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Alina e la Luna
Cammini lentamente, avanti e indietro, in un sentiero di noia, in questa notte d’inverno che è appena iniziata e vorresti fosse già finita. Il cielo di nuvole basse riflette i lampioni bianchi e arancio di questa provincia operosa e straniera.
E’ una sera feriale e poche macchine percorrono la provinciale, con un suono sempre uguale, veloci, verso chissà dove, forse verso casa.
Le mani nelle tasche di quel cappottino troppo corto e leggero per scaldare, la gonna troppo corta, gli stivali. I capelli biondi e mossi, resi umidi dalla pioggia delicata che sta cominciando a cadere.
La pelle del tuo viso, bianca e fredda, si tende in un sorriso forzato quando una macchina rallenta ma poi tira dritta, nel buio della strada che si perde nella campagna dietro di te.
I tuoi occhi, azzurri come il cielo di primavera, si posano sul cartello stradale a pochi passi da te, nella piena luce del lampione. Vedi il metallo lucido d’acqua, con tracce di gocce che scendono piano verso il bordo inferiore per cadere a terra.
Sotto la pensilina dell’autobus starai più asciutta, Alina, tutta stretta in un angolo dove il freddo comunque non se ne va.
D’improvviso ti accorgi di avere il viso bagnato e maledici quelle pensiline italiane, tenute male da questa gente arrogante ma barbara, e più di quanto crede.
La tua bocca scopre che l’acqua sulla pelle è salata, calda.
Realizzi che non è pioggia e singhiozzando cominci un pianto che si indurisce presto in un colpo di tosse e i tuoi occhi allagati fanno scendere il trucco pesante sugli zigomi. Ti asciughi il viso e ti ricomponi, mentre vorresti scappare via ed un vuoto di angoscia ti scava una voragine dentro, serri i denti e l’umidità di questa pianura la odi, la odi, la odi!!
Alina, perché?
Arriva una macchina scura, non molto grande, si ferma poco oltre. Si apre uno sportello e scende una figura non molto alta, ma è buio e non vedi bene. Dopo poco senti una voce giovane chiamare il tuo nome. E’ la voce di Elena, una ragazza della tua città, arrivata in Italia più o meno insieme a te. E’ giovane Elena, ha 32 anni, tu già 40 Alina…
Elena arriva sorridente e ti dice che stasera sta andando bene, ti guarda strana e ti rimprovera coi suoi occhi verde scuro. I capelli corti, tinti, i lineamenti non ordinari, la bocca carnosa, fanno del suo viso un quadro inconsueto. Elena è dura come la pietra, Elena esiste solo per Elena, Elena non ha nessun dio e nessuna illusione. Figlia di genitori operai, cresciuta in un enorme palazzo di proletari, nella provincia di quel grande mondo socialista utopistico, grigio, povero ed affamato aveva deciso di scappare e di prendersi il benessere delle cose, in qualunque modo. Elena non aveva compagni, non voleva figli, non aveva amiche, un po’ voleva bene ad Alina solo perché si conoscevano da tempo, ma erano diverse come il giorno e la notte. Alina faceva quel che faceva perché costretta e avrebbe voluto tornare indietro o persino morire. Elena no, Elena voleva sfruttare quella gente e fare i soldi, stare bene come non era mai stata. Nonostante fosse dura come la pietra Elena nell’amore era come miele, dolce e morbida, appassionata e calda, molti la cercavano. Disprezzava quella gente, ma non odiava, no. Ad Elena non importava di nulla, solo di sé.
Alina, adesso squadri Elena sentendoti in colpa per non saper essere attraente neppure per i disperati, anche se non lo sai quanto sei bella, anche con quel trucco colato attorno agli occhi, quella pelle fredda e bagnata e l’umidità che ti tormenta. Non sai quanto saresti bella con un paio di jeans e una maglietta. Non sai Alina quanto vorrei offrirti un panino ed una birra, al caldo e ascoltare quello che hai da dire. La strada non è il tuo posto Alina. Alina perché?
Sei bella Alina, e so che saresti bella anche senza vestiti, ma con chi ti ama e puoi amare.
Si vede, sai, Alina che hai il sogno dentro, che sei viva. Ed è per questo che non ce la fai, che tiri il fiato, che hai paura, che vorresti disperatamente un altrove, che mettere un giorno dietro l’altro ti costa fatica. Elena ha dignità anche in questo, ha una forza che tu non hai. Elena è nata e cresciuta a 300 m da casa tua ma è di un altro pianeta.
Ti accorgi che non piove più e con la coda dell’occhio vedi in cielo la luna, quella che guardavi da bambina e da ragazza dalla finestra di camera tua o nella campagna del tuo paese. Sei tanto lontana ora, ma la luna è sempre la stessa, anche sopra questa cittadina straniera di campagna, a questo incrocio tra campagna e zone artigianali. Guardi la luna e ti incanti, tanto da non vedere il furgoncino che accosta. Senti sbattere uno sportello, ti guardi intorno. Elena è andata ancora.
I tuoi occhi si fanno grandi di stupore alla luce bianca e grigia della luna, ai suoi contorni netti. Sei fragile come cristallo Alina, non appartieni alla razza dei più. Dentro di te chiedi alla luna di camminare con te e ti incammini nella strada che porta nei campi.
Pian piano entri nel buio e non vedo più neppure la tua ombra.
Alina Perché?
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