#banderuola
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#今日のランチ #banderuola #旨し #少しは息抜き #まだまだ続く #23aw展示会廻り (BANDERUOLA-Cuscusseria-バンデルオーラ) https://www.instagram.com/p/CoY53ElP_vH/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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as an abitante di polentalandia vorrei capire perché c'è gente del sud e isole che vota lega e simili. qual è il processo mentale che li spinge a votare per gente che fino a qualche anno fa li insultava alla prima occasione?
Perché: 1. gli italiani (TUTTI) hanno la memoria corta, altrimenti non avremmo avuto berlusconi premier per più di una volta 2. la lega ha cambiato modo di far politica (a parole) e fa finta di essere un partito nazionale e non macroregionale, quindi in poche parole fa come un fratelli d'Italia qualunque (che schifa il Mezzogiorno quanto la lega, state sereni) 3. ha approfittato del fatto che ad un certo punto a destra non c'era nessuno di rilevante (prima che la meloni si svegliasse) e che la sinistra fosse inesistente (ringraziamo quella monnezza del pd per questo) 4. il m5s è il partito che va per la maggiore in alcune regioni del sud, e il fatto che 'sto partito sia una banderuola e si allei con chiunque pur di governare ha fatto guadagnare qualche punto alla lega in passato
Ma la vera domanda da farsi è "ma quanto ha fatto schifo il partito democratico da permettere addirittura a questi scappati di casa dei leghisti di prendere qualche voto dal mezzogiorno?"
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Gente e idee di "Fratelli di taglia", politicamente non mi sono mai piaciute, ma la gente che vota lega proprio non la digerisco. Anzi, piu' che la Lega, dico proprio Matteo Salvini. Ma come si fa a votare tanta "poraccitudine"? Un dislessico politico, una banderuola messa sul pennacchio di una barca che stramba continuamente per cercare un refluo d'aria che lo possa sospingere. Piu' che un politico, lui e' un corsaro che mira solo al bottino. Un tipo che se cambiasse idea su amici e affetti per come l'ha sempre cambiata in politica, sarebbe come un lebbroso medioevale preso a sassate appena si avvicina alla cinta muraria di qualsiasi citta'.. Un cazzaro verde (come qualcuno l'ha rinominato) che in un Paese, non dico serio ma appena appena mediocre, starebbe a sbucciar banane per i babbuini. Un "papeetaro" che d'estate non regge nemmeno l'acqua minerale e parla come un tamarro ubriacone. L'ultima di ieri: "Serve una pace fiscale. Basta perseguitare quei poveracci che hanno debiti col fisco fino a 30mila euro".
In parole povere.. hai fatto il furbetto per anni senza pagare le tasse dovute? Sei passato 30 volte col semaforo rosso o hai parcheggiato per una vita in doppia fila o correvi con l'auto sempre a 100 all'ora in citta', accumulando multe su multe? "Tranquillo, ti perdoniamo. Strappiamo tutto". Posso dire che certi politici (a prescindere il colore politico) e tutti quelli che approvano e applaudono certi provvedimenti (a prescindere la classe sociale) a me fanno profondamente schifo. @ilpianistasultetto
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Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t'attende dalla sera,
in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.
Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all'avventura
e il calcolo dei dadi più non torna
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s'addipana
Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell'oscurità.
Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende... ).
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.
-E. Montale (La casa dei doganieri)
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LEGGE SPIRITUALE
Ti si può dare il metodo e la conoscenza, ma sarai tu a dover fare gli sforzi necessari per realizzare te stesso e risvegliarti.
Non ti basterà uscire da una depressione per chiamarti Risvegliato.
Parafrasando Gurdjieff: "Posso darti il cuoio ed insegnarti a fare delle scarpe, ma le tue scarpe te le dovrai fabbricare da solo".
Dovrai avere la meglio sulle forze che ti mantengono addormentato, sei sotto il potere dei meccanismi inconsci.
La pigrizia, l'incostanza, il non riuscire a mantenere l'impegno, cambiare continuamente idea, non avere una direzione, vivere come una banderuola al vento... sono sintomo di sonno.
Essere schiavi di meccanismi dove non sei tu a decidere la tua vita, ma le tue ferite, le tue paure ed i tuoi schemi karmici.
Roberto Potocniak
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E quindi si, non so come ma sono a Vienna. A dir la verità sono qua da ben due mesi, giorno più giorno meno. Ma il tutto è stato talmente programmato male (si può parlare di programmare anche quando non c'è stata traccia di un programma?) e traumatico che ancora non me ne rendo conto. Sono finita qua come risultato del mio esaurito nervoso slash depressione dell'anno scorso. Ero( sono) talemnte confusa che ho ben pensato di dover prendermi una pausa dal mio amato Innsbruck per almeno un anno stravolgendo totalmente la mia vita togliendomi ogni tipo di sicurezza e soprattutto punto di riferimento. Quindi sono andata a vivere in un posto in culo al mondo, per i miei canoni lontanissimo da casa mia e per lo più totalmente diverso da quello che ho visto in 26 anni. Questa volta però me lo sono giurata. È l'ultima volta che mi impongo di fare cose che non voglio fare solo per combattere il mio senso di inferiorità e per dimostrare che no, io non sono sfigata ma sono forte e brava e faccio tutto quello che voglio fare,senza paure. Ecco, tutta sta marea di cazzate, io mi auguro questa sia l'ultima volta. Comunque c'è poco da dire. Sono qua.
La città mi fa cagare. Non ho mai vissuto in un posto così enorme e con milioni di persone. La sensazione quotidiana è :soffoco. Per non parlare del fatto che mi sento in esilio. Ecco allora d'ora in poi quest'anno lo chiameremo l'anno dell'esilio volontario. Non ho il potere di scegliere quando andarmene fuori dai coglioni e tornare a casa. Che poi, casa. Come se casa mia fosse un posto sano dove stare. Ma ho imparato in questi due mesi che il mio andare a casa 5 volte all'anno era il mio "fuggire" da Innsbruck dal tedesco, dall'Austria, da tutto. E ora non lo ho più. Ed è una merda. Comunque back to la cosa di Vienna. Vienna. Un ammasso di infiniti edifici ovunque. Gente ovunque. Macchine ovunque. Bus ovunque. Assurdo. Esci la sera per passeggiare 5 minuti dopo lavoro e c'è *sempre* ma dico *sempre* qualcuno. Asfissiante, soffocante. Non so come cazzo ve lo devo spiegare. Sono venuta qua anche e forse soprattutto perché mi sono (stupidamente,ma aimé sono ancora giovine) lasciata influenzare da gente che alla fine si è rivelata diversa da me. E ci sta. Ma io dovrei finalmente capire minimamente che cazzo voglio dalla vita in modo da non vivere come una banderuola in balia di opinioni altrui. Vabbè, questa la ho imparata.
Dove eravamo. Ah sì, giusto. Lavoro. Una delle mie migliaia di paure. A Gennaio ho finito definitivamente tutti i miei studi e vabbè, sappiamo tutti cosa è successo i mesi prima. Ignoravo gli effetti che un cambiamento simile potesse avere su di me. Comunque di nuovo, lavoro. Che alla fine era la mia priorità qui a Vienna. Che sia qua o la, Vienna o Innsbruck o che cazzo ne so io dove, alla fine devo lavorare. Ho già parlato miliardi di volte di quanto si scioccante per me che da ora in poi per i prossimi 40 anni (se va bene) non avrò più controllo sulla mia vita ma che *dovrò* ( e già il verbo dovere a me fa stare male) lavorare e rispettare delle regole imposte da qualcun altro. Quindi il discorso vedremo di affrontarlo il meno possibile che ne ho un po' piene le palle. Comunque, di nuovo, lavoro. Eh sì, ho fatto l'unica cosa che una come me poteva fare. Insegnante di tedesco per i rifugiati. Era l'unica cosa che mi immaginassi di poter fare in qualche modo. A dire la verità io non mi vedo come niente, ma a quanto pare qualcuno ha detto che dobbiamo lavorare e quindi si stronzi, andrò a culturizzare tutti quelli che voi non volete capre ignoranti per farveli trovare come vicini di casa, speriamo un giorno non troppo lontano. Il vostro incubo di uno stato senza più chiese e pandori si avvererà anche grazie a me. Ah ops, qui non mangiamo pandori. Vabbè. Senza chiese e Schnitzel e Strudel ok?? Il concetto rende ugualmente. Comunque il mio lavoro contribuisce notevolmente alla mia sensazione di estraneazione, se il vocabolo esiste. Si perché che cazzo ci faccio io qui, a insegnare loro una lingua che non è manco mia? Ma qualcuno ha detto che andavo bene e quindi boh, sono qua. E qualcuno ha detto anche che dovrei lavorare e quindi boh, Hallo, ich bin hier. A dire la verità non mi trovo neanche troppo male, con gli alunni,intendo. Con i colleghi come sempre un disastro. Non parlo, non interagisco. A dire la verità in due settimane ho avuto qualche accenno di interazioni. Allora diciamo che se il lavoro precedente già dalla prima settimana era circa meno 20 qua siamo a più due.
Che poi, in realtà se non avessi ansia a parlare con la gente sarei anche abbastanza bravina. Ovviamente a volte dicono delle cazzate, d'altronde non è la mia madrelingua. Del tipo che sbaglio articoli. E allora mi prende l'ansia che uno di loro mi dica "ma come, non era das?" E la credo che morirei. E poi mi viene pure l'ansia perché penso e se per il accento di merda poi non capiscono quando li parlano per strada? E se non si integrano perché insegno di merda? E allora poi non dormo più, di nuovo. Eh niente, una vita in pena.
Che poi si, avete capito bene, ho iniziato da due settimane ma ho già le paturnie. Pazienza non è mai stato il mio forte. Ci sarebbero altre migliaia di cose da dire ma lentamente non ho più sbatti di scrivere.
Che altro dire. Antidepressivi ho smesso già a dicembre, il sonno rimane un gran problema. Ho ridotto le dosi, ma di smettere totalmente non mi va. Dormo male con la dose minima, figurati senza. Il fatto è che so che non posso prendere sonniferi per sempre e pure questo mi dà ansia. Come mi dà stra ansia di non poter tornare a casa quando cazzo voglio.
Comunque boh, chissà che cazzo mi aspetta. Sono davvero curiosa perché alla fine io in un modo o nell'altro ce la ho sempre fatta, bisogna solo vedere se questa volta ce la faccio senza rifinire in psichiatria o no. Io ci provo ad essere positiva ma ho tante di quelle ansie e gli ultimi mesi mi hanno totalmente traumatizzata.
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La casa desolata
Conosco la casa deserta, disertata dalla luce, nel folto degli alberi, così appare tra frantumi di memoria piatta come la scenografia primaverile su un palcoscenico, progredì il coraggio, tornai a casa; fu limpido il cammino, ne sapevo le intimità; ho sfidato le felci, sfondato il legno, fino alla torre con la banderuola: visitai il luogo che credevo di non vedere mai più.
Districando i sentieri remoti tra albero e albero subacqueo sottobosco fino a quella follia che crolla dove abbiamo giocato insieme, io e mio fratello, e l’altro che morì per sua stessa mano, un altro fratello per me. Ma la follia è sciamata; mi inchino per terra su ciò che resta: slabbrata lastra di pietra, una lapide.
E gli spettri si levano: bambini che trottano intorno a me, di nuovo bambina – la sola che non è morta.
Una volta mi impauriva la casa desolata, i ruderi, gli alberi e le radure nel bosco, timore del giardino abbandonato, perché nessuno era più vivo, e un altro fantasma, di chi mi ha dato la vita – spettro tra tutti il più temuto – vagabondava, silente, per sempre solo, lungo il lago, uomo che nessuna donna ha mai compreso.
Tornai un’altra volta nella casa, tra i pertugi del giardino, con colui che amo; dicevo: “Vieni, sfidiamo la casa di cui un tempo avevo così paura”. Siamo passati per una finestra, fermi sul vecchio pianerottolo vuoto, come lo ricordavo, che un bimbo varcava per andare a letto – mi sono incuneata in un angolo, sola, a fissare le stelle, che mi impaniavano di stupore, terrore d’infinito. Lungo le scale sfondate inseguimmo i morti. Nella stanza dei bambini, cupa, gridai: “Lì c’era il letto dove mi picchiava, mi legava quando piangevo, di notte, presa dall’orrore…”
…e mi abbracciò a lungo nel mio abisso, colui che amo, sussurrava: “Qui è la salvezza, la risposta, il perdono”. Da allora gioco con gli spettri della casa e in giardino, nei sogni, quando il sonno dilaga.
Dorothy Wellesley
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Errare è umano e perseverare è diabolico. Comunque meno male che non conosci gente ipocrita come certa gente ridicola. Banderuola proprio da un estremo ad un altro ahaha
Mi sono preso un sacco di critiche proprio perché dico sempre quello che penso senza fare il blog paraculo a convenienza.
O piace o non piace, però di sicuro non voglio vivere facendo contenta la maggioranza.
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Quella banderuola di Calenda: un po' a sinistra, un po' al centro e ora a destra...
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Renzi, Conte e Landini? Leader M5s è una banderuola
“Noi siamo abituati a pensare alla politica con le bandiere, Conte è una banderuola. E’ stato presidente del Consiglio con Salvini, e allora andava all’assemblea generale dell’Onu definendosi sovranista e populista. Poi è diventato il magnifico punto di riferimento del progressismo con Zingaretti e Bettini. Poi è tornato avanti e indietro. Conte è una persona che non ha idee, le cambia in…
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Renzi: «Conte uomo senza dignità, stampella alla Meloni»
Il leader Iv: «Vediamo se il più incredibile trasformista italiano scappa ancora, come sempre, dal confronto pubblico «Giuseppe Conte è un uomo senza dignità. Quella che doveva diventare la bandiera della sinistra italiana, si conferma una banderuola che cambia idea a seconda delle convenienze». A scriverlo su X è il leader di Italia Viva Matteo Renzi. «Lo abbiamo visto firmare i decreti Salvini…
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La prima stagione di The Gifted non era male.
Ragazzi con dei superpoteri - di cui alcuni molto strani - che lottavano contro un sistema scolastico ingiusto racchiuso nella figura super potente del Preside.
La scoperta dei poteri ed il loro rovescio della medaglie, le prime amicizie e le inevitabili litigate, le collaborazioni tra gente che non penseresti mai possano stare anche solo seduti sullo stesso banco, drammi d'amore... il tutto condito da questa "guerra" per riscrivere un mondo migliore e più ugualitario.
Anche se la produzione, recitazione e regia non era perfetta, si lasciava guardare volentieri. Mi ha onestamente divertita.
Ma la seconda stagione - ed ho passato più di metà - la trovo un mezzo disastro.
Si salva solo Wave...la mia divinità personale.
Per tutta la serie non ha fatto altro che pensare che gli autori si siano sbronzati pesantemente mentre scrivevano sta roba.
Se da una parte apprezzo che la serie si concentri sulla fallacità di Pang come leader del gruppo e sulle dinamiche relazionali che finiscono inevitabilmente a scatafascio dall'altra non posso fare a meno di essere confusa dalla trama messa in campo e da come essa viene narrata.
Abbiamo la lotta dei ragazzi contro il Preside che si complica con l'entrata in scena del Ministero dell'Istruzione che anch'esso è contro il Preside. Ma è anche contro i ragazzi.
Qui per ricordare quando la tizia del Ministero portò all'interno della scuola composta da minorenni, un arma batteriologica.
In questo gioco del "ti dico non ti dico, ti mento, non ti mento, ti dico la verità forse sì, forse no", che vede il Preside ed il Ministero farsi la guerra usando Pang ed i ragazzi come arma da mandarsi contro e dove tutti gli adulti raccontano balle e scaricano la responsabilità su altri, sento una fatica atroce nel tentare di stare dietro a tutto. La sensazione è che la serie stia facendo" il gioco delle tre carte ": complicare tutto e renderlo confuso così gli spettatori non si accorgeranno di quello che sta davvero andando in scena.
Ciò è amplificato dalla figura di Pang, banderuola che si fa infinocchiare da chiunque e passa da un lato all'altro in base alle stronzate che gli raccontano:
Il preside è cattivo? ci si schiera con il Ministero contro di lui.
Si scopre che il Ministero non la racconta giusta? Si lavora assieme al Preside contro il Ministero.
Oh no, il preside ha mentito ed il realtà è lui il cattivo? Io tornerei a lavorare con il Ministero. Giusto per rimanere nel mood.
Pang io ti voglio bene ma per l'amor di Dio, scegliamo un lato e atteniamoci a questo.
Tra l'altro, devo ancora capire perché Pang è stato nominato leader del gruppo dei Dotati. Era stato acclamato come tale nella prima stagione e non me lo ricordo?
Perché, dati alla mano, Pang è un leader terribile:
Crede ciecamente in chiunque - pure ai nemici dichiarati -non ascolta gli altri, se prende una decisione e non sei d'accordo farà lo stesso come gli pare. Si getta nelle battaglie senza pensare alla gente attorno a lui. Non so' stupita poi che tutti gli altri gli si ribellano contro.
Ed ha questo punto io mi immaginavo che la serie prendesse in esame questo: come il carattere e le scelte di Pang lo abbiano allontanato da tutti. Ed invece no.
In questa stagione Pang è il male sulla terra. Seriamente, lo accusano di tutto. Tutti pendono dalle sue labbra aspettandosi che sia lui ad dire cosa fare, fanno piani TUTTI ASSIEME e poi quando il piano fallisce, danno la colpa a Pang.
Time si offre di aiutare Pang usando il suo potere nonostante stia male e quando effettivamente sta male, Grace da la colpa a Pang. Ma scusate: è TIME che si è offerto! ha fatto tutto da solo e anzi Pang gli aveva detto di no. PERCHé è COLPA DI PANG?!!!!
Che poi, Pang in un episodio ha visto morire due suoi amici. E manco un cane che sia andato da lui a consolarlo.
Ed è proprio questo che mi ha spinto ha pensare che questa serie sia stata scritta male:
hanno creato una dinamica problematica e di tensione tra Pang ed i suoi amici... e si rifiutano di risolverla, facendo finta che non esista.
C'è sta scena dove Pang chiama a raccolta gli altri per aiutarlo nella battaglia contro il Ministero e dove gli altri gli dicono di NO. Sono stanchi, non hanno più voglia ed insomma...alla fine rimangono solo Pang e Wave. Il loro piano va avanti e da soli riescono a fermare il Ministero davanti ai loro compagni che se li guardano fermi e immobili, comodamente seduti. La scena finisce con Pang e Wave che vanno incontro al gruppo tutti felicini che gli fanno le congratulazioni come se fossero un grande e unito gruppo. YEHHHHH!!!
E due episodi dopo, quando è Ohm a chiamare a raccolta gli altri per la battagliona contro il preside, loro gli dicono di SI.
Ma come?! Quando vi incitava Pang non lo cagavate di striscio e adesso che lo fa Ohm, tutti nelle barricate?! Cosa è cambiato? Cosa minch..a è cambiato da quando Pang vi ha fatto questa richiesta?
Ve lo dico io: la sceneggiatura.
The Gifted Graduation pare vittima di una sceneggiatura che vuole raccontare una storia senza tener conto della logica e delle motivazioni dei personaggi. Così a caso. Le cose accadono per caso.
Persino la dinamica tra Pang e Wave - che avevano litigato fino alla morte due puntate prima - non viene minimamente toccata. COME SE NON FOSSE SUCCESSO NIENTE.
Prima li vedi urlarsi le peggio cose nei corridoi e poi Pang fa un sorriso a Wave e fine...si torna a parlare di come sconfiggere i nemici.
Basita.
Ed ancora... Punn e Claire - la coppia d'oro che stava insieme dall'alba dei tempi - si è lasciata. E questo ovviamente non te lo fanno vedere ma ci viene detto ( manco raccontato ) da uno di loro.
La loro storia d'amore era una caratteristica fondante dei personaggi, visto che ci avevano anche fatto vedere i loro problemi di coppia e di come i loro poteri influivano anche nella loro storia.
Ma si lasciano senza manco darti una scena.
Ce lo dicono così, come si direbbe che oggi piove.
O ancora Korn che si rivela essere il Capo degli Anti- Dotati. Sì c'è anche questa fazione nella scuola. Che tra parentesi sparirà dalla circolazione una volta che alla storia non serve più. Come se non fosse mai esistita.
Ora, bene avergli dato una storyline tutta sua perché nella prima stagione non era stato cagato ed era un personaggio poco esplorato. Ma il suo vero volto di "cattivo" è cicciato fuori all'improvviso senza nessuna ragione. Mai, per tutta la storia, aveva fatto intendere di essere contro i Nostri.
Arrabbiato con Pang perché lo reputava troppo morbido, la serie non aveva mai mostrato il benché minimo sentore di criticità su questo. Nemmeno un immagine, gif, frame di Korn che... che ne so'... sorride agli altri ma poi si gira a ha una faccia arrabbiata. Niente.
Quindi quando in questa stagione salta fuori tutto e Korn si rivela il Capo, sembra un colpo di scena alla D&D.
C'è lui che urla disperato contro Pang vomitandogli addosso tutta la sua acredine per il modo in cui gestisce il gruppo e tu spettatore guardi la scena basito perché non capisci da quanto, come e perché Korn abbia tutta sta rabbia dentro.
E poi viene fuori che in realtà era stato controllato dal Preside ed in realtà è un bravo ragazzo. Sì ok. Ma quindi? tutto l'odio per Pang e company era finto? non era vero? e perché quando esce dall'infermeria dopo che ha messo nei casini i ragazzi e essersi quasi ammazzato, non vediamo MANCO UNA SCENA DI LUI E GLI ALTRI CHE PARLANO DI QUELLO CHE è SUCCESSO? Perché Korn sul finale è assieme agli altri come se non fosse successo nulla???
Fino ad arrivare alla new entry Grace che si dispera per due episodi interi sulla morte del suo amico Time, salvo poi arrivare alla scena di lei che aiuta Pang perché " glie l'ha detto Time di farlo" come favore personale. E allora, lo sai che Time è vivo! Ma perché non ci mettono una scena su questo???? Il loro incontro!!! hai pianto per episodi!!
Niente.
Sulla tipa che scopre che in verità il suo amico non è morto, manco una gif però oh... sulle creme per il viso, bibite, struccanti e tra poco pure olio per motore, ti ci potrebbero fare un drama a parte!
Pubblicità talmente aggressiva e inopportuna che ti viene da chiederti se in realtà la serie sia un contorno ed il marketing la vera storia.
Ormai mancano poche puntate alla fine ma dire che sono delusa è un eufemismo.
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Maserati Mistral: il vento di Modena
Lo sapete che a volte la mia opinione è una banderuola, in balia dei venti. Non credo di avervelo ancora detto, ma sono affascinato in parte dalla costa meridionale dei nostri cugini transalpini. Il primo motivo è che da quelle parti soffia il Mistral. Il secondo è che una parte del mio cuore è legato a Nizza. E infatti oggi la mia mente è proprio sotto la sferzata del Mistral, che è soffiato…
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Mi mandava a chiamare alle sette in punto, ma il mio arrivo non era salutato dai dolci termini di "amore" e "cara"; il meglio che mi diceva era "bambola provocante", "elfo malizioso", "banderuola", ecc. Invece di carezze mi faceva una brutta faccia, invece di stringermi la mano mi pizzicava il braccio, invece di un bacio sulla gota mi tirava l'orecchio. Si andava bene così. Per il momento senz'altro preferivo quelle brusche manifestazioni a delle più tenere. Vedevo che la signora Fairfax mi approvava. La sua preoccupazione sul mio conto era svanita; quindi ero certa di comportarmi bene. Nel frattempo il signor Rochester affermava che lo facevo ridurre pelle e ossa e minacciava di vendicarsi ben presto di questa mia condotta. Io me la ridevo in sordina. "Ti tengo per la cavezza ormai", pensavo; "e non dubito di essere in grado di continuare in seguito; se questo metodo avrà perso il suo ffetto, ne troverò un altro". Eppure la mia parte non era facile. Spesso avrei preferito di piacergli, invece di stuzzicarlo. Il mio futuro marito era diventato per me il mio mondo, e più del mondo, il mio paradiso. Egli si poneva fra me e ogni pensiero religioso, come un'eclissi che impedisce all'uomo di vedere a luce del sole. In quel tempo non potevo vedere Dio nella sua creatura, poiché di questa avevo fatto un idolo.
-Jane Eyre, Charlotte Bronte
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Povera gente, considerazioni generali
Direttamente da Wikipedia:
Povera gente è il primo romanzo di Fëdor Dostoevskij, che riuscì a scrivere in nove mesi. Fu pubblicato per la prima volta nel 1846, e fu subito acclamato dal critico letterario Vissarion Grigor'evič Belinskij, che definì l'autore come il nuovo Gogol'. Infatti questo romanzo è in parte ispirato al racconto di Gogol' Il cappotto, di cui il protagonista maschile è un copista.
Proprio come il racconto di Gogol', Povera gente dà un resoconto delle vite dei russi di umili condizioni nella metà del XIX secolo. Dostoevskij, dopo aver ascoltato i critici della prima edizione, modificò tre volte l'opera per finalizzarla: nel 1847, nel 1860 e nel 1865.
Attenzione quindi a tre aspetti:
1) è il primo romanzo mai scritto da Dostoevskij; fino allora aveva solo tradotto testi dal francese.
2) lo modifica più volte; dopo questo primo successo, infatti, anche a causa delle altissime aspettative che si erano create, è andato incontro a tantissime delusioni. I romanzi subito successivi, almeno fino al 1849, anno della condanna, non furono ben accolti dalla critica e Dostoevskij fu considerato un sopravvalutato.
3) è, appunto, l’unico romanzo pre condanna davvero significativo. Neanche Le notti bianche, a mio parere (e secondo anche molti critici letterari), è a livello del Dostoevskij post condanna.
È un romanzetto lungo circa 100 pagine molto godibile e leggibile, consigliatissimo per chiunque voglia approcciare Dostoevskij. Non ha la profondità dei romanzoni post condanna, né dal punto di vista filosofico nè di quello strutturale, però c’è Dostoevskij e si sente.
Ispirato al cappotto. Il protagonista ha similitudini per minutezza, carattere mite e timido e chiuso, limitato.
Povertà totale ed estrema, che Dostoevskij racconta bene. Le scene sono spettacolari: si parla di corridoi, scale, stambugi. Sofferenza, limitatezza, disperazione di mezzi.
Il giudizio altrui, l’essere accettato dalla società: makav non è preoccupato di non poter bere neanche il tè da quanto è povero, è preoccupato dalle chiacchiere della gente.
Makav è un personaggio di Dostoevskij: enorme, vastissimo. È un trascrittore, piccolo funzionario senza responsabilità né ambizioni. Non ha studiato, legge pochissimo, non ha relazioni sociali se non con Varen’ka.
In ufficio si fa piccolissimo, invisibile. Viene preso in giro sia in ufficio sia nel condominio e non capisce mai davvero quanto venga preso in giro. È succube, sciocco. Lo scrittore che a un certo punto lo schernisce , prima lo fa stare male; poi le cose cambiano e lo scrittore, da classica persona normale ipocrita, dice che non lo prendeva in giro veramente e che pensa bene di lui, e lui ci crede.
Un’altro fatto che lo rende normale: cambia idea più volte su Fedora, l’amica e padrona di casa di Varenk’ka; è una banderuola.
Varen’ka è un’altra disperata. Orfana, limitata nel fisico soprattutto, non sa fare altro che cucire, è sempre malata. Non sa cosa fare, come vivere. Si fa dare, inconsapevolmente, soldi dal poverissimo Makav, poi quando scopre i sacrifici di lui si strugge. Alla fine, come unica soluzione c’è sposarsi con un uomo ricco che non conosce, lei non conosce altri modi.
Romanzo brevissimo, scorrevolissimo che racconta la disperazione e i rapporti strazianti tra esseri umani vastissimi. Un piccolo concentrato del Dostoevskij che arriverà 10-15 anni buoni più tardi.
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Rod Sacred, la tenacia dell'heavy rock
Una carriera quarantennale, diversi cambi di formazione, sei dischi e il ritorno nel 2023. Questi sono, a grandi linee, i Rod Sacred di Franco Onnis. I mutamenti intercorsi in questi 4 decenni non rendono possibile stilare una evoluzione stilistica precisa. Differenti musicisti, diversi generi, anche se tutti attinenti al metal. Ora più classicheggiante, ora più hard rock. L’ultima incarnazione ha dato vita a Part. Un lavoro egregio di heavy rock. Un disco molto chitarristico.
La sei corde è protagonista indiscussa di queste 8 tracce. Per cercare di descrivere le linee guida possiamo chiamare in causa diverse band. Prima tra tutte i Dokken più in forma. Seguono Scorpions, Whitesnake, Thunder. Le tracce si muovono a perfetto agio tra riff sabbatiani e ritmi hard rock. La chitarra è sempre, giustamente, in evidenza. Peppo Eriu e Luca Mameli sono davvero notevolissimi strumentisti. Tecnica, pulizia, potenza, gusto melodico. Tutto al punto giusto. Le influenze per i due arrivano da diversi spunti. Da Malmsteen a Zakk Wilde passando per Van Halen. Per entrambe i chitarristi. I duetti sono davvero intensi. In particolar modo quando si intrecciano acustica ed elettrica.
Una menzione va anche alla voce. Non è facile riuscire a rendere differenti le tracce della propria band. Il rischio di utilizzare uno stile che spesso rischia di essere ripetitivo, è sempre in agguato. I nostri ben lo evitano. La voce è capace di passare da registri acuti, molto tecnici, a momenti più delicati, evocativi, intensi senza sforzi. La nota positiva è la capacità di adattare la narrazione al contesto. Molti coinvolgenti le performance sulle due ballad del disco, Land of pain e I miss you. La prima una power ballad hard rockeggiante. La seconda una ballata più canonica. Il disco apre con Another day che mette subito le cose in chiaro.
Una mitragliata di note introduce il brano. Il riff portante è giocato su corda singola fino all’ingresso della ritmica. Questa è potente e incalzante. Soprattutto, non tiene mai lo stesso rif per troppo tempo. Ecco, questa è una caratteristica sorprendente dei nostri. Le chitarre continuano a cambiare. Il riffing è inarrestabile. Una banderuola che continua a cambiare direzione. Ora si fa piena, poco dopo si alleggerisce. Riff a note singole, power chord, a solo all’unisono armonizzati. Insomma, un vero e proprio manuale del perfetto chitarrista. Non fa difetto neppure lo studio della teoria con l’utilizzo di scale minori armoniche che colorano il solo finale.
Si prosegue con Free man. Il canovaccio è il medesimo con la differenza che questa volta è il basso ad emergere. Si discosta dall’accompagnamento classico per tratteggiare linee proprie. Queste si intrecciano con le linee di chitarra a dare accenti all’andamento generale. Ottimo il break a ¾ che introduce il solo. Rallentamento, voce in primo piano. La reprise è su un banding che riapre la corsa fino allo scemare finale. Arriva quindi Lan of pain. L’introduzione è affidata alla chitarra acustica. Ancora una volta è il basso a spiccare. Deve essere fratless a giudicare dal suono. Le chitarre in questo caso si limitano ad accompagnare. Ottima la melodia melodia della voce.
Retro quanto basta senza essere banale. Presente un certo debito verso Klaus Mein, in particolar modo sugli acuti. Il brano si dipana tra attimi di potenza e ritorno a movimenti più soft. Anche il solo si sviluppa nello stesso modo. Prima parte più potente, seconda con chitarra acustica. Ring is broken è la quarta composizione. I toni si alzano. Il ritmo iniziale è incalzante. È il brano dove i riferimenti a George Lynch sono più evidenti, in particolar modo per le ritmiche di chitarra e l’utilizzo di tridi e rivolti. Gli stessi a solo richiamano i losangelini. Non che sia un male. È un riferimento stilistico, non una scopiazzatura.
Interessanti ancora una volta le linee di basso. La quinta traccia è Try to understand. L’andamento si fa pesante, scuro, cadenzato. Le chitarre si dividono la scena tra una ritmica pachidermica e interventi solisti lancinanti. Questo non i fermano praticamente mai con risultato di aumentare il senso drammatico della canzone. I miss you è una ballad hard rock con tutti i migliori crismi. Arpeggio evocativo, a solo con suoni lunghi, accompagnamento di archi nell’introduzione. Particolare l’arpeggio. Non è il classico andamento melodico. È molto teso. Quasi dissonante. Davvero ottima la voce che è riuscita ad adattarsi al nuovo contesto in maniera egregia. A metà circa, come tradizione impone, si alzano i toni. La ritmica si fa piena.
Entra il solo in tutta la sua magniloquenza e porta fino alla conclusione. Penultimi traccia è Another day. È uno strumentale che sembra voler rendere omaggio ad Asturia si Piazzolla. Non è una cover ma l’arpeggio iniziale va in questa direzione. Subito dopo l’andamento si fa pieno. Entrano a gran voce chitarre e basso all’unisono. Caratteristiche che accompagna la composizione in diversi punti.
Pur essendo strumentale la band non si lascia andare a sfuriate di note ad altissima velocità. Anzi, introduce diversi cambi. Il più notevole rimane senza dubbio il solo finale eseguito richiamando la tecnica di Tom Morello. Il disco chiude con No regress, tiratissima cavalcata heavy. Doppia cassa potente, ritmica serrata, voce a tema. Non ci sono cali. Il solo si adegua all’andamento generale sfornando una prova tecnica di tutto rispetto.
Concludendo. Un buon disco heavy rock come non se ne sentivano da diverso tempo quello dei Rod Sacred. Non manca tecnica, padronanza, pulizia dei suoni così come capacità di scrivere ottime canzoni. Siamo di fronte non a dei nostalgici quanto ad un prodotto contemporaneo scritto da persone navigate. Se proprio si volesse trovare una pecca in questo ottimo lavoro, la vedrei nella scelta discutibile di aver tagliato tutte le canzoni, nessuna eccezione, alla durata di 3 minuti o poco più. In diverse composizioni qualche decina di secondi in più non avrebbero guastato, tenendo presente, soprattutto, che per lo più sono stati tagliati a metà gli a solo di chitarra.
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