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carlopavana-blog · 2 months ago
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La terrazza di fronte.
A Pistoia ovest in via Dante le case, mai costruite superiori al terzo piano, da sempre si fronteggiano ai lati della strada con i giardini ben curati ed i terrazzi adornati con vasi di piante e di fiori. Non per niente Pistoia è la patria di abilissimi coltivatori di piante e di arredatori di giardini e parchi apprezzati in ogni parte del mondo.
I terrazzi, spesso ampi ed abitabili, sono molto usati dai proprietari non solo per mostrare la loro abilità di floricoltori ma anche per sostare al fresco nelle sere calde d’estate, qualche volta per cenare e più raramente , ma non poi così raramente, per conversare.
Gli abitanti della via, Pistoia è una piccola città, si conoscono tutti, o per lo meno pensano di conoscersi, così molto spesso, prima che i cellulari rompessero questa consuetudine, si parlavano e si scambiavano opinioni, chiacchiere e pettegolezzi dai vari terrazzi superando con la voce lo spazio della strada.
Carlo, da quando si era trasferito a Milano, frequentava la casa di via Dante un paio di volte al mese e non aveva assolutamente questa abitudine, ormai non conosceva più nessuno, gli abitanti non erano più gli stessi, molti anziani morivano, molti giovani cambiavano abitazione.
Di fronte alla casa di Carlo erano state costruite nel tempo un paio di villette, una che aveva pretese di architettura moderna, ed una che al secondo piano aveva una bellissima terrazza, ampia ed abitabile, ben curata, con piante sempreverdi e molti vasi di fiori scelti con cura che fornivano un ampio spettro di colori anche se dalla strada non tutto era visibile.
La terrazza era abitata da una donna, da lontano sembrava molto giovane, si notava la figura asciutta ed elegante, sempre ben vestita, che aveva una cura costante e precisa delle piante e del verde di pertinenza dell’appartamento. Spesso si prendeva cura di un gatto facendolo giocare e accarezzandolo frequentemente ed accuratamente.
Carlo, che di norma si alzava intorno alle sei, aveva notato che la donna aveva abitudini molto mattiniere e qualche volta apriva le persiane della terrazza prima ancora delle sei anche nei mesi invernali.
Senza una particolare curiosità Carlo notava abbastanza spesso l’affaccendarsi della donna sulla terrazza, ma non aveva mai trovato l’occasione di presentarsi.
Un giorno, per un caso abbastanza fortuito, Carlo ebbe la possibilità di salutare la donna scambiando alcune parole di circostanza.
Dopo qualche giorno, era giugno, Carlo si alzò prima delle sei e vide la donna intenta a muoversi sul terrazzo per accudire i vasi di fiori.
- Buon giorno, anzi buon mattino, disse, io mi chiamo Carlo, e lei?
- Mirella, rispose la donna, sollevando leggermente la mano destra in segno di rafforzamento del saluto.
Carlo, sollevando la mano sinistra che teneva una tazza abbondante di caffè.
- Buon caffè, continuò il saluto, questa è la mia colazione, buona giornata Mirella.
- Grazie, rispose Mirella che continuò ad accudire i suoi vasi di fiori.
Secondo tempo.
L’autunno fece una rapida incursione nell’estate interrompendo il tempo secco e caldo di settembre. Un temporale accompagnato da una notevole grandinata abbassò notevolmente la temperatura. Carlo, a Pistoia da un paio di giorni, non aveva con sé un capo di vestiario più pesante e pensò che sarebbe stato opportuno dotarsi almeno di un maglione o di un gilet che lo mettesse al riparo di un altro eventuale ritocco al negativo della temperatura.
Prese la bicicletta dal garage, e dopo aver controllato e sistemato la pressione delle gomme, si avviò verso il centro di Pistoia. Notò subito che era notevolmente cambiato. Anche il senso della circolazione stradale non era più quello che ricordava.
Sul lato destro di via Rossini, la strada principale del centro, notò alcuni negozi di abbigliamento, uno lo attrasse particolarmente. La porta chiusa da una vetrina di legno molto ben curata aveva sui lati due grossi vasi di cemento con piante verdi, quasi un invito ad entrare.
- Entro solo per curiosità, pensò Carlo.
Appena entrato gli sembrò di essere avvolto da una atmosfera famigliare. La commessa era girata di spalle e stava sistemando dei capi di vestiario su uno scaffale, dopo una manciata di secondi si girò e assunse un aspetto di sorpresa,
- Salve Carlo, disse dopo un attimo.
La voce colse Carlo con estrema sorpresa.
- Non ci posso credere, disse Carlo, non sapevo minimamente che Lei Mirella lavorasse qui, sono entrato perché mi sono piaciute le piante ai lati della porta del suo negozio.
- Mi dica, fece Mirella senza far trasparire altro.
- Ho bisogno di un maglione o di un gilet. Sono stato sorpreso dal temporale e qui a Pistoia non ho niente di più pesante.
- Colore e taglia, chiese professionalmente Mirella.
- Mi piacerebbe carta zucchero, la taglia? Forse media.
Dopo due minuti Mirella aveva piegato e messo in un sacchetto con manici un maglione, non pesante, che a Carlo era piaciuto veramente molto.
- Senta Mirella, disse Carlo mentre stava per uscire dopo aver regolato il conto, questo incontro è stato molto fortuito, mi piacerebbe conoscerci meglio, io le dico qualche cosa di me e Lei, se vuole, mi fa conoscere meglio Mirella. Che ne dice?
- Si, disse Mirella dopo una certa esitazione, cosa propone?
-Vediamoci al bar “Il Cantone”, fanno ottimi apericena, una decina di minuti, due chiacchiere. Allunghiamo di cinquecento metri il rientro a casa. Alle sette va bene?
- Purché sia tutto analcolico, disse sorridendo Mirella.
- Sono ormai una trentina di anni che io non bevo alcool, aggiunse Carlo, con un ampio sorriso.
- Un’altra cosa, disse Mirella, ognuno paga il suo.
- È una gioia per le mie orecchie di pensionato! Disse ridendo Carlo, allora alle sette, continuò uscendo dal negozio di Mirella.
Mise nel portapacchi della bicicletta la piccola borsa con il maglione e si avviò pedalando lentamente verso via Dante.
L’apericena.
Carlo arrivò al bar “Il Cantone” qualche minuto prima delle sette programmate. Scelse un tavolo nell’angolo più lontano dalla porta e parlando con Mario, il proprietario, gli disse che aspettava una persona e che la mancia sarebbe stata proporzionale al servizio, e che voleva due scontrini separati.
- Separati, disse Carlo, non da dividere!!!
Mario capì al volo e mise sul tavolo scelto da Carlo un vasetto con una pianta con fiori rossi.
Mirella arrivò con qualche minuto di ritardo, chiese scusa e si sedette salutando cordialmente Carlo.
- Possiamo darci del tu? Chiese
- Era quello che volevo proporti, ma temevo un rifiuto, confermò Carlo.
Mario arrivò subito a prendere l’ordine, Carlo si raccomandò di non mettere alcool negli aperitivi e chiese a Mirella quali stuzzichini preferisse.
- Salati e vari, disse Mirella.
Mario, molto attento prese la comanda e dopo un paio di minuti presentò un vassoio colmo delle specialità del bar e della pasticceria.
- Più che un apericena mi sembra una mezza cena, disse ridendo Mirella.
- Noi possiamo regolare il nostro appetito ma i nostri padri dicevano “Melius est abundare quam deficere” e Mario è sempre molto generoso nelle porzioni, disse Carlo.
- Conosci il latino, chiese Mirella?
- Anche, rispose senza falsa modestia Carlo.
La conversazione prese subito una linea molto interessante, la musica, la letteratura, le piante, i fiori, il gatto.
Argomenti in parte di comune interesse, in parte divergenti, ma sempre con un certo approfondimento per conoscere meglio l’intensità dell’interesse personale.
Carlo evitò qualsiasi domanda personale, qualsiasi argomento che portasse ad una migliore conoscenza della persona piuttosto che della personalità. Stava molto attento a non toccare argomenti personali o di gossip,
Di sé Carlo disse degli studi, degli hobbies, dei libri letti e scritti, dei sistemi internet progettati e realizzati, ma evitò di parlare della sua persona se non per rispondere a domande dirette.
In questo apericena voleva conoscere la personalità non la persona, il contenuto culturale, e soprattutto nessuna bugia, neppure la più piccola, la più innocente. Mirella si stava dimostrando troppo intelligente per un contatto superficiale.
Disse anche, con un filo di speranza, che era diventato un bravo cuoco e che poteva soddisfare ogni necessità purché avesse a disposizione un cucina attrezzata.
- Come la tua, chiese ridendo Mirella manifestando un poco di malizia.
- Certo, ma anche la tua se è all’altezza, rispose Carlo con altrettanto sarcasmo.
- Ti deludo, ho un grosso congelatore con un notevole numero di piatti pronti.
- Guarda, continuò Mirella, abbiamo fatto quasi le otto, altro che dieci minuti.
- Il tempo è relativo, confermò Carlo, poi chiese a Mario il conto.
Come concordato Mario presentò due conti e Mirella ridendo disse.
- Vedo che hai capito come si devono fare le cose.
In via Dante.
Era quasi buio quando Carlo e Mirella arrivarono in via Dante, Mirella controllò con lo sguardo la cassetta della posta e allungò la mano per azionare la serratura del cancello del vialetto di accesso alla sua casa.
Fece entrare la bicicletta nel cancello si girò verso Carlo, istintivamente si strinsero la mano e si avvicinarono un attimo scambiandosi un lieve bacio di saluto, rapido e casto come per sancire una amicizia che nasceva, e raccordare il tempo del prossimo incontro.
Carlo si girò e si avviò verso casa, Mirella posò la bici nel ripostiglio, aprì la porta della sua casa, entrò nel piccolo corridoio per accedere alle scale, accese la luce e iniziò a salirle.
Mirella sentiva che una nuova amicizia era nata. Strano quel vecchio uomo, pensava, è incredibilmente colto e molto divertente, ma è così vecchio. Non voleva pensarlo ma sentiva che era un peccato fosse così, anziano. Un vero peccato.
Carlo mise la sua bicicletta nel garage e si incamminò verso l’ascensore per salire al secondo piano.
Pensava a Mirella, così bella, così giovane, purtroppo per lui così giovane. Ammirava la sua semplicità, la praticità, la coerenza del ragionamento, l’amore per le piante, l’amore per la casa, l’amore per la sua gatta, la notevolissima intelligenza, la vasta cultura, la modestia e la naturalezza nel porsi.
Aveva la sensazione di aver piantato un piccolo albero, che era già spuntato, anche se da poco, ma era lì dietro di lui.
Sentiva il rumore che il vento della vita faceva tra le foglie, l’albero era così piccolo e così lento a crescere.
L’unico modo di farlo crescere era quanto e come lo avrebbe annaffiato Mirella, Carlo non avrebbe mai fatto niente per fermarne la crescita. Sperava solo che il vento della vita non diventasse un turbine, non fosse troppo impetuoso e non spezzasse i rami prima che fossero abbastanza robusti per non cadere alla prima inarrestabile e ineludibile bufera.
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