#calcareo
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La piel del tiempo
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Domus de Janas
Nel cuore della Sardegna, nascoste, magiche, si trovano le Domus de Janas, misteriose abitazioni di creature fantastiche. Da più di 300 anni in tutta la Sardegna esiste un universo sotterraneo che si fonde con il paesaggio delle campagne sarde.
Le Domus de Janas sono le piccole case delle creature fatate, le janas appunto – la versione sarda degli elfi – creature immaginarie della tradizione popolare, un misto tra streghe e fate.
Ovviamente si tratta di una leggenda sarda che combina elementi magici con le costruzioni millenarie in pietra presenti su tutta l’isola, da Cagliari a Santa Teresa di Gallura e sembra l’inizio di una fiaba.
Le Domus sono delle caverne scavate nella roccia dalle antiche civiltà sarde più di 5.000 anni fa ed espressione del culto funerario di quell’epoca; in tutta la Sardegna se ne contano più di 3.500. Le caverne erano posizionate una accanto all’altra in modo da formare delle necropoli che potevano ospitare fino a un centinaio di corpi. I corpi erano depositati in posizione fetale accanto agli averi che si credeva fossero necessari per il viaggio verso l’aldilà. Quando di loro rimaneva solo lo scheletro venivano depositati nelle caverne.
“Domus” in latino significa casa ed infatti le “Domus de Janas” sono la perfetta miniatura delle case di questa antica civiltà; in poche parole anche i morti avevano una loro casa dove abitare. Delle migliaia scoperte, più di 200 conservano motivi decorativi scolpiti, incisi e dipinti, in gran parte simbolici, come teste di bovino, corna taurine e spirali.
La necropoli più grande e più suggestiva di tutte è Sant’Andrea Priu, vicino Bornova, circa 50 km ad est di Bosa e 50 km a sud di Alghero. Visitare le molte “stanze” di queste incredibili case grotta a Sant’Andrea Priu è un’esperienza molto emozionante. Una delle Domus fu trasformata in una chiesa nei tempi Bizantini, infatti qui si possono ammirare degli affreschi meravigliosi (restaurati nel 1997) e osservare la vecchia narthex (l’entrata della chiesa dove risiedevano i non ancora battezzati ) e il presbiterio con l’altare. Il colpo di scena é un grande masso nella forma simile a quella di un toro. Molti si sono chiesti se la forma della roccia fosse naturale oppure creata artificialmente, ma rimarrà un mistero. Il “toro” non ha la testa e anche qui ci sono varie teorie, si pensa che una testa di legno o argilla venisse aggiunta durante le celebrazioni, un’altra ipotesi é che la testa sia stata tagliata dai cristiani.
In genere le “case delle fate” si trovano in luoghi non proprio a portata di mano e sono di piccole o medie dimensioni, ce n’è tuttavia una ubicata proprio nel centro storico di un paese e che sviluppa circa 129 mq calpestabili, distribuiti su ben tre livelli: si tratta della Domus de Janas di Sedini, la casa delle fate più grande di tutta la Sardegna.
Sedini è un comune di poco più di 1300 abitanti, in provincia di Sassari: il paese dista da Alghero circa un’ottantina di chilometri, ma vale la pena farli tutti per poter ammirare lo spettacolo di questa imponente e sognante casa scavata in un masso calcareo alto quanto un edificio di tre piani.
Nella Domus de Janas di Sedini oltre alla roccia si è sedimentato anche l’uomo, che ha iniziato a trasformarla e adattarla alle proprie esigenze ininterrottamente dal IV o dal III millennio a.C. fino ai giorni nostri. Basti pensare che tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 fu usata perfino come prigione: una situazione per niente piacevole per le janas allora residenti. Ma ancor meno entusiaste dovettero esserlo quando la Domus venne utilizzata come stalla oppure ancora come negozio. Ma in assoluto l’uso che le abbia più d’ogni altro fatte imbestialire sia quello di sede di partito, come pure fu impiegata.
Altre domus degne di menzione sono Montessu, nel cuore del Sulcis, la più grande nel sud della Sardegna e nel cuore della pianura; S’Incantu a pochi km da Alghero, nota anche come “tomba dell’architettura dipinta”; Sas Concas in provincia di Nuoro, dove c’è un sito prenuragico, un complesso di ben 20 tombe, con particolari raffigurazioni simboliche incise nella roccia (probabilmente raffiguravano i defunti che ritornavano all’interno della Terra).
Fatti travolgere dalla magia di queste piccole creature fatate!
Fonte: https://www.grimaldi
Le Janas, fate della Sardegna
Necropoli di Montessu
Il più imponente ed esteso sepolcreto a domus de Janas del sud Sardegna sorge in una fertile pianura del basso Sulcis, a un chilometro da...
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L'Occhio di Santa Lucia
E’ uno degli amuleti più popolari contro il malocchio. Gli si associa il potere di occhio buono e protettivo capace di bloccare ogni altro occhio malevolo. Può essere indossato sia come gioiello, che nascosto tra gli abiti. L’occhio di Santa Lucia è l’opercolo calcareo che il mollusco Bolma rugosa utilizza per chiudersi all’interno della conchiglia. Si presenta con la caratteristica forma ad occhio ed è molto ricercato anche dai collezionisti. In Sardegna si trova facilmente sulle spiagge, specie dopo le mareggiate. L’occhio di Santa Lucia si presenta di un colore rosso vivo se è stato prelevato dal mollusco ancora vivo. Mentre, ha un colore rosa spento se è stato raccolto sulla spiaggia dopo aver subito l’usura della sabbia e del mare. All’occhio di Santa Lucia, oltre al potere contro il malocchio, viene attribuito anche il potere benefico contro le malattie degli occhi e in particolare contro la cataratta. A Oristano era usanza diffusa incastonare numerosi occhi di Santa Lucia in una placca rettangolare d’argento, che si posava sul ventre delle gestanti al momento del parto. Questo era un dono d’obbligo delle nonne e delle madrine di battesimo, o in occasione di una promessa di matrimonio. Veniva regalato solo in ambito familiare e non veniva prestato, ma neppure chiesto in prestito. https://www.corbula.it/storie-miti-leggende-sarde/prevenzione-malocchio/
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Fantiano
Ho visitato la gravina di Fantiano (presso Grottaglie, Taranto) lo scorso 27 ottobre grazie a Grott’Art – Associazione di promozione turistica. Non avevo ancora pubblicato, sul blog, il testo di questa poesia, scritta il giorno stesso, dopo aver camminato sul letto calcareo di un antico corso d’acqua che ora non c’è più, ma che era ancora presente qualche decennio fa. Chissà se potrà mai…
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#camminare#Cave di Fantiano#Gravina di Fantiano#Grott&039;Art Associazione di Promozione turistica#Grottaglie#Mario Badino#Poesie
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La nera dolcezza della Calabria
Radici essiccate giallo ocra dal profumo dolce e fruttato. Succo puro scuro tendente al nero, dal sapore intenso, unico e persistente. E’ la liquirizia di Calabria neanche minimamente paragonabile al resto del mercato fatto di caramelle, sapori artificiali, surrogati. La radice fresca di liquirizia che cresce in tutto il Mediterraneo, solo qui ha trovato il migliore mix di terreno calcareo ed…
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Fossil cattura la cugina stella marina nell'atto della clonazione stessa La scoperta del fossile di una stella marina antica Un fossile trovato in Germania rivela l’antichità della clonazione delle stelle marine, risalente a oltre 150 milioni di anni fa. Il fossile mostra una fragile stella pietrificata che rigenerava tre dei suoi sei arti, confermando la pratica della frammentazione clonale. Una scoperta nel giurassico tedesco Il fossile è stato rinvenuto nel deposito calcareo di Nusplingen, nel sud della Germania. Quest’area, 155 milioni di anni fa, era una laguna che ospitava varie specie marine, tra cui coccodrilli e pterosauri. Le condizioni di conservazione uniche hanno permesso di catturare dettagli straordinari, come ali
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Eremo di San Salvatore a Lecceto
Il vasto complesso architettonico ci accoglie nel mezzo di un fitto bosco di lecci. Si tratta di uno degli eremi più antichi in terra di Siena. Siamo infatti ad una decina di chilometri dalla Porta Fontebranda, e trovasi sul fianco orientale del Monte-Maggio sopra un terreno calcareo-cavernoso, scriveva lo storico Repetti per descriverne la posizione. E noi aggiungiamo: a non molta distanza…
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🌴 Terme romane di Malvindi 🌴 Lo sviluppo planimetrico emerso a seguito delle indagini archeologiche vede la presenza di almeno quattro ambienti grossomodo tutti rettangolari con orientamento N-O/S-E, identificati in un frigidarium (I) con la relativa vasca (Va), un tepidarium (II), un sudatorium (III) e un calidarium (IV), cui si aggiungono delle appendici murarie in connessione con alcuni ambienti nella parte N-O dell’area scavata, presumibilmente inerenti ai praefurnia. La tecnica edilizia adoperata vede l’impiego di pietrame calcareo di forma regolare e non, assemblato e tenuto in opera dal cementizio. In questo caso, contrariamente a quanto si evince dalle pubblicazioni precedenti, la tecnica utilizzata, più che avvicinarsi all’opus incertum, sembra accostarsi all’opus vittatum, noto anche come opus listatum. La differenza sostanziale fra queste due opere edilizie è che, mentre nel primo caso il pietra me assume nella cortina una disposizione irregolare, nella seconda si intravede una certa regolarità e un andamento a fasce orizzontali. Grossi blocchi squadrati in carparo sono collocati in punti chiave come gli stipiti delle porte, oppure in corrispondenza degli angoli, mentre si rileva l’impiego di elementi fittili sia come marcapiano, che come zeppe per rendere più solidale la muratura. Riguardo alla datazione, a giudicare dalla tecnica edilizia indicativamente si potrebbe far riferimento al III-IV sec. d.C.; non risultano essere presenti né strutture, né elementi architettonici reimpiegati all’interno dei resti murari attualmente in luce, che in qualche modo possano retrodatare tale orizzonte cronologico. Il frigidarium... ⚠️ CONTINUA A LEGGERE NEI COMMENTI • • • #visitmesagne #visitmesagnecuordisalento #visiting #mesagne #termeromanedimalvindi #cosafareamesagne #mesagnetop #lacittadellamore #lacittadelcuore #welcometomesagne #momentisenzafiltri #madeinmesagne #mesagneinlove #mesangeles #portiamomesagnenelmondo #mesagnedavedere #viveremesagne #mesagnemylove #mesagneview #mesagnemoremio #a2passinelmondo #mesagnea2passidalmare #tradizionepopolare #tradizionemesagnese #folklore #cultura (presso Mesagne) https://www.instagram.com/p/CrGc5L0N4Wa/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Locorotondo
Locorotondo
Il Locorotondo è un vino bianco prodotto nella regione della Puglia, nella zona sud-orientale dell’Italia, intorno alla città di Locorotondo, in provincia di Bari.
Il vino è ottenuto da uve autoctone, principalmente Bianco di Locorotondo, Verdeca e Bombino Bianco, che vengono coltivate in un terreno calcareo e argilloso. Il processo di vinificazione prevede una fermentazione a temperatura controllata, seguita da un periodo di affinamento in bottiglia.
Il Locorotondo si presenta di colore giallo paglierino, con riflessi verdognoli. Al naso si avvertono note di fiori bianchi, mela verde, agrumi e una leggera nota di mandorla amara. Al palato, il vino è fresco, secco e minerale, con una buona acidità e una leggera sapidità.
Il Locorotondo è un vino versatile e adatto a molteplici abbinamenti. Si abbina perfettamente con piatti della cucina pugliese a base di pesce, come la zuppa di cozze, la frittura di pesce e le orecchiette alle cime di rapa, ma si presta anche ad accompagnare piatti della cucina mediterranea, come insalate, antipasti e risotti.
Il Locorotondo ha ottenuto la denominazione DOC (Denominazione di Origine Controllata), che garantisce la sua qualità e autenticità.
Uve di produzione
È prodotto mediante taglio di uve dei vitigni Verdeca e Bianco d’Alessano (95% circa) con uve dei vitigni Malvasia toscana, Bombino e Fiano per un complessivo 5%.
Il colore
è un giallo paglia estremamente tenue con evidenti venature verdognole.
L’odore
in prevalenza vinoso, è gradevole e caratteristico.
Il sapore
è asciutto, neutro, fresco e armonico.
La gradazione alcolica
è di 12-12,5°.
Invecchiamento
Questo vino è catalogabile tra quelli (i bianchi, in particolare) che rifiutano l’invecchiamento. È infatti parere non soltanto degli enologi ma anche dei produttori locali che sia squisito dell’annata, dopo qualche mese di sosta in botte.
Da non escludere, tuttavia, che possa resistere 1-2 anni in bottiglia, se non migliorando, non perdendo i suoi pregi originari; in tal caso, sono indicate le bordolesi chiare (qualcuno dice le borgognone) da conservarsi orizzontali e in cantina asciutta (temperatura 13-14 °C).
Degustazione
Niente problemi per la degustazione: si beve fresco di cantina sia dell’annata, appena spinato dal fusto, sia di bottiglia.
Abbinamento cibo vino
Si accompagna a tutti i piatti di pesce della cucina nostrana.
I centri di produzione
sono situati nelle provincie di Bari e di Brindisi, precisamente nei territori dei comuni di Locorotondo, Alberobello, Castellana Grotte (provincia di Bari); Cisternino e Fasano di Brindisi (provincia di Brindisi).
un nuovo post è stato publicato su https://online-wine-shop.com/locorotondo-2/
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Locorotondo
Locorotondo
Il Locorotondo è un vino bianco prodotto nella regione della Puglia, nella zona sud-orientale dell’Italia, intorno alla città di Locorotondo, in provincia di Bari.
Il vino è ottenuto da uve autoctone, principalmente Bianco di Locorotondo, Verdeca e Bombino Bianco, che vengono coltivate in un terreno calcareo e argilloso. Il processo di vinificazione prevede una fermentazione a temperatura controllata, seguita da un periodo di affinamento in bottiglia.
Il Locorotondo si presenta di colore giallo paglierino, con riflessi verdognoli. Al naso si avvertono note di fiori bianchi, mela verde, agrumi e una leggera nota di mandorla amara. Al palato, il vino è fresco, secco e minerale, con una buona acidità e una leggera sapidità.
Il Locorotondo è un vino versatile e adatto a molteplici abbinamenti. Si abbina perfettamente con piatti della cucina pugliese a base di pesce, come la zuppa di cozze, la frittura di pesce e le orecchiette alle cime di rapa, ma si presta anche ad accompagnare piatti della cucina mediterranea, come insalate, antipasti e risotti.
Il Locorotondo ha ottenuto la denominazione DOC (Denominazione di Origine Controllata), che garantisce la sua qualità e autenticità.
Uve di produzione
È prodotto mediante taglio di uve dei vitigni Verdeca e Bianco d’Alessano (95% circa) con uve dei vitigni Malvasia toscana, Bombino e Fiano per un complessivo 5%.
Il colore
è un giallo paglia estremamente tenue con evidenti venature verdognole.
L’odore
in prevalenza vinoso, è gradevole e caratteristico.
Il sapore
è asciutto, neutro, fresco e armonico.
La gradazione alcolica
è di 12-12,5°.
Invecchiamento
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Da non escludere, tuttavia, che possa resistere 1-2 anni in bottiglia, se non migliorando, non perdendo i suoi pregi originari; in tal caso, sono indicate le bordolesi chiare (qualcuno dice le borgognone) da conservarsi orizzontali e in cantina asciutta (temperatura 13-14 °C).
Degustazione
Niente problemi per la degustazione: si beve fresco di cantina sia dell’annata, appena spinato dal fusto, sia di bottiglia.
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Locorotondo
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Il Locorotondo è un vino bianco prodotto nella regione della Puglia, nella zona sud-orientale dell’Italia, intorno alla città di Locorotondo, in provincia di Bari.
Il vino è ottenuto da uve autoctone, principalmente Bianco di Locorotondo, Verdeca e Bombino Bianco, che vengono coltivate in un terreno calcareo e argilloso. Il processo di vinificazione prevede una fermentazione a temperatura controllata, seguita da un periodo di affinamento in bottiglia.
Il Locorotondo si presenta di colore giallo paglierino, con riflessi verdognoli. Al naso si avvertono note di fiori bianchi, mela verde, agrumi e una leggera nota di mandorla amara. Al palato, il vino è fresco, secco e minerale, con una buona acidità e una leggera sapidità.
Il Locorotondo è un vino versatile e adatto a molteplici abbinamenti. Si abbina perfettamente con piatti della cucina pugliese a base di pesce, come la zuppa di cozze, la frittura di pesce e le orecchiette alle cime di rapa, ma si presta anche ad accompagnare piatti della cucina mediterranea, come insalate, antipasti e risotti.
Il Locorotondo ha ottenuto la denominazione DOC (Denominazione di Origine Controllata), che garantisce la sua qualità e autenticità.
Uve di produzione
È prodotto mediante taglio di uve dei vitigni Verdeca e Bianco d’Alessano (95% circa) con uve dei vitigni Malvasia toscana, Bombino e Fiano per un complessivo 5%.
Il colore
è un giallo paglia estremamente tenue con evidenti venature verdognole.
L’odore
in prevalenza vinoso, è gradevole e caratteristico.
Il sapore
è asciutto, neutro, fresco e armonico.
La gradazione alcolica
è di 12-12,5°.
Invecchiamento
Questo vino è catalogabile tra quelli (i bianchi, in particolare) che rifiutano l’invecchiamento. È infatti parere non soltanto degli enologi ma anche dei produttori locali che sia squisito dell’annata, dopo qualche mese di sosta in botte.
Da non escludere, tuttavia, che possa resistere 1-2 anni in bottiglia, se non migliorando, non perdendo i suoi pregi originari; in tal caso, sono indicate le bordolesi chiare (qualcuno dice le borgognone) da conservarsi orizzontali e in cantina asciutta (temperatura 13-14 °C).
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Locorotondo
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Il vino è ottenuto da uve autoctone, principalmente Bianco di Locorotondo, Verdeca e Bombino Bianco, che vengono coltivate in un terreno calcareo e argilloso. Il processo di vinificazione prevede una fermentazione a temperatura controllata, seguita da un periodo di affinamento in bottiglia.
Il Locorotondo si presenta di colore giallo paglierino, con riflessi verdognoli. Al naso si avvertono note di fiori bianchi, mela verde, agrumi e una leggera nota di mandorla amara. Al palato, il vino è fresco, secco e minerale, con una buona acidità e una leggera sapidità.
Il Locorotondo è un vino versatile e adatto a molteplici abbinamenti. Si abbina perfettamente con piatti della cucina pugliese a base di pesce, come la zuppa di cozze, la frittura di pesce e le orecchiette alle cime di rapa, ma si presta anche ad accompagnare piatti della cucina mediterranea, come insalate, antipasti e risotti.
Il Locorotondo ha ottenuto la denominazione DOC (Denominazione di Origine Controllata), che garantisce la sua qualità e autenticità.
Uve di produzione
È prodotto mediante taglio di uve dei vitigni Verdeca e Bianco d’Alessano (95% circa) con uve dei vitigni Malvasia toscana, Bombino e Fiano per un complessivo 5%.
Il colore
è un giallo paglia estremamente tenue con evidenti venature verdognole.
L’odore
in prevalenza vinoso, è gradevole e caratteristico.
Il sapore
è asciutto, neutro, fresco e armonico.
La gradazione alcolica
è di 12-12,5°.
Invecchiamento
Questo vino è catalogabile tra quelli (i bianchi, in particolare) che rifiutano l’invecchiamento. È infatti parere non soltanto degli enologi ma anche dei produttori locali che sia squisito dell’annata, dopo qualche mese di sosta in botte.
Da non escludere, tuttavia, che possa resistere 1-2 anni in bottiglia, se non migliorando, non perdendo i suoi pregi originari; in tal caso, sono indicate le bordolesi chiare (qualcuno dice le borgognone) da conservarsi orizzontali e in cantina asciutta (temperatura 13-14 °C).
Degustazione
Niente problemi per la degustazione: si beve fresco di cantina sia dell’annata, appena spinato dal fusto, sia di bottiglia.
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Locorotondo
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