#cina crosta
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Ho rivisto "2012", ieri.
Uno degli ultimi film complottisti Hollywood Dems' made, prima di riconvertirsi all'abbronzatura di antichi eroi ed eroine troppo pallidi.
E' in sostanza catastrofismo in salsa Maya: la crosta terrestre "disloca" provocando terremoti e maremoti globali, ma solo per un mesetto poi si calmerà. Gli Espherti sanno da qualche anno (la scenza non mente) ma lo dicono solo a chi li paga: i Governi. Come ricompensa, molti di loro verranno lasciati morire, mentre altri vengono ammazzati prima che rivelino tutto.
I Governi del Mondo delocalizzano in Cina la costruzione segreta di una serie di Arche (con gli espliciti complimenti finali: "bravi cinesi, non credevamo fosse possibile costruirle in così poco tempo") per salvare animali, opere d'arte libri. E anche 400.000 persone, ufficialmente i "migliori" selezionati da biologi e genetisti, nella realtà si tratta di family & friends dei politicanti al potere, compresa Queen Betty coi suoi corgi. Una delle Arche è riservata a "private donors", riccastri che han saputo per le loro vie traverse confidenziali e han comperato biglietto da 1 miliardo di dollari a cranio, without whom l'intero progetto non sarebbe stato finanziariamente sostenibile (ah che skifo il Kapistalishmo, però è l'unico sistema che realizza quel che serve, anche in Cina).
Alla fine arriva il giorno previsto dai Maye e dagli Eshperti , solo un po' prima e un po' più viulentemente (ah 'sta natura poco scentifica). Ovviamente la storia è incentrato sulle mille peripezie di un ammerecano medio determinato e sveglio che salva sé e famiglia: messaggio individuale individualista di speranza che Hollywood è ancora costretta a dare per via del botteghino, nonostante sia tutta socialismo; ma a noi non interessa, sottolineiamo solo alcuni aspetti sociopolitici di mentalità.
Primo: il complottista isolato che sembra uno scemo, è l'unico che unisce i puntini e ha ragione. Dar retta al pazzo complottista è ciò che salva l'ammerecano medio: messaggio decisamente pre-Trumpiano ma una volta i Dems. stigmatizzavano giustamente Cia Fbi Deep State e mainstream media, poi han deciso che si faceva prima a diventare i loro rappresentanti e brandire i Fact Checkers per zittire i complottisti, accusandoli di essere al soldo di Putin.
Secondo: è chiaro e condiviso che salvare l'Elite mondiale é una operazione odiosa, peggio del nazismo che perlomeno puntava sulla razza superiore; mentre il cinico conservatore giustifica la cosa in modo banale (la vita è nammerda, il fine giustifica i mezzi), la reazione dei "buoni democratici" è indignata ma rimane petizione di principio, poi si mettono tutti disciplinati in coda per il proprio salvamento, paghi del fatto di sentirsi intellighentsjia indispensabile per l'Umanità futura. I soliti ipocriti: mi devono spiegare come un geologo possa esser più "indispensabile" di un idraulico, di una levatrice o di un muratore quando c'è da rifare una vita.
Il Dems. in regia tenta di inscenare un pentimento e redenzione di codesti "buoni": funge da agnello che toglie i peccati del mondo dems., il vecchio simil Obama Presidente Usa. Costui non s'imbarca, decidendo di condividere la sorte delle masse, anzi rivelando la catastrofe incombente in tv a reti unificate. Too little too late: se n'è stato zitto e collaborativo per almeno due anni e cede solo all'evidenza della catastrofe in corso, a giochi fatti e senza rivelare che c'è chi si salverà, tra cui sua figlia. A pentirsi così son buoni tutti (quelli anziani). Altra ipocrisia tipicamente Dems.
Ah, c'è poi un altro tentativo di contentino livoroso Dems per le masse: l'Arca per i miliardari muniti biglietto risulta danneggiata e non può salpare. Scene di panico e vittime, i miliardari son rimasti piedi: anche i ricchi piangano. Alla fine dopo acceso dibattito "i buoni" decidono di aprire le porte delle Arche loro e stringersi un po': fa da simbolo involontario dell'alleanza tra sinistre globaliste e finanza.
Sintesi finale: praticamente tutti i film d'azione da quarant'anni a questa parte, a partire dal capostipite James Bond, riguardano complotti e fregature del governo contro i cittadini; questo non fa eccezione. Voglio dire, eran DECENNI che ci stavano preparando culturalmente all'inganno, alle bugie, al "fate come vi diciamo e andrà tutto bene". Lo facevano i "buoni" fino a quando non diventarono loro stessi il Potere che gestisce la cospirazione menzognera ipocrita; sia come sia uno dice, più che dircelo, uomo avvisato mezzo salvato ... invece non è servito a nulla.
O meglio, è servito documentare in anticipo come avvengono le catastrofi: sulla pelle della gente, mentre "qualcuno" si salva - attenzone, non sono né tutti gli scenzati né tutti quelli "coi soldi": piangono pure loro, nonostante abbian dato ...
Meditate gente, meditate.
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11 ottobre 2023 da Salvo Privitera
In Cina, un team di scienziati ha intrapreso un'impresa audace: scavare un buco profondo 10.000 metri nella crosta terrestre. Questa non è una semplice esplorazione geologica, ma un viaggio nel tempo, mirato a raggiungere le rocce del Periodo Cretaceo, noto come Sistema Cretaceo, che risale a ben 145 milioni di anni fa.
Questo progetto, che è recentemente iniziato, non è solo una missione scientifica, ma potrebbe rivelarsi fondamentale per identificare risorse minerali e valutare rischi ambientali come terremoti ed eruzioni vulcaniche. Mentre la profondità di questo buco è impressionante, non deterrà il titolo di buco più profondo mai realizzato dall'uomo (e dalla natura).
Quell'onore appartiene al Pozzo Superprofondo di Kola, situato nella Penisola di Kola, nel nord-ovest della Russia. Il progetto, iniziato nel 1970 e conclusosi poco dopo il crollo dell'Unione Sovietica, ha visto la sua parte più profonda raggiungere ben 11.034 metri sotto il livello del mare. Le scoperte fatte durante quella perforazione hanno rivoluzionato la nostra comprensione della geologia, rivelando, tra le altre cose, che le rocce nelle profondità della Terra erano molto più umide di quanto ci si aspettasse.
Tuttavia, scavare non è sempre un'impresa facile. Un team americano negli anni '60 ha raggiunto una profondità di 183 metri sotto il fondo marino prima che il progetto fosse annullato a causa di problemi finanziari e di gestione. Nonostante le sfide, la Cina è determinata a portare avanti questo progetto ambizioso. Come ha descritto Sun Jinsheng, accademico presso l'Accademia Cinese di Ingegneria, la complessità di questo progetto di perforazione è paragonabile a un grosso camion che guida su due sottili cavi d'acciaio
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Ricerche sulla Luna: un viaggio nel tempo e nello spazio
La Luna è il nostro satellite naturale e il corpo celeste più vicino alla Terra. Da sempre oggetto di fascino e mistero, le ricerche sulla Luna sono iniziate nel 1959, con il lancio della sonda sovietica Luna 2. Da allora, sono state lanciate centinaia di sonde e missioni spaziali verso la Luna, da parte di agenzie spaziali di tutto il mondo. Perché ci sono state ricerche sulla Luna? Le ricerche sulla Luna hanno permesso di conoscere meglio la sua composizione, la sua struttura e la sua storia. La Luna è composta principalmente da roccia basaltica, con una piccola quantità di roccia granitica. Ha una struttura interna simile a quella della Terra, con un nucleo ferroso, un mantello e una crosta. La Luna si è formata circa 4,5 miliardi di anni fa, a seguito di un impatto tra la Terra e un altro corpo celeste. Questo impatto ha espulso una grande quantità di materiale nello spazio, che si è poi aggregato per formare la Luna. Le ricerche sulla Luna sono ancora in corso e hanno un grande potenziale per la scienza e la tecnologia. La Luna potrebbe essere utilizzata come base per future esplorazioni dello spazio profondo. Inoltre, la Luna potrebbe essere una fonte di risorse, come l'acqua e i minerali. Alcune delle principali aree di ricerca sulla Luna includono: - La composizione chimica e mineralogica della superficie e del sottosuolo lunare. Le sonde e i rover che hanno visitato la Luna hanno raccolto campioni di roccia e polvere lunare, che sono stati analizzati per determinarne la composizione. I dati raccolti hanno dimostrato che la Luna è composta principalmente da roccia basaltica, con una piccola quantità di roccia granitica. - La struttura interna della Luna, in particolare la composizione e la dimensione del nucleo. Le sonde lunari hanno misurato la gravità e le onde sismiche sulla Luna, che hanno fornito informazioni sulla sua struttura interna. I dati raccolti hanno dimostrato che la Luna ha un nucleo ferroso, che è circa un terzo della dimensione del nucleo terrestre. - La storia geologica della Luna, inclusa la sua formazione e l'evoluzione. Le sonde lunari hanno mappato la superficie lunare e hanno trovato prove di diversi periodi geologici. I dati raccolti hanno dimostrato che la Luna si è formata circa 4,5 miliardi di anni fa, e che ha subito diversi eventi geologici importanti, come l'impatto che ha formato il Mare della Tranquillità. - La possibilità di trovare acqua sulla Luna, sia allo stato liquido che allo stato solido. Le sonde lunari hanno trovato prove che la Luna contiene acqua, sia allo stato liquido che allo stato solido. L'acqua potrebbe essere presente in crateri polari, nelle fessure della superficie lunare e nel sottosuolo. - La possibilità di trovare altre risorse sulla Luna, come i minerali. Le sonde lunari hanno trovato prove che la Luna contiene minerali, come l'ossigeno, il titanio e il ferro. Questi minerali potrebbero essere utilizzati come risorse per future missioni sulla Luna. Le ricerche sulla Luna sono fondamentali per comprendere meglio il nostro sistema solare e l'origine della vita sulla Terra. La Luna è un corpo celeste unico e misterioso, che ci offre ancora molte risposte da dare. Quali sono le più recenti ricerche sulla Luna? - La missione Chang'e 4 della Cina, che è stata la prima missione a far atterrare una sonda sulla faccia nascosta della Luna. La sonda Chang'e 4 ha raccolto campioni di roccia e polvere lunare, che sono stati analizzati per determinarne la composizione. - La missione Artemis della NASA, che prevede di riportare gli esseri umani sulla Luna entro il 2025. La missione Artemis includerà l'invio di una donna e di un uomo sulla Luna, nonché la costruzione di una base lunare permanente. - La missione Luna 27 della Russia, che prevede di portare sulla Luna un rover per esplorare la superficie. Il rover Luna 27 sarà dotato di strumenti scientifici per studiare la composizione e la struttura della superficie lunare. Le ricerche sulla Luna sono in pieno svolgimento e ci aspettano ancora molti anni di scoperte e meraviglie. Foto di Robert Karkowski da Pixabay Read the full article
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L'Amazzonia l'ossigeno se lo tiene. Tutto
Studi scientifici alla mano, la casa non sta bruciando e l'Amazzonia nemmeno. L'Amazzonia peraltro non è affatto il polmone verde del Pianeta, ed è falso che dire che produca il 20 per cento dell'ossigeno: in linea puramente teorica produrrebbe venti volte il fabbisogno dell'intera umanità, ma è ossigeno che la foresta pluviale produce e consuma interamente.
Neanche un centimetro cubo lascia l'Amazzonia, che pure è grande sedici volte l'Italia.
Per quanto riguarda gli incendi di questi giorni, i media di tutto il mondo hanno fatto vedere le immagini del cielo grigio sopra San Paolo: ma è stato appurato che trattasi del fumo di incendi che ci sono nel vicino Paraguay, mentre la foto con un incendio amazzonico che Emmanuel Macron ha postato su Twitter risala addirittura al 1989.
Ognuno spara dati e cazzate, ma sui dati non si può barare più di tanto: i fuochi amazzonici, che ci sono ogni anno, soprattutto nella stagione secca, sono monitorati dai satelliti della Nasa e dal programma Copernicus dell’Unione Europea, non soltanto dall’Istituto di ricerche spaziali del Brasile di Jair Bolsonaro. Tutti hanno scritto che da gennaio ci sono stati 74mila incendi, ma è un numero che si riferisce all’intero Brasile: in Amazzonia sono stati 39mila.
Chissà se nel G7 di questi giorni discuteranno dell'allarmismo catastrofista di cui si sta rendendo epicentro soprattutto Macron, che ha scritto delle cretinate colossali per ragioni politiche sue: «La nostra casa sta bruciando. Letteralmente. La foresta pluviale amazzonica - il polmone che produce il 20% dell'ossigeno del nostro pianeta - è in fiamme. È una crisi internazionale. Membri del vertice del G7, discutiamo di questa emergenza tra due giorni! #ActForTheAmazon».
Allora ricominciamo dalle basi, come qualsiasi biologo, astronomo o naturalista potrebbe confermarvi: il monitoraggio satellitare dell'atmosfera, in Amazzonia e in tutto il Pianeta, mostra che i polmoni del mondo (intesi come aree di grande produzione di ossigeno) sono notoriamente gli oceani, inparticolare vicino all'Artico e all'Antartide. In Amazzonia, come detto, la produzione di ossigeno è equivalente al consumo, essenzialmente per la traspirazione della vegetazione: un contributo dinamico pari a zero. Il ruolo di quell'enorme e preziosa foresta pluviale è un altro, e per ora non risulta in pericolo: è quello di fungere da condizionatore d'aria del Pianeta e di inviare cioè costantemente umidità e calore alle alte latitudini (tanto che dallo spazio è difficilissimo fotografare quella zona) secondo un meccanismo che, anche qui, non scopriamo certo noi.
La maggior parte dell'ossigeno (99,5 per cento) si trova nella crosta terrestre e nel cosiddetto mantello. Solo una piccola porzione si trova nell'atmosfera: lo 0,36 per cento. Volendo restare all'Amazzonia e utilizzandola come esempio, ogni anno 27 milioni di tonnellate di polveri provenienti dai deserti salati africani (tempeste ben visibili dallo spazio) si riversano su questa foresta brasiliana (ma non solo brasiliana) e fanno da fertilizzante per flora e alberi che trasformano l'anidride carbonica in ossigeno: ciascun albero nella sua vita ne produrrebbe una quantità sufficiente a due persone, e, come pure detto, l'intera Amazzonia venti volte quello che l'umanità potrebbe consumare. Ma non un solo alito di ossigeno lascia l'immensa foresta, che consuma tutto quello che produce.
Tuttavia il bacino amazzonico è sempre ricoperto di nuvole, e questo fiume di nuvole galleggia sopra tutto il Sudamerica sinché si scontra per esempio con i 7000 chilometri di cordigliera delle Ande e ricade sotto forma di pioggia equatoriale nel bacino amazzonico, e attraverso i corsi d'acqua giunge sino al mare dopo aver eroso roccia e sedimenti. Ed è qui che compaiono le vere artefici dell'ossigenazione del Pianeta: le diatomee, organismi quattro volte più sottili di un capello che attuano la fotosintesi producendo ossigeno. Dai satelliti, guardando gli oceani, s'intravedono delle correnti azzurrine o verdognole: sono loro, le diatomee, che insieme ad altri organismi formano il plancton e ci tengono in vita. Amano nutrirsi dei sedimenti celati nei ghiacciai che si sciolgono o che, ai poli, crollano spettacolarmente coi loro seracchi: per questo la produzione mondiale di ossigeno è concentrata in Artide e Antartide. Ma, anche quando muoiono, le diatomee fanno la loro parte; ricadono sul fondo dell'oceano come neve marina e, in milioni di anni, quando le terre riemergono e ridivengono deserti, compongono la polvere – milioni di gusci di diatomee – che le tempeste spingono tra l'altro in Amazzonia. E il ciclo ricomincia.
L'ossigeno prodotto dalle foreste (che se lo tengono, assorbendolo soprattutto a causa della decomposizione degli organismi vegetali) ) e l'ossigeno prodotto dagli oceani, in una parola, nasce per fotosintesi: ma è anche lo stesso ossigeno che è è chimicamente responsabile della proliferazione degli incendi. L'aumento dei livelli di ossigeno ha minacciato più volte la vita sulla Terra: sino a 300 milioni di anni fa il nostro Pianeta bruciava, e autentiche catastrofi dell'ossigeno estinsero le primitive forme di vita anaerobica durante il periodo Proterozoico. Ma si fa complicata.
Tornando all'Amazzonia e al cretinismo catastrofista, non v'è dubbio che la foresta costituisca comunque uno degli ecosistemi più importanti per la vita sulla Terra e che la deforestazione lo metta a rischio: ma il fenomeno risale a secoli fa e il peggio agli anni Ottanta e Novanta, poi bloccato con la legislazione più restrittiva che esista in materia. Ma gli incendi c'entrano poco.
Non si può confondere l’incendio con il fuoco controllato: in Brasile c'è un sistema di monitoraggio orbitale dei fuochi controllati i cui risultati sono disponibili su Internet, caso unico a livello mondiale. Gli incendi calano e con la deforestazione c'entrano relativamente, ma sono scesi in piazza persino i vescovi brasiliani e c'è chi discute addirittura di dichiarare guerra a Jair Bolsonaro, ritenuto in qualche modo corresponsabile degli incendi: la rivista Foreign Policy si è chiesta se altri paesi potranno permettersi di restare a guardare, sapendo che la fine della foresta avrebbe conseguenze disastrose in tutto il mondo. Questo, nonostante i paesi che hanno maggiore impatto sul clima mondiale non sono quelli come il Brasile, ma quelli più ricchi e militarmente potenti: Cina, Stati Uniti, India e Russia, che tra l'altro sono le principali produttrici di gas serra al mondo. Saremmo alla prima guerra ecologica mondiale.
Filippo Facci
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Per gli impallinati del tè, britannici o meno, prepararlo con il microonde è una specie di eresia: per scaldare l’acqua necessaria bisognerebbe usare esclusivamente i bollitori, elettrici o meno. Ai consumatori di tè meno puristi potrà sembrare una regola poco pratica, dettata da un insieme di tradizionalismo e sentimentalismo, ma in realtà c’è una ragione scientifica per cui il microonde sarebbe poco adatto a scaldare l’acqua per il tè: non lo fa in modo uniforme, con effetti negativi sull’infusione della bustina. Un gruppo di ricercatori cinesi però ha studiato un sistema per risolvere questo problema: serve una specie di bicchiere argentato.
Come scalda un microonde
I forni a microonde scaldano grazie a un campo elettromagnetico indirizzato verso la camera di cottura, quella dove si mette il cibo o l’acqua da scaldare. Le molecole di acqua, grassi e carboidrati, sollecitate dalla particolare frequenza delle onde elettromagnetiche, vibrano e urtano tra loro generando calore, e di conseguenza permettendo la cottura del cibo o il riscaldamento delle bevande.
Grazie a questo principio il cibo si riscalda più velocemente rispetto ai sistemi tradizionali, che sfruttano la trasmissione del calore per irraggiamento, conduzione e convezione. Tuttavia il riscaldamento non è uniforme – soprattutto se il piatto del microonde non ruota. Nel caso degli alimenti con una crosta secca e un ripieno ricco di acqua, per esempio, la parte interna tende a scaldarsi molto velocemente, mentre perché sia calda anche la superficie serve più tempo, dato che le molecole d’acqua sono quelle più sensibili alle microonde.
I liquidi sono più uniformi nella loro composizione, ma il loro riscaldamento risente della forma del recipiente in cui sono contenuti, e il risultato è che siano significativamente più caldi in superficie e meno sul fondo dei recipienti. Infatti anche quando da una tazza d’acqua riscaldata al microonde esce del vapore, l’acqua sul fondo potrebbe essere anche solo tiepida. Questo succede perché, diversamente rispetto ai modi di riscaldamento tradizionali, quando si usa il microonde il fenomeno della convezione è molto limitato.
Per chi avesse bisogno di un ripasso di termodinamica, la convezione è quel fenomeno fisico che si verifica quando un liquido o un gas entrano in contatto con una superficie che ha una temperatura maggiore della propria (come il fondo di un bollitore su un fornello): la parte di liquido o gas a stretto contatto con questa superficie, per conduzione, si riscalda e per questo diventa meno densa; a quel punto, per via della spinta di Archimede, il fluido riscaldato sale verso l’alto, mentre quello più freddo e denso scende verso il basso, cioè verso la fonte di calore. Questo meccanismo genera i cosiddetti moti convettivi (questi per capirci), che fanno sì che l’acqua in un bollitore si riscaldi in modo uniforme.
Nei microonde, in cui i moti convettivi sono molto deboli, non c’è uniformità nella distribuzione del calore. Per questa ragione sulle confezioni delle zuppe pronte, ad esempio, si consiglia di scaldarle al microonde in due sessioni, mescolando tra l’una e l’altra. Lo si potrebbe fare anche con l’acqua per il tè, ma senza poter sapere quale sarà la temperatura finale dell’acqua. È questo il vero problema, secondo gli esperti di tè, perché per fare un buon tè l’acqua deve avere una temperatura precisa: nel caso del tè nero, come l’English Breakfast o l’Earl Grey, 100 °C, cioè la temperatura di ebollizione. Solo a questa temperatura le sostanze che danno al tè il suo sapore, il suo colore e il suo profumo vengono diffuse nell’acqua nel migliore dei modi: se l’acqua è più fredda si ottiene un tè “poco saporito”, mentre se è più calda – cosa che esagerando col microonde può capitare – alcuni aromi vengono rovinati.
Proprio perché a 100 °C l’acqua bolle, se si usa un bollitore è facile capire quando l’acqua la raggiunge, mentre con un microonde non è possibile. Anche scaldando l’acqua in più sessioni, mescolando tra l’una e l’altra (peraltro un processo un po’ laborioso, che rende complicato l’uso di un elettrodomestico che dovrebbe semplificare la vita), non si può sapere che temperatura si è raggiunta.
Il bicchiere argentato dei ricercatori cinesi
Per risolvere il problema della mancanza di uniformità nel riscaldamento dell’acqua col microonde, un gruppo di ricercatori dell’Università della Scienza e della Tecnologia Elettronica della Cina (UESTC), che ha sede a Chengdu, ha progettato un recipiente speciale, presentato in un articolo pubblicato sulla rivista AIP Advances. È un bicchiere di vetro alto che, nella parte superiore, è ricoperto da uno strato d’argento.
Chi è abituato a usare il microonde potrebbe spaventarsi all’idea di metterci dentro un oggetto metallico, ma non ci sono rischi se l’oggetto metallico in questione ha una particolare geometria: in particolare se i bordi metallici sono localizzati in punti in cui il campo elettromagnetico del microonde è meno forte.
La forma del bicchiere degli scienziati di Chengdu è stata accuratamente studiata per tenere conto anche di questo aspetto, ma soprattutto per far sì che il campo elettromagnetico sia meno forte sulla superficie dell’acqua al suo interno, perché l’argento devia le microonde. Il risultato è che l’acqua che sta più in alto nel bicchiere si riscalda meno di quella sul fondo, favorendo così i moti convettivi.
Il tè verde si può fare anche col microonde
Anche senza avere un bicchiere argentato, il microonde si può comunque usare per fare un buon tè, se si parla di tè verde. Infatti per la chimica degli aromi del tè verde, l’acqua deve avere una temperatura inferiore ai 100 °C: va bene se è compresa tra i 60 e gli 80 °C, un intervallo di temperature abbastanza ampio perché riscaldando l’acqua di una tazza al microonde, dopo aver mescolato, si possa ottenere un tè in regola.
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Ad Agosto '18 in Calabria, alle gole del Raganello, 10 morti e 11 feriti per una improvvisa piena; in Ottobre '18, sempre in Calabria altri 3 morti, una mamma con i suoi due bambini, per un nubifragio; in Sicilia, nel palermitano, a Casteldaccia, nel Novembre '18 altre 9 persone morte per lo straripamento del Fiume Milicia. Questi gli eventi più dannosi del 2018, attribuibili direttamente al dissesto idrogeologico.
Nell'ultimo quinquennio computato dal CNR-Irpi (Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica), il 2014-2018, l'ultimo anno è stato il peggiore, con ben 38 morti, 2 dispersi, 38 feriti e oltre 4.500 tra sfollati e senzatetto in 134 comuni, distribuiti in 19 regioni, per frane ed alluvioni. Il rapporto del CNR riporta che dal 2000 al 2018 le vittime in Italia sono state 438, con una media annua di 23 decessi. In Italia, per il dissesto idrogeologico, due persone al mese perdono la vita, a fronte di territori devastati e di sopravvissuti con prospettive personali rovinate.
Le Alpi, insieme all'Himalaya e alle Ande, sono le catene montuose con il maggior rischio di frane nel mondo. Non è solo una questione di presenza di pendii più ripidi e di faglie naturali; le deforestazioni ed il modo con cui si realizza la viabilità sono aspetti determinanti. La vulnerabilità del territorio italiano, già alta per la sua conformazione geografica, e che, perciò, già richiederebbe adeguate precauzioni negli interventi umani, è acuita da un approccio approssimativo e colpevolmente azzardato.
I ghiacciai alpini sono quelli che risultano avere sofferto di più in tutto il mondo: hanno perso 1,6 metri di spessore, a causa del riscaldamento globale, e perciò delle emissioni gassose! Da uno studio dell'ONU, pubblicato l'anno scorso, l'Italia occupa il settimo posto (in spesa per danni) al mondo per disastri ambientali, di cui il 91% sono climatici e/o meteorologici (siccità, tempeste, alluvioni e ondate di caldo), negli ultimi venti anni. In testa, ovviamente, sono USA e Cina, ma, se si considera il rapporto con le dimensioni geografiche dei Paesi coinvolti, l'Italia risulta seconda solo a Portorico e, forse, al Giappone!...
Quanto sta succedendo a Venezia è poi solo la punta di un iceberg, se constatiamo che l'innalzamento del Mare Mediterraneo, secondo ENEA, minaccia di ricoprire d'acqua ben 5500 kmq di pianure costiere italiane nell'arco dei prossimi 80 anni, mantenendo gli attuali ritmi di crescita. Tra frane e allagamenti, nonostante il fatto che qui finora, di norma, non si sono verificati tornadi ed uragani, o altri “eventi climatici estremi”, il Belpaese è proprio in prima linea!...
Se è vero, come riporta il Rapporto ISPRA pubblicato nel Giugno '18, che il 16,6% del territorio nazionale è a pericolosità da frane medio-alta e/o a pericolosità idraulica di media intensità o superiore, è il 91,1% dei comuni italiani a ricadere in zone a rischio di dissesto idrogeologico! In Europa l'Italia è tra i Paesi a più alto rischio di eventi franosi, mentre il rischio di alluvioni interessa il 12,5% dell'intero territorio. Le regioni maggiormente interessate dal dissesto, cioè a rischio sia di frane, che di alluvioni, sono Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia.
Le frane che mediamente interessano l'intero Paese sono circa cento all'anno, e producono sistematicamente vittime, feriti, evacuazioni e danni a edifici, beni culturali e infrastrutture. Le zone alluvionali, che sono catalogate in base al “tempo di ritorno” del fenomeno finora verificatosi, sono definite “frequenti”, “poco frequenti” o “a scarsa probabilità”. Correlandovi i dati dell'ultimo censimento ISTAT del 2011, sono più di 6 milioni di persone gli esposti a tale rischio, mentre superano i 7 milioni i residenti in territori complessivamente vulnerabili.
Ma il dissesto idrogeologico vede in frane ed alluvioni soltanto gli effetti più catastrofici. In realtà il dissesto comprende tutti i processi di degradazione del suolo, cioè quel processo di varia natura, “degenerativo e irreversibile”, che ne causa una perdita di fertilità sotto i profili fisico-meccanico, chimico e/o biologico, oppure addirittura la sua scomparsa.
Da poco tempo negli ambienti scientifici è stata introdotta la nozione di “consumo di suolo”, dato ambientalmente più significativo. In esso frane e alluvioni rappresentano solo una componente. Le altre sono l'erosione, la diminuzione di materia organica, la contaminazione, la perdita di biodiversità, la salinizzazione e la desertificazione. Si tratta di voci che hanno poco a che vedere con i fenomeni naturali, e nei quali l'origine antropica, cioè legata alle attività umane, è nettamente predominante.
In Europa l'Italia, secondo il Report di ISPRA, è il quinto Paese per consumo di suolo in percentuale (calcolata col metodo di Eurostat); prima di esso, nell'ordine vengono Malta, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, tutti Stati molto meno estesi... E' la prima tra le potenze europee. Nel mondo più del 75% del suolo è degradato, e tale distruzione sta continuando dappertutto, soprattutto ad opera dei Paesi imperialisti, che dirigono lo sviluppo. E' nota, ad esempio, la pratica cinese di acquistare suolo africano, per poi decidere da sola a cosa adibirlo.
E' provato che interrompere la pratica dei “sussidi” internazionali, che oggi interessano la “produzione per agricoltura, pesca, energia e altri settori avrebbe un impatto enorme nel ridurre la pressione sull’ambiente (Rapporto IPBES)” in Africa e Oceania, alleggerirebbe enormemente la pressione su quei suoli! Ecco nel concreto cosa sta comportando oggi il praticare lo “Aiutiamoli a casa loro”!... Intervenire invece contro il degrado in Asia e Africa darebbe in prospettiva risultati dieci volte maggiori di quelli di tali sussidi. Ma il termine temporale in cui il capitale cerca la propria valorizzazione è più breve!...
Intanto Lunedì 2 (forse non a caso il giorno della Commemorazione dei Defunti...) si è aperta a Madrid quella Conferenza sul clima – Cop 25 che, per ciò che i vari governi definiscono “disordini interni” (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VII n. 83 a pag. 3), un Paese come il Cile non ha potuto ospitare, ma che ugualmente, nella persona della Ministra dell'Ambiente cilena, il Governo di tale Paese ha presieduto e organizzato, mentre la Spagna ha dato il “supporto logistico”.
Al Vertice hanno partecipato, infatti, ufficialmente i ministri dell'ambiente di 196 Paesi, oltre a quello della Unione Europea (UE), presente anche come tale. Erano presenti anche gli USA, nonostante il fatto che Trump non riconosce l'Accordo di Parigi del 2015, ed ha perfino già avviato la procedura di revoca della firma, che si dovrebbe concludere nel giro di un anno. L'evento, fra l'altro, ha avuto anche effetto sul turismo: a Madrid si sono registrate almeno 29mila presenze in più, comprese quelle arrivate per la dimostrazione di Venerdì 6, con la presenza della stessa Greta Thunberg, una marcia, cui è seguito da Sabato 7 un “Controvertice”, il cosiddetto “Vertice Sociale per il Clima”, cui hanno aderito diverse associazioni di base che si muovono su aspetti “ambientali”.
L'ultimo Rapporto della Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) riporta che il riscaldamento globale, maggiore delle peggiori previsioni, ha battuto il record negli ultimi cinque anni. Nel 2018 i livelli globali di anidride carbonica hanno raggiunto le 407,8 parti per milione, quando solo pochi anni fa le 400 ppm erano “impensabili”. Le emissioni, invece di diminuire, sono aumentate. Tra i 58 Paesi, che avrebbero avviato azioni di contenimento, alla prova della scienza nessuno risulta avere attuato politiche sufficienti! I segnali di quanto sta avvenendo sulla crosta terrestre sono evidenti, come avanti descritto, anche qui in Italia, ed infatti all'apertura del Cop25 è stato mostrato proprio quanto sta avvenendo a Venezia, insieme agli incendi della foresta amazzonica.
Di fronte a questo, il Segretario Generale dell'ONU, Antonio Guterres, non ha di certo potuto fare finta di niente, ma ha stigmatizzato il fatto che gli impegni presi dai vari Paesi nei vertici sul clima devono essere più grossi, aumentando la tassazione sulle centrali a carbone dal 2020 e traguardando nel mondo per il 2050 la “neutralità carbonica”, cioè il ripristino di quel “ciclo del carbonio”, che molti anni fa veniva insegnato come perenne e reversibile. Equilibrio, perciò, tra carbonio prodotto e carbonio assorbito dall'ambiente, lasciandone invariata la concentrazione totale nell'atmosfera.
Gli obiettivi caldeggiati dall'ONU sono, inoltre, l'approvazione di nuovi piani nazionali ambientali da parte dei singoli Stati nel 2020, verso una limitazione dell'aumento della temperatura globale a 1,5 gradi, e la riduzione delle emissioni di gas serra del 45% rispetto ai livelli del 2010, da raggiungersi entro il 2030. Lo stesso Segretario Generale ha dichiarato che mancare tale obiettivo si tradurrebbe fra 11 anni nell'avere toccato il “punto di non ritorno”.
Come strumento per il raggiungimento degli obiettivi è stata ancora una volta riproposta la regolamentazione dei “Mercati del carbonio”, nonostante il fatto che sia già ripetutamente fallita. Su tali mercati avviene la commercializzazione dei permessi di emissione di anidride carbonica, secondo la logica, formalmente accettata da tutti, di aumentare gli “assorbitori” (suoli, foreste e mari) e di diminuire i “produttori”, cioè le singole attività che, per vari motivi, tra cui la produzione di energia, ricorrono alla combustione, producendo anidride carbonica.
In pratica, è stato introdotto, circa venti anni fa, un ulteriore mercato, attribuendo dei valori di scambio a tutte le attività che agiscono sul ciclo del carbonio. Da ciò derivano anche meccanismi di compensazione, per cui, in pratica, pagando determinate cifre (dato che “Chi inquina paga”...) si acquista il diritto internazionale a produrre più gas serra, oppure l'aumentare una determinata produzione di gas serra può essere compensato dalla diminuzione di un'altra analoga, ma di diversa entità.
Con tutto quello che una logica di questo tipo comporta. In Belgio, ad esempio, pare che Arcelor-Mittal, la multinazionale attualmente padrona della ex-ILVA di Taranto, avesse ricevuto alcune quote di anidride carbonica (gas serra) dallo Stato, durante una sua trattativa al ribasso su una acciaieria di tale Paese, per poi rivenderle in Borsa senza produrre gas, guadagnando su tutta la linea.
La difficoltà delle trattative fra Stati, per arrivare a convenzioni accettate, risiede perciò nei contrastanti interessi economici delle imprese nazionali, difesi da ognuno di essi, e, pur nella volontà unanimamente dichiarata di migliorare la situazione climatica del pianeta, tutti hanno qualcosa da eccepire sulle proposte altrui, rendendo improbabile il raggiungimento di accordi. In tale contesto, può apparire “virtuosa” la Unione Europea, che si è data un “Sistema per lo scambio delle quote di emissione” verso l'obiettivo di “ridurre le emissioni dei gas serra del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990”!...
In realtà anche nel “Mercato del Carbonio”, come avviene per ogni transazione nell'ambito del sistema economico capitalistico, i Paesi più poveri sono svantaggiati, ed hanno un motivo in più per chiedere sostegni all'ONU, e perciò agli stessi Paesi imperialisti, indebitandosi e legando ancora di più le loro economie al carro dei Paesi dominanti. La discussione alla “UN Climate Change Conference” di Madrid puntava, infatti, a rivedere ed aggiornare il Regolamento attuativo dell'Accordo di Parigi, definito l'anno scorso al Cop 24 di Katowice, in Polonia, cioè il Programma di Lavoro denominato “Paris Agreement Work Programme (PAWP)”.
E' questo il contesto in cui si è discusso, così, di uno stanziamento di 100 miliardi di dollari già a partire dal 2020 “per sostenere” azioni di “mitigazione” da parte dei “Paesi in via di sviluppo”, cosa che servirebbe, in realtà, a ridare impulso ai, sopra descritti, meccanismi dei “sussidi”. In effetti, è proprio un circolo vizioso, dal quale pare impossibile uscire! E comunque, la trattativa fra gli Stati verso il prossimo Cop 26 previsto l'anno prossimo a Glasgow, in Scozia, è stata faticosissima, è continuata oltre il termine previsto di Venerdì 13 ed il giorno dopo ha concluso senza che nessuno dei Paesi che producono di più i gas serra abbia annunciato un obiettivo più radicale di una loro diminuzione. E tutte le decisioni sui nodi principali sono stati rinviate di un anno.
Per restare all'Italia, neppure la cosiddetta “svolta verde”, che il Governo Conte bis sta strumentalmente intraprendendo (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VII n. 82 a pag. 1), nell'ambito delle scelte UE di agevolare tali investimenti, non conteggiandoli nel rapporto debito/PIL, e che potrebbe concretamente fare poco o niente a favore del clima, riesce a trovare un accordo unanime delle forze borghesi. Registra, infatti, una, peraltro altrettanto strumentale, “ferma opposizione” del centro-destra, quando si parla, ad esempio, di tassare di più l'uso della plastica...
Ancora maggiori difficoltà sono ovunque incontrate dalle scelte che favoriscono radicalmente l'ambiente, dato che tutti si dicono per un “ambiente pulito”, ma solo a parole. Ciò testimonia il fatto che l'inquinamento, il degrado e il dissesto sono sottoprodotti dello sviluppo capitalistico. Esso, infatti, per sua natura, non può sacrificare niente del meccanismo della produzione di plusvalore, e perciò di profitto, a vantaggio di un obiettivo diverso, sia esso di natura sociale, che ambientale. UOMO E NATURA PER IL CAPITALE SONO (solo) RISORSE DA SFRUTTARE!
Anzi, data la natura pervasiva dello sviluppo capitalistico, che tende ad inglobare qualsiasi aspetto della vita delle persone, finanche in materia di ripristino ambientale il capitale punta a ricavare plusvalore, perciò un intervento che muove a favore dell'ambiente viene intrapreso solo se è economicamente appetibile e garantisce profitto. E' questa l'unica molla alla base dell'azione delle imprese, e, se anche vi fosse altro, l'impresa sarebbe destinata al fallimento. Prima o dopo. In definitiva, succede che il sistema capitalistico produce inquinamento, ed esso stesso provvede a commercializzare prodotti per il disinquinamento! Se fanno realizzare profitto.
Insomma, affidarsi ad esso, o anche solo chiedere ai governanti, che ne esprimono gli interessi sul piano politico, di programmare, e soprattutto di attuare, interventi risolutivi in campo ambientale, è un po' come fare custodire le pecore ai lupi!... Nonostante la buonafede, un movimento, come quello simboleggiato da Greta Thunberg, può essere, di fatto, complementare ai consessi dell'ONU, in cui gli Stati sono protagonisti, perché continua ad accreditarli di aspettative destinate ad andare deluse.
Certamente nel movimento “Fridays for future” molti giovani si impegnano verso obiettivi sacrosanti, quanto sentiti, ma è necessario che le analisi non si fermino alle apparenze, in superficie. Vanno compresi fino in fondo e molto bene i processi per i quali anche le decisioni più minimali per la tutela dell'ambiente continuano a finire in niente! Ed è fondamentale anche l'aggiornamento su quanto sta avvenendo sia sul piano tecnico-scientifico, che su quello del mercato. Tenendo presente che ogni valore-limite in campo ambientale quasi mai risponde soltanto a valutazioni scientifiche, ma viene modificato nel tempo anche in relazione alla sensibilità sociale che viene manifestata ed alle modalità che le manifestazioni assumono.
Non può stupire, ad esempio, il dato che il fatturato mondiale sul commercio di sistemi di disinquinamento dell'aria indoor è più che raddoppiato nel mondo (Asia, Europa e USA) dal 2000 ad oggi, e che ad adottare i primi sistemi di “ambienti costruiti” totalmente siano alberghi esclusivi (esempi oggi in Gran Bretagna e ad Abu Dhabi). Anche la qualità ambientale è un obiettivo della classe privilegiata, che sempre più lo vede come riservato per i propri esponenti.
E' il dominio del capitale, esteso ormai a livello mondiale, a indirizzare la stessa ricerca in modo selettivo, e non da oggi!... La borghesia internazionale riserva sempre più solo a se stessa ogni risorsa importante, e sia l'uomo, che l'ambiente, sono visti sempre più come a servizio della propria classe. Strumenti per garantire il loro benessere. Sul piano sociale, come sul piano ambientale, è solo la lotta di classe che può ottenere risultati a carattere generale, e non elitario. La democrazia borghese può arrivare, al massimo, a garantire un certo livello per le masse (“sufficiente” o meno) ed il benessere solo “a chi se lo può permettere”!
Alternativa di Classe
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NON ce l'ha fatta la sonda israeliana Beresheet, il cui nome significa "in principio": si è schiantata sul suolo lunare e non ha raggiunto il Mare della Serenità (dove l'11 dicembre 1972 era arrivata la missione Apollo 17 della Nasa) dove sarebbe dovuta allunare. A riferirlo durante la diretta in streaming, l'Agenzia spaziale israeliana che ha coordinato le operazioni assieme a SpaceIL, l'organizzazione non-profit costruttrice del mini rover. Pochi minuti prima del blackout, aveva inviato un autoscatto con la superficie lunare a 22 km di distanza sullo sfondo, sfoggiando la scritta: "Small country, big dreams" (Un paese piccolo dai grandi sogni, ndr). Con questa missione Israele contava di diventare il quarto paese a raggiungere la Luna, dopo Russia, Stati Uniti e Cina. Il lander, lanciato il 22 febbraio dalla base di Cape Canaveral, in Florida, aveva percorso più orbite ellittiche intorno alla Terra, per poi trovarsi nella posizione ottimale per essere catturato dalla forza di gravità della Luna. Ma non abbastanza da far portare a termine l'operazione. "Buona fortuna Beresheet! ci prepariamo a fare la storia!" aveva scritto su Twitter il gruppo SpaceIL. Fra gli obiettivi della sonda che pesava meno di 600 kg c'erano lo studio della composizione del sito di allunaggio e la misura delle anomalie magnetiche della crosta lunare. "Buona fortuna, Beresheet!", ha twittato primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu salutando la sonda poco prima delle manovre spaziali. E in diretta dalla sala di controllo, lo stesso premier ha detto che Israele non si fermerà, ma continuerà nel programma lunare. "Sfortunatamente negli ultimi istanti, - si legge sul canale YouTube dell'agenzia israeliana che ha trasmesso le operazioni in streaming - ci sono stati problemi con il motore principale e abbiamo perso le comunicazioni con la navicella spaziale, che è andata a schiantarsi. È comunque un grande risultato portara e termine un'orbita attorno alla Luna". (presso Aielli) https://www.instagram.com/p/BwKymKsHYDU/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=1nl5c9avoysg1
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Ecco i riferimenti per scaricare i testi scritti da Angela Crosta Ekai del nostro centro che vorrebbe condividere con il Sangha.
A mani unite
Nanmon
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LIBRI DA SCARICARE Puoi scaricare e leggere il libro come e-book in pdf QUI La vita del Buddha – The life of the Buddha: libro per bambini La redazione bilingue lo rende adatto come testo di supporto all’apprendimento della lingua inglese o per bambini non italiani; i bellissimi disegni originali, che pur nel tratto della modernità rispettano l’iconografia tradizionale, introducono i giovani lettori all’atmosfera, ai costumi e all’arte dei tempi e dei luoghi dove è ambientata la vicenda; una ricca sezione di giochi e attività per “imparare divertendo” aiuta a memorizzare le informazioni. Le copie cartacee, indispensabili per far eseguire ai bambini le attività proposte, sono reperibili in libreria o presso la NEOS EDIZIONI
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PUOI SCARICARE L’E-BOOK QUI ! “Tutti siamo dei Buddha”: un libro sulla natura-di-Buddha Alla corrente buddhista Mahayana, sorta nei primi secoli della nostra era, appartengono alcuni che trattano del Tathagatagarbha, un termine sanscrito che significa “embrione, essenza dello stato di Buddha” o, sulla base di altre espressioni usate soprattutto in Cina, “natura-di-Buddha”. Tale dottrina fu elaborata filosoficamente per secoli e divenne molto complessa e dibattuta. In alcune opere è indicata come una potenzialità innata e permanente in tutti gli esseri – indipendentemente dal sesso, dalle condizioni sociali, dall’aver commesso crimini – che può manifestarsi nella realizzazione della “buddhità”, cioè diventare un essere illuminato. Alcune scuole cinesi e poi giapponesi affermarono che la buddhità in noi è un dato esperienziale: ogni essere è già un Buddha. Da qui sorsero anche diversi approcci e vie per la realizzazione del Risveglio. Questo libro offre una chiara introduzione al Tathagatagarbha e analizza l’argomento sotto differenti angolazioni e con molti brani appositamente tradotti.
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11 ottobre 2023 da Salvo Privitera
In Cina, un team di scienziati ha intrapreso un'impresa audace: scavare un buco profondo 10.000 metri nella crosta terrestre. Questa non è una semplice esplorazione geologica, ma un viaggio nel tempo, mirato a raggiungere le rocce del Periodo Cretaceo, noto come Sistema Cretaceo, che risale a ben 145 milioni di anni fa.
Questo progetto, che è recentemente iniziato, non è solo una missione scientifica, ma potrebbe rivelarsi fondamentale per identificare risorse minerali e valutare rischi ambientali come terremoti ed eruzioni vulcaniche. Mentre la profondità di questo buco è impressionante, non deterrà il titolo di buco più profondo mai realizzato dall'uomo (e dalla natura).
Quell'onore appartiene al Pozzo Superprofondo di Kola, situato nella Penisola di Kola, nel nord-ovest della Russia. Il progetto, iniziato nel 1970 e conclusosi poco dopo il crollo dell'Unione Sovietica, ha visto la sua parte più profonda raggiungere ben 11.034 metri sotto il livello del mare. Le scoperte fatte durante quella perforazione hanno rivoluzionato la nostra comprensione della geologia, rivelando, tra le altre cose, che le rocce nelle profondità della Terra erano molto più umide di quanto ci si aspettasse.
Tuttavia, scavare non è sempre un'impresa facile. Un team americano negli anni '60 ha raggiunto una profondità di 183 metri sotto il fondo marino prima che il progetto fosse annullato a causa di problemi finanziari e di gestione. Nonostante le sfide, la Cina è determinata a portare avanti questo progetto ambizioso. Come ha descritto Sun Jinsheng, accademico presso l'Accademia Cinese di Ingegneria, la complessità di questo progetto di perforazione è paragonabile a un grosso camion che guida su due sottili cavi d'acciaio
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coltivare marijuana si puo
Perché questa grande importanza data alla cannabis? In luglio le giornate ricominciano progressivamente ad accorciarsi, e la canapa comincia a fiorire e a produrre resina. Derivano, infatti, dalla stessa pianta, la cannabis canapa, utilizzata anche per usi completamente diversi. Il giudice poi si discosta da quello che è l'orientamento delle Sezioni Unite ancora oggi Cassazione per il quale la coltivazione sarebbe sempre penalmente rilevante a prescindere dall'uso cui è destinato. Nel 17esimo e nel 18esimo secolo in America RIFUTARSI DI COLTIVARE CANAPA ERA CONTRO LA DECRETO! I semi di canapa non contengono sostanze proibite e sono quindi legali. Inoltre, quanto usato insieme al THC, il CBD riduce ancora meglio la nausea, dato il quale THC e CBD possono ridurre la sensazione successo nausea sia separatamente il quale insieme. Ma se la canapa è definibile una droga, dovrebbe essere chiamato così anche il caffè, il thé, e molte altre sostanze di uso abituale, mentre l'alcool dovrebbe risultare chiamato droga pesante. Anche su fatto che nel modo che sative hanno percentuali inferiori di thc avrai da ridire, visto che nel modo gna varietà con il più alto contenuto di thc che mi è capitato di provare erano sative. Il THC (tetraidrocannabinolo) è il appropriata comune e noto fitocannabinoide rinvenibile nelle infiorescenze di Cannabis ad uso ludico (De Meijer et al., 2003). Dicevamo in ogni caso che la storia ancora oggi cannabis marijuana è lunghissima e vedremo perché. La sua produzione danneggia assai meno l'ambiente: per compiere carta con il legno si impiegano solfati, solfiti e cloro (diossina), every la canapa si può usare soda, ancor appropriata ecologicamente, perossido d'idrogeno (acqua ossigenata). Fu certamente una delle prime piante coltivate dall'uomo (l'agricoltura ha origine quasi 10. 000 anni fa). Dopo ogni irrigazione si dovrà rompere la crosta formatasi sullo strato superficiale del terreno e rincalzare leggermente la terra intorno an ogni singola pianta. http://www.semi-cannabis.it/2018/03/coltivare-cannabis-nel-bosco/ , la pianta di marijuana ottiene particolare attenzione in Cina dove è tuttora legalmente coltivata, lavorata ed esportata. Estratto del film "La vera storia della Marijuana" successo Massimo Mazzucco: la Cannabis medica. Gli Antichi Greci amavano e idealizzavano il vino e non utilizzavano la marijuana per uso ricreativo, ma ci sono molti testi che attestano i loro commerci con popoli che mangiavano inalavano la cannabis. Article 2 of the framework decision states that Member States shall ensure that cultivation of the cannabis plant, when committed without right, is punishable. Dunque per capire oggi cosa significa la Canapa Light e Legale, quella Italiana con THC inferiore alla soglia legale dello 0, 2% è utile sapere cosa è avvenuto anche durante la Storia millenaria della pianta palmata. In altre parole, anche in individui in assenza di storie familiari di schizofrenia, la presenza di presente polimorfismo del gene aumenta la reazione psicotica, per via diretta dopo l'uso di cannabis. La canapa è un ceppo di cannabis sativa Che contiene quantità THC Quale era la basilare fonte di fibra al momento. Il calore tuttora combustione causa una reazione chimica nella cannabis quale cambia leggermente la forma molecolare di alcuni cannabinoidi. Il nome marijuana marihuana, usato per indicare la Cannabis sativa, ha più successo un'etimologia popolare.
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Cosa non è l'arte della vendita (d'arte)! Ci sono sere in cui da questi schermi ripetono: "Questa è un'opera sicura, non è mica una delle tante promessine che vi fanno di artisti appena usciti dall'Accademia e che forse, FORSE, toccheranno alte quotazioni..." Oggi invece, Boni ci promette che "questo giovane artista che trasmuta la forza della musica moderna in queste opere e che oggi pagate niente, nei prossimi cinque anni toccherà quotazioni impressionanti!" Non ho capito chi sia l'artista, anche se mi sembra un crostarolo cinese.
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