#e una delle due ha avuto poco tempo per prepararla
Explore tagged Tumblr posts
im-tryingtoloveyou · 1 year ago
Note
Pensi sia giusto far giocare Fiorentina Juve oggi?
Io sinceramente non capisco la polemica, perché ognuno sta strumentalizzando la situazione come meglio crede. Se è una questione di rispetto per i morti e il disagio provocato dal maltempo, allora sarebbe stato giusto rimandare tutti gli eventi sportivi (e non) in Toscana, invece si parla solo di Fiorentina - Juventus.
Si sa che rinviare una partita comporta delle conseguenze economiche, bisogna trovare spazio nel calendario per farla giocare etc... ma ormai i giocatori e staff della Juve sono partiti ieri alla volta di Firenze, rinviarla a poche ore dal fischio d'inizio - onestamente - non ha più senso. Era una decisione da prendere nell'immediato.
0 notes
olstansoul · 4 years ago
Text
Sacrifice, Chapter 34
Pairing: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
Zaino sulle spalle, cuffiette alle orecchie pronta ad incamminarsi verso la scuola per la seconda volta. Oggi faceva più freddo di tutte le altre volte e il suo cappotto, insieme al grande maglione che aveva indosso non erano sufficienti per farla sentire calda. Vabbè dopotutto era anche dicembre, le strade iniziavano a riempirsi di addobbi e l'albero di Natale al Rockfeller Center era già stato messo, insieme alla pista di pattinaggio sul ghiaccio.
Inoltre anche la scuola aveva iniziato ad addobbare tutti i corridoi, le entrate, la mensa e persino le scale. Una cosa a cui Wanda riempiva il cuore. Il Natale portava gioia e diciamo che negli anni passati era l'unica cosa che poteva renderla un po' più felice. Ma ora, vedeva che c'era un motivo in più per esserlo. Si sentiva bene, questo era importante. Nell'arco di una ventina di giorni avrebbe dovuto festeggiare il suo diciottesimo compleanno e l'idea o l'occasione di poterlo festeggiare con i suoi amici la rendeva ancora di più entusiasta di come lo era negli anni passati. Avrebbe vissuto il più bel compleanno di sempre, se lo sentiva.
Arrivata a scuola, spinse la porta d'entrata e tutti gli addobbi a cui pensava prima erano messi perfettamente. Ghirlande, fiocchi rossi e persino stelle, al pensiero sorrise e si diresse in palestra, l'unico posto non decorato di tutta la scuola se non per delle ghirlande attorno ai due pali dove erano messi i canestri. Arrivata all'entrata riuscì a vedere James che continuava a palleggiare la palla di cuoio. Ogni tre palleggi provava a tirare ma niente, la palla non entrava nel cesto messo in alto.
"Ora che non hai più la carica di capitano, non riesci neanche a fare un tiro?"chiese lei in modo che lui si girasse verso la sua direzione.
Passarono diversi secondi, se non un minuto prima che James le rispondesse. Era troppo concentrato a guardarla dalla testa ai piedi, forse per la milionesima volta. Aveva indosso un pantalone nero skinny, i suoi anfibi neri di pelle e lo stesso maglioncino color senape del giorno prima, abbinato ad un cappotto nero e una sciarpa dello stesso colore. I capelli erano legati in una treccia messa sul lato e aveva sulla spalla destra la sua tracolla e fra le braccia un libro. Per quanto semplice potesse essere, sia di nome che di fatto, James non era più abituato a vedere ragazze che si vestivano come se andassero a lavorare in un strip club. Ora nella sua testa, e anche nel suo cuore, regnava Wanda. Non c'era più niente e nessuno che gli potesse far cambiare idea.
Anche lei però perse tempo a guardarlo. Non che fosse completamente in tiro come lo aveva già visto di solito ma il pantalone  nero e la maglia a mezze maniche blu scuro gli davano comunque un certo fascino. Le braccia erano scoperte solo per metà e quindi lei poté vedere i bicipiti accentuati.
"Okay, è arrivato il momento di smettere di guardarlo..."si disse nella sua mente.
"Continui a sottovalutarmi, lo sai vero?"disse lui svegliandola dai suoi pensieri.
"Scusa, è che avevo perso l'abitudine"disse lei e lui rise.
"Dai vieni..."disse lui guardandola e lei lo seguì.
Come la prima volta che avevano avuto occasione di stare insieme, in questo modo, si sedettero sul pavimento della palestra. Lei sempre attenta a prendere appunti di ciò che le spiegava James per poi scriverli a matita. Intanto lui si godeva la scena di quella ragazza di fronte a sé, concentrata sia a scrivere che a sistemare le sue ciocche di capelli ribelli. Non le toglieva gli occhi di dosso un secondo, non avrebbe mai smesso. Aveva sprecato, forse, la maggior parte del tempo a guardarla da quando l'aveva conosciuta.
Aveva imparato che la sua calligrafia era ordinata il giusto, che preferiva la penna nera rispetto a quella blu. Che usava i quaderni ad anelli grandi, quelli con più pagine in modo che non avesse sprecato altra carta, che non c'era mai un giorno in cui non fosse accompagnata dalla sua tracolla o dal suo girocollo bordeaux che però oggi era nero. Oppure, ancora, dai suoi anfibi che fossero quelli neri oppure quelli marroni non importava. Che non ha indossato altro se non dei maglioncini  che la rendevano ancora più carina del solito, che i suoi capelli erano lunghi quanto l'Hudson, che il suo smalto era continuamente nero, anche se stavolta forse aveva cambiato colore. Che aveva delle labbra rosa come il color pesca e delle pozze verdi dove ci si poteva rispecchiare ancor di più rispetto al mare delle Hawaii o dei Caraibi. Ma quello che vedeva James in quegli occhi non era il mare, era solo...era solo qualcosa che non riusciva ancora a spiegare.
"Va tutto bene?"chiese lei notando che James non le toglieva gli occhi di dosso.
"Oh si, si va tutto bene...solo che ho passato le ultime quattro ore a pensare ad altro"
"Se sei stanco, potremmo fare un'altra volta, c'è tempo prima che Stark debba sentirmi una seconda volta"
"Bene, se preferisci così..."disse lui.
"Perfetto...allora cosa facciamo?"chiese lei dopo che mise apposto tutta la sua roba.
James pensò di rifletterci un'attimo e quando stava per perdere le speranze gli venne un'illuminazione.
"Ce la fai ad alzarti?"chiese lui e in quello stesso istante Wanda non smetteva di pensare a quanto fosse premuroso nel preoccuparsi per lei e per la sua salute.
"Si...che hai intenzione di fare?"
"Se la fisica, stavolta, non fa per entrambi...io, James Barnes, oggi ti insegnerò a giocare a basket"
"Cosa? Nella mia vita non ho mai giocato a basket e neanche a pallavolo. Il massimo che ho fatto è stato danza..."
"Bene, lascia che ti faccia i miei complimenti!"
"Quello che avete visto alla festa di Sharon è stato solo...solo un piccolo assaggio"
"A me è piaciuto ma scommetto che sai fare di meglio"
"Si, si James so fare di meglio ma ci sono due problemi: uno è che non posso fare di meglio anche se voglio e secondo quel che posso fare di meglio non comprende il basket"
"Bla, bla, bla...sai che stai continuando a sottovalutarmi? Anzi stai prendendo in giro il basket, sai che se la prende..."
"Va bene! Mi arrendo...proverò a giocare a basket...ad una condizione!"disse lei fermando già l'esultanza di Bucky.
"Quale sarebbe?"chiese lui con una faccia scocciata.
"Che mi prepari una torta...fra venti giorni è il mio compleanno e tu dovrai farla per me"
"Sta tranquilla, sarà la torta più buona del mondo!"
"Dovrai prepararla da solo"
"Da solo?"
"Da solo! Senza l'aiuto né di Rebecca né di tua madre...dovrai pur sconfiggere le tue paure, giusto?"gli chiese lei avvicinandosi a lui e prendendogli la palla.
"Va bene...sfida accettata!"
"Vedi di non perderla, come quella dei libri"disse lei guardandolo di lato e con un sorriso che rimase nella testa James per il tempo restante.
James fece vedere a Wanda come palleggiare una palla, passarla da un giocatore all'altro e tirarla. È stato difficile all'inizio ma dopo molto tempo era riuscita a fare canestro e per la felicità batté entrambe le mani su quelle di James, fin quando per mano del custode, il signor Lang, dovettero uscire e tornare a casa.
"Sei sicuro che stai bene?"
"Si, tranquilla non preoccuparti... a volte ricevere questi colpi è normale, specie nel basket"
"Si, ma si da il caso che io non abbia mai fatto basket"
"Diciamo che sei giustificata, anche se il tiro al tabellone è stato quello che ti è riuscito più di tutti"
"Lo so, lo so...io ero abituata ad entrare nelle palestre solo con la musica alta, in un angolo mentre mi legavo le punte o per tutte le gambe oppure una fascia sull'altra all'altezza delle caviglie.  Con un tutu  addosso oppure con un semplice body rosa"
"È stato per quello che ti è successo che hai smesso?"
"Si...scusa se ti ho mentito"
"Scusarti? Perché dovresti? Insomma se mi hai detto quella bugia è solo perché avevi paura di come avrei reagito, giusto?"
"Si, solo che non me lo aspettavo...tutto quello che mi è successo è stato un fulmine a ciel sereno"
"Beh, dopo la tempesta splende sempre il sole, vero?"chiese lui retoricamente e fermandosi per poi mettersi di fronte a lei.
E proprio come un fulmine al ciel sereno, un lampo squarciò il buio della sera e un tuono interruppe il silenzio fra i due. Subito dopo goccie pesanti d'acqua vennero giù dal cielo cadendo e inondando le strade. James prese di scatto la mano di Wanda pronto  già a correre verso il riparo piu vicino. Solo mentre stavano correndo lei si accorse della presa stretta attorno alla sua delicata mano e che i suoi capelli erano inzuppati d'acqua nonostante fossero legati.
Arrivarono sotto quello che era un tendone di un piccolo negozietto messo nei paraggi e quando si stabilirono la sotto entrambi scoppiarono a ridere.
"Okay...la prossima volta che dirò la parola fulmine, tuono, lampo o tempesta ti prego tappami la bocca"
"Tranquilla che fra un po' spioverà e poi non ho del nastro con me"
"Tu credi?"chiese lei ridendo riferendosi all'acquazzone in corso e lui la seguì a ruota fin quando lei si fermò preoccupata.
"Non mi sento più le dita...sono congelate"disse lei sfregandole di poco sperando che solo con quel gesto potessero scaldarsi.
Ma prima che potesse farlo una seconda volta, le mani di James comparvero di fianco a quelle sue e le prese fra le sue cautamente avvicinando sia le sue che quelle di Wanda alla sua bocca. Quello di James era stato un gesto che gli era venuto fuori dal cuore e che faceva da sempre. Soffiò facendo passare un po' di fiato in modo che le mani di Wanda potessero essere almeno calde per un po'. Stava quasi per staccarsi da esse fin quando Wanda si avvicinò di poco e di conseguenza anche James che fino a quel momento stette in silenzio.
"Credi che a volte basti solo del nastro per fermare le cose? Per cercare di ripararle?"
"No ,a volte c'è bisogno di buttare quelle vecchie cose per comprarne di nuove"
"Hai detto che la tua vita era perfetta prima che arrivasse questo fulmine a ciel sereno"
"Si...e tu mi hai risposto dicendomi che il sole risplende sempre dopo la tempesta"
Lui deglutì un secondo prima ancora di dire tutto quello che nascondeva dentro di sé, non che non l'avesse fatto ancora. Non l'aveva fatto avendo davanti le sue pozze verdi era questo il problema in quel momento. Era arrivato il momento di tirare fuori tutto e l'avrebbe fatto con lei davanti a sé, una seconda volta.
"Lascia che io sia il tuo nastro, quello che cerca di riparare i tuoi sbagli, il tuo sole che è comparso dopo la tempesta più grande della tua vita e che comparirà sempre, dopo qualsiasi altra tempesta e che col suo amore ti scalderà sempre"
Senza nessuna esitazione James si avvicinò lentamente e Wanda iniziò a chiudere gli occhi e solo pochi secondi dopo lui poggiò le sue labbra su quelle di Wanda in un bacio che aveva desiderato dal primo momento  in cui l'aveva vista e di cui aveva bisogno. Di cui avevano entrambi bisogno, perché ormai era certo e questo è stato la prova. Niente e nessuno l'avrebbe più separati d'ora in poi.
4 notes · View notes
giancarlonicoli · 6 years ago
Link
17 GIU 2019 13:10
“ODIFREDDI? IO HO FATTO DELLE SCOPERTE, NON MI SONO LIMITATO A PARLARE DI SCIENZA PER DIRE QUALCOSA…” - IL MITOLOGICO ANTONIO ZICHICHI CERCA IL "SUPERMONDO". INTANTO SI TOGLIE UN MACIGNO DALLA COFANA: “TRA SCIENZIATI VERI CI SI CONOSCE, CI SI STIMA, ALTRO CHE QUELLI CHE BLATERANO DI SCIENZA SENZA AVER SCOPERTO NULLA… DURANTE LA GUERRA FREDDA GORBACIOV CHIESE IL MIO AIUTO E FECI DIVENTARE AMICI PERTINI E WOJTYLA. ETTORE MAJORANA? SI E' RIFUGIATO IN UN CONVENTO…”
-
Roberta Scorranese per il “Corriere della sera”
Se esiste un universo parallelo non può che trovarsi tra via Marie Curie e via Democrito. È più o meno qui infatti che, in un piovoso pomeriggio ginevrino, i cancelli del Cern si aprono eccezionalmente di domenica e la cittadella europea della ricerca nucleare ci si consegna insolitamente spoglia, semideserta.
Poi però si arriva a un edificio cinerino, dove sin dal piano ammezzato tutto preannuncia un personale olimpo terrestre: attestati di merito alle pareti, targhe di cittadinanza onoraria conferite da Castrocielo o Trinitapoli, foto di medaglie al merito. È seguendo queste tracce di gloria incorniciata che si giunge a una stanza dominata da due scrivanie completamente sommerse da carte, formule, lettere, libri e appunti.
Professor Zichichi, che caos.
«È il minimo: sto cercando il Supermondo».
È da tanto che lo cerca?
«È la mia scommessa. Quando e se riuscirò a trovarlo dimostrerò che il mondo ha molte più dimensioni di quelle a noi familiari. E renderò l'estremo omaggio a Galileo Galilei».
Che lei considera l'anello di congiunzione (molto discusso) tra scienza e fede.
«Galilei era convinto che noi non siamo figli del caos, che esiste una logica rigorosa sottesa a tutte le cose del mondo. La sua umiltà lo portava a pensare che le leggi della natura sono le impronte di chi ha creato tutto questo. Perciò scienza e fede non sono contrapposte».
Sempre stato credente?
«Sempre. E nemmeno quando mi sono avvicinato ai più rigorosi processi scientifici, per esempio quando ho portato la prova sperimentale dell' antimateria nucleare, ho avuto cedimenti. Sono convinto che ci sia qualcuno di più intelligente di noi che ha fatto tutto».
Siciliano di Trapani, novant'anni il prossimo ottobre. Che infanzia ha avuto?
«Avevo un padre antifascista che mi aprì gli occhi quando i professori, a scuola, ci cantavano le meraviglie del duce. Un giorno tornai a casa, raccontai quello che ci diceva la maestra e papà mi disse: "Nino, non è vero niente"».
Poi la guerra, lo sbarco degli alleati in Sicilia. Lei dov'era?
«Nel fuoco dell'azione. Papà però ascoltava Radio Londra e così conoscemmo in anticipo le mosse degli alleati. Ci rifugiammo in campagna, mi ricordo benissimo la visione dei carri armati tedeschi che prendevano la ritirata. Maturava in me l'antifascismo che poi mi porterà, molti anni dopo, a coltivare una grande amicizia con Sandro Pertini».
Quando lui era già capo dello Stato?
«No, prima, a metà degli anni Settanta. Durante una conferenza, a Genova, dissi che per me il vero antifascista era stato lui, che durante il fascismo era in galera, non quelli che si improvvisano antifascisti dopo. Pertini mi telefonò e fu colpo di fulmine. Poi arrivò il '78».
Quando Pertini divenne presidente della Repubblica e Karol Wojtyla fu eletto Papa. La notte e il giorno, il socialista ateo e l'anticomunista viscerale.
«Esatto, e sa chi li fece diventare amici?»
Mi lasci indovinare: Antonino Zichichi.
«Io all' epoca stavo riabilitando Galilei. Pertini mi telefonò e disse: "Ma il nuovo Papa lo sa che lei ha un amico ateo?". Io riferii al Pontefice, che rispose: "Pertini la fede ce l'ha negli occhi". E tra di loro nacque un legame fatto di lealtà, discussione, reciproca comprensione».
Non era la prima volta che lei faceva da ponte tra i due blocchi della Guerra Fredda.
«E secondo lei chi fece incontrare i rispettivi consiglieri scientifici di Reagan e Gorbaciov per scongiurare un'escalation nucleare?»
Ancora Zichichi. E come ci riuscì?
«Tra scienziati veri ci si conosce, ci si stima, altro che quelli che blaterano di scienza senza aver scoperto nulla. Alzai il telefono e chiamai il sovietico Yevgeni Velikov, poi feci lo stesso con l'americano Edward Teller. Ma vuole che le racconti di quella volta che lo stesso Gorbaciov mi mandò un aereo a Ginevra?»
Per rapirla?
«Mi portò a Mosca in gran segreto e mi chiese di fare da tramite con la comunità scientifica americana per prepararla a un importante discorso che avrebbe tenuto e per smussare le controversie e le diffidenze. Da Mosca volai in California, incontrai Teller e gli dissi: "Quando parlerà Gorbaciov tu non dirai bau". Fu così».
Erano anni difficili.
«Eravamo seduti su una polveriera, ma ci rendiamo conto? L'Unione Sovietica dava i numeri ufficiali delle bombe nucleari in suo possesso ma Teller mi diceva: "Nino, secondo me ne hanno il doppio". Così, a Erice, nell'Ettore Majorana Foundation and International Centre for Scientific Culture che ho fondato, li presi tutti e due, Teller e Velikov, e dissi loro: "Ma siete matti? Qui saltiamo tutti". Velikov fece allora delle dichiarazioni distensive importanti e se ne andò dicendo: "Nino, speriamo che non mi mandino in Siberia per causa tua"».
Non mi dica che lei era presente al momento della sparizione di Ettore Majorana.
«No, però ho avuto un ruolo nel libro che ne ricavò Leonardo Sciascia. Lo scrittore venne da noi, a Erice, perché voleva indagare i rapporti tra Fermi e Majorana. Poi, dopo aver assistito alle nostre conferenze, decise di scrivere La scomparsa di Majorana . E andandosene mi disse: "Lui era un genio, se ha deciso di far perdere le sue tracce nessuno lo troverà mai"».
Secondo lei che fine ha fatto il fisico scomparso alla fine degli anni Trenta?
«Secondo me si è rifugiato in un convento. Io ho conosciuto il suo confessore, il vescovo Ricceri, il quale mi confermò che aveva avuto delle crisi mistiche. Altro che Argentina».
Professore ma lei è come Zelig, si trova sempre nel posto dove passa la Storia.
«Ripeto: tra scienziati veri ci si capisce e ci si cerca. Del resto se in Italia in tanti mi hanno sempre osteggiato è perché io la carriera l'ho fatta praticamente sempre e solo all'estero».
Però ha fatto l'assessore in Sicilia nella giunta di Crocetta. Esperienza breve.
«Tutti dicono che mi hanno cacciato: in realtà me ne sono andato io. Ho detto di sì solo perché Crocetta al telefono mi giurò che davvero voleva voltare pagina nella mia Sicilia. Io però ho presentato numerosi progetti, tra i quali quello dedicato ad Archimede».
E in che cosa consisteva?
«Doveva far conoscere a tutto il mondo il genio siracusano. Prevedeva borse di studio per giovani, un piano per dedicare strade, piazze e parchi ad Archimede, un museo».
Forse però era difficile lavorare da qui, dal suo ufficio al Cern di Ginevra.
«Ma questi erano gli accordi! Comunque, acqua passata. Del resto, dico sempre no: nel 2005 il centrodestra mi voleva candidare a sindaco di Roma e rifiutai, così come rifiutai una grande candidatura nel Nord Est. Io dico no alla politica ma dico sì alla società civile. Giro il mondo con le mie conferenze, ricevo attestati e cittadinanze onorarie, ho fatto decine di scoperte. Qui al Cern dirigo un progetto importante, il LAA, che adesso, appunto, lavora sugli esperimenti del Supermondo. Il resto non mi interessa, sono soltanto chiacchiere».
Due figli, Lorenzo e Fabrizio. Di sua moglie, Maria Ludovica, si sa pochissimo.
«Bellissima e molto intelligente. Biologa, lavorava in un importante gruppo di ricerca a Ginevra quando l' ho conosciuta. Poi ci siamo sposati e lei ha deciso di lasciare il lavoro. Pensi che quel gruppo poi ha vinto il Nobel».
Be', lei deve molto a sua moglie, non crede?
«A mia moglie devo tutto: mi sono occupato poco della famiglia, lei ha pensato a ogni cosa. Io non so nemmeno scegliermi una cintura. Pensi che cerco il Supermondo ma non ho ancora imparato come si abbina una cravatta».
Però negli anni ha affinato le provocazioni: un suo articolo sul «Giornale» nel quale metteva in dubbio l'emergenza climatica ha scatenato un finimondo.
«Io non dico che il clima non sia un'emergenza, anzi. Ma dico che i modelli matematici con decine di parametri liberi ai quali si affidano i climatologi sono una perdita di tempo e soldi. Non è una questione ideologica, ma è una questione matematica: vorrei che queste ricerche fossero più accurate e per questo ci vogliono esperimenti, attività di laboratorio».
Oggi, a novant'anni, di che cosa ha paura?
«Dell'istinto dell'umanità verso l'autodistruzione. Vede, non è detto che quelle famose bombe nucleari della Guerra Fredda non possano tornare. La Nord Corea non mi spaventa, mi spaventa il nostro Occidente».
Professore, dopo tanti anni ha voglia di fare lei un gesto di distensione nei confronti di Piergiorgio Odifreddi che nel 2003 scrisse «Zichicche», facendo dell'ironia nei suoi confronti, cosa che lei non ha mai perdonato?
«No, perché io ho fatto delle scoperte, non mi sono limitato a parlare di scienza per dire qualcosa. E prometta: se lei in questa conversazione non ha capito qualcosa, non la scriva».
Promessa mantenuta: il Supermondo resterà un mistero anche dopo questa intervista.
0 notes