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Il Calice della Vita di Glenn Cooper: Alla ricerca del Graal tra storia e mistero. Recensione di Alessandria today
Un viaggio avvincente tra passato e presente sulle tracce del segreto più ambito della storia.
Un viaggio avvincente tra passato e presente sulle tracce del segreto più ambito della storia. Recensione dettagliata.“Il Calice della Vita”, romanzo , intreccia magistralmente due linee temporali: il XV secolo e l’epoca contemporanea. Nel passato, Thomas Malory, noto autore de La morte di Artù, si dedica a proteggere un segreto di inestimabile valore, lasciando dietro di sé una catena di…
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Storia di Musica #114 - Van Morrison, Veedon Fleece, 1974
I dischi del mese di Aprile saranno dischi legati a dei luoghi. Faremo un viaggio musicale in 4 dischi che esplorano un luogo, fisico o simbolico. Quello di oggi comincia con uno degli artisti del momento che all'apice del successo vede il suo matrimonio distruggersi: Janet Rigsbee chiede infatti a fine 1972 a Van Morrison si separarsi. Nel 1973 Van intraprende un viaggio in Irlanda, che lo ispira profondamente a mettere di nuovo in musica quello che sta vivendo. Di getto scrive moltissimo, poi inizia a lavorarci su con la solita grande squadra di supporto. Nel frattempo incontra una nuova donna, Carol Guida, e un po’ come fu per il suo capolavoro immenso, Astral Weeks, immagina un disco stream of consciousness dove raccontare storie e meraviglie di quel periodo. Veedon Fleece esce nell’ottobre 1974. In copertina la chioma rutilia di Morrison è in mezzo a due giganteschi Irish Wolfhound, sullo sfondo un maniero tra gli alberi. Veedon Flence significa il vello di Veedon ed è preso da un verso di una delle canzoni simbolo del disco, You Don’t Pull No Punches, But You Don’t Push The River: per molto tempo si è pensato che il vello di Veedon fosse legato a qualche leggenda celtica o ad una rivisitazione caledoniana del mito del Vello d’oro degli Argonauti, o addirittura al Sacro Graal, ma Morrison ha sempre dichiarato che fu solo la sua fantasia a partorire questa leggenda. Il disco fu stranamente poco apprezzato all’epoca, ma con il tempo è stato ampiamente riscoperto, mostrandosi come uno dei dischi più belli, intensi e musicalmente meravigliosi di Van The Man. Registrato al suo ritorno negli Stati Uniti, prodotto dallo stesso Morrison, con una squadra di strumentisti ad altissimo livello (tra gli altri John Tropea, il fidato basso di David Hayes, Jack Schroer al sassofono che saranno la spina dorsale della sua futura band di accompagnamento, The Caledonian Soul Orchestra) il disco è un mix emozionante di atmosfere acustiche, di ballate sentimentali con di sfondo i suoni e le vibrazioni dell’isola verde, in un disco che fu, fino a quel momento, il massimo esempio di quel caledonian sound che aveva messo un po’ in tutti i suoi lavori. Fair Play è un sogno di 6 minuti dove il basso e gli innesti di piano puntellano la voce, sempre clamorosa, di Morrison, che si ripete ai massimi livelli in due gioiellini come Linden Arden Stole The Highlights e Who Was That Masked Man, quest’ultima da pelle d’oca per l’uso del falsetto. Streets Of Arklow è una celebrazione dell’Irlanda, e del suo verde, (Arklow è una città della contea di Wicklow, a sud di Dublino), un mix meraviglioso di jazz e folk, con spruzzate di blues. A seguire, uno dei gioielli più luminosi dell’intero repertorio morrisoniano: You Don’t Pull No Punches, But You Don’t Push The River è un’epopea musicale, una storia d’amore, un viaggio nei prati e nei boschi che si trasforma in una caccia mitica al vello di Veedon, con gli archi, i flauti, la musica che sostengono la tensione emotiva di un pezzo cinematografico, uno dei suoi capolavori assoluti. La seconda parte, il lato B, si apre con la verve di Bulbs, meravigliosa, impreziosita dallo scat singing del nostro, e dalla bellezza di Cul De Sac, nella sua purezza acustica, piena di gorgheggi, un blues che sa di pub e whisky, con il finale dove Van motteggia con la sua voce il suono del sax. Si passo poi all’amore disatteso e molto autobiografico di Come Here My Love (Come here my love\This feeling has me spellbound\Yet the storyline, in paragraphs,\Laid down the same\In fathoms of my inner mind\I’m mystified, oh, by this mood\ This melancholy feeling\That just don’t do no good), County Fair è il brano che chiude, misticamente con i suoi flauti e cornamuse, questo disco, una viaggio cullati dalla sua voce, qui dolcissima. Dopo questo lavoro, Morrison si prenderà una lunga pausa, dove parteciperà solo a qualche concerto, ospite anche della Rolling Thunder Revue di Bob Dylan. Fu un periodo stranissimo, di frequenti ripensamenti personali, e solo dopo 3 anni arriverà A Moment Of Transition (1977) con il titolo che manifesta appieno questo tumulto creativo, che però verrà focalizzato nel suo capolavoro di fine decennio, Into The Music (1979). È fin troppo facile farsi rapire dalla sua vocalità selvaggia, potente, ma anche dolce e profonda, dal suo timbro scuro, dalla magia di questo artista, tra i più grandi di sempre, uno dei pochi a regalare incantesimi ad ogni disco.
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L'esoterismo. La natura dell'esoterismo
L'esoterismo
Prefazione
Entrare in contatto con la profondità del proprio io e riconoscerla compensa ogni vicissitudine umana. Può accadere, nella vita, di dormire all'aperto guardando le stelle. Può capitare di restare seduti immobili in un'attesa apparentemente priva di scopo. Può anche succedere che qualcosa, dentro di noi, cominci a muoversi ed esploda senza fragore: questo è il momento del risveglio interiore. Si dovrebbe vivere più serenamente, in sintonia con l'universo. L'assoluto è un cerchio che assorbe ogni cosa creata. Tutto esiste e tutto non esiste. <<Tutto scorre>>, come disse Eraclito. Il progredire dell'uomo attraverso la conoscenza non è che il progredire del divino attraverso la propria creazione. L'uomo genera la vita, ed il divino genera lo spirito. L'essere mortale si preoccupa costantemente della propria sopravvivenza terrena, senza dare eccessiva importanza alla parte più eletta di sé: l'Io superiore. Il superamento di tale atto si ottiene tramite la Rivelazione che porta alla coscienza più profonda. La vita è nata dal nulla: la materia, per sopravvivere, ha bisogno di lottare con gli stessi elementi che la compongono. L'evoluzione della creazione porta l'uomo alla coscienza del proprio essere spirituale, che è parte fondamentale della sua natura.
Dal buio alla luce
L'esoterismo nasce dall'assoluta conoscenza di chi ha osato per primo, affrontare il peso della sapienza trafugandola dagli antichi dei. All'alba della creazione, quando lo zero divenne il cerchio simboleggiante l'assoluto, l'uomo tradusse in conoscenze ciò che aveva captato dall'esterno. Tutto gli apparve improvvisamente, per trasmettersi dalla mente al cuore. Ogni percorso intrapreso portava l'uomo verso ricordi antecedenti: gli archetipi, solo apparentemente immobili, si manifestarono sotto forma di simboli tribali. Gli elementi avevano un'importanza fondamentale e la loro energia veniva impiegata quale legame con il tutto rappresentato dall'universo. L'esoterismo è scaturito dalla parte più profonda dell'essere umano, restituendogli quel mondo che non poteva ricordare. Così subito dopo le civilizzazioni preistoriche, si fece spazio la luce dell'interiorità. Ogni interrogativo trovò un riscontro con l'inizio dei culti sacrali e delle varie manifestazioni misteriche. In remoti insediamenti paleolitici sono stati rinvenuti santuari scavati nella roccia, oggetti di culto, pitture raffiguranti animali sacri, divinità tribali, simboli e figure umane (la cui postura evidenziava le varie fasi iniziatiche che l'adepto doveva affrontare). Solo chi dimostrava di essere degno di ricevere gli insegnamenti occulti veniva ammesso nella cerchia privilegiata i coloro che un giorno avrebbero guidato le tribù.
La natura dell'esoterismo
L'esoterismo nasce dall'assoluta conoscenza di chi ha osato per primo, affrontare il peso della sapienza trafugandola dagli antichi dei. All'alba della creazione, quando lo zero divenne il cerchio simboleggiante l'assoluto, l'uomo tradusse in conoscenze ciò che aveva captato dall'esterno. Tutto gli apparve improvvisamente, per trasmettersi dalla mente al cuore. Ogni percorso intrapreso portava l'uomo verso ricordi antecedenti: gli archetipi, solo apparentemente immobili, si manifestarono sotto forma di simboli tribali. Gli elementi avevano un'importanza fondamentale e la loro energia veniva impiegata quale legame con il tutto rappresentato dall'universo. L'esoterismo è scaturito dalla parte più profonda dell'essere umano, restituendogli quel mondo che non poteva ricordare. Così subito dopo le civilizzazioni preistoriche, si fece spazio la luce dell'interiorità. Ogni interrogativo trovò un riscontro con l'inizio dei culti sacrali e delle varie manifestazioni misteriche. In remoti insediamenti paleolitici sono stati rinvenuti santuari scavati nella roccia, oggetti di culto, pitture raffiguranti animali sacri, divinità tribali, simboli e figure umane (la cui postura evidenziava le varie fasi iniziatiche che l'adepto doveva affrontare). Solo chi dimostrava di essere degno di ricevere gli insegnamenti occulti veniva ammesso nella cerchia privilegiata i coloro che un giorno avrebbero guidato le tribù. La natura dell'esoterismo Nei momenti di particolare chiusura, in cui viene messa in discussione la credibilità sia delle religioni sia delle scienze, cresce il bisogno di approfondire il lato nascosto delle cose. L'esoterismo è sempre esistito, conoscendo andamenti diversi - sviluppi o restrizioni - a seconda dei momenti storici o politici. A fasi improntate alla tolleranza (ad esempio il Rinascimento) succedettero epoche di repressione, oscurantismo e fanatismo religioso (come il periodo della <<caccia alle streghe>>). Ashmole, presidente e fondatore della Royal Society e cultore di alchimia e massoneria; oppure a Fludd e Yeats, che si interessarono al Rosacrucianesimo. La stessa scienza è da considerarsi sotto alcuni aspetti una fonte esoterica, in quanto va al di là della comune conoscenza. Analogamente la <<filosofia dell'origine>> di Eraclito, Pitagora, Platone, Aristotele e Plotino formava gli adepti sulla base di conoscenze riservate ed esclusive, anche se non disdegnava talvolta di diffondere messaggi più elementari e comprensibili ad un vasto pubblico. Nel ridare vita a questi studi, e nel rileggittimarli secondo una dimensione più attuale fu determinante il contributo di Corbin, che divulgò il concetto di mundus imaginalis (un mondo intermedio che si colloca tra materia e spirito). Anche Jung, con la sua definizione degli archetipi. Grazie alla sua grande sensibilità interiore e al proprio intuito riuscì ad andare oltre l'aridità della visione scientifica. Riportò alla luce le antiche dottrine iniziatiche alchemiche ed esoteriche, studiandone le origini e restituendo la propria nobiltà a ciò che appariva inutile e superato, sepolto sotto la polvere del tempo, schiacciato dall'ignoranza e dal materialismo più gretti. Va citato l'apporto degli studiosi contemporanei che si batterono per riscattare l'esoterismo, come Antoine Faivre, René Guénon, Mircea Eliade ed Elémire Zolla. L'esoterismo è basato sull'assioma che il mondo sensibile non costituisce che una parte della realtà. Il compito delle dottrine esoteriche è di ottenere la conoscenza torica e pratica del mondo soprasensibile. Per raggiungere tale scopo, esse non si avvalgono di uno strumento razionale ma dell'<<intuizione intellettuale>>, che l'iniziato Dante Alighieri chiama <<luce intellettuale piena d'amore>>.Per compiere l'indagine esoterica è indispensabile conquistare la capacità di utilizzare la facoltà intuitiva. Alla radice di tutte le cose esiste un'energia, ripartita in vari ordini e livelli, la cui natura e sostanza devono essere comprese dall'uomo, in modo che possa impiegarla. La scienza esoterica deve mantenere il segreto, riservando agli iniziati gli insegnamenti basilari - trasmessi in genere solo oralmente - ed il possesso della chiave dei misteri. L'esoterismo che può essere considerato oggi una scienza, pur partendo da una base arcaica ha il compito di <<illuminare>> chi desidera rischiarare la propria interiorità. Le dottrine esoteriche facevano parte dei fenomeni culturali, quali l'alchimia, l'alta magia, la Kabbala, l'astrologia, la numerologia (o aritmomanzia), lo gnosticismo: la massoneria (che è forse una tra le poche correnti che abbia mantenuta viva ed intatta la tradizione), l'Ordine dei Rosacroce, I Templari ed i Cavalieri del Sacro Graal. Tutto dev'essere accomunato tramite il legame misterioso fisico e simbolistico. Esiste anche un filone esoterico individuale che interessa coloro che non sentono l'esigenza di seguire un Maestro. Si tratta soprattutto di artisti (che esprimono tramite un'iconografia pittorica densa di richiami simbolici), ma anche di scrittori, filosofia e musicisti. Le correnti esoteriche furono influenzate da diverse teorie, principalmente dalla tradizione greca e cabalistica. Tra il II ed il IV secolo nacquero l'ermetismo, il neoplatonismo, la gnosi e le scuole del cristianesimo primitivo. Ma tutto risale alle profonde conoscenze misteriche (in larga parte smarrite) dell'antico Egitto, al culto di Iside e Osiride, di cui Plutarco (I secolo d.C.) sviluppò i temi. La conoscenza esoterica corrispondeva al grado evolutivo degli adepti. Gli scritti che ci restano di Aristotele sono <<esoterici>>, cioè non destinati ad un pubblico profano ma ad un gruppo ristretto di allievi. Quando in principio tutto era tenebra e angoscia ed imperava sovrana la paura della morte, l'uomo si volse verso il pensiero superiore per mettersi in contatto con lo Spirito, quintessenza metafisica del suo essere. Quindi l'esoterismo non è che lo strumento della Ragione superiore, che si manifesta attraverso al ricerca della più completa evoluzione.
#AnnalisaLanci buioeluce buioelucetracieloeterra esoterismo buio luce buiotracieloeterra lucetracieloeterra#tracieloeterra antropologia sociologia psicologia filosofia storia cultura CesanoMadenrno MonzaeBrianza Lombardia#Italia anima
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Se stai leggendo questo messaggio, probabilmente i tuoi buoni propositi per il 2020 sono già andati a ramengo. Non temere, sei in buonissima compagnia. Per questo motivo questa sera siamo aperti, abbiamo pensato ad una taplist adatta a tirarti su il morale, o anche a darti il colpo di grazia. Abbiamo alla spina 2 basse fermentazioni pronte a farti credere di bere qualcosa di semplice e defaticante, in realtà una è un'assassina silenziosa da 4.9° di scorrevolezza, l'altra è un concentrato di epicità francone da 7.5°. Nel mezzo tutto lo scibile umano di false friends, come la Santa Ila di Birra Perugia, una scotch ale con aggiunta di Palo Santo che scende facile facile giù per il gargarozzo inondandoti di pace interiore, peccato che l'unico santo che incontrerai sarà il creatore perché mannaggia alla birra analcolica sti 8° non si sentono nemmeno con le cuffie. Nella zona luppolata della taplist abbiamo un succhino frutta carino carino, prodotto dai ragazzi di HopSkin, sembra un succhetto Yoga, peccato che il suddetto succhetto (allitterazione I LOVE YOU) si sia fatto di steroidi e, leggenda narra, alla terza pinta si diventi in automatico imperatori/ici del parchetto. Baba Jaga manco ci prova a fare finta di essere tranquillina, già dal nome ti fa capire come finirai, in un comodo sacco nero con un fashionissimo cartellino all'alluce. Ultime gocce di Jõuluöö prima che la Moka Ciok (collaborazione CrAk e Alder) prenda il sopravvento e mandi tutti a fare la ninna. Non ce la siamo dimenticata, tranquilli, la Dark Cherry di Hammer è impossibile da dimenticare, se la Three di HopSkin pare un succhetto, la Dark Cherry lo è a tutti gli effetti, badilate di ciliegie nere compongono ogni coppa e mentre la suggerai penserai: dai stasera la faccio tranquilla, 5 coppe dopo sarai con Indiana Jones a caccia del Santo Graal perché quei 7° super nascosti prima o poi verranno a chiederti il conto. Detto ciò, rifuggi il parentame e vieni a trovare conforto all'Etimuè, abbiamo la birra e tanti sorrisi, alcuni sorrisi, certi sorrisi, vabbé c'è la birra, cazzo vuoi? Ricordati di prenotare se devi cenare, per bere venite a sbarco che tra bancone e parcheggio dei cappuccini (presso Etimuè) https://www.instagram.com/p/B6yUVR9oJQd/?igshid=sd05pokq1ja2
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“La corsa alla civetta d’oro” è la più antica caccia al tesoro d’Europa. Si svolge in Francia dal 1993 ma nessuno è ancora riuscito a trovare il luogo misterioso in cui lo scrittore Max Valentin ha sotterrato la statua della civetta ricoperta di diamanti e rubini, del valore di 500 mila euro. Tutti la cercano ma nessuno la trova e dopo 26 anni dal suo inizio, “La corsa alla civetta d’oro” non ha ancora messo la parola “fine”. Il suo inventore è morto, ma i “civettari” continuano, invano, a cercare di risolvere i rebus che conducono al tesoro. Tutto iniziò da un romanzo che cela gli indizi per trovare la statua preziosa ma, ancora oggi, non si sa nulla se non che si trova in Francia. Un posto “X”, misterioso come quello che custodisce il Sacro Graal, e che nessuno, nonostante l’avvento di internet e Google, è riuscito a scoprire. I “civettari” passano ore e ore a chattare per cercare di risolvere gli 11 enigmi che portano alla soluzione. Alcuni all’apparenza sembrano semplici, altri, invece, richiedono una preparazione di tutto rispetto. Delle 200 persone che finora hanno partecipato alla caccia al tesoro, qualcuno, con l’aiuto di internet, ha pensato di aver localizzato il prezioso volatile nell’area di Beaune, facendo impazzire tutti gli appassionati, ma si sbagliava. La civetta è ancora sotterrata nel luogo segreto di Max Valentin. Con la morte dello scrittore, nel 2009, il notaio che fu incaricato di redigere il testamento, consegnò la busta con la soluzione della caccia al tesoro ai familiari. Per un periodo di tempo, dopo il fallimento dell’editore del libro, la preziosa statua fu anche sequestrata dal tribunale, per poi essere restituita allo scultore che, nel 2014, in un momento di difficoltà economiche provò a venderla dichiarando chiuso il gioco. Tuttavia, il web, indignato da tale gesto, lo convinse a desistere. Dopo 26 anni i cacciatori alla civetta d’oro potrebbero cercarsi un altro hobby ma i sogni vanno inseguiti. Ogni settimana 150 persone si mettono sulle tracce del volatile. Una cosa è certa, il prezioso non è volato via ma giace ancora in qualche parte della Francia sotterranea. Magari sta aspettando proprio voi. https://ift.tt/2MnnP5A La caccia al tesoro più antica d’Europa “La corsa alla civetta d’oro” è la più antica caccia al tesoro d’Europa. Si svolge in Francia dal 1993 ma nessuno è ancora riuscito a trovare il luogo misterioso in cui lo scrittore Max Valentin ha sotterrato la statua della civetta ricoperta di diamanti e rubini, del valore di 500 mila euro. Tutti la cercano ma nessuno la trova e dopo 26 anni dal suo inizio, “La corsa alla civetta d’oro” non ha ancora messo la parola “fine”. Il suo inventore è morto, ma i “civettari” continuano, invano, a cercare di risolvere i rebus che conducono al tesoro. Tutto iniziò da un romanzo che cela gli indizi per trovare la statua preziosa ma, ancora oggi, non si sa nulla se non che si trova in Francia. Un posto “X”, misterioso come quello che custodisce il Sacro Graal, e che nessuno, nonostante l’avvento di internet e Google, è riuscito a scoprire. I “civettari” passano ore e ore a chattare per cercare di risolvere gli 11 enigmi che portano alla soluzione. Alcuni all’apparenza sembrano semplici, altri, invece, richiedono una preparazione di tutto rispetto. Delle 200 persone che finora hanno partecipato alla caccia al tesoro, qualcuno, con l’aiuto di internet, ha pensato di aver localizzato il prezioso volatile nell’area di Beaune, facendo impazzire tutti gli appassionati, ma si sbagliava. La civetta è ancora sotterrata nel luogo segreto di Max Valentin. Con la morte dello scrittore, nel 2009, il notaio che fu incaricato di redigere il testamento, consegnò la busta con la soluzione della caccia al tesoro ai familiari. Per un periodo di tempo, dopo il fallimento dell’editore del libro, la preziosa statua fu anche sequestrata dal tribunale, per poi essere restituita allo scultore che, nel 2014, in un momento di difficoltà economiche provò a venderla dichiarando chiuso il gioco. Tuttavia, il web, indignato da tale gesto, lo convinse a desistere. Dopo 26 anni i cacciatori alla civetta d’oro potrebbero cercarsi un altro hobby ma i sogni vanno inseguiti. Ogni settimana 150 persone si mettono sulle tracce del volatile. Una cosa è certa, il prezioso non è volato via ma giace ancora in qualche parte della Francia sotterranea. Magari sta aspettando proprio voi. In Francia, da 26 anni, si svolge la più antica caccia al tesoro d’Europa. Tutti cercano una civetta d’oro ricoperta di diamanti e rubini ma nessuno la trova. Che sia volta via?
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I palombari: gli ultimi (veri) cacciatori di tesori.
Quando si pensa alla parola tesoro la prima cosa che viene in mente è un forziere ricolmo di monete d’oro nascosto su un’isola caraibica o nelle segrete di un castello.
Una sorta di premio per i coraggiosi e gli audaci che avranno il coraggio di avventurarsi come accade ai protagonisti dell’Isola del tesoro di R.L. Stevenson.
Quello invece a cui non pensiamo è perché il tesoro esiste e come mai si trova in quel luogo. Per rispondere a questa domanda bisogna anzi tutto considerare quella che è la vera funzione di un tesoro. Fin dall’antichità infatti il tesoro era una delle principale priorità degli uomini. Questo perché in un era contrassegnata da guerre, epidemie e carestie dove il pericolo era sempre in agguato, il tesoro era una forma di assicurazione. Una riserva da utilizzare in caso di necessità per poter ricominciare da un altra parte o per armare un esercito per difendersi.
Vista la sua importanza, il tesoro, non poteva non essere nel corso dell’epoche l’oggetto di innumerevoli mitologie. Dal sacro Graal, un tesoro mitico che trascende i legami tra il mondo fisico e quello spirituale, al El Dorado cercato dagli Spagnoli durante la conquista delle Americhe, quella della caccia al tesoro è sempre stata una delle tematiche più care dell’immaginario.
Questo perché nonostante i millenni passati non abbiamo mai abbandonato i nostri ruoli di cacciatori e raccoglitori, abbiamo solo cambiato le modalità ma con molte probabilità oggi noi vediamo quello scrigno di monete nello stesso modo in cui un uomo del paleolitico vedeva un nido pieno di uova da mangiare.
E proprio a questo riguardo la figura del palombaro si può considerare come l’ultimo rappresentante di questa antica professione.
Loro infatti si immergevano nelle acque buie e gelide non per sete d’avventura bensì per necessità. La necessità di sostentare le loro famiglie sulla terra ferma e la necessità del loro paese di recuperare quei tesori.
I palombari come tutti gli eroi romantici erano persone comuni, quasi sempre umili marinai, che divennero straordinari grazie alle loro imprese. Calarsi nell’oscurità per recuperare da relitti di navi e aerei affondati i tesori racchiusi al loro interno.
Tesori che solo in rari casi, come quello del Egypt, erano fatti di lingotti d’oro e che invece molto più spesso erano fatti di lingotti di piombo o fusti di benzina. Non esattamente il Tesoro di Agamennone ma ciò non di meno altrettanto prezioso specialmente all’inizio del secolo scorso.
Si dice che ciò che determina la misura dell’eroe è la grandezza delle sfide che deve affrontare.
In questo caso non potrebbe essere più vero dato il numero di pericoli e problemi che ogni spedizione comportava. Dalle condizioni del mare alla pericolosità del relitto stesso spesso e volentieri questi uomini dovevano reinventarsi ingegneri, meccanici e carpentieri. arrivando a creare quasi dal nulla alcuni dei più importanti dispositivi oggi usati nei recuperi.
Il tutto senza considerare la pericolosità intrinseca del fare il palombaro come la malattia dei cassoni o il rischio che il tubo dell’ossigeno possa tranciarsi.
Il fluttuare appesi a un cavo tra il freddo e la più completa oscurità per poi ritornare in superficie tra la luce e il rumore è una perfetta allegoria del rapporto tra vita e morte che queste persone dovevano affrontare. Da una parte il mondo dei morti vuoto, silenzioso e che non permette a nessuno di andarsene tanto facilmente. Dall’altra quello dei vivi con la sua luce e i suoi rumori.
Ad oggi tutto questo è solo un ricordo sbiadito dal tempo.
Oramai le tecniche di immersioni hanno raggiunto un livello tale da permettere a chiunque di poter esplorare le profondità. Oggi infatti le immersioni sono per molti un passatempo e la caccia al tesoro, privata della sua utilità, è stata relegata a svago per ricchi annoiati.
La figura del palombaro, la sua storia e le sue imprese sono oggi solo una nota a piè di pagina nella memoria collettiva. Una bizzarria del passato che, racchiusa in qualche teca polverosa in un museo, spera di ricevere qualche occhiata distratta da parte di qualche visitatore.
Ironicamente ancora una volta il palombaro si trova attaccato a un cavo a fluttuare nell’oblio.
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CASTIGNANO – Prende il via questa sera la XXX Edizione di Templaria, le magiche notti del medioevo che si protrarrà fino a mercoledì prossimo 21 agosto. Il prof. Andrea Fioravanti la presenta così.
“Esiste la scienza storica ed esiste l’epopea del passato. Esiste la dottrina filologica ed esistono gli archetipi stratificati nel tempo. Due ambiti diversi, a volte opposti, ma entrambi concreti e reali ognuno con le proprie ragioni. Da sempre Templaria Festival-Notti da Medioevo si è mossa come un equilibrista in bilico sul filo immaginario che separa la verità storica dalla sua riproduzione.
Ex Tenebris Lux, il passaggio dal buio alla luce è la sintesi perfetta di un percorso che ci ha permesso di raccontare l’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo, di comprendere come mai in così poco tempo i Templari siano entrati prepotentemente nella Storia, ma soprattutto di mostrare come quegli anni, a partire dalla prima crociata fino allo scioglimento dell’ordine del Tempio, siano un inesauribile serbatoio di suggestioni culturali, religiose e politiche dal quale estraiamo ancora materiale a volontà per racconti e narrazioni di vario genere.
Nell’immaginario collettivo il Medioevo è spesso considerato un’epoca oscura, violenta, malvagia, arretrata culturalmente. Giornali, televisione, cinema e rievocazioni storiche propongono sempre gli stessi argomenti: ignoranza, tirannia, abusi, oscurantismo, sono concetti che confermano e rafforzano la famosa espressione “secoli bui”. Una chiave di lettura del passato, circondata di un alone macabro, che nell’alimentare tali stereotipi, continua a esercitare un indubbio fascino nell’interlocutore.
La 30 edizione di Templaria, Ex Tenebris Lux, è il riassunto di un lungo viaggio irto di misteri, imprigionato nelle superstizioni, dominato da quel genere di paure che spesso nella storia, sono state un potente strumento di manipolazione. Fuori dalle tenebre è la luce di un approdo lucido e consapevole che tenterà di squarciare il buio, di svelare la verità sui tanti luoghi comuni che ancora caratterizzano l’età medievale.
Dopo esserci nutriti per anni di quel medioevo mitico rielaborato e rappresentato ad uso e consumo della spettacolarizzazione, le Notti da Medioevo castignanesi propongono un salto di qualità che colloca il Festival tra gli appuntamenti più importanti a tematiche medioevali del territorio italiano. L’edizione 2019 illumina di luce nuova quell’affascinante lasso di tempo dopo il XI secolo.
Un bagliore che coinvolge tutta la manifestazione, dagli spettacoli agli incontri passando per la rievocazione storica. Un periodo ricco di arte, cultura, innovazioni scientifiche e scoperte geografiche, capace di trasformare per sempre le abitudini e la mentalità della nostra società.
Segnato certamente anche da pagine oscure, scritte con il sangue di battaglie e guerre per il potere; intriso di pregiudizio, fanatismo, preconcetti e tutte quelle credenze popolari che, per il presunto ricorso alla magia e alle divinazioni, fornirono l’alibi a secoli di persecuzioni, torture e soprusi.
Aspetti, questi, non così distanti dalla nostra attualità. Ed è per questo che il passaggio dal buio alla luce si rende ancor più necessario: per ricordare ciò che giace nell’immenso territorio del tempo ma, soprattutto, per comprendere le criticità del nostro presente.
Il medievista Massimo Montanari a proposito di “Medioevo e luoghi comuni” non ha usato giri di parole per affrontare la questione. «Gli stereotipi e le false immagini connessi all’idea stessa di quell’età storica sono così “veri” che la coerenza storiografica dovrebbe imporre una soluzione paradossale: Eliminare il Medioevo dal nostro vocabolario sarebbe una soluzione radicale e forse traumatica ma personalmente la riterrei una conquista intellettuale». L’affermazione radicale dello storico testimonia l’intransigenza di medievisti, accademici e specialisti del settore nei confronti del giusto approccio allo studio della Storia Medioevale.
Uno degli storici più importanti del periodo, Jacques Le Goff, ha testimoniato nell’arco della sua intera esistenza che il Medioevo, lungi dall’essere quel periodo oscuro che avrebbe determinato una sorta di “notte” dell’umanità è, al contrario da considerarsi come un interrotto cammino dell’uomo verso il progresso.
Alessandro Barbero, ordinario di Storia Medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale, testimonia attraverso il suo lavoro di docente, i suoi incontri e le sempre più frequenti apparizioni televisive che «nel nostro immaginario è troppo forte il piacere di credere che in passato c’è stata un’epoca tenebrosa, ma che noi ne siamo usciti, e siamo migliori di quelli che vivevano allora».
I pregiudizi sono così forti nella cultura di massa che ancora oggi giornalisti, politici e persone comuni usano ancora espressioni come ritorno al Medioevo per commentare l’attualità. Eppure nel Medioevo nacquero le Università, precedute da quei luoghi di inestimabile valore culturale che furono i monasteri Benedettini prima e degli altri ordini poi, che recuperarono e trascrissero preziosi manoscritti destinati all’oblio.
L’architettura espresse la bellezza del sacro e della fede con le sue incredibili cattedrali. In questo periodo nacquero le opere filosofiche, i romanzi cavallereschi le grandi innovazioni scientifiche, le tecniche rivoluzionarie nel campo dell’agricoltura, dell’ingegneria, della cartografia ed infine nacque l’idea di Stato moderno così come lo conosciamo ora.
Insomma il Medioevo, al netto delle distorsioni ed atrocità che appartengono purtroppo ad ogni periodo storico, fu un epoca di raro splendore in cui nacque la nostra e le altre lingue europee. A differenza di quel che si immagina, basandosi sul concetto di istituzione feudale, la società dell’epoca non visse di chiusure e confini, piuttosto su vivaci scambi culturali, confronti e soprattutto viaggi.
Paradossalmente, rispetto alle attuali possibilità di spostamento che i mezzi di trasferimento offrono, i nostri antenati viaggiarono e si spostarono molto di più. Re imperatori, intellettuali, monaci, artisti, ma anche mercanti, artigiani, mercenari oltre che pellegrini, erano in costante movimento battendo percorsi come la via Francigena, la via Romea, per viaggi diplomatici, lavoro, incontri o pellegrinaggi come quello verso Roma Gerusalemme o Santiago De Compostela. Gli scambi tra Europa ed Islam furono intensissimi e fruttuosi, al di là di quei pellegrinaggi armati che successivamente furono indicate col termine Crociate.
Ma anche il termine Medioevo che usiamo per indicare quel periodo storico di circa mille anni compare per la prima volta nel XV secolo, in pieno Rinascimento, quando con la riscoperta della cultura classica l’enorme intervallo di tempo dopo la caduta dell’impero romano venne caratterizzato in senso negativo. Connotazione che proseguì per tutta la modernità fino all’illuminismo e oltre.
E che ancora oggi prosegue, visto che il presente, vittima del sortilegio della sintesi e della velocità, scivola nelle semplificazioni, tanto da usare ancora scorciatoie linguistiche come “guerra santa”, “roghi”, “oscurantismo”, “barbarico” oltre l’immancabile e già citato “secoli bui” sempre riferiti al medioevo.
Una riflessione sul passaggio dal buio alla luce si rende dunque necessaria e l’occasione sarà Templaria Festival 2019. Un evento unico nel suo genere, arricchito da un patrimonio urbano unico, fatto di paesaggi mozzafiato come quello di una rocca di cui rimane solo una perfetta metà. Qui attraverso la rievocazione di antichi mestieri, scene di vita quotidiana e tradizioni popolari si svolge da trent’anni il nostro festival.
Un appuntamento irrinunciabile per gli appassionati, cresciuto in direzione di una sempre maggiore verosimiglianza filologica. Templaria immerge i suoi spettatori all’interno di vere e proprie “notti da medioevo” con l’accuratezza degli abiti indossati, con la meticolosità degli allestimenti, con la ricchezza degli spettacoli itineranti e l’attendibilità dell’ambientazione di ogni angolo del vecchio borgo.
Dove un musico suona, un frate predica o armigeri combattono sentiamo palpitare la luce della storia. Ed ancora osterie, giullari, poveri straccioni e ricchi sovrani, vassalli e servi della gleba, ma soprattutto loro: i Cavalieri Templari che passarono dal buio alla luce segnando un intero periodo della storia universale.
Il desiderio di confrontarsi con “un medioevo” sempre meno buio che si rischiara attraverso la sua autentica rappresentazione vibra nelle mura, nelle chiese, nei selciati delle pietre millenarie del piccolo Borgo Piceno. In occasione del trentennale Notti da Medioevo chiude un affascinante percorso fatto di Enigmi, Leggende, Guerre, Crociate, Magia, Alchimia, Paure millenarie, Superstizioni, Caccia alle streghe, Roghi e ricerca al Santo Graal.
La trentesima edizione del festival vuole comprendere come mai questi aspetti siano così profondamente radicati nell’immaginario collettivo tali da risultare veri, cercando di far luce dove fino ad ora l’oscurità ha regnato”.
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Il mistero racchiuso nel mosaico
della cattedrale di Otranto,
Re Artù, i Merovingi, i Vangeli Gnostici
Una vista del Mosaico di Otranto all’interno della Cattedrale
Sulla punta del tacco dello stivale, l’Italia, si trova la “Porta d’Oriente” nel punto più orientale della penisola, Otranto, antico capoluogo della Terra d’Otranto, con Lecce, Brindisi e Taranto.
Riconosciuto come Patrimonio Culturale dell’UNESCO quale Sito Messaggero di Pace, ed è entrato a far parte del club I borghi più belli d’Italia.
Importante centro turistico del Salento, con le sue bianche spiagge, che non hanno nulla a che invidiare a quelle caraibiche, conserva un nucleo storico molto particolare, suggestivo e ricco di misteri, che si racchiudono all’interno della cattedrale.
Edificata sui resti di una domus romana, fu dedicata alla Vergine Annunziata, al suo interno vi sono conservati i teschi dei Beati Martiri di Otranto, cittadini decapitati dai Turchi sul Colle di Minerva il 14 agosto 1480, per non aver voluto rinnegare la fede cristiana.
La ferocia dei turchi, che demolirono la facciata della cattedrale, non riuscì però ad intaccare l’interno, che conserva il suo tesoro più prezioso, un immenso mosaico, il più grande d’Europa, che ricopre tutto il pavimento della chiesa.
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Il mistero racchiuso nel mosaico della cattedrale di Otranto
Il Mosaico della Cattedrale di Santa Maria Annunziata di Otranto, ricopre il pavimento delle tre navate, realizzato tra il 1163 e il 1165, per opera del monaco basiliano Pantaleone, insieme ad un nutrito gruppo di artisti, è lungo 16 metri, parte dall’ingresso per arrivare alla parte terminale della chiesa dove trova posto l’abside.
Nel suo complesso, visivamente, appare come l’albero genealogico, è la rappresentazione dell’Albero della Vita, uno spaccato della cultura del medioevo molto originale, tanto da considerarlo un vero e proprio mistero di arte e di fede, denominato “l’enigma di Otranto”, ha come figura centrale l’Albero della vita, lungo il quale si svolgono le principali rappresentazioni ma, cosa non molto chiara, la narrazione, la cronologia, parte dall’apice dell’albero, per poi svilupparsi verso le radici e non al contrario, come è logico supporre, sembra quasi che la crescita dell’albero spinga verso l’alto i fatti svoltisi, dal momento della sua prima nascita e sviluppo.
Due tronchi minori percorrono le navate laterali, fra i rami di quello centrale, incontriamo storie della Bibbia, come la cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden, la costruzione dell’arca di Noè, Caino e Abele, la Torre di Babele, Salomone e la Regina di Saba.
In una serie di cerchi, sono rappresentati i dodici mesi dell’anno con i lavori relativi alle diverse stagioni, cioè la vita terrena e quotidiana.
La rappresentazione del Mosaico nell’abside
Inseriti nel mosaico, compaiono i protagonisti di leggende medievali, come Re Artù e Alessandro Magno e personaggi dei miti pagani, come Sansone, Diana e Atlante, oltre ad un intero bestiario medievale, ricco di ambigui significati simbolici.
Nell’abside, sono presenti gli “episodi” del Libro di Giona, ma anche una scena di caccia al cinghiale, vi è rappresentato Sansone che lotta contro un leone, un gigantesco drago alato che stritola fra le sue spire un cervo, due scimmie che mangiano frutta, un essere umano con testa d’asino, altre tre figure umane.
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Il Presbiterio nella cattedrale di Otranto
Nell’area del presbiterio, subito davanti all’altare troviamo sedici medaglioni o ruote con all’interno rappresentazioni che indirizzano ad animali o figure umane mitiche, un Toro, un Behemot, un Leviatano che tiene tra le fauci una lepre e viene a sua volta assalito da un leone che ne addenta la coda, un Dromedario rampante, un Elefante con stella a cinque punte, una Lonza, probabilmente una lince, con volpe insanguinata, un’Antilope, un Centauro, un Cervo ferito, un Unicorno, la Regina di Saba, il Re Salomone, una Sirena che stringe nelle mani, le sue due code, un Leopardo e un Ariete, in basso centralmente con il vertice dell’albero i due medaglioni con Adamo ed Eva, tra i vari medaglioni vengono rappresentate varie figure animali, fra cui un asino che suona la lira.
La sezione del Mosaico dedicata ai sedici medaglioni sotto l’altare
il significato di alcune rappresentazioni
Le varie raffigurazioni non hanno un significato molto chiaro, Adamo ed Eva, con i medaglioni intersecati dal serpente, rappresentano il peccato, “Eva prese il frutto dall’albero della scienza del bene e del male e ne mangiò…poi ne diede ad Adamo che era con lei, e anch’egli ne mangiò”, il Behemot rappresenta nel mosaico, il simbolo delle potenze malvagie che si oppongono a Dio.
Il Leviatano, che simboleggia le forze del male e del caos che si oppongono a Dio, qui rappresenta il dominio di Dio, su tutto ciò che questo mostro simboleggia, dominio che l’uomo non può esercitare e, qui rappresentato dalla volpe, animale indifeso che pone tutta la sua speranza in Dio.
Il Dromedario simbolo dell’umiltà, della docilità e della temperanza, qui invece rampante e quindi simbolo di superbia, l’Elefante con la stella a cinque punte, simbolo di intelligenza e memoria, se le sue ossa o pelle vengono bruciate, l’odore scaccia e mette in fuga i rettili nocivi e velenosi, quindi chi conserva dentro di sé le opere e i comandamenti di Dio non può essere attaccato dai malvagi, mentre la stella a cinque punte, simboleggia la relazione tra il numero cinque e i cinque sensi dell’uomo.
Le Sedici ruote del presbitero
La Regina di Saba, incoronata e che tende una mano a Re Salomone, indica l’allegoria del medioevo, a riconoscere nella Regina, la Chiesa, mentre Re Salomone conserva nella mano sinistra lo scettro, mentre la destra è sollevata e con le dita indice e medio sollevate e unite in segno di fedeltà a Dio e al Regno.
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L’Albero della Vita
Al di sotto del presbiterio e alla raffigurazione dei sedici medaglioni viene rappresentato l’episodio di Adamo ed Eva,nella parte sinistra della navata, nell’Eden e poi, sulla destra, cacciati da un cherubino, fuori dal Paradiso Terrestre, la cui porta è sorvegliata da un uomo con un bastone e qui Adamo ed Eva, escono dal Paradiso Terrestre scortati da uno dei protagonisti del ciclo bretone e cioè Re Artù, a cavallo di un caprone.
Sul lato destro, a fianco di Adamo e Eva, è raffigurata la vicenda di Caino e Abele e subito sotto, sempre all’interno di medaglioni, questa volta 12, sono raffigurati i segni zodiacali e le varie attività che si svolgono nei dodici mesi corrispondenti, riguardanti i lavori dell’uomo, dall’arare la terra , la raccolta del grano, la caccia al cinghiale, la vendemmia ma anche scene di ozio, come un uomo nudo che si pulisce i piedi, oppure una donna molto elegante seduta su uno sgabello.
Posto sotto i medaglioni con lo zodiaco, la rappresentazione del Diluvio Universale, le gesta di Noè e sotto a sinistra la costruzione della Torre di Babele, altre figure fantastiche compaiono nel Mosaico della cattedrale di Otranto, un animale con quattro corpi e una testa umana, un drago, la dea Diana che uccide un cervo con la freccia, un centauro, una scena di combattimento fra due uomini dotati di mazze e scudi, con accanto un cavallo, altre figure zoomorfe e antropomorfe, un’immagine di particolare interesse, una scacchiera e Re Alessandro Magno che ascende al cielo sopra due grifoni, a rappresentare il “Volo di Alessandro“ e per finire due cavalieri nudi che suonano l’olifante, mentre alle radici dell’albero, sono raffigurati due grandi elefanti.
Nella navata di destra della Cattedrale, tra i rami di un altro Albero, si trovano delle figure zoomorfe, mitiche ed umane, tra cui un Atlante che sembra reggere un Sole policromo e un uomo indicato come Samuele.
In quella di sinistra un altro Albero ma questa volta si rappresenta il Giudizio Universale, diviso in due parti, a sinistra il Paradiso e dunque alla Redenzione, a destra l’Inferno e dunque la Dannazione.
Il Mosaico di Otranto presenta ancora moltissimi aspetti che ancora non trovano spiegazioni fra i suoi studiosi, dal punto di vista invece della simbologia, i rimandi sono ovviamente molteplici, dall’Albero della Vita posto nell’Eden, a quello rappresentato nella Cabala, o del settimo cielo, secondo la religione islamica.
Altro argomento è la totale assenza di raffigurazioni, di scene, come anche di personaggi, del Nuovo Testamento, spiegazione, che ha trovato forse nel divieto di far calpestare tali figure, da parte dei fedeli, come effettivamente si riconosce in altri mosaici pavimentali dell’epoca.
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L’interpretazione gnostica del Mosaico
I personaggi del mosaico, danno luogo a molteplici tesi interpretative, ad esempio quella in chiave cabalistica o gnostica, quest’ultima, ricondurrebbe al mistero che forse più affascina l’umanità da secoli, il Santo Graal, la coppa contenente il sangue di Gesù Cristo, che fu utilizzata dal Salvatore nell’Ultima Cena, con straordinari poteri mistico-magici, tra i quali donare la vita eterna.
Per i Vangeli Gnostici, la coppa utilizzata, sarebbe una metafora a rappresentare in realtà il Sang Real, o la progenie reale, in quanto Cristo sposò Maria Maddalena ed ebbe da lei dei figli, di cui esisterebbero ancora i discendenti.
Lo gnosticismo, fu un’importante corrente del Cristianesimo antico, sviluppatasi nel II-III secolo, in contrasto con la “grande Chiesa”, quella che diverrà la Chiesa cattolica ed ortodossa universalmente riconosciuta.
Un movimento che in generale era contrario all’eredità ebraica del cristianesimo e riteneva che la salvezza dipendesse da una forma di conoscenza superiore e illuminata, “gnosi”, frutto del vissuto personale e di un percorso di ricerca della Verità, non dettata dai dogmi della fede, impedendogli di evolvere a Dio e alla Verità.
Gli gnostici identificavano il Dio del Vecchio Testamento con la potenza inferiore del malvagio Demiurgo,Satana, creatore di tutto il mondo materiale, in conflitto con il Dio del Nuovo Testamento, l’Eone, perfetto ed eterno.
Rifiutarono la resurrezione di Cristo, che dopo la sua morte, sarebbe tornato sulla terra solo nella sua forma divina, liberato dal corpo materiale.
Tutte queste convinzioni contrastavano fortemente con i dogmi del cristianesimo e quindi inevitabile che le dottrine gnostiche fossero considerate come eretiche.
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L’Unicorno con il frate di fronte a esso
Gli elefanti con i rami a formare una coppa
I simboli gnostici del Mosaico di Otranto
Uno dei simboli più rappresentativi dei Vangeli gnostici presenti nel mosaico e che il monaco Pantaleone conosceva bene, è quello di se stesso, il frate è rivolto verso l’Unicorno, si legge nel “Bestiario Divino”, che l’unicorno viene associato al Vangelo di Verità, un documento gnostico Valentiniano, il brano tratto dal testo è, “L’unicorno possiede un sol corno nel mezzo della fronte. Esso è il solo animale che può vincere l’attacco dell’elefante; L’unicorno rappresenta Gesù Cristo. Che acquista su di sé la sua natura nel grembo della vergine, che fu tradito dai giudei e consegnato nella mani di Ponzio Pilato. Il suo unico corno simboleggia il Vangelo di Verità”.
La figura della regina di Saba è un altro elemento che caratterizza le opere gnostiche, secondo quanto rinvenuto nei codici di Nag Hammadi, l’insieme di testi gnostici cristiani e pagani, Maria Maddalena sarebbe la discendente dell’antica casata, nata dall’unione del re Salomone, con la grande regina etiope di Saba, le pergamene narrano la sua vita, dalla nascita fino all’ascensione, di come incontrò Gesù, di cui era sposa, e dei suoi meravigliosi bambini.
Scendendo lungo l’albero scopriamo i due elefanti, che si trovano in fondo all’albero, sono raffigurati nell’atto dell’accoppiamento e fungono da base all’albero stesso, i suoi rami arcuati formano proprio una coppa, quindi l’unione dei due elefanti sembra quindi dar vita al Graal, che è il grembo in cui nascerà la stirpe regale legata allo stesso Gesù, il vangelo canonico, considerato il più gnostico di tutti, è quello di Giovanni e nel Mosaico di Otranto è rappresentata una strana analogia, Io sono la via, l’albero, il tronco, la via attraverso cui si arriva a Dio, la verità, l’asse che media tra gli estremi della cabala, la vita, l’albero della vita.
Molte altre immagini sono rappresentate nel Mosaico, che hanno una definizione gnostica ma la cosa diventerebbe molto lunga e laboriosa da spiegare, lo scopo è solo quello di creare la curiosità e fare in modo che possiate passare una giornata piacevole, ad ammirare questo capolavoro dell’arte italiana, magari guardandolo con un occhio diverso, ora che ne sapete di più.
Otranto il mistero del mosaico pavimentale della cattedrale Il mistero racchiuso nel mosaico della cattedrale di Otranto, Re Artù, i Merovingi, i Vangeli Gnostici…
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