#capelli corti bianchi mossi
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iosonomarlene-luluemarlene · 8 days ago
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Per tutti i nuovi iscritti, ripropongo qualche racconto 😉
GINEVRA
Qualche giorno fa avevo un appuntamento alle 17, davanti ad un albergo di cui non ricordo il nome.
Non ci sono mai arrivata, è saltato tutto all'ultimo momento.
Ultimamente va così:
belli, passabili, simpatici, discretamente o altamente interessanti, poco importa.
Tanto, una scusa per non incontrarli, la trovo sempre. Mercoledì però ero convinta e preparata, con il baby doll e le autoreggenti.
Mi sono eccitata nel bagno dell'ufficio a pensare al momento in cui finalmente, qualcuno che nn fosse mio marito, fosse riuscito a violare questo tempio
Non succede da tempo ormai e ho pensato che l'ingegnere , dopo anni di tentativi, avesse finalmente vinto la bambolina.
Pensando a lui mi sono accarezzata da sopra le mutandine... carezze fugaci, giusto per sentire la prominenza delle grandi labbra, aspettando che il liquido della mia fica bagnasse la stoffa
Mi piace andare in giro così umida, mi piace pensare che se ne percepisca l'odore
Fatto sta che, alle 14,30, mi arriva un messaggio che, per qualche casino sul lavoro, l'Enrico non potrà raggiungermi.
Contenta un cazzo ovviamente, ma visto che tanto a Torino ci dovevo andare ugualmente per una cena al Magorabin, sono partita con la mia valigia di porche voglie verso la bella città sabauda.
La delusione non ha spento i miei istinti, c'era nell'aria tempesta ma con ancora il caldo estivo che mi faceva sudare le cosce e irrigidire i capezzoli
Ho camminato da corso San Maurizio con il Po alla mia sinistra, verso la Gran Madre, per andare a prendere un gelato e sorridevo ogni volta che il vento apriva lo spacco del mio vestito verde, troppo leggero per contrastarne la forza
Le cosce scoperte, le autoreggenti in evidenza, gli uomini che guardavano dalle macchine mentre attraversavo la strada... Umidità, vento, sguardi liquidi e umori lungo le calze velate. Eccitata come un adolescente al primo ditalino, mi sono seduta col mio gelato su una panchina di cemento di fronte al Gran Bar di Corso Casale, vicino alla più classica delle fontanelle della città, quella con la testa di toro
Ho leccato quel gelato pensando all'ultima volta in cui avevo avidamente succhiato e portato un cazzo ad esplodermi in bocca .
Troppo tempo
Mi sono avvicinata alla fontana per togliere dal vestito una macchia di cioccolato e con noncuranza l'ho quasi alzato completamente, aspettando che i ragazzi seduti al chiosco vicino si accorgessero di me. Gomitate, risatine, chissà quante volte mi avranno chiamata puttana.
Mentre maledicevo la mancanza di un amante che mi aspettasse a cazzo duro in un posto qualunque, è arrivata la pioggia e a passo svelto sono tornata verso via Vanchiglia , dove avevo la macchina.
Mi stavo bagnando, ma non ho corso e questo mi ha permesso, lungo il tragitto, di notare un piccolo negozio di abbigliamento vintage
Mi sono fermata e un cartello invitava ad entrare liberamente per sbirciare tra gli abiti appesi
Varcando la soglia ho sentito odore di incenso e di rose e mi sono sentita subito in un ambiente caldo e famigliare
Quella che poi ho saputo essere la proprietaria, è arrivata da una porta che dava su un cortile interno.
Ho notato il suo vestito in chiffon color pesca, lungo fino ai piedi, tanto lungo da doverlo tenere alzato mentre camminava. Sembrava una tipica damigella di quei matrimoni americani che si vedono in tv. Le ho sorriso istintivamente guardandole i piccoli seni non costretti da intimo
Capelli corti come i miei ma mossi, ornati da un piccolo fiore all'altezza dell'orecchio, occhi grandi e scuri, una bocca sottile e dolce nascondeva denti bianchi e perfetti
Mi ha invitata a guardare e chiedere, se ne avessi avuto bisogno...
Ho passato le mani tra gli stendini, ma continuavo a pensare alle sue forme sotto la stoffa, al culo importante, ad una vita non troppo sottile su un corpo comunque armonioso
Mi stavo bagnando ed ero a disagio e quando mi sono girata lei mi stava fissando
"il vestito che hai in mano ti starebbe benissimo, dovresti provarlo!"
Non so se sia stata la sua capacità professionale o la voglia di spogliarmi che mi accompagnava da tutto il giorno, ma ho chiesto dove fosse il camerino e sono stata contenta di trovarlo spazioso e accogliente, con un grande specchio
Mentre mi preparavo l'ho sentita camminare nervosamente avanti e indietro,ma quando ho scostato le tende, ho trovato subito i suoi occhi. Prontamente ha iniziato a sistemarmi il colletto, mi ha toccato le spalle "lo sapevo, lo porti benissimo"
Ha aperto un bottone e poi un altro ed io sono rimasta immobile senza sapere cosa fare, mi sentivo come una bambola nelle mani di una bambina che gioca a fare la mamma
Ma tra le gambe c'era la donna che sono. L'ho sentita pulsare ed eccitarsi.
"Ecco, lascia che si veda il tuo décolleté , è perfetto"
Ha preso altri vestiti e mi ha chiesto di provarli. Il suo tono era perentorio ma dolce, un no non era contemplato ed io, come un automa, ho ubbidito.
Mentre indossavo il secondo abito ha azzardato aprendo le tende, dicendo di voler togliere ciò che non serviva più e mi ha vista in intimo, con le calze a balza larga che circondavano le mie cosce.
Sono rimasta immobile, imbarazzata, ma il suo modo di guardare e di sorridere ha sciolto le mie inibizioni
"ti aiuto se vuoi"
"si, per favore"
È entrata ed io ho sentito il suo profumo di rose, e l'inconfondibile odore dell'eccitazione
Mi ha aiutato a tirare su il vestito e mi ha sfiorato il collo con le mani, poi le spalle, la schiena
Cristo, volevo solo che mi toccasse e palpasse
Le ho sorriso guardandola dallo specchio e prendendolo come un invito mi ha girata e mi ha baciata
Un bacio dolce e bagnato che mi ha improvvisamente reso consapevole di quanta tenerezza io avessi dovuto rinunciare in passato, in nome di relazioni che spesso mi avevano lasciato sola e inerme, in balia delle più luride pulsioni.
Mi ha spinta contro lo specchio e pressando il suo corpo sul mio mi ha allargato le gambe con un ginocchio. Ero fradicia e vogliosa e lei lo sapeva
Ha fatto scivolare il vestito e si è inginocchiata davanti alle mie mutandine che piano piano ha sfilato via
Ho pensato a come fosse possibile tutto ciò...mesi a chattare su inutili siti di incontri e poi la mia ricompensa era lì, in un piccolo negozio di abiti vintage..
Ha annusato il mio pube, il mio pelo, ci ha strofinato il naso, allargato le mie grandi labbra con le dita ed è rimasta a guardarla
Ci ha giocato con la lingua mentre iniziavo a mugolare, leccava il mio clitoride, lo succhiava con avidità, infilava le dita dentro l'orifizio grondante umori biancastri e se le leccava con foga
Improvvisamente ha smesso ed è corsa via. Per un attimo smarrita mi sono seduta sullo sgabello del camerino Ho sentito chiudere a chiave la porta del negozio ed è tornata da me
"Eccomi, non puoi più scappare"
Ma chi cazzo voleva muoversi da lì!
L'ho avvicinata a me e ho appoggiato la testa sul suo ventre, ho alzato il vestito fino al suo sesso, anche lì completamente libero dall'intimo.
Che fica meravigliosa, completamente nuda ed esposta
L'ho accarezzata, ma è il suo culo che volevo, morbido ed invitante.
Le ho chiesto di girarsi, di chinarsi per me e ho affondato la faccia tra quelle natiche
Ho annusato forte e poi la mia lingua è corsa all'esplorazione di quel pertugio perfetto, che sapeva di sapone e culo
Leccavo ed infilavo la lingua sempre più in fondo, come un piccolo cazzo entravo ed uscivo mentre la sentivo ansimare, colare, sentivo il gusto di tutta la sua voglia
Ha iniziato a masturbarsi e sentivo il rumore delle ditta fradice
La volevo mia, volevo godere con lei guardandola in viso
Lho accompagnata sul tappeto, supina, le ho aperto le gambe e mi sono posizionata sulla sua fica in un incastro perfetto
Abbiamo iniziato a muoverci e a strofinare i nostri sessi, sempre più veloce
Dio, l'odore che emanava quell'erotico ballo... Sudore, fica, shampoo per capelli, trucco, culo
Ho goduto nell'attimo in cui diceva "Vengo cazzo!"
Siamo esplose insieme e la sua fica ha spruzzato sulla mia, mentre il suo corpo pareva in preda a convulsioni
Mi sono abbassata e ho raccolto con la lingua ciò potevo, gustando tutto il suo essere
Poi ho raggiunto la sua bocca e sporca di umori l'ho baciata morbidamente, mischiandomi alla sua saliva
Mi ha guardato e ha riso e ancora ansimante mi ha detto
"Ah, piacere, io sono Ginevra"
Al Magorabin non ci sono mai arrivata.
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jobinfm · 5 years ago
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persointraduzione · 4 years ago
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Alina e la Luna
Cammini lentamente, avanti e indietro, in un sentiero di noia, in questa notte d’inverno che è appena iniziata e vorresti fosse già finita. Il cielo di nuvole basse riflette i lampioni bianchi e arancio di questa provincia operosa e straniera.
E’ una sera feriale e poche macchine percorrono la provinciale, con un suono sempre uguale, veloci, verso chissà dove, forse verso casa. 
Le mani nelle tasche di quel cappottino troppo corto e leggero per scaldare, la gonna troppo corta, gli stivali. I capelli biondi e mossi, resi umidi dalla pioggia delicata che sta cominciando a cadere.
La pelle del tuo viso, bianca e fredda, si tende in un sorriso forzato quando una macchina rallenta ma poi tira dritta, nel buio della strada che si perde nella campagna dietro di te.
I tuoi occhi, azzurri come il cielo di primavera, si posano sul cartello stradale a pochi passi da te, nella piena luce del lampione. Vedi il metallo lucido d’acqua, con tracce di gocce che scendono piano verso il bordo inferiore per cadere a terra. 
Sotto la pensilina dell’autobus starai più asciutta, Alina, tutta stretta in un angolo dove il freddo comunque non se ne va. 
D’improvviso ti accorgi di avere il viso bagnato e maledici quelle pensiline italiane, tenute male da questa gente arrogante ma barbara, e più di quanto crede.
La tua bocca scopre che l’acqua sulla pelle è salata, calda. 
Realizzi che non è pioggia e singhiozzando cominci un pianto che si indurisce presto in un colpo di tosse e i tuoi occhi allagati fanno scendere il trucco pesante sugli zigomi. Ti asciughi il viso e ti ricomponi, mentre vorresti scappare via ed un vuoto di angoscia ti scava una voragine dentro, serri i denti e l’umidità di questa pianura la odi, la odi, la odi!! 
Alina, perché?
Arriva una macchina scura, non molto grande, si ferma poco oltre. Si apre uno sportello e scende una figura non molto alta, ma è buio e non vedi bene. Dopo poco senti una voce giovane chiamare il tuo nome. E’ la voce di Elena, una ragazza della tua città, arrivata in Italia più o meno insieme a te. E’ giovane Elena, ha 32 anni, tu già 40 Alina…
Elena arriva sorridente e ti dice che stasera sta andando bene, ti guarda strana e ti rimprovera coi suoi occhi verde scuro. I capelli corti, tinti, i lineamenti non ordinari, la bocca carnosa, fanno del suo viso un quadro inconsueto. Elena è dura come la pietra, Elena esiste solo per Elena, Elena non ha nessun dio e nessuna illusione. Figlia di genitori operai, cresciuta in un enorme palazzo di proletari, nella provincia di quel grande mondo socialista utopistico, grigio, povero ed affamato aveva deciso di scappare e di prendersi il benessere delle cose, in qualunque modo. Elena non aveva compagni, non voleva figli, non aveva amiche, un po’ voleva bene ad Alina solo perché si conoscevano da tempo, ma erano diverse come il giorno e la notte. Alina faceva quel che faceva perché costretta e avrebbe voluto tornare indietro o persino morire. Elena no, Elena voleva sfruttare quella gente e fare i soldi, stare bene come non era mai stata. Nonostante fosse dura come la pietra Elena nell’amore era come miele, dolce e morbida, appassionata e calda, molti la cercavano. Disprezzava quella gente, ma non odiava, no. Ad Elena non importava di nulla, solo di sé.
Alina, adesso squadri Elena sentendoti in colpa per non saper essere attraente neppure per i disperati, anche se non lo sai quanto sei bella, anche con quel trucco colato attorno agli occhi, quella pelle fredda e bagnata e l’umidità che ti tormenta. Non sai quanto saresti bella con un paio di jeans e una maglietta. Non sai Alina quanto vorrei offrirti un panino ed una birra, al caldo e ascoltare quello che hai da dire. La strada non è il tuo posto Alina. Alina perché?
Sei bella Alina, e so che saresti bella anche senza vestiti, ma con chi ti ama e puoi amare. 
Si vede, sai, Alina che hai il sogno dentro, che sei viva. Ed è per questo che non ce la fai, che tiri il fiato, che hai paura, che vorresti disperatamente un altrove, che mettere un giorno dietro l’altro ti costa fatica. Elena ha dignità anche in questo, ha una forza che tu non hai. Elena è nata e cresciuta a 300 m da casa tua ma è di un altro pianeta. 
Ti accorgi che non piove più e con la coda dell’occhio vedi in cielo la luna, quella che guardavi da bambina e da ragazza dalla finestra di camera tua o nella campagna del tuo paese. Sei tanto lontana ora, ma la luna è sempre la stessa, anche sopra questa cittadina straniera di campagna, a questo incrocio tra campagna e zone artigianali. Guardi la luna e ti incanti, tanto da non vedere il furgoncino che accosta. Senti sbattere uno sportello, ti guardi intorno. Elena è andata ancora.
I tuoi occhi si fanno grandi di stupore alla luce bianca e grigia della luna, ai suoi contorni netti. Sei fragile come cristallo Alina, non appartieni alla razza dei più. Dentro di te chiedi alla luna di camminare con te e ti incammini nella strada che porta nei campi. 
Pian piano entri nel buio e non vedo più neppure la tua ombra.
Alina Perché?
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