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#quinto fabio massimo#il temporeggiatore#cunctator#red cant fucking shut up#ancient rome#ancient romans
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Serve altro per capire?????
“La Fabian Society e la pandemia”: ecco chi prova ad approfittare del Covid per avanzare la sua agenda politica
di Atlantico Quotidiano
23 Ottobre 2021, 3:51
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Esistono società politiche molto più influenti dei partiti che siamo abituati a conoscere. Società che costituiscono una sorta di “stanza di compensazione” fra la politica, gli intellettuali, i giornalisti e il mondo dell’alta finanza internazionale. Sono luoghi nei quali si progetta il futuro al riparo dalle piccole beghe quotidiane di palazzo e dalle competizioni elettorali. Il libro scritto da Davide Rossi (autore di vari articoli su Atlantico Quotidiano) “La Fabian Society e la pandemia”, pubblicato da Arianna Editrice, accende i riflettori su uno di questi circoli elitari, appunto la Fabian Society. Il lavoro di ricerca è iniziato cercando di capire da quali ambienti arrivi e da quali logiche è mosso colui che, nel nostro Paese, ha gestito e sta gestendo politicamente l’emergenza sanitaria, ossia il ministro Roberto Speranza.
La Fabian Society e la pandemia. Come si arriva alla dittatura
L’uomo che, inspiegabilmente, occupa il ministero chiave della sanità. Che ad un partito inesistente nel Paese e minuscolo in Parlamento quale è LEU (Liberi E Uguali), sia stato assegnato nel governo Conte 2 (quello formato da Pd, Cinque Stelle e appunto LEU) un posto di tale importanza è a dir poco strano. Incomprensibile, poi, che sia stato addirittura confermato nel successivo governo Draghi. Mancato aggiornamento del piano pandemico, nessun potenziamento dei posti letto ospedalieri, protocollo sanitario anti-Covid che evita, in modo letale per tanti pazienti, le fondamentali cure domiciliari. Il “nostro” ministro della salute è stato capace solo di chiudere tutto, imperterrito.
Perché proprio lui? Abbiamo già visto che viene da una formazione politica numericamente irrilevante, non ha di suo un carisma o una forte personalità, non si è mai occupato di sanità in vita sua. Insomma, apparentemente non c’è una ragione logica per la quale sia stato nominato in quel ruolo e ne sia stato confermato dopo la rovinosa gestione dell’emergenza. Nel libro si ricorda come la John Hopkins University abbia certificato che l’Italia è il Paese al mondo con il più alto numero di morti per Covid per 100.000 abitanti. Un disastro, al quale sarebbe dovuta conseguire una cacciata con ignominia, ed invece ha avuto il premio e sta ancora lì.
Così, per comprendere, l’autore si è messo sulle tracce della carriera di Speranza e di quella del suo padrino politico, Massimo D’Alema. Sono emersi legami internazionali, rapporti di potere e di denaro ed intrecci imprevisti. Soprattutto, sono emersi collegamenti fra questi personaggi ed un mondo che da oltre cento anni cerca di condizionare la vita delle persone e persegue il controllo delle masse: quello appunto della Fabian Society.
Alcuni membri dell’elite vittoriana di fine ‘800, fra i quali lo scrittore e spiritista Frank Podmore e l’aristocratico Henry Hyde Campione, diedero vita alla Fabian Society. Questo nome, Fabian, è ispirato a Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore, il console romano noto per aver combattuto Annibale e per la sua tattica militare. Era detto il Temporeggiatore perché logorava le forze nemiche, evitando scontri in campo aperto, cercando invece una guerra tattica, fatta di atti di guerriglia, di nascondimenti, di avanzamenti e arretramenti. Un prendere tempo per arrivare a colpire in maniera decisiva solo al momento opportuno. In questo modo il generale romano riuscì a sconfiggere Annibale nella battaglia di Naraggara (presso Zama) nel 202 a.C. che mise fine alla Seconda Guerra Punica e segnò, in pratica, la irreparabile sconfitta dei Punici.
È esattamente questa, secondo l’autore, la via attraverso la quale i Fabiani intendono imporre una dittatura collettivistica, uno Stato socialista mondiale che stabilisca il nuovo ordine. Vogliono instaurare un socialismo guidato da una ristretta aristocrazia del potere, ma non attraverso un atto rivoluzionario immediato quanto piuttosto attraverso il gradualismo, un prendere il potere un po’ alla volta, con riforme da attuare inserendosi man mano nei gangli delle istituzioni esistenti trasformandole, in modo quasi impercettibile, dall’interno. Solo quando si saranno realizzate le condizioni ottimali, allora occorrerà dare la zampata finale, colpire duro e se necessario usare anche la violenza per completare l’opera.
George Orwell, l’autore del romanzo distopico “1984”, era uno dei Fabiani più illustri. Quante volte, da quando è scoppiata la pandemia, lo avete sentito citare? Forse è perché la spaventosa società del controllo da lui descritta in “1984” è quanto di più simile a quanto ci sta accadendo negli ultimi due anni. Il socialismo tecnocratico, della sorveglianza e della manipolazione delle masse è quello che viene descritto da Orwell nelle sue opere ed è, come viene accuratamente spiegato da Rossi nel libro, l’ossessione dei Fabiani.
Un libro che ha due obiettivi. Il primo è quello di delineare il pensiero politico della Fabian attraverso alcuni cenni storici e verificando quali siano gli attuali uomini e le donne di potere che le afferiscono. Il secondo è di analizzare come e quanto la visione del mondo dei Fabiani coincida con quell’epocale tornante della storia nel quale ci è toccato di vivere: la drastica svolta autoritaria imposta al mondo occidentale attraverso l’utilizzo politico dell’emergenza Covid. Sarebbe stato solo un esercizio culturale, per quanto interessante, quello di un mero approfondimento sulla storia e il potere della Fabian Society. Questo è invece anche un libro politico, che intende entrare e scavare nel pieno dell’attualità per evidenziare la concreta applicazione delle idee fabiane in questa gigantesca sospensione delle nostre libertà fondamentali. L’autore si è determinato a scrivere questo libro proprio perché la realtà che stiamo vivendo è vicinissima, quasi coincidente, a quella progettata dai Fabiani fin dalla loro fondazione.
#DEMOCRAZIA
#DITTATURA
#FABIAN SOCIETY
#FABIANESIMO
#LIBERTÀ FONDAMENTALI
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#PANDEMIA
#ROBERTO SPERANZA
#SOCIALISMO
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Cunctator
Quinto Fabio Massimo Verrucoso, alias “cunctator” (temporeggiatore), perché puntò ad arginare l’esercito di Annibale invece di attaccarlo durante la Seconda Guerra Punica.
Una legge non scritta, che è l’inno di noi procrastinatori seriali, dice: “niente ti rende più produttivo quanto l’ultimo minuto”. Apriamo un attimo una parentesi sul Procrastinatore, questo essere controverso che al Risoluto non va molto a genio e si divide in due sottospecie: il Pavido e l’Attendista. Il primo si blocca, diventa di pietra dinanzi ad una decisione da prendere o anche solo un messaggio più impegnativo a cui rispondere, si prende del tempo per cercare di smaltire il peso che sente crescere nel petto, ma quando si deciderà ad agire, sarà molto spesso troppo tardi. Pensa con una punta d’invidia al Risoluto, colui che riesce, anche nelle difficoltà, a restare concentrato e “portare a casa il risultato”. L’altro, l’Attendista, è lì che aspetta che la vita svolti da sola per buttarsi sull’occasione migliore che gli viene offerta dall’Universo. Di solito l’Attendista è un maledetto fortunato, la Dea Bendata lo ama e non si sa bene il motivo, forse perché l’amore è cieco e Fortuna non è che ci veda poi tanto bene. Però anche lei ha bisogno di un po’ di tempo per fabbricare l’occasione giusta per il suo protetto. Protetto che, nell’attesa del famoso “treno che passa una volta sola”, nella Stazione Della Vita passa il tempo ad invidiare l’Arrivato, accusato di fortuna sfacciata, ma spesso solo un Risoluto mascherato. Insomma, se sei un Risoluto, abituati ad avere tanti occhi puntati addosso. Io non sono mai stato risoluto, infatti lo pseudonimo “franco di cerimonie”, che in dialetto si riferisce ad una persona schietta, senza peli sulla lingua, l’ho scelto per giocare con il mio nome di battesimo ed è volutamente ironico. Tutto ciò per arrivare a dire che il Procrastinatore, soprattutto il Pavido, può cercare di cambiare, ma deve intraprendere un percorso difficile contro se stesso e le sue paure. Io lo sto facendo: per me “il treno ha fischiato”, per citare la novella di Pirandello, meno di un mese fa, quando mi sono accorto di stare andando lentamente, ma inesorabilmente, alla deriva. In questi giorni frenetici non mi sto fermando un attimo, ho aperto questo blog e pure un altro per allenare la mente, la capacità di scrittura e conoscere persone per aprirmi al confronto. Non passa giorno in cui non cerchi qualcosa da fare, ho mandato curricula un po’ dappertutto, mi tengo aggiornato e a breve farò una cosa che mai avrei pensato di riuscire a fare (in verità lo penso ancora, ma per impormi di farla ho già preso l’impegno così non potrò tirarmi indietro): un book fotografico. Ma come è possibile, direte voi, sei un attore ed hai paura dell’obiettivo di una fotocamera? Eh, sì, mettetemi di fronte a un obiettivo e scatenerete in me il panico! Ma i progressi in questo periodo sono evidenti, l’altro giorno ho addirittura preso una decisione importante in meno di dieci minuti! Un record, signori. Insomma, questa presa di coscienza sarà stata senza dubbio dettata dalla forza della disperazione, ma funziona. La strada verso la casta dei Risoluti continua, sarà lunga ma porterà delle soddisfazioni.
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24 giugno 217 a.C. Battaglia del Lago Trasimeno. Annibale Barca, Comandante Supremo dell'esercito cartaginese, sconfigge pesantemente l'esercito romano di Gaio Flaminio presso il Lago Trasimeno La mattina del 24 giugno i romani si inoltrarono nella valle tra le colline e il lago, nella direzione dell'accampamento di Annibale, l'unico visibile. La nebbia che quel giorno ricoprì l'area fu un ulteriore fattore a vantaggio del Barcide. Una volta che l'esercito di Flaminio penetrò completamente nella valle, con alle spalle il lago, Annibale diede il segnale alle truppe nascoste di attaccare contemporaneamente: i fanti celtici e i cavalieri attaccarono il fianco sinistro dell'esercito romano, spingendo i soldati nemici verso il lago, mentre la fanteria leggera e i frombolieri, aggirando il colle dietro il quale erano nascosti, chiusero la via di fuga ai romani attaccando di sorpresa il fianco destro dell'esercito dopo aver effettuato una curva a nord. Annibale attaccò frontalmente con la fanteria pesante. Accerchiati e colti di sorpresa, i romani soccombettero sotto i colpi dei Cartaginesi o morirono annegati nel lago nel tentativo di sfuggire alla morsa mortale del Barca. Stessa sorte toccava a Flaminio, ucciso sul campo dalla cavalleria celtica. Furono circa quindicimila le perdite subite dai romani, diecimila circa i soldati fatti prigionieri, seimila soltanto i sopravvissuti; dal lato cartaginese le perdite furono minime.. Queste stime ci sono state consegnate dagli storici d'età classica Tito Livio e Polibio, attenti studiosi dei fatti, precisi nel descrivere le battaglie combattute da Roma nel corso delle Guerre Puniche (nonostante l'ottica filoromana preponderante). La pesante disfatta, la morte di Flaminio, la distanza delle legioni di Servilio da Roma, la paura e la preoccupazione dilaganti nell'Urbe per l'eventualità di un attacco prossimo, spinsero i comizi curiati a nominare dittatore Quinto Fabio Massimo, che sarà detto il Temporeggiatore (il "Cunctatur") per la strategia tesa a prendere tempo attaccando Annibale con azioni di disturbo, guerriglia e piccoli agguati. #costruirestorie #annibale #battagliadeltrasimeno #guerrepuniche #cartagine (presso Trasimeno Lake) https://www.instagram.com/p/CQhhiTtlMXRNsR6vgq37BxA8xUJBaBK1LMQeXU0/?utm_medium=tumblr
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LA DITTATURA NELLA ROMA ANTICA
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LA DITTATURA NELLA ROMA ANTICA
La carriera politica (cursus honorum) a Roma in età repubblicana, e poi, formalmente, in età monarchico imperiale, era segnata da tappe e regole chiare.
Il primo gradino era – a scelta – il tribunato militare (grado di ufficiale) oppure la questura. Il secondo gradino era l’edilizia o curule (patrizia) o plebea. Poi si diveniva pretore, ed il gradino più alto era il consolato. In tempi normali, tra una investitura e l’altra dovevano passare cinque anni, anche se in determinate circostanze la carica poteva essere prolungata a tempo. Questo per impedire che una successione anno dopo anno di cariche potesse far nascere tentazioni autoritarie nella testa di qualcuno. Le cariche erano poi sempre collegiali, era cioè previsto che si fosse almeno in due, perché i poteri avessero dei contrappesi. Ogni carica durava un anno. Prima che scadessero, si procedeva ad eleggere i magistrati dell’anno seguente, così da evitare vacanza di gestione. I plebei avevano una magistratura esclusiva, il tribunato delle plebe, in numero che variava nel tempo. Con le leggi Liciniae-Sextiae anche per i plebei si aprì una carriera specifica, al cui culmine c’era il consolato, massima carica. Avevano tutti potere di iniziativa legislativa, ma le leggi erano promulgate dal Senatus PopulusQue Romanus (SPQR, il Senato E il Popolo Romano).
Di grande importanza la carica della CENSURA, quinquennale, che sorvegliava il rispetto delle leggi, ed aveva anche il potere di espellere dal senato chi era giudicato abusivo o indegno di esserci. Famose le censure di Marco Porcio Catone, soprannominato IL CENSORE, come il censore per antonomasia, e quella di Appio Claudio Pulcro.
Il consolato era il gradino più alto del cursus honorum: in tempo di pace era la massima autorità civile, con potere esecutivo e possibilità di proporre leggi e provvedimenti, che il SPQR vagliava per poi decidere. In caso di guerra era il comandante in capo. Uscito di carica, entrava di diritto nel senato e poteva aspirare ad un governatorato in una delle province, incarico di prestigio e molto remunerativo. Ad un certo punto le province dell’impero furono troppe per il numero di ex consoli (consulares), ed allora furono designati al governatorato anche gli ex pretori. Poteva succedere che in determinate circostanze i problemi da affrontare fossero troppo grandi per essere fronteggiati con le magistrature ordinarie. Allora a situazione STRAORDINARIA si opponeva MAGISTRATURA STRAORDINARIA. Ecco allora il DITTATORE, dotato di PIENI POTERI. Intorno a questa figura LEGALE e prevista dalla Costituzione romana, l’intera Società romana si compattava, intorno al capo scelto.. Però, a differenza di quanto sta combinando Orban e forse combinerebbe Salvini, la durata della carica era determinata con precisione, salvo proroghe decise secondo la prassi normale, oppure era a problema. Al termine del periodo, il dittatore, se non voleva essere condannato a morte, deponeva la carica, e così anche a problema risolto.
ALCUNI ESEMPI. Nell’anno 218 a.C. Annibale attraversa il fiume Ebro in Spagna, e così tra Roma e Cartagine scoppia la seconda guerra punica, nota anche come guerra annibalica. Valicò Pirenei ed Alpi, e, con grande sorpresa dei romani, dilagò nella Pianura Padana. Sconfisse i romani al Ticino ed al Trebbia, poi scese verso il centro Italia. Gli si fece incontro il console Flaminio, per fermarlo. A quel tempo i romani concepivano la guerra come fatta di scontri cavallereschi: una schiera contro l’altra, pronti, via, e lealmente uno vince uno perde. Annibale invece adotta espedienti inattesi, provocando sfracelli nei nemici, che lo gratificano come attore con perfidia: la perfidia punica. Così si dirige verso il lago Trasimeno, e, là dove a ridosso dell’acqua ci sono delle colline boscose, distribuisce e nasconde vari contingenti militari tra gli alberi, per far sfilare i romani e circondarli. Quel giorno si aggiunge anche una nebbia fitta fitta, per cui i romani avanzano senza vedere nulla di quanto hanno intorno. Di colpo Annibale, fin lì seguito dai romani, si ferma, parte il segnale e dalle colline scendono i cartaginesi appostati. Mai vista una situazione del genere dai romani. Ed è una strage micidiale: molti romani sono uccisi a fil di spada, molti altri annegano nel lago.
Arriva la notizia della tragedia a Roma, ed è il panico. Le magistrature ordinarie hanno finora fallito, la situazione di estremo pericolo è straordinaria: è il momento allora di ricorrere alla magistratura straordinaria, la dittatura. E viene nominato Quinto Fabio Massimo. La gens Fabia era molto antica, politicamente appartenente al patriziato conservatore, con un potere economico fondato sul possesso della terra, fautori quindi di una economia legata all’agricoltura, ed ostili a quella basata sul commercio. I Fabi, collegandosi all’omologa classe sociale terriera di Cartagine, avevano fatto di tutto per evitare la guerra. Ma Annibale, che apparteneva alla famiglia Barca, imperialista e mercantile, aveva messo tutti d’accordo, rompendo gli indugi e provocando la guerra.
Fabio ha a sua disposizione nuove legioni reclutate in fretta e furia. E fa delle riflessioni: se Annibale ha sterminato legioni esperte, cosa farà mai contro questi sbarbatelli novizi? Non pare il caso di affrontarlo di nuovo in campo aperto. Annibale – pensa Fabio – ha il problema dei rifornimenti: era partito convinto che gli italici, approfittando della sua presenza in Italia, si sarebbero sganciati da Roma, ed in minima parte questo si verifica. In minima parte però: latini, etruschi, sanniti, umbri ed altri restano ben fedeli a Roma. Allora ecco che i romani hanno linee di rifornimento, anche di soldati, praticamente inesauribili, ma Annibale no. Allora Fabio inizia a praticare la guerriglia: toccata e fuga, specie contro i reparti punici dediti a fare provviste. Temporeggia, e quindi si merita il titolo di CUNCTATOR, il temporeggiatore, all’inizio titolo dispregiativo, ma poi, dopo la tragedia di Canne, titolo elogiativo. Scaduti i sei mesi di carica, la depose, e fu Canne: più di 50 mila romani uccisi e diecimila catturati…
Prima di lui nel IV secolo c’era stata la figura semi-leggendaria di Furio Camillo, terribile contro i latini, contro i galli e contro gli etruschi prossimi a Roma. Fu lui a conquistare la potente città etrusca di Veio. L’assedio andava avanti da dieci anni: allora a partire dal centro dell’accampamento romano, fece scavare una galleria, fino a sbucare all’interno della città, che fu presa intatta.
Altro dittatore famoso fu Lucio Papirio Cursore, così soprannominato, perché dedito alla corsa, in cui era insuperabile. A lui fu affidato il compito di fronteggiare i sanniti, che stavano dando, e poi avrebbero ancora dato, tanto filo da torcere ai romani, che la spuntarono, perché resistettero di più, grazie a tanta gente coriacea come Papirio.
E poi Lucio Cornelio Silla, feroce e spietato, che pretendeva di rimandare indietro le lancette della Storia: liste di proscrizione, cioè elenchi di persone da eliminare senza conseguenze penali, anzi con il premio. Ma al suo tempo ormai Roma declina vero la fine della Repubblica.
Cesare si fece dittatore perpetuo, ma durò poco, perché giovani idealisti nostalgici e senza un progetto lo uccisero. Ma ormai la strada era tracciata: Augusto si fece dare la carica di tribuno della plebe per sempre. Era una dittatura camuffata: il tribuno della plebe infatti era sacro ed inviolabile, ed aveva il diritto di veto. Quindi non si muove foglia che Augusto non voglia. E’ un piano inclinato, e la distanza tra potere e popolo si dilata sempre più, con pochi ricchi sfondati e masse di sbandati e nullatenenti, nei quali il sentimento di appartenenza a Roma si affievolisce sempre più. E’ il germe della rovina dell’impero romano, e di tutti gli Stati. Historia magistra vitae.
Il dittatore in guerra si sceglieva un magister equitum, un capo della cavalleria, reparto che da Scipione in poi divenne di determinante importanza nelle vittorie romane. Costui era il vice dittatore, in caso di assenza di quest’ultimo, ma doveva cieca obbedienza, come gli altri.
Oggi facciamo qualcosa del genere in ambito civile ed economico, con la nomina del commissario straordinario, quando un’azienda di una certa importanza e grandezza va in una fase di crisi.
#annibale#Cesare#CUNCTATOR#Dittatore#Furio Camillo#Lucio Cornelio Silla#Lucio Papirio Cursore#magister equitum#MAGISTRATURA STRAORDINARIA#MARCO PORCIO CATONE#roma antica#storia classica#temporeggiatore
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Love is free, I'm told.
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La Cirinnà e il Temporeggiatore. A sinistra la storia dell’antica Roma è un punto dolente.
La Cirinnà e il Temporeggiatore. A sinistra la storia dell’antica Roma è un punto dolente.
Dopo l’infelice richiamo di Enrico Letta alle presunte origini non romane dell’imperatore Claudio è la volta di Monica Cirinnà.
Il siparietto é tragicomico: ospite della Gruber ad otto e mezzo, l’ottima Cirinnà tesse le lodi del presidente Zingaretti, equiparandolo “all’imperatore romano detto il Temporeggiatore”, con commento a latere di Massimo Giletti sulle presunte doti di grande imperatore…
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Il padrino 1972 Streaming ITA cb01 completo italiano altadefinizione
https://on.theflixplay.us/movie-geton/238/il-padrino.html Anni Quaranta. Come è consuetudine, durante il rinfresco per festeggiare le nozze della figlia Conny con Carlo, il "padrino" don Vito Corleone promette assistenza e protezione a familiari e amici. Invia il figliastro Tom Hagen in California per convincere in ogni modo il produttore Jack Woltz a scritturare il cantante Johnny nel suo prossimo film. Woltz non acconsente. Tom allora lo costringe ad accettare con un "avvertimento": l'uccisione del suo cavallo di razza preferito. Sollozzo, a nome della potente "famiglia" Tartaglia, chiede a Corleone finanziamenti e appoggi per il traffico di droga. Il rifiuto scatena una lotta cruenta tra le due cosche: lo stesso don Vito viene ferito gravemente; il figlio minore Michael lo salva da un secondo attentato. Michael, poi, scavalcando l'irruento fratello Sonny e Tom, temporeggiatore, organizza un incontro con Sollozzo e con il corrotto capitano di polizia McCluskey uccidendoli entrambi.
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la Repubblica golpista, il saccheggio del Venezuela e la resilienza
Postato il 29 gennaio 2019 di bortocal15
come si fa a dare una notizia vera in modo che diventi una fake news?
basta leggere il titolo di Repubblica di queste ore su quanto sta succedendo in Venezuela: Venezuela, Guaidò prende controllo dei beni all’estero. Sanzioni dagli Stati Uniti sul petrolio di Caracas. La mossa per evitare saccheggi del presidente Nicolas Maduro e dei suoi fedelissimi
eppure basta leggere perfino La Stampa, per trovare una versione meno ridicolmente faziosa e piu` corrispondente alla verita` dei fatti: Dagli Usa nuove sanzioni al Venezuela per soffocare il regime di Maduro sul fronte economico.
eppure La Stampa non e` certamente meno faziosa di Repubblica nell’attaccare il regime di Maduro! si veda quest’altro titolo, appassionatamente filo-leghista:Salvini mette all’angolo Di Maio: non puoi stare con il dittatore rosso. Scontro nel vertice a Palazzo Chigi. Per il leghista troppo morbida anche la posizione Ue.
questo filo-leghismo sostanziale e` la cartina di tornasole che dovrebbe aprire gli occhi anche ai peggiori degli ingenui: l’anti-leghismo alla Saviano e la demonizzazione mediatica del suo leader che Repubblica e in parte anche La Stampa sostengono e` una opposizione pensata a tavolino e tutta di facciata, per costruirgli attorno un blocco politico di consenso: al quale e` utile anche il dissenso, per far apparire un povero demente da paese come un grande leader attorno al quale si consuma uno scontro epocale di civilta`.
tutti contro di lui, dando per scontato, o fessi che credete di combatterlo, che e` lui il potere.
. . .
ora ci troveremo a seguire passo per passo l’operazione americana di destabilizzazione di un paese gia` messo in ginocchio dall’embargo, con l’obiettivo di arrivare ad uno scontro militare aperto: scenario gia` visto altre volte.
quella che Repubblica definisce la mossa per evitare saccheggi del presidente Nicolas Maduro e dei suoi fedelissimi e` un furto incredibile che sta avvenendo ai danni di un governo totalmente legittimo, anche se indebolito dalla partecipazione modesta alle ultime elezioni del maggio scorso, alle quali una parte dell’opposizione decise di non partecipare.
ad esempio, l’oro depositato presso la Banca d’Inghilterra e` stato requisito dal governo inglese, cioe` letteralmente RUBATO al paese legittimo proprietario, e vedremo se verra` messo a disposizione del golpista sostenuto dagli americani, che ha cominciato a governare via twitter, secondo l’oramai classico copione delle destre.
ma palesemente, per il momento almeno, la sua forza e` tutta nel sostegno che riceve dall’Occidente filo-golpe e per ora il suo abbattimento appare di piu` difficile realizzazione.
intanto perche` il golpe avviene contro un regime sotto il quale si sono svolte, da quando ando` al potere con Chavez, 21 elezioni libere (tanto e` vero che 3 sono state perse).
inoltre il Venezuela gode oggi di un appoggio internazionale molto vasto, sia in America Latina sia nel mondo, anche grazie al fatto che la presidenza Trump ha indebolito in modo sostanziale la posizione degli Stati Uniti.
e questi stanno precipitosamente abbandonando il Medio Oriente per potere trasferire le forze sull’uscio di casa e provare a riprendersi almeno l’America Latina.
. . .
ma qui credo di dovere ai cari amici che mi seguono un chiarimento che ho raggiunto anche in me stesso.
sono fermamente anti-golpista, ma allo stesso tempo anche pacifista: mi piace la resilienza, piu` che la resistenza, anche in politica:
la canna che si piega al passaggio della piena ha la speranza del futuro piu`dell’albero che si oppone alla corrente e si fa spezzare.
gia` al tempo dell’ultima guerra di Libia sostenevo che Gheddafi avrebbe fatto meglio a lasciare libero il campo, a dimettersi, anziche` combattere: avrebbe salvato il suo futuro politico e sarebbe potuto tornare in campo; preferi` il modello culturale dell’eroe che lotta fino alla morte e fu accontentato.
cosi` oggi ritengo che sarebbe saggio comunque che Maduro accettasse liberamente nuove elezioni (anche se non aiutano in questo le volgari pressioni anche di alcune prese di posizione europee), considerando che alle ultime ha partecipato solo poco meno della meta` degli elettori.
questo non vuol dire che non lo considero legittimo, ma che ha un seguito abbastanza forte per cercare di vincerle ancora, anche se indubbiamente non sara` un’impresa facile, dato l’enorme peso della propaganda contraria, e la fame e la disperazione provocate nel paese dalla pressione del nemico americano.
ma se le perdesse, non sara` la fine del mondo: la storia ha i suoi tempi e i tempi del tempo sono onesti.
. . .
si`, sono netto e radicale nelle valutazioni, ma potrei apparire debole e incoerente nel valutare le risposte alle aggressioni.
(sembra che sia cosi` anche nella realta`: un mio amico mi disse alla fine di una battaglia giudiziaria e politica comune che decisi di non vincere fino in fondo: sei strano, all’ultimo momento, quando potresti finire la vittima, ritiri sempre il coltello e ti rifiuti di darle il colpo mortale).
si`, lo ammetto: ritengo spesso che la corsa a combattere armi contro il nemico sia un regalo fatto a lui: era la tattica che usavano Annibale e Napoleone quella di spingere sul campo di battaglia ad attacchi emotivi che consentivano l’accerchiamento e la distruzione degli avversari.
fu il Temporeggiatore che sconfisse Annibale, non chi corse ad attaccarlo frontalmente a Canne: e se siamo sicuri delle nostre buone ragioni e della nostra forza, possiamo accettare di difenderle sui tempi lunghi.
con lo stesso atteggiamento dobbiamo affrontare Trump e l’italico razzismo suo amico, sicuri che non rappresenta affatto l’orientamento maggioritario profondo del nostro popolo, ma che la sua prevalenza e` soltanto l’effetto ottico distorto di una enfatizzazione mediatica.
. . .
si`, sono originale in questo, nel proporre di preferenza lotte pacifiche sulla lunga distanza al posto degli scontri frontali.
ma neppure sempre, neppure come principio assoluto, ma sulla base di volta in volta della valutazione concreta delle circostanze e dei rapporti di forza:
la forza si puo` anche usare, quando pero` si e` assolutamente certi di vincere, e dunque il suo uso puo` essere limitato e chirurgico, oppure per disperazione, quando proprio non si puo` fare altro.
ma nessuno fraintenda, per favore: nessuno pensi che sono confuso o debole nella risposta: e` perche` e quando siamo forti e sentiamo di esserlo che possiamo non usare la forza.
. . .
come mi dissero a Kolkhata: tu sei un baba, cioe`, intendevano, un gradino di saggezza al di sotto del guru;
ma nessuno pensi che Gandhi fosse meno convinto delle sue buone ragioni o fosse un debole perche` rifiuto` la violenza per farle vincere: sapeva di avere una forza immensa che avrebbe reso la violenza semplicemente ridicola.
Preso da: https://corpus15.wordpress.com/2019/01/29/la-repubblica-golpista-il-saccheggio-del-venezuela-e-la-resilienza-62/
http://bit.ly/2MVz8PZ
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La strategia dell'attesa: Fabio Massimo, il temporeggiatore
La strategia dell’attesa: Fabio Massimo, il temporeggiatore
“L’unica occasione opportuna di combattere contro un nemico capace è esservi costretti”.
Si tratta di uno dei principi strategici del console Fabio Massimo, detto “Cunctator” ovvero “Il temporeggiatore”. Il nemico a cui si riferisce è Annibale che aveva appena rovinato l’esercito romano nella battaglia del lago Trasimeno (217 aC) e un paio di anni prima a Sagunto.
A quel punto Fabio Massimo viene…
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Per dare una “moschea” ai musulmani di Firenze, Nardella fa infuriare mezza Toscana (Marcello Mancini per la Verità) - «Renzianizzarsi» senza essere Renzi può essere rischioso. Il mite Nardella, sindaco di Firenze, spesso criticato per le differenze con il suo irruente predecessore, sprovvisto di manuale del perfetto decisionista, piuttosto considerato un saggio temporeggiatore, s' è messo a fare il Renzi ed è scoppiato un putiferio.
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LA DITTATURA NELLA ROMA ANTICA
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LA DITTATURA NELLA ROMA ANTICA
La carriera politica (cursus honorum) a Roma in età repubblicana, e poi, formalmente, in età monarchico imperiale, era segnata da tappe e regole chiare.
Il primo gradino era – a scelta – il tribunato militare (grado di ufficiale) oppure la questura. Il secondo gradino era l’edilizia o curule (patrizia) o plebea. Poi si diveniva pretore, ed il gradino più alto era il consolato. In tempi normali, tra una investitura e l’altra dovevano passare cinque anni, anche se in determinate circostanze la carica poteva essere prolungata a tempo. Questo per impedire che una successione anno dopo anno di cariche potesse far nascere tentazioni autoritarie nella testa di qualcuno. Le cariche erano poi sempre collegiali, era cioè previsto che si fosse almeno in due, perché i poteri avessero dei contrappesi. Ogni carica durava un anno. Prima che scadessero, si procedeva ad eleggere i magistrati dell’anno seguente, così da evitare vacanza di gestione. I plebei avevano una magistratura esclusiva, il tribunato delle plebe, in numero che variava nel tempo. Con le leggi Liciniae-Sextiae anche per i plebei si aprì una carriera specifica, al cui culmine c’era il consolato, massima carica. Avevano tutti potere di iniziativa legislativa, ma le leggi erano promulgate dal Senatus PopulusQue Romanus (SPQR, il Senato E il Popolo Romano).
Di grande importanza la carica della CENSURA, quinquennale, che sorvegliava il rispetto delle leggi, ed aveva anche il potere di espellere dal senato chi era giudicato abusivo o indegno di esserci. Famose le censure di Marco Porcio Catone, soprannominato IL CENSORE, come il censore per antonomasia, e quella di Appio Claudio Pulcro.
Il consolato era il gradino più alto del cursus honorum: in tempo di pace era la massima autorità civile, con potere esecutivo e possibilità di proporre leggi e provvedimenti, che il SPQR vagliava per poi decidere. In caso di guerra era il comandante in capo. Uscito di carica, entrava di diritto nel senato e poteva aspirare ad un governatorato in una delle province, incarico di prestigio e molto remunerativo. Ad un certo punto le province dell’impero furono troppe per il numero di ex consoli (consulares), ed allora furono designati al governatorato anche gli ex pretori. Poteva succedere che in determinate circostanze i problemi da affrontare fossero troppo grandi per essere fronteggiati con le magistrature ordinarie. Allora a situazione STRAORDINARIA si opponeva MAGISTRATURA STRAORDINARIA. Ecco allora il DITTATORE, dotato di PIENI POTERI. Intorno a questa figura LEGALE e prevista dalla Costituzione romana, l’intera Società romana si compattava, intorno al capo scelto.. Però, a differenza di quanto sta combinando Orban e forse combinerebbe Salvini, la durata della carica era determinata con precisione, salvo proroghe decise secondo la prassi normale, oppure era a problema. Al termine del periodo, il dittatore, se non voleva essere condannato a morte, deponeva la carica, e così anche a problema risolto.
ALCUNI ESEMPI. Nell’anno 218 a.C. Annibale attraversa il fiume Ebro in Spagna, e così tra Roma e Cartagine scoppia la seconda guerra punica, nota anche come guerra annibalica. Valicò Pirenei ed Alpi, e, con grande sorpresa dei romani, dilagò nella Pianura Padana. Sconfisse i romani al Ticino ed al Trebbia, poi scese verso il centro Italia. Gli si fece incontro il console Flaminio, per fermarlo. A quel tempo i romani concepivano la guerra come fatta di scontri cavallereschi: una schiera contro l’altra, pronti, via, e lealmente uno vince uno perde. Annibale invece adotta espedienti inattesi, provocando sfracelli nei nemici, che lo gratificano come attore con perfidia: la perfidia punica. Così si dirige verso il lago Trasimeno, e, là dove a ridosso dell’acqua ci sono delle colline boscose, distribuisce e nasconde vari contingenti militari tra gli alberi, per far sfilare i romani e circondarli. Quel giorno si aggiunge anche una nebbia fitta fitta, per cui i romani avanzano senza vedere nulla di quanto hanno intorno. Di colpo Annibale, fin lì seguito dai romani, si ferma, parte il segnale e dalle colline scendono i cartaginesi appostati. Mai vista una situazione del genere dai romani. Ed è una strage micidiale: molti romani sono uccisi a fil di spada, molti altri annegano nel lago.
Arriva la notizia della tragedia a Roma, ed è il panico. Le magistrature ordinarie hanno finora fallito, la situazione di estremo pericolo è straordinaria: è il momento allora di ricorrere alla magistratura straordinaria, la dittatura. E viene nominato Quinto Fabio Massimo. La gens Fabia era molto antica, politicamente appartenente al patriziato conservatore, con un potere economico fondato sul possesso della terra, fautori quindi di una economia legata all’agricoltura, ed ostili a quella basata sul commercio. I Fabi, collegandosi all’omologa classe sociale terriera di Cartagine, avevano fatto di tutto per evitare la guerra. Ma Annibale, che apparteneva alla famiglia Barca, imperialista e mercantile, aveva messo tutti d’accordo, rompendo gli indugi e provocando la guerra.
Fabio ha a sua disposizione nuove legioni reclutate in fretta e furia. E fa delle riflessioni: se Annibale ha sterminato legioni esperte, cosa farà mai contro questi sbarbatelli novizi? Non pare il caso di affrontarlo di nuovo in campo aperto. Annibale – pensa Fabio – ha il problema dei rifornimenti: era partito convinto che gli italici, approfittando della sua presenza in Italia, si sarebbero sganciati da Roma, ed in minima parte questo si verifica. In minima parte però: latini, etruschi, sanniti, umbri ed altri restano ben fedeli a Roma. Allora ecco che i romani hanno linee di rifornimento, anche di soldati, praticamente inesauribili, ma Annibale no. Allora Fabio inizia a praticare la guerriglia: toccata e fuga, specie contro i reparti punici dediti a fare provviste. Temporeggia, e quindi si merita il titolo di CUNCTATOR, il temporeggiatore, all’inizio titolo dispregiativo, ma poi, dopo la tragedia di Canne, titolo elogiativo. Scaduti i sei mesi di carica, la depose, e fu Canne: più di 50 mila romani uccisi e diecimila catturati…
Prima di lui nel IV secolo c’era stata la figura semi-leggendaria di Furio Camillo, terribile contro i latini, contro i galli e contro gli etruschi prossimi a Roma. Fu lui a conquistare la potente città etrusca di Veio. L’assedio andava avanti da dieci anni: allora a partire dal centro dell’accampamento romano, fece scavare una galleria, fino a sbucare all’interno della città, che fu presa intatta.
Altro dittatore famoso fu Lucio Papirio Cursore, così soprannominato, perché dedito alla corsa, in cui era insuperabile. A lui fu affidato il compito di fronteggiare i sanniti, che stavano dando, e poi avrebbero ancora dato, tanto filo da torcere ai romani, che la spuntarono, perché resistettero di più, grazie a tanta gente coriacea come Papirio.
E poi Lucio Cornelio Silla, feroce e spietato, che pretendeva di rimandare indietro le lancette della Storia: liste di proscrizione, cioè elenchi di persone da eliminare senza conseguenze penali, anzi con il premio. Ma al suo tempo ormai Roma declina vero la fine della Repubblica.
Cesare si fece dittatore perpetuo, ma durò poco, perché giovani idealisti nostalgici e senza un progetto lo uccisero. Ma ormai la strada era tracciata: Augusto si fece dare la carica di tribuno della plebe per sempre. Era una dittatura camuffata: il tribuno della plebe infatti era sacro ed inviolabile, ed aveva il diritto di veto. Quindi non si muove foglia che Augusto non voglia. E’ un piano inclinato, e la distanza tra potere e popolo si dilata sempre più, con pochi ricchi sfondati e masse di sbandati e nullatenenti, nei quali il sentimento di appartenenza a Roma si affievolisce sempre più. E’ il germe della rovina dell’impero romano, e di tutti gli Stati. Historia magistra vitae.
Il dittatore in guerra si sceglieva un magister equitum, un capo della cavalleria, reparto che da Scipione in poi divenne di determinante importanza nelle vittorie romane. Costui era il vice dittatore, in caso di assenza di quest’ultimo, ma doveva cieca obbedienza, come gli altri.
Oggi facciamo qualcosa del genere in ambito civile ed economico, con la nomina del commissario straordinario, quando un’azienda di una certa importanza e grandezza va in una fase di crisi.
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LA DITTATURA NELLA ROMA ANTICA. La carriera politica (cursus honorum) a Roma in età repubblicana, e poi – formalmente – in età monarchico imperiale, era segnata da tappe e regole chiare. Il primo gradino era – a scelta – il tribunato militare (grado di ufficiale) oppure la questura. Il secondo gradino era l’edilizia o curule (patrizia) o plebea. Poi si diveniva pretore, ed il gradino più alto era il consolato. In tempi normali, tra una investitura e l’altra dovevano passare cinque anni, anche se in determinate circostanze la carica poteva essere prolungata a tempo. Questo per impedire che una successione anno dopo anno di cariche potesse far nascere tentazioni autoritarie nella testa di qualcuno. Le cariche erano poi sempre collegiali, era cioè previsto che si fosse almeno in due, perché i poteri avessero dei contrappesi. Ogni carica durava un anno. Prima che scadessero, si procedeva ad eleggere i magistrati dell’anno seguente, così da evitare vacanza di gestione. I plebei avevano una magistratura esclusiva, il tribunato delle plebe, in numero che variava nel tempo. Con le leggi Liciniae-Sextiae anche per i plebei si aprì una carriera specifica, al cui culmine c’era il consolato, massima carica. Avevano tutti potere di iniziativa legislativa, ma le leggi erano promulgate dal Senatus PopulusQue Romanus (SPQR, il Senato E il Popolo Romano).
Di grande importanza la carica della CENSURA, quinquennale, che sorvegliava il rispetto delle leggi, ed aveva anche il potere di espellere dal senato chi era giudicato abusivo o indegno di esserci. Famose le censure di Marco Porcio Catone, soprannominato IL CENSORE, come il censore per antonomasia, e quella di Appio Claudio Pulcro.
Il consolato era il gradino più alto del cursus honorum: in tempo di pace era la massima autorità civile, con potere esecutivo e possibilità di proporre leggi e provvedimenti, che il SPQR vagliava per poi decidere. In caso di guerra era il comandante in capo. Uscito di carica, entrava di diritto nel senato e poteva aspirare ad un governatorato in una delle province, incarico di prestigio e molto remunerativo. Ad un certo punto le province dell’impero furono troppe per il numero di ex consoli (consulares), ed allora furono designati al governatorato anche gli ex pretori. Poteva succedere che in determinate circostanze i problemi da affrontare fossero troppo grandi per essere fronteggiati con le magistrature ordinarie. Allora a situazione STRAORDINARIA si opponeva MAGISTRATURA STRAORDINARIA. Ecco allora il DITTATORE, dotato di PIENI POTERI. Intorno a questa figura LEGALE e prevista dalla Costituzione romana, l’intera Società romana si compattava, intorno al capo scelto.. Però, a differenza di quanto sta combinando Orban e forse combinerebbe Salvini, la durata della carica era determinata con precisione, salvo proroghe decise secondo la prassi normale, oppure era a problema. Al termine del periodo, il dittatore, se non voleva essere condannato a morte, deponeva la carica, e così anche a problema risolto.
ALCUNI ESEMPI. Nell’anno 218 a.C. Annibale attraversa il fiume Ebro in Spagna, e così tra Roma e Cartagine scoppia la seconda guerra punica, nota anche come guerra annibalica. Valicò Pirenei ed Alpi, e, con grande sorpresa dei romani, dilagò nella Pianura Padana. Sconfisse i romani al Ticino ed al Trebbia, poi scese verso il centro Italia. Gli si fece incontro il console Flaminio, per fermarlo. A quel tempo i romani concepivano la guerra come fatta di scontri cavallereschi: una schiera contro l’altra, pronti, via, e lealmente uno vince uno perde. Annibale invece adotta espedienti inattesi, provocando sfracelli nei nemici, che lo gratificano come attore con perfidia: la perfidia punica. Così si dirige verso il lago Trasimeno, e, là dove a ridosso dell’acqua ci sono delle colline boscose, distribuisce e nasconde vari contingenti militari tra gli alberi, per far sfilare i romani e circondarli. Quel giorno si aggiunge anche una nebbia fitta fitta, per cui i romani avanzano senza vedere nulla di quanto hanno intorno. Di colpo Annibale, fin lì seguito dai romani, si ferma, parte il segnale e dalle colline scendono i cartaginesi appostati. Mai vista una situazione del genere dai romani. Ed è una strage micidiale: molti romani sono uccisi a fil di spada, molti altri annegano nel lago.
Arriva la notizia della tragedia a Roma, ed è il panico. Le magistrature ordinarie hanno finora fallito, la situazione di estremo pericolo è straordinaria: è il momento allora di ricorrere alla magistratura straordinaria, la dittatura. E viene nominato Quinto Fabio Massimo. La gens Fabia era molto antica, politicamente appartenente al patriziato conservatore, con un potere economico fondato sul possesso della terra, fautori quindi di una economia legata all’agricoltura, ed ostili a quella basata sul commercio. I Fabi, collegandosi all’omologa classe sociale terriera di Cartagine, avevano fatto di tutto per evitare la guerra. Ma Annibale, che apparteneva alla famiglia Barca, imperialista e mercantile, aveva messo tutti d’accordo, rompendo gli indugi e provocando la guerra.
Fabio ha a sua disposizione nuove legioni reclutate in fretta e furia. E fa delle riflessioni: se Annibale ha sterminato legioni esperte, cosa farà mai contro questi sbarbatelli novizi? Non pare il caso di affrontarlo di nuovo in campo aperto. Annibale – pensa Fabio – ha il problema dei rifornimenti: era partito convinto che gli italici, approfittando della sua presenza in Italia, si sarebbero sganciati da Roma, ed in minima parte questo si verifica. In minima parte però: latini, etruschi, sanniti, umbri ed altri restano ben fedeli a Roma. Allora ecco che i romani hanno linee di rifornimento, anche di soldati, praticamente inesauribili, ma Annibale no. Allora Fabio inizia a praticare la guerriglia: toccata e fuga, specie contro i reparti punici dediti a fare provviste. Temporeggia, e quindi si merita il titolo di CUNCTATOR, il temporeggiatore, all’inizio titolo dispregiativo, ma poi, dopo la tragedia di Canne, titolo elogiativo. Scaduti i sei mesi di carica, la depose, e fu Canne: più di 50 mila romani uccisi e diecimila catturati…
Prima di lui nel IV secolo c’era stata la figura semi-leggendaria di Furio Camillo, terribile contro i latini, contro i galli e contro gli etruschi prossimi a Roma. Fu lui a conquistare la potente città etrusca di Veio. L’assedio andava avanti da dieci anni: allora a partire dal centro dell’accampamento romano, fece scavare una galleria, fino a sbucare all’interno della città, che fu presa intatta.
Altro dittatore famoso fu Lucio Papirio Cursore, così soprannominato, perché dedito alla corsa, in cui era insuperabile. A lui fu affidato il compito di fronteggiare i sanniti, che stavano dando, e poi avrebbero ancora dato, tanto filo da torcere ai romani, che la spuntarono, perché resistettero di più, grazie a tanta gente coriacea come Papirio.
E poi Lucio Cornelio Silla, feroce e spietato, che pretendeva di rimandare indietro le lancette della Storia: liste di proscrizione, cioè elenchi di persone da eliminare senza conseguenze penali, anzi con il premio. Ma al suo tempo ormai Roma declina vero la fine della Repubblica.
Cesare si fece dittatore perpetuo, ma durò poco, perché giovani idealisti nostalgici e senza un progetto lo uccisero. Ma ormai la strada era tracciata: Augusto si fece dare la carica di tribuno della plebe per sempre. Era una dittatura camuffata: il tribuno della plebe infatti era sacro ed inviolabile, ed aveva il diritto di veto. Quindi non si muove foglia che Augusto non voglia. E’ un piano inclinato, e la distanza tra potere e popolo si dilata sempre più, con pochi ricchi sfondati e masse di sbandati e nullatenenti, nei quali il sentimento di appartenenza a Roma si affievolisce sempre più. E’ il germe della rovina dell’impero romano, e di tutti gli Stati. Historia magistra vitae.
Il dittatore in guerra si sceglieva un magister equitum, un capo della cavalleria, reparto che da Scipione in poi divenne di determinante importanza nelle vittorie romane. Costui era il vice dittatore, in caso di assenza di quest’ultimo, ma doveva cieca obbedienza, come gli altri.
Oggi facciamo qualcosa del genere in ambito civile ed economico, con la nomina del commissario straordinario, quando un’azienda di una certa importanza e grandezza va in una fase di crisi.
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