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luisadedonato · 5 years ago
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Il progetto realizzato con la Fondazione Morra, Fondazione Lac o Le Mon e Cantiere Giovani, vincitore del Bando 2018 “PRENDI PARTE! Agire e pensare creativo” ideato dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane (DGAAP) del Ministero per i Beni e le Attività Culturali  presenta IN SEI ATTI.
IN SEI ATTI sono le forme - del vivere, del conoscere, del fare esperienza – che acquisiscono priorità. Il prodotto dell'esperienza formativa mette inevitabilmente in discussione ogni possibile contenuto, identificando proprio nel "niente" l'argomento intorno a cui - ma anche all'interno di cui – lavorare. 
Uno
Estraneazione come azione di disaccordo/rifiuto da ciò che viene imposto, raggiungendo uno stadio di piacere e coesione con l'Io negato dalle strutture sociali. La performance consiste in un torneo di Burraco limitato a quattro soli componenti, i quali in coppia si sfidano per otto ore, mentre il quotidiano continua a svolgersi regolarmente. Affermare il concetto di alienazione ​ con un atteggiamento ludico, è l'intenzione di questo atto, spiegare tramite il suo    paradosso (ovvero il gioco) una condizione oppressiva. Entreranno a​"giogare" ​ vari fattori già provati in precedenza, quali la competizione, la "guerra alla sopravvivenza", il crearsi un rifugio astratto nel quale estraniarsi e trovare il proprio spazio/luogo.Potrebbe non essere un piacere, anzi, l'obbligo a stare isolati dal contesto sociale potrebbe avere una sola conseguenza, il delirio; quella coesione con l'Io negato non è una negazione positiva bensì in quel gesto di astenersi dalla realtà trovando come escamotage il gioco, che è l'affermazione del Nulla.
Due
​ è un lavoro che nasce da una riflessione sulla scala come elemento di                passaggio e di unione tra due spazi differenti. Le scale in questione uniscono l’ingresso, al piano terra della Fondazione Lac o Le Mon, con le camere da letto al primo piano. La scala diventa così non solo uno spazio di transizione, ma soprattutto di condivisione. Il salire,  l’andare avanti ed in alto diventano metafore della creazione di scopo. Una serie di registratori sono stati nascosti tra le scale della Fondazione durante le ore serali e quelle notturne, diventando dispositivi di sorveglianza sonora. Il risultato è la raccolta di una serie di suoni dei passi delle persone, dei bisbiglii, delle confessioni ed degli ultimi saluti prima di andare a dormire. La scala si fa custode di tragitti e segreti. L’installazione raccoglie tutti questi elementi sonori e li ripropone in un altro spazio, quello di     Casa Morra, stabilendo un canale relazionale con le sue imponenti scale. Il visitatore si trova così ad esperire una condizione di spaesamento fisico ed allo stesso tempo di  partecipazione emotiva alla vita quotidiana della casa.
Tre
“Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere”: è con questa asserzione che Wittgenstein conclude la sua opera più importante, lasciando aperto e propriamente “non-detto” il campo dell’indicibile, dell’impossibile restituzione linguistica di quella​cosa ​ , che in questo contesto si manifesta e tenta di delinearsi come ​niente.  Attraverso un approccio paradossale si inscena un discorso dal tono ironico e scientifico, che cerca fallacemente di avvicinarsi all��impossibile traduzione del niente.  Il tentativo di esperibilità del nulla avviene attraverso un dialogo informale e un monologo in cima ad una ​scala apparentemente inutile, su un terrazzo-palcoscenico dove i limiti della parola compongono una dissertazione che non può che essere “​Discorso sul niente o  dell’impossibile dirsi del nulla ​ ”.  
Quattro
Il progetto si inserisce nell’ambito della ricerca su suono e spazio, in una dimensione familiare che tiene conto delle peculiarità dei luoghi vissuti in comune. ​Quattro (Cavità) nasce dall’esigenza di interrogare l’ambiente lasciato inabitato per alcuni decenni, ponendosi al contempo come ascoltatori e donatori nei confronti di uno spazio ambiguo, inesplorato fino in fondo. La cucina rurale, luogo della comunità per eccellenza, prende cosí vita attraverso il canto delle persone che ne ascoltano silenziosamente la storia. La voce diventa mezzo per  riempire i vuoti del forno, centrale, maestoso, come un grande corpo una volta caldo e umano. Un antico corpo spento attende senza peso o sente sovrapporsi la densità del tempo?  Attraverso l’azione spontanea e potente evocata dal gruppo si è attivata una forza suggestiva che allo stesso tempo accoglie e abbandona.  
Cinque
In ​Cinque (We are too sad to tell you) ognuno dei partecipanti invita negli spazi di Casa Morra una persona a scelta fra tutte quelle non presenti all’evento. Questo invito avviene mediante un anomalo componimento d’orchestra, dove ogni membro è munito dello stesso strumento musicale: il proprio cellulare. Diciannove telefonate simultanee, indirizzate verso diciannove destinatari differenti, sono amplificate in vivavoce, a vuoto. I cellulari emettono il segnale di chiamata, le persone dall’altro capo rispondono, ma trovano in risposta un silenzio imprevisto e al contempo parlato. Le voci, le parole udite da chi risponde non sono quelle di chi ha avviato la telefonata, ma appartengono a qualcun altro. A chi? Potrebbe capitare che due o più fra gli inconsapevoli partecipanti del rito telefonico inizino una conversazione fra loro, potrebbe invece accadere che nessuno risponda. Ciò non importa, il meccanismo è il seguente: un gruppo di persone è connesso a propria insaputa nel medesimo luogo, per mezzo di una telefonata; in modo indiscriminato, tutto ciò che avviene all’ interno di questo processo entra a far parte di uno spartito cacofonico desiderato.
Sei
Sei (Manifesto del non fatto) “Quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche in molte”. [da ​Semplificare è più difficile, Bruno Munari]
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Publication by Fondazione Morra
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