#e che cazzo davvero adesso do fuoco a qualcosa
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deathshallbenomore · 2 years ago
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primusliber-traduzioni · 1 year ago
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Hot Milk - The King and Queen of Gasoline, traduzione testi
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Sono una cattiva influenza con cui non vuoi avere niente a che fare Si fottano tutti i tuoi amici, loro non sanno qual è la verità
(da: Bad Influence)
1. Hot Milk – The King and Queen of Gasoline, traduzione
Il re e la regina della benzina Ci hanno detto che siamo una nullità e che non siamo niente di buono
Un’estranea fin dall’infanzia
Battezzati in un fiume di sangue
Per cui abbiamo dato fuoco al quartiere Ironia della sorte che hai perso tutto il tuo dannato rigore morale ora che parli da una coppia separata
La vanità ti rende cieco perché sei sempre arrabbiato con me
Eh, già, non sono il figlio che avevi messo in programma I cuori vuoti sono abituati a sentire la mancanza di tutte le loro parti
Un piromane che soffre di brutto, per cui do fuoco a tutto quanto
È più facile infuriarsi che amare se si passa il tempo a scappare Il re e la regina della benzina
Noi ci sabotiamo le speranze e i sogni
Usiamo un cerino per ogni cosa
Se oserò mettere sù casa su questo trono, morirò sola Catastrofe, adesso assomiglio al mio peggior nemico
Ossa fragili che non riescono a reggere il confronto
Come un serpente che si morde la coda, ti contraddici e ti distruggi da solo
Non c’è speranza Il re e la regina della benzina
Noi ci sabotiamo le speranze e i sogni
Usiamo un cerino per ogni cosa
Se oserò mettere sù casa su questo trono, morirò sola Ci hanno detto che siamo una nullità e che non siamo niente di buono
Un’estranea fin dall’infanzia
Battezzati in un fiume di sangue
Per cui abbiamo dato fuoco al quartiere Il re e la regina della benzina
Noi ci sabotiamo le speranze e i sogni
Usiamo un cerino per ogni cosa
Se oserò mettere sù casa su questo trono, morirò sola Ci hanno detto che siamo una nullità e che non siamo niente di buono
Un’estranea fin dall’infanzia
Battezzati in un fiume di sangue
Se oserò mettere sù casa su questo trono, morirò sola 2. Hot Milk – Teenage Runaways, traduzione
Adolescenti scappati di casa Sono nata con ossa irrequiete
Cresciuta in una casa senza anima
Sei a disagio perché sono disfunzionale?
Sono un disastro premeditato
Non mi dispiace, perché il motivo sei tu Siamo tutti adolescenti scappati di casa
Siamo tutti adolescenti scappati di casa
Ho il propano nelle vene
E che problema c’è se sono pazza?
Siamo tutti adolescenti scappati di casa Puoi davvero darmi torto adesso?
Voglio dare fuoco a tutto quanto
Mi sciacquo la cazzo di bocca sporca
Tanto so che non andrai mai fiero di me
Magari sarò il martire di me stesso
Uccido i miei idoli perché sanno solo mentire Siamo tutti adolescenti scappati di casa
Siamo tutti adolescenti scappati di casa
Ho il propano nelle vene
E che problema c’è se sono pazza?
Siamo tutti adolescenti scappati di casa Mi hai ridotto in fin di vita
Mi hai ridotto in fin di vita
Mi hai ridotto in fin di vita tante, tante, tante, tante volte Siamo tutti adolescenti scappati di casa
Siamo tutti adolescenti scappati di casa
Ho il propano nelle vene
E che problema c’è se sono pazza?
Siamo tutti adolescenti scappati di casa
Siamo tutti adolescenti scappati di casa
Siamo tutti adolescenti scappati di casa 3. Hot Milk – I Fell in Love with Someone I Shouldn’t Have, traduzione
Mi sono innamorata di una persona di cui non dovevo Mi sono innamorata di una persona di cui, di cui non dovevo
Ho dato il cuore a una persona a cui, a cui non dovevo
Oh, inutilità che non sei altro, non farti più vedere
Sennò ti faccio passare un brutto quarto d’ora e lo dico a tutti i tuoi amici
Mi sono innamorata di una persona di cui, di cui non dovevo Ho perso tempo con una persona con cui, con cui non dovevo
Ho riposto la mia fiducia in una persona in cui, in cui non dovevo
Gli ho aperto la porta e mi ha devastato la casa
Per cui ho dato fuoco alla sua macchina: dovevi vedere che faccia
Ti sei andata a incasinare con una persona con cui, con cui non dovevi Perché se fossi in te me ne scapperei via
Quella ragazza ha un caratteraccio e pure qualcosa da dire
E il suo cuore non è un giocattolo, è una bomba a mano
Si dice che l’amore è una guerra e non ci si può salvare
Ti conviene correre, perché quella è una bomba atomica Mi sono impelagata con una persona con cui, con cui non dovevo
Mi sono presa troppo bene per una persona per cui, per cui non dovevo
Lo so che hai detto che sono cattiva, che mi vuoi punire
Ma io non mi ci metto in ginocchio a chiamarti pa-pa-paparino
Ti sei preso tutto quello che avevo, e non dovevi Perché se fossi in te me ne scapperei via
Quella ragazza ha un caratteraccio e pure qualcosa da dire
E il suo cuore non è un giocattolo, è una bomba a mano
Si dice che l’amore è una guerra e non ci si può salvare
Se fossi in te me ne scapperei via
Quella ragazza ha un caratteraccio e pure qualcosa da dire
Ti conviene correre, perché quella è una bomba atomica Lei non ha bisogno di te ormai
Lei non ha bisogno di te ormai
(Sono una cattiva influenza con cui non vuoi avere niente a che fare)
(Sono soltanto un adolescente scappato di casa)
Lei non ha bisogno di te ormai
Lei non ha bisogno di te ormai
(Sono soltanto un adolescente scappato di casa)
(Sono una cattiva influenza con cui non vuoi avere niente a che fare) 4. Hot Milk – Bad Influence, traduzione
Cattiva influenza Voglio morire, voglio morire
Voglio piangere perché porto solo guai
Ma quando ci provo hai qualcosa in mente
Hai sentito che ho qualche rotella fuori posto
Battezzato con due occhi neri
Ti prego, dammi solo un’ultima prova
Il sangue si secca e sono cieco
I rantoli della morte dalle mie viscere Sono una cattiva influenza con cui non vuoi avere niente a che fare
Si fottano tutti i tuoi amici, loro non sanno qual è la verità
Mi scavo la fossa da sola
Lo sai che sono una cattiva influenza con cui non vuoi avere niente a che fare Non posso mentire, eh, non posso mentire
Sono ancora viva e non so come mai
Ho un mal di testa che non se ne va
Uccidimi le cellule del cervello, tesoro, lo so che è il sapore che piace a te
Faccio degli sbagli
Lacrime di coccodrillo? Caro mio, ne ho un lago intero
Mi hanno fatta all’inferno, promettimi che non lo dirai mai Sono una cattiva influenza con cui non vuoi avere niente a che fare
Si fottano tutti i tuoi amici, loro non sanno qual è la verità
Continuerò a scavarmi la fossa
Lo sai che sono una cattiva influenza con cui non vuoi avere niente a che fare Non posso fidarmi di me stessa, ho bisogno di aiuto
Non lo voglio, no, non lo voglio
Amo odiarmi Sono una cattiva influenza con cui non vuoi avere niente a che fare
Si fottano tutti i tuoi amici, loro non sanno qual è la verità
Mi scavo la fossa da sola
Lo sai che sono una cattiva influenza con cui non vuoi avere niente a che fare Sono una cattiva influenza con cui non vuoi avere niente a che fare
Si fottano tutti i tuoi amici, loro non sanno qual è la verità
Continuerò a scavarmi la fossa
Lo sai che sono una cattiva influenza con cui non vuoi avere niente a che fare 5. Hot Milk – The Secret to Saying Goodbye, traduzione
Il segreto per dirsi addio Ti ricordi? No, mi sono dimenticato
Perché perdo i pensieri come fossero petali
Tu mi tagli via come fossi marcio
E adesso mi sento solo quaggiù sul fondo Dai pure tutta la colpa a me
In silenzio, temo di diventare il mietitore che hai sempre detto che sarei diventata
Ma come fai a tenerci a me, dico io?
Perché hai dipinto tutti i colori nei miei incubi Tu alimenti il fuoco che mi brucia la pelle dalle ossa
Tu alimenti il fuoco che mi brucia la pelle dalle ossa C’è un segreto per dirsi addio?
Diventa più difficile ogni volta
Tu non avevi un cuore, per cui hai rubato il mio
Brilla come un lucciola, poi guardami che muoio
C’è un segreto per dirsi addio?
Oppure è più facile mentire? Questa cosa vale per sempre? O è passeggera?
Perché non ce la faccio più a provare questa sensazione
Mi sento pesante dentro e affondo
Non so se questo cuore batte ancora Guardami perché io non ci vedo
Non sarò mai la persona che ho sempre sperato di diventare
Mi sono spinta troppo in là? La corrente è troppo forte
Ho visto uno sconosciuto che stava sveglio nel mio riflesso C’è un segreto per dirsi addio?
Diventa più difficile ogni volta
Tu non avevi un cuore, per cui hai rubato il mio
Brilla come un lucciola, poi guardami che muoio
C’è un segreto per dirsi addio?
Oppure è più facile mentire? C’è un segreto per dirsi addio?
Tu non avevi un cuore, per cui hai rubato il mio
C’è un segreto per dirsi addio?
Tu non avevi un cuore, per cui hai rubato il mio C’è un segreto per dirsi addio?
Diventa più difficile ogni volta
Tu non avevi un cuore, per cui hai rubato il mio
Brilla come un lucciola, poi guardami che muoio
C’è un segreto per dirsi addio?
Oppure è più facile mentire? 6. Hot Milk – Chloroform / Nightmares, traduzione
Cloroformio / Incubi Al freddo e triste, penso a te, distrutta
Limonata, vorrei fossi rimasta, non detto
Fa l’effetto del cloroformio, un temporale, l’ascesa e la caduta
Per l’eternità costretta a soffrire l’astinenza
Cosa faccio?
È andato tutto a rotoli, congelato Credo di essere in caduta libera
Mi autovandalizzo fino a scomparire
Ma spiegami cosa sono qui a fare
Dici che sto bene, ma non ne sono certa
Voglio spedire il mio cervello nello spazio
A quest’ora le cose avrebbero dovuto avere un senso
Mi sono perso, però a mia discolpa non volevo proprio restare nello stesso posto Sto scappando dagli incubi che sono fuggiti dalla mia testa
Sta arrivando e ho davvero paura
Non sono al sicuro a letto, per cui resto sveglia Sento tutto e nulla
Svuotata, insensibile e oberata
Prendo delle medicine per sentire qualcosa
Di’ quella parola e ti apro
Vivo di nuovo traslucido
Sono invisibile a me stesso, per cui fingo
Svanisco in fretta e sono in un vicolo cieco, e mi sarebbe bastato un amico Sto scappando dagli incubi che sono fuggiti dalla mia testa
Sta arrivando e ho davvero paura
Non sono al sicuro a letto, per cui resto sveglia Mi sto arrendendo, mi sono arreso, mi sono arreso
Sono sfortunato, sono esterrefatto
Mi sto arrendendo, mi sono arreso, mi sono arreso
Sono sfortunato, sono esterrefatto
Sto scappando dagli incubi che sono fuggiti dalla mia testa
Sta arrivando e ho davvero paura
Non sono al sicuro a letto, per cui resto sveglia Sto scappando dagli incubi che sono fuggiti dalla mia testa
Sta arrivando e ho davvero paura
Non sono al sicuro a letto, per cui resto sveglia
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blondeannalisa · 4 years ago
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Pioggia
Ciao, sono Annalisa, oggi sono stata molto fortunata. Può essere lo sia in assoluto. Ma un’ora fa, se qualcuno me l’avesse detto, gli avrei menato. Sto parlando di una cosa di cui magari a voi non frega un cazzo, ma a me sì. E’ stato quando la prof mi ha vista e mi ha detto “Ah, ma se c’è anche lei facciamo tutto stasera”. Le ho risposto che sì, insomma, a dire il vero l’esame era previsto per il pomeriggio successivo, io ero solamente venuta a vedere... Però quando una che ha assoluto potere su di te ti risponde “ma non è detto che domani sera sarà più facile” che fai? Che le dici? Io ho detto “va bene”, avrei voluto vedere voi. Anche se tra me e me pensavo “ma guarda tu sta fija de ‘na mignotta, stai a vedè che per questo esame del cazzo mi rovino la media...”.
 E invece no, è andata benissimo. Mi ha pure fatto i complimenti, mi ha detto “signorina, ce ne fossero come lei...”. E’ una un po’ fissata con il fatto che le donne sono sempre state discriminate a proposito di matematica. Mi è pure sempre stata simpatica anche se, appunto, la materia è un po’ del cazzo. Ma in quel momento l’avrei strozzata.
 Comunque ci siamo rivisti tutti al bar, dopo l’esame. Eravamo in sei, eh? Non è che a matematica ci siano tutte ste frotte di gente agli appelli. Anche i miei compagni, quando hanno saputo l’esito, si sono affrettati a sottolineare “ma che culo, Annalì”. Non nel senso in cui in genere me lo dicono. Intendevano proprio la fortuna. Ahò, ma che cazzo volete? Si vede che avevo studiato.
 Già mi pregustavo i complimenti al mio ritorno a casa, avevo in mano le chiavi della macchina. L’unico vero vantaggio di fare un esame a quest’ora del pomeriggio, per la verità si erano fatte le sette, in questa villa fuori dalla città universitaria, è che si trova parcheggio abbastanza facilmente. E della macchina, oggi, ne avevo proprio bisogno. Perché sono tre giorni che piove a dirotto. Ma forte, eh? E non smette mai. Al massimo rallenta un po’ e poi ricomincia.
 A me non è che la pioggia dia fastidio, anche se la gente comincia già a rompere i coglioni dicendo che un tempo così non c’è mai stato. Ora, a parte il fatto che non è vero, di che cazzo vi stupite? Siamo agli inizi di dicembre, è autunno, piove! Fa il dovere suo. E quando fa 27 gradi a Natale che vi dovete preoccupare.
 Anyway, stavo per salutare e andare via quando a qualcuno è venuta la bella idea di festeggiare a cena. Declinare mi è stato praticamente impossibile, perché sono partiti una serie di appelli molto gentili, del tipo “dai, Annalì, non fare la stronza come al solito” che non me la sono sentita di rifiutare. E’ stata Elena a convincermi. Non tanto per il suo “viene pure Gilberto”, che io ho registrato mentalmente con un sarcastico “ah beh, allora...”, quanto perché ha detto “viene pure Gilberto e offre lui”. Ok, già va meglio. Sto Gilberto è il suo ragazzo ed è impaccato di soldi, suo padre gli ha comprato – non affittato, comprato – una casa dalle parti del Colosseo dove vivono insieme. Voglio dire, io con Gilberto non ci vivrei mai, ma se a lei piace... No, ok, esagero. Sono carini. Una volta mi hanno invitata a una festa da loro ed è lì che ho conosciuto le mie amiche Serena e Giovanna. Almeno questo glielo riconosco, glielo devo. E poi non è che i miei compagni mi stanno sul cazzo. Sono bravi ragazzi. Non li trovo interessanti, d’accordo, ma per una sera...
 L’unico dubbio mi viene al momento in cui mi annunciano la destinazione: “Da Eataly? Cazzo, ma è dall’altra parte della città, con questa pioggia ci sarà un traffico terrificante, non si può fare altrove? Più vicino?”. No, non si può fare, hanno tutti voglia di andare da Eataly. Mi carico in macchina Elena e partiamo. Durante il viaggio si parla del più e del meno. Si vede che lei è molto compresa nel suo ruolo di ragazza-fuorisede-che-convive-con-il-suo-ragazzo-fuorisede e che le piace molto giocare all’adulta. A me pare molto buffa, ma non gliene voglio, anche se quando mi domanda “ma tu ce l’hai il ragazzo, Annalisa?” a me sembra che voglia più che altro sottolineare la nostra differenza di status. Ma forse mi sbaglio.
 No. No, non ce l’ho il ragazzo. Sì, è vero, sarebbe carino avercelo, ma finora non ho trovato nessuno che.. e poi preferisco pensare solo a studiare, ci tengo molto a finire il prima possibile. Sì, ok, d’accordo, ma come mai, tu così carina, eh lo so ma che ci vuoi fare, ogni tanto qualcuno che sembra interessante lo trovo ma poi... sai com’è, vogliono solo quello. Frasi così, chiacchiere sconclusionate che per fortuna si fermano sempre abbondantemente prima di toccare argomenti più scabrosi. Elena non è il tipo da chiederlo e io certo non mi sogno di rivelarle che razza di troia stia in questo momento al volante, figuriamoci.
 Il problema è che, mentre parliamo, all’argomento “ragazzo” inizio a pensarci io, in piena autonomia, tra me e me. E non mi ci vuole poi molto per fare l’upgrade “ragazzo-sesso”. Anche perché son quasi due mesi che non faccio nulla, ma proprio nulla a parte le (poche) avventure in solitario nel mio letto.
 L’ultima volta è stato con Fabrizio, il più classico degli scopa-amici. L’avevo cercato dopo due esperienze che mi avevano lasciata, per usare un eufemismo, parecchio turbata.
 Essere stata beccata a scoparmi uno dentro casa sua dalla moglie, essere stata menata e buttata fuori di casa nuda sul pianerottolo, sempre dalla suddetta moglie, già mi aveva scossa e non poco. Trovarmi un paio di giorni dopo a essere aggredita insieme alla mia amica Serena dentro la Rinascente da un pazzo omofobo era stata la ciliegina sula torta.
 Ero stata io a cercare Fabrizio, a chiedergli se quella sera fosse libero. Senza ipocrisie, tra noi non ce n’è bisogno. Mentre ero a gambe aperte sotto di lui, mi aveva detto “ma quanto sei troia stasera? sei già venuta sei volte”. Appena finito di dirmelo è arrivata la settima. Io lo adoro, Fabrizio. E non solo perché mi scopa benissimo, ma anche per questi particolari. Perché tiene il conto dei miei orgasmi e perché mi chiama troia come un altro in quei momenti mi chiamerebbe amore mio. Io, troia, lo preferisco. Anche perché nessuno mi ha mai detto amore mio. Sì, oddio, quando ero al liceo ogni tanto c’era qualcuno che lo faceva. Di solito dopo che gli avevo fatto un pompino, a volte anche prima. C’è sempre qualcuno che si innamora o pensa di farlo.
 Ma la verità è che quella sera non ero andata da lui perché volessi farmi chiamare troia. E nemmeno perché avessi voglia solo di essere scopata. In realtà avevo voglia di essere scopata prima e abbracciata dopo. Coccolata. Che avete da guardarmi in quel modo? Anche a me piace essere coccolata, sapete? E che cazzo...
 Comunque, l’ultima volta è stata quella, quasi due mesi fa. Poi Fabrizio è partito. Lui lavora in uno studio di progettazione, è ingegnere idraulico o qualcosa del genere. Arabia Saudita, fino a Natale. In realtà, mi ha spiegato, va più che altro a fare il garzone di bottega, altro che ingegnere. Ma pare che sia la prassi. Ci sono rimasta talmente male a sapere che partiva che gli ho estorto – sì, io, proprio  io – un appuntamento per il suo ritorno. In quel momento non avrei proprio voluto che se ne andasse, e fargli promettere che ci saremmo rivisti al suo ritorno mi era sembrato l’unico modo per lenire il dispiacere.
 Così mi sono buttata sulle lezioni, su questo cazzo di esame a dire il vero molto facile, sono stata molte sere a casa, ho visto le mie amiche. Anche Serena, naturalmente. Con la quale però non c’è stato più nulla, da quel punto di vista. Ho fatto la brava, insomma, la bravissima. E volete sapere una cosa? Non ho nemmeno avuto bisogno di sforzarmi tanto. Ecco.
 Solo che, adesso che sto in macchina con Elena e lei mi chiede come mai una come me non abbia un fidanzato che-a-te-i-ragazzi-dovrebbero-correrti-dietro-mamma-mia, penso in effetti quasi due mesi senza combinare nulla di nulla mi sembrano un periodo piuttosto lungo. Tanto lungo da pensare che forse vale la pena di aspettare qualche giorno e raggiungere i due mesi tondi tondi e intanto fare qualche calcolo per cercare di stabilire se sia o meno un record.
 E invece no, un attimo dopo penso che ho voglia, anche se non so esattamente di cosa. Un attimo dopo ancora capisco di cosa ho voglia: ho voglia di farmi riempire la bocca. Sì, un pompino. Di quelli nemmeno troppo delicati. Odore, sapore e dominio incontrastato di un cazzo nella mia bocca. Anzi no, nemmeno questo a dire il vero. Sì, ok, lo so che vi do ai nervi, ma aspettate un momento, cavolo, sto mettendo a fuoco! Un pompino ok, brutale ok. Ma in realtà, quello che voglio è bere. Bere sperma. Ecco. Sì è questo. Ho una formidabile voglia di ingoiare sperma, in questo momento. Anche se so perfettamente che, vista la compagnia, si tratta di una voglia che di sicuro non esaudirò stasera.
 Non lo so, sono confusa. A tutto pensavo tranne che a questo, quando sono uscita di casa.
 - Cosa stai pensando? – mi domanda Elena. Non so nemmeno da quanto tempo la ascolto senza sentire quello che dice.
 - Scusa – le rispondo – stavo pensando che per festeggiare stasera vorrei bere qualcosa di speciale.
 - Per ora c’è solo acqua – commenta lei. La pioggia batte fortissimo, di là dal vetro faccio fatica a vedere le macchine davanti.
 Il “qualcosa di speciale” è alla fine una birra artigianale, anzi due. Ma per il resto non è che la serata sia il massimo della convivialità. Mangiare, si mangia bene, eh? Non fantastico, ma si mangia bene. Però, un po’ perché i miei amici non sono proprio una banda di allegroni, un po’ perché non ci fanno nemmeno accostare i tavolini, la serata è davvero moscia. La mia proposta di vendicarci dei camerieri parlando ad alta voce da un tavolo all’altro e tirandoci le molliche di pane viene, tra l’altro, bocciata. Ho di fronte a me un tipo, Enrico, che d’ora in poi chiamerò “Harry tre parole”, perché in tutta la cena avrà spiccicato tre parole, appunto. Vi lascio immaginare i discorsi e il divertimento. Mi annoio come in una serata passata davanti alla tv a guardare la De Filippi.
 Fortunatamente agli altri tavoli c’è un po’ di turn over, così almeno posso distrarmi con la gente che va e viene. Proprio davanti a me, due postazioni più in là, a un certo punto arrivano due coppie. Non li osservo uno per uno, almeno all’inizio, mi mantengo su una visione complessiva del quartetto, per così dire. Solo che quello che sta proprio di fronte a me, a meno di una decina di metri, mentre si siede mi fissa. E mentre mi fissa viene anche a me da fissarlo. Per reazione, più che altro. Non so dire bene che età abbia, intorno ai trentacinque, direi. Ma è davvero difficile, non ci scommetterei. Sono tutti e quattro vestiti molto casual, con jeans e maglioni. Come me del resto. Qualche secondo dopo volto lo sguardo e vedo che mi sta riservando un’occhiata clandestina, poi si sporge un po’ in avanti per dire qualcosa a quella che presumo sia la sua ragazza e finisce sotto la luce della lampada. Non è per niente male. Che sia alto, asciutto e con le spalle larghe me ne ero accorta prima. Ora posso vedere meglio e suoi riccetti corti e castano-chiari, gli occhi azzurri. E, soprattutto, un sorriso da canaglia.
 “Mica male”, penso rimanendo un po’ imbambolata. Lui muove ancora una volta gli occhi nella mia direzione e si accorge che lo sto osservando. Ricambia. Ehi, ma tu sei un uomo, io sono solo una ragazzina. Te ne dovresti accorgere dai miei occhioni spalancati e dal ditino che porto alle mie labbra fingendo di mordermi un’unghia nervosamente. Una ragazzina un po’ impertinente, d’accordo, visto che col cazzo che abbasso lo sguardo, aspetto che sia tu a farlo. Del resto, è uno dei miei giochi preferiti prendere in castagna uomini più grandi di me che mi lanciano occhiate eloquenti di nascosto dalle loro compagne. Mi diverte da matti.
 Tra una chiacchiera e l’altra con le nostre rispettive compagnie il gioco di occhiate va però avanti più del solito. Così decido di giocare un po’ più pesante. Mi alzo e vado verso la cassa a pagare la terza Menabrea, accentuando impercettibilmente il mio naturale sculettamento. Credo che le forme del mio sedere e i jeans stretti facciano il resto. Quando torno a voltarmi verso di lui avanzo bevendo direttamente dalla bottiglia, fissandolo. Arrivo al mio posto e mi siedo continuando a bere dalla bottiglia. Fissandolo. Non ho staccato gli occhi dai suoi nemmeno per un’istante. Sono sfacciata e mi godo il gioco sino in fondo, proprio sulla soglia dell’eccitazione.
 Purtroppo però l’ora di andarsene arriva troppo presto. E poiché il conto lo abbiamo già pagato prima di mangiare, non ci resta che alzarci, metterci i giacconi e scendere. Il boato di un tuono sottolinea il momento. Oltre le vetrate l’acqua riprende a scendere a secchiate.
 Mi volto un’ultima volta, di nascosto. Lui mi sta osservando ancora e si accorge che lo sto guardando anche io con la coda dell’occhio. Spero che possa vedere il mio sorriso, spero che capisca che mi sono divertita.
 Pianto i miei compagni con una scusa. Anzi due, visto che la prima non basta. “Ciao ragazzi, devo andare al bagno”, “dai ti aspettiamo”, “no, ma poi volevo anche fare un giro a cercare una marmellata di mandarino tardivo per mia mamma”, “ah ok, allora ci vediamo a lezione”, “sì, ci vediamo a lezione, ciao ragazzi”. Mi dirigo verso i bagni e, già che ci sono, faccio pipì, compiacendomi della mia innata capacità di inventare cazzate su due piedi.
 Non è che abbia proprio un programma, mi va semplicemente di continuare il gioco, vedere se funziona ancora con qualcun altro. Sì, è vero, non sono appariscente stasera, ma gli sguardi li ho sempre attirati. E stasera ci ho preso proprio gusto. Voglio attirare sguardi e rispondere agli sguardi, altro che mandarino tardivo.
 L’idea è divertente, la sua realizzazione pratica molto meno. Soprattutto perché non mi si caga nessuno. Tranne uno, in realtà, una specie di sosia di Danny De Vito che è meglio perderlo che trovarlo. La cosa mi indispettisce non poco, come sempre quando va così. Anche perché, ma cazzo, fino a cinque minuti fa funzionava benissimo. Forse proprio per questo decido di fare una cosa che non ho mai fatto. Non da sola almeno. Vado alla birreria, direttamente al bancone, mi siedo su uno sgabello alto e aspetto di essere servita dal ragazzo. Assumo un’aria civettuola perfino con lui, faccio l’oca. Voglio proprio vedere se qualcuno si avvicina.
Vorrei chiarire una cosa: non ho voglia di essere rimorchiata. Non ho voglia di sesso. Sì, lo so che prima in macchina avevo pensato che fare un pompino del tutto senza senso a qualcuno e bere il suo sperma non sarebbe stata per nulla una cattiva idea. Ma quel momento è passato e dopo il gioco degli sguardi con il riccetto, interrotto dagli eventi, la mia immaginazione mi ha portata da tutt’altra parte.
 Comunque niente, eh? Non succede un cazzo nemmeno qui. Dopo un po’ l’unica cosa che mi trattiene dall’andarmene è che fuori è ormai un nubifragio vero e proprio e che io ho lasciato la macchina al parcheggio più lontano, cretina che sono.
 Poi però una cosa succede, cazzo. Succede che il riccetto di poco fa è seduto con la sua ragazza e l’altra coppia su un divanetto della caffetteria, e mi ha vista. E che porco cane la situazione non è esattamente quella di prima, quando stavamo a scambiarci occhiate ognuno al riparo delle proprie compagnie. Manco per niente. Quella che lui sta osservando adesso è una ragazzina bionda con la faccia da adolescente che sta facendo l’oca con il ragazzo delle birre e che  ha in pratica un cartello addosso con su scritto “sono una troietta, che aspettate a farvi avanti?”.
 Non so nemmeno io perché, ma improvvisamente mi sento a disagio, mi vergogno. Cioè, non è proprio vergogna. E’ che il gioco con questo tipo è andato anche troppo avanti, mentre a me questo gioco piace perché è fatto di momenti, sguardi allusivi. A me diverte fare l'oca con gli uomini quando sono in compagnia delle loro donne, è vero. Divertono le piccole provocazioni, mi piace l'ammirazione clandestina che leggo nei loro occhi e godo nel vedere come reagiscono quando si accorgono che non volto la faccia dall'altra parte, che li fisso con un'espressione a metà tra l'ironico e il malizioso che dice "ah, se fossimo soli".
 Quasi mi vergogno a scrivervelo, ma in realtà tutto quello che volevo quando mi sono seduta al bancone era essere abbordata da qualcuno, ma non dal riccetto. Con quello meglio di no, troppo pericoloso per questo tipo di gioco.
 Mi andava solo di fare la troietta idiota, rifiutare le eventuali avances di un tipo qualsiasi, almeno per l’immediato, facendogli però capire che uno di questi giorni sarei stata molto più che disponibile a restare come mamma mi ha fatta davanti a lui, dargli un numero di telefono fasullo e lasciarlo all’asciutto. Per poi tornare a casa e sditalinarmi nel mio letto immaginando come sarebbe stato farmi scopare da lui in centouno modi.
 Scema, vero?  Me l’hanno detto in tanti. In ogni caso, il numero del Servizio di igiene mentale della mia zona è 06 7730 8400. Magari potreste volermi fare un favore e segnalare il mio caso.
 Mi alzo quasi di scatto e imbocco il tapis roulant che scende al primo piano, all’uscita. Nubifragio o non nubifragio è meglio levare le tende.
 Solo che, ecco, chiamatelo intuito femminile o come cazzo vi pare, ma sento di essere seguita, sento una presenza alle mie spalle. Non è che ci sia poi tanta gente su questo tapis roulant, sono quasi certa che se mi voltassi lo vedrei. E questo è il motivo per cui non mi va di voltarmi. Il motivo per cui invece mi volto ve l’ho detto prima: sono scema. E’ così, fatevene una ragione che io me la sono fatta da un pezzo.
 L’occhiata che ci scambiamo per un paio di secondi che sembrano interminabili è completamente diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta. La mia è l’occhiata della preda che ha individuato il predatore e che viene assalita dal panico perché non sa dove cazzo andare a nascondersi.
 Chiariamoci: a me piace sentirmi preda. A patto però che il cacciatore lo scelga io. Altrimenti ho delle reazioni che variano dall’indifferenza al vattelapijanderculo, dipende da una serie di fattori. In questo caso il cacciatore non è nemmeno male, ve l’ho detto. Ma non l’ho scelto io.
 Avete presente quando fate una cosa e immediatamente dopo vi chiedete "ma perché cazzo l'ho fatto?". E vi date pure della cretina, perché non è che avete seguito un impulso, manco per niente. Avete pianificato le cose, avevate una strategia. E d'improvviso, puff: ma perché ho fatto una stronzata del genere? E’ esattamente quello che è successo. Lui è dietro di me e, a meno che non si tratti di una coincidenza assurda, si appresta a tirare fuori il gancio per il rimorchio. D'improvviso tutto mi sembra implausibile, inattuabile. Inutile, persino. E anche un po' imbarazzante. Voglio dire, io volevo solo giocare e adesso mi trovo a dovere fare i conti con le conseguenze del mio gioco.
 Non sento il rumore delle porte automatiche che si richiudono. Non so se è a causa del fracasso della pioggia sul selciato o del fatto che qualcuno è passato dopo di me e ne ha ritardato la chiusura. Piove da matti, adesso. Non si vede nulla e dalla fine del porticato alla mia macchina ci saranno almeno cento metri allo scoperto. Mi fermo giusto un paio di metri indietro dalla fine della copertura. L’acqua cade talmente forte che le gocce rimbalzano e arrivano a bagnarmi. Ma non è questo su cui sono concentrata, sono concentrata su una cosa che sta per succedere, che è inevitabile che succeda.
 “Ciao, come ti chiami?”, penso tra me e me.
 - Ciao – dice una voce alle mie spalle.
 - Ciao – rispondo dopo essermi voltata lentamente. Una lentezza che mi sono imposta.
 - Che acqua, eh?
 - Già.
 - Io sono Marco.
 - Io Annalisa.
 Nonostante il buio mi è talmente vicino che posso vederlo meglio di come abbia fatto prima. Probabilmente ho fatto male i miei calcoli, credo che abbia di più dei 35 anni che gli davo. E’ molto giovanile nei modi e nel vestire, ma certi dettagli non mentono. Il contorno occhi, per esempio.
 - Stai andando a casa?
 - Sì.
 - Anche io. Vado a prendere la macchina.... inutile bagnarsi in quattro.
 Fisicamente non potrebbe essere più diverso, ma parla come Silvio Muccino, ha persino la zeppa di Silvio Muccino. E’ incredibile quanto sia identico. Per il resto no, per il resto è davvero un bel manzo. Vista l’età dovrei dire un bell’uomo. E non posso non notare il suo modo timido di atteggiarsi, quasi premuroso, che si annulla completamente quando sfodera il sorriso da canaglia. E’ obiettivamente un sorriso fatto per stenderti.
 - Ho visto che mi guardavi – dice.
 - A dire il vero hai cominciato tu...
 - Mi sei piaciuta, non hai mai abbassato gli occhi.
 - Era un gioco...
 - Che tipo di gioco?
 - Nulla una cazzata...
 - Potremmo riprovare a giocare, una sera di queste...
 Istintivamente starei per dirgli “ma no dai, lascia perdere”. Poi mi fermo, senza un motivo. Gli squilla il telefono e mi dice “scusa” prima di rispondere. Dice, presumo alla sua compagna, che è meglio aspettare che spiova un po’, che è una tempesta, che per strada è un lago. E che chiamerà lui quando starà per arrivare, che forse ci vorrà un po’. Mi torna in mente Elena, quando mi ha chiesto se avessi un ragazzo, mi torna in mente il suo ingenuo senso di superiorità. E però immediatamente dopo mi torna anche in mente il pensiero osceno che le sue parole mi avevano portata a fare.
 Per la verità, non so nemmeno io di che cosa ho voglia in questo momento. Sì, ok, farmi riempire la bocca in modo insensato, bere sperma. Avevo pensato questo. Ma ora come ora non saprei nemmeno dire se ho voglia di qualcosa di più. O di meno. O di nulla in assoluto. Mi sento confusa e anche abbastanza idiota.
 - Certi giochi ha senso portarli in fondo una volta che si sono cominciati... – gli dico d’impulso una volta che ha chiuso la telefonata.
 - Cosa intendi dire con “portarli fino in fondo”?
 E’ chiaro che ha capito. O meglio, spera di aver capito. Ma è ancora guardingo.
 - Intendo dire che potresti baciarmi – gli faccio avanzando di un passo verso di lui.
 Si volta per guardarsi alle spalle ma non ce n’è bisogno. Ci siamo solo io e lui qui sotto il porticato. Pochi metri più in là tonnellate di acqua che scendono con violenza. Mi afferra la mano e mi trascina dietro un angolo buio e qui sì che ci bagnamo, cazzo. Ci schiacciamo contro il muro, ma la tettoietta che è sopra di noi è troppo piccola per ripararci da questa valangata di pioggia. Ridacchio stupidamente, è un riflesso nervoso. Lo faccio sempre quando vengo forzata fisicamente a fare qualcosa, non posso farci nulla. L’unica cosa che riesco a fare, in realtà, è coprirmi la testa con il cappuccio della mia The North Face tecnica. Lui fa altrettanto e poi mi bacia.
 E’ un bacio lungo, furioso, cinematografico. In quante canzoni avete sentito il verso “kiss you in the rain”? Abbiamo troppa roba addosso, labbra e lingue sono il nostro unico punto di contatto, eppure bastano e avanzano. Almeno per me.
 - Dimmi che mi vuoi – ansima.
 - Ti voglio... – rispondo quasi in automatico.
 - Domani sera? – domanda. E mentre me lo domanda porta la mano in mezzo alle mie gambe. Avrò pure i jeans, ma vi assicuro che la scossa la sento tutta.
 Io però non riesco a concepire che lui si possa proiettare su domani sera. E adesso che cazzo devi fare, portare a casa la fidanzata? Oppure vivete insieme? Come cazzo pensi di mollarmi qui così? E stanotte? E domani mattina? Che c’è, ti aspettano al lavoro? Mi vuoi così tanto da non poter mandare all’aria niente della tua vita? Sono irragionevole, lo so. Ma se non lo fossi non starei qui sotto l’acquazzone a farmi baciare e a farmi tastare la fregna da un perfetto sconosciuto.
 - Chissà se ci sono, domani sera – gli dico concitata, prima di rituffarmi a baciarlo.
 - Che significa?
 - Significa che ti voglio ora...
 - E come cazzo facciamo?
 Apro la bocca per accogliere la sua lingua e stavolta sono io che gli porto la mano in mezzo alle gambe. Il contatto di questo pacco gonfio per me mi fa quasi piegare le ginocchia.
 - Posso farti venire con la bocca, se vuoi... – gli mormoro quando ci stacchiamo.
 Mi guarda esterrefatto, preso in contropiede. Non so cosa stia pensando. Se stia valutando le possibilità, la fattibilità della cosa. O se mi abbia semplicemente presa per matta.
 - Un pompino... – gli sussurro come se sentissi la necessità di spiegarmi, guardandolo negli occhi. Dall’alto in basso, perché nonostante io non sia proprio una nana, lui è decisamente alto. Ehi, l’hai capita? Sto parlando di succhiartelo...
 - Ma chi cazzo sei, Baby?
 - Ahahaha... sicuramente sono meno annoiata di Chiara, ma probabilmente sono anche peggio, da quel punto di vista...
 - Quale punto di vista?
 - Indovina...
 Adesso il suo sguardo non è più esterrefatto. Adesso il suo sguardo è quello di un maschio che si è velocemente arrapato e che sta per prendersi qualcosa che gli è stato offerto su un piatto d’argento.
 - Corriamo in macchina... – propone.
 - Rischiamo di annegare prima di arrivarci, alla macchina – gli dico – qui va bene.
 - Qui? – domanda sorpreso.
 - Qui. Qui è perfetto.
 - Tu sei strana, non sei normale... – mi dice, ma il suo è più che altro un tono sorpreso, di autodifesa.
 “Cos’è normale?” gli domando mentre mi accuccio davanti a lui. Non mi sembra il caso di posare le ginocchia per terra. Mentre gli lavoro le cerniere del giaccone e dei pantaloni sento la sua voce ancora un po’ incredula che mi apostrofa con un “ma lo sai che sei un po’ troia?”. Gli rispondo “anche più di un po’” in modo veloce, quasi disinteressato, senza nemmeno alzare lo sguardo verso di lui. L’unica cosa su cui sono concentrata in questo momento è il tentativo di liberare quel bozzo che vedo sotto il tessuto delle mutande color prugna.
 Sarà che mi sono raffreddata con tutta questa pioggia, ma non sento nessun odore particolare quando glielo tiro fuori. Non è ancora duro, ma quasi. Duro lo diventa quando me lo lascio scivolare dentro la bocca e inizio a rotearci la lingua intorno. Nonostante tutta la stranezza della situazione, mentre lo faccio ammetto con me stessa che il pompino mi sta venendo benissimo. Forse perché oltre a voler bere il suo sperma voglio che gli piaccia davvero, che ne goda. Non saprei dire perché, ma ci tengo.
 Dire che abbia un grande arnese sarebbe una bugia, ma chissenefrega. La sua consistenza mi gratifica, il suo sapore mi gratifica. Il suo “oh cazzo” sospirato quando glielo prendo tutto mi gratifica. Siamo fradici e infreddoliti, ma la mia bocca e il suo uccello sono roventi.
 “Che troia”, “sei bravissima”, “sei una bravissima troia”. Anche queste frasi smozzicate mi gratificherebbero, e non poco, se non fosse per il suo telefono che riprende a squillare. Se non mi interrompessi, sinceramente non lo so se lui risponderebbe. Ma comunque lo faccio, e lui risponde.
 - Sì, c’è anche uno che blocca la sbarra del parcheggio con la macchina, sto deficiente, ma adesso arrivo, vi chiamo io...
 Penso tra me e me che anche lui non è male, quando si tratta di inventare cazzate. Lo guardo dal basso in alto, tenendo in mano il suo affare. Improvvisamente, però, non ne ho più voglia. Che cazzo ne so. Potrei dire che ho paura che la sua ragazza scenda e che mi meni anche lei, come ha fatto la moglie di quello che mi aveva rimorchiata al parco. Ma non è vero, non è così. La verità è che non mi va più e basta. Con quella telefonata si è rotta la magia del momento, se vogliamo chiamarla così.
 - Lasciamo perdere, dai, non voglio farti passare un guaio – gli sorrido cercando di rimettergli il cazzo nelle mutande.
 Mi guarda con un misto di riconoscenza e di rimpianto. Spero solo che capisca che non sono incazzata con lui, mi dispiacerebbe. E’ andata così, non è colpa di nessuno. Mi rialzo e gli appoggio la testa sotto la spalla. Cazzo, se è alto.
 - Che hai da ridere? – mi domanda.
 Rido. Non ci posso fare nulla, mi viene da ridere. Anzi, da ridacchiare. Nulla di esplosivo, però inarrestabile.
 - E' la prima volta che faccio un pompino con un cappuccio in testa - riesco a dire. E poi riattacco a ridere.
 - Come prima volta non c'è male... però non hai finito, non è stato un vero e proprio pompino...
 Trovo la precisazione un po’ pignola, ma sono indulgente e sto al gioco. “Ok, allora diciamo che è la prima volta che succhio un cazzo con un cappuccio in testa...”. Mi risponde ridacchiando anche lui, mentre io forse per la prima volta realizzo lo stato in cui si trovano i miei jeans.
 - Dio santo, sono tutta bagnata.
 - Non in quel senso, intendi.
 - Ahahaha... non lo so, sono talmente zuppa che in quel senso dovrei controllare...
 - Se vuoi controllo io...
 - Ahahahahah meglio di no... meglio che andiamo.
 - Annalisa, hai detto?
 - Non è molto carino da parte tua non ricordarti il nome...
 - Se domani sera continua a piovere possiamo darci appuntamento qui...
 - Ahahahah... magari domani sera ho la polmonite...
 - Sarebbe carino, però. Potrei metterti con le spalle al muro. Anche quella è una cosa che non ho mai fatto sotto la pioggia.
 - Ah, ecco... non so se avrei voglia di essere inchiodata a quel muro.
 In realtà, se ci penso, la prospettiva non mi dispiace affatto. Pioggia o non pioggia. Ma è meglio non creare tante aspettative.
 - "Inchiodata al muro"... ma parli sempre così?
 - In genere no. Ci sono cose che si pensano e non si dicono...
 - Ma si immaginano...
 - Sì...
 - Immagine per immagine, non spalle al muro, ma faccia al muro. E con i jeans calati. Io immagino di inchiodarti così, prima un buco e poi l'altro.
 Eccolo, anzi eccoli. Lo spasmo e il calore. Adesso sì che non ho più bisogno di controllare se sono bagnata anche sotto le mutandine.
 - Sei un porco... – sibilo.
 - E tu una troia...
 - Non sai quanto, te l’ho detto. E poi avevo proprio voglia di qualcuno che mi chiamasse troia.
 Mi stringe, poi mi bacia ancora. Sta combattendo contro il suo desiderio, lo sento. E la cosa mi piace. Il mio calore avanza.
 - Allora facciamo per domani sera? - sussurra.
 - No – gli rispondo senza nemmeno pensarci tanto.
 - Perché no? – domanda sorpreso.
 - Perché no. E nemmeno dopodomani o un’altra volta. Vorrei dirti restiamo semplicemente amici – gli dico sbottando quasi a ridere – ma in realtà chi cazzo ti conosce?
 - Te l’ho detto prima – mi fa dopo qualche secondo di silenzio – non sei normale.
 - E io te l’ho chiesto prima, ma non mi hai risposto: cos’è normale? Scambiarsi i numeri, vedersi domani sera o comunque quando sarai libero, uscire, corteggiarsi, farti un pompino in macchina, portarmi a casa tua? Scoparmi in un albergo?
 - Cosa ci sarebbe di male? – chiede.
 - Nulla. Per carità, nulla. Anzi. Ma perché sarebbe stato meglio di un pompino qui? Poi è andata buca, pazienza... ma sarebbe stato fantastico.
 - Però avremmo più tempo – obietta - staremmo più comodi. Di sicuro più asciutti.
 - Non discuto. Ma a me andava ora.
 - Davvero non me lo dai il telefono?
 - Davvero.
 - Sei proprio matta...
 - Sì, lo so. Matta e troia. Una troia matta... Stammi bene, Marco.
 Mi volto e comincio a correre verso il parcheggio, verso la mia macchina. Non perché non voglia bagnarmi. Tanto, nonostante l’acqua continui a precipitare in modo assurdo, più bagnata di così non potrei essere. Corro perché ho voglia di scomparire alla sua vista, ho voglia di non voltarmi indietro. Ho voglia di salire in macchina grondante e bagnare i sedili, accendere il riscaldamento e correre il più veloce possibile a casa. Spogliarmi e infilarmi sotto una doccia bollente.
 E sditalinarmi prima che mi scompaia dalla mente l’immagine di lui che si stupra una ragazzina tenendola faccia al muro. Una ragazzina bionda con i jeans abbassati e il giaccone tirato un po’ su. Sotto la pioggia che batte e che copre ogni altro rumore intorno. Ma che non riesce a coprire gli strilli di quella zoccoletta.
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tetrakys · 5 years ago
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La mattina dopo
I never wrote a fanfiction in italian before, and I was kinda curious, so I said fuck it let’s give it a go. I decided to rewrite episode 12 initial scene in Castiel’s apartment my way and, while doing it, I found out that “my way” actually means “fucking dirty”. This is the closest thing to nsfw I’ve ever written in my life so it’s kinda poetic that I did it in my mother-tongue. I may translate it in English if anyone is interested because I ended up quite liking the end result.
Edit: I did translate it in the end, you can find it here.
Riaprii gli occhi con difficoltà. Non sono mai stata una persona mattiniera, ma in quel momento mi sentivo particolarmente intontita e spaesata, e per pochi secondi mi guardai attorno senza capire esattamente ciò che vedevo e dove mi trovassi. Poi misi chiaramente a fuoco ciò che mi circondava.
Il divano dove avevo passato la prima parte della serata tra chiacchiere, musica e carezze rubate.
Il tappeto che avevo probabilmente finito per parzialmente rovinare quando, poco più tardi, ci avevo affondato le dita strappando parti di tessuto.
I miei vestiti sparsi sul pavimento in vari punti della stanza, che disegnavano un percorso preciso fino al letto.
Il lenzuolo nero che circondava il mio corpo nudo.
Il mio sguardo si posò finalmente sulla figura stesa accanto a me. Castiel stava ancora dormendo profondamente, e per qualche secondo rimasi lì immobile ad osservarlo.
Era bello da togliere il fiato.
Certo, questa non era una novità, non ero mai riuscita ad essere completamente indifferente al suo fascino. Persino al liceo, quando non era ancora ancora un cantante famoso ammirato da tutti, quando era solo un ragazzino sarcastico e sfrontato, capace di mandarmi in bestia ogni volta che apriva bocca. Persino allora, bastava uno dei suoi sorrisi maliziosi per farmi perdere la testa. Ogni suo sguardo, ogni sua espressione, era capace di colpirmi dritto al cuore.
Ma il suo viso quando dormiva… era qualcosa di speciale. La fronte distesa, l’espressione serena, nessuna facciata, nessuna maschera da persona forte che non ha bisogno di niente e di nessuno.
È questo il tuo vero io? Quando abbassi le difese e non senti il bisogno di doverti proteggere dal mondo intero.
Sentii il bisogno improvviso di toccarlo, baciarlo e stringerlo a me. Ma erano le 7 del mattino, e non avevo dimenticato il nostro accordo.
Solo una notte… fino all’alba.
Con una piccola fitta nel petto, mi alzai dal letto e mi diressi verso il bagno in punta di piedi, fiondandomi direttamente sotto la doccia.
Lasciai scorrere l’acqua bollente sulla mia pelle, era una sensazione bellissima, sentii il mio corpo intorpidito finalmente iniziare a svegliarsi. Mentre massaggiavo i miei muscoli indolenziti, non potei fare a meno di ricordare la sensazione delle sue mani sul mio corpo.
Avevamo cominciato in salotto, dove primi baci timidi si erano subito trasformati in qualcosa di più primitivo. Dietro ogni sua carezza, ogni suo sguardo, ogni suo bacio, c’era una fame e voglia di possesso che mi avevano fatto completamente perdere il senno della ragione, ed avevo ricambiato ogni tocco delle sue labbra, della sua lingua, e delle sue mani con altrettanto fervore.
Ricordai il momento in cui mi aveva aiutata a stendermi sul tappeto ed aveva cominciato a baciare languidamente il mio interno coscia. Il suo respiro sulla mia pelle mi aveva fatto impazzire, e la sua lingua tra le mie gambe mi aveva regalato sensazioni incredibili.
Dopo ci eravamo spostati a letto, dove avevamo passato buona parte della notte a baciarci, ad accarezzarci, a…
“Guardami Candy…” mi disse ansimando con voce roca, mentre continuava a muoversi ritmicamente dentro di me.
Ero vicina… così vicina… il peso del suo corpo duro e forte che mi schiacciava deliziosamente contro il materasso, con una mano mi afferrava un seno con possesso, con l’altra mi accarezzava una gamba con gentilezza… Sentii le sue dita risalire lungo il mio corpo e posarsi sulla mia fronte, allontanando una ciocca di capelli dal mio viso con dolcezza.
Aprii gli occhi ed i nostri sguardi si incontrarono. Appariva completamente rapito, come se tutto ciò che avesse mai desiderato fosse adesso tra le sue mani.
“Sei bellissima, cazzo.”
 Era decisamente arrivato il momento di uscire dalla doccia. Quello che era successo la sera prima… era stato bellissimo, ed avevo ancora i brividi al solo pensiero, ma dovevo andare via al più presto. Fargli capire che questa notte per me aveva significato ben più di quanto era disposto ad offrirmi non era un’opzione.
Uscii dalla doccia e mi avvolsi in un asciugamano che trovai appeso lì accanto e che mi copriva a stento dal seno a metà coscia. I miei vestiti erano ancora sparsi in giro per la stanza, dovevo rivestirmi in fretta se volevo andare via prima che si svegliasse.
Immediatamente mi resi conto che il mio piano era fallito in partenza. Castiel era sveglio, seduto a letto con indosso solo un paio di boxer neri, era una visione per gli occhi… fortunatamente ebbi modo di riprendermi in fretta, perché aveva la testa abbassata verso il telefono che stringeva in mano.
Quando però rialzò lo sguardo e mi vide lì sulla soglia del suo bagno, bagnata e con indosso solo un asciugamano… capii che la maschera del solito freddo Castiel era tornata a posto. Il suo comportamento indifferente, però, non riusciva a nascondere il calore del suo sguardo.
“Dormito bene?” mi chiese con uno dei suoi soliti sorrisi strafottenti.
“Sì, certo, e tu?”
“Diamine… devo essere allo studio di registrazione entro dieci minuti.”
Vero o no… era chiaro che stava cercando di liberarsi di me. Lo sapevo benissimo che questi erano gli accordi, ma dentro di me ero delusa. Però… non gli avrei mai dato la soddisfazione di sapere quanto questa situazione mi toccasse davvero. Se uno dei due doveva sentirsi deluso qui non dovevo essere di certo io, ero decisa ad assicurarmene.
“OK, va bene, mi vesto e torno al campus” risposi con indifferenza.
Lasciai cadere l’asciugamano e rimasi completamente nuda davanti a lui.
Qualche volta giocare sporco è divertente.
Castiel non reagì, ma vidi le sue pupille dilatarsi ed i suoi pugni stringersi nervosamente, mentre cercava inutilmente di distogliere lo sguardo dal mio corpo. Sorrisi soddisfatta tra me e me, ed iniziai a muovermi tranquillamente nell’appartamento, recuperando i miei vestiti qua e là.
Cominciai dal reggiseno, che indossai aggiustandomi con cura. Poi, mentre gli davo le spalle recuperando le calze, lo sentii alzarsi e cominciare a vestirsi. Con la coda dell’occhio lo vidi afferrare i jeans ed infilarseli con un po’ più violenza di quanta fosse necessaria. Ero di fianco mentre, con un piede sulla sedia, infilavo una calza e la facevo risalire lentamente fino al ginocchio, praticamente accarezzandomi la gamba. A quel punto non fingeva neanche più di vestirsi con disinteresse, mi osservava immobile appoggiato contro un muro, fuoco nei suoi occhi grigi.
Camminai decisa verso di lui e, quando gli fui di fronte, gli posai una mano sul petto, e la feci scendere dolcemente, sfiorando i sui suoi addominali, fino al bottone dei suoi jeans.
“Candy…” disse con voce roca.
“Mi dispiace Castiel” risposi con un sorriso malizioso, infilando la mano nella sua tasca “ma devo riprendermi queste.”
Recuperai i miei slip dalla tasca dei suoi jeans, dove li aveva messi quando me li aveva sfilati la sera prima. Senza distogliere lo sguardo dal suo li infilai, facendoli risalire lentamente lungo le mie cosce.
Non avevo più motivo di perder tempo, ero sicura di averlo fatto innervosire abbastanza. Mi girai, afferrai il mio vestito che era a terra lì vicino e lo infilai velocemente, le scarpe seguirono subito dopo.
Borsa in mano, mi diressi verso la porta. Appena prima di afferrare la maniglia mi girai appena e dissi “Alla prossima allora.”
Senza dargli tempo di riprendersi abbastanza da rispondermi, uscii dall’appartamento, profondamente soddisfatta di me stessa.
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giorgiaa2307 · 7 years ago
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Che ne sarà di Anasthasia? Cap.1 Traumedì
Le ore di storia sono più eccitanti del prof, che ha più tette di Sarah. Le avrò ripetuto migliaia di volte questa cosa e se la cava sempre così "Cresceranno, devo ancora svilupparmi" Secondo me si sposerà dicendo a suo marito che si deve ancora sviluppare ahah. Ma la cosa bella, è che lui suda anche sotto i rotolini di ciccia. "Chiamali rotolini..!" Mi commenta Sarah di lato..e in effetti ha ragione. È così antiquato..ci farei una fortuna al mercatino. -Oi Gars, oggi ci sono quelli fighi in piscina!- -si e io peso ancora 180 kg..sono appena finite le vacanze di Natale..mi deprimono le piscine al coperto.- -Sui 180kg ti do ragione, però non si notano tanto dai!- -Va beh ma poi io sono occupata a eccitarmi guardando il prof, hai visto che sexy il maglione a quadri?!- -lasciamo stare, lo stuprerei- -va beh ci vengo, ma lo faccio solo per te.- sbuffo e vedo i suoi occhi color merda illuminarsi. -Grazieeeeeee- mi abbraccia..ragazza meno entusiasmo, non ho detto che ti sposo! -almeno la mia trippa si sentirà meno sola quando vedrà i tuoi capelli colorati polenta che esprimono un forte senso di disagio- I prof nelle ore dopo non migliorano: Quella di italiano con le tette a cono Quello di ginnastica che ha più ciclo di me e Sarah messe insieme.. Finalmente le ore finiscono e io e Sarah andiamo a casa mia dove ci dividiamo il frigo, cinquanta e cinquanta. Tanto la situazione non può migliorare, ho le gambe grosse con o senza mangiare! Sarah non ingrassa né mangiando, né facendo altro. Mia mamma inizia a fare le solite domande da detective inglese, che nemmeno Sherlock Holmes è ai suoi livelli. Mio fratello Juan arriva e inizia a fare il pirla protettivo che mi minaccia di farmi suora. -Gars, che manzo tuo fratello!- -Beh siamo fratelli..- dico tirando mela un po' -infatti! Come sei potuta nascere tu?!- Le lancio una frecciatina per non tirarle un bestemmione di quelli tipo Mosconi. Mio fratello ci accompagna in macchina, io ho il mio costume sexy con gli ippopotami blu. Sono proprio pronta a questo evento. Ho chiesto a Sarah di stringermi il costume e mi sembra ancora un po' molle, va beh, non penso mi cada. Arriviamo e Sarah è più eccitata di Hitler quando vedeva una doccia nuova. -Allora. Nicholas, Georgie, Luis e André.- -lo hai già stalkerati..brutta stronza- rido e lei arrossisce. -beh mi porto avanti- fa la finta tonta -fanno nuoto, occhio a non andare nella loro corsia o ti cazziano.- -vabbeneeee- Mi tolgo la maglia e la poso sulla sdraio. Non capisco perché ci siano dato che la gente non può prendere il sole, ma va beh. Non sono poi così grassa..55 kg non sono tanti...credo. Boh non lo so, le paranoieeeeee Sarah si tuffa e io mi avvicino al bordo piscina. C'è uno che si sta per tuffare che ha degli addominali..madonna. Cammino verso l'acqua e non mi accorgo di una ciabatta Ci inciampo e cado col culo sul bordo e poi entro in acqua di faccia. Dopo l'acqua nel naso e le orecchie tappate, mi accorgo che il reggiseno era effettivamente troppo largo.. Devo trovarlo cazzo Sarah se la ride..ridi ridi che poi ti ammazzo. Non ci vedo bene sott'acqua, cerco di prenderlo ma non riesco. È difficile coprirsi e prendere il costume insieme. Non vedo dove vado, probabilmente sbatterò contro qualcosa. Infatti... -Guarda dove vai, per cortesia- dice il ragazzo del trampolino. Dopo essere risalita e aver messo a fuoco l'immagine, riesco a capire che lui è basito nel vedermi coprire con un braccio il seno. Arrossisco, vorrei sparire. Va sott'acqua con gli occhialini e mi trova il costume. -Grazie mille, davvero- sorrido come un'ebete mentre lui si tira su gli occhialini. Ha gli occhi grigi, quasi neri. Sono penetranti e lui è molto intimidatorio. -posso aiutarti a metterlo? Non credo ci riuscirai da sola- mi sorride ironico. Ricambio il sorriso Mi giro e me lo lega stretto, dalla sdraio c'è Sarah che mi fa le facce porno e io divento ancora più rossa.. -ora, visto che tanto ti ho visto le tette, mi puoi dare il tuo numero?- ride e anche se penso che sia stato un intervento da cretino, rido pure io. -ti aspetto al bar dopo nuoto, se ti va- Annuisce e torna nella corsia. Io esco dall'acqua e realizzo che ho appena parlato con un ragazzo. Mi stupisco che io ci sia riuscita, parlare DAL VIVO ad un ragazzo, io?! Io che ho sempre trovato amicizia sui social, come tumblr. Dove ho trovato il mio migliore amico Matheny e Clara, una ragazza fantastica che mi ha sempre aiutata. -Sei proprio una troia, ti sei presa Nicholas!- -A parte il fatto che mi ha visto il seno e non so il suo nome, che differenza fa?- sono ancora tutta rossa - che ti sei presa l'unico fidanzato?!- Rimango un po' delusa. Non me la prendo tanto.. però mi dispiace. Perché credevo di aver trovato un ragazzo del quale avrei potuto innamorarmi..ma se è fidanzato non si tocca. -beh ha detto che mi aspetta al bar dopo l'allenamento..-sono un po' confusa Ci dirigiamo verso il bar della piscina mentre lei mi spiega la loro storia come se ne fosse partecipe, parla parla parla. Ho capito solo che si chiama Veronica e che ha tre anni in più di lui, che ne ha 16. È già una cosa che mi puzza..ma va beh. Sta arrivando con il suo gruppetto, gli altri tre notano subito Sarah, perché si sa che le bionde fanno furore. Nicholas viene verso di me, mi sposta la sedia di un tavolo a parte e mi fa sedere. Ancora non ci credo sia fidanzato. -Tutto okay?- mi chiede, quando smette di squadrarmi. -si tutto bene, scusa per la testata- rido e lui abbassa lo sguardo sorridendo, un po' mi dispiace che abbia abbassato lo sguardo. -mi devi ancora un numero tu o sbaglio?- poggia i gomiti sul tavolo e si avvicina pericolosamente a me, e dico pericolosamente perché sarebbe da stuprare, Nicholas Frederickson. Gli passo un foglietto dove lo avevo scritto mentre aspettavo, ovviamente con la biro rosa ahah -bella la biro rosa, la dovrei comprare- dice mentre lo registra -mh e poi la tua ragazza cosa le penserebbe? Che la tradisci con un uomo?- Mi pento subito di cio che ho detto. Si blocca stupito e mi guarda. I suoi occhi ora rendono più al nero che al grigio. -Non mi parlare di lei, non è un argomento gradito..- mi risponde freddo, per far arrivare il messaggio dritto al destinatario. -scusa, non volevo essere impertinente- abbasso lo sguardo e lui mi alza il mento con due dita, per farsi guardare. -hai gli occhi azzurri?- mi osserva e io mi sento terribilmente in imbarazzo, è davvero troppo sexy e io sono troppo suggestionabile. -dipende dalla luce, non lo sono sempre- la faccia mi va a fuoco. -ora devo andare, prometti che mi scriverai appena sei a casa? Così non mi preoccupo e sono sicuro di aver allacciato bene il reggiseno.- si alza e sorride -te lo prometto- mi saluta e ricambio. Alzò lo sguardo al cielo e mi chiedo perché sto andando a fuoco se è gennaio. Dopo che Sarah ha finito i suoi discorsi con i ragazzi torniamo a casa, mio fratello la accompagna e dopodiché arriviamk alla nostra fermata -la mamma non c'è, sta sera stai con me- -beh finché non ti trovi una ragazza, vivrai con me!- -spiritosa- Me ne vado in camera mia, che poi è comunicante con la camera di mio fratello. Quando ero piccola e avevo paura dei tuoni, cosa che ho ancora adesso, mi stringeva nella coperta e faceva finta di essere papà. Nostro papà è morto quando eravamo piccoli in un incidente "Principessa i tuoni sono le risate di papà" "E perché ride?" "Perché sei bellissima, Principessa" Le notti di tempesta le passava ripetendomi queste cose. Mi butto sul letto e guardo il soffitto. Oggi è il 18 gennaio, e il 18 gennaio sono successe tante cose. Fa freddo, il cielo è cupo e minaccia pioggia. Sono avvolta fra le coperte e ripenso a tutto quello che è successo, dopo il 18 gennaio dell'anno scorso. Chissà ora con chi sta, se mi pensa ancora a volte. Se ascolta ancora la nostra canzone e se si ricorda Delle nostre promesse. Anche Frederickson mi farà soffrire? Spero di no.. Devo scrivergli. "Ehy sono Anasthasia, sono arrivata a casa e il reggiseno ha tenuto" Invia. Mi giro da una parte, verso la finestra. È già buio e inizia a vedersi la luna. Le stelle non ancora. Mi squilla il telefono, la vibrazione del messaggio. -sono contento, mi sento realizzato- sorrido ripensando alle facce idiote che faceva. -E tu sei arrivato a casa?- Invia. -si, non riesco a dormire se non sono a casa.- che cosa profonda. Beh sarà abituato alla mamma..o alla ragazza -io riesco a dormire benissimo ovunque invece ahah- -chissà perché ma non avevo dubbi..ahah- poi ne arriva subito un altro -magari uno di questi giorni usciamo, oppure esco per venire da te-. Perché a casa sua c'è la ragazza?! -va bene, dimmi tu quando- tranne domani, viene a dormire Sarah. È la nostra serata. -mercoledì sera sono da te- che pezzente, si auto invita a casa mia, e vuole dormire da me. Non che mi dispiaccia, fossi scema.. però non voglio che accada nulla, visto che è pure fidanzato. -okay, ci sentiamo dopo- smetto di scrivergli e chiamo Metheny. "Hey Matt, come stai?" "Ehi ciao, tutto bene dai..tu?" "Ho un appuntamento, con un ragazzo" "Tu?? Un appuntamento?!" "Sii!" "Con lo spirito santo?! Occhio che ti fa rimanere incinta" mi sfotte " Ah ah ah " "Va beh sono felice per te, però cerca di non far cagate." " Va bene mamma, vado a mangiare" "Mi trovi qui quando vuoi" Sono sempre belle quelle parole, "mi trovi qui quando vuoi" Perché lui c'è anche se non c'è. Ha sempre fatto di tutto per me..gliene sono grata. Non ho fame, volevo solo guardare Tumblr in pace. Posto alcune frasi, che diventano molte. Scrivo a Clara dicendole che va tutto bene, le chiedo come sta..insomma, una conversazione normale. Leggo la posta dei lettori e c'è un messaggio di una certa Sofia, che mi dice di aver una relazione strana con il suo partner. "Ciao Ana, sono Sofia e ho 17 anni. Sto con il mio ragazzo da due settimane e lui vorrebbe avere dei rapporti..secondo te è meglio aspettare? P.s. bellissimo blog" Io" Ciao Sofia, innanzitutto grazie. Io credo che se ti fidi di lui potresti iniziare a far qualcosa. Però devi vedere tu la situazione, se ritieni più opportuno aspettare, sai quello che devi fare." Poso il telefono e mi copro tutta, inizia veramente a gelare. Sembro un involtino primavera, tutto arrotolato Mi addormento pensando all'anno scorso, e che era un po' che non ci pensavo. "E se mordo una fragola, mordo anche te" Queste erano le parole della nostra canzone.. Basta, non posso starci male ancora, soprattutto adesso.
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