#come la felpa grigia
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omarfor-orchestra · 11 months ago
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la maglia bordeaux!!!
Posso dire che penso l'abbia usata anche Dante
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palmiz · 11 months ago
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Dietro front, l'hanno beccata, cambio di strategia
Numero uno trasformazione in casalinga.... Via il trucco, via il parrucco, via i vestiti da 20.000 euro, via gli sfondi con le borse da 500.000 euro, felpa di pile grigia e messaggio visivo per i follower
Sono una di voi "poveracci"
Numero due, non sono innocente, ho sbagliato, e chi non sbaglia nella vita, ho fregato milioni di euro ai bambini malati, ma è stato un errore veniale, perdonatemi
Recitazione pessima e voce rotta dal pianto
Numero tre, sono disposta a ricomprarmi la credibilità, perché quella ho, non produco, non creo nulla, io vendo la mia credibilità e se l'ho persa la ricompro....
Quanto devo donare? A chi? Dove devo mettere i manifesti? Con quali bambini devo mettermi in posa?
"Stanno dietro maschere e non li puoi distinguere
Come lucertole s'arrampicano
E se poi perdon la coda la ricomprano
Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno
Spendono, spandono e sono quel che hanno"
Cit. Quelli che ben pensano
"come rifarsi una verginità"
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a-tarassia · 2 years ago
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Ovunque
Lunedì era il 2 gennaio, pioveva di quella pioggia fine e persistente che qui chiamano scarnebbia e l’aria intorno era grigia e umida, ovviamente. Io avevo intenzione di uscire, ho messo su i leggnings termici, i pantaloncini felpati, il top, la canottiera, la maglia termica, la felpa e il kway, guanti, cappello, cuffie e sono uscita a correre. Ho sudato come un lottatore di sumo perché ero overdressed and not in the good way. Non fa freddo, è umido, non mi sono regolata., mi sto adattando al clima di queste zone, dopo otto anni sarebbe anche l’ora.
La me di dieci anni fa, che avrebbe vissuto a Roma ancora per poco, non avrebbe nemmeno mai pensato di uscire a correre, figurarsi con questo tempo. Neanche la me di 9 anni fa, che viveva al mare.
Dici come ti trovi al nord che non c’è mai il sole? È vero, da che se ne possa dire, la quantità di sole che vediamo qui in pianura è decisamente una parte infima e disperata di quella che si gode in qualsiasi altra parte d’Italia e forse del mondo. Siamo al 5 di gennaio e dal 20 di dicembre ricordo solo un giorno di sole e non è il periodo peggiore di cui ho memoria. Come mi trovo? Mi trovo che boh, mi sono adattata a vivere anziché sopravvivere, esco a correre con la pioggia, fai tu, e l’altro giorno mentre correvo pensavo che forse queste condizioni meteo avverse alla mia psiche sono addirittura la marcia in più che mi distoglie dalla pigrizia che il sole mi induce, dalla vena contemplativa che il bel tempo mi attiva, dalla voglia di stendermi su una spiaggia o al sole su un prato al parco degli acquedotti, dalla stanchezza della canicola che il caldo comporta, le dormite pomeridiane dei pomeriggi assolati qui non sono cultura. Non è un merito, non è una colpa, la crescita del pil ha una correlazione negativa con il clima mite così come ce l’ha con la corruzione. Quello che ho notato qui è che alla gente va di fare le cose a prescindere dal tempo e se è bello ancora meglio, ma cambia poco, cambiano giusto le cose da fare, il tempo non è mai un deterrente, almeno nella mia cerchia non ho mai sentito dire da nessuno “non vengo perché piove e non mi va”, sinceramente piuttosto ti entrano in casa zuppi, infreddoliti, ma mai mai mi è successo di sentirmi dire “no, c’è nebbia”. Mi piace vivere al nord? A volte sì, a volte no, ci sono i pro e i contro. In pianura per esempio ci si sposta bene, puoi andare ovunque in bici, che è sempre stata una mia fissa e passione, un mio amico mi diceva sempre che a Roma ci sono più parchi e verde, è vero, ma a Milano se c’è traffico e non t va, parcheggi la macchina e a piedi in 2h sei ovunque, a Roma piuttosto muori. Qui ci sono i fiumi, i laghi, le montagne e tante città abbastanza vicine tra di loro, la vita col van o col camper è più semplice, due ore e sei in terra straniera e prendere i mezzi non è la condanna infinita di un girone infernale. Il meteo in pianura è quello che è e l’inquinamento, dove vivo io, è una piaga, così come le zanzare, la vita è più costosa, gli stipendi in media sono più alti, ma forse non abbastanza. La gente mi piace. Vivere a Roma mi piaceva? Fino ad un certo punto sì, poi non più. È bella, bellissima, meravigliosa. Se vivi in centro, certo, le periferie, invece, sono tutte uguali, qualcuna è più brutta. Il periodo in cui ero studentessa scendevo dai miei in Calabria anche per mesi interi e quando tornavo a Roma era come se avessi lì una seconda vita a cui riadattarmi, mi sentivo dispersa e confusa, senza meta, allora prendevo i mezzi e andavo in centro, mi piaceva castel sant’angelo, mi piaceva il celio, mi piaceva il cimitero inglese, mi piaceva piazza cavour, arrivarci coi mezzi mi piaceva meno e più passava il tempo meno mi era utile la bellezza più mi serviva praticità, dopo il 2010 vivere era diventato costosissmo, impossibile quasi per chi non aveva casa o un lavoro pagato bene e la vita era diventata sopravvivenza,  abitare a Roma non mi piaceva più. Tredici anni della mai vita, forse i più belli, c’ho messo un po’ a farmene una ragione e a capire che venivo prima io dei bei ricordi. Mi piaceva vivere al mare dai miei? A volte sì, a volte no. La Calabria è terra abbandonata, difficile e mancante, anche per colpa mia che me ne sono andata e non ho mai dato nulla in cambio di quello che invece i miei padri e le mie madri mi hanno sempre offerto. Bella, bellissima, selvaggia, imprendibile, l’amore della mia vita. I miei abitano al mare, sulla costa tirrenica di fronte ad uno dei panorami più belli del mondo, d’inverno si vede fino l’etna, fino stromboli e panarea, i colori sono infiniti e le nuvole disegnano oltre l’immaginazione, è terra ricca e che non chiede niente, solo il tuo sacrificio. Ci ho vissuto in tutto, in due tranche, per dieci anni. Sono calabrese nelle vene, ma non lo sono nella volontà, i miei mi hanno aperto mondi a cui non sono ancora, nonostante tutto, pronta a rinunciare e la mia terra mi sta stretta, non sono pronta a dare, sto ancora nell’immaturità di ricevere e se non riesci a dare la Calabria non perdona. Ogni volta che sono tornata l’ho fatto per curarmi e ogni volta mi ha curato, ogni volta mi ha rivelato qualcosa di me, il ciclo non è finito, son sicura che è lì che voglio tornare, ma mi piace vivere lì? Ancora no.
Ho vissuto anche dieci anni negli Stati Uniti, ma ero troppo piccola e già volevo andarmene via, NY mi puzzava di pesce marcio e la gente non era italiana. Sensazioni difficili da descrivere, non ho mai avuto velleità di tornare, almeno fino adesso, in cui mi ritrovo a volte a pensare come sarebbe tornare a vivere nella grande mela o addirittura a Los Angeles, aprirmi a quel tipo di mondi e cultura così diversa e dicotomica, non mi verrebbe mai in mente di desiderare l’Arizona ecco o l’Oklahoma, questo no, però una grande città che non mi posso permettere un po’ nello stomaco la fame mi viene.
Son tutti uguali i posti del mondo, sei tu che cambi di volta in volta, perché per quanto belli o brutti possano essere la vita che ci vai a vivere è la tua, sempre la tua, e quello dipende solo da te. Mi piace viaggiare, forse mi piaceva di più prima, mi piace esplorare, però vivere è diverso e vivere in un posto lo normalizza, lo mette al centro della gaussiana, anche vivere in uno Slum a Mumbai alla fine è questione di abitudine, lo dice bene Roberts in Shantaram e io ci credo. Ogni posto diventa il tuo posto se sei abbastanza pronta e onesta con te stessa, nessun posto sarà mai tuo invece se non riesci a completarti.
So per certo che per apprezzare qualunque posto, per affrontare qualsiasi tipo di realtà, la prima con cui devi fare pace è quella da cui vieni, è la cosa più difficile, è la più dolorosa, ma se non capisci che anche lì va bene, allora non andrà bene nessun altro posto.
C’è una pagina su Facebook che si chiama View from my window, è una bella pagina, cortese e gentile, in cui le persone sono chiamate a mandare solo una foto a testa, per non intasare e solo della vista che hanno da una finestra/balcone di casa, indicare dove abitano e al massimo un piccolo commento, gli altri non devono giudicare se non in modo cortese, la foto deve essere rigorosamente da casa, non luogo di lavoro o vacanza, fammi vedere cosa vedi tu ogni giorno da casa tua. C’è di tutto. Viste da palazzi, da villette, da cabine in montagna, da case sulla spiaggia ad Edinburgo, giardini Sudafricani, parcheggi di condomini a San Pietroburgo, strade piene zeppe di neve di paesini norvegesi, praterie del montana, montagne canadesi, il vesuvio, cortili alle bahamas, alberi di pappagalli in australia, cose assurdamente belle in posti di guerra, cose assurdamente normali in posti caraibici.
È una pagina meravigliosa che celebra la vita nel suo quotidiano e ti fa capire come davvero ovunque è ovunque, la differenza sta in altro.
Buon anno.
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emailsiwillnotsend · 1 year ago
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Giorno 3
Mi dispiace che piangi. 
Quel giorno pioveva tantissimo. Avevo camminato tutta la mattina sotto la pioggia ed ero tornata a casa fradicia. Mi ero messa una felpa pulita, quella grigia che avrei messo anche in montagna con te, ed ero andata in dipartimento per pranzare. Era un po' che Lorenzo vedeva che non mangiavo e mi chiedeva sempre di pranzare assieme per tirarmi su. Quel giorno ho bevuto una zuppa di verdure e mi sono seduta al mio solito posto.
Poi ti ho risposto. Ti ho detto che non riuscivo a pensare a te senza pensare anche alle altre persone con cui andavi, che da quando me ne avevi parlato avevo costantemente quei flash davanti agli occhi. Poi Lorenzo ha visto che stavo piangendo e mi ha aperto gli scacchi sul telefono, chiedendomi di fare una partita. Mentre giocavamo le finestre urlavano, credevo che i vetri ci sarebbero esplosi addosso. In quel momento hanno iniziato ad arrivare i tuoi messaggi.
Mi chiedevi scusa, dicevi che speravi di poter ricucire lo strappo. Per ricucirlo e sentirmi la tua ragazza ci abbiamo messo più di un mese, quasi due, tre e ancora non mi sentivo la tua ragazza.
Mi dicevi che una relazione era l’unica soluzione per stare insieme e quindi l’unica che volevi tenere in considerazione.
Mi dicevi che sapevi quali erano le tue priorità e che se avessi dovuto rinunciare a questo per stare con me lo avresti fatto senza pensarci due volte.
Ho letto quei messaggi mentre Lorenzo mi stracciava a scacchi, mi sono alzata e sono corsa fuori dall'università. Pioveva ancora ma ero appena diventata più leggera e il peso sul petto si era sollevato, volevo solo camminare e correre. Mentre mi inzuppavo sotto la pioggia mi scrivevi che sarebbe successa una cosa importante, che mi avresti detto che ci sarei stata solo io e che ci saremmo fidati l'uno dell'altra al 100% senza nessun tipo di ansie. E io l'ho fatto. 
Mi sono fidata di te quando ci scrivevamo durante il giorno, durante i silenzi, durante le settimane in cui 888 km pesavano pochissimo e quando sono diventati pesantissimi. Quanto ogni sforzo per mantenere la relazione cadeva giù e non faceva rumore. Quando avevi mille colori e saltavi da una parte all'altra, e ballavamo spostandoci in mezzo alle piattaforme digitali che ci stavano troppo strette. Quando l'unica cosa che avevo di te erano silenzi e resoconti stringati di giornate che non ti facevano stare bene. 
Non avevo bisogno di perderti per capire quanto ti amo, però sabato sei salito su un treno e io non ti rivedrò mai più. Il ragazzo che amo è salito su un treno e io non lo rivedrò mai più. Oggi questa frase fa male, si ferma in mezzo al petto e scava un buco. Perché io lo amo ma Lui non c'è più. Lui non c'è. Perché sabato ha preso un treno e io non lo vedrò mai più. Che male, che male. 
Quando mi dici che non ci rivedremo più ed è colpa mia, mi viene da riderti in faccia. Non hai idea di quello che vorrei e in nessun mondo possibile questa relazione doveva finire così.
La tua faccia tra le mie mani mentre piangi. Non capisco se sia dolore o sensi di colpa per quello che è appena successo. Ti chiedo se sono ricordi o pensieri dolorosi e tu mi dici solo che stai male. Ho respirato tutta notte attraverso ricordi lancinanti e so come ti senti. Mi dispiace che piangi. 
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karenlojelo · 2 years ago
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Me lo ricordo domani. Come ricordo Ieri: fotografie e vecchie canzoni di Dalla e De Gregori, le notti passate a dormire su due sedie di legno in una pizzeria quando ero troppo piccola per restare sveglia. I viaggi in macchina di notte l’estate per arrivare alla casa al mare dei nonni. L’odore della sigaretta che non usciva mai del tutto dal finestrino e io che tossivo e giuravo che non avrei mai fumato… Ci ripenso adesso mentre compro tre pacchetti per esser certa di non restare senza. Il mare sui piedi il primo giorno di vacanza, le due ore da aspettare dopo mangiato prima di entrare in acqua, mia nonna, le pesche 'percoche', i grilli che cantavano nei pomeriggi d’agosto e le prime piogge quando era bello infilarsi una felpa grigia col cappuccio dopo tanto caldo. Il primo giorno di scuola, la paura che nessuno venisse a prendermi all’uscita o che la campanella non suonasse mai. Lo sguardo di mio nonno sulle scale ad aspettarmi. Le domeniche a villa borghese quando i ragazzi più grandi suonavano per me con la chitarra ‘nella vecchia fattoria’ e io mi lamentavo e volevo De Andrè perché ero abituata bene ed ero abituata ad essere grande in mezzo ai grandi e forse per questo mi sentivo fuori posto tra i bambini e in fondo lo ero anche tra i grandi e così ho continuato a sentirmi fuori posto tutta la vita. Mio zio che mi chiamava ‘bellicapelli’ che i miei erano sempre lunghi e se provavano a tagliarmeli urlavo e non volevo nemmeno pettinarmi. E mi ricordo domani, com’era dentro tutti quei sogni che facevo. Quanti ne ho immaginati di domani. Tutti grandi e lucenti, tutti perfetti e a colori. Favole che finivano con e vissero per sempre felici e contenti e invece l’unico per sempre che ci sarebbe stato era quello di aspettare, aspettare che arrivasse quell’onda perfetta da cavalcare per poter dire era qui che volevo arrivare. E invece ero figlia di quella generazione che per amore della rivoluzione ha rivoluzionato la vita ai figli. Eppure quei sogni mi hanno tenuto in vita, ancora adesso, quando mi dicono che ormai sono grande rispondo tra me che no, non crescono mai quelle che non sono mai state bambine. #karenlojelo #poesia #donne #quotesoftheday #domani #ieri (presso Every Where) https://www.instagram.com/p/Cpj08D6s0DY/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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firewalksbymyside · 2 years ago
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Stanotte ho sognato di raggiungere Ibra in un bar, lui mi aspettava a braccia aperte e mi diceva "Eccola la mia ragazza speciale" e agli altri "lei, lei è fantastica" e io gli dicevo sottovoce "io ti abbraccio ma voglio Simon" e lui annuiva come se sapesse ogni cosa. Cambio di palcoscenico e siamo a casa, mia o sua chi può dirlo, e sto freneticamente preparando la tavola per 8 persone. So che ci sarà Simon e parte della sua famiglia, sorella, nipoti, mamma. Ma lui tarda ad arrivare e allora guardo fuori dalla finestra, dove ci sono solo montagne innevate e sentieri. Lo vedo lì, scendere da un sentiero con una felpa grigia oversize e un cappellino ormai ricoperto di neve. Arriva a casa, gli tolgo il cappellino, vedo la neve rimasta impigliata nei suoi capelli sciolti, li accarezzo, la neve scompare, lo guardo negli occhi, non riesce a sorridermi. È triste. Tanto. Ed io non posso fare niente per renderlo felice.
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nonamewhiteee · 3 years ago
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13/03: ho 22 anni e un mese. i miei sono arrivati circa due orette fa, mamma come suo solito ha pulito già ovunque, inizio ad avere fame e voglia di fumarmi un drummino. mentre cerco di scacciare delle bad vibes, penso a loro e a quanto io mi senta ingrato nei loro confronti, nonostante tutto. giravo su ig e ho scoperto profili di vecchie conoscenze mai andate in fondo, e mi sento stupido a pensare di aver vissuto una vita che non sento mi appartiene, di aver rinunciato ad esperienze, di aver sofferto perché non mi sono mai sentito all'altezza di nulla precludendo la mia stessa adolescenza. adesso ho 22 anni, indosso una tuta e una felpa grigia, le occhiaie si fanno spesse, un taglio sull'indice destro, occhiali tondi che vorrei mi dessero un'aria più da intellettuale, barba che lascio crescere per sentirmi adulto quando non lo vorrei ancora essere. spero di trovare la bellezza in me e di vivere.
#me
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indentazionedellapelle · 2 years ago
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In giorni come questi, un po' tristi, un po' vuoti, avrei solo bisogno di vederti arrivare; percorrere, nel tuo modo goffo, passi verso di me, ricevere un tuo messaggio, restare in silenzio a guardare il cielo con te affianco, piangere sulla tua spalla, fra le tue braccia, cuore contro cuore, inumidirti la felpa con le mie lacrime, sentirle raccogliere dalle tue dita. C'era una cosa che facevi sempre tu: restare in silenzio. Accoglievi il mio dolore in modo silenzioso, comunicando solo attraverso il tuo corpo, solo attraverso il tuo sguardo. Erano le tue mani, i tuoi occhi e le tue orecchie a diventare parole. La tua bocca restava lì, silenziosa, ferma. Oggi, con gli occhi sporchi di lacrime, stanca, sono uscita afferrando la borsa. Sono rimasta da sola su una lurida panchina gelida, in una stazione. Ho fissato i binari, i treni che sfrecciavano, poi il cielo. L'ho fatto in silenzio, con il telefono poggiato di fianco. Poi il cielo si è tinto di rosa, ed accanto a me si è seduto un ragazzo, capelli arruffati, felpa grigia, cuffie nelle orecchie. Guardandomi mi ha regalato un sorriso poi ha alzato lo sguardo al cielo. Ho condiviso il tramonto con occhi non tuoi ma che un po' mi hanno ricordato te e per un attimo non ero più sola.
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larimettitulasveglia · 2 years ago
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La crosticina a forma di cuore, una felpa grigia, i capelli profumati.
La scritta "fegato" che compare per caso, come se ce l'avessi lì davanti a ricordarti cosa ti servisse per una svolta.
E l'impegno nel dare vita a ciò che poteva a tutti gli effetti essere considerato un autoritratto.
Definizione di Dolcezza
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maledettadaunangelo · 3 years ago
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Amore, riserva la tua tristezza a chi sa capirla, non lasciare che questo mondo superficiale ti porti via. La tua fragilità è una distesa di cielo fatto di niente, nessuna stella è bella come sei tu quando non rinunci a essere te stessa. Stella dopo stella hai rivissuto ogni abbraccio: gli abbandoni come fanno a fare così male se non sono una scelta? Gli abbandoni come fanno a spezzarti in due se sei solo tu quello che resta? Hai sentito bruciare le vene, avevi freddo e non volevi rientrare. Ora, vi prego, fatemi respirare. Aria. Quante volte prima e dopo di me ti è mancata l’aria? Aria, cerchi sempre l’aria, anche quando non sai se stai respirando ancora. Una bambina fragile diventa un puntino immobile in un mondo troppo grande che si muove a scatti, è questo che pensi quando ti domandano: «Come fai a sentire le cose dentro così forte?». Il cielo è sempre azzurro, non si stanca mai di essere bellissimo, il cielo è sempre azzurro e non si stanca mai di brillare. Hai avvolto il tuo passato dentro a una felpa grigia, aspettando che passasse davvero, hai guardato l’orologio: 21.21, esprimi un desiderio. Aria, respirare respirare davvero. «Rientri, amore? Fa un freddo cane» ha gridato qualcuno. Vaffanculo, fatemi respirare.
Marzia Sicignano, Aria
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corallorosso · 4 years ago
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Londra, scontri con la polizia alla veglia per la morte di Sarah Everard. “Immagini scioccanti, serve indagine” Sarah Everard, 33 anni, era scomparsa mentre rincasava a piedi verso la sua casa di Brixton la sera del 3 marzo ed è stata ritrovata morta mercoledì 10 marzo a Ashford, nel Kent, a circa 78 chilometri dall’ultimo luogo nel quale era stata vista. Ad essere formalmente accusato per il suo rapimento ed omicidio è l’agente di Scotland Yard – cioè della polizia di Londra – Wayne Couzens che ieri, in una breve udienza davanti ai giudici del Westminster Magistratès Court, è apparso con l’aria avvilita e testa bassa, in una tuta di felpa grigia e con un’evidente ecchimosi sulla fronte. Il caso ha scosso profondamente la Gran Bretagna, in queste ore ulteriormente scioccata da quanto accaduto ieri sera alla veglia per Sarah nel quartiere londinese di Clapham Common: un centinaio di persone si sono radunate per ricordarla a lume di candela, ma si sono verificate tensioni con la polizia visto che l’evento era stato vietato a causa delle norme anti-covid. I video e le foto pubblicati sui social media mostrano gli agenti che trattengono e ammanettano alcuni partecipanti al raduno. Il ministro dell’Interno britannico Priti Patel ha dunque chiesto alla polizia di Londra “un’indagine approfondita” su ciò che è successo, definendo “scioccanti” le immagini diffuse sui social media che mostrano la polizia agire con violenza verso i manifestanti, tra i quali molte donne. Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, ha parlato di scene “inaccettabili” e ha chiesto al capo della Metropolitan Police, Cressida Dick, “una spiegazione urgente”. La polizia ha confermato stamani l’arresto di quattro persone. (...) Ha scatenato un’ondata di indignazione in tutto il Regno Unito, dove da tempo ferve un dibattito su come contrastare l’incremento dei femminicidi, al quale si è aggiunto lo shock quando il cerchio si è stretto attorno a un uomo di Scotland Yard. Shock aggravato dalla polemica che ribolle sulla leggerezza con cui la polizia londinese avrebbe gestito il caso dell’agente, denunciato due volte per atti osceni in luogo pubblico e mai sanzionato né messo in questione, visto il suo ruolo in servizio di vigilanza presso le ambasciate. La vicenda è iniziata la sera del 3 marzo quando, lasciando la casa di amici a Clapham, Sarah Everard decide di fare a piedi i 50 minuti di strada fino alla sua abitazione nel sud di Londra. Una breve conversazione al cellulare alle 21.30 con il compagno, poi più nulla. A denunciarne la scomparsa alla polizia è stato quest’ultimo, il giorno dopo. Nello stesso momento in cui Sarah s’incamminava per non tornare mai più a casa, non lontano, Couzens smontava dopo un turno di guardia all’ambasciata americana. Nessun elemento avrebbe legato le due persone se non fosse stato per una serie di immagini catturate da varie telecamera di sicurezza montante agli angoli delle strade, sui citofoni di case e sugli autobus, che hanno mostrato l’auto di Couzens in prossimità di dove la ragazza aveva dato segni di vita l’ultima volta. L’auto è stata seguita, telecamera dopo telecamera, fino al paesino del Kent dove abita l’agente, entrato nella Metropolitan Police nel 2018. Nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa di Sarah, i colleghi di Couzens hanno riferito di aver notato in lui segni di stress. (...) una settimana dopo la scomparsa, è stato rinvenuto il cadavere della 33enne in un bosco a poca distanza dalla casa dell’agente ad Ashford, nel Kent, avvolto in un sacco in plastica per calcinacci e riconosciuto solo dalle protesi dentarie. (...) Il Fatto Quotidiano + The Guardian
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martabeautydiarysblog · 3 years ago
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Hola #CamasFamily buon pomeriggio!!❤ Come state?✨Io ho sonno😂 Tornando a noi oggi torno con post dedicato allo #shopping 🛍 Si tratta del mio #haul fatto su @shein_it @sheinofficial! 😍 Il mio haul comprende dei vestiti presi nella sezione Curvy @sheincurve ✨❤ Mentre nella sezione bellezza ho preso una palette, un ombretto glitterato di @sheglam_official 🛍✨ E una scatola da 5 sponge 😍✨ Qualche bijoux!✨ Poi nella sezione cartoleria/elettronica ho preso varie cosine🛍 Ma andiamo nel dettaglio!🛍 👚Abbigliamento: ✨Felpa marrone con decorazione e scritta ✨Felpa grigia con illustrazione ✨Camicetta con stampa a fiori con particolare al collo ✨Camicetta bicolore con stampa a poins ✨pantalone con stampa a quadri 💋Makeup: 🌸She Glam Eyeshadow palette Bloom Kyoto 🌸Jelly Glitter della collezione Stay Wilde nella colorazione Icy 🌸Set di cinque sponge 📖🔌Cartoleria/Elettronica: ✨Mini Ring Light per Telefono ✨Taglierino a forma di nuvoletta ✨set 🐾a tema micio con righello, taglierino e temperino ✨Temperino a forma Gufo🦉 ✨Set due libricini da colorare mandala ✨Quadernino con stampa avocado ✨Quaderno Rainbow Scratch! 📿💍Gioielli/Bijoux: ✨Collanina dorata con dettaglio ☀🌙 ✨Collanina dorata con dettaglio ⭐🌙 ✨ set di vari orecchini! Che ne pensate?✨ Vi piace questo shopping? Comprate mai su Shein?😍✨ Un 💋 dalla vostra Marta Che torna nelle stories più tardi con la #lipstickswatchoftheday💋 #Camasblogfriends #newpost #postspecial #shein #sheglam #sheincurve #shoppingbeauty #shoppingfashion #fashion#makeup #like4likes #follow4follows #blogger https://www.instagram.com/p/CVSpTsxsrvU/?utm_medium=tumblr
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olstansoul · 4 years ago
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Sacrifice, Chapter 35
Pairing: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
L'acqua scorreva lentamente su tutto il suo corpo, eliminando completamente la schiuma del sapone e bagnando una seconda volta le sue braccia scoperte, si passò le mani fra i capelli e poi chiuse definitivamente la chiave dell'acqua. Aprì la vetrata a cerniera della doccia, prendendo l'asciugamano messo sul lavandino e avvolgendolo attorno al suo corpo. Poggiò le mani sul lavandino facendo un respiro profondo e chiudendo gli occhi.
Credeva che facendo così la scena di pochi giorni prima potesse scomparire da dentro la sua testa e lasciarla in pace. Ma da quando era tornata a casa quella sera, non è andata così. Ogni secondo di ciò che era successo in quel momento veniva visto e rivisto nella mente di Wanda come se fosse un disco incantato ma che al posto di ripetere le stesse frasi, della stessa canzone metteva in scena lo stesso momento.
Lui che le prende le mani e si avvicina di poco, lei che chiude gli occhi e subito dopo sente il contatto con le sue labbra. Labbra dolci, delicate, morbide ma che subito con solo quel contatto le avevano fatto toccare il cielo con un dito. L'avevano fatta sentire viva anche per solo un secondo ma quel secondo è bastato per farle capire che se era così, se doveva stare con James, sarebbe stata bene tutta la vita.
Decise di darsi una mossa prima ancora che le altre ragazze la dessero per dispersa in bagno. Si tolse l'asciugamano di dosso e iniziò a vestirsi con il suo pigiama che consisteva in un leggings nero e una felpa grigia con una stampa completamente rovinata. Poi strofinò la stessa asciugamano sui capelli bagnati e iniziò a pettinarli asciugandoli poi con il phon, finì solo alcuni minuti dopo e sbuffò alcune ciocche di capelli lunghi che le erano andate di fronte agli occhi.
Aveva bisogno di tagliarli anche se non sapeva ancora se quella era la scelta migliore da prendere. Prese l'asciugamano che aveva usato e l'avvolse mettendola nel cesto dei panni sporchi e poi aprì la porta del bagno sentendo le voci delle sue amiche fuori di essa.
"Finalmente! Pensavamo che ti fossi persa nella doccia"disse Carol da lontano.
"Beh, non sono come AntMan che si rimpicciolisce"disse lei rispondendola e prendendo la spazzola.
Spense la luce del bagno e chiuse la porta dietro di se, si diresse poi verso quello che doveva essere il suo materasso improvvisato durante la notte. Per la prima volta nella sua vita, Wanda partecipava ad un pigiama party e non era sola. C'erano Natasha, Carol, la ragazza di Thor e Valerie la sua migliore amica. Erano tutte e tre a casa di Nat e la sua camera era completamente invasa da coperte, cuscini e plaid colorati. Inoltre mille buste di patatine, coppe di gelato, altre buste di biscotti e barattoli di burro d'arachidi. Un pigiama party perfetto.
"Se non sei come AntMan che si rimpicciolisce, allora perché ci hai messo così tanto tempo in bagno?"chiese Carol curiosa prendendo un biscotto dal piatto messo al centro fra loro quattro.
"Lo so io perché Carol..."disse Natasha rivolgendosi in maniera ammiccante a Carol.
"Nat..."iniziò a dire Wanda e si colpì la fronte con una mano.
"Perché?"chiese l'altra bionda.
"Barnes"
"Cosa?"chiese Valerie mentre mangiava anche lei il suo biscotto, stava rischiando di affogarsi.
"L'ex capitano della squadra di basket?"chiese Carol.
"Anche l'ex di Sharon"disse Natasha corregendo Carol.
"Nat, andiamo! Possiamo concentrarci sul tuo secondo appuntamento con il nuovo capitano della squadra di basket?"
"No, ferma una cosa alla volta! Lui ti piace?"chiese Valerie rivolgendosi a Wanda e allargando le braccia.
Wanda ci pensò un'attimo e anche se poteva dire una bugia di fronte alle sue amiche, non poteva certamente mentire a sé stessa perché sennò non avrebbe ricambiato il bacio che ci è stato alcuni giorni prima.
"Si, ci siamo baciati"disse lei buttando fuori tutta la verità.
"Cosa?"chiese Natasha urlando mentre Carol e Val guardavano felici Wanda.
"Si, è andata così! Ora non urlare sennò mi imbarazzi ancor di più"
"Okay, okay, mi calmo..."disse Natasha e fece un respiro profondo.
"E lui lo sa?"chiese Valerie dopo che Natasha aveva smesso di urlare.
"Si, gli piaccio anche io e...beh avete capito quello che è successo dopo, no?"
"Come è stato?"chiese Carol.
"Dopo che eravamo usciti dalla palestra per le ripetizioni, lui come al solito mi ha accompagnata a casa e improvvisamente mentre stavamo parlando ha iniziato a piovere e...abbiamo iniziato a correre fin quando ci siamo fermati sotto un tendone di un negozietto. Gli avevo detto che la prossima che avrei nominato la parola tempesta avrebbe dovuto tapparmi la bocca con del nastro e lui mi ha risposto dicendo che sarebbe passata e da lì in poi abbiamo iniziato a ridere fin quando..."
Sapeva che sarebbe andata a fondo in questa storia, sapeva che sarebbe uscito qualcosa fuori che non sarebbe dovuto uscire. Il suo segreto lo sapevano solo Nat, Steve, Sam e James e non sapeva se dirlo anche a Carol e Valerie. Ma Natasha la guardò e le fece un cenno, come per continuare con quello che aveva da dire.
"Fin quando?"chiese Carol senza aspettare un'altro minuto in più.
"Avendo un tumore non posso fare troppi sforzi, mangiare poco oppure prendere troppo freddo..."
"Che cosa? Un tumore?"
"Dici sul serio?"chiese Valerie dopo lo shock di Carol.
"Si...è al midollo osseo, me l'hanno diagnosticato quando avevo 12 anni..."
"E lo dici così?"chiese Carol.
"È stato difficile anche per lei farcelo scoprire, è la prima volta che Wanda lo dice apertamente"disse Natasha rassicurando le due ragazze di fianco a lei e Wanda che stava per piangere.
"Vieni qui!"disse Valerie allargando le braccia e tirandosi Wanda, poi Carol e infine Natasha.
Finalmente nella sua vita Wanda si sentiva completamente amata, dalle sue nuove amiche, dalla sua famiglia e da qualcuno che le aveva rubato il cuore. E voleva stare così per tutta la vita. Con tutto l'amore che stava ricevendo.
"E lui lo sa?"chiese poi Valerie e vedendo che lei stava ancora piangendo le passò un fazzoletto dalla scatola.
"Si, lo sa...quando ero in clinica era venuto a trovarmi e si è praticamente dichiarato a me, solo che in quel momento non avevo sentito una sola parola di ciò che aveva detto. Riempirsi di antibiotici porta parecchia sonnolenza e quella sera presi sonno velocemente, solo che tutto quello che mi aveva detto l'aveva sentito mia madre..."
"E lei cosa ha fatto? L'ha mandato via?"
"No, non l'ha fatto perché sapeva prima di me le chiare intenzioni che ha James con me. Non gli interessa del tempo che potrà passare con  me, della malattia che ho e neanche del fatto che questa un giorno, forse, può portarmi via per sempre. Lui...lui mi ama, più della sua stessa vita e anche se proverò ad allontanarlo, lui starà sempre lì e non andrà mai via..."
Le due restarono scioccate e passarono alcuni secondi prima ancora che riprendessero parola.
"Wow, il ragazzo è proprio cotto"disse Carol bevendo il suo succo di frutta.
"Solo il ragazzo? Io direi che Wanda non è solo cotta ma bruciata..."e Wanda a quella affermazione di Valerie scoppiò a ridere.
"E quando ti ha baciato ti ha detto questo?"chiese invece Carol e Wanda annuì semplicemente.
"Oddio che romantico!"disse Natasha alzando la voce una seconda volta in quella serata e facendo ridere sia Carol che Valerie mentre Wanda si stava imbarazzando.
"Okay, okay...possiamo passare ad un'altro argomento?"chiese Wanda.
"Si...possiamo parlare di quanto siano buoni questi biscotti ripieni alla mela?"chiese Carol.
"Ma come l'hai finiti tutti?"chiese Natasha mentre Valerie e Wanda se la ridevano e Carol fece una faccia da finta offesa.
Natasha uscì dalla sua stanza sbuffando e ne tornò con altre confezioni di biscotti.
"Ci vuoi far ingrassare?"chiese Carol.
"Hai iniziato tu!"le rispose Natasha scoppiando a ridere insieme alle altre tre.
Il resto della serata trascorse fra risate, altri segreti e altri biscotti finiti, fin quando solo alle due di notte tutte e quattro presero sonno, anche se una di loro aveva ancora la testa e il cuore da un'altra parte.
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pandemoniumgirlx · 4 years ago
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L’ARRIVO DI GWEN A VENEZIA
Nelle giornate autunnali la nebbia copriva il canale come un velo. A Gabriel dava la sensazione di essersi nascosto sotto un lenzuolo. La mamma e il papà erano agitati, lo aveva capito persino lui che aveva solo dodici anni.
«Vai a cercare Axel, per favore.»
Sua madre gli accarezzò i capelli sistemandoglieli. Gabriel annuì energicamente e lasciò il salotto. Trovare Axel non sarebbe stato facile, suo fratello era bravo a nascondersi, per questo odiava giocare a nascondino con lui. Axel conosceva tutti i nascondigli e lo trovava sempre, mentre lui non lo trovava mai. Suo fratello era capace di rimanere nascosto per ore, senza annoiarsi. Si portava sempre dietro una delle sue macchinine, la sua preferita: una macchina da corsa grigia con le fiamme dipinte sui lati. Papà gliel’aveva comprata qualche anno prima, Axel aveva insistito per averla, se ne era innamorato a prima vista.
«Axeeeeeel!» Gabriel provò a chiamare il suo fratellino e ovviamente non ricevette risposta. Corse nella biblioteca e iniziò a guardare tra gli scaffali, continuando a cantilenare il suo nome.
La biblioteca era enorme, sembrava un labirinto. Gabriel era l’eroe che lo sfidava. A volte lui e Axel giocavano a fingersi Teseo e il Minotauro, una storia che la mamma gli raccontava spesso. Era spaventosa, ma l’eroe sconfiggeva il mostro e poi Rachel li riempiva di baci – lui iniziava a essere troppo grande per certe cose, continuava a ripeterselo, però gli piacevano le coccole di sua madre. Axel faceva Teseo, solo perché era più basso di Gabriel e non sarebbe stato credibile come mostro, anche se la maggior parte delle volte si incantava a guardare i libri e finiva a gambe all’aria in pochi secondi.
Finse di sconfiggere un mostro immaginario e arrivò alla fine dell’ultimo corridoio, nessuna traccia di suo fratello.
Uscì dalla biblioteca, la prossima fermata era la cucina. Avrebbe chiesto ad Agata se lo avesse visto e magari avrebbe potuto rubare anche qualche biscotto. Axel andava matto per i biscotti al cioccolato. Entrò in cucina di soppiatto, cercò di fare meno rumore possibile e scivolò vicino al bancone dove era appoggiato un vassoio di biscotti appena sfornati.
«Gabriel, giù le zampe dai biscotti» lo sgridò Agata. «Scottano, non vorrai bruciarti.»
La donna gli sorrise e lui fece un sorriso innocente. I biscotti avevano un odore buonissimo. «Axel è qui?» le chiese allungando di nuovo una mano.
Agata gli diede un colpetto con il cucchiaio di legno. «No, non lo visto. Hai guardato in camera sua?»
Gabriel non ci aveva guardato, ma era certo che suo fratello non fosse nella sua camera, era un nascondiglio troppo scontato.
«Vieni» Agata gli fece segno di avvicinarsi, prese un tovagliolo e ci mise dentro qualche biscotto al cioccolato, poi lo chiuse come un fagotto e lo diede a Gabriel. ��Questi si sono già raffreddati. Ora fuori dalla cucina, non è un posto per voi bambini.»
Lo cacciò con muovendo il cucchiaio di legno. Gabriel prese un biscotto e sorrise contento quando ne prese un morso mentre andava verso la sala da pranzo.
Entrò nella stanza ciondolando e saltando qualche passo. «Axel! Ho i biscotti al cioccolato! Dove ti sei cacciato?» gridò. I biscotti erano l’esca perfetta, infatti Axel sbucò da dietro una tenda e si precipitò verso di lui. Gabriel salì sul tavolo aiutandosi con una sedia e Axel lo seguì.
«Dammi un biscotto!»
Gabriel saltò giù dal tavolo e ci si infilò sotto sedendosi a gambe incrociate sul pavimento. La testa di suo fratello sbucò dal tavolo, lo guardò con i suoi occhi azzurri. I capelli gli circondavano il viso come una specie di corona, erano attirati verso il basso dalla gravità. Gabriel si mise a ridere.
«Posso avere un biscotto?» gli chiese suo fratello.
«Vieni giù stupido, ti farai male» annuì e gli fece segno di scendere e sedersi accanto a lui.
Axel saltò prima su una sedia e poi sul pavimento, lo raggiunse sotto il tavolo e afferrò un biscotto con aria trionfante. Gli diede un gran bel morso sporcandosi di cioccolato e lasciando cadere delle briciole sul pavimento.
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«Mamma mi ha detto di cercarti» gli disse Gabriel pulendogli la faccia con la manica della maglietta. Gli piaceva occuparsi di suo fratello, anche se lui si faceva sempre indietro e voleva fare le cose da solo.
«Mi hai trovato» rispose scompigliandosi i capelli scuri. Erano castani come quelli di Gabriel, ma molto più scuri, tanto che sembravano neri come quelli di Dominic. Sembravano un nido di uccelli, ma Axel si stava rifiutando categoricamente di tagliarli, come Gabriel si rifiutava di mangiare le verdure verdi. Che brutto colore il verde.
Lasciarono la sala da pranzo dopo aver fatto piazza pulita dei biscotti che Agata gli aveva dato e raggiunsero mamma e papà all’ingresso della residenza. Erano in piedi più o meno al centro. La mamma era bella come sempre. Indossava un paio di pantaloni larghi rosso scuro e una camicia bianca, e teneva i capelli legati. Papà invece era vestito come sempre, in completo scuro con anche il gilè, aveva l’aria importante.
Si voltò verso i figli quando li vide avvicinarsi, Gabriel cercò di mettersi più dritto come suo padre gli aveva detto di fare, Axel invece si strinse nelle spalle e serrò la presa sulla macchinina che teneva in mano.
Il portale apparve qualche metro davanti a loro. Come uno scoppio improvviso di colori. Sembrava uno specchio rotto colpito dai raggi del sole.
Ne uscirono un giovane uomo e una bambina. Axel si nascose dietro la gamba della mamma. Gabriel guardò prima l’uomo, il suo aspetto lo fece rabbrividire aveva i capelli bianchi che colpiti dalla luce del pomeriggio sembravano gialli, la pelle molto chiara e un’espressione autoritaria che associava sempre a suo padre. La bambina invece era a disagio e si era fatta piccola piccola, quasi potesse nascondersi nella felpa blu che indossava. Quella felpa era troppo grande per lei.
«Jericho» suo padre strinse la mano al giovane uomo, che ricambiò la stretta.
«Dominic, Rachel sono contento che abbiate accettato questo compito. Gwen non può continuare a vivere in una caverna da sola. Confido che con voi possa crescere in compagnia» disse rivolgendo quello che doveva essere un sorriso a Gabriel e Axel.
«Crescerà con tutto l’amore che possiamo offrirle» lo rassicurò sua madre. Quindi quella bambina sarebbe rimasta lì con loro. «Coraggio ragazzi, presentatevi.» La mamma li esortò con un sorriso amorevole.
Gabriel si mosse per primo, si avvicinò cercando di sembrare sicuro e tese la mano alla bambina, come gli aveva insegnato suo padre. «Ciao, io sono Gabriel Whitewalker.»
Lei fece un passo avanti e piegò la testa di lato scrutandolo con i suoi occhioni grigi. Aveva i capelli castani che le accarezzavano le spalle. Avrebbe potuto giocare con loro, finalmente avevano trovato la loro Arianna. Guardò la mano tesa di Gabriel, poi si sporse verso di lui per guardare Axel.
«Hai un fratello?» gli chiese.
Gabriel abbassò la mano, lei la stava ignorando. «Sì Axel! Lui ha dieci anni e io dodici» annuì energicamente. Axel fece un passo avanti e lo affiancò.
«Anche io ho dieci anni!» esclamò la bambina sorridendo contenta.
«Tu sei una femmina» disse invece Axel.
«È un problema?» gli chiese lei incrociando le braccia al petto e cambiando espressione.
«No» Axel scosse il capo imbarazzato. «Mi piacciono le femmine» accennò un sorriso.
«Sarà bello averti qui» aggiunse Gabriel.
La bambina sorrise di nuovo e lanciò un’occhiata sospetta ad Axel.
«Digli come ti chiami» il giovane uomo parlò con la bambina, che alzò la testa per guardarlo e annuì, come se si fosse appena ricordata di non aver ancora detto il suo nome.
«Mi chiamo Gwen, Gwen Lightshade.»
«Benvenuta Gwen.»
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fenitelaminaperdue · 5 years ago
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La ricetta perfetta
“Sai io ho le mani piccole:” “Piccole? Piccole come?” ”Beh pensa che per aprire una bottiglietta di Schweppes al limone  la devo prima sbattere contro il muro altrimenti non riesco a tirare via il tappo”. Stamattina mi sono venute in mente le tue mani, erano sparite da un bel pò, le avevo nascoste bene sotto altre dita e palmi, lunghe, affusolate, tozze, grosse, giovani, vecchie, ma purtroppo per me ancora solo mani. Delle tue invece ricordo tutto, di come si sono incastrate sulla mia schiena la prima volta che mi hai abbracciato al binario 2 di una stazione qualunque, di quando hanno steso un telo troppo piccolo per contenerci entrambi sul prato di un parco al profumo di cannabinoide gentilmente regalatoci da una coppia di ragazzi che sa la spassava di fianco, di quando hanno afferrato le mie per farmi attraversare la strada come si fa con quelli che si perdono anche nel centro di Bologna, di quando seduti al tavolino di un sushi bar mi accarezzavi il viso come si fa quando hai tra le dita una cosa fragile e preziosa che hai paura di far cadere e rompere in mille inutili pezzi. Di cosa parlavamo per ore? Della tua mirabolante ricetta da universitaria infinitamente fuori corso, fuori di testa, fuori logica comune, tonno, stracchino e patate. Sai ho provato a preparare anche io una volta questa tua specialità gastronomica. Le mie papille gustative non hanno retto a tale scempio oltre il secondo boccone. Però ho riso un sacco a ricordarmi di quella volta che hai passato mezz’ora a degustarlo leccando con dovizia la forchetta ed indossando solo una felpa grigia con i bottoni aperti  fino all’alveo segreto dei tuoi seni, solo per il gusto di farmi eccitare. “Me lo fai vedere? Come mai è su? Non ho più fame di tonno stracchino e patate.Voglio che mi guardi come mi guardi solo tu” Ci sono cose che non si possono spiegare, perchè non hanno una spiegazione tutto qui. Ci sono sensazioni e momenti  che esistono e rendono speciale ed eccitante anche una cosa rivoltante come tonno stracchino e patate innaffiata da Schweppes al limone, una semplice  forchetta, ed una felpa grigio topo morto da un pò. Perchè  ogni tanto la vita ci concede una meraviglia che ti riempie, si espande  e poi esplode e ti lascia solo un buco enorme.E tu quel buco lo senti, lo percepisci è una cosa quasi fisica, provi a toccarla, ad affondarci le dita ed invece sbatti contro lo sterno dove qualcosa adesso batte più velocemente.  Allora ti togli i vestiti, ti guardi nudo allo specchio, cerchi il foro d’entrata e scopri che la tua carne , la tua pelle, i tuoi occhi, le tue ossa in fondo son sempre li dove erano prima eppure dentro avverti solo uno spazio enorme che ti attraversa e non ti fa avvertire più nulla. Non ti resta quindi che indossare la tua maglietta color fantasia indotta da  formula chimica errata e coprire la voragine, e se non basta la maglietta, allora ci metti il maglione antiscalfitura, poi il cappotto respingente e poi la sciarpa repellente e ricominci. Ti alzi, respiri, mangi, vai al lavoro, al cinema , alle feste, al mare, baci, scopi, guidi, ridi, piangi ed aspetti. Il vuoto pian piano si riempie di nuove cose, di nuove immagini, di nuovi suoni, sapori, parole i  tessuti si riconnettono, cominci a ricucirti. ed alla fine della fiera  avrai la tua nuova medaglia al “Valor di Vita Vissuta” stampata a caldo direttamente sul corpo da sfoggiare nei momenti peggiori, per ricordarti come te la sei fatta.  Sai mi piace parlare ancora di te perchè, nonostante tutto, sei stata l’unica capace di farmi amare anche una cosa disgustosa come tonno, stracchino e patate.
“ Why does my heart feel so bad? Why does my soul feel so bad? “  Moby
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karenlojelo · 4 years ago
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Me lo ricordo domani. Come ricordo Ieri. I ricordi sono fotografie in bianco e nero e vecchie canzoni di Dalla e De Gregori, le notti passate a dormire su due sedie di legno in una pizzeria quando ero troppo piccola per restare sveglia. I viaggi in macchina di notte l’estate per arrivare alla casa al mare dei nonni. L’odore della sigaretta che non usciva mai del tutto dal finestrino e io che tossivo e giuravo che non avrei mai fumato… ci ripenso adesso mentre compro tre pacchetti per esser certa di non restare senza. Il mare sui piedi il primo giorno di vacanza, le due ore da aspettare dopo mangiato prima di entrare in acqua, mia nonna, le pesche 'percoche', i grilli che cantavano nei pomeriggi d’agosto e le prime piogge quando era bello infilarsi una felpa grigia col cappuccio dopo tanto caldo. Il primo giorno di scuola, la paura che nessuno venisse a prendermi all’uscita o che la campanella non suonasse mai. Lo sguardo di mio nonno sulle scale ad aspettarmi. Le domeniche a villa borghese quando i ragazzi più grandi suonavano per me con la chitarra e volevo De Andrè perché ero abituata ad essere grande in mezzo ai grandi e forse per questo mi sentivo fuori posto tra i bambini e in fondo lo ero anche tra i grandi e così ho continuato a sentirmi fuori posto tutta la vita. Mio zio che mi chiamava ‘bellicapelli’ che i miei erano sempre lunghi e se provavano a tagliarmeli urlavo e non volevo nemmeno pettinarli. E mi ricordo domani, com’era dentro tutti quei sogni che facevo. Quanti ne ho immaginati di domani. Tutti grandi e lucenti, tutti perfetti e a colori sognati dentro quelle favole che finivano con e vissero per sempre felici e contenti. E tutto il tempo passato ad aspettare che arrivasse quell’onda perfetta da cavalcare per poter dire era qui che volevo arrivare, quei sogni mi hanno tenuto in vita, ancora adesso, nonostante il disincanto che che la vita mi ha insegnato a morsi...quando mi dicono che ormai sono grande rispondo tra me che no, non crescono mai quelle che forse non sono mai state piccole. Alzo il volume e sorpasso la macchina davanti. Me lo ricordo domani. Eccolo, ora è qui davanti. #testo by #karenlojelo #photo @damiano_tarantino_fotografie (presso Volterra Toscana) https://www.instagram.com/p/CE6Hbw3nvnw/?igshid=z99c1u4b7gce
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