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Nuovo appuntamento con il calendario dell'avvento di Around table con gli amici di Hirtemis che anche un a che gioco stiamo giocando, oggi ovviamente sotto la casella 19 troviamo Survive The Island, la nuova edizione di the Island di cui abbiamo scoperto i componenti domenica.
Survive the Island è considerato un vero e proprio classico del gioco da tavolo per famiglie, e sebbene io non lo abbia mai provato prima di quando non l'ho acquistato dagli amici di Hirtemis, ho subito capito il motivo: un board game accessibile, immediatamente comprensibile in tutte le sue sfumature, strategico, competitivo e che non ti darà modo di capire com'è andata la partita fino al calcolo del punteggio.
Il game design di Survive the Island è estremamente semplice: in un round ci si può muovere attivare le capacità se se ne possiede, dopodiché dovremmo innalzare le acque scoprendo cosa c'è la una tessera se per l'appunto una capacità o un effetto infine tirare il dado per attirare un mostro se presente sul tabellone, tutto qui. Però, durante lo svolgimento della partita, questi semplici elementi riescono a trasportare il giocatore in una dimensione estremamente frenetica e divertente perché dovrà stabilire strategicamente come agire sia ad esempio sfruttare tutte le cose a sua disposizione per semplicemente portare a terra i suoi naufraghi oppure per mettere i bastoni tra le ruote ai propri avversari e e nonostante tutto possa essere stato pianificato con attenzione potrebbe sempre succedere qualcosa di inevitabile a rovinare i nostri piani. inoltre c'è da tenere presente che abbiamo 10 esploratori da far sopravvivere ognuno con un valore differente sarà infatti alla fine della partita il valore dei singoli esploratori che abbiamo tratto in salvo a stabilire l'esito della nostra partita.
Survive the Island è un gioco dinamico divertente, super frenetico veloce da imparare e incredibilmente soddisfacente da giocare in un periodo come quello di Natale dove possiamo giocare con qualsiasi tipo di persona anche quelli meno avvezzi ai border game più strutturati. Questo è uno dei giochi che regala sicuramente tanta soddisfazione attorno al tavolo, regalandoci 45 minuti di divertimento, ma forse anche di più, perché sicuramente non vi basterà una partita per soddisfare la vostra voglia di avventure.
Survive the Island è un gioco da tavolo da 2 a 5 giocatori per una durata stimata di 45 minuti consigliato dagli otto anni, edito da Asmodee creato da Julian Courtland-Smith
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lupus in fabula in Blue Lock finirebbe in una strage
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Gianluca, quando Koopie ti da la palla devi metterla dentro la porta protetta da Falcone. Ok?
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se è un sogno non svegliatemi
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Frattesi arrivato a 40 milioni💀
Carnevali la galera arriverà troppo tardi per te, purtroppo. CRIMINALE.
#come fai a valutarlo 40 milioni? non ha mai giocato mezza competizione internazionale e gioca in una squadra di bassa/media classica ma dai#inutile dire che se lo può tenere a sassuolo a vita o darlo ad altre squadre#come si fa dio
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“Non chiamateci guerrieri, non abusate della magniloquenza del ‘sta lottando come un leone’, non gonfiate il petto con il ‘non arrendersi mai’, rivolto a chi si aggrappa con tutte le sue forze alla speranza che il cancro non prenda il sopravvento.
Così, bellicosi come apparite, non ci fate del bene, non ci incoraggiate, anzi, aggiungete angoscia ad angoscia.
Morire sarebbe una resa?
Soccombere significa non aver guerreggiato bene?
Dove si sbaglia?
Che tattica avremmo dovuto usare? Forse al dolore bisogna aggiungere l’umiliazione di una battaglia campale condotta male?
Sappiate che soffrire per scacciare l’ospite indesiderato, come lo chiamava con una sensibilità che ancora mi commuove Gianluca Vialli, non è come ne “Il settimo sigillo” di Ingmar Bergman dove Max von Sydow gioca a scacchi con la morte.
E, se sbagli la mossa del cavallo, allora meriti la sconfitta definitiva?
Il cancro ha fatto scacco matto.
La ‘guerra’ contro il cancro è, piuttosto, una sequenza di notti insonni, di paura quando entri nel tubo della risonanza magnetica o della tac, del terrore di guardare negli occhi chi ti ha appena fatto un esame, di gioia se quegli occhi esprimono soddisfazione.
Un altro ostacolo superato, tra un po’ ne arriverà un altro.
Una ‘guerra’ fatta di attese, sofferenze - sono i farmaci - debolezza, dove sai che la tua volontà è importante, ma non è l’arma determinante, e che invece degli squilli di tromba di chi ti esorta a fare il gladiatore, chi si sta impegnando allo spasimo per uscirne vivo avrebbe bisogno di affetto, di vicinanza, di attenzione, di ascolto, di non essere lasciato solo, di vita, e ha bisogno di oncologi che sono sempre più bravi, della scienza che continua a mettere appunto cure sempre più efficaci e plurali.
La ‘guerra’ la fa la ricerca condotta da eroi e spesso trascurata da chi ha le redini dell’autorità pubblica.
Lo dico per fatto personale.
Scusate l’impudicizia, ma non ne potevo più.”
Geppi Cucciari
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Non tornare dove un giorno sei stato felice, è una trappola della malinconia, tutto sarà cambiato e niente sarà più come prima, nemmeno tu.
Non cercare gli stessi paesaggi, né le stesse persone, il tempo gioca sporco e si sarà occupato di distruggere tutto ciò che un giorno ti ha reso felice.
Non tornare nel luogo in cui un giorno sei stato felice, tienilo sempre nella tua memoria, com'era, ma non tornare. La vita va avanti e ci sono nuove strade da percorrere… nuovi posti da visitare e altre persone che ci aspettano.
Fernando Garcia
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CARO VUOTO INTERIORE
In questa silenziosa e vuota giornata di agosto di una città deserta, riflettendo su di te, caro vuoto, ho capito che la verità di me dipende da te: da come ti tengo pulito, da come ti curo e ti proteggo da tutti i ciarlatani che continuamente mirano a riempirti con mille seducenti, e per loro lucrose e convenienti, suggestioni. Ti devo custodire dalle erbacce che sempre tendono a insidiarsi in te come se tu fossi un giardino, anche perché tu per davvero sei il mio giardino, il terreno da cui fuoriescono i miei fiori e i miei frutti, cioè il mio pensiero e la mia volontà. Se saprò coltivarti, resistendo alla tendenza a riempirti a tutti i costi pur di non sentire il tuo risucchio, avrò ottenuto l’indipendenza spirituale.
La partita della vita si gioca dentro di me, alle prese con te, caro vuoto. Per questo Montaigne insegna: «Bisogna riservarsi un retrobottega tutto nostro, del tutto indipendente, nel quale stabilire la nostra vera libertà, il nostro principale ritiro e la nostra solitudine». Se ti manterrò pulito e terso, tu cesserai di agire come un vortice da cui proviene un continuo risucchio e diverrai il mio rifugio più sicuro. Acquisire la pratica di convivere con te significa imparare a stare fermo sul mio abisso, a guardare il cratere del mio vulcano interiore, a stare in ascolto, a zittire la mente, a udire il suono del mio silenzio. È questo il lavoro giusto da fare. A partire da questa giornata di agosto, con le strade deserte che quasi sorridono per il loro surreale silenzio.
Vito Mancuso
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Storia Di Musica #354 - Astor Piazzolla, Libertango, 1974
Nello stesso anno in cui in Brasile Jorge Ben iniziava la sua rivoluzione della musica del suo paese, nei territori dei cugini argentini si consumava il più famoso degli assassini musicali (premetto subito in senso simbolico). Fu però un delitto che non portò alla fine, ma alla rinascita e alla rivoluzione di uno mondo magico ma dalle regole ferree, fiero del suo conservatorismo: il tango. Oltre che musica e il più sensuale dei balli, il tango è poesia e cultura. Nessuno sa perchè si chiami tango (dal latino tangere, io tocco) solo che nacque agli inizi del ‘900 nella zona di Rio de la Plata, diffondendosi inizialmente in Uruguay e Argentina. Nella prima metà del secolo, dal punto di vista musicale, il tango si sviluppò come musica da orchestra e canto, con figure leggendarie, come quelle di Carlos Gardel, eroe nazionale argentino (anche se i maligni sostengono che fosse uruguaiano), Roberto Goyeneche o Carlos José Pérez. Il la musica e il canto, malinconico, emotivo, teatrale modellò il genere. Uno che però non amava tanto le fissità musicali fu Astor Pantaleon Piazzolla. Figlio di genitori italiani, Piazzolla visse i primi 16 anni a New York. Studia musica e direzione d’orchestra. Si trasferisce nella seconda metà degli anni 40 in Argentina, dove diviene un virtuoso del bandoneon, lo strumento inventato da Heinrich Band nell’800 e divenuto il principe delle orchestre di tango, che per caso arriva in Argentina al seguito dei marinai tedeschi, che lo tenevano sulle loro navi ad allietare i durissimi e lunghissimi viaggi transoceanici.
Piazzolla era affascinato dall'idea di fondere elementi della musica jazz alle strutture del tango. Fu un parto difficilissimo: ritornò a fine anni '50 a New York prontissimo a diventare musicista di colonne sonore, ma in quel momento la musica era in fermento per la rivoluzione del jazz che Kind Of Blue di Miles Davis e poi il nucleo del free jazz di Ornette Coleman stavano portando. Finì senza un soldo e solo per la generosità di un editore musicale che gli pagò un anticipo su una delle sue canzoni più famose (e che ritroveremo tra poco) ritornò in Argentina. Qui però un infarto lo segna profondamente, tanto che tramite alcuni amici si trasferisce in Italia. Ed è proprio qui, nella culla della sua famiglia, che inizia la rivoluzione: registrò nel 1974 l’album che lo fece conoscere al mondo interno.
Libertango, dall’unione tra libertad (in questo caso espressiva) e tango. Registrato a Milano con una favolosa sezione d’archi diretta da Umberto Benedetti Michelangeli, ma soprattutto con l’innesto di una sezione ritmica di chiara matrice jazz composta dal basso elettrico di Pino Presti e dalla batteria di Tullio de Piscopo, il disco ridisegna il tango, che attraverso le dissonanze del jazz, l’innesto di strumenti elettrici e una nuova idea compositiva diviene Tango Nuevo. I puristi ovviamente gridano allo scandalo, e definiscono Piazzolla el asesino del tango. Persino Borges se ne risentì, e si dice che lo chiamasse Astor Pianola. Fu persino accusato di non essere mai stato argentino, un camorreno, per le sue origine italiane. Ma poco possono le critiche contro la sensualità e dal forza di Libertango, meravigliosa, famosa per l’innumerevole quantità di usi cinematografici e pubblicitari (per esempio, nella pubblicità della Vecchia Romagna, prima del penoso remix di David Guetta). Vi aiuto a capire le differenze: confrontate la sua musica con quella che accompagna una delle scene più famose del cinema degli ultimi 30 anni: quando Al Pacino in Profumo Di Donna balla il tango, si muove sul ritmo di Por Una Cabeza, uno dei classici di Carlos Gardel: il titolo, Per Una Testa in senso letterale, è l'equivalente del nostro Per Un'Incollatura, ed è una brano che gioca sulla metafora della passione del protagonista per le corse dei cavalli comparata per la sua passione per le donne. Piazzolla sciorina partendo da Libertango la sua idea nuova in altri 6 momenti: Meditango, Undertango, Violentango (clamorosa), Novitango e la conclusiva Tristango. A legare il tutto una toccante e magnifica elegia al padre, Adios Nonino, dedicata al padre morto improvvisamente (Nonino era chiamato il Padre, Don Vicente Piazzolla, e in Argentina l’immigrazione italiana ha di fatto sostituito l’abuelo\a spagnolo con nonino\a dall’italiano nonno\a riferito in senso reverenziale alle persone anziane); scritta nel 1959, è la canzone la cui vendita dei diritti gli permise di ritornare in Argentina da New York, viene ripresa e ridisegnata secondo il conjunto electrico del Tango Nuevo, con una forza espressiva ed emozionale senza pari.
Il disco, un successo per la piccola etichetta Carosello che lo sopportò, proietta Piazzolla ai vertici della musica internazionale. Di lì a poco collaborerà con grandi del jazz, dirigerà intere orchestre e spedisce il tango in una dimensione nuova ed internazionale, e che rivitalizzerà il genere, fino alle ultime evoluzioni, tipo i Gothan Project, paladini del tango elettronico. Piazzolla dimostra come è possibile difronte ad un bivio, scegliere una strada pericolosa, rischiosa, ma che può portare a risultati grandiosi. Nel rispetto di se stessi, anche della tradizione, ma che non si ferma davanti alla difficoltà. Che sia di augurio per chiunque legga queste righe.
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Non tornare dove un giorno sei stato felice, è una trappola della malinconia, tutto sarà cambiato e niente sarà più come prima, nemmeno tu.
Non cercare gli stessi paesaggi, né le stesse persone, il tempo gioca sporco e si sarà occupato di distruggere tutto ciò che un giorno ti ha reso felice.
Non tornare nel luogo in cui un giorno sei stato felice, tienilo sempre nella tua memoria, com’era, ma non tornare.
La vita va avanti e ci sono nuove strade da percorrere, nuovi posti da visitare e altre persone che ci aspettano.
-Fernando Garcia
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Altra pausa dalla programmazione natalizia per andare a scoprire i componenti di un gioco che già vi avevo presentato nei giochi da tavolo per il Natale, sto parlando della nuova edizione di Island, ovvero Survive the Island, con nuovi componenti che meritavano di essere protagonisti di una domenica del unboxing, come sempre grazie agli amici di Hirtemis per avermi fornito il gioco.
Survive the Island è la nuova edizione di un board game che è un vero e proprio classico dei giochi per famiglie, un sistema di gioco facile ma avvincente che riesce a coinvolgere proprio tutti attorno al tavolo. In questo gioco dovremmo riuscire a far scappare i nostri esploratori da un'isola che sta sprofondando, ma dobbiamo fare attenzione perché non tutti gli esploratori sono uguali infatti, ognuno porta con sé diversi tesori e dovremmo avere alla fine della partita salvato gli esploratori con più tesori. Questa nuova edizione comprende già una espansione al suo interno, i meeple in legno, la grafica di copertina differente, il tutto con un prezzo inferiore alla precedente edizione.
Survive The Island è un gioco da tavolo per 2/5 giocatori, consigliato dagli 8 anni in su per una durata stimata di 45 minuti edito da Asmodee.
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Siamo figli di un mondo distratto
Che ha dimenticato come far ridere i bambini
E invece di una favola regaliamo un iPhone.
Invece dei colori, compriamo loro un tablet.
Siamo figli di un mondo distratto
Che si è dimenticato come si gioca con la palla
Fare correre un aquilone in riva al mare
E correre scalzo per i prati.
Siamo figli di iPhone, smartphone, tablet.
Vogliamo sapere chi c'è dall'altra parte del mondo
Senza vedere chi ci sta accanto.
Siamo figli di un mondo distratto
Fatto di tecnologia e buongiorno dimenticati
Da un caffè pubblicato sui social
E un caffè già freddo da bere.
Siamo figli di un mondo distratto
Che ha dimenticato come far sorridere un bambino.
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Non tornare dove un giorno sei stato felice, è una trappola della malinconia, tutto sarà cambiato e niente sarà più come prima, nemmeno tu.
Non cercare gli stessi paesaggi, né le stesse persone, il tempo gioca sporco e si sarà occupato di distruggere tutto ciò che un giorno ti ha reso felice.
Non tornare nel luogo in cui un giorno sei stato felice, tienilo sempre nella tua memoria, com’era, ma non tornare.
La vita va avanti e ci sono nuove strade da percorrere, nuovi posti da visitare e altre persone che ci aspettano”.
Fernando Garcia
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In ciascun rapporto ci sono due metà. Ciascuno è responsabile soltanto della propria metà. Non importa quanto siate vicini, o quanto pensiate di amarvi, è impossibile essere responsabili per ciò che si trova nella testa di un'altra persona. Se cerchiamo di essere responsabili per l'altra metà, il risultato è la guerra per il controllo. Allora è necessaria una scelta: creare una guerra di potere o fare gioco di squadra. Gli atleti di una stessa squadra giacano insieme, non uno contro l'altro. Se considerate i vostri rapporti , anche quelli romantici, come un gioco di squadra, tutto inizierà a migliorare. Nei rapporti con gli altri, come nelle partite, non è importante vincere o perdere. Si gioca per divertirsi. La generosità, la libertà e l'amore creano il rapporto più bello: un continuo idillio... (Don Miguel RuizIn ciascun rapporto ci sono due metà. Ciascuno è responsabile soltanto della propria metà. Non importa quanto siate vicini, o quanto pensiate di amarvi, è impossibile essere responsabili per ciò che si trova nella testa di un'altra persona. Se cerchiamo di essere responsabili per l'altra metà, il risultato è la guerra per il controllo. Allora è necessaria una scelta: creare una guerra di potere o fare gioco di squadra. Gli atleti di una stessa squadra giacano insieme, non uno contro l'altro. Se considerate i vostri rapporti , anche quelli romantici, come un gioco di squadra, tutto inizierà a migliorare. Nei rapporti con gli altri, come nelle partite, non è importante vincere o perdere. Si gioca per divertirsi. La generosità, la libertà e l'amore creano il rapporto più bello: un continuo idillio...
|| Don Miguel Ruiz
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Non è che crescere voglia dire dimenticarsi come si gioca. @AlbertHofman72 art by Inge Lòòk ******************** It's not that growing up means forgetting how to play. @AlbertHofman72 art by Inge Lòòk
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LA LEGGENDA DELL' AMORE CIECO. <3
Tanto tempo fa la Follia decise di invitare tutti i sentimenti a prendere un caffè da lei.
Dopo il caffè, la Follia propose:
- Si gioca a nascondino?
- Nascondino? Che cos'è? - domandò la Curiosità.
- Nascondino è un gioco. Io conto fino a cento e voi vi nascondete. Quando avrò terminato di contare, comincerò a cercarvi e il primo che troverò sarà il prossimo a contare.
Accettarono tutti ad eccezione della Paura e della Pigrizia, che rimasero a guardare in disparte.
1,2,3,... - la Follia cominciò a contare.
La Fretta si nascose per prima, dove le capitò.
La Timidezza, impacciata come sempre, si nascose in un gruppo di alberi.
La Gioia corse festosamente in mezzo al giardino, noncurante di un vero e proprio nascondino.
La Tristezza cominciò a piangere, perché non trovava un angolo adatto per nascondersi.
L'Invidia, ovviamente, si unì all'Orgoglio e si nascose accanto a lui dietro un grande masso.
La Follia continuava a contare mentre i suoi amici si nascondevano.
La Disperazione era sconfortata vedendo che la Follia era già a novantanove.
Cento! - gridò la Follia - Adesso verrò a cercarvi!
La prima ad essere trovata fu la Curiosità, poiché non aveva potuto impedirsi di uscire
per vedere chi sarebbe stato il primo ad essere scoperto.
Guardando da una parte, la Follia vide il Dubbio sopra un recinto che non sapeva da quale lato avrebbe potuto nascondersi meglio.
E così di seguito furono scoperte… la Gioia, la Tristezza, la Timidezza e via via tutti gli altri.
Quando tutti finalmente si radunarono, la Curiosità domandò:
- Dov'è l'Amore?
Nessuno l'aveva visto. Il gioco non poteva considerarsi concluso, così la Follia cominciò a cercarlo.
Cercò in cima ad una montagna, lungo il fiume, sotto le rocce… ma dell'Amore, nessuna traccia.
Setacciando da tutte le parti, la Follia si accorse di un rosaio, prese un pezzo di legno e cominciò a frugare tra i rami spinosi, quando ad un tratto sentì un lamento…
Era l'Amore, che soffriva terribilmente perché le spine gli avevano appena perforato gli occhi.
La Follia non sapeva che cosa fare, si scusò per aver organizzato un gioco così stupido,
implorò l'Amore per ottenere il suo perdono e commossa dagli esiti di quel danno irreversibile arrivò fino a promettergli che l'avrebbe assistito per sempre.
L'Amore, rincuorato, accettò la promessa e quelle scuse così sincere.
Così, da allora, l'Amore è cieco e la Follia lo accompagna sempre.
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