#film coloniale
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nanorecensioni sci-fi: First men in the moon (1964)
Non solo è del 1964, quindi poco prima del vero allunaggio, ma il film narra di un allunaggio del secolo precedente.
È praticamente una commedia inglese per altro.
La cosa ridicherrima è che nei titoli di testa è citata anche una consulenza scientifica.
SPOILER
Lati positivi? Il "secondo" allunaggio, dove viene scoperto che c'era stato un precedente allunaggio è organizzato dalle Nazioni Unite... un film realizzato nel bel mezzo della corsa allo spazio, in piena guerra fredda, a pochi anni dal vero allunaggio, parte con una spedizione delle nazioni unite sulla Luna e prosegue con la descrizione di un'azione coloniale dell'Inghilterra che si conclude con un massacro di massa.
Lati negativi... a parte l'incipit curioso è una favoletta cialtrona affatto suggestiva tanto che avrò guardato complessivamente 10 minuti di film su 1h40'
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Le retour de Mati Diop
Un film de Mati Diop Novembre 2021, vingt-six trésors royaux du Dahomey s’apprêtent à quitter Paris pour être rapatriés vers leur terre d’origine, devenue le Bénin. Avec plusieurs milliers d’autres, ces œuvres furent pillées lors de l’invasion des troupes coloniales françaises en 1892. Mais comment vivre le retour de ces ancêtres dans un pays qui a dû se construire et composer avec leur absence ? Tandis que l’âme des œuvres se libère, le débat fait rage parmi les étudiants de l’université d’Abomey Calavi.
Retrouvez l'article complet ici https://lemagcinema.fr/microcritique/le-retour-de-mati-diop/
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Lista di libri simili ad Indiana Jones
Quest’anno è uscito il quinto film della saga di Indiana Jones, di cui io sono una grande fan, perciò non potevo esimermi dal proporvi una lista di libri che potrebbero piacere proprio agli ammiratori di Indy.
Anni fa ho cercato a lungo dei romanzi che potessero suscitare in me le stesse emozioni dei film di Indiana Jones, ho letto diversi titoli che promettevano sulla carta lameno trame simili e un simile protagonista, ma la realtà è che in letteratura la sottoscritta non ha mai trovato qualcosa di comparabile alle storie di Indiana.
Però qualcosa che almeno dal lato avventura/trama si avvicinasse c’è, è nei personaggi e nel loro approfondimento che casca l’asino. Molti protagonisti dei libri di letteratura avventurosa non sono particolarmente approfonditi psicologicamente o sono dei super uomini infallibili, ex militari, che devono salvare il mondo ecc... insomma non somigliano ad Indy purtroppo.
Comunque ecco la mia lista dei romanzi d’avventua che a mio avviso almeno in parte sia avvicinano un po’ ai film di Indiana jones:
In primis devo per forza nominare la serie di Allan Quatermain di Henry Rider Haggard a cui George Lucas stesso ha detto di essersi ispirato per la creazione di Indiana Jones. Natuaralmente Allan è molto diverso da Indy ha una mira infallibile, capacità incredibili, le sue storie sono molto sopra le righe, ma l’ambientazione, l’epoca in cui è ambientato, molto dell’atmosfera di Indiana Jones c’è e si sente.
- Le miniere di re Salomone, di Henry Rider Haggard
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trama: Quando Allan Quatermain, famoso cacciatore di elefanti nel Sud Africa coloniale, viene avvicinato da Sir Henry Curtis perché lo aiuti a trovare il suo fratello minore scomparso, Allan è titubante, perché sa che Curtis intende avventurarsi alla ricerca delle "Miniere di Salomone", dove in molti hanno perso la vita. Quatermain alla fine accetta, e seguendo una mappa vecchia di trecento anni si ritrova in una terra sconosciuta, abitata dal popolo di guerrieri Kukuana, guidati dal sanguinario re Twala...
Altra serie stavolta moderna che un poco si avvicina a Indiana Jones per personaggi e trame è anche la serie Nina Wilde di Andy McDermott. Con le dovute differenze. Nina è una donna, sia lei che Eddie Chase sono quasi infallibili e bravissimi in quasi tutto ciò che fanno, le trame a volte più che sfiorano il soprannaturale, e l’approfondimento psicologico dei personaggi specie dei secondari è quello che è. Però una vibe da Indiana secondo me c’è, se la si cerca proprio a fondo. Specie nella parte di archeologia e nelle trame. Nell’ambientazione no purtroppo e manca anche l’ironia dei film.
- Il tesoro di Ercole, di Andy McDermott
(secondo libro di questa serie con protagonista Nina Wilde il primo è In cerca di Atlantide, ma sono tutti leggibili anche singolarmente)
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Trama: Per la giovane archeologa Nina Wilde è l'occasione di una vita. Dai suoi studi su antichi testi ha tratto la convinzione che esista una tomba in cui sono sepolti i resti del leggendario semidio Ercole. Se riuscisse a localizzarla, si tratterebbe del ritrovamento archeologico più importante di tutti i tempi. Insieme a Eddie Chase ? ex SAS ed ex guardia del corpo, ora suo compagno di avventure e di vita ? Nina parte alla ricerca della tomba. Ma è subito chiaro che non è l'unica sulle tracce dei resti di Ercole e delle favolose ricchezze che la tomba potrebbe contenere. E come se non bastasse, Chase deve fare i conti con una figura del suo passato, che rischia di mettere in pericolo non solo la relazione con Nina, ma anche la sua stessa vita. Nina e Chase si trovano ben presto al centro di un'oscura cospirazione, che ha seminato tracce di violenza e corruzione in tutto il mondo: dalla Svizzera a Shanghai, dal Botswana a Londra. Inizia per loro una drammatica fuga che è anche una frenetica ricerca per individuare la tomba di Ercole prima che i suoi segreti cadano nelle mani sbagliate.
Da qui in poi nella lista il vibe da Indiana Jones si perde quasi del tutto, ma resta l’avventura e un pizzico di archeologia unita a un pizzico di soprannaturale e a protagonisti che sono quasi superuomini oppure a una pluralità di protagonisti con trame molto corali.
- L’enigma di Alessandro Magno, di Will Adams
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Trama: Daniel Knox è un brillante archeologo di Cambridge esperto di immersioni in fuga da un boss della malavita egiziana. Gaille Bonnard è una giovane studiosa francese di lingua demotica, la scrittura egizia usata anche nella stele di Rosetta. Elena Koloktronis è un'egittologa di fama, distrutta dal dolore per la perdita del marito. Philip Dragoumis è un eccentrico milionario che si crede la reincarnazione di Filippo II, padre del grande Alessandro, ossessionato dall'idea di liberare la Macedonia e il suo popolo dalla dominazione greca. Tutti nascondono un segreto. Tutti hanno una missione da compiere. Tutti cercano la tomba di Alessandro Magno: quel leggendario mausoleo degno di un dio, visitato da re e imperatori, che sembra inghiottito dalla storia. Ma dove sono realmente le spoglie di Alessandro e il suo favoloso corredo funebre? Nella città da lui fondata oppure in Macedonia, nelle tombe reali, accanto al padre? Oppure il suo corpo è stato portato in gran segreto dai suoi uomini più fedeli nell'oasi di Siva, al cospetto dell'oracolo di Ammone, il dio che il re tanto amava? Sullo sfondo del magico Egitto, tra antiche città e metropoli caotiche, esplorazioni negli abissi e inseguimenti nel deserto, un misterioso codice che potrebbe svelare il luogo di sepoltura del grande sovrano macedone innesca una sfida senza esclusione di colpi, dove ognuno ha una meta da raggiungere ed è disposto a tutto pur di raggiungerla.
- Le sei pietre sacre, di Mathew Reilly
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Trama: La Pietra Filosofale - L’Altare di Stonehenge - Le Tavole della Legge - La Pietra Sacrificale dei Maya - La Pietra Veggente di Delfi - Il Bacile di Ramses II - SEI PIETRE SACRE,SEI MISTERI DA RISOLVERE,UN CONTO ALLA ROVESCIA DA FERMARE…Dopo aver ritrovato i sette frammenti della punta d’oro massiccio della Piramide di Giza, Jack West è convinto di potersi godere un meritato riposo in Australia, insieme con Lily, la sua figlia adottiva. Ma, quando un membro del suo team lo contatta per avvertirlo di un pericolo imminente, West capisce subito che superare le Sette Prove è stato soltanto l’inizio: il mondo ha ancora bisogno di lui e dei suoi fidati compagni. Questa volta la missione consiste nell’individuare sei leggendari diamanti – i Pilastri – e incastonarli nelle altrettanto leggendarie Sei Pietre Sacre: soltanto così sarà possibile contrastare un’immensa fonte di energia che finirebbe per distruggere completamente l’umanità. Nel breve arco di nove giorni, il gruppo di West dovrà decifrare l’enigma di Stonehenge e violare le camere segrete delle piramidi, sopravvivere a un inseguimento sulle montagne della Cina e a una tribù cannibale in Congo…Una sfida che viene dal passato. Una calamità inimmaginabile. Un’avventura come solo Matthew Reilly poteva scrivere.
- La nave d'oro, di Marco Buticchi
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Trama: Roma, 68 dopo Cristo. Chi fu davvero Nerone? Era così spietato come lo descrissero gli storici? E quando morì, scomparve lui o invece uno dei sosia che utilizzava nelle più svariate occasioni? Giappone, 1331. Una figura sembra emergere dalle nebbie del mito: è quella di Hito Humarawa, un ex samurai che ha posto la sua spada al servizio di uno spregiudicato mercante veneziano. Favignana, 2001. Durante una serie d'immersioni, l'ammiraglio Grandi rinviene alcuni reperti che sembrano appartenere a un'antica nave d'oro, misteriosamente naufragata con tutti i suoi segreti... È possibile che qualcosa possa unire questi fili così lontani e slegati?
- Amazonia, di James Rollins
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Trama: Un uomo emaciato e coperto di piaghe esce dalla giungla amazzonica e si accascia, morendo poco dopo. Quell'uomo faceva parte di una spedizione scientifica svanita nel nulla. La CIA lo identifica come Gerald Clark, ex agente delle Forze Speciali, la cui carriera era stata stroncata dalla perdita di un braccio durante una missione in Iraq. Adesso, però, Clark ha entrambe le braccia. Per spiegare un evento così sconvolgente, il governo organizza una nuova missione per seguire l'itinerario della prima spedizione che sembra condurre al villaggio di una leggendaria tribù. Ma il cuore della giungla nasconde un segreto inviolabile, che genera paura, follia e... morte.
- Atlantide, di Clive Cussler
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Trama: Antartide, settembre 1858. Alla baleniera Paloverde, prigioniera in una trappola di ghiaccio, rimane l’unica speranza di una fuggevole (e lontana) primavera che le consenta di riprendere la strada di casa. Ma il suo equipaggio scopre ben presto che lo sconfinato deserto bianco nasconde un segreto sconcertante: racchiuso da oltre un secolo in uno scrigno di gelo c’è infatti un magnifico veliero, con a bordo un carico singolare di manufatti, tra cui un inquietante teschio di ossidiana nera... Colorado, marzo 2001. L’epoca della corsa all’oro appartiene ormai alla storia, ma non per l’intraprendente Luis Marquez, che ha fatto la sua fortuna strappando alle miniere abbandonate quei cristalli considerati in passato privi di valore e da cui oggi invece si ricavano preziosissime gemme. Ma un giorno, all’interno della miniera Paradise, Luis si ritrova in una camera dalle pareti perfettamente levigate e ricoperte di segni arcani. E al centro della camera, su un piedistallo, un teschio nero lo fissa come se volesse lanciargli una maledizione... Antartide, aprile 2001. Sono ricerche di routine, quelle che la Polar Storm, agli ordini del comandante Daniel Gillespie, sta svolgendo per conto della NUMA. Nulla di strano, quindi, se Dirk Pitt, direttore dei progetti speciali dell’agenzia, usa la nave oceanografica come base per una delle sue «esplorazioni». Molto più strana, invece, è l’improvvisa apparizione di un sottomarino che attacca la Polar Storm e riesce quasi ad affondarla. E praticamente incredibile è ciò che sostiene Gillespie: quel sottomarino misterioso è un particolare U-Boot nazista, ufficialmente dato per scomparso cinquantasei anni prima, ma, per alcuni storici, giunto fino in Argentina...
Non posso poi non citare in questa lista la serie Amelia Peabody di Elizabeth Peters, che è sì distante dai film di Indiana Jones per epoca (ma non tantissimo), tipo di protagonisti e trame... Qui siamo alla fine dell’Ottocento/primi del novecento, la protagonista è una donna molto emancipata e particolare, le trame sono quasi prettamente gialle più che d’avventura, ma la vibe, l’amore per l’archeologia veramente naturale e sviscerato, l’ironia e anche l’assurdità dei film qui ci sono tutti e in abbondanza.
- La sfida della Mummia (Primo libro della serie)
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Trama: Amelia Peabody riceve una cospicua eredità e può finalmente dedicarsi alle sue grandi passioni: la storia e l'archeologia. Così parte alla volta dell'Egitto, il paese che più la affascina. A Roma, si imbatte in una giovane in disgrazia, Evelyn, che è appena stata abbandonata dall'uomo che amava. Amelia prende a cuore la sorte della ragazza, la porta con sé in Egitto dove incontrano due fratelli archeologi, impegnati negli scavi di alcune tombe egizie. Tra i quattro si instaura subito un burrascoso rapporto di odio e amore, ma il destino sembra obbligarli a incontrarsi. Infatti, dopo essersi separati al Cairo, si ritrovano in un sito archeologico sulle rive del Nilo dove di notte appare la mummia di un sacerdote...
Probabilmente il modo più sicuroper ritrovare nei libri il vero Indiana Jones è leggere i suoi romanzi canonici originali. Infatti nel caso non lo sapeste esistono dei romanzi ufficiali di Indiana Jones, e alcuni di essi, non tutti, sono stati pubblicati anche in Italia, tre dalla Granata Press, tre da Sperling & Kupfer ed uno da Editrice Nord.
Questi 5, riprendono e romanzano le sceneggiature dei film.
I predatori dell'arca perduta (1981), di Campbell Black
Indiana Jones e il tempio maledetto (1984), di James Kahn
Indiana Jones e l'ultima crociata (1989), di Rob MacGregor
Indiana Jones (2008) - volume che raccoglie i primi tre titoli della serie
Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (2008), di James Rollins
Ma questi 3 invece sono storie originali:
Indiana Jones: Pericolo a Delfi (1992) – Scritto da Rob MacGregor
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Trama: Per sedici secoli l'Ordine della Pizia ha atteso il ritorno dell'oracolo del sapere mistico di Delfi. Un terremoto annuncia il suo ritorno, mettendo allo scoperto la terra sotto le rovine. Dorian Belecamus, una seducente professoressa di archeologia, capisce che è possibile fare ben più che scavare nel passato. Ha l'occasione di prendere in mano le redini del futuro del suo paese... diventando l'oracolo di Delfi. E ha trovato l'uomo che l'aiuterà: è impetuoso, è avventato, è schiavo del suo incantesimo. Il suo nome: Indiana Jones...
Indiana Jones: La danza dei giganti (1992) – Scritto da Rob MacGregor
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Trama: Indiana Jones si è insediato sulla cattedra del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Londra. Deirdre, la sua più graziosa studentessa, sostiene di avere scoperto, in un rotolo dorato, la prova dell'esistenza di Merlino, il mago del mito e della leggenda. Indy è affascinato dall'ipotesi... e da Deirdre. Altrettanto interessato è Adrian Powell, intenzionato a riportare in auge l'antico ordine dei Druidi, i cui segreti gli spianeranno la strada verso la conquista del mondo. Per prima cosa deve mettere le mani sul rotolo... ed è pronto a uccidere pur di riuscirci.
Indiana Jones: I sette veli (1993) – Scritto da Rob MacGregor
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Trama: Tornato a New York dopo degli scavi, Indiana Jones viene a sapere dei recentemente riscoperti scritti del Colonello Percy Fawcett, che rivelerebbero l’esistenza di una città perduta nella giungla brasiliana abitata da discendenti dei druidi.
Per concludere mi permetto di fare due onorevoli menzioni di due classici della letteratura d’avventura che sono a modo l’oro in vibe con Indiana Jones, non tanto nelle trame o nel loro fattore fantastico, ma nei personaggi e nell’atmosfera:
- Il mondo perduto, di Arthur Conan Doyle
Trama: Il geniale Professor Challenger si trova impegnato in un'impresa ai limiti delle possibilità umane, in compagnia di un altro scienziato, di un giornalista e di un nobile sportsman. Prigionieri in un mondo davvero perduto, un'isola geologica sopravvissuta misteriosamente nel cuore della giungla amazzonica, i protagonisti si imbatteranno in fantastiche avventure tra dinosauri, pterodattili, iguanodonti e uomini scimmia.
- Viaggio al centro della terra, di Jules Verne
Trama: narra la mirabolante spedizione nelle viscere del mondo intrapresa dal professor Otto Lidenbrock, scienziato noto in tutta la Germania, dal nipote Axel e da Hans, la guida che li accompagnerà per l'intera durata dell'avventura. All'origine di tutto quanto, la scoperta da parte dello scienziato di una vecchia pergamena in cui, in linguaggio cifrato, venivano fornite precise indicazioni per raggiungere il centro della Terra attraverso l'entrata posta in un vulcano islandese.
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TRAMA Dahomey
Nel novembre del 2021 si concretizza la decisione storica da parte del governo francese di rimpatriare 26 artefatti storici del Regno di Dahomey, in quello che è oggi lo stato del Benin, acquisiti nel diciannovesimo secolo durante l'occupazione coloniale francese. Attraverso la voce di una delle statue, si segue il viaggio da Parigi fino all'arrivo a Cotonou, con tanto di inaugurazione della mostra celebrativa e di un dibattito universitario in cui diversi giovani si confrontano sulle difficoltà di come considerare il periodo coloniale e la valenza di questa restituzione.
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5° Lima Alterna IFF: Dahomey + Architecton
Escribe: Luis Vélez.
Recomiendo dos extraordinarias películas que tuvieron importante presencia en la más reciente Berlinale y otros festivales y espacios mundiales de cine, y que no podrían verse en pantalla grande por estos lares de no ser por el Lima Alterna Festival Internacional de Cine, de estimulante y magnífica programación y muy valiosa organización, ahora en su quinta edición. Dahomey, de Mati Diop.-
(Francia, Senegal, Benín; 2024)
Bajo la afortunada experiencia de visitar museos como el Louvre o el Pérgamo, es inevitable ser conmovidos por un extraño sentimiento de abrumación al recorrer las salas que albergan piezas y figuras ancestrales de civilizaciones del pasado geográficamente lejanas a Europa, una discusión en sí misma. ¿Cómo llegaron ahí? Varias como parte de botines de guerra, saqueos, obsequios de líderes corruptos, disposiciones de tiempos coloniales. Al observar con atención estos objetos, más aún cuando acarrean en sí cargas históricas sagradas, la sensación es de una pesadumbre cercana al miedo. La imprescindible cineasta franco-senegalesa Mati Diop documenta un momento (y proceso) clave, concentrado hábilmente en una hora de duración: la repatriación de un significativo número de estos tesoros, desde Francia hasta Benín, el país africano en el que floreció el reino de Dahomey.
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Diop hace eco fantástico de la reflexión de una de las piezas, un objeto fríamente designado por un número de catálogo ha de convertirse en embajador retornando de un encierro, acaso un dios o un rey de Dahomey. Este conferir de un habla a un personaje centenario se materializa en el filme a través de una efectiva, intimidante y resonante voz en off que va narrando esta estadía y tránsito. El diseño de sonido y la musicalización contribuyen a esta meditación. En una segunda parte va a generarse un siguiente debate, al arribar los tesoros a Benin.
Dahomey (2024), de Mati Diop.
Es toda una conversación encendida sobre visiones tanto gubernamentales como ciudadanas sobre pertenencia, memoria y, coronando ello, un magnífico debate sobre colonialismo que en la universidad beninesa de Abomey-Calavi tendrá en sus estudiantes, lidiando inclusive con el hecho de hablar francés, la mejor muestra de un discurso abierto que Diop potencia con un tratamiento cinematográfico que amalgama el documental político con una dimensión metafísica.
Dahomey (2024), de Mati Diop.
Architecton, de Victor Kossakovsky.-
(Alemania, Francia, Estados Unidos; 2024)
El ejercicio de contemplación al que induce Architecton resulta tan asombroso como sobrecogedor. Concebido como un filme documental sobre diversos conceptos detrás y delante de la construcción de edificaciones a lo largo de los tiempos remotos de la humanidad, la deliberación es múltiple, pero centrales los esfuerzos y bríos de Michele De Lucchi, arquitecto y diseñador italiano, figura de la película, al igual que los de su director, el experimentado documentalista ruso Victor Kossakovsky (Belovy, Russia from My Window, ¡Vivan las antípodas!, Gunda), por poner luces y filosofar ante lo abrumante del tema, expuesto tanto con lirismo como lucidez. Son más de una las preguntas provocadas: las nociones de la durabilidad de las construcciones, la conservación de los restos del pasado, lo precario en el presente, la planificación del futuro.
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Una dialéctica de megalitos y colosos erigidos ocultando o develando secretos, en contraposición a modestos barrios, y la destrucción a manos de las fuerzas de la naturaleza, recorre paisajes de la urbanidad antigua y moderna, bella y caótica, en Turquía, Italia o Líbano. El enfoque cinematográfico, aún al interior de las formas del cine de la realidad, es esencialmente poético en su elaboración audiovisual. Se suceden imágenes (con fotografía de Ben Bernhard) que deben verse en pantalla grande, algunas de toma abierta e impresionantes aéreas que sirven para los propósitos del análisis.
Architecton (2024), de Victor Kossakovsky.
Asimismo, la música de Evgueni Galperine y el diseño sonoro de Alexander Dudarev realzan la propuesta de un documental que no deja indiferente ante la meditación de saber que el concreto -el acumulado por siglos, el de hoy, el del futuro- es mucho más abundante de lo que creemos, de ahí que al colocar en la ecuación la hermosura o la fealdad de nuestras edificaciones, para este planeta, el material es sencillamente igual de perjudicial. En consecuencia, Architecton es, sin duda, una advertencia.
Architecton (2024), de Victor Kossakovsky
Horarios y sedes:
Architecton se podrá ver este lunes 14 a las 6:30 p.m. en la Sala Azul del CCPUCP.
Dahomey se podrá ver este lunes 14 y el miércoles 16, ambas fechas a las 7:00 p.m., en Cineplanet Alcázar.
El dato adicional: Dahomey no es la única película ganadora de un Oso de Oro del Festival de Cine de Berlín 2024 pues se proyectará antecedida de la película corta argentina Un movimiento extraño, de Francisco Lezama, acreedora de equivalente galardón en el mismo festival.
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CONVEGNO STUDI CULTURALI Bologna, 13 settembre 2024
Spermologia della nazione:
ideologia della fertilità e colonialismo di insediamento in Israele
Tecnologie di riproduzione; Sperma; Paternità postuma; Militarizzazione; Colonialismo d’insediamento
L’intrinseco legame tra ricerca medica e politiche di controllo della riproduzione non è cosa nuova: lo stesso concetto di salute “globale” origina dalla Medicina Tropicale/Coloniale/Missionaria, discipline sviluppate nel contesto del colonialismo occidentale con la funzione di regolamentare le popolazioni colonizzate per facilitare i processi di sfruttamento delle risorse umane e non umane. La ginecologia moderna, ad esempio, nasce al tramonto dell’epoca schiavista, quando la necessità di riprodurre manodopera non più importata attraverso la tratta atlantica si affida a dottori come J. Marion Sims e ai loro esperimenti a vivo su corpi di donne nere schiavizzate nelle piantagioni (Deirdre Cooper Owens 2017; Harriet A. Washington 2006). Tuttavia, l’attuale controllo della riproduzione da parte del governo israeliano tramite la pratica di prelievo e conservazione di sperma dai corpi dei soldati deceduti è uno specifico da indagare.
Prendendo in considerazione diversi testi mediali, dalle pubblicità ai film, in questo intervento analizziamo in particolare l’immaginario militarizzato della “riproduzione postuma” di cui il governo israeliano si serve per promuovere la fertilità di insediamento, attraverso l’impiego di tecnologie riproduttive, la cui storia e la cui retorica in Israele risale agli anni Trenta del secolo scorso (Boas et al. 2018; Bokek-Cohen 2016; Novick 2023). Una vera e propria spermologia, in cui il sacrificio della vita da soldato si ricompensa con paternità post-mortem e la gestazione volontaria dello sperma di morti, si fa vocazione e missione nazionale. Questa ideologia della fertilità selettiva e genocidaria, insieme ad altre ideologie promosse dal governo israeliano, come ad esempio nel campo dei diritti LGBTQI+ (Puar and Rai 2012; Shafie 2015) o del veganismo (Weiss 2016; Alloun 2020), alimenta la retorica del progresso della nazione e ne veicola un’immagine innovativa e all’avanguardia, mentre ne maschera la politica fascista.
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jeudi 31 août
INTRODUCTION
Il y a des jours, et celui-ci en est un, où l’on se demande quel rôle on joue dans ce pays et quel avenir on a ici.
Dans l’entretien Les Noirs et la promesse américaine (1963) avec le révolutionnaire afroétasusien Malcom X, l’écrivain, penseur et critique de cinéma afroétasunien James Baldwin s’interroge sur le devenir des Noir·es·x à partir des violences racistes perpétrées par les blanc·hes·x à leur encontre.
En France, la quotidienneté de l’actualité politique et ses violences racistes et négrophobes se reflètent abondamment dans les milieux académiques, intellectuels, artistiques, médiatiques et plus généralement dans l’espace public. La suprématie blanche, dans le Nord comme dans le Sud, est toujours la structure hégémonique et la norme de contrôle sur les corps, les biens, les personnes et leurs productions économiques, intellectuelles, artistiques et culturelles. En outre, La Réunion et les autres régions et territoires ultramarins sont toujours sous administration française, et les multiples voix anti-impériales et anti-coloniales ne sont toujours pas écoutées et / ou silenciées. L’île de Mayotte, par exemple, reste, encore à ce jour, le 101ème département français, malgré les contestations des Nations Unies, la Nouvelle Calédonie, un « territoire non autonome ».
Lors d’une rencontre suivant la diffusion de mon premier film documentaire Nous avons des cendres pour offrandes (2016-21), à l’initiative d’un festival universitaire toulousain, je me rappelle être resté sans voix après l’intervention raciste et méprisante d’un spectateur blanc, concluant par cette question à mon adresse : « Pensez-vous vraiment que votre film intéressera quelqu’un ? ».
Réfléchissant à cela, habité·x par la violence raciste dans mes expériences quotidiennes, pensant depuis la domination politique raciale faîte à mon pays, La Réunion, je décide, à partir de ma propre pratique d’artiste-cinéaste au sein d’un corpus d’oeuvres réalisées entre 2016 et 2023, d’expérimenter dans ce mémoire une série de réflexions au sujet des études de la race et du racisme, de m’inscrire dans une tradition anti-impériale et anti-coloniale et de proposer une critique quant à la création et la réception des productions théoriques et artistiques Non-blanches.
Par-là, je tente de m’inspirer abondamment des pensées postcoloniales et décoloniales, traitant de l’actualisation et la pérennisation du régime plantocratique et de la suprématie blanche et dont la liste d’auteur·es·x ne peut être que non-exhaustive, même si, aujourd’hui encore, nombre d’entre elleux restent largement ignoré·es·x.
À l’instar de l’association « Décolonisons les arts » (DLA), j’essaye ici « d’ouvrir encore plus largement le débat sur le racisme dans le monde culturel et artistique ». Pour se faire, je me pose les questions suivantes : Qu’est-ce qui constitue, dans mon travail d’artiste-cinéaste racisé·x en France aujourd’hui, une pratique dont l’horizon politique tend vers une critique du racisme et de l’impérialisme ? Vers un projet de libération ? À quelle décolonisation travaillé-je, par qui, pour qui et pourquoi faire ? Pensé-je vraiment que mes films intéressent quelqu’un ? Qui, pour quelles raisons et dans quels buts ?
Enfin, m’inspirant du travail de l’auteure afroétusanienne Dionne Brand et son livre A Map to the Door of No Return (2001), je propose ici d’écrire sous la forme de notes quotidiennes, divisées en chapitres concis, titrés et datés. J’y élabore ma pensée à partir de l’idée que celle-ci éclot dans un mouvement constant, dans des articulations pluriformes faîtes d’inspirations diverses et multiples, transdisciplinaires et a-disciplinaires, dont le sens et les liens émergent dans le mêler et le démêler, la découverte et la redécouverte, nourries par les blessures du racisme et de la suprématie blanche. L’écriture navigue, au fur et à mesure des pages, dans des comparaisons d'œuvres, théoriques ou artistiques déjà plurielles et performatives, et insiste sur leur capacité à venir dialoguer, converser, contraster ou contredire l’auto-analyse des productions développées dans mon corpus. Progressivement, ce mémoire s’enrichit d’un sous-titre explicitant sa méthodologie de recherche et le développement de sa forme d’écriture. Il devient : Cinéma des rétines, suprématie blanche. Notes sur La Plantation (2023).
Les quelques dizaines de pages de ce travail parcourent les domaines de la recherche et de la création, mais surtout se mélangent et se complètent dans des tentatives toujours à renouveler et à intensifier. Dans ce mémoire de recherche-création, je reviens, à la première personne du singulier, chronologiquement sur mon parcours de jeune acteur culturel réunionnais·x, en racontant des histoires qui me ressemblent, me touchent, qui questionnent et expriment quelque chose du monde qui m’entoure.
Je m’attèle à des explorations, des reflexions et des introspections : par le médium du cinéma documentaire dans la spectralité de la vie et des rêves de ma grand-mère, dans l’impatient et difficile retour définitif au pays de ma mère, dans la déambulation solitaire et amoureuse d'un jeune homme Noir visitant une île esclavagiste qui ne dît pas son nom ; par un discours prônant l'accueil digne des personnes migrantes en provenance du Sri-Lanka ; par une conversation de philosophie réunionnaise chuchotée ; par la recherche documentaire et l’ébauche d’un scénario animé par une histoire d’amour, de frustrations et de racisme entre Paris et La Réunion ; par la rencontre d’images d’archives et de définitions du haut des mornes des sentiers marrons et celle enfin, d’un projet de boîte à photographies argentiques camouflant, sous un bel et innocent été, une lecture révolutionnaire du monde.
Cinéma des rétines, suprématie blanche. Notes sur La Plantation, Lucas Tétry-Rivière, La Réunion, extrait du mémoire du master ArTeC, 2023, p.02-04.
BALDWIN, James; PECK, Raoul, I am not your Negro, Éd. Robert Laffont, 2017, p.59.
DÉCOLONISONS LES ARTS !, Décolonisons les arts !, Éd. L’Arche, 2018, p.7.
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Mati Diop: «Cette restitution révèle la persistance de l'histoire coloniale dans les imaginaires» - Invité culture
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Une actrice sud coréenne légendaire kidnappée par la Corée du Nord pour s'accaparer de ses talents
“Ma vie a été remplie d’événements, comme si j’avais vécu 500 ans.” L’actrice Choi Eun-hee aurait dit cela avant de mourir. Qui était donc Choi Eun-hee, cette actrice dont la vie ressemblait plus à un film qu’à un film lui-même ? Choi Eun-hee (de son vrai nom Choi Kyung-sun) a commencé sa carrière d’actrice à l’époque coloniale japonaise, a fui pendant la guerre de Corée, a continué à jouer…
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Regards croisés sur des territories en transformation et des corps en déplacement
Panels, Projection de films, Installation vidéo
conçu et organisé par Wael Garanoui, Marianna Liosi et Souad Mani
Edition spéciale lancement des activités de eSseda.lab Espace situé à l’Institut Supérieur Agronomique de Chott-Meriem, Sousse
Regards croisés sur des territoires en transformation et des corps en déplacement est un programme transdisciplinaire organisé durant trois journées à l’Institut Agronomique de Chott-Meriem, dans le cadre du lancement des activités de l’espace eSseda.lab. L'événement s’inscrit dans une édition spéciale de la rencontre internationale PAYSAGES OUVERTS #3.
Au travers des panels de discussions, des projections de films documentaires, et des vidéos installations, ce programme tisse des trajectoires d’études, d’observations, d'expérimentations et de luttes de chercheurs.es, d’activistes et d’artistes de diverses disciplines avec un focus sur la zone MENA et un regard sur les relations Sud-Nord/Nord- Sud.
À travers les prismes des arts visuels, de l'architecture de paysage, de la biologie, de la psychanalyse, de la sociologie et de l'anthropologie, ce programme explore les territoires en mutation face aux changements climatiques et l'impact de l'homme sur l’environnement, ainsi que face aux politiques autoritaires et frontalières qui limitent la mobilité des individus. Ces questions critiques dans le débat international constituent le terrain de discussion et de partage de ces journées.
Regards croisés sur des territoires en transformations et des corps en déplacements est axé sur deux thématiques principales. La première est focalisée sur les traces laissées sur les paysages urbains, marins et agricoles par différentes formes de pouvoir, telles que la colonisation, l’industrie ou les pratiques destructrices des ressources naturelles. Ces empreintes sont identifiables sur le paysage par la rareté de la flore vernaculaire sous l’effet du dérèglement climatique ou envahie par des plantes coloniales introduites au pays. Elles sont visibles notamment, sur les dunes littorales occupées par l'urbanisation, une des conséquences de l’industrie et du tourisme de masse en Tunisie depuis les années 1980. Elles se manifestent par l’appropriation et le contrôle des plantes comestibles autochtones, comme c’est le cas de la Palestine, qui subit cette forme d’occupation et d’effacement de son identité. Considérées comme des traces de violences sur les paysages, ces empreintes sont devenues normalisées, pourtant elles ont marqué les communautés et les générations.
La deuxième thématique explore les corps en déplacements d’un point de vue des études des frontières. Elle examine la mobilité humaine selon la perspective des chercheur.se.s du Sud Global et ceux et celles qui adoptent une position située et engagée. Elle est développée en collaboration avec Border Studies Research Group de l'Université de Sousse, dans le but de produire un nouveau savoir sur les frontières géographiques, politiques et particulièrement sur l'immigration. Cette approche comme praxis dé coloniale met en lumière les enjeux politiques de la pensée et montre l'impact des frontières administratives et politiques sur l'imaginaire des individus en situation d'im-mobilité. Partant, d’un exemple étudié sur terrain, à savoir l'interdiction d'accès aux tunisiens à l’archipel de Kerkennah sans autorisation est un flagrant échantillon des politiques d'externalisation des frontières européennes et de leurs dispositifs de contrôle et de répression sur les populations de la rive sud de la Méditerranée.
Le dessein de ces journées d'échange est de créer une plateforme de recherche, de discussion critique et sensible autour des questions environnementales, sociales et politiques qui sont étroitement liées, ainsi que de proposer une réflexion articulée sur des méthodes d'observations et d'enquêtes, scientifiques et artistiques, augmentées par des actions collectives. eSseda.lab étale ainsi, ses champs de pratique et sa dynamique d’exister en connexion avec son milieu scientifique, culturel et économique assez fragile par rapport à sa dépendance à l’Occident.
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La Berlinale sacre le documentaire «Dahomey» de Mati Diop, qui remporte l’Ours d’or
Le film de la Franco-Sénégalaise aborde l’épineuse question des restitutions par les anciennes puissances coloniales d’œuvres d’art volées en Afrique. Il s’agit du deuxième film africain à recevoir la prestigieuse distinction Le protagoniste béninois Habib Ahandessi, la réalisatrice et actrice franco-sénégalaise Mati Diop et la productrice associée sénégalaise Fabakary Assymby Coly, du film…
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Corto Maltese and Hugo Pratt ( Part IV ) :
Dans Sous le soleil de minuit (2015), se déroulant en 1915, Corto Maltese arrive au Panama aux côtés de Raspoutine pour retrouver son ami écrivain Jack London. Dans l’album Équatoria (2017), Corto part en 1911 à la recherche d’une relique des croisades, « le miroir du prêtre Jean », ce qui l’amène en Egypte et au Soudan. Le Jour de Tarowean (2019) dévoile les événements qui précèdent l’apparition de Corto Maltese, attaché sur un radeau au large d’une île de l’océan Pacifique dans La Ballade de la mer salée, la première aventure publiée par Hugo Pratt.
Nocturnes berlinois, sorti en septembre 2022, est le 17 ème album de la série. Il nous emmène en un lieu qui n’avait pas encore été exploré par Corto : Berlin. On découvre, en 1924, la république de Weimar minée par les organisations d’extrême-droite (ici, l’organisation Consul) et les revendications communistes. Corto Maltese recherche à Berlin et Prague les assassins de son ami juif Steiner. Son enquête l’amène à s’introduire dans une société secrète ésotérique : Stella Matutina. Cet album présente l’originalité de confronter Corto Maltese aux prémices du national-socialisme, influencé par le fascisme italien. On se souvient de l’histoire personnelle d’Hugo Pratt : son père, fasciste, entraîna son fils encore adolescent dans l’aventure coloniale italienne en Ethiopie. L’organisation Consul, qui a réellement existé, était composée de personnalités issues de la bourgeoisie, de la noblesse et de l’armée, parmi lesquelles l’écrivain Ernst von Salomon. Pratiquant des assassinats politiques, elle ne devint jamais un mouvement de masse, à la différence du parti nazi. Autre surprise, Corto joue le diable dans un film expressionniste allemand, évoquant Faust de Murnau.
Le dessin de Pellejero quitte la sobriété des premiers albums pour devenir davantage réaliste. Ce Corto est le meilleur réalisé par le duo d’auteurs espagnols.
4- Parallèlement, depuis peu, toujours chez Casterman, le scénariste Martin Quenehen et le dessinateur Bastien Vivès réalisent une histoire différente de Corto, puisque contemporaine et modernisée. Elle n’entre pas dans la numérotation officielle des albums de Corto Maltese
Dans Océan Noir (2021), Corto est un pirate de vingt ans, beau, mystérieux et insoumis, légèrement féminisé, en jean, tee shirt blanc et casquette. En 2001, il récupère un livre, le commentaire royal des Incas, qui le met sur la trace d’un trésor mais aussi d’une secte japonaise d’ultra-nationalistes réfugiée au Pérou.
Dans La reine de Babylone, sorti en octobre 2023, Corto s’embarque en 2022, dans le port de Venise, avec la belle Semira, dont il est amoureux. Sur le yacht, des généraux serbes font un trafic d’armes de l’ex-Yougoslavie avec les services de sécurité irakiens. Mais Semira, jeune musulmane Bosniaque rescapée, assassine l’un des serbes dans les toilettes. Puis, en zodiac, Corto rejoint Semira en Croatie. Avec les bosniaques, ils commettent un acte de piraterie. Mais Semira est tuée par l’un des bosniaques, Célo. Corto cherche à la venger. Approché par les forces spéciales américaines qui recherchent en Irak, à Babylone, le trésor d’Alexandre le grand, il est enlevé par des islamistes qui lui coupent un doigt. Corto parvient à s’évader. Cette aventure est dynamique et légèrement romantique.
Le dessinateur Bastien Vivès, pour d’autres albums que Corto Maltese, a récemment été accusé d’avoir réalisé des bandes dessinées au message pédopornographique et incestueux. Dans son Corto Maltese, son graphisme décontracté opère une rupture avec le style d’Hugo Pratt. Au noir et blanc de Pratt vient notamment s’ajouter l’emploi intensif des gris.
Mais ce Corto Maltese reformaté n’a plus rien à voir avec l’ancien. De Hugo Pratt, que reste-t-il ?
5- Heureusement vient de sortir Mongolie, une suite de Corto Maltese en Sibérie, par Lele Vianello, l’ancien assistant d’Hugo Pratt.
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Sweet Dreams d'Ena Sendijarević
Un film de Ena Sendijarević Avec: Renée Soutendijk, Lisa Zweerman, Hans Dagelet, Verdi Solaiman, Bart Klever, Chris Nietvelt, Muhammad Khan, Rio Kaj Den Haas, Hayati Azis, Florian MyjerSur une île indonésienne isolée, à la fin de l’ère coloniale, Jan, propriétaire néerlandais d’une plantation de sucre, et sa femme Agathe sont au sommet de la chaîne alimentaire. Jusqu’à ce que Jan, de retour de sa visite nocturne à sa concubine Siti, tombe subitement raide mort sous les yeux de sa femme. Désespérée de ne pas pouvoir conserver ses privilèges, Agathe oblige son fils Cornelis, dont elle est séparée, et sa femme Josefien, qui est enceinte, à venir d’Europe pour reprendre l’entreprise familiale. Au milieu d’un soulèvement ouvrier, Cornelis présente ses projets de changement progressif. Mais lorsque le testament de Jan place Siti à la tête de la propriété familiale, les idéaux s’avèrent vains et le sang plus épais que l’eau.
Retrouvez l'article complet ici https://lemagcinema.fr/microcritique/sweet-dreams-dena-sendijarevic/
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Le Haut Atlas filmé par André Zwobada: Symphonie berbère
- Mohammed Bakrim // C’est une figure atypique du cinéma dit « colonial ». André Zwobada (1910 - 1994), producteur (il produira en 1966, le premier film d’Afrique noire, la Noire de …de Sembene Ousmane !), a travaillé comme assistant réalisateur et comme acteur avec Jean Renoir. Arrivé au Maroc début des années 1940, il adopta le pays. Le pays comme une société riche de son patrimoine et comme une culture authentique. Il arrive au moment où les autorités coloniales voulaient lancer un embryon de cinéma « local » pour concurrencer le cinéma égyptien qui commençait à être perçus dans sa symbolique politique plus qu’un loisir par les spectateurs des salles de la Médina… Zwobada contribua activement au projet mais à partir de son point de vue ; celui de mettre en valeur une culture. Il réalise ainsi La septième porte (1947) dans deux versions (française et arabe). Le cinéaste marocain, Feu Ahmed Bouanani lui rendit hommage en intitulant son livre sur l’histoire du cinéma au Maroc « La septième porte». L’approche « culturaliste » non européo-centriste, préconisée par Zwobada ne va pas susciter l’intérêt des financiers européens. Et c’est une société de production marocaine, « Studio Maghreb », de Mohamed Laghzaoui qui va produire son film suivant, Noces de sable (1948) dont le commentaire a été écrit et dit par Jean Cocteau. Outre ses films ses longs métrages de fiction, Zwobada va réaliser de nombreux documentaires dont Symphonie berbère (1947) où il filme le Haut Atlas à partir de la route nationale 203. Après un court générique présentant le film comme une coproduction maroco-française, trois plans en ouverture donnent le ton de ce qui sera l’atmosphère du film. Des plans qui permettent de signifier le lieu et d’annoncer le programme : d’abord, le plan de la Koutoubia majestueuse ; ensuite le Haut Atlas avec ses cimes enneigées comme horizon et le troisième plan s’arrête devant la Mamounia, célèbre et prestigieux palace de la ville ocre. On est dans la carte postale, image idyllique renforcée par le commentaire en voix off. Des protagonistes font leur apparition; un jeune couple européen, suivi d’un responsable de l’hôtel. Les premiers marocains sont en costume traditionnel de garçons d’hôtel. Ils portent les bagages pendant que le maître d’hôtel offre un bouquet de fleurs à la jeune femme. Le système des personnages, le jeu de la caméra assignent déjà les rôles aux uns et aux autres. Une hiérarchie est instaurée. Le regard est orienté pour privilégier un point de vue précis sur les homes et les lieux. Les fleurs pour le couple aident à comprendre qu’il s’agit d’un voyage de noces. D’une image l’autre : on est dans l’héritage romantique de la fin du XIX siècle. La rencontre de deux mondes est renforcée par la présence de l’automobile qui va traverser la Médina sur la route de la montagne, inscrite au programme. La présence de la voiture à la place de la calèche célèbre pour découvrir la ville de Marrakech instaure un rapport de forces culturel qui va être décliné le long du parcours. Comme le souligne le commentaire très volubile, au cœur de la médina où les autochtones sont des silhouettes mobiles, le bourriquot cède le chemin à son concurrent mécanique ; commentaire redondant avec ce que nous montre les images. La sortie de la ville sur la route de Tizi N’test le plus haut col d’Afrique du Nord, offre l’occasion à un clin d’œil au génie civil français qui a ouvert la voie vers ces contrées reculées dans le temps et l’espace. Des plans larges nous montrent des montagnes somptueuses et une route qui monte en lacets réduisant la voiture à un minuscule objet roulant vers des contrées et des paysages inédits. Contrées inaccessibles au point que le jeune couple se voit dans l’obligation de laisser la voiture pour terminer l’exploration à dos de mules. On aperçoit ainsi un célèbre gite sur la route de Tizi N’Test, « Au sanglier qui fume », situé du côté d’Asni. Il est resté longtemps comme un site agréable pour des haltes/pauses, avant d’affronter la montagne. Aujourd’hui, il n’en reste que quelques traces…Les deux touristes seront guidés à travers la montagne par des «berbères ». Le mot revient à plusieurs reprises. Le film en effet est dédié au peuple amazigh, familier de ces montagnes farouches. Le regard du couple est le prétexte pour organiser une découverte d’une communauté à travers des rites et des mœurs. Trois séquences vont être présentées : le souk hebdomadaire, la chasse et la célébration d’un mariage. Le regard est tantôt sociologique avec un brin d’ethnographie ; c’est le cas du souk où la caméra montre ce que le commentaire ne dit pas ; notamment quand elle s’arrête sur les métiers exercés par des juifs, décrits à partir de signes religieux mais parfaitement intégrés. Ou encore un regard purement touristique avec la scène de chasse et puis carrément folklorique avec le montage de plusieurs danses berbères relevant de plusieurs genres ; mais apparemment réunies ici pour justifier le titre du film, « Symphonie berbère ». La bande de son est loin d’être synchrone avec les musiques jouées. Mais ce n’est pas là le but ; la caméra est prépondérante ; elle est plutôt documentaire et construit une vision à travers l’accumulation de détails, ici des pieds nus, là un regard.. l’ensemble inséré dans des plans larges qui disent une harmonie séculaire. On ne voit plus le couple, prétexte narratif initial, il cède le champ à l’imagerie coloniale pure. Aujourd’hui, le Haut Atlas, depuis le 8 septembre est devenu un objet iconique et médiatique de prédilection. Une profusion d’images qui appellent une remise en ordre pensée et construite…comme une œuvre cinématographique que nous appelons de nos vœux. Je rappelle un cas de figure historique, celui du cinéaste syrien Mohamed Oussama qui, exilé à Paris pour des raisons politiques, a réalisé un film bouleversant, Eau argentée, sur la violence qui a ravagé son pays. Film monté, en collaboration - virtuelle avec une jeune Kurde de Homs, à partir des vidéos postées sur les réseaux sociaux par des dizaines et des dizaines de « cinéastes » amateurs. Le Haut Atlas attend son film.
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Festival delle Nazioni 2023 a Città di Castello
Dal 23 agosto al 7 settembre a Città di Castello e in Valtiberina protagonista della cinquantaseiesima edizione del Festival delle Nazioni sarà l’Italia, come seconda tappa d’un progetto triennale iniziato lo scorso anno e dedicato al rapporto che i tre paesi europei ebbero con i territori in cui hanno lasciato una forte eredità culturale. Il concerto inaugurale del 23 agosto sarà dedicato alla musica del periodo tra Quindicesimo e Sedicesimo secolo, in occasione dei cinquecento anni della morte del Perugino e del Signorelli, che hanno lasciato diverse opere a Città di Castello e nel territorio limitrofo e l’Ensemble Micrologus, uno dei migliori gruppi esperti nella musica di quel periodo, accosterà autori anonimi al sommo Josquin Desprez. È molto attinente al tema del festival Inquietudini ruggenti, un nuovo spettacolo di parole e musica, che il 24 racconterà gli anni dell’inizio del colonialismo italiano, con testi a cura di Caterina Casini e Fabio Mangolini e musiche composte per l’occasione da Mattia Novelli. Il giorno successivo l’Umbria Ensemble eseguirà musiche strumentali del periodo tra le due guerre mondiali, tra futurismo e passatismo, con brani notissimi di Puccini e Mascagni, poco noti di Alfredo Casella e rarissimi di Balilla Pratella e Franco Casavola. Il 26 agosto è in programma un concerto in collaborazione con l’Accademia internazionale d’arte lirica di Osimo, che proporrà romanze da camera e canzoni d’autore di quello stesso periodo, alternando grandi musicisti quali Pizzetti, Respighi e Castelnuovo-Tedesco a canzoni dialettali ricche di ironia nei confronti della politica coloniale italiana. Nella sera del 30 si potrà riascoltare la musica leggera italiana degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta nell’interpretazione della Papillon Vintage Swing Band, da Quel motivetto che mi piace tanto a Nel blu dipinto di blu, passando per Baciami piccina e Bellezza in bicicletta. Il concerto dell’1 settembre sarà un omaggio a Casella nella vita musicale italiana nei primi decenni del Novecento, dove il duo pianistico Alberto Miodini - Pierpaolo Maurizzi eseguirà i suoi Quattro film musicali e la sua trascrizione per pianoforte a quattro mani della Sinfonia n. 7 di Mahler, a testimonianza della precoce intuizione di questo compositore. Il giorno seguente l’Orchestra Filarmonica Italiana diretta da Stefano Seghedoni farà ascoltare alcuni brani sinfonici di Elena Barbara Giuranna, Adriano Lualdi, Guido Pannain e Francesco Santoliquido, inneggianti alle imprese coloniali italiane e il 29 agosto l’Atse Tewodros Project e la scrittrice e performer italiana di origine etiope Gabriella Ghermandi presenteranno brani della musica tradizionale etiope, in stile jazz, includendo canzoni della resistenza etiope contro l’esercito invasore italiano. A chiudere il festival sarà il 7 settembre la prima esecuzione di Ciondolino, opera da camera di Stefano Garau, su un libretto di Enrico Paci liberamente ispirato al racconto del giornalista ed educatore Luigi Bertelli, noto con lo pseudonimo di Vamba, che coinvolgerà musicisti professionisti ma anche il sistema scolastico musicale di Città di Castello, offrendo ai giovani la possibilità di inserimento in una produzione di teatro musicale. Read the full article
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PARIS – La ministre française des Affaires étrangères, Catherine Colonna, s'est tenue aux côtés du dirigeant du Niger dans la capitale, Niamey, il y a deux semaines et a claironné le rôle du pays en qualité de partenaire clé en promettant une nouvelle aide financière. Aujourd'hui, le président Mohamed Bazoum est retenu en otage par ses propres gardes de sécurité à la suite d'un coup d'État, et la stratégie africaine de la France est en lambeaux alors qu'elle lutte pour convaincre les nations de la région du Sahel que la présence d'une ancienne puissance coloniale peut apporter des résultats. Le Niger compte beaucoup pour la France. Non seulement la nation africaine a maintenu des liens commerciaux et culturels étroits, mais elle est aussi devenue la principale base des troupes françaises combattant les militants dans la région après leur retrait du Mali quelques jours avant que la Russie n'envahisse l'Ukraine. Pourtant, Paris a fait face à des protestations et des critiques locales a propos sa présence continue dans ses anciennes colonies – et ses degrés d'influence variables sur –, tout en voyant la Russie gagner en influence dans ce qui faisait traditionnellement partie de sa sphère d'influence. « Ils doivent se taire, se taire le plus possible ; chaque mot qu'ils prononcent est utilisé contre eux », a annoncé M. Moussa Mara, qui a été Premier ministre du Mali sous feu M. Ibrahim Boubacar Keita, le président d'alignement français évincé lors d'un coup d'État en 2020. « Mais c'est l'attitude française ; malheureusement, ils ne sont pas en capacité de se taire. Il a également ajouté que la France était devenue une sorte de bouc émissaire par lequel les dirigeants mettent en lumière les erreurs et le attitude français pour créer une diversion des problèmes intérieurs. Le gouvernement français a annoncé mardi qu'il se préparait à évacuer ses citoyens et d'autres Européens tout de suite, après que la fermeture de l'espace aérien du Niger leur ait rendu impossible de partir par leurs propres moyens. Le président français Emmanuel Macron comptait sur le Niger pour remodeler sa stratégie au Sahel, une zone aride qui s'étend sur plusieurs pays d'Afrique de l'Ouest. La région avait aussi été au centre de l'ambition de M. Macron de jeter des ponts entre les états développés et le soi-disant Sud global. Quelques heures après le coup d'État, la junte militaire a critiqué Paris et l'a accusée d'avoir planifié une intervention pour réintégrer M. Bazoum – un retour à son attitude au cours de nombreuses années passées – et d'avoir utilisé la force létale, ce que la France nie, pour défendre son ambassade après que sa porte a été fermée. sur le feu. En réponse, le gouvernement français, qui compte 1 500 militaires stationnés au Niger, a suspendu l'aide qui s'élevait à 120 millions d'euros (176 millions de dollars singapouriens) en 2022 et a prévenu qu'il riposterait si l'un de ses citoyens était attaqué. M. Macron a soutenu la Communauté économique des États de l'Afrique de l'Ouest, un bloc régional, qui l'a prévenu qu'il pourrait employer la force militaire pour destituer le chef du coup d'État à moins que le président démocratiquement élu du Niger ne soit réintégré. Signe de la sensibilité de la présence militaire française en Afrique, le ministre français de la Défense s'est déchaîné plus tôt en 2023 contre le film Black Panther: Wakanda Forever de Marvel Studios pour sa représentation des militaires français, les décrivant comme des mercenaires volant des ressources. M. Seidik Abba, président du Centre international de réflexions et d'études sur le Sahel, un groupe de réflexion, a annoncé que le partenariat du Niger avec Paris n'avait pas donné les résultats escomptés par les Nigérians, malgré la présence de milliers de militaires et de grandes installations militaires. . Il a souligné les différences en termes d'approche et d'objectifs par rapport aux États-Unis. "Les Français, contrairement aux Américains, par exemple, sont venus ici pour traquer les insurgés", a-t-il déclaré.
"Les États-Unis se concentrent sur la situation au Maghreb, le trafic de drogue dans le nord et la formation des forces spéciales nigérianes."
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