#due disagi che si incontrano
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Dopo la foto di Todaro con Fabrizio Moro io non posso che immaginarmeli a fare i padri che fanno la ruota mostrando a vicenda le foto delle bimbe in una sinfonia di "CHE BELLA TUA FIGLIA" "MA GUARDA PURE LA TUA QUANTO È BELLA" "TI SOMIGLIA TANTISSIMO" "MA GUARDA LA TUA COME COLORA BENE" ecc.
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Vivere, dormire, sognare.
Cosa c’è più brutto di un incubo o di una vita vissuta nel disagio? La loro combinazione.
Almeno quando avevo incubi mi svegliavo calmandomi e mettevo piede in una vita accettabile.
E quando vivevo male potevo sempre trovare rifugio nei sogni, che per un terzo della giornata mi regalavano un po’ di luce.
Ultimamente vivo nel disagio... vado a dormire e ho incubi dove i piccoli disagi della vita vengono ampliati enormemente. Sogno una situazione scomoda in cui non vorrei vivere, mi sveglio e mi accorgo che quel sogno era solo la resa in immagini di quella situazione scomoda che se ne sta li nascosta dietro la testa...
Il jack non aiuta, lo xanax neanche. I farmaci, antidepressivi, mah. Se sto cosí male con una terapia massiccia come la mia mi chiedo, senza come starei? Neanche i sonniferi aiutano.
Allo stesso tempo, dato che preferisco la lucidità al caos della mente, anche la sobrietá non aiuta. La calma, la meditazione, la tranquillitá e il silenzio.
È uno strazio continuo che di giorno si presenta in alcuni modi, nel sonno prende il sopravvento, e come un incidente frontale, questi due luoghi si incontrano al risveglio.
Nel risveglio in cui sono ancora agitato dal sogno, in cui mi brucia lo stomaco, e in cui realizzo in pochi minuti che sono passato da un incubo ad una realtá incubo.
E quindi l’unico rimedio è....
Il tempo. La forza. Come ho sempre fatto. Resistere, non gettare la spugna e non dare di matto, aspettare con pazienza. Perché se aspetti passa più o meno tutto.
E se non passa, avrai aspettato così a lungo che sarai passato tu.
Cosí mi sono sempre detto di affrontare la vita e così suggerirei a tutti. Aspetta, dagli tempo, non mollare.
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Li ho visti in piena forma in un derby a Jesi nel 1998, con l’Onda d’Urto ancora in auge. Li rividi nel 2007 ancora convalescenti e un po’ disorganizzati dopo lo scioglimento dello storico gruppo. Li rincontro oggi dopo undici anni, carichi e con tanta voglia di continuare una tradizione di tifo ultradecennale.
Quella dei Sambenedettesi è la storia di tante tifoserie, costrette a combattere con ricambi e trasformazioni al proprio interno e coi mutamenti genetici di un sistema calcio apertamente ostile.
Nel nostro movimento, si dice, essere una buona curva è tutta una questione di continuità: continuità nelle presenze; continuità dei singoli nel non disertare lo stadio; continuità nel ricambio generazionale; continuità nel modo di vivere la curva; continuità nei rapporti interpersonali; continuità nei riti che generano cultura.
Oggi, non solo allo stadio ma nella vita, chi è che può vantare questo requisito?
La continuità esiste solo per chi dedica la propria vita ad un qualcosa prendendolo per una missione; la continuità presuppone che il tuo habitat non muti mai e che, nel frattempo, non cambi neanche tu. E anche che, nel frattempo, nessun incidente di percorso o imprevisto interrompa il tuo cammino.
Per carità, la continuità non è impossibile, però la maggior parte delle tifoserie deve tribolare per poter superare i momenti difficili; un po’ come in un rapporto di coppia consumato dagli anni.
Proprio perché so quanto è tortuoso tornare su grandi livelli a dispetto di tutto i disagi possibili e immaginabili, ho avuto un gran piacere nel ritrovare, quest’oggi, i marchigiani in grande spolvero.
Molti i ragazzi giovani, tante le sigle più o meno recenti e, almeno a pelle, la sensazione di una forte continuità con un passato mai rinnegato. Anzi, coltivato e perseguito.
Di fronte, invece, i padroni di casa del Piacenza, una delle poche tifoserie che, nel bene o nel male, possono definirsi continue da tantissimi anni.
In balaustra le stesse facce che hanno dato una dimensione passionale e fedele al popolo biancorosso. Gli anni ci sono tutti ma la sensazione è che, pur invecchiando, il vino resta buono.
A dispetto di altre volte – sarà magari l’importanza della partita o qualcos’altro – noto sia fuori dallo stadio, sia nel gruppo piacentino, un bel po’ di ragazzi più giovani, proprio coloro che dovranno garantire una maggior continuità quando i più vecchi cederanno, loro malgrado, il passo.
Gli ingredienti per una grande sfida in campo e sugli spalti ci sono tutti e, devo dire, tutti i pronostici saranno rispettati.
È il secondo turno dei playoff di Serie C, partita di andata.
Il Piacenza, dopo un campionato piuttosto blando nel suo girone A, ha trovato continuità nel finale della stagione regolare e ha ribadito il suo stato di forma espugnando Monza al primo turno dei playoff, aggirando l’ostico tranello della partita a botta secca in trasferta, con un solo risultato utile per andare avanti.
La Sambenedettese arriva di diritto a questa gara, dopo l’ottimo terzo posto nel girone B.
Le due squadre non si incontrano dal lontanissimo Giugno del 1989; quindi, per la maggior parte dei convenuti sui gradoni, il match è un inedito dall’indubbio fascino.
Piacenza vive come sempre le grandi occasioni: buoni numeri (quasi 4.000 gli spettatori), tantissime persone con le bandiere, quasi tutti con la sciarpa, tanti striscioni esposti, molti di carattere storico.
Anche stavolta tutto il pubblico dei distinti accompagna sin da subito i “graduati” del tifo organizzato: l’ingresso in campo delle squadre è accompagnato da tanta voce, bandiere al vento, sciarpe alzate e anche qualche torcia, il che non guasta mai.
L’incitamento emiliano è sin da subito di alto livello. A cantare con assiduità sono le prime file, ma raramente queste faranno da soliste.
Per vedere veramente i sambenedettesi all’opera devo aspettare il quarto d’ora, quando arriva il grosso del contingente curvaiolo: prima di allora qualche coro sporadico e qualche torcia accesa da parte dei primi arrivati.
Con l’ingresso di Banda Raia, Futili Motivi e compagnia, gli ospiti cambiano marcia, il settore si compatta e lo spettacolo diventa completo.
Tra le due fazioni non sembra esserci grande simpatia: qualcuno, da ambo le parti, urla qualche sfottò, altri indirizzano gesti. Nel complesso, però, l’indifferenza sembra tenere. Quando alcuni singoli, su sponda Samb, provano ad indirizzare cori diretti contro Piacenza, vengono zittiti.
L’apice dell’ostilità si raggiunge quando i Piacentini cominciano ad intonare cori contro Rimini, fischiati dalla controparte, visto che tra rossoblu e biancorossi romagnoli vige uno storico gemellaggio.
A proposito di amicizie, tra i marchigiani appare anche uno striscione degli ultras tedeschi del Friburgo.
La partita è tutta da vedere, sia in campo sia sugli spalti.
Sul rettangolo verde parte meglio la Samb, anche se il Piacenza coglie quasi subito una clamorosa traversa.
La trafila delle reti si consuma tutta tra il 22° e il 35° minuto. Vanno in vantaggio gli ospiti con una ribattuta di Miracoli dopo che il portiere del Piacenza, Fumagalli, gli si era abilmente opposto: esultanza tra i giocatori ospiti, esultanza incontenibile anche per i tifosi del settore rossoblù.
Dopo appena 5 minuti una punizione dal limite, calciata rasoterra da Silva rimette in parità la questione: la tribuna del Garilli esplode per ripetersi dopo 8 minuti, quando è Bini, di testa su corner, a firmare il sorpasso e a fissare il punteggio definitivamente.
Ci sarebbe tutto il tempo per cambiare gli equilibri ma, nonostante lo sforzo di entrambe le squadre, si tornerà in campo a San Benedetto del Tronto con il vantaggio di 2 reti a 1 per gli emiliani.
Sugli spalti il tifo è coinvolgente e passionale da entrambe le parti, con alcuni picchi davvero notevoli.
Le due tifoserie danno il meglio di loro nella seconda metà del secondo tempo, quando il Garilli diventa un catino.
I piacentini tengono lo stesso coro per tutto il tempo e, sul finale, l’accompagnamento continuo di tutta la tribuna trascina i biancorossi ad un importantissimo successo. In questo frangente sciarpe e bandiere si fanno vedere con la stessa intensità dell’ingresso in campo delle squadre.
Cori continui, manate e decibel molto altri anche tra i circa 500 ospiti, che concludono la partita veramente in crescendo, anch’essi con molto colore. Nonostante il risultato avverso, la prestazione dei marchigiani è veramente di ottima fattura e, per rimanere in tema con l’articolo, continua.
Finisce con entrambe le squadre sotto ai rispettivi settori e altrettanti cori cantati col massimo delle potenzialità vocali.
Ogni tanto servono questi scontri inediti, essendo stimolanti per le rispettive tifoserie. C’è da scommettere in una partita molto interessante anche nella gara di ritorno.
Stefano Severi
Piacenza-Samb 20.05.2018
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Piacenza-Sambenedettese, playoff: i significati della continuità Li ho visti in piena forma in un derby a Jesi nel 1998, con l’Onda d’Urto…
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“Si vede il mare?” Cap. XXXVIII
_______________La madrina Maria_______________
La "parrina (*)" Maria è la Madrina di cresima di mia madre.
Questa signora, per un lungo periodo, fa piacevolmente parte della nostra vita: che io ricordi, ho sempre sentito parlare di lei.
Comunque una presenza molto discreta...
Da piccola io, le mie sorelle e mio fratello, siamo abituati a incontrare questa bella signora dagli occhi di un azzurro tenue color del cielo, quel cielo delle giornate primaverili siciliane.
Viene a trovarci di tanto in tanto nella nostra casa di via San Salvatore e noi andiamo da lei nella sua casa in una traversa di via Verdura.
Quando divento adolescente, periodo della vita in cui le domande si accumulano nella testa, fase di transizione a volte anche critica e decisiva per il nostro modo di essere da grandi, non capisco l’affetto, definirei particolare, che la mamma nutre per questa signora. So che non è una parente ma percepisco, capisco, che è qualcosa di più di una Madrina di cresima.
Noi, a casa, teniamo una grande scatola con dentro tante fotografie. Mio padre ha l’hobby della fotografia: e infatti ne abbiamo tante. Le teniamo in questa grande scatola e di tanto in tanto mi piace guardare le foto di noi piccoli, della mamma, dei miei cugini, ma c‘è una foto non tenuta nella scatola insieme alle altre, ma in una borsa di mia madre, una foto di un giovane, un bel ragazzo dagli occhi del color del cielo, come quelli della Madrina Maria. Infatti quel giovane è suo figlio e… fidanzato di mia madre per un breve periodo.
Un giorno come un altro guardiamo le fotografie:
- "Mamma, nella tua borsa nera c'è la foto del figlio della Parrina Maria" (tutti in famiglia la chiamiamo così), "perché questa foto non è nella scatola insieme alle altre?"
Mia madre rompe il silenzio e ci racconta la breve e bella storia del loro amore.
Si incontrano tra le vie di Termini bassa, i primi sguardi, il primo sorriso… si innamorano!
Ma la guerra, la seconda guerra mondiale, è ormai scoppiata; lui ha la sfortuna di compiere 19 anni nel 1940 e viene arruolato. Deve partire, ma prima di partire le famiglie si incontrano, i ragazzi hanno questo desiderio.
Quando Totò (**) parte, la mamma va a trovare quasi tutti i giorni la sua Madrina; adesso che le famiglie si conoscono, per lei è più semplice. In quel periodo ancora non è la sua Madrina (più in là vi dico quando lo diventa), è solo sua suocera.
Il giovane Totò, dopo pochi mesi, in piena guerra, al fronte, si ammala. Viene operato di appendicite. Ma la peritonite lo porta a volare, volare lassù in mezzo a quelle nuvole fatte di bombe, fumo, dolore e morte. Il suo corpo arriva a Termini dove viene sepolto.
La mamma ha solo 17 anni. Leggo nei suoi occhi tanta tristezza. Mentre racconta penso al dolore che avrà provato. Anche lo zio Stefano, suo fratello anche lui in guerra, risulta disperso nel mare della Grecia. Per due anni la nonna, la famiglia, non hanno sue notizie.
Mia madre si trasferisce a casa della Madrina, va a vivere con lei, uniscono il loro dolore, parlano a lungo di lui, si abbracciano, piangono. Di tanto in tanto sentono il rombo degli aerei che solcano il cielo, aerei pieni di bombe che si dirigono verso Palermo.
Quando sbarcano gli americani e arrivano nella nostra cittadina, sostano molto tra la stazione ferroviaria, via Verdura e piazza Bagni. Sono dei simpaticoni: regalano gomme da masticare e caramelle ai bambini ed agli adolescenti. Lo zio Paolo è uno di questi adolescenti che rincorrono questi giovani militari per avere quella cosa che ha un sapore di menta, che non si inghiotte, che resta in eterno tra i denti. Lo zio Paolo fa amicizia con un militare, lo fa conoscere ai nonni ed a tutta la famiglia. Lui, John, ha una sorella della stessa età della mamma, che gliela ricorda tanto. Anche la Madrina Maria conosce il giovane americano e lei, per guadagnare un pò di soldi, per sbarcare il lunario, comincia a preparare dei pasti per John e altri militari. Lava loro anche i vestiti. Si fa di tutto per sopravvivere ai disagi provocati dalla guerra. Ma non tutti sono simpaticoni, come dicevo, perché molti si ubriacano, diventano un pericolo per le giovani donne. Cosi la Madrina dice:
- "Santina torna a casa tua, vieni a trovarmi, ma la sera resta con i tuoi genitori, dormi a casa tua".
Sugli americani, dai racconti delle persone che vivono la guerra, sento pareri contrastanti: alcuni li ricordano come delle persone generose, altri solo come dei beoni, un pò spacconi. La sera bevono qualche bicchiere in più, forse anche loro devono azzerarsi, devono sconfiggere lo stress della morte, delle bombe… O semplicemente amano bere.
A proposito di americani, mio padre ci racconta l'episodio seguente.
Quando scoppia la seconda guerra mondiale, ha solo 16 anni; ne compirà 20 quasi alla fine. Non viene mandato al fronte, ma rimane a fare servizio civile. Un giorno c’era un guasto nelle distribuzione elettrica. Con il nonno hanno appena il tempo di montare le scale che il cielo viene sorvolato da due aerei militari. Mio nonno dice:
- "Alfonso" (mio padre in quel momento si trova su quelle scale a circa dieci metri di altezza), "scendi! Scappiamo…"
- "Papà tranquillo, sono aerei americani…"
Come dire: sono i nostri liberatori… Uno dei due aerei, invece, torna indietro, si abbassa di quota, e comincia a mitragliare i due poveri operai. Mio padre si butta letteralmente da quelle scale mentre il nonno copre il corpo di mio padre con il suo, per difenderlo dai proiettili. Per fortuna, diciamo, che il militare che ha sparato si è passato un capriccio; se avesse voluto, sarebbe ritornato e li avrebbe finiti.
Beh che dire… Quando mio padre lo racconta non vi nascondo che provo rancore, astio, per gli americani…Ma di contro c'è John. Che a guerra finita, arrivato in America, manda dei pacchi pieni di roba da mangiare, vestiti, e tanta corrispondenza epistolare che si protrae per molti anni. Tutto scritto in inglese. Lo zio Paolo, per la traduzione, va a casa del suo maestro.
Alla fine della seconda guerra mondiale, sono già passati quattro anni dalla scomparsa di Totò, primo amore di mia madre, la mamma conosce mio padre. È pronta per un nuovo amore…
Alfonso, mio padre, lavora (già ne ho parlato nella prima parte di questo mio racconto) presso una ditta privata che oggi è l'Enel. A guerra finita, da Caccamo dove abita con la sua famiglia, viene temporaneamente trasferito a Termini, suo paese natale. La ditta gli trova in affitto un piccolo appartamento a Termini Bassa, a pochi metri dagli uffici di questa ditta. Ma anche la mamma abita nei paraggi. E' così che si incontrano, sempre tra le viuzze di Termini Bassa .
Fisicamente sono molto diversi: Totò ha la pelle chiara e gli occhi azzurri, Alfonso ha capelli neri folti, ricci, occhi castani e baffetti da sparviero alla Rehtt di "Via col vento".
Bello, il primo, ma anche mio padre è un uomo molto attraente. Mia madre, sicuramente, ha buon gusto, non ha il gusto dell’horror come… Beh questo è un altro discorso. Comunque giudicate voi dalle foto…
Così cominciano a frequentarsi.
Di tanto in tanto, quando a casa i nonni hanno qualche problema con l’elettricità, chiamano il giovane elettricista per risolvere il problema. Una di queste volte mio padre si dichiara ai futuri suoceri. Mentre il nonno guarda con ammirazione il coraggioso giovane, la nonna, di contro, lo avverte che questa volta è entrato in casa, ma che d’ora in poi farà a meno del suo aiuto:
- "In questo periodo, noi, abbiamo altri pensieri. Non ho figlie da sposare", dice.
Mio padre esce da quella casa mortificato, deluso, amareggiato. Ma mia madre, appena le è possibile, spiegherà il motivo di tanta durezza da parte della nonna. Lo zio Stefano ancora non è tornato dalla guerra: è il1945, ed a poco a poco cominciano ad arrivare i primi militari. La nonna va ogni giorno alla stazione, sanno che lo zio è sopravvissuto, ma non sanno ancora quando farà ritorno.
Anche mio padre di tanto in tanto va alla stazione, qualche volta segue da lontano la nonna, così quando si concretizza il giorno del suo arrivo, lui, Alfonso, vede questo giovane scendere dal treno e abbracciare forte la nonna: non ci sono dubbi, è lui, i due visi che si guardano con tanto amore sono molto somiglianti. Parlano fitto fitto, hanno tante cose di cui parlare; poi vede lo zio Stefano prenderla sottobraccio e avviarsi verso casa.
Alfonso corre, vuole arrivare prima di loro, per dire a Santina che adesso potranno vivere il loro amore alla luce del sole.
Così le famiglie si incontrano, anche la Madrina sa del nuovo amore di mia madre, e sa che è troppo giovane per rinunciare a farsi una famiglia, avere dei figli… Beh, ne hanno fatto cinque.
Mia madre non ha fatto la cresima; ma un matrimonio cattolico non si può fare se non hai fatto la cresima.
Deve cercare una Madrina! E' lei che lo propone a mia madre:
- "Santina non sono riuscita ad essere tua suocera, almeno dammi la possibilità di diventare la tua Madrina".
- "Non speravo di meglio, sono contenta di restare legata a voi (un tempo ci si dava del voi), almeno, in questo modo", dice mia madre.
Andiamo a mio padre: anche per lui diventa la Madrina Maria! La cosa che trovo straordinaria è che lui, se si trova nei paraggi di Via Verdura, la va a trovare… A volte ci andiamo tutta la famiglia!
Qualche volta ho sentito mio padre dire:
- "Santina, ho incontrato la Parrina Maria, ha voglia di vederti…"
E così fino a quando la nipote Anna Maria, che abita a Modena (dove si trasferisce), la vuole con sé.
Dopo alcuni anni decide, però, di tornare e, avendo una sua pensione, va a vivere al Boccone del Povero (un istituto gestito dalle suore). Qui ha altri parenti che la domenica la vanno a prendere per farle trascorrere la giornata festiva in famiglia.
Una domenica un suo parente, il professore Franco, ci contatta:
- "La Parrina Maria pranza a casa sua, vuole vedere la figlioccia Santina".
E andiamo: mia madre, mio padre… ed io!
E' l’ultima volta che la vedrò.
(*) Madrina per i non siciliani
(**) Diminutivo di Salvatore
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Chi controlla Bitcoin?
di Daniel Krawisz Una preoccupazione comune e comprensibile su Bitcoin, è che potrebbe essere danneggiato a livello di protocollo per servire interessi particolari piuttosto che le masse. Ad esempio, potrebbero essere adottate caratteristiche che potrebbero rendere Bitcoin molto meno anonimo o che lo trasformerebbero in un sistema centralizzato. Si teme la presenza di qualcuno che possa influenzare lo sviluppo degli aggiornamenti e bloccarli. Chiunque potrebbe creare fork in Bitcoin, ma supponiamo che ci sia un aggiornamento proposto da alcune persone influenti -- gli sviluppatori principali -- e supponiamo che creino una hard fork nel protocollo Bitcoin. Gli sviluppatori principali potrebbero dire che si tratta una buona idea, ma forse sono stati pagati dalla NSA. La domanda a cui risponderò qui è se e come possa essere impedito a tale aggiornamento di diventare standardizzato. Chi controlla Bitcoin?
Nuovo e classico Si suppone che ci sia un qualche disaccordo sul fatto che l'aggiornamento sia una buona idea, perché se non ci fosse allora non ci sarebbe nessun problema. Una volta che l'aggiornamento viene rilasciato, la rete si divide. Ognuno può scegliere quale biforcazione seguire, o anche seguire entrambe le versioni contemporaneamente. Ci sono due Bitcoin ora; li chiamerò Bitcoin Nuovo e Bitcoin Classico. Ognuno ha una propria rete, e tutti coloro che possedevano bitcoin prima hanno la stessa quantità di Bitcoin Nuovi e Classici. Chi può impedire ai Bitcoin Nuovi di prendere il sopravvento? Alcune discussioni sostengono che le persone che gestiscono i nodi possono fermare un aggiornamento rifiutando di eseguirlo. Beh, sarebbe vero se nessuno eseguirebbe letteralmente l'aggiornamento, e di conseguenza il Bitcoin Nuovo morirebbe sul nascere. Tuttavia è anche vero che suddetta decisione non avrebbe alcun effetto reale sulla rete. La maggior parte dei nodi sono un peso morto. Anche i nodi pieni (e con questo intendo i nodi che memorizzano e convalidano l'intera blockchain) non offrono un contributo degno di nota. Un nodo pieno non fa niente di più che un sacco di altri nodi non possano fare, e per rimanere sincronizzati con la rete, richiedono più dati di quelli che forniscono. La rete può funzionare bene con pochi nodi pieni. Pertanto Bitcoin Nuovo non potrà essere fermato anche se un sacco di nodi pieni rifiutassero di eseguire l'aggiornamento. I nodi che contano veramente sono quelli che forniscono servizi di valore. Non importa se si esegue l'aggiornamento. Ciò che conta è se Coinbase, BitStamp e Blockchain.info eseguono l'aggiornamento. Questi nodi forniscono un sacco di infrastrutture per Bitcoin, quindi se non eseguono l'aggiornamento, Bitcoin Nuovo sarà molto meno utile. Tuttavia questi nodi sono a scopo di lucro, quindi tenderanno ad andare dove ci sono i soldi. Non possono permettersi di esercitare l'influenza che potrebbero avere, con il rischio di perdite a breve termine. Pertanto non hanno un così grande effetto sul risultato come potrebbe sembrare a prima vista. Che dire dei minatori? Se si rifiutano di minare la nuova catena, ciò fermerà Bitcoin Nuovo sul nascere, giusto? Beh no! Anche i minatori ci sono dentro per fare soldi, e se Bitcoin Classico non può sostenere lo stesso tasso di hash come Bitcoin Nuovo, allora metteranno in campo più risorse per minare Bitcoin Nuovo. Quindi neanche i minatori hanno molta voce in capitolo. Il tutto si riduce al valore delle due monete. Se Bitcoin Nuovo diventa più prezioso di Bitcoin Classico, allora i minatori mineranno ed i servizi lo sosterranno. Altrimenti no. Gli investitori risolvono la questione. Un investitore in Bitcoin può vendere i suoi Bitcoin Nuovi in cambio di quelli Classici, o viceversa, a seconda di quale secondo lui sia il migliore. I fornitori di servizi ed i minatori, in conclusione, sono meno influenti di quanto si possa pensare perché non necessariamente hanno i fondi per correre il rischio e decidere quale versione gli piaccia di più e quale promuovere. In breve, il problema è che non sono necessariamente investitori, che, per definizione, hanno i fondi. Gli investitori non devono ascoltare gli altri, perché possono permettersi di correre il rischio di esercitare influenza. Quindi sono gli investitori che controllano Bitcoin. Risalire a monte Chiaramente ci sono problemi tecnici con la creazione di un fork praticabile di cui non ho parlato. Ad esempio, un fork in Bitcoin potrebbe non essere in grado di funzionare perché il suo tasso di hash sarebbe inizialmente così basso che i blocchi da minare potrebbero richiedere giorni o settimane. Dal momento che non c'è mai stata una battaglia tra due fork prima, ci sono un sacco di incognite su come farlo bene, ma i problemi tecnici come quello appena citato potrebbero essere risolti se fossero adeguatamente studiati. Il vero problema non è come potrebbe essere effettuato un fork in Bitcoin, ma la comprensione di come si svolgerebbero gli eventi in una situazione del genere. Le situazioni ipotetiche influenzano la realtà di ogni giorno. Quando due eserciti si incontrano e sono in grado di determinare chi vincerebbe senza combattersi, allora la battaglia finirebbe senza dover iniziare. Questa è una situazione simile. Se un aggiornamento in Bitcoin sarebbe impopolare agli occhi degli investitori, i suoi fautori, sapendo chi vincerebbe alla fine, tenderebbero a fare marcia indietro prima di causare enormi disagi. Gli investitori sono al comando, anche per gli aggiornamenti di Bitcoin. Quali sono le implicazioni di questa conclusione? La motivazione degli investitori è il valore della moneta. La regola generale sugli aggiornamenti di Bitcoin, quindi, è che saranno eseguiti solo quegli aggiornamenti che aumentano il valore di Bitcoin. Pertanto è improbabile che Bitcoin sia aggiornato in modi che sia reso più facile da regolare, perché ciò lo farebbe diminuire di valore. Bitcoin potrebbe essere aggiornato in modo che sia reso più anonimo, perché una moneta più anonima sarebbe più preziosa. È anche probabile che sia adottato un aggiornamento che permetta blocchi di dimensioni maggiori, perché l'attuale limite di 1 MB finirà per limitare il valore di Bitcoin come forma di denaro. Saranno eseguite anche correzioni di bug evidenti, mentre non hanno alcuna possibilità i sistemi cockamamie che non migliorano in modo chiaro il valore di Bitcoin. Questo non per dire che Bitcoin è un essere divino o qualcosa d'immacolato. Significa solo che gli aggiornamenti di Bitcoin devono rappresentare un netto miglioramento da un punto di vista degli investimenti o altrimenti la loro strada sarà in salita. Qualsiasi intenzione per riprogrammarli per farli adottare dai servizi di Bitcoin farà perdere valore a quest'ultimo, perché lo cambierebbe da qualcosa di buono per il mondo a qualcosa di buono per un gruppo ristretto di persone. Naturalmente le persone devono prestarvi attenzione al fine di evitare una cosa del genere, ma non dobbiamo farci prendere dalla paranoia con l'ipervigilanza. [*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://ift.tt/1MEqejX Preso da: http://ift.tt/2o1IpLH http://ift.tt/2nvBSoK
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