#fragilità vulnerabile senza difese
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angela-miccioli · 11 months ago
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La verità è che siamo fragili quando siamo veri..
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susieporta · 1 year ago
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CONSIDERAZIONI DI OSHO SULL'INTIMITA' dal libro "Lo splendore nascosto"
Intimità significa esporsi davanti a un estraneo. Siamo tutti estranei — nessuno conosce nessuno. Siamo anche estranei a noi stessi, perché non sappiamo chi siamo. L'intimità ti avvicina a uno sconosciuto. Devi abbandonare tutte le tue difese; solo allora, l'intimità è possibile. E la paura è che se abbassi tutte le tue difese, tutte le tue maschere, chissà cosa farà di te lo sconosciuto?
Stiamo tutti nascondendo mille e una cosa — non solo dagli altri ma da noi stessi — perché siamo stati allevati da un'umanità malata con ogni tipo di repressione, inibizioni, tabù. E la paura è quella con qualcuno che è un estraneo — e non importa, potresti aver vissuto con quella persona per trent'anni, quarant'anni; la stranezza non scompare mai — è più sicuro mantenere un po' di difesa, un po' distante, perché qualcuno può approfittare delle tue debolezze, delle tue fragilità, della tua vulnerabilità. Tutti hanno paura dell'intimità.
Il problema si complica perché tutti vogliono l'intimità. Tutti vogliono l'intimità perché altrimenti sei solo in questo universo — senza un amico, senza amante, senza nessuno di cui ti puoi fidare, senza nessuno a cui puoi aprire tutte le tue ferite. E le ferite non possono rimarginarsi se non sono aperte. Più li nascondi, più diventano pericolosi. Possono diventare cancerose.
L'intimità è un bisogno essenziale da un lato, quindi tutti lo desiderano. Ma vuole che l'altra persona sia intima, in modo che l'altra persona abbassi le sue difese, diventa vulnerabile, apre tutte le sue ferite, lascia cadere tutte le sue maschere e la sua falsa personalità, resta nudo così com'è. E d'altra parte, tutti hanno paura dell'intimità — con l'altra persona con cui vuoi essere intimo, non stai facendo cadere le tue difese.
Questo è uno dei conflitti tra amici, tra amanti: nessuno vuole abbandonare le sue difese e nessuno vuole presentarsi in totale nudità e sincerità, aprire — ed entrambi hanno bisogno di intimità. A meno che non abbandoni tutte le tue repressioni, inibizioni — quali sono i doni delle vostre religioni, le tue culture, le vostre società, i tuoi genitori, la tua educazione — non sarai mai in grado di essere intimo con qualcuno. E dovrai prendere l'iniziativa.
Ma se non hai repressioni, eventuali inibizioni, neanche tu hai ferite. Se hai vissuto un semplice, vita naturale, non ci sarà paura dell'intimità, ma una gioia tremenda — di due fiamme che si avvicinano così tanto da diventare quasi una fiamma. E l'incontro è estremamente gratificante, soddisfacente, appagante. Ma prima che tu possa tentare l'intimità, devi pulire completamente la tua casa.
Solo un uomo di meditazione può permettere che l'intimità avvenga. Non ha niente da nascondere. Tutto ciò gli faceva temere che qualcuno potesse saperlo, lui stesso è caduto. Ha solo un silenzio e un cuore amorevole. Devi accettarti nella tua totalità — se non riesci ad accettarti nella tua totalità, come puoi aspettarti che qualcun altro ti accetti? E sei stato condannato da tutti, e hai imparato solo una cosa: autocondanna.
Continui a nasconderlo. Non è qualcosa di bello da mostrare agli altri, sai che le cose brutte sono nascoste in te; sai che le cose malvagie sono nascoste in te; sai che l'animalità è nascosta in te. A meno che tu non trasformi il tuo atteggiamento e ti accetti come uno degli animali esistenti… La parola “animale” non è male. Significa semplicemente vivo; viene da anima. Chi è vivo, è un animale.
Ma all'uomo è stato insegnato, “Non siete animali, gli animali sono molto al di sotto di te. Siete esseri umani.” Ti è stata data una falsa superiorità. La verità è, l'esistenza non crede nel superiore e nell'inferiore. All'esistenza, tutto è uguale — gli alberi, gli uccelli, gli animali, gli esseri umani. In esistenza, tutto è assolutamente accettato così com'è; Osho sulla disciplina e la repressione della mente.
Se accetti la tua sessualità senza alcuna condizione, se accetti che l'uomo e ogni essere nel mondo è fragile… la vita è un filo sottilissimo che può spezzarsi da un momento all'altro. Una volta che questo è stato accettato, e lasci cadere i falsi ego — di essere Alessandro Magno, Mohammed Ali il tre volte grande — se capisci semplicemente che ognuno è bello nella sua banalità e ognuno ha delle debolezze… Fanno parte della natura umana perché tu non sei d'acciaio.
Consiglio la lettura completa qui: https://www.oshoteachings.com/it/osho-on-intimacy-osho-on-fear-of-intimacy/
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penelopeics · 5 years ago
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Riposo.
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L’altro giorno era festa, così io e Luca siamo andati al lago. Ci siamo portati qualcosa da mangiare sulla riva e qualcos’altro l’abbiamo comprato lì. Io ho fatto il bagno -lui non ne aveva voglia. Ci siamo poi spostati più oltre, su un lato più impervio del lago: alcuni alberi promettevano dell’ombra di cui Luca aveva disperatamente bisogno. Sul lato impervio, una volta trovato un punto dove fosse minimamente possibile sedersi senza farsi male, eravamo completamente soli. “Ho voglia” gli ho fatto di punto in bianco, mentre prendevo il sole. Il fatto è che, da quando abitiamo insieme, i tempi per fare l’amore sono meno chiaramente scanditi rispetto a quando ci si vedeva solo nei weekend. Si pensa sempre di avere tempo poi. E la vita quotidiana, con le sue incombenze, invade quella più propriamente di coppia, fatta di tempo (e talvolta spazio) specifico, separato, di riposo insieme. Così ho fatto questa pensata di cogliere al volo ogni occasione in cui mi venga la voglia di fare l’amore e di non procrastinare, ma farlo. Se lui consente, naturalmente. Così, “Ho voglia”, e lui ha acconsentito. Dopo questo piacevole incontro -da difficoltà 10 per via della circostanza di trovarci comunque in un luogo pubblico ancorché isolato- mi sono sciolta in quel caratteristico sentimento di pace totalizzante. Il lago, la natura, il silenzio, Luca… già. Luca. Lui non sembrava condividere l’estasi. Io cercavo la sua vicinanza per le coccole d’ordinanza, lui sembrava fugarle. Io avevo un sorriso orecchio-orecchio, lui serio. Io occhi socchiusi dal godimento, lui inespressivi. Dopo qualche minuto di scoramento e alcuni vani tentativi di chiedergli cosa avesse, ho deciso di godermi la mia pace senza dare eccessivamente peso al suo aplombe, che mi appariva dissonante. Avrei capito poi.
Il poi è arrivato alla sera, quando stavamo tornando a casa -ormai buio. Non so come sono entrata in tema, ma ho avanzato una delle mie letture stravaganti su quello che era accaduto: “Ieri hai lavorato tutto il giorno, e dato che per te il sorriso è una moneta di scambio sociale che ti costa comunque un dispendio di energia, riposarti per te significa stare inespressivo e persino anaffettivo, per un po’”. Lui è stato sorpreso di ritrovarsi nella mia lettura stravagante, così abbiamo proseguito tranquillamente: io contenta di aver compreso l’arcano grazie alla mia perspicacia, lui compreso e libero di riposare.
Stava riposando anche una donna che abbiamo incontrato sulla strada dal parcheggio a casa. Una signora nera, vestita con abiti tradizionali africani, con una bambina piccola legata sulla schiena. Mi è balzata subito all’occhio perché era in piedi, faccia verso la rete che da sulle rotaie, giù in basso, così che i passanti potevano vedere sola la sua schiena -e quella della piccola. Si teneva aggrappata alla rete, per cui ho pensato che forse si sentiva poco bene. Così non mi sono fatta i cazzi miei . “Tutto bene?” le ho fatto. Lei ci ha messo qualche secondo a capire che mi stavo rivolgendo proprio a lei. “Sì… sono stanca… vendo questi… sono stanca”, ci fa, indicando con lo sguardo i braccialetti e le collane che portava sulle mani per mostrarli ai potenziali acquirenti, in piedi, in giro per il quartiere. “Ha bisogno di qualcosa?” le chiedo. “No… sono solo stanca”. “Si vada a mettere seduta laggiù magari! Buonasera”. Passiamo oltre. Luca ha espresso subito la sua rabbia per scene simili. Si è preoccupato per la bambina. Io gli ho detto che la bambina probabilmente stava bene, perché dormiva, sulla schiena della sua mamma, e che io avevo provato più compassione (nel suo significato più etimologico, per carità!) per la donna. Che la situazione è grave. Che la politica deve agire. Eccetera. Mi ha fatto male tornare nella mia casa accogliente e mettermi a letto chiedendomi se anche la signora fosse in un letto e al sicuro con la sua bambina.
Per me invece il riposo è non dovermi difendere e non dover lottare. Non dover rischiare di dovermi difendere e dover lottare, non dover pensare che rischio di dovermi difendere e di dover lottare. Accettarmi, anche con i miei limiti, poter essere vulnerabile. Ho paura dell’aereo? Non prendere l’aereo. Non voglio andare in un posto? Non andarci. Non cercare di sfidarmi e superare le mie fragilità. Abbandonarmi abbassando le difese affidandomi a persone che collaborino nel difendermi -o che non mi costringano a farlo- o anche da sola. Sentirmi al sicuro. Abbandonarmi e smettere di cercare di migliorare e di cambiare. Fondare una Casa, e mollare. Circondarmi di chi dico io e fare ciò che mi fa stare bene. Questa consapevolezza è venuta relativamente di recente nella mia vita. Due anni fa ero a Belgrado, in un ostello dall’igiene precaria e popolato di loschi figuri, fuori -15 gradi e neve. Ero lì in un delirio nomadico di cui ero straconvinta, a cercare forsennatamente, contro ogni pronostico, materiale inesistente (vale a dire impossibile da trovare) per un nuovo libro -che infatti non trovai, ma questa è un’altra storia. Ero al telefono con la mia migliore amica, a migliaia di chilometri da casa, e piangevo. Solo quel giorno ho capito di volere una Casa, e di aver bisogno di riposo.
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breezeseasun-blog · 7 years ago
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Nessuno è veramente solo
Il volo portava circa un’ora di ritardo e non sarebbe riuscito ad arrivare a Milano prima di mezzanotte passata.
Prese la valigia e in modo spedito, si diresse verso l’autobus che l’avrebbe portato in città.
Sperò che ce ne fosse uno proprio lì, fuori all’uscita in modo da non aspettare al freddo, al buio, da solo. Uscì dall’aeroporto e trovò un bus che era in partenza.
Affrettò il passo e mise la valigia nella pancia del bus e salì su, in cerca di posto. L’autobus era quasi totalmente pieno.
Trovò posto accanto a una donna sulla quarantina, bionda, occhi scuri, fisico asciutto.
Le chiese se era libero e lei gentile, sorrise dicendo che era libero.
Si sedette e sprofondò sul sedile, stanco ma contento di tornare a casa sua, sebbene non ci fosse nessuno in particolare ad aspettarlo se non Pablo, il suo gatto.
L’autobus partì poco dopo minuti e dopo qualche minuto sprofondò in un sonno molto leggero.
A un certo punto sentì un fastidioso rumore con il naso.
La donna accanto a lui, tirava continuamente su con il naso, costringendolo a uscire da quel pisolino di cui aveva tanto bisogno.
Si voltò ancora stordito, ma infastidito da quel rumore insopportabile e la vide.
Aveva il viso rosso e le lacrime che le scendevano a dirotto.
Stava piangendo liberamente, quasi singhiozzando mentre aveva il cellulare in mano e guardava fuori dal finestrino: un punto non ben definito.
Era dispiaciuto, immobile e stordito.
Si girò di scatto, distogliendo il suo sguardo che doveva essere obbligatoriamente curioso e non voleva turbare la sua intimità, il suo spazio, la fragilità che stava attraversando.
Quando una donna piange è un momento di profonda intimità, fragilità e non voleva essere l’estraneo che intaccava quel suo mondo.
Cercò di scatto un fazzoletto, ma vide di non averne in tasca.
Cosi appoggiò la testa dal lato del corridoio, sperando di non disturbare quella sua disarmante umanità.
Non sapeva cosa fare, cosa dire, come fare.
Doveva dirle una parola carina?
Doveva chiedere a qualcuno se avessero un fazzoletto?
Cosa si fa?
Perché sta piangendo così a dirotto?
Piangeva per un amore non corrisposto? Un amore andato male?
Un familiare che non stava bene? Qualcuno scomparso o qualcosa non andato bene al lavoro?
Cosa la rendeva cosi vulnerabile, senza difese? 
Cosa le aveva provocato un dolore cosi intenso da piangere, nella notte, in mezzo a persone sconosciute, senza filtri?
Il dolore avvicina persone sconosciute, con poco o nulla in comune.
Il dolore, cosi come la solitudine rende più vicini, empatici, sensibili.
Le disse ciò che avrebbe voluto sentire lui mesi fa da qualcuno.
“Andrà tutto bene, tutto passerà, come tutte le tempeste, si acquieterà e tornerà il sole, come ogni ciclo”.
Lei gli sorrise e le raccontò in pochi minuti la sua vita.
Lui ricambiò e gli raccontò il suo ultimo viaggio, da dove veniva e dove stava andando.
Nessuno è veramente solo.
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