#cantilene
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Nichée dans l'un des plus beaux passages couverts de Paris (la galerie Vivienne !), la librairie Jousseaume remonte à 1826 et attire les regards comme aucune autre à Paris.
Ph @cantilenes
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L'Italia al femminile ha conquistato l'oro olimpico nella pallavolo: un risultato che ci riempie di orgoglio e gioia. Un trionfo sportivo che però, come spesso accade, è stato accompagnato da una scia di strumentalizzazioni e retorica insopportabile.
Mentre tutti festeggiavamo la vittoria delle nostre ragazze, le maestrine del politicamente corretto non hanno perso l'occasione per propinarci la solita lezioncina su "diversità" e "inclusione". Peccato che, per celebrare in modo praticamente esclusivo Paola Egonu, si siano dimenticate che il successo è stato frutto del lavoro di TUTTE le giocatrici, non solo di quelle che abbracciano un certo orientamento ideologico ma anche delle altre (persino di Ekaterina Antropova, colpevole di aver i capelli biondi e le origini - udite, udite - russe).
Subiamo giornalmente cantilene per esorcizzare lo spettro del razzismo, ma la verità è che ormai il razzismo funziona al contrario. Si mettono all'indice tutti coloro che non rappresentano una qualche minoranza a meno che questi non facciano pubblicamente voto di obbedienza ai dettami del pensiero unico globalista. Echeggiano ovunque parole ecumeniche ma in realtà non si fa altro che alimentare divisioni e rancore.
Festeggiare l'Italia senza riserve e senza distinguo è qualcosa che proprio non riesce alle maestrine. A noi invece sì. Quindi ci godiamo sfacciatamente il trionfo di una squadra che riempie d'orgoglio tutti gli italiani.
Giacomo Del Pio Luogo
Pro Italia - Treviso
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Oggi ho mangiato: ravioli, patatine, del pan focaccia, salsicce cotte sulla piastra di uno spiazzo in pietra in cima ad una vertiginosa salita che ho raggiunto a piedi.
Prima di cuocere la carne si è dovuto andare alla ricerca di legnetti tra gli aceri e i pini, si è pulita la griglia cospargendola di aceto che è subito bruciato facendo frizzzzz e fumo.
Ho bevuto del vino, una spremuta d'arancia, poca acqua. Il basso apporto di liquidi era la premessa perché la mia vescica tenesse duro per le otto ore in cui io e lei siamo state via. Non avevo intenzione di fare pipì tra i boschi.
Ho accarezzato un cane; mi sono coperta spiegando per bene la sciarpa; cuore e fiato hanno fatto un po' di fatica. Quando L mi ha chiesto di confermare pubblicamente che aveva il culo gelato a forza di stare seduto sui muretti che abbiamo preso a mo' di panca, ho detto sdegnata che non gli avrei infilato le mani nei pantaloni. Mi sono rimangiata tutto una volta soli noi due in auto.
Ho riso, ho indossato delle scarpe da trekking, ho letto un saggio con la luce del sole che mi baciava la faccia. Nel saggio si riportava il breve scritto di un autore latino: il testamento di un porcellino.
Il maiale, prima di finire grigliato e insaccato, chiede gli venga eletta una lapide (porcella hic dormit), dà indicazione sulle erbe che vorrebbe si aggiungessero per la sua marinatura e lascia in eredità i suoi femori ai salsicciai, i suoi lombi alle donne, ai bambini la vescica, alle ragazze la coda. Le salsicce del pranzo le ho infilate in un paio di panini.
Sono davvero sempre più grassa, un giorno scoppierò come il cocomero più grande del mondo delle cantilene per bambini.
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August de Boeck (1865-1937) - Cantilene for Violincello and Piano ·
Edmond Baeyens, cello
BRTN Philharmonic Orchestra · Fernand Terby · · · Robert Wasmuth
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[ The world seems to be getting dark at dusk, but I recount it, as at the beginning, with my cantilene that keeps me alive. ]
I just have to lift my head and the world opens before my eyes, it rises in my heart. When I was a kid, I wanted to live on an island. One woman, powerfully alone. You need me, you'll need me. There is no greater story than ours, mine and yours, of man and woman. It will be a story of giants, invisible, reproduceable; it will be a story about new parents. Look at my eyes, they are the image of necessity, of the future of everyone in the square. Last night I dreamed about someone, a stranger, my man. Only with him I could be alone and open up to him, open all of me, all of his, let him enter inside me all whole, wrap him with the maze of common bliss. I know, you are the one.
Wim Wenders, The Sky Over Berlin - 1987
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“Every film is political. Most political of all are those that pretend not to be: 'entertainment' movies. They are the most political films there are because they dismiss the possibility of change. In every frame they tell you everything's fine the way it is. They are a continual advertisement for things as they are.”
-Wim Wenders
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Thanks to Wim Wenders for the Beauty he gives us
[Wim Wenders]
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I tuoi messaggi colmi d’odio io manco li leggo
rido in silenzio e penso che stai perdendo del tempo
qui la tua faccia si fa blu come ‘sta 20 euro
scoppi di rabbia, io lo so, non riesci a farne a meno
questo asfalto è il tuo red carpet, senza gente muori
fuori da ‘sti riflettori non fai più rumore
qui tutto scoppia in un istante, bolla di sapone
e tu, ingenua, ti credi eterna, non sei una religione
ti accendi la tua Rothmans con sguardo di ghiaccio
alla fermata del tram dallo sguardo distratto
appena avverti qualcosa, tu ti giri di scatto
e pensi: “adesso si va in scena, il mondo è un grande palco”
okay, sei pronta al grande salto, il popolo ti acclama
senti gli applausi e vedi fiori, la tele ti inquadra
la gente a casa si chiede: “sì, ma chi sta in quella bara?”
Sente gli applausi e vede i fiori, la tele li inquadra
non preoccuparti, te lo spiego, questa è fama, baby
e campa bene soltanto chi casca sempre in piedi
solidità e stabilità, ovvero buone radici
buone basi, buone piante, i nostri stessi eredi;
quello che posti lo so già che è una grande stronzata,
lo guardo solo per farmi una bella risata
da queste parti non importa un fico di chi sei
di cosa fai, da dove vieni, oh, ma chi ti credi;
il mondo è pieno di Sophia Loren dei poveri,
di finti Marcello Mastroianni in abiti fake Coveri
che chiudono gli occhi e sognano i soldi di Montgomery
e poi bruciano d’invidia e distruggon tutto là fuori:
mezze seghe, rimarrete sempre scarsi
che per brillare alla luce la spegnete sempre agli altri,
poi fuggite dal guaio con la coda, codardi
e tu puoi fuggire dal guaio, tanto tornerà a trovarti,
prima – o poi qualcuno se ne accorge
di quanto siete falsi quando vi trovate moglie
prima il sesso, dopo un figlio, tutto in ordine
e se le cose non vanno, dopo è delitto di Cogne;
c’è l’occasione di arricchirsi, e ciascuno la coglie
perché la crisi morde e fa male, croco, Lacoste
io già ti vedo vantarti con ‘sta faccia da stronzo
ché hai letto il libro della vita, il mio è rimasto intonso;
com’è che non ti accorgi che tra noi, qua lo schiavo sei tu
lobotomizzato, ormai non sogni più
io sogno un disco e dopo il tour, ma poi sparisce e “puff”
all’alba d’un – dannato Lunedì blu
solution: semi di kush;
ogni giorno io mi sveglio con la faccia del panda dei Bushwaka
e in testa un ritmo che mi canta: “boomboomshakalaka”,
annata magra iniziata, io proseguo sulla mia strada
e se va male, prepara la bara;
para - dà faccia bianca: bamba
chi è come me - ricerca un po’ di grazia
come in “para bailar la bamba”
anche se troppa stanca
tra milioni e depressione, kalazh
anche se grana manca e serotonina cala;
se non si è grandi, niente
guai a farsi vedere
mostrarsi forti, invece
mostrando morti in tele
comporre ragnatele
per le vittime illuse
comporre cantilene
quattro stronzate in croce;
io non mi do mai pace perché aspiro sempre al meglio
ma non per spiattellarlo, zio, per vivermelo dentro
gioco solo col mio ego, uno a zero, palla al centro
qui la sfida è ancora aperta e il risultato incerto;
è il moderno mito della caverna
il personaggio avrà la meglio
è la fame di fama che tiene la mente sveglia
la fama a tutti i costi, quella fama che ti disorienta.
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Vincent “Lalla”
Un testo ironico e tagliente e un ritmo incalzante che mescola rock ed elettronica per il nuovo singolo del cantautore di Bassano del Grappa
«“Lalla” è un riferimento alle cantilene dei bambini, l’ho usata per connettermi alla parte infantile di noi, dove risiedono ancora i sogni che avevamo da piccoli. Prima di diventare adulti siamo ricchi di potenzialità ed è importante non perdere queste risorse una volta cresciuti.». Vincent
“Lalla” è un brano rock che ironizza sulle relazioni tossiche usando l’espediente della cantilena infantile nel ritornello per alleggerire lo sfogo dell’autore. Rappresenta la necessità di superare le difficoltà di una relazione non sana e la capacità salvifica di saper ridere delle avversità passate. La voce vigorosa di Vincent si innesta su un ritmo incalzante dove rock e elettronica si mescolano dando al brano un sound moderno e di impatto.
Vincent, cantautore di Bassano del Grappa, ha sempre racchiuso le sue passioni all’interno dei suoi brani e dei suoi videoclip. Le influenze cinematografiche sci-fi e horror di opere cult si mescolano a riferimenti musicali che spaziano tra pop, rock e industrial conferendo ai suoi brani un timbro surreale. Nel 2016 incontra Maria Totaro ed il produttore Piero Calabrese con i quali intraprende un percorso di songwriting. Negli anni successivi ha l’opportunità di dividere il palco con artisti del calibro di Omar Pedrini , Andy , Pino Scotto , Alteria. Nel 2021 il brano “LIVE” scritto insieme alla sua collega Gaia Papadia viene distribuito dall’etichetta discografica Universal Music Group. Nel 2023 arriva alle finali nazionali al teatro Ariston per Sanremo Rock e successivamente alle semifinali di “Una voce per San Marino” il festival che consente l’accesso all'Eurovision Song Contest con il brano “LALLA”, un brano crudo dal timbro rock che racconta le relazioni tossiche, in uscita il 26 marzo 2024 su digital store e radio.
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https://www.instagram.com/vincent_suonadinotte/ https://open.spotify.com/intl-it/artist/3DpfgJonHvgEQqp6faYeBz https://www.youtube.com/channel/UCm0wxlYZupEomU8k5Ic9Qcg
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"Ti auguro di volerti bene.
Di scegliere te stessa prima della consuetudine.
Ti auguro di curare amici capaci di sorprenderti, più di quelli che sanno solo compiacerti.
Ti auguro di non accontentarti della buona compagnia di qualcuno, ma di sentire il tuo cuore disteso tra le persone più sconosciute. Le esperienze più inaspettate.
Ti auguro di incontrare un forestiero, di sederti al suo tavolo, di conversare con lui.
Di cambiare aria, città, orizzonte.
Di imparare ancora qualcosa di nuovo.
Ti auguro di emozionarti in mezzo a persone vere, luminose.
Di guardare i giovani e di fidarti di loro, perché hanno la freschezza delle menti aperte come gli aquiloni.
Ti auguro di spezzare le cantilene del pettegolezzo, di smetterla di parlare sempre degli altri, di prendere una penna e incominciare a scrivere di te.
E fin da subito di reinventarti come più ti piace, come fossi tu la parola più rivoluzionaria al mondo."
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Benjamin Britten’s opera for television: Owen Wingrave
The Wingrave family prides itself on being a family of soldiers. When Owen Wingrave decides that he will refuse to fight in the military, they don't take his decision well. Both he as well as his fiancé Kate lost their respective fathers in battle; while Owen sees this death as pointless, Kate embraces the apotheosis offered by society, that they died for a greater good, for honour, for King and country. Owen's decision challenges her own narrative. She calls Owen a coward and puts him up to a test of courage: in the attic of the Wingrave mansion, generations ago, a boy has died. Since then, the room is said to be haunted. If you're in a hurry, I recommend listening to just the two minutes starting at 55 min that blend Act I into Act II - a beautiful cantilene with an edge, and a disturbing children's choir, recounting the story of young Wingrave who refused to fight. [x]
Kent Nagano - conductor Margaret Williams - director
Gerald Finley - Owen Wingrave (baritone) Peter Savidge - Spencer Coyle (bass-baritone) Hilton Marlton - Lechmere (tenor) Josephine Barstow - Miss Wingrave (dramatic soprano) Anne Dawson - Mrs Coyle (soprano) Charlotte Hellekant - Kate Julian (mezzo-soprano) Martyn Hill - Sir Philip Wingrave (tenor) Elizabeth Gale - Mrs Julian (soprano)
The Deutsches Symphonie Orchester Berlin
Libretto: Myfanwy Piper, after Henry James Directed by Margaret Williams, 1991.
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…tu lo chiami e lui non risponde
C’è un bellissimo film, odorante di porto, ambientato in una Genova blues sensuale e notturna, punteggiato da una pioggia perpetua che sciorina cantilene; un film madido d’infinita malinconia. S’intitola Stregati e lo ha scritto, diretto e interpretato un altro grande artista: Francesco Nuti. Soltanto alla fine, nell’ultima scena, in un largo sospiro il cielo s’acquieta e Francesco (che nel film…
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PILLOLE DI MUSICA: IL TORMENTO DEI TORMENTONI
"Stiamo tornando, m***e": questo è l'incipit tipico del mese di giugno, quando in #radio e sulle principali piattaforme televisive e informatiche dedicate alle sette note, iniziamo - ahinoi! - ad entrare in contatto con le solite cantilenate latine, da #AlvaroSoler al capostipite del genere, #EnriqueIglesias.
E quando pensi non ci sia niente di peggio, ecco che fanno capolino i sempre odiati #tormentoni italiani, genere inutile e persecutorio nel quale si cimentano tutti, proprio tutti.
Così, non basta sciropparsi il Baby K al maschile - #fedez - a sto giro in compagnia di #Annalisa e....tremate, #articolo31 (perché??? Eravate persone meglio, per dirla alla Elio), piuttosto che #tommasoparadiso (questa volta con i #Baustelle), o #ElettraLamborghini (la cui nuova hit è persino più straniante di #pempem... Ma almeno la Lamborghini è simpatica!): nel calderone del nulla cosmico dei tormentoni estivi sono entrati i #pinguinitatticinucleari (da sempre, a mio parere, sopravvalutati all'eccesso), #lazza in coppia con un rapper di cui non ricordo il nome, #mrrain (dal languro sanremese alla supercazzola estiva con #sangiovanni) e - udite, udite...anzi, meglio di no - #marcomengoni in coppia con #elodie con una canzone che definire tremenda è un complimento.
Allora, ben vengano Alvaro Soler e soci: meglio il corazon e la cintura delle finte citazioni di Fedez e Pinguini.
#pilloledimusica #musicaestiva #pubblicista #blogger #copywriter #matryoshka #harusphotos#tormentoniestivi
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colline buie, folgore di vita
dissolvono il ricordo, mescolano i pensieri con le speranze, la luce con il vuoto
rievocano un segreto nascosto di rami fradici e cantilene di pioggia, poi la pace
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MACEDONIA-Il Cenacolo di Poesia di Praglia esorcizza il COVID a ritmo di filastrocche, cantilene, racconti e divertissements
Di Covid 19 non si parla più molto, quasi rispondendo ad un bisogno intimo di oblio, di rielaborazione delle forti emozioni e sofferenze che ha causato. Quale strumento migliore della poesia, e in particolare delle filastrocche per l’infanzia, per mettere in atto tale processo? Macedonia (Valentina Editrice 2022),”antologia poetica” come la definisce l’editore, è frutto di una felice condivisione…
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Sto per cominciare a vedere un film di Visconti: ''Gruppo di famiglia in un interno''. Visconti. C'avrebbe da ridere, uno che si crede Visconti, uno che lo interpreta, nei vicoli di Bologna, e aggrotta le sopracciglia, fa la faccia da operatore cinematografico in pensione, e poi ti dice: ''Ecco, io sono Visconti!''. Avrà da ridere davvero, a sapere che l'unico Visconti a cui ci si può appellare adesso è un ridicolo nome da vetrine patinate e lustrini da schermo: non mi è concesso più parlare, e molti mi hanno spesso detto che quando scrivo riesco a creare una grande alienazione e a fare di tutto un estraniamento. Io sono la maga dell'estraniamento!-ecco ora abbasso il cappello e faccio l'inchino, muovo la bacchetta con la stella sulla punta e me la ficco in testa, così mi estranio per bene, così si estrania il mondo, così Visconti finisce sul lastrico e pure i suoi film
tutto si estrania, tutto è fisso, immutato, paralitico
cerco delle risposte sulla riva di un fiume che non vedo bene: sono miope e di recente non ho potuto cambiare gli occhiali
C'è una gelateria in via d'Azeglio che abbiamo provato una sera in cui il gelato nemmeno ci andava. C'erano pochi gusti, ma abbiamo diviso una coppetta (o forse era un cono? no penso proprio una coppetta), con uno stesso cucchiaio, che è una cosa che garantisco solo agli abbonati al mio teatrino. Quel gelato mi ha fatto proprio schifo. Ma c'era un bell'albero, lungo la strada. A pensarci però, mi nausea. Tutto mi nausea. Le strade che abbiamo percorso mi sembrano ripugnanti. Ora mi estranio, mi estranio, mi estranio, ripercorro qualche incantesimo basilare, mi verso con altri cucchiai nel minestrone ancestrale, mi fondo alle cantilene e dormo, dormo se posso dormire.
Ma non riuscirò mai più a dormire.
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Oops - L’album d’esordio “Bestie e Dei”
La ricerca dell’ignoto come benessere mentale
Esce “Bestie e Dei”, album d’esordio degli eclettici Oops. Un connubio perfetto tra teatralità e musica, sacro e profano, un intenso viaggio tra i meandri dell’anima e della mente con musiche che rimandano al classico e prezioso cantautorato, ma pregne di personalità e originalità. “Bestie e Dei” è sui principali stores digitali e in promozione nazionale.
“Il nostro primo disco, “Bestie e dei”, nasce come un piccolo esperimento ludico senza troppe pretese. A un certo punto dei nostri percorsi personali abbiamo sentito l’esigenza comune di metterci in gioco, un modo per testare le nostre capacità creative. Nel giro di pochi mesi fiorisce una moltitudine di brani, e a forza di livellare, scartare, arricchire, ci rendiamo conto di avere tra le mani qualcosa di bello. Arrangiamenti semplici ma incisivi, qualche ritornello orecchiabile, la forza melodica e ruspante della chitarra, la precisione maniacale e furente della batteria. Otto canzoni a incarnare una sorta di concept onirico incentrato su una crisi esistenziale.
I testi hanno una naturale propensione alla libertà espressiva, non cercano la comprensione dell’ascoltatore a tutti i costi, ma non si crogiolano neanche nell’estremo ermetismo. Sono semplicemente i testi di un ragazzo invecchiato tra le pagine di antichi poeti, che ha sviluppato negli anni un suo stile definito.
Oltre alle piccole allucinazioni e alle descrizioni di stati emotivi, troviamo alcune figure della mitologia greca a incarnare il senso del sacro, del misticismo inteso non come rifugio rassicurante in una notte di tempesta, ma come ricerca dell’ignoto, del non detto, del magico. “Bestie e dei” nasce in tempi di crisi pandemiche e personali, ma non cerca resa, prova invece a descrivere la forza ancestrale dell’uomo verso il sentiero non solo della sopravvivenza, ma del benessere mentale.” Oops
La band racconta
“Oops come il suono di una disattenzione. Un'interferenza nell'emissione sonora dell'ordine o più semplicemente, qualcuno che cade. Ma Oops è anche altro: una chitarra, una batteria, tre voci e una manciata di canzoni oniriche, nate quasi per gioco. Cantilene folk per visioni frenetiche, morbide nenie per visioni pacifiche. Benvenuti a bordo.” Mattia, Mirko e Lorenzo
Spotify: https://open.spotify.com/album/3zBEQhLZNqCc5ttrr8SPZ9
Instagram: https://instagram.com/oops_italianband
Facebook: https://www.facebook.com/Oopsitalianband/
YouTube: https://youtu.be/aqMuQVPRry4
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Cigno: psicanalisi sonora della società
Disturbante e, per questo, efficace. Questo l’ultimo lavoro di il Cigno, all’anagrafe Diego Cignotti. Un lavoro che definire complesso è riduttivo. Come da stessa affermazione dell’artista, il disco rifiuta e rifugge in ogni sua espressione la forma canonica di canzone. Un po’ sulla scia degli Area. Il nostro però accentua la sperimentazione. Nel disco non c’è una, dicasi, una, sola canzone. I brani sono insiemi, esperienze. Sono inquiete e inquietanti. Cacofoniche alle volte, caotiche. Non si può neppure dire che raccolgano influenze diverse perché sono fatte di sensazioni.
Clangori industriali lasciano il posto a percussioni tribali, suono di sitar, cantilene mefistofeliche. Un mix apparentemente senza senso di suoni e rumori. Apparentemente perché, come è giusto che sia, ogni brano è espressione di un concetto ben preciso. E sono concetti non facili da digerire. Per trovare il primo spiraglio di ‘melodia’ si deve arrivare alla quarta canzone, Y en el monte. Più che una canzone, un canto folkloristico tra musica russa, mediorientale, cori nostrani.
Non esiste un accompagnamento che sia tale. La base è data dal battere ritmico delle mani, dal sitar, dall’oud, dalle percussioni. Un’esperienza, un viaggio nel vero senso della parola. Non mancano poi avventure nel campo dell’elettronica. Quella più dura, più hardcore miscelata a suoni space. Si ascolti Antèchrist per avere un’idea dell’utilizzo dei campionatori. Cassa dritta a 200 bpm si infrange su muri industriali potentissimi e pesantissimi, senza fermarsi fio a metà brano. Qui subentra lo scorcio di recitato di una messa con tanto di coro delle perpetue.
Il brano poi riprende a pieno ritmo fino alla fine dove rallenta e sfuma. In Pax invece è il basso a dominare. Basso iterante come iterante è il suono di un timpano che l’accompagna. L’ipnosi diventa più forte con l’ingresso dei cori. Con questi strumenti ad arco doppiano il basso. Orchestrazioni dissonanti fanno capolino qua e là. L’idea che cresce con seguendo il brano è quella di un film muto sul periodo romano. Il battito iterante rappresenta i passi degli schiavi con la caviglie legate. Le tastiere indicano l’arrivo dei centurioni che li frustano per parli muovere.
Lenti, emaciati, rassegnati gli uomini proseguono il loro cammino senza la minima energia. Fino al silenzio finale. SI torna su terreni che dire accidentati è poco, con Ogochukwu. Brano scritto in memoria di Alika Ogochukwu, 39venne disabile nigeriano ucciso a Civitanova Marche. Si prosegue con la sperimentazione con A frate dolcino vengono amputati naso e pene. I rumori richiamano il dolore che deve aver sofferto il torturato in quel preciso frangente.
Si arriva poi al singolo cui è legato anche un video che segue lo stile della musica. Censure e torture, Stefano Cucchi tra le fiamme. Il martellare della cassa, acustica, un organo in sottofondo, rumori di vario genere, portano ad una svolta più industriale. Questa è caratterizzata da suoni distorti, dissonanti. Il battere di un qualche elemneto resta in sottofondo a mo di battito del cuore. Le due parti si alternano fino alla risoluzione finale in crescendo.
Lamentazioni mediterranee è l’ultimo brano. Sono proprio le suggestioni della musica del mare nostrum a farla da padrone. Sitar greco, cori solo con vocalizzi, suono di onde, percussioni accompagnano in modo inquietante tra i flutti. I cori non sono melodici. Sembrano voci provenienti dagli abissi che chiedono aiuto. Il tutto senza una riga di testo.
La parte riguardante la voce e i testi è stata volutamente lasciata per ultima. Come si può descrivere un contato che non c’è? Per lo più i testi, caustici, di denuncia, abrasivi, in italiano e dialetto, sono recitati secondo quella che è stata la lezione di Pierpaolo Capovilla. Non c’è uno stralcio di melodia. E anche quando è presente è utilizzata in modo completamente inusuale, assolutamente poco consono.
Concludendo. Nulla esprime meglio il concetto di questo disco come le parole stesse dell’autore Cigno:
‘Una psicanalisi sonora della società contemporanea, una soundtrack sotto acido di un canto dantesco, un esorcismo al contrario‘.
E così è, ne più e ne meno. Un disco consigliabile? Sicuramente, ma con riserva. Nel senso che prima di affrontarlo è bene sapere a cosa sta andando in contro. Si deve essere pronti a rivedere se stessi nelle contraddizioni, nelle dissonanze, nei fastidiosi suoni industriali. Si deve essere sicuri di volersi guardare allo specchio sapendo che ciò che vedremo non ci piacerà affatto.
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