#grande fratello 15
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figlidiroma · 3 months ago
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Sono passati 15 anni, e io sono sempre là.
La statua parlante di Pasquino e i Settecenteschi leoni di Palazzo Braschi. Oggi è la sede del Museo di Roma, un'esposizione di tele, acquerelli, foto e plastici che narrano la storia della città.
Per 50 anni, dall'Unità al 1921, fu sede del Viminale, prima del trasferimento all'attuale sede dietro via Nazionale.
Dal portone del palazzo entrave e usciva Giovanni Giolitti, forse, dopo Cavour, il più importante, discusso e discutibile ministro della storia italiana pre-repubblicana.
Il palazzo nasce sulle macerie del più antico palazzo Orsini a Pasquino: è il 1792, un brutto momento per il potere teocratico e monarchico in un'Europa che assiste inorridita ed impotente allo scatenarsi della furia giacobina.
Papa Pio VI Braschi se ne frega: vuole un bel palazzo per l'amato nipote, il principe Luigi Braschi-Onesti, e lo avrà alle spese del preesistente edificio.
Questo Luigi, per altro, è, forse suo malgrado visto lo sprezzante giudizio che della sua intelligenza dà il procuratore per il Tevere napoloenico, de Tournon, un personaggio formidabilissimo della Roma a cavallo tra papato e era napoleonica. Dico a cavallo a ragion veduta, perché Luigi sa stare in sella sia prima, che dopo l'avvento di Bonaparte: un talento raro in un epoca così turbolenta.
Il futuro papa è zio suo e del piccolo Romualdo: cesenatesi, nascono da Giulio Onesti e da Francesca Braschi, che di Pio VI è sorella. Quando Luigi è abbastanza grande, Pio lo richiama a Roma con il fratello che diverrà cardinale. Il papa celebra nella Cappella Sistina le nozze tra Luigi e Costanza Falconieri, nobildonna della potente famiglia nobile residente nel bel palazzo borrominiano di via Giulia (segue foto mia di una delle arpie di palazzo Falconieri, aggiunte più tardi ma su progetto di Borromini).
Adotta inoltre i nipoti, che da Onesti diventano Braschi e, come tali, principi.
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Luigi ha il fiuto per gli affari ed è anche ben raccomandato: conduce lucrosi affarucci nella campagna romana, uno dei quali sfocia in un'incresciosa causa di cui si sobbarca sempre lo zio. È la causa Lepri, che finisce davanti a tribunale rotale perché gli eredi Lepri, defraudati della loro eredità alla morte del padre Amanzio, ricusano la legittimità del testamento in favore del papa (che intendeva allegare i ricchi beni del possidente pontino a Luigi).
Alle soglie della Rivoluzione Francese, Luigi viene mandato dallo zio a trattare con i Francesi giacobini a Tolentino. Tuttavia, le trattative vanno maluccio e per giunta Luigi, tornato a Roma, si trova i Francesi in città ed il palazzo ancora in costruzione devastato: il popolo romano lo detesta e ha salutato con soddisfazione lo scempio francese nelle sue proprietà.
Tra l'altro, poiché il principe era di bocca buona e aveva collocato nel suo palazzo la sua collezione di preziose tele (Caravaggio, pittori Cinque-Seicenteschi, sciocchezzuole del genere) i francesi, quel che non rompono lo rubano e lo spediscono in Francia.
Però, Luigi, che forse non è sveglio, sostiene de Tournon, ma evidentemente ha la furbizia degli imbelli, riesce a rimontare anche da questa disgrazia: dopo alterne vicende di prigionia condivisa con lo zio, diventa infatti il primo sindaco della Roma giacobina e repubblicana e, come tale, pure scomunicato.
Intanto si procura come segretario privato Vincenzo Monti, e pare che i rapporti del poeta con la famiglia del suo datore di lavoro siano intimi, mooolto intimi. Così intimi, infatti, che forse la piccola Costanza Braschi è figlia di Monti, più che di suo padre.
Comunque, passata la fulgida tempesta napoleonica, Luigi, come le lumache dopo la pioggia, rifà capolino e mostra nuovamente il suo talento opportunistico: riesce a rientrare al servizio del pontefice, un altro, Pio VII, e a farsi levare pure la scomunica.
Ma le fortune economiche della famiglia sono state duramente messe alla prova dalle ruberie e dai rovesci bonapartisti. È il 1816: Luigi muore, sepolto a Santa Maria Sopra Minerva, e per cinquant'anni gli eredi campicchiano di rendita senza replicare le fortune paterne e anzi, indebitandosi oltre il tollerabile.
Infine, ridotta con le pezze al culo come si dice a Roma, tenta di alienare il palazzo che tanti grattacapi ha causato all'avo Luigi per ripagarsi i debiti con una riffa nel 1866.
Gli va male, però: non vendono sufficienti biglietti, e l'ingombrante e costoso casermone resta loro sulle croste, sebbene per soli cinque anni. Infatti lo Stato Italiano, sin dalla sua nascita contrassegnato da un brillante fiuto per le cause perse e le sòle più solenni, interviene a salvare la situazione e se lo compra nel 1871.
Il palazzo diventa così residenza e ufficio di Giolitti però il suo ruolo nelle vicende di storia patria e cittadina non è finito. Dopo il trasferimento del Viminale alla sua attuale sede, infatti, iniziato nel 1921 e terminato nel 23, il palazzo Braschi subisce una curiosa sorte, proprio lui, sorto alle spalle di Pasquino, voce del popolo contro le assurdità e gli abusi del potere su Roma la sua gente. Infatti, diviene epicentro dell'attività propagandistica fascista, finché, dopo l'Armistizio e fino alla Costituente, è perfino sede del PNF e dei gruppi di repressione.
Dalla fine della guerra al '49, ecco che si ripete, pur con le debite differenze, la vicenda di spoliazione e devastazione già vista nel 1798: stavolta, a far danni sono i poveri cristi degli sfollati, morti di fame e di rabbia e di disperazione dopo la fine della guerra. Le belle sale, gli eleganti affreschi sono deturpati e danneggiati da gente abbrutita dall'orrore della guerra, dell'occupazione nazista e della guerra civile.
Solo dal 1952, Palazzo Braschi viene infine risistemato alla bell'e meglio e istituito a sede del Museo di Roma.
Ancora adesso ci accoglie con una bella carrozza settecentesca nell'androne, memoria di uno sfarzo e di un'indolenza verso la miseria e le piccole cose che è forse quella della grande Storia, ai cui margini questo luogo ha tanto fortunosamente galleggiato.
Le prime due foto, tutte mie, sono scatatte nel settembre 2024, le ultime due le scattai nel 2009 e infatti sono barochissime, storte e filtrate con i potenti mezzi di Paint su un PC che montava Windows Vista.
Dopo 15 anni sono sempre a spasso per Roma a fotografarla, però!
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orotrasparente · 7 months ago
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allora onestamente visto il mio post laurea, l’obiettivo è diventato essere un mezzo influencer, guadagnarmi il grande fratello vip con tanto di commenti “ma chi cazz è questo”, vincere il grande fratello vip o almeno arrivare alla fine, farmi il trono di uomini e donne dopo un paio di mesi, finisco uomini e donne uscendo con la prima vrenzola che passa, mettiamo 2/3 storie e facciamo qualche copertina, ci lasciamo (😭), faccio una 10/15 ospitate in qualche discoteca milanese per mettere su 200mila euro che butterò nel cesso e dopo 3/4 anni di anonimato tornare in piazza facendo l’isola dei famosi
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la1parola3 · 9 months ago
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1 Giovanni 3:11 Poiché questo è il messaggio che avete udito fin dal principio: che ci amiamo gli uni gli altri.
 12 Non come Caino, che era dal maligno e uccise il proprio fratello. Perché l'uccise? Perché le sue opere erano malvagie e quelle di suo fratello erano giuste. 
13 Non vi meravigliate, fratelli, se il mondo vi odia. 
14 Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. 
15 Chiunque odia suo fratello è omicida; e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna.
16 Da questo abbiamo conosciuto l'amore: egli ha dato la sua vita per noi; anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli. 
17 Ma se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l'amore di Dio essere in lui?
18 Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità.
 19 Da questo conosceremo che siamo della verità e renderemo sicuro il nostro cuore davanti a lui.
 20 Poiché se il nostro cuore ci condanna, Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. 
21 Carissimi, se il nostro cuore non ci condanna, abbiamo fiducia davanti a Dio;
 22 e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo ciò che gli è gradito. 
23 Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo, Gesù Cristo, e ci amiamo gli uni gli altri secondo il comandamento che ci ha dato. 
24 Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. Da questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.
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gcorvetti · 11 months ago
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Che te lo dico a fà!
Mentre il clima fa le bizze, siamo passati da -15 a +5 nell'arco di una settimana, la neve si è sciolta, non tutta, ma stanotte siamo tornati sotto zero e un pò di neve è caduta, effetti del surriscaldamento. E' dagli anni 50 che gli scienziati ci avvertono, attraverso calcoli e proiezioni, essendo ottusa l'umanità non ha subito pensato di cambiare direzione, questo perché come disse Chaplin "Il mondo è in mano ai farabutti" e il sistema che si è andato a imporre è quello capitalista statunitense, almeno in quella porzione di mondo che si crede di essere eletta, il famoso occidente. Furbetti senza scrupoli che pur di guadagnare denaro se ne infischiano del pianeta e delle conseguenze che le loro azioni hanno sugli altri, va bè questo diciamo che lo sappiamo un pò tutti, la cosa che invece mi fa incazzare è come questi vili umani riescano a convincere masse di idioti che sono loro i 'buoni', mi viene in mente quella frase "A distruggere il mondo non sono quelli con i tatuaggi, ma quelli in giacca e cravatta". Questo discorso è solo introduttivo, anche perché potrei scrivere per anni su sta cosa, non cambia nulla, introdurre l'argomento di distrazione di massa attuale, il pandoro. Un meme recita "Gli influencer non esisterebbero se non ci fossero i deficienter", come la madre degli idioti che è sempre gravida, i deficienti sono sempre una folta folla convinti che la loro visione di vita sia l'unica e la migliore e come dei pecoroni seguono e idolatrano persone prive di alcun talento se non la loro immagine fisica, che poi a guardarla bene la ferragni è brutta, comunque. Si, è l'era digitale che premia chi si sa vendere, cioè chi riesce a far di se stesso un brand, questo si riallaccia al capitalismo statunitense che altro non è che la creazione di un business per ogni cosa, guadagnare dove è possibile e in ogni modo possibile, fotte sega delle conseguenze. Questo perché orami l'umanità è in un loop autodistruttivo, egoista e anche saccente, le persone sono chiuse a doppia mandata nella caverna di Platone e guai a rovinargli il sogno dorato, diventi tutto quello che gli hanno infilato in testa, qualsiasi cosa non è contemplato nella propaganda cavernosa è il male, ma siamo sicuri che non è il contrario? Certo non proprio l'esatto opposto, ma che quello che stiamo vivendo non sia già un futuro, che in questo caso si dovrebbe chiamare presente, quindi, un presente distopico? Il grande fratello è tra noi e come Huxley siamo noi a glorificarlo e ad obbedire ciecamente, beh non tutti fortunatamente. La vera guerra, si ok quella che uccide milioni di persone è quella veramente fisica, ma la guerra che si sta combattendo unilateralmente è questa, contro un avversario che ha il coltello dalla parte del manico perché gli è stato permesso da noi stessi, che paradosso. Ultimamente mi sono dedicato ad altro e passavo dai social solo la sera e per poco, ma ogni volta era come un deja vu degli anni passati, ma non solo in questo periodo, diciamo un pò spesso negli ultimi anni, tra persone che postano la stessa canzone da anni a quelli che ti vogliono propinare qualcosa perché il loro prodotto è il più figo che però stranamente anche se è figo non lo compra nessuno, infatti c'è un ricambio di sti personaggi via quelli che falliscono dentro quelli nuovi, entusiasti di avere creato qualcosa che possono vendere seguendo un tutorial su youtube che ha soltanto 5 milioni di visualizzazioni, quindi sei l'unico e il solo che ha pensato che può diventare ricco con quella cagata, la convinzione avvolte è tale che anche l'asino vuole partecipare al derby. Che devo dirvi di più, siamo fottuti e chi ci fotte ci sorride con i suoi denti perfetti, le sue cravatte in tinta e i suoi vestiti stirati perfettamente, mostrandoci in una foto che siccome lui ha i soldi è di una elite superiore, però poi caga, piscia e muore come tutti, non esistono dei o persone privilegiate che se lo sono cucito sul petto con i capelli di quelli che credono nelle favole e si fanno abbindolare.
In tutto questo la mia voglia di vivere si è assottigliata parecchio portandosi dietro tutto compresa la musica, la mia compagna ha contratto il covid per la terza volta, porco dio, beh al teatro ci lavorano una cosa come 300 persone, forse più, di cui una buona parte è straniera e siccome viaggiano per andare a trovare i parenti è inevitabile che qualcuno si infetti e porti il virus al teatro, infatti questa notte ho dormito nel divano, ho il collo dolorante, forse il cuscino dovevo prenderlo. Per concludere l'altro giorno il tubo mi propone un brano dei Tool che negli anni 90 sono stati per me una folgorazione, visti anche dal vivo, secondo me sono la band che più incarna quegli anni con decadente cattiveria, infatti vi sbatto una delle mie tracce preferite, ciao ciao.
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basically-im-a-clown · 1 year ago
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Se fossi stato mio amico, ti avrei detto di non aver paura di scoprire chi sei.
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Il ragazzo nella foto si chiama Andrea Spezzacatena. Andrea è un ragazzo sensibile, gentile, buono, Andrea è speciale, è diverso, è avanti con i tempi e questa sarà la sua più grande tortura. Andrea ha una famiglia che lo ama, è un figlio dal cuore d'oro e un fratello maggiore amorevole, ma Andrea ha anche le sue paure, le sue fragilità, i suoi dubbi. È solo un ragazzo di 15 anni ed ha tutta la vita davanti a sé per scoprire quanta bellezza c'è là fuori, quanta bellezza è in lui, ha ancora tanta strada da seguire, se solo qualcuno quella strada non gliela avesse bloccata con la forza dell'odio. Andrea viene bullizzito per lo smalto sulle unghie e perché indossa un pantalone rosa, inoltre i suoi bulli creano una pagine Facebook nella quale si prendono gioco di lui. Andrea ha 15 anni da soli 6 giorni, 15 anni li avrà per sempre, tutta quella vita a lui promessa non saprà mai cosa sia perché Andrea un giorno torna a casa e si toglie la vita.
Il bullismo uccide, la cattiveria uccide, le parole dette per ferire uccidono. Teresa, la madre di Andrea, da anni va di scuola in scuola a raccontare la storia di suo figlio, "è un modo per aprire e chiudere la bara di Andrea." Non si è lasciata morire da tanto dolore per far vivere Andrea e per ricordare ogni giorno che il bullismo è merda. A voi la lettura di un post Facebook di Teresa, post che mi ha fatto gelare il sangue, lacrimare, provare rabbia e fermarmi a pensare per trovare un perché di tanto odio, ma un perché non esiste, fa solo male. Oltre a quel pantalone rosa scolorito in lavatrice c'era un mondo di colori, la promessa di bellezza non mantenuta. L'educazione la si insegna, ma sensibilità è un dono e non ci sono esempi per insegnarla, la si applica e basta.
Teresa Manes:
Quando all'obitorio quel giorno ritrovai il corpo di mio figlio, in parte mi sentii risollevare.
Avevo di nuovo il suo corpo, in fondo.
Ricordo ancora quella teca, al centro della stanza, dove ci fu concesso di ritrovarlo, disteso in una sacca.
Pareva che stesse dormendo, sudato.
Allungai e strinsi tra le dita il polsino della maglia che tenevo addosso.
Passai e ripassai quel piccolo lembo così ricavato sui vetri della teca, di cui vi ricordo ancora impresse altre impronte di dita straziate.
Io ero lì che volevo solo asciugare il suo volto.
Ma chissà quanti altri occhi intrisi di dolore avrà ospitato quella teca.
Poi arrivò una donna a ritirare quella barella.
Lo fece con un amorevole lentezza che solo una mamma sa concedere ad un'altra mamma.
Un piccolo gesto, caritatevole di cui mi fece dono.
E in quell' ultima frazione di secondo, prima che quella porta si richiuse, strappandomi via mio figlio, ci fu uno sguardo, scambiato tra me e lei che fu intenso.
Ecco, se mi si chiedesse di descrivere un momento di empatia, io racconterei questo.
Un momento in cui due estranee hanno capito e accolto le necessità dell'altra.
Lei, donandomi il tempo di lasciarmi dire addio con la delicatezza che richiedeva la circostanza.
Io, di ringraziarla per aver compreso per poi lasciarla andare al suo lavoro.
Scrivo tutto questo perché credo che se la cattiveria avesse modo di respirare l'odore acre che quel giorno mi è rimasto impresso nelle narici, forse, le verrebbe un rigurgito di bene.
Ciao Andrea (1997 - 2012)
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danilacobain · 2 years ago
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Ossigeno - 15
15. Fraintendimenti
Sveva scese dal taxi ancora frastornata e assonnata. Aveva dormito durante tutto il viaggio e aveva ancora bisogno di riposo, ma la sua amica Rosa l'aspettava per cena. Le era sembrato che Zlatan ci fosse rimasto male quando gli aveva detto di avere dei programmi per la serata, ma di sicuro aveva interpretato male la sua espressione. Perché mai sarebbe dovuto rimanerci male? A meno che... Zlatan non volesse invitarla ad uscire. E questa si che era una stupidaggine. Però, a pensarci bene, non le sarebbe dispiaciuto per niente uscire con lui. L'idea di loro due insieme, da soli, le piaceva parecchio. Più di quanto volesse ammettere. Entrando in casa, si accorse che sotto la porta c'era una busta bianca. La raccolse e la rigirò tra le mani. Non c'era scritto nulla. Dentro vi trovò una lettera. Di Logan. Si sedette sul divano e la lesse.
Sveva, amore mio Dopo la nostra ultima telefonata ho deciso di venire a Milano perché volevo che capissi quanto ti amo e che per te farei qualsiasi cosa. Mi è stato detto che eri partita con tuo fratello, so che non vuoi più parlare con me e quindi non mi resta che lasciarti queste poche righe. Ho fatto la cazzata più grande della mia vita e ne pagherò le conseguenze per sempre. Ti ho persa, lo so, ed è solo colpa mia. Non ti chiederò di perdonarmi e di cercare di recuperare il nostro rapporto, ci ho pensato a lungo e tu hai ragione, meriti di essere felice. È dura per me dirti queste cose e lasciarti andare ma voglio solo che tu stia bene e che non soffra più per un pezzo di merda come me. Vorrei però che tu sapessi che ti amo e ti amerò per sempre. Nel mio cuore ci sarai sempre e solo tu, mia dolce e piccola Sveva.
E così era ritornato a Milano... Sveva chiuse la lettera e la ripose in un cassetto del mobile basso in sala, fece un bel respiro e andò a prepararsi per la cena. Faceva ancora troppo male, ma Logan ormai era un capitolo chiuso della sua vita.
Zlatan aveva trascorso l'intera nottata a pensare a Sveva. Non capiva perché fosse così attratto da lei ma non poteva fare a meno di ricordare la sensazione che aveva provato quando era stato sul punto di baciarla. Una sensazione mai provata prima, sapeva solo che quello che stava per fare era la cosa più giusta che potesse fare. Se solo Mark non li avesse interrotti... Ma ora era inutile pensare ai se, ora voleva solo che lei gli concedesse un appuntamento. Solo una sera, una cena, per capire cosa veramente voleva da lei e per accertarsi di essere ricambiato almeno in minima parte. Un bacio, voleva poggiare le labbra sulle sue e assaggiarla. Moriva dalla voglia di baciarla. Si vestì e uscì, diretto a casa di Sveva. Lei però non c'era. Si rese conto di non avere nemmeno il suo numero di cellulare e fu costretto a chiamare Ignazio. «Ehi Zlatan.» «Ciao Igna. Senti... mi puoi dare il numero di tua sorella? L'ho cercata a casa ma non la trovo.» «Certo. Stamattina è in clinica. Cosa le devi dire?» «Ehm... ecco, volevo portare la mia maglia ad un bambino che ho conosciuto quando sono stato lì.» «Okay, la trovi lì comunque. Ti mando un sms con il numero.» «Grazie. Ci sentiamo più tardi.» «Ciao Zlatan, a dopo.» Un minuto dopo Zlatan stava attendendo che Sveva rispondesse al telefono e si accorse di essere agitato e ansioso di sentire la sua voce. Quando rispose, non sapeva più cosa dire. «Ciao Sveva, sono Zlatan.» «Ciao Zlatan! A cosa devo questa telefonata? Devi dirmi qualcosa?» «No... volevo solo chiederti se ti andava di prendere un caffè con me.» «Molto volentieri. Però sono in clinica, ti va di prenderlo qui da me?» «Certo. Arrivo subito.» «Okay, a tra poco.» Impaziente di raggiungerla, Zlatan sfrecciò a tutta velocità per le strade di Milano e un quarto d'ora dopo era nel parcheggio della clinica. Le aveva preso anche un mazzetto di roselline rosse e emozionato come un teen ager al suo primo appuntamento si infilò in ascensore e salì al reparto di neurologia. La prima persona che incrociò era un'infermiera. Gli chiese chi stesse cercando e lui stava per dirle che aveva un appuntamento con la dottoressa Abate, quando la vide. Era nella ludoteca e stava giocando con alcuni bambini. Zlatan si avvicinò alla vetrata e bussò piano. Sveva alzò lo sguardo verso di lui e gli sorrise. La vide alzarsi e salutare i bambini, uno ad uno. «Ciao Zlatan» lo salutò uscendo dalla ludoteca. «Ciao Sveva. Non volevo disturbarti...» «Che disturbo» gli sorrise «ti stavo aspettando.» Rimasero occhi negli occhi per parecchi secondi, poi Zlatan abbassò lo sguardo sulle sue mani e si ricordò di averle portato dei fiori. Glieli porse, un po' impacciato. «Queste sono per te.» «Cosa... oh Zlatan, non dovevi.» Le prese e Zlatan la osservò mentre socchiudeva gli occhi e ne respirava il profumo. Dalla sua espressione seppe di aver fatto la scelta giusta. «Grazie.» «Non c'è di che. Allora...» stava per chiederle come stava ma fu interrotto. «Dottoressa.» Sveva si girò verso l'infermiera che l'aveva chiamata. «Sì?» «Questi sono i risultati delle sue analisi e di là c'è il dottor Marcocci che vorrebbe parlarle un attimo.» «Grazie mille, ora arrivo.» Guardò Zlatan. «Scusami un attimo Zlatan, puoi aspettarmi nel mio ufficio? Faccio subito.» «Non ti preoccupare, posso aspettare.» «Conosci la strada, vero? Ah, già che ci sei, puoi poggiarmi questi sulla scrivania?» Gli diede i fogli che le aveva appena portato l'infermiera e si avviò con lei. Zlatan percorse il corridoio opposto e si fermò davanti all'ufficio di Sveva. Prima di aprire la porta diede uno sguardo alle carte che aveva in mano. Non voleva fare l'impiccione ma l'occhio gli cadde su un foglio in particolare. Sopra c'era scritto: Test di Gravidanza. Questi sono i risultati delle sue analisi. Test di gravidanza. Sveva aveva fatto un test di gravidanza? Entrò in ufficio con il cuore a mille e senza pensarci due volte aprì il foglio ripiegato per leggere il risultato. Positivo. Sveva era incinta. E di chi era? Di Mark? No, era impossibile. Allora doveva essere dell'ex fidanzato di Sveva. Magari proprio quello che aveva visto con lei in quello stesso ufficio. Sconvolto dalla scoperta che aveva fatto, si lasciò cadere sulla sedia e fissò il vuoto davanti a sé fino a quando non si aprì la porta. «Eccomi. Scusami per il piccolo imprevisto...» Zlatan scattò in piedi. «Devo andare.» «Di già? E il nostro caffè?» «Magari un'altra volta. Scusami» corse fuori.
Sveva rimase a guardare Zlatan che si allontanava nel corridoio, imbambolata. Non riusciva a capire cosa avesse potuto sconvolgerlo tanto. Era stata così felice di vederlo, così felice che l'avesse chiamata... E ora era praticamente scappato. Si sedette alla scrivania e guardò il mazzo di rose poggiato in un angolo. Cosa diavolo gli era preso? Perché era andato via così? Sospirò e si allungò per prendere le analisi che quella mattina aveva fatto Valentina, la compagna di Ignazio. Aprì il primo foglio e sorrise. Per sicurezza controllò anche le analisi del sangue. Prese il telefono e chiamò subito Valentina. Quella sera avrebbero festeggiato l'arrivo di un altro bebè, suo fratello stava per diventare di nuovo padre.
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telodogratis · 1 month ago
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“Ha lasciato la casa”. Grande Fratello, clamorosa uscita di scena. È successo a notte fonda, arriva la conferma
[[{“value”:” “Ha lasciato la casa”. Grande Fratello, clamorosa uscita di scena nella notte. Erano le 2:15 quando la gieffina… L’articolo “Ha lasciato la casa”. Grande Fratello, clamorosa uscita di scena. È successo a notte fonda, arriva la conferma proviene da Notizie 24 ore. “}]]  ​Read More  [[{“value”:”“Ha lasciato la casa”. Grande Fratello, clamorosa uscita di scena nella notte. Erano le 2:15…
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thememecrown · 2 months ago
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We Italians are something inexplicable.
We could fight over who makes the best food, who has the best city, start war for the Gioconda, stab each other in the back, arguing over a bucket (Modena and Bologna ... Don't ask me because i didn't understand anything either) we could fight about pineapple on pizza, we could fight about coffee and the correct way to make it (it really happens) we could insult mothers and the whole generation (both new and old)
We are a people known only for the mafia, pizza and mandolin... And for olive oil 💀 But you don't see all the stupidity we have.
I repeat, we may be assholes among ourselves, but when it comes to being stupid or ironic, we are united.
They paid homage to Pulcinella with an installation, and all Italy just said "that looks like a dick, a very big dick" and NOBODY. NOBODY. Not even the people of Naples (Pulcinella is a very well-known character in Naples, and respected ) argued about this definition.
Not to mention TV shows like Saremmo festival music, all of Italy comes together to comment and make memes, three days or more of fun. Or "Grande Fratello" , where famous people come into a house for a few months, and stuff happens, or "Uomini e Donne" Don't get me started, this program is awesome HAHAHAHAHA.
Not to mention that during the Eurovision, San Marino is afraid of being invaded by Italians if they do not vote for us (during the year they closed the Wikipedia page so as not to be vandalized with " May 14, 2017 at 5:00 The Italian army invaded the country. The Sammarinese army was taken by surprise and by 2:00 pm the Italian army had control of the situation. Sporadic fighting lasted until the morning of May 15. The military operation was: "the monkey's revenge", due to the betrayal, which occurred the night before, by San Marino, which gave only 3 points 2017, the leader of the p to the song "Occidentali's Karma" by Gabbani, engaged in the competition at the Eurovision Song Contest, Salvini has implemented the on 1 Marino for Scacc Italiano ") and the twees: " neighbors help each other, except San Marino " or people. who asks the president of the republic to declare war on San Marino or "Italy is a republic founded on the destruction of San Marino" or "remove the Rai signal from San Marino, right? They will receive the signal from Portugal better…" or "Good morning, how are we doing with the invasion of San Marino?" or "Goodbye San Marino, welcome Canada" or "after yet another ungenerous vote to the detriment of Italy (the nation whose territory they are illegally occupying)". or "Have we already decided which construction company will build the McDonald's in place of San Marino?" or people who were looking for workers around San Marino to build a wall around the city💀
One day I'll do some work on something like that, on an Italian show... It's gonna be fun, I promise.
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loveantoniolove-blog · 5 months ago
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🌹🙏Domenica 30 Giugno 2024
Ss. Primi martiri Chiesa romana (mf); S. Adolfo; S. Marziale
13.a del Tempo Ordinario (anno B)
Sap 1,13-15; 2,23-24; Sal 29; 2Cor 8,7.9.13-15; Mc 5,21-43
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato
👉🕍📖❤️VANGELO
Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata.
+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 5, 21-43
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
Parola del Signore.❤️🙏
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giancarlonicoli · 5 months ago
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25 giu 2024 17:02
“SO ESSERE CONCAVO CON I CONVESSI E CONVESSO E CON I CONCAVI” – CICCIO BONGARRÀ CONFESSIONS: “HO UNO ZIO PRETE E A 15 ANNI CONOBBI IL VICEDIRETTORE DELL'OSSERVATORE ROMANO CHE MI MANDÒ A FARE UN'INTERVISTA. NEL ’92, A 18 ANNI, LAVORAVO COME CORRISPONDENTE PER IL GIORNALE DEL VATICANO DA PALERMO" - "FRANCESCO COSSIGA? TUTTI ALL’ANSA ERANO TERRORIZZATI. AVEVO 27 ANNI, MI AVEVANO ASSUNTO DA DUE GIORNI E ME LO SMOLLARONO AL TELEFONO. DOPO 40 MINUTI SI PRESENTÒ PER INCONTRARMI E RIMANEMMO A RACCONTARCI LA VITA” – QUELLA VOLTA CHE SUONÒ BACH A CASA DI RATZINGER, IN GERMANIA, E IL NUOVO INCARICO COME DIRETTORE DELL’ISTITUTO DI CULTURA ITALIANO A LONDRA: “IL SEGRETO È LA CURIOSITÀ. E POI CONTA LA PERSEVERANZA..."
Estratto dell’articolo di Irene Carmina per https://palermo.repubblica.it/
[…] Francesco Bongarrà — Ciccio per gli amici — […] è un’autobiografia vivente. E parlante. Ha suonato la spinetta a casa Ratzinger, facendo commuovere il fratello del papa, è andato al McDonald’s con l’amico presidente Cossiga. Persino Wojtyla sapeva chi fosse.
Cinquant’anni tondi tondi, nato a Palermo, si è fatto strada sin da giovanissimo nel giornalismo: prima come corrispondente da Palermo per “L’Osservatore Romano”, la “Reuters”, il “Times” e la “BBC”, poi come addetto stampa dell’ex sindaco Leoluca Orlando, infine per 23 anni come giornalista parlamentare dell’Ansa.
Nel 2024 inizia la sua seconda vita. È il 28 dicembre del 2023 e Bongarrà lascia Montecitorio, con l’applauso della Camera a salutarlo. “London calling”: Bongarrà è il nuovo direttore dell’Istituto italiano di Cultura a Londra.
Si è ambientato a Londra?
«Bazzico da queste parti da 12 anni, avendo insegnato all’Imperial college e alla Bayes Business School. Qualche giorno fa sono stato anche nominato visiting professor al Pembroke College, uno dei college più prestigiosi dell’università di Cambridge».
Nel suo curriculum si legge, tra le altre cose, che è stato ambasciatore della Repubblica di San Marino in Perù, rappresentante della Repubblica di San Marino presso l’Organizzazione marittima internazionale, consulente del Sovrano militare dell’Ordine di Malta ed è stato insignito con varie onorificenze tra cui quella di Grande ufficiale e di commendatore della Repubblica italiana. Come minimo, deve avere molti di più degli anni che dice.
«Ho iniziato presto».
Quando?
«A 12 anni. Mi inventai un programma radiofonico tutto mio, “Bimbomix”, a Mistretta, dove passavo l’estate con i miei genitori. La radio trasmetteva dal campanile della chiesa di Santa Caterina e dalle 2 alle 4 del pomeriggio, mentre la gente si appisolava, mi divertivo a mettere dischi e a leggere il giornale. A 14 anni iniziai a fare interviste per “Radio voce nostra”, poi diventata “Radio spazio noi”, che trasmetteva dal palazzo arcivescovile. L’aveva appena aperta il cardinale Pappalardo che conoscevo perché spesso celebrava la messa nella chiesetta di via Oreto dove sono cresciuto».
Un enfant prodige praticamente, cresciuto a pane, giornalismo e chiesa.
«Ho uno zio prete e a 15 anni durante un viaggio a Roma conobbi il vicedirettore dell’Osservatore romano. Mi mandò a fare un’intervista. Nel ’92 lavoravo come corrispondente per il giornale del Vaticano da Palermo: era l’anno delle stragi di mafia».
L’anno dopo incontrò papa Wojtyla ad Agrigento.
«[…] Me lo presentò il direttore dell’Osservatore, Mario Agnes. Wojtyla mi guardò: “Abbiamo letto, abbiamo letto”».
[…] Wojtyla suo lettore, Ratzinger […] quasi uno di famiglia, visto che ci andò a casa quando lavorava all’Ansa.
«Fumata bianca, Ratzinger è il nuovo papa. È il 19 aprile del 2005 e mi dicono di correre nel suo paese natale, Marktl, in Baviera. Proprio io, perché parlo il tedesco che ho imparato stando vicino all’ex sindaco Orlando per quattro anni da workaholic in qualità di suo addetto stampa. Non ci sono aerei ma, con l’aiuto di Cossiga, riesco ad arrivare a destinazione.
A Marktl incontro un pensionato dell’Albergheria che il giorno dopo mi porta dal fratello del papa, a Ratisbona. Riesco a entrare a casa sua, tirando fuori dal portafoglio un tesserino con lo stemma del Vaticano. Tombola. Finisce che suono Bach alla spinetta e faccio un grande scoop».
[…] Cossiga […]. Eravate amici?
«Molto. Tutti all’Ansa erano terrorizzati dalle sue dichiarazioni dettate al telefono. Avevo 27 anni, mi avevano assunto da due giorni e mi smollarono Cossiga al telefono».
Che le disse?
«“Con questo accento non puoi essere siciliano, devi essere scozzese”. Mi disse così dopo che esclamai “bloody hell”, “maledizione”, mentre trascrivevo le sue parole. Dopo 40 minuti si presentò per incontrarmi e rimanemmo a raccontarci la vita dalle 10 di mattina alle 9 di sera. Un mostro, un teologo. Quando si dimise mi chiamò la mattina all’alba perché lo raggiungessi. Abitava in una casa a Prati, borghese ma non lussuosa, piena di soldatini di piombo e di gadget elettronici. La cosa che gli piaceva di più era un vaso che gli aveva regalato Craxi da Hammamet».
[…] «[…] Una volta andai a Siviglia con l’allora assessore allo Sport, Giovanni Ferro. Lui non parlava inglese e bisognava presentare la candidatura di Palermo per i mondiali di mezza maratona. Allora il presidente della federazione di atletica leggera, Primo Nebiolo, propose: “Facciamo così, tu sei l’assessore e Ferro è l’addetto stampa di Orlando”. E così facemmo davanti a un’intera platea».
Dove la mettono, lei riesce. Come fa?
«So essere concavo con i convessi e convesso e con i concavi: mi adatto all’interlocutore. Il segreto vero, però, è la curiosità. Devi avere sempre la voglia di conoscere. E poi conta la perseveranza: non mollare mai. Mi sarebbe piaciuto da ragazzo andare a ballare e fare tardi la sera, ma non l’ho fatto sapendo che alle sei del mattino dovevo leggermi i giornali. E lo faccio ancora. Sono un cronista, anche se ora dirigo l’Istituto italiano di Cultura a Londra».
È soddisfatto del suo lavoro a Londra?
«Ho una squadra pazzesca. Assieme alle mie due giovani colleghe del ministero degli Esteri, stiamo lanciando iniziative a 360 gradi. Mostre d’arte contemporanea, rappresentazioni teatrali, presentazioni di libri italiani in inglese […]. Londra è la quinta città d’Italia: nel Regno unito vivono 530mila italiani. La nostra […] è una mission complessa: dobbiamo raccontare la nostra politica culturale agli inglesi, mostrandogli quanta avanguardia esiste in Italia. […]».
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m2024a · 5 months ago
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Natisone, quei 15 minuti maledetti tra la prima chiamata al 112 e l'arrivo dei Vvf Ora che tutto (o quasi) si è compiuto: trovato il corpo del povero Cristian Molnar, sotto un sasso all'interno di una galleria del fiume che lo ha travolto assieme a Patrizia e Bianca, le campane suonano a morto ed è lutto cittadino a Premariacco, in Friuli, ma nel frattempo le carte vanno avanti, nella procura di Udine i dati segreti - ancora non divulgati - raccolti dal cellulare di Patrizia, incise, nella memoria dello smartphone, le quattro maledette chiamate al 112, mentre i tre ragazzi morti erano abbracciati cercando di resistere alla furia del fiume Natisone. Ci sono dei punti oscuri, ancora - forse - da unire, accertare se c'è stata una qualche responsabilità, nonostante i tentativi disperati di salvataggio tentati dai soccorritori, dalla fune sfuggita per un soffio dalle mani dei ragazzi, lanciata dai vvf, al vigile che cercava di raggiungerli nuotando - invano - contro la furia del fiume, e soprattutto: quei 15 minuti maledetti tra la prima chiamata al 112 e l'arrivo dei Vvf. Ieri il corpo di Cristian Molnar è stato ritrovato nel pomeriggio. E' stato il fratello, Radu Petru, a riconoscerlo. Petru, poco tempo dopo la tragedia dei tre ragazzi, si era trasferito lungo il Natisone per osservare da vicino l'andamento delle ricerche. Ricerche continuate senza sosta per 20 giorni, dal giorno cioè in cui Cristian (25 anni) è stato portato via dalla piena insieme alle due giovani amiche, Patrizia Cormos (20) e Bianca Doros (23). Il suo corpo è stato l'ultimo a essere ritrovato, in una zona più volte battuta. Ma fintanto che la massa d'acqua è rimasta imponente, è stato impossibile raggiungere la pozza in cui era rimasto incastrato. Il calo del livello dell'acqua lo ha fatto riemergere, coperto da un grande masso e da legname. Il corpo di Cristian Molnar era sott'acqua, in una zona che era stata battuta diverse volte in queste settimane. È quasi impossibile entrare in quei posti, in quelle forre, quando l'acqua ha certe portate, ha detto Michele De Sabata, sindaco di Premariacco (Udine) ai giornalisti, spiegando le modalità del ritrovamento, da parte del gruppo fluviale dei vigili del fuoco, del ragazzo, disperso dal 31 maggio nelle acque del fiume.   Era sotto un enorme sasso, all'interno di una galleria - ha aggiunto - coperto anche da legname: finalmente questi straordinari pompieri sono riusciti a notare qualcosa sott'acqua, dov'è sempre rimasto fino ad oggi. Il sindaco raccontato poi di aver fatto suonare le campane a morto e di aver fissato per domani il lutto cittadino a Premariacco: Vi comunico che deve essere ancora riconosciuto dal fratello, ma io ho potuto vedere alcune cose: è lui, ne è certo il primo cittadino del piccolo Comune di 4mila anime. ''Chiudiamo una delle pagine più  tristi della nostra piccola comunità. Il nostro compito era quello di  restituire un corpo ai familiari e oggi l'operazione è stata portata a termine. Mi dicono, tra l'altro, che oggi è la giornata mondiale degli abbracci''. Il progetto di una statua dei tre ragazzi abbracciati Quanto al progetto di una statua in omaggio ai tre ragazzi, il sindaco di Premariacco, De Sabata,  racconta di aver da poco ''terminato un colloquio con la  comunità romena del nostro comune che mi sostiene in questo progetto. Non mi interessa fare lapidi ai caduti ma vorrei che a chiunque passi  da qui arrivi il senso di quell'abbraccio tra i tre ragazzi, un  segnale straordinario che porta via il cuore, l'ultimo regalo che ci  fanno prima di sparire tra i flutti. Io quell'abbraccio lo voglio  cristallizzare''. L'inchiesta, ed il telefono ritrovato Intanto, l'inchiesta procede spedita. E' stata completato, a Udine, nel Laboratorio di informatica forense, l'accertamento tecnico non ripetibile disposto dalla PM, Letizia Puppa, sul cellulare di Patrizia Maria Cormos: si tratta dell'unico telefonino ritrovato finora sulle sponde del fiume Natisone. E' agli atti ormai una copia forense del dispositivo, incluse le schede SIM e le schede di memoria. Questo accertamento è necessario - a più di 3 settimane dalla tragedia - per evitare il possibile deperimento del cellulare e la sua inutilizzabilità in caso di processo. Il consulente nominato dagli avvocati delle famiglie Al lavoro anche il consulente tecnico congiunto nominato dai due avvocati delle famiglie, Gaetano Laghi del foro di Milano che rappresenta i Molnar, quindi il fratello di Cristian e i genitori, e i Doros, i genitori di Bianca e Maurizio Stefanizzi, del foro di Pistoia, a rappresentanza della famiglia Cormos, quella di Patrizia. Quando giorni fa il fratello diceva Sento che è vivo. La straziante testimonianza La cronologia della tragedia: minuto per minuto E' dal telefono che sarà possibile risalire, minuto dopo minuto, alla cronologia di quel venerdì 31 maggio, attraverso gli orari delle chiamate, i metadati di foto e video, l'aggancio alle celle telefoniche. Il fascicolo aperto in Procura rimane per omicidio colposo a carico di ignoti. Sul Natisone, le ricerche si sono interrotte dunque ieri, 23 giugno, dopo 24 giorni con un impegno titanico di volontari e vvf della zona, che si sono spesi con incredibile caparbietà: un esempio civico di impegno e generosità, per chiudere una pagina dolorosissima per le zone dove si trova il fiume Natisone. Giorni fa, il rischio di un altro Natisone: il salvataggio fortunoso sul fiume Brenta, l'elicottero Drago che salva un ragazzo nella piena del fiume
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delectablywaywardbeard-blog · 7 months ago
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Grande Fratello: riconosci due protagoniste del reality in versione "baby"?
Greta Rossetti e Rebecca Staffelli amiche prima del “Grande Fratello”   Greta Rossetti e Rebecca Staffelli hanno condiviso su Instagram il selfie di 15 anni fa, divertendosi a ricreare la posa ora che sono giovani donne. All’epoca avevano appena dieci anni, erano ovviamente molto diverse da adesso a livello fisico ma avevano già una naturale predisposizione a mettersi in posa davanti alla…
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lamilanomagazine · 7 months ago
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Milano festeggia il 25 Aprile, anniversario della Liberazione con eventi per la città. 
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Milano festeggia il 25 Aprile, anniversario della Liberazione con eventi per la città.  Milano celebra il 25 Aprile con una serie di eventi dedicati ai temi della Resistenza partigiana e alla guerra di liberazione dal nazifascismo organizzati nell'ambito di Milano è Memoria, il palinsesto nato nel 2017 per ricordare persone, fatti ed eventi che testimoniano la storia e l'identità della città. Due gli appuntamenti in programma già da venerdì 19 aprile. Alle ore 17:30 al Museo del Risorgimento - Palazzo Moriggia (via Borgonuovo 23) si svolgerà "1915. Il canto spezzato'', un incontro dedicato al genocidio del popolo armeno. Si fa memoria di una tragedia della storia solo da pochi anni riconosciuta la cui ricorrenza cadrà il 24 aprile. I canti tradizionali raccolti dal grande etnomusicologo Komitàs saranno alternati dalla lettura di testimonianze tratte da pubblicazioni dell'epoca, con riflessioni su accadimenti attuali e poesie di poeti armeni che hanno vissuto in prima persona il genocidio prima di essere a loro volta trucidati. La proiezione di immagini dell'epoca contribuirà alla contestualizzazione storica degli eventi. Ospiti dell'evento saranno lo storico Marcello Flores e il soprano Ani Balian. L'ingresso è libero fino ad esaurimento posti. Alle ore 18 presso il liceo classico Beccaria (via Carlo Linneo 5) studentesse e studenti e corpo docente accoglieranno la visita di Linda Olivetti Kohen, l'artista quasi centenaria, nata a Milano il 28 ottobre 1924 in una famiglia ebrea di origini piemontesi. Studentessa del liceo Beccaria, nel 1938 frequenta il primo anno del Ginnasio. Ha 14 anni e, in seguito alle leggi razziali del regime fascista, deve lasciare la scuola. Lo fa insieme ad altri studenti, tra i quali anche il fratello Mario e i cugini Linda e Cesare Treves. Gli Olivetti, appartenenti alla più antica comunità ebraica italiana, riescono a lasciare l'Italia per Buenos Aires. Si salvano così dalla deportazione nei campi di concentramento. Dopo alcuni anni in Argentina si trasferiscono definitivamente a Montevideo, in Uruguay. Domani, 86 anni dopo, Linda Olivetti Kohen, insignita nel 2023 del titolo di Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica, tornerà nel suo liceo dove incontrerà ragazze e ragazzi con cui parlerà delle leggi razziali, dei valori della democrazia e dell'antifascismo. L'iniziativa è organizzata dal liceo Beccaria con la collaborazione di Anpi, Cedec, Figli della Shoah e Municipio 8. Il programma di eventi prosegue sabato 20 aprile alle ore 15 con l'inaugurazione del Murale "Manifesti della Resistenza 1945 – 1985" realizzato su uno dei muri della Cittadella degli Archivi del Comune di Milano, in via Gregorovius 15. Si tratta di un'opera murale di 30 metri quadrati dedicati alla Resistenza Partigiana, con un particolare omaggio alle donne della Resistenza, ai GAP (Gruppi di azione patriottica) e a Niguarda, il quartiere che ne ospita gli edifici e che nell'aprile del 1945 vide la prima insurrezione partigiana contro il Regime fascista. Sul murale sono raffigurati i volti di Carla Capponi, Onorina Brambilla e Giovanni Pesce. Fa da sfondo ai loro volti la bandiera dei GAP. L'ultimo appuntamento prima delle cerimonie e del corteo del 25 Aprile sarà martedì 23 aprile alle ore 14:30 nella Sala Napoleonica dell'Università Statale di Milano (via Sant'Antonio 12), con la tradizionale lectio magistrale in ricordo di Federico Chabod, lo storico e accademico di Storia Moderna, comandante di bande partigiane durane la Resistenza. Quest'anno la lectio sarà tenuta dallo storico e professore dell'Università di Pisa Paolo Pezzino e avrà come titolo: "Non solo 'consenso'. L'opposizione al fascismo prima e dopo l'assassinio di Matteotti". La giornata del 25 Aprile sarà aperta dalla deposizione delle corone in ricordo di quanti morirono durane la guerra di Resistenza partigiana, combattenti delle brigate e civili uccisi dalle rappresaglie nazifasciste, da piazzale Loreto ad altri luoghi della città. Si inizia alle ore 9, in piazza Tricolore, presso il monumento alla Guardia di Finanza; alle ore 9:15 a Palazzo Isimbardi, presso la lapide dedicata ai Caduti; alle ore 9:30 a Palazzo Marino davanti alla lapide della medaglia d'oro al valor militare alla città; alle ore 10 alla Loggia dei Mercanti, presso le lapidi in ricordo dei Caduti per la Libertà; alle ore 10:30, in largo Caduti Milanesi per la Patria - Sacrario dei Caduti di tutte le guerre. L'ultima deposizione sarà in piazzale Loreto, dove all'alba del 10 agosto 1944 furono fucilati 15 partigiani. Alle ore 14 avrà inizio la tradizionale manifestazione del 25 Aprile con il corteo da corso Venezia, angolo via Palestro, a piazza Duomo e i discorsi celebrativi. La commemorazione dei caduti della Resistenza partigiana si svolgerà anche in alcuni cimiteri cittadini, mercoledì 24 aprile. È prevista la deposizione di corone alle ore 9 al Cimitero inglese di Trenno in via Cascina Bellaria e alle 10 al Campo della Gloria (campo 64) del Cimitero Maggiore. In quel luogo insieme ai partigiani sono ricordati i militari milanesi morti per la patria nei campi di concentramento (IMI), i militari milanesi morti a Cefalonia e nelle isole dell'Egeo, le cittadine e i cittadini milanesi morti per la libertà. La prima sistemazione del campo fu affidata al Comitato Onoranze Caduti per la Libertà, presieduto da Antonio Greppi, sindaco della Liberazione, e fu assegnata, a seguito di un concorso, all'architetto Umberto Comolli. Il 25 aprile 1948, tra anni dopo la fine della guerra, fu posta la prima pietra del Monumento, nella quale fu murata una pergamena con scritto: «Ad iniziativa del Comitato Onoranze Caduti per la Libertà di Milano e Provincia, viene posta oggi, 25 aprile 1948, la prima pietra del Monumento che ricorderà ai Posteri Coloro che fecero eroico sacrificio della vita all'Italia e alla Libertà. 1922 -1945».... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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vorticimagazine · 9 months ago
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Villa del Bono, un autentico gioiello
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Questa volta, noi di Vortici.it vi portiamo in Brianza più precisamente a Cremella(Lecco) dove sorge una dimora unica nello stile sul nostro amato territorio: Villa del Bono.
Vogliamo illustrarvi Villa del Bono, questo autentico gioiello artistico residenziale che ci ricorda la ricchezza del nostro patrimonio culturale che non ha eguali al mondo.
Villa del Bono si trova su una collina all’interno di un parco secolare di circa sei ettari, raggiungibile lungo un viale di tigli di oltre duecento metri. Il panorama gode di una vista sulle Grigne e il monte Resegone. In una zona strategica, la villa si trova a 15 km da Como e da Lecco, e a 35 km da Milano. Progettata dall’architetto Cecilio Arpesani, che s’ispirò alle forme del Rinascimento fiorentino. Le sale interne sono ricche di raffinate decorazioni con pavimenti marmorei a mosaico. Il grande parco all’inglese è dotato di stupendi esemplari arborei. Dal 1934 la villa è proprietà dei Conti del Bono. Ci sono anche le antiche scuderie ristrutturate. È una dimora eclettica circondata da un magnifico parco con terrazzo panoramico da cui si gode una vista mirabile sulle Prealpi comasche e bergamasche e sui laghetti dell’alta Brianza. Ideale per organizzare ricevimenti, matrimoni, sfilate e riprese fotografiche e cinematografiche nell’arco dell’intero anno è anche una dimora per tutta la famiglia: può ospitare fino a 24 persone in camere doppie, per una vacanza da sogno o un weekend fuori porta. E per un’azienda, un “Buen Retiro” ove accogliere i propri collaboratori per momenti di immersione e relax. Scopriamone la storia… LA VILLA: DAI SESSA AI DEL BONO Lo stile neorinascimentale lo si può riconoscere a prima vista. Rodolfo Sessa la costruì tra la fine dell’Ottocento e la prima decade del Novecento. La famiglia dei Sessa era divenuta importante grazie all’attività propria di un setificio dalla metà del Diciannovesimo secolo, acquistando tutta la collina su cui oggi sorge la chiesa di San Sisino, Martirio e Alessandro. Lo stesso convento in cui oggi è stata ricavata questa chiesa era in origine la villa di Francesco Sessa, fratello di Rodolfo; sull’altra riva della collina, simmetricamente a villa Del Bono rispetto a via Luigi Cadorna, si può trovare l’originaria casa di famiglia, divenuta di proprietà del terzo fratello dei Sessa, Giuseppe, dopo la morte del padre comune. Il motivo per cui Rodolfo costruì questa villa fu per distaccarsi dal resto della famiglia; infatti, dopo essersi sposato con Anna Fumagalli, era rimasto a vivere nella casa paterna sino a quando decise di costruire una villa dove vivere con lei, non andando via da Cremella. Per l’edificazione della struttura fu necessario sbancare la collina su cui oggi trova posto da cui si può godere di una meravigliosa vista sulla vicina vallata ma, nelle giornate più limpide, anche delle vette del Cervino e del Monte Rosa. Rodolfo acquistò anche i terreni circostanti con l’opzione di inedificabilità, creando una zona franca che dividesse la propria villa dal futuro sviluppo urbanistico che probabilmente si aspettava. Il pensiero con cui fu costruita questa villa era diretto in due direzioni opposte: all’indietro, verso il rinascimento fiorentino, per quanto riguarda il gusto architettonico, ma guardando avanti per quanto riguarda la tecnologia presente nell’edificio: questo era l’unico edificio con l’impianto elettrico di tutta la zona perché i Sessa avevano trovato il modo per connettere la villa di Rodolfo con la rete elettrica di Merate, a circa tredici chilometri di distanza. Ma l’avanguardia tecnica la si può osservare nella presenza di un riscaldamento centralizzato, oppure in alcune manopole poste a fianco di ogni finestra della casa: con queste ultime è possibile aprire e chiudere le imposte dall'interno, senza che sia necessario aprire la finestra. È comunque da sottolineare che questa, come tante altre analoghe strutture, erano dimore che venivano vissute nel periodo di villeggiatura, quindi solo nei mesi più caldi dell’anno. Nel 1912 Rodolfo muore in villa, ma la moglie continua a vivere la villeggiatura a Cremella sino alla sua dipartita nel 1932. La villa passa in eredità alle nipoti femmine di Rodolfo sino all’attuale proprietario. Il titolo di conti è riconosciuto alla famiglia cremellese nel 1720, ma in realtà l’appartenenza alla nobiltà cittadina risale al 1300. “Lo stemma di famiglia conferma questo fatto: con il trascorrere dei secoli l’araldica divenne molto complessa e ricca per potersi distinguere da tutti gli altri. Sul nostro si può riconoscere una montagna al cui culmine si trova la luna. Con questi due simboli di vuole indicare il desiderio di puntare alla luna, ovvero alla perfezione” afferma il proprietario, il Conte Pietro del Bono. Durante gli anni della guerra la villa divenne un luogo sicuro per tutta la famiglia, permettendo anche di nascondere il padre di Pietro del Bono dalla leva militare nella Decima Mas a cui era destinato: “Si rifiutò perché non gli piaceva, quindi si nascose qui e si accorse che il fatto che tutta la casa fosse affrescata la rendeva davvero pesante, quindi decise di imbiancarla. Oggi si possono ancora trovare alcuni affreschi vicino alle finestre, ma l’unica camera rimasta completamente affrescata è quella che poi divenne sua e di mia madre quando si sposarono” afferma Pietro del Bono. GLI SPAZI DI VILLA DEL BONO L’ingresso è molto importante, addirittura imponente. Gli elementi neorinascimentali sono ovunque: dal soffitto a cassettoni, alle porte di legno, sino alle sovrapporte in marmo: “Nella casa sono sparse tante iscrizioni, alcune serie altre delle vere e proprie prese per i fondelli: ‘non vanitate sed studio’, ovvero ‘Non per vanità ma per passione’ sopra la porta della biblioteca; di fronte ad essa ‘frons prima decipit multos’, ‘la prima porta ingannò molti’, perché si pensa che ci sia il salotto, invece cela il bagno”. LA BIBLIOTECA I mobili che si possono trovare in villa sono in parte originali, in parte provenienti dalle altre residenze di famiglia, ma i lampadari sono originali, elettrici e oggi ancora funzionanti. Questa biblioteca chiusa è una caratteristica rinascimentale, con le porte che riprendono le ante degli scaffali, creando nella sala con le porte chiuse, una grande uniformità di stile. Nella biblioteca si può trovare un camino finto su cui è posto lo stemma della famiglia. IL SALOTTINO ROSSO Questa piccola camera ospita il soffitto a cassettoni più bello di tutta la casa. Originariamente era tappezzata di rosso ma oggi di questa decorazione rimane solo una fascia più alta. Sul resto delle pareti il rivestimento si era logorato, quindi il proprietario ha deciso di sostituirla con una nuova che ne riprende il disegno originale con vasi di rose. SALA MUSICA Il nome di questa sala non deriva dal fatto che si suonasse della musica qui, ma dalle decorazioni sul soffitto ovvero due angeli che cantano e un pentagramma. Questa sala ospita busto che assomiglia al bisnonno di Pietro, ammiraglio che rivestì il ruolo di ministro della marina alla fine della Prima Guerra mondiale: venne acquistato dal padre di Pietro proprio perché assomigliava al bisnonno. SALA DELLE COLONNE Il salone principale della villa è arredato finemente e con un grande camino finto sopra al quale si può riconoscere lo stemma dei Sessa scolpito nella pietra serena. Rodolfo era erede di una famiglia di setaioli che vollero riportare nel loro emblema gli elementi del filo e del fuso, ma è uno stemma inventato dato che non avevano alcuna nobile origine. La stessa invenzione venne fatta anche per la moglie di Rodolfo, Anna Fumagalli, il cui araldo si può trovare sopra la porta del refettorio: uno stemma con un castello sopra cui è posto un gallo che canta. SALA DA PRANZO O DEGLI ANTENATI Questa sala è posta a fianco delle cucine, ma viene anche chiamata degli antenati perché si hanno vari ritratti di probabili antenati. Sulla decorazione in legno posta su tutte le pareti della sala, si trova una decorazione che riporta un’ode al cibo in latino scritta da Orazio. Questo scritto è stato analizzato da uno degli avi dell’attuale proprietario, il quale ha posto una bruciante critica a colui che decise di redarla in quel modo: “Questa iscrizione non è troppo felice, né chiara. Il latino non è ottimo giacché è tolto dalla seconda satira di Orazio Flacco, ma a pezzettini presi un pò qua un pò là Talché nell’iscrizione perdono in parte il significato che hanno nella satira. Latino assai difficile”. Nella sala da pranzo, aguzzando la vista si può trovare una porta nascosta che conduce alla scala di servizio, che permette di raggiungere tutti i piani della villa e che, al piano rialzato, permette di giungere alla cucina. Quest’ultima è stata realizzata negli anni Sessanta dal padre di Pietro del Bono poiché quelle originali si trovano nel seminterrato: “Ai tempi dei Sessa, in quella che oggi è la cucina, giungevano solo i piatti con un montacarichi e, attraverso un passa piatti, le pietanze raggiungevano la sala da pranzo ed i commensali grazie all’opera di eleganti camerieri in livrea” ci ha spiegato il proprietario. Ovviamente tutto questo nel dopoguerra non era più necessario. “Da sottolineare è il fatto che gli arredi che si hanno in questa cucina anni Sessanta e nei bagni degli anni Trenta, sono di pregevole fattura, cosa che si può riconoscere dalle piastrelle di ceramica Bisazza, oppure le lampade nei bagni di Venini: quindi gli ammodernamenti che si sono fatti hanno comunque uno stile comunque ricercato, come è sempre stato per la storia di questa villa” secondo le precisazioni del dottor Lorenzo Colombo, giovane storico dell’arte che ha svolto degli approfonditi studi sull’edificio residenziale cremellese. LO SCALONE Lo scalone è il fulcro della casa che vuole richiamare lo stile rinascimentale fiorentino, motivo per cui questa dimora è soprannominata “La Fiorentina”. “Da fuori la villa richiama palazzo Strozzi, un grande esempio di architettura rinascimentale fiorentina; mentre lo scalone vuole si ispira chiaramente allo scalone del Bargello: questo di evince dai tanti stemmi murati sulle pareti e dalla fontana che si trova alla base delle scale, elemento immancabile nei cortili fiorentini del rinascimento. Sulle pareti dello scalone di hanno elementi veri e finti, che vanno dagli stemmi di varie famiglie, ad elementi portati per richiamare infelicemente gli stilemi fiorentini, ma incastonando un leone di San Marco oppure un sovrapporta della biblioteca di Sant’Agostino di Bergamo” sottolinea il dottor Colombo. Giungendo al primo piano si trova una finta balaustra che riprende lo stile del rinascimentale. Poco sopra, poggiata sui merli, si poggiava un tempo, la vetrata che oggi si trova due piani più in alto su cui si riconosce lo stemma dei Sessa che si alterna ai Gigli di Firenze. Il motivo per cui venne spostata lo spiega il conte stesso: “Negli anni '60 mio padre volle ricavare varie camere da letto con bagno in cui dormivano i figli e gli ospiti e lui voleva in un certo senso poterli controllare dal piano nobile, per evitare scorribande notturne”. LA CAMERA PADRONALE Si può comprendere che si tratta della camera padronale sia dalle dimensioni del letto, sia dell’affresco posto dietro di esso. Letto in stile rinascimentale sulla cui testiera si riprende uno dei due soggetti dell’affresco lombardo di fine Quattrocento appeso sopra di esso: l’Annunciazione; tra l’Arcangelo Gabriele e la Madonna, posti agli estremi della rappresentazione, si trova una Maestà. La presenza ripetuta della figura dell’Annunciazione probabilmente sottolinea la ricerca di una progenie da parte di Rodolfo e Anna che ebbero una unica figlia che morì prima dei genitori nel 1902. Questo segnò molto la coppia. La tecnologia ritorna in questa camera nel letto matrimoniale che permette di dividere in due singoli il grande letto, per rendere più semplice rifarlo alle cameriere. IL BAGNO PADRONALE In stile anni Trenta ha un meraviglioso arredo in marmo con una vasca da bagno. Tutto è ancora funzionante. IL GIARDINO Il giardino si estende su sessanta mila metri quadrati in cui vige la più grande quiete. Sono ospitati svariati esemplari secolari che contrappongono la loro grande storia alla più recente piscina costruita negli anni Sessanta dall’architetto Antonio Clerici. Un trucco che venne utilizzato dai Sessa fu quello di piantumare svariati alberi sui confini della proprietà, facendo quindi confondere il giardino con il resto della vegetazione intorno, dando l’impressione che fosse più grande. Dal giardino si possono osservare anche un'iscrizione sul lato ovest: “FAMILIAE AMICISQUE DICATA ET LUDIS IVCVNDIS”. In questo modo la villa viene dedicata alla famiglia agli amici e agli svaghi:, riconoscendo nella Brianza il luogo dell’otium e Milano è il luogo del negotium. “Le dimore storiche sono vive, cambiano con il trascorrere del tempo. Quindi come si fecero e rifecero i bagni, come si realizzò la cucina negli anni Sessanta, tale è in tutte le case dell’epoca. Fissarle in un momento significa ucciderle: mantenerle immobili non avrebbe senso....le renderebbe difficili da vivere” sostiene Pietro del Bono, Presidente della sezione lombarda dell’Associazione Dimore Storiche Italiane. Vi abbiamo fatto vivere un’esperienza a tutto campo in quello che si può considerare un grandioso esempio di architettura rinascimentale fiorentina, unico nel suo genere. Scopri la nostra rubrica Arte Immagine di copertina: https://ledimoredelquartetto.eu/ Read the full article
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tivorreisalvare · 10 months ago
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9 Gennaio 2024 02:15
Tra poco più di due settimane sarà qui, con me, ed io non sto nella pelle, gli vorrei dare tutto l’amore che riesco.
Non so perché ma in cuor mio credo che ancora non abbia realizzato fino in fondo di dove è, della vita che ha scelto, del fatto che è solo in un’altra città.
E ho paura di quando se ne renderà conto, le mie paure non sbagliano mai, e non so perché ma credo che la chiuderà, non perché non mi ami ma perché non vuole che io viva una vita stando dietro a lui, soffrendo quando non è presente. O forse non vuole soffrire lui, questo suo lato caratteriale ancora lo devo capire bene.
So solo che ogni giorno per me sta diventando un’attesa al momento, e quel momento arriverà. Bisognerà vedere se si renderà conto di quello che abbiamo, che è difficile trovarlo poi in un’altra persona, e che se io mi sono innamorata di lui sapendo che se ne sarebbe andato, ho scelto e accettato la sua vita. E mi può dare qualsiasi cosa, questo ancora però non gli è entrato in testa. Mi ha dato tanto di quell’amore nonna che tu manco te lo puoi immaginare. Se se ne dovesse andare, chi mi proteggerà? Chi mi coprirà quando avrò freddo? Chi mi darà i bacini sulla testa? Chi prenderà in giro i miei guanti? Chi piangerà con me mentre parlo di te e dei suoi nonni Antonio e Catello? Chi aspetterò in macchina? Chi sarà coraggioso al posto mio? Chi sbaglierà a dire “Aglio/Foglia”?
Da quando ho iniziato a parlare di lui, l’ho sempre elevato, è diventato il mio punto cardine, la mia roccia, la mia forza. Ma la mia roccia sarà abbastanza coraggiosa da andare avanti? Con il lavoro che fa spero di si
Ti ricordi di Giuseppe? Me ne avevi parlato anni fa, era il tuo grande amore quando eri giovane, poi alla fine se ne era andato, e se tu con la demenza senile avanzata ti ricordi di Giuseppe e non del nonno, vuol dire che lo amavi veramente tanto.
Non vorrei che succedesse anche a me nonnì, perché i tuoi occhi li ho bene in mente, ed erano tristi, malinconici.
Ma lui fa il poliziotto, ha il coraggio di mille leoni e poi mi ha dato continuamente questa convinzione del fatto che mi vuole nella sua vita, ma io ho paura.
Ho sempre avuto il terrore che nessuno mai mi potrà amare tanto quanto io ami qualcun altro, ma lui mi ha dato tanto di quell’amore che manco te lo immagini.
È che con me si è sempre fissato sulle cose negative, senza mai pensare a tutto ciò che ha fatto per me, l’amore, il bene che mi ha dato.
Scusami se non riesco a venire da te direttamente a dirti queste cose, ma per me scrivere è sempre stato più facile, alla fine lo sai, piango per qualsiasi cosa, e la paura di perdere lui mi avrebbe probabilmente fatta cadere da quella mezza scaletta che devo salire per arrivare da te.
Comunque, cose negative a parte, gli voglio organizzare un bel weekend, vorrei portarlo da Ivan a Padova (faceva il corso con lui, credo lo veda come un fratello, un amico, è veramente molto importante per lui), anche se sicuramente mi dirà che vuole passare il tempo con me, ma sono sicura che sente la mancanza sua tanto quanto la mia. Oppure vorrei proporgli di scendere io, così può andare a casa dei suoi, che alla fine è sempre tanto che non li vede, non so veramente cosa potrebbe preferire, a me alla fine piacerebbero entrambe le cose, la più importante è vederlo, non puoi capire quanto mi manchi. Ti sarebbe piaciuto veramente molto, ci avresti potuto parlare nella tua lingua, ed io vi avrei guardato sorridendo. La verità è che la tua scomparsa grazie a lui è stata molto più leggera, e so di poterne parlare tranquillamente e di poter piangere sulla sua spalla, senza sentirmi in colpa o in difetto.
Il fatto però che abbia dei traumi così grandi (vedi l’episodio della cover di pochi giorni fa, (praticamente la cover è una custodia che si mette intorno al telefonino, ti farei vedere se fossi qui)), mi lascia sempre un po’ così, appesa.
Chissà se mai riuscirò a fargli capire che chi ama non giudica, non se ne va e apprezza ogni piccolo gesto.
“Tutto mi dice che sei la persona giusta”, “è un rischio che voglio correre”, queste cose mi rimbombano in testa ogni giorno da quando me le ha dette, perché lui è la mia persona, e se te l’ho detto nell’orecchio in ospedale che finalmente l’avevo trovato, ed era passato solo poco più di un mese da quando lo conoscevo, tu immagina ora quanto grande sia il mio sentimento.
Ma è così tanto amorevole, io davvero non puoi capire quanto mi senta fortunata ad averlo con me, perché anche se è partito, è presente, è dentro il mio cuore, dentro la mia testa, e lui si sta impegnando, ed io sento di valere qualcosa.
Ci sono giorni però in cui penso quasi di chiuderci, stare con me con la carriera che vuole fare sarà difficile, e non vorrei tarpargli le ali, che poi non ne ho la minima intenzione, ma poi ci penso e la mia testa risponde subito con un grandissimo “vaffanculo”, lo so scusami, non si dice, ma è veramente quello che dice la mia testa, perché mi conosco, e se l’ho sempre incitato, sempre lo farò.
È la mia persona, lo so. È in qualsiasi cosa, e sono innamorata in un modo e una maniera che non te lo puoi immaginare, forse anche io da vecchia parlerò di lui, ma spero di averlo a fianco, alla fine ci siamo già immaginati, insieme, a 70 anni. E lui mi ama così tanto, nessuno mi ama o mi amerà così tanto, e non lo capisce, non sa quanto amore mi dà, non se ne rende conto.
Mi manca tanto parlare con te, mi mancano le tue mani sui miei occhiali, o il profumo dei tuoi capelli. Non verrai dimenticata
E ti prometto che ci proverò, non voglio avere anche io i tuoi stessi occhi, non voglio avere rimpianti.
Mi manchi tanto.
La tua nipotina Miranda
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uominiedonneblog · 11 months ago
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