
Io mi giro verso Mohamed come per cercare un conforto, un consiglio o anche solo una piccola prova che non si tratti di un set di una commedia horror girata a nostra insaputa. No, sembra confermarmi con lo sguardo il nero possente, non lo è. Quindi decido di godermi pure io la scena, e comincio a contare con gli altri - e venti, e ventuno, e e sticazzi.
Il giorno dopo, sono di nuovo in sala con Balda e Mohamed. E ringrazio Dio per questo: per avere una madre che ha deciso di vendere le sgagliozze fuori del portone, piuttosto che fare la conservatrice in un museo. E uno, e due, e tre.
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Questo maestro era uno dei più grandi insegnanti di arti marziali della Cina. Ala fine del corso radunò tutti i suoi migliori allievi, che sarebbero diventati a loro volta dei maestri e disse: 'Voi vi sentite ora forti e quasi imbattibili. Forse è vero. Prima di congedarvi però, vorrei farvi una domanda. Immaginate di dover attraversare un giorno uno stretto ponte sul fiume. Dall'altra parte avanza un terribile guerriero, che voi sapete molto feroce e forte. Vi incontrerete a metà del ponte, e lì potrebbe attaccarvi. Quale sarà lo stile che può salvare la vita?' 'Maestro,' disse il primo allievo, 'certo è lo stile della scimmia. Con l'agilità, sullo stretto ponte, saltando qua e là, schiverò i suoi colpi e lo batterò.' 'Io credo, maestro,' disse il secondo allievo, 'che solo lo stile dell'ubriaco, con le sue movenze inattese, può stordirlo, e fargli perdere l'equilibrio, e fare sì che io possa ucciderlo e salvare la vita.' Il terzo allievo disse. 'Io credo che con lo stile della tigre, attaccandolo per primo, con un colpo improvviso, potrò avere salva la vita.' 'Io invece, maestro,' disse un quarto allievo 'credo che la boxe del labirinto, lo stile segreto che egli non conosce, lo sorprenderà e farà sì che lui muoia, e io abbia salva la vita.' L'ultimo allievo disse: 'Maestro, io credo invece che bisognerà dimenticare tutto ciò che ci hai insegnato, e andare verso di lui con un sorriso di pace. Così avrò salvata non solo una vita, ma due.' 'Questa è la risposta che attendevo,' disse il Maestro.
Stefano Benni, Terra!
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