#detto ciò voglio andare a casa e invece sono qui fino a domenica a pranzo
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comunque un punticino alle linee di bus/filobus di bologna le cui destinazioni sono scritte in comic sans. io queste cose le noto e le apprezzo
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The one where they come out
"Sono ancora convinto che non sia una buona idea."
Ermal, seduto accanto a Fabrizio, sbuffò e appoggiò la testa al finestrino. "Eppure stai guidando verso Bari. Chissà come mai."
"Lo sto facendo perché me l'hai chiesto. Il fatto che abbia deciso di farti un favore, non vuol dire che io sia d'accordo" rispose Fabrizio mantenendo lo sguardo fisso sulla strada.
Ermal si voltò verso di lui.
Era teso, lo vedeva dall'espressione sul suo viso.
"Perché pensi che non sia una buona idea?" chiese.
Fabrizio aveva continuato a ripeterglielo da quando Ermal gli aveva chiesto di andare a Bari con lui per qualche giorno, approfittando della presenza di tutta la famiglia, per passare un po' di tempo tutti insieme. E per rivelare a tutti che Fabrizio non era solo un amico.
"Perché credo che sia meglio che tu faccia questa cosa da solo."
"Non posso farlo da solo, Bizio."
Fabrizio sospirò. "Ermal, è la tua famiglia. Io sono di troppo."
Ermal appoggiò una mano su quella di Fabrizio - appoggiata sul cambio - e disse: "Anche tu sei la mia famiglia."
Fabrizio sorrise rivolgendo per un breve attimo lo sguardo verso di lui. Poi tornò a guardare la strada e disse: "Per la tua famiglia, sarà una novità enorme. Dico solo che forse reagirebbero meglio se io non fossi presente. Si sentirebbero più liberi di farti domande, di capire la situazione."
"Io ti amo e tu ami me. Che altro c'è da capire?"
Già, che altro c'era da capire?
In realtà niente, ma Fabrizio c'era già passato e sapeva che ci sarebbero state domande e che magari non tutti avrebbero capito subito la situazione. E soprattutto, che una situazione del genere era troppo intima per essere affrontata in coppia.
***
Era successo un pomeriggio di febbraio, appena dopo il Festival di Sanremo.
Fabrizio era tornato a casa felice come non mai. Troppo felice, per essere uno che nemmeno aveva partecipato al Festival.
La prima ad accorgersene era stata Giada ma, almeno all'inizio, aveva attribuito quella felicità al fatto che Fabrizio fosse entusiasta di aver cantato con Niccolò alla serata dei duetti. Poi però i giorni erano passati e la felicità di Fabrizio invece no, così Giada aveva iniziato a farsi qualche domanda.
A Fabrizio però, non aveva detto nulla.
Qualche giorno più tardi - in un pomeriggio di febbraio, appunto - Fabrizio era andato a trovare i suoi genitori e a quel punto anche loro avevano notato quanto fosse allegro e quanto i suoi occhi si fossero illuminati quando gli avevano chiesto come fosse andata l'esperienza a Sanremo.
Fabrizio aveva esitato un attimo prima di rispondere, come se ci fosse qualcosa di cui avrebbe voluto parlare ma si sentisse bloccato.
"C'è qualcosa che vuoi raccontarmi?" chiese sua madre a un certo punto, quando ormai erano rimasti soli.
Fabrizio sospirò. "Vorrei. Ma non so come potresti reagire."
"Alla tua età ti preoccupi ancora di cosa penso?"
Fabrizio sorrise. In effetti, non si era mai preoccupato molto del parere degli altri e nella sua vita aveva fatto cose ben peggiori che innamorarsi di un uomo.
"Fabrizio, che succede?"
Fabrizio sollevò lo sguardo e in un attimo trovò il coraggio di dire tutto. Sua madre lo stava guardando in quel modo tipico delle mamme, come se qualsiasi cosa facesse il proprio figlio non fosse mai così grave da farle smettere di amarlo.
"A Sanremo è andata bene soprattutto perché c'era anche una persona con cui mi frequento da un po'. Purtroppo non riusciamo a vederci spesso, quindi sono stato felice di passare un paio di giorni in sua compagnia" disse Fabrizio senza sbilanciarsi troppo.
"E chi è?" chiese sua madre curiosa.
"Ermal."
Sua madre lo guardò stupita per un attimo. "Ermal?"
Fabrizio annuì con un cenno, poi disse: "Stiamo insieme da qualche mese ormai."
"Beh, mi sembra un bravo ragazzo" disse sua madre. Il tono era piatto, quasi privo di emozioni.
"Tutto qui?"
"Che devo dirti? Che mi spiace che frequenti qualcuno da mesi e me l'hai detto solo ora?! Fabrizio, che pensavi? Che avrei reagito male?"
"Non lo so che pensavo. Forse avevo solo paura che se te lo avessi detto, poi tu lo avresti detto a papà. E ci ho messo anni per recuperare un rapporto con lui, non voglio che si rovini ora" disse Fabrizio, sentendosi quasi ridicolo per mostrarsi così debole davanti a sua madre.
"Tuo padre ti vuole bene e, esattamente come me, vuole solo che tu sia felice. E non gli dirò niente di questa cosa, ma tu invece dovresti farlo."
A quella frase, Fabrizio ci aveva pensato ininterrottamente per una settimana e alla fine era arrivato alla conclusione che sua madre aveva ragione.
Aveva sempre avuto un rapporto difficile con suo padre e solo dopo la nascita di Libero le cose tra loro erano migliorate, quindi il timore di rovinare ciò che erano riusciti a costruire era sempre lì, in agguato.
Ma d'altra parte, sapeva che suo padre avrebbe solo voluto la sua felicità e in quel momento - e Fabrizio sperava anche per gli anni a venire - la sua felicità era Ermal.
Così, dopo una settimana di elucubrazioni mentali che lo avevano portato quasi sull'orlo di una crisi di nervi, aveva preso la sua decisione. Avrebbe parlato di Ermal alla sua famiglia.
L'occasione giusta arrivò una domenica pomeriggio.
Fabrizio era andato a pranzo dai suoi genitori insieme a Libero e Anita. Appena finito di mangiare, mentre erano ancora tutti seduti a tavola, Fabrizio si schiarì la voce e disse: "Dovrei parlavi di una cosa."
Sua madre sorrise, consapevole di ciò che il figlio avrebbe detto da lì a poco, mentre suo padre e i suoi figli lo guardavano curioso.
Si era preparato un discorso - anche grazie all'aiuto di Giada, che aveva cercato di consigliargli le parole migliori per spiegare ai loro figli quella situazione - eppure in quel momento gli sembrò di non ricordare più nulla.
"Che c'è, papà? Stai male?" chiese Anita preoccupata, allungando una mano verso suo padre nel tentativo di toccarlo.
Fabrizio sorrise. "No, amore, sto bene. Molto bene, in realtà."
Poi si voltò verso suo padre, rivolgendogli la sua completa attenzione. Anche se il discorso era rivolto anche ai suoi figli, gli sembrava più semplice parlare direttamente con suo padre che con due bambini.
"Sto frequentando una persona."
"Che vuol dire?" chiese Anita curiosa, inclinando la testa di lato.
"Vuol dire che ha una fidanzata" mormorò Libero, rispondendo alla sorella.
Fabrizio sospirò, cercando di raccogliere il coraggio necessario a continuare il discorso, poi disse: "Un fidanzato, in realtà."
Anita aggrottò la fronte, come se non riuscisse a capire la differenza, mentre Libero rimase a fissarlo senza dire niente.
Suo padre, d'altro canto, si irrigidì contro lo schienale della sedia. Non sembrava stupito, forse solo un po' contrariato.
"Chi è? Lo conosciamo?" chiese Libero dopo qualche secondo.
Fabrizio annuì. "Sì, è Ermal."
Anita sorrise e disse: "Ermal mi sta simpatico."
"Quindi sei contenta se stiamo insieme?" chiese Fabrizio, scompigliandole affettuosamente i capelli.
La bambina annuì con un cenno e Fabrizio sorrise, felice dell'approvazione di sua figlia.
Poi guardo Libero e chiese: "E tu, Lì? Che ne pensi?"
"Anche a me sta simpatico" rispose il bambino accennando un sorriso.
Fabrizio sospirò di sollievo, rendendosi conto solo in quel momento che in realtà il giudizio di cui aveva sempre avuto paura era quello dei suoi figli, non di suo padre.
Suo padre che, oltretutto, non aveva ancora detto una parola.
"Papà?" lo chiamò Fabrizio. Voleva comunque sapere cosa pensava, anche se ormai era certo di aver affrontato lo scoglio più grande.
L'uomo si alzò e afferrò il pacchetto di sigarette appoggiato sul ripiano della cucina. Poi lanciò un'occhiata a Fabrizio e disse: "Ne vuoi una?"
Fabrizio annuì, capendo che quella della sigaretta non era altro che una scusa per affrontare il discorso da soli.
Uscirono in balcone, sentendo improvvisamente il freddo di febbraio entrargli nelle ossa. Ma in quel momento Fabrizio aveva altri pensieri e il freddo non sembrava preoccuparlo.
Suo padre si accese una sigaretta, poi porse il pacchetto al figlio. Aspettò che anche Fabrizio avesse acceso la sua, e poi disse: "Lo sapevo già."
"Te l'ha detto mamma?" chiese Fabrizio.
Suo padre scosse la testa. "No. L'avevo capito da solo."
Fabrizio lo guardò stupito e suo padre si fece sfuggire una risata notando la sua espressione.
"Ti conosco meglio di quanto credi, Fabrizio. Magari a volte sembra che non sto attento alle cose che fai, ma in realtà non è così. Faccio attenzione a tutto, semplicemente poi non ne parlo. Il tuo modo di sorridere cambia quando c'è Ermal, l'ho notato fin da subito. E tu sei più felice quando passi del tempo con lui. Basta guardarvi per capirlo."
"Perché non me l'hai mai detto?" chiese Fabrizio.
"Perché volevo che lo facessi tu."
Fabrizio era rimasto in silenzio mentre finiva la sua sigaretta, riflettendo sulle parole di suo padre. Era stato preoccupato per la sua reazione, quando in realtà lui aveva capito tutto molto prima di chiunque altro.
"Com'è iniziata?" chiese suo padre a un certo punto.
E a quella domanda ne seguirono molte altre.
Suo padre sembrava essere interessato a ogni aspetto di quella storia: com'era iniziata, chi tra i due aveva fatto il primo passo, cos'aveva Ermal di così speciale da fare innamorare suo figlio...
E Fabrizio fu felice di rispondere a ognuna di quelle domande e di raccontare a suo padre quel pezzo della sua vita che, fino a quel momento, aveva sempre tenuto nascosto.
***
"Bizio?"
"Eh?"
"Ti eri incantato, non rispondevi più."
Fabrizio sospirò guardando per un secondo lo specchietto retrovisore e poi mise la freccia verso destra, entrando nel parcheggio dell'area di servizio.
Parcheggiò in uno dei pochi posti liberi e spese il motore, poi si voltò verso Ermal e disse: "Mio padre mi ha fatto un sacco di domande, quando gli ho parlato di noi. Ho risposto a ogni cosa senza problemi, anzi ero felice che lui mi facesse domande sulla mia vita. Ma non sono sicuro che, se tu fossi stato con me, avrei reagito allo stesso modo."
"Che vuoi dire?"
"Mi sono sentito libero di parlare di ogni cosa, di come mi sono innamorato di te, di come mi fai sentire... Se tu fossi stato presente, forse mio padre non mi avrebbe fatto tutte quelle domande e forse io non mi sarei sentito così libero di raccontargli tutto" disse Fabrizio. Poi afferrò la mano di Ermal e aggiunse: "Io sono con te, sempre e comunque. Però continuo a pensare che dovresti affrontare questo discorso con la tua famiglia in un momento in cui io non sarò presente. Per loro potrebbe essere già abbastanza difficile accettare la situazione, immagina se dovessero farlo mentre io sto lì davanti a loro. Si sentirebbero giudicati, messi sotto pressione, come se io fossi attento a ogni loro reazione. E sarà così, perché non posso evitare di stare attento a come reagiranno. Fidati, Ermal, è meglio per tutti se questo discorso lo affronti senza di me."
Ermal non rispose.
In fondo, sapeva che Fabrizio aveva ragione e sapeva che sarebbe stato meglio parlare con la sua famiglia in un altro momento. Eppure, da solo non era certo di farcela.
Era stata una novità enorme per lui. Quando si era accorto di essersi innamorato di Fabrizio, si era sentito prima di tutto spaventato.
Non aveva idea di come gestire la cosa, di come fosse anche solo possibile che si fosse innamorato di un uomo. Aveva impiegato mesi ad accettarlo - nonostante non avesse problemi a farsi baciare ogni volta che c'era l'occasione - e, quando Fabrizio gli aveva chiesto di stare insieme davvero, aveva impiegato altrettanto ad abituarsi all'idea di loro due insieme.
Era stato difficile per lui, poteva solo immaginare come sarebbe stato per la sua famiglia.
In teoria non doveva essere così difficile accettare quella situazione. Si era semplicemente innamorato, cosa c'era di così difficile? Ma la pratica è qualcosa di diverso, nella realtà le cose sono diverse.
Razionalmente era consapevole che sarebbe stato meglio affrontare il discorso in un altro momento, mentre Fabrizio non era con lui. Ma una parte di lui era convinta che, senza Fabrizio al suo fianco, non sarebbe riuscito nemmeno ad iniziare il discorso.
"Lo so, Bizio. Hai ragione. Ma ho comunque bisogno che tu sia lì."
Fabrizio annuì e gli strinse la mano.
Continuava a pensare che non fosse una buona idea, ma di certo non lo avrebbe lasciato solo.
Prima di quel giorno, Fabrizio non era mai stato a casa della famiglia di Ermal.
Anzi, in realtà a parte Rinald - che aveva avuto modo di incontrare piuttosto spesso - non conosceva nessun altro membro della famiglia.
Certo, aveva incontrato la madre di Ermal l'anno precedente al Festival di Sanremo, ma non si erano praticamente rivolti parola se non un breve saluto.
Quel giorno invece, nella casa in cui Ermal era cresciuto, era presente tutta la famiglia, compresa la sorella di Ermal con il marito e la figlia.
Fabrizio - il quale si sentiva intimorito già solo dal fatto di essere nella casa in cui Ermal era cresciuto, circondato dalle sue cose e da pezzi della sua vita che lui non conosceva - aveva cercato di apparire tranquillo, ma a giudicare dallo sguardo che la madre di Ermal continuava a rivolgergli non credeva di esserci riuscito.
Effettivamente, il semplice fatto che Ermal avesse deciso di portare con lui un amico a un pranzo di famiglia il giorno della festa della mamma, appariva abbastanza sospetto ed era più che normale che la sua famiglia si stesse ponendo delle domande.
L'unico che sembrava tranquillo era Rinald. Scontato, visto che era anche l'unico ad essere a conoscenza della verità.
Ermal glielo aveva detto un paio di mesi prima quando, dopo un litigio con Fabrizio, aveva sentito il bisogno di sfogarsi con qualcuno. Rinald era lì per lui, come sempre, ed Ermal si era fatto coraggio e gli aveva confessato tutto.
Rinald, d'altra parte, aveva sempre sospettato che tra suo fratello e Fabrizio ci fosse qualcosa di più profondo di una semplice amicizia, ma aveva ascoltato Ermal in silenzio, promettendogli di non parlarne con nessuno fino a quando non fosse stato lui stesso a decidere di farlo.
E quel momento, alla fine, era arrivato.
Per tutto il pranzo, l'atmosfera era stata leggera.
Sabina si era congratulata con Fabrizio per il nuovo album, dicendo di averlo comprato senza esitazione perché Ermal le aveva assicurato che le sarebbe piaciuto e in effetti era stato così. Fabrizio l'aveva ringraziata, seppur leggermente imbarazzato.
Mira gli aveva chiesto come stessero i suoi figli e Rinald aveva cercato di alleggerire le conversazioni riportando a galla aneddoti divertenti risalenti alle volte in cui aveva avuto modo di vedere Fabrizio.
Solo verso la fine del pranzo la tensione iniziò a farsi a sentire.
Ermal stava giocando con la sua nipotina, tenendola seduta sulle sue ginocchia e facendole il solletico sulla pancia, quando Sabina disse: "Ermal, smettila di farla agitare così."
"Non sto facendo niente" rispose lui, quasi senza degnare sua sorella di uno sguardo.
"Quando tu avrai dei figli e io sarò la zia che li fa agitare e loro non dormiranno per colpa mia, poi ne riparleremo" rispose Sabina.
Ermal si bloccò all'istante, consapevole che quella visione del futuro che Sabina aveva appena espresso non si sarebbe mai avverata.
Lui amava Fabrizio, contava di passare con lui il resto della vita e questo voleva dire che non avrebbe avuto figli.
Si voltò lentamente verso Fabrizio, il quale lo stava fissando in attesa di una sua reazione, poi sospirò e disse: "Devo parlarvi di una cosa."
Tutti gli sguardi furono subito puntati su di lui, escluso quello di Fabrizio che, consapevole di ciò che Ermal stava per dire e ancora convinto che non fosse una buona idea che lo facesse in sua presenza, aveva convinto la nipotina del suo fidanzato ad andare a guardare la televisione con lui in salotto.
Appena Fabrizio e la bimba uscirono dalla cucina, Ermal sospirò mentre sua madre preoccupata disse: "Che succede?"
Ermal lanciò un'occhiata a Rinald, l'unico seduto a quel tavolo che non sarebbe rimasto stupito dalla notizia che stava per dare, e suo fratello gli sorrise incoraggiandolo.
"Si tratta di Fabrizio. Cioè, di me e Fabrizio" disse Ermal.
Sabina lanciò un'occhiata stupita a suo marito, non capendo cosa stesse succedendo, e poi tornò a fissare suo fratello.
Lo sguardo di Ermal però era puntato su sua madre, come se fosse l'unica persona di cui gli importava davvero la reazione.
Mira sorrise e allungò una mano sul tavolo, prendendo quella del figlio e incitandolo a continuare il discorso.
"Stiamo insieme" disse Ermal a voce bassa, guardando prima sua madre e poi sua sorella.
"Da quanto?" chiese Sabina curiosa e un po' perplessa.
Lei era stata la prima a fare ipotesi su una presunta cotta di Ermal nei confronti di Fabrizio, era stata la prima ad aver creduto alle voci che giravano su di loro e ad avere dei dubbi quando suo fratello diceva di volergli bene ma non così tanto.
Eppure Ermal aveva sempre negato ogni coinvolgimento emotivo che andasse oltre l'amicizia, quindi scoprire che in realtà le sue ipotesi erano sempre stata giuste la stupiva parecchio.
Ermal abbassò la testa per un attimo - consapevole che la risposta che avrebbe dato avrebbe sicuramente fatto arrabbiare sua sorella - poi risollevò lo sguardo verso di lei e disse: "Quasi un anno."
Sabina aggrottò la fronte. Non poteva credere che suo fratello avesse una relazione da così tanto tempo e che non glielo avesse mai detto.
"E in tutto questo tempo, non hai mai pensato di dirmelo?" chiese lei. Non era arrabbiata, solo un po' delusa.
Aveva sempre raccontato tutto a Ermal e sapere che lui non riponeva in lei la stessa fiducia, la feriva più di quanto le costasse ammettere.
"Certo che ho pensato di dirtelo, ma non è facile" rispose Ermal.
Sua madre gli strinse la mano, facendogli capire che non c'erano problemi, che aveva fatto bene a non parlarne prima se non si era sentito pronto.
Sabina scosse la testa scocciata e si voltò verso Rinald. "E tu? Non sei arrabbiato perché non ce l'ha detto prima?"
Rinald guardò Ermal, indeciso se dire o no la verità a sua sorella, ma non ci fu bisogno di dire altro. Sabina aveva già capito.
"Tu lo sapevi" mormorò lei.
Rinald annuì. "Sì, ma non da molto. Un paio di mesi."
Sabina sospirò.
Si sentiva tradita, non poteva negarlo.
Aveva sempre saputo che Ermal e Rinald avevano un rapporto diverso da quello che avevano con lei. Non sapeva se fosse dovuto al fatto che lei era una femmina o che era la più piccola, ma era così.
Lei era sempre quella da proteggere, da difendere, da tenere lontana dai casini, mentre loro due nei casini ci finivano sempre insieme.
E per l'ennesima volta, Sabina si era sentita esclusa.
"Hai trovato il tempo di dirlo a Rinald e non a me" disse qualche attimo dopo. Poi si alzò e, appena Ermal cercò di fermarla, aggiunse: "Ho bisogno di stare sola."
Ermal la guardo uscire dalla cucina, sentendo gli occhi inumidirsi sotto il peso del senso di colpa.
Odiava discutere con sua sorella, anche quando era fermamente convinto di non avere colpe.
"Lasciale un po' di spazio. Ha solo bisogno di quello" disse Mira.
Intanto il marito di Sabina si era alzato e l'aveva raggiunta, lasciando in cucina solamente Ermal, sua madre e Rinald.
Ermal sollevò lo sguardo su sua madre, aspettandosi una reazione da parte sua per ciò che aveva detto. A parte rassicurarlo per la reazione di Sabina, non aveva detto altro. Ancora.
"Mami...?"
Lei sorrise e disse: "Non sono cieca, tesoro. Vedo come vi guardate. Me lo aspettavo, ma volevo che me lo dicessi tu."
"Quindi a te sta bene?"
"Certo! E anche se non mi stesse bene, chi sono io per dirti cosa devi fare? È la tua vita, devi sentirti libero di amare chi vuoi. Però una cosa te la devo dire."
Ermal la guardò interrogativo.
"Fabrizio mi piace e so che è una brava persona. Ma se ti farà soffrire, allora non mi interesserà più tutto il discorso del: questa è la tua vita e te la gestisci tu. Se ti farà soffrire, mi metterò in mezzo anche se ormai sei adulto."
Ermal sorrise e si alzò, facendo il giro del tavolo e andando ad abbracciare sua madre.
La sua approvazione contava più di qualsiasi altra cosa e sapere che lei sarebbe sempre stata pronta a proteggerlo nonostante tutto, gli scaldava il cuore come se fosse ancora un bambino.
Qualche attimo dopo Ermal uscì dalla cucina ed entrò in salotto, andando a sedersi sul divano accanto a Fabrizio.
"Com'è andata?" chiese il più grande, tenendo un tono di voce abbastanza basso da non svegliare la nipotina di Ermal che si era addormentata sulla poltrona.
"Poteva andare meglio. Sabina non ha preso molto bene il fatto che gliel'abbia tenuto nascosto per così tanto e che lo abbia detto a Rinald prima che a lei" rispose Ermal appoggiando la testa sulla spalla di Fabrizio.
Fabrizio gli circondò le spalle con un braccio e lo strinse a sé. Voleva fargli capire che non era solo, che in quella situazione c'era anche lui, e qualsiasi problema lo avrebbero affrontato insieme.
Anche se all'inizio non era stato d'accordo, anche se aveva pensato che fosse una pessima idea essere presente quando Ermal avrebbe deciso di dire tutto alla sua famiglia, ora non riusciva a pensare a un posto migliore in cui stare.
In fondo, era colpa sua se erano in quella situazione. Era stato lui a iniziare tutto.
Era stato lui il primo a baciare Ermal, la sera della vittoria a Sanremo. Era stato lui a dire che era stato solo un gesto dettato dall'euforia, la mattina seguente.
Ed era stato sempre lui a baciarlo dopo il concerto al Forum, ad andarsene senza dire nulla e poi a mandargli un messaggio strappalacrime in cui, tra le altre cose, gli confessava che l'euforia quella volta non c'entrava nulla. L'aveva baciato perché voleva farlo, perché non riusciva a smettere di pensare a lui.
E poi, meno di due settimane dopo, era stato sempre Fabrizio a invitare Ermal nella sua stanza con la scusa di bere qualcosa, finendo poi per fare l'amore sul letto della sua camera d'albergo.
E alla fine, era stato lui a dire a Ermal di volere qualcosa di più il giorno della Partita del Cuore. Era stato lui a dirgli che si stava innamorando e che non voleva più solo dei baci rubati nei camerini o nelle camere degli alberghi.
Ermal lo aveva semplicemente assecondato, ma era sempre partito tutto da lui.
"So cosa stai pensando" disse Ermal.
Fabrizio abbassò lo sguardo verso di lui e sorrise. "Ah, sì? Che sto pensando?"
"Ti stai colpevolizzando. Pensi che questa situazione sia solo colpa tua, ma in realtà ci siamo dentro insieme fin dall'inizio. Ho ricambiato ogni bacio che mi hai dato, anche il primo. Non è mai stata una cosa partita solo da te. Se c'è qualcuno che deve farsi delle colpe, quello sono io. Avrei potuto parlarne prima e magari ora Sabina non sarebbe così arrabbiata con me."
"Non credo sia arrabbiata. Un po' dispiaciuta, magari" disse Fabrizio.
Ermal sospirò, sistemandosi meglio tra le braccia di Fabrizio.
Sperava solo che la situazione con sua sorella si risolvesse al più presto.
A pomeriggio inoltrato, Sabina era ancora chiusa nella sua vecchia cameretta.
Dario, suo marito, aveva cercato di convincerla a parlare con Ermal e a non comportarsi da bambina - anche se con lei aveva usato altri termini, per evitare che se la prendesse anche con lui - ma Sabina era stata irremovibile.
Per un paio d'ore, Ermal aveva lasciato perdere. Le aveva lasciato il suo spazio, sapendo che in quelle situazioni Sabina preferiva restare sola.
Ma a un certo punto non aveva più resistito.
Era passato troppo tempo ed Ermal iniziava ad essere stanco di essere trattato in quel modo da sua sorella, quando l'unica cosa di cui aveva bisogno era il suo supporto.
Così, ignorando la vocina nella sua testa che gli diceva di lasciarla stare, bussò alla porta della sua stanza e senza aspettare il suo permesso abbassò la maniglia aprendo la porta.
Sabina era sdraiata sul suo letto, aveva gli occhi chiusi e sembrava stesse dormendo, ma Ermal sapeva che non era così. Lo vedeva dal torace che si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro irregolare, lo vedeva nei muscoli che si erano irrigiditi nel momento in cui era entrato in camera.
Anche se aveva gli occhi chiusi, Sabina si era accorta che qualcuno era entrato nella stanza e si era accorta di chi fosse quel qualcuno.
"Possiamo parlare?" chiese Ermal chiudendo la porta dietro di sé.
Sabina sbuffò scocciata, ma si spostò sul bordo del letto per lasciare spazio a Ermal.
Lui sorrise e le si sedette accanto.
"Mi dispiace non avertelo detto prima."
"Non è quello che mi infastidisce, Ermal" rispose Sabina, aprendo finalmente gli occhi e tenendosi leggermente sollevata sugli avambracci. "Io l'ho sospettato fin da subito che tra voi ci fosse qualcosa ma ogni volta che te ne parlavo, tu non facevi altro che dirmi che non era vero, che mi stavo sbagliando. E io ti ho creduto perché sei mio fratello e non ci siamo mai detti bugie. E invece oggi scopro che, non solo mi hai mentito guardandomi negli occhi più di una volta, ma ne hai parlato con Rinald prima che con me. Non pretendo di essere la prima persona a cui racconti ciò che ti succede, ma io con te l'ho sempre fatto e mi sono sentita messa da parte."
Ermal rimase in silenzio ad ascoltare lo sfogo di sua sorella, rendendosi conto di quanto lei stesse male per una cosa che all'apparenza sembrava una banalità.
Si sdraiò accanto a lei e, appena finì di parlare, la attirò a sé stringendola in un abbraccio.
Sabina gli circondò i fianchi con un braccio e appoggiò la testa sul suo petto, mentre sentiva le dita di Ermal incastrarsi tra i suoi capelli e cercare di tranquillizzarla.
"Scusa, so di avere esagerato" disse lei dopo qualche minuto di silenzio.
"Avrei dovuto parlartene" rispose Ermal. "Solo che non sapevo come fare. Nemmeno io sapevo come comportarmi all'inizio, era tutto nuovo anche per me."
"Mi prometti che non mi nasconderai mai più nulla?"
"Sabina..."
"Lo so che tu non fai promesse, ma questa non è tanto difficile da mantenere" disse lei, con il tono che ricordava vagamente quello che usava da bambina quando cercava di convincere Ermal a giocare con lei.
Ermal sorrise. "Va bene, te lo prometto."
Non amava fare promesse. Aveva il terrore di non riuscire a mantenerle e lui, meglio di chiunque altro, sapeva come ci si sentiva di fronte all'illusione di una promessa non mantenuta.
Ma sua sorella aveva ragione. Quella promessa non era poi tanto difficile da mantenere.
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