#arte novecentista
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EMPIRE OF LIGHT_SAM MENDES
Dopo le prime tre-quattro sequenze di “Empire of Light” di Sam Mendes, ho temuto che si trattasse dell’ennesimo omaggio al cinema, simile a uno di quelli che in questi ultimi anni si sono succeduti come, per citare i due ultimi esempi, il toccante “The Fabelmans” di Steven Spielberg o l’indigesto “Babylon” di Damien Chazelle. Invece oltre ad un omaggio al cinema, “Empire of Light, fa parte anche di quel filone del cinema proletario e di lotta, che annovera nel proprio repertorio grandissimi film a cominciare da quelli di Ken Loach, insuperato maestro del genere (Neorealismo a parte, naturalmente), fino all’Emmanuelle Carrère di “Tra due mondi” del 2021. La vicenda racconta di Hillary, (Olivia Colman), vicedirettrice dell’ “Empire of Light”, vecchia multisala cinematografica affacciata sulla manica, a Margate, cittadina del Kent, che viene sistematicamente plagiata sessualmente dal direttore della sala, Mr. Ellis (Colin Firth) nonché del suo rapporto sentimentale con un giovane neo assunto come addetto alla biglietteria, Stephen (Michael Ward), uomo di colore, vittima della discriminazione razziale, ancora ben viva in UK negli anni Ottanta tanto da essere pestato a sangue da un gruppo di aderenti al gruppo di estrema destra del National Front che durante una manifestazione dà l’assalto al cinema. Hillary è una donna psicologicamente provata non solo dalle avances di Mr. Ellis, ma da dolorose vicende famigliari e da un ambiente sociale depauperato dalla crisi economica e sociale della Gran Bretagna di quegli anni vessata dal governo della Lady di ferro, Margaret Thatecher. Il tenero amore tra i due è messo in crisi da questa instabilità di Hillary e tra alti e bassi termina con la partenza di Stephen che decide di proseguire gli studi nella vicina Brighton. O almeno così si presume, poiché il finale è lasciato da Mendes volutamente nel segno del non detto. E l’omaggio al cinema? C’è eccome e si palesa in diversi modi. Il primo, diciamo così architettonico: l’Empire of Light è un imponente edificio novecentista e lo stato di dignitosa decadenza in cui versa è un riferimento simbolico ma piuttosto circostanziato, al destino del cinema come luogo fisico, che sembra appartenere più al passato che al futuro. Ma nel film di Memdes c’è anche evidente la metafora del cinema come luogo del sogno e delle potenzialità dell’immaginazione. Con proverbiale saggezza il proiezionista Norman (Toby Jones), descrive il meccanismo della visione e del magnifico inganno della proiezione che, attraverso un espediente tecnico e un difetto della nostra memoria involontaria, fa nascere la splendida illusione del cinema: “La vita è uno stato mentale” gli farà dire il regista sul finire del film. Infine, quando Hillary decide di vedere per la prima volta un film nella sala del cinema dove ha lavorato per anni, Mendes sceglie, citandolo in una delle sequenze più memorabili, “Oltre il giardino” l’indimenticabile capolavoro di Hal Ashby. Insomma il timore iniziale di esser capitato nell’ennesima Madeleine o “Amarcord” sul cinema attraverso il meta-cinema, è svanito proprio grazie alla capacità di Mendes di omaggiare la settima arte, attraverso citazioni intelligenti e non puramente autoreferenziali. Ora aspettiamo di vedere il prossimo film sul cinema, “ Il ritorno di Casanova” di Gabriele Salvatores, prossimamente nella sale, sperando che a furia di riflessioni sul cinema, al cinema ci vada ancora qualcuno…
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Lia Pasqualino Noto (1909-1998) pintora, coleccionista de arte y galerista italiana.
Lía nació en Palermo en 1909; única hija de Attilia Tellera y Antonino Noto, ginecólogo que fundó en 1927 la clínica privada del mismo nombre en via Dante de Palermo.
Estudió con profesores particulares, demostrando inmediatamente su amor por la pintura.
A los once años siguió las enseñanzas del maestro y artista de Bagheria Onofrio Tomaselli ( 1866-1956 ).
A los diecisiete años conoció a un estudiante de medicina apasionado por el arte, Guglielmo Pasqualino, con quien se casó en 1930.
En 1935, el Dr. Pasqualino fue nombrado director médico de la clínica privada de su suegro, que desde entonces tomó el nombre de Clínica Noto Pasqualino.
A finales de los años 1920, a la pintura futurista le siguió el movimiento novecentista .
En este contexto, no sin acaloradas polémicas y contrastes en el mundo artístico y cultural de la época, Lia comenzó a interesarse por la pintura moderna y, con el fruto de los primeros experimentos, participó en las primeras exposiciones.
Entró en contacto con el pintor futurista Pippo Rizzo, profesor de la Academia de Bellas Artes de Palermo y secretario de la Unión Fascista de Bellas Artes de Sicilia desde 1928, encargado de organizar todas las exposiciones relativas al programa cultural del régimen. De él la joven pintora recibió su primer reconocimiento y aliento.
Expuso por primera vez en 1929 en la II Exposición Sindical de Sicilia ; a partir de ese momento estará constantemente presente en los principales eventos sicilianos y nacionales. Su primera exposición individual en la rotonda del Teatro Massimo de Palermo data de 1932.
En ocasiones la pintora entró en contacto con los protagonistas del debate artístico y cultural italiano, destinado a desembocar en una oposición firme y decisiva al fascismo.
Hacia 1940 se dio cuenta de que el favor de algunos críticos, que malinterpretaban el nombre de Pasqualino Noto y la confundían con un hombre, era mayor que el de aquellos que la veían como una mujer. Por eso se le ocurre la idea de ocultar su identidad haciendo creer que el autor de los cuadros es su marido. Esto parece fácil y divertido, además de ventajoso: demuestra el valor de la pintura de una mujer, siempre que oculte su pertenencia al sexo femenino . Después de dos exitosas exposiciones individuales firmadas con el nombre de su marido (en Génova y Milán), una rebelión íntima comienza a apoderarse de ella, pero el estallido de la guerra la distraerá del tema. Su actividad continuará entre su casa de Palermo y el campo de Aquino, entre los huertos de cítricos.
Lia nunca abandonará Palermo; permanecerá cerca de su familia, de su marido Guglielmo y de sus hijos Antonio y Beatrice.
Lia continuó pintando hasta su muerte en Palermo en 1998. Está enterrada en la tumba familiar en el Cementerio de los Capuchinos de Palermo.
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Esta casona de amplios patios, antigua villa de veraneo de la familia Turón Bayer, es Vil·la Paquita, hoy, además de ser un construcción protegida como bien cultural de interés local, es sede de los servicios de Cultura, Participación y Juventud del ayuntamiento de Cardedeu; también acoge la Oficina del Consorcio para la Normalización Lingüística que ofrece cursos de catalán; el servicio de mediación ciudadana, y otras entidades comunitarias. Es una edificación novecentista, de una sola planta con cubierta a dos vertientes, cuyo hastial, elemento arquitectónico que remata la fachada o muro quedando enmarcado por las dos vertientes del tejado, es de forma piramidal truncado, coronando la fachada principal, que es simétrica y que destaca por sus esgrafiados con motivos vegetales, florales y figurados. Coloridos murales adornan los muros que rodean la casa. ... This house with large patios, former summer village of the Turón Bayer family, is Vil·la Paquita, today, in addition to being a protected construction as a cultural asset of local interest, it's the headquarters of the Culture, Participation and Youth services of the city council of Cardedeu; It also houses the Office of the Consortium for Linguistic Normalization that offers Catalan courses; the citizen mediation service, and other community entities. It's a nineteenth-century building, with a single floor with a two-sided roof, whose gable, an architectural element that finishes off the facade or wall, being framed by the two sides of the roof, is truncated pyramidal in shape, crowning the main facade, which is symmetrical and It stands out for its sgraffito with vegetal, floral and figurative motifs. Colorful murals adorn the walls that surround the house. ... #turismo #turisme #tourism #arquitectura #architecture #casa #house #villa #villapaquita #villapaquitacardedeu #mural #murales #arte #art #arts #cultura #culture #cardedeu #igcardedeu #igerscardedeu #instacardedeu #barcelona #catalunya #cataluña #españa #spain (en Cardedeu) https://www.instagram.com/p/CXg97E3r7qu/?utm_medium=tumblr
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Il neosperimentalismo globale di Officina
Sullo svanire della tendenza neorealista (dibattito sul Metello), nel 1955, Pasolini, Leonetti e Roversi fondano “Officina”. Nate come opposizione all’ermetismo e al neorealismo, Officina critica il distacco dell’arte ermetica e, allo stesso tempo, l’eteronomia e l’impegno dell’ultimo neorealismo. Pasolini accusa l’arte ermetica - il cosiddetto novecentismo sorto con La Voce ed in seguito l’ermetismo fiorentino - di essere arte edonistica, autonoma, distaccata, dunque idealmente complice del fascismo. Pasolini parla di tre diverse sfaccettature di neosperimentalismo, tra cui la forma “ermetico - novecentista”, illusoria, basata sul linguaggio, su un innalzamento del linguaggio fine a se stesso. Da questa consapevolezza, Pasolini si rifà a modelli pre-novecenteschi, come Pascoli con lo sperimentale abbassamento del linguaggio. La lingua deve essere ricondotta al livello razionale della prosa. Lo sperimentalismo della Neoavanguardia nascente, per Pasolini, è illusorio, formale, è solamente una questione stilistica: una libertà stilistica. Il verso libero, la schizofrenia, il gioco, le combinazioni assurde dell’Avanguardia sono uno sperimentalismo di forma, non globale. Per comprendere la terza forma di neosperimentalismo (il secondo è espressionistico) bisogna collegarsi alla critica verso il neorealismo. Il nuovo impegno proposto da Officina non è la scelta di un partito, ma la scelta di un ethos. Officina tenta di rivalutare il rapporto letteratura-realtà, uscendo dalla visione neorealista, oramai scaduta, viziata dalla retorica. Lo sperimentalismo globale chiarifica il tentativo della rivista di trovare un��� identità globale della letteratura, che non sia solo formale o stilistica, ma sappia collocare l’intellettuale nella società. Anceschi, ne Il Verri, affronta il problema autonomia-eteronomia con la lente della fenomenologia, dunque con un approfondimento più teorico che pratico: una poesia che sia in re, non ante rem, una poesia nelle cose (da qui la definizione di “linea lombarda”).
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Descubren que el ron cubano Matusalem tiene su origen en España
Ron Matusalem tiene su origen en España. Foto internet
LLORET DE MAR, España.- El ron cubano Matusalem, reconocido internacionalmente hasta el punto de que llegó a contar con la mitad de la cuota de mercado en aquel país, tiene su origen en la localidad española de Lloret de Mar, ya que sus creadores y fundadores de la marca eran indianos que viajaron allí desde esta población de la Costa Brava.
El descubrimiento responde a una investigación de dos historiadores de esta localidad, David Barba y Montserrat Sala, que trabajan en un proyecto para reivindicar la aportación lloretense a la coctelería y que han hecho público el resultado de su trabajo con motivo de la celebración de la Feria de los Americanos de este fin de semana.
Barba y Sala indagaron hace algún tiempo en las figuras de Constantí Ribalaigua, “Constante”, que inventó el daiquiri, y en la de Miquel Boadas, conocido por el establecimiento con su apellido de Barcelona.
Ahora, la pista de este tercer nombre se lo dio un hipogeo del cementerio de Lloret de Mar, una joya del modernismo con destacados panteones de vecinos que se fueron a hacer las Américas, hicieron fortuna y su familia quiso demostrarlo más allá de la muerte con obras de arte en las que reposan desde que dejaron este mundo.
Según explican los dos investigadores a EFE, la lápida presentaba dos apellidos, Camp y Nonell, que los historiadores cruzaron con archivos en Cuba y descubrieron que se trataba de la misma familia que creó la marca Ron Matusalem.
El escultor a quien se encargó esta obra de arte funerario era Ismael Smith, una rareza dentro del movimiento novecentista, y tanto David Barba como Montserrat Sala sólo tuvieron que tirar del hilo.
Pablo Nonell Garriga y sus dos sobrinos Enric Camp Nonell y Benjamí Camp Nonell fueron quienes crearon el Ron Matusalem, elaborado con el método solera que se utiliza en el jerez y que lo distinguía de otras marcas.
Bacardí era su principal competidor y Ernest Hemingway uno de sus consumidores, pero la cronología de la firma se enturbió con la salida de Cuba en 1959.
El símbolo de la marca es una golondrina y el objetivo de Barba y Sala, que forman parte de la empresa Amargura Cultura, es reivindicar el peso en la coctelería de esos indianos de Lloret de Mar con futuras acciones como una feria del sector.
EFE
Descubren que el ron cubano Matusalem tiene su origen en España
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Libertaria senza compromessi Così era la rivoluzionaria venuta dall’Ucraina che, in nome dei suoi principi, finì per mettersi al servizio dei despoti. Dal 1880 al 1965 una vita straordinaria. Una biografia ce la narra
Destino tragico e paradossale quello di Angelica Balabanov, la rivoluzionaria ucraina figlia di un ricco proprietario terriero ebreo, fuggita da Cernigov giovanissima alla ricerca di sé, e divenuta un’icona del socialismo rivoluzionario europeo a cavallo dei due secoli. Una vicenda che Amedeo La Mattina, giornalista de la Stampa ci racconta con rigore e minuzia esemplari nel suo Mai sono stata tranquilla. La vita di Angelica Balabanoff. La donna che ruppe con Mussolini e Lenin (Einaudi, pp. 314, euro 20). E il senso amaro di quel destino sta proprio in questo: aver creduto nei despoti nel segno di un’utopia libertaria e senza compromessi. Per poi restarne delusa e tradita, fino a consegnare quella sua utopia a ciò che da giovane massimamente detestava: il riformismo ministeriale (quello di Saragat). Maledicendo inerme e dimenticata quell’epilogo finale, pur senza nulla rinnegare delle sue scelte (a parte l’invocazione struggente in punto di morte alla madre dalla quale s’era strappata per vivere la sua vita).
DALL’OTTOBRE A SARAGAT
E però tra la sua nascita in Ucraina attorno al 1880 e la sua morte solitaria a Roma nel 1965 si consuma una vicenda straordinaria. Quella che ci racconta con finezza La Mattina. E dentro ci sono il socialismo nascente in Europa, le origini del fascismo, l’Ottobre 1917, e poi il fascismo la guerra, l’antifascismo. E un corteo di donne eccezionali che furono amiche di Angelica. L’anarchica Emma Goldmann, Rosa Luxemburg, Anna Kulisciov, Clara Zetkin. Fascino non secondario di queste pagine, filo d’Arianna tra le tragedie di un secolo.
Tra i pregi più importanti del libro ve ne è uno speciale: la capacità di illuminare il rapporto di Angelica coi despoti. E di raccontare la loro mente. Prima di tutto quella di Mussolini, che Angelica letteralmente tiene a battesimo a Zurigo attorno al 1902, tra emigrati e fuorusciti sovversivi d’Europa. A lei che già conosce i grandi del socialismo Turati, Labriola, Kautski Benito si presenta come un derelitto che si autocompiange. Spiantato senza arte né parte, rabbioso e disperato. Angelica non solo lo educa alla filosofia e al socialismo, ma lo persuade di valere qualcosa. E se ne innamora, divenendone presumibilmente l’amante. Potenziandone l’ego ferito. Vellicandone la mania di grandezza frustrata. Mussolini stesso lo riconoscerà parlandone da «Duce» con Yvonne De Begnac: «Senza la Balabanov sarei rimasto un piccolo fuzionario, un rivoluzionario della domenica». Angelica spinge via via Benito al successo. Alla vittoria massimalista nel congresso socialista di Reggio Emilia del 1912. E l’anno prima a un ruolo di primo piano contro la guerra in Libia. Fino alla direzione de l’Avanti! Ma nell’ottobre 1914 si consuma il tradimento: Mussolini passa alla «neutralità attiva» sulla guerra, e subito dopo all’interventismo. In più, nella vita di Benito, già sposato con Rachele, compare un’altra donna decisiva: Margherita Sarfatti. Altoborghese ebrea e «modernista»: sarà lei, a sua volta ripudiata dal Duce antisemita, a forgiare il Mussolini «novecentista» in arte, a fargli amare i futuristi e poi il «ritorno all’ordine» estetico. Sicché il risentito Benito può convertire l’irruenza plebea nel rivoluzionarismo conservatore e populista. Nel fascismo. Strana mescolanza di sovversivismo dall’alto e dal basso, per opera di un uomo marginale che ha di mira il potere, nella crisi dell’Italia liberale. Mussolini sommerso e salvato, fatto uomo e despota dalle donne. Potrebbe essere (anche) questa una delle chiavi del libro di Mattina sulla Balabanov, fonte più vera di tante altre sulla vera indole del Duce di Predappio: il trasformismo d’assalto e il mimetismo psicologico da zelig sovversivo.
IL RUSSOCENTRISMO
Quanto a Lenin, la vicenda è diversa. Angelica lo ammira e ne diffida: è probo, ascetico e tranquillamente feroce. Aderisce da socialista alla sue tesi comuniste, ma se ne dissocia nel 1921. Quando vede che quello bolscevico è un dispotismo russo-centrico, cinico e anche terroristico. Ostile ad ogni umanitarismo etico. Nondimeno Angelica resterà marxista e socialista, intransigente oltremisura (si oppone a Nenni e all’unità coi comunisti italiani). Assediata da spie di Mussolini (che ancora la temeva) emigra in America, e lì diviene testimone del socialismo libertario antiriformista. Al ritorno in Italia uscirà dal Psi per andare nel Psdi, da sinistra! Ennesima delusione e grande lezione «impolitica». Ma soprattutto grande testimonianza sulla scuola e la psicologia dei dittatori.
Una che capisce di politica e geopolitica ed eravamo nel primo dopoguerra
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Consciencia y aprendizaje
Pienso que las innovadoras fuerzas vikingas se desarrollan adecuadamente, con cada vez más sorpresas por mi parte, pues han aportado luz a rincones oscuros del cerebro que, si no se los enciende, se quedan llenos de telarañas: pulso en los botones numerados de la matriz y, a modo de interruptor, se encienden las habitaciones. Las estrategias cognitivas que más eché en falta en mi pasado fueron la crítica evaluadora de mis aprendizajes y el poder llegar al nivel de “Crear” dentro de la taxonomía de Bloom, pero nunca es tarde: de hecho, soy autor de un rap a mi provecta edad y también soy consciente (”Consciencia”, palabra clave a partir de ahora) de que, a partir de Gardner (y del enorme éxito editorial de Daniel Goleman con La Inteligencia emocional, un ensayo sobre la inteligencia intrapersonal e interpersonal, que ayudó bastante a su difusión) se pone delante de la sociedad la necesidad de una educación que no solo valore las Letras y las Ciencias en la educación clásica, sino que los valores, la creatividad, la flexibilidad en la enseñanza nos ayuda a realizarnos como personas y a ser más valiosos para la sociedad. Y efectivamente, cuando hacemos este tipo de cursos, tomamos consciencia de la necesidad de la creatividad y personalización en la labor docente.
Y me encuentro con la siguiente paradoja: educar es formar, dar forma, disciplinar, convertir lo natural, la barbarie, en civilización bajo un canon, y, a la par, educar es ayudar a salir de esa forma, de esa rigidez, y ayudar a ser creativo; es decir, de alguna manera, no buscamos la estandarización, sino la originalidad, el cultivo de la persona con sus características propias, sin responder a un patrón socialmente establecido exactamente conforme con lo que ha recibido de sus maestros, pues en los últimos niveles del proceso de aprendizaje, evalúa y se plantea lo aprendido para crear nuevos y flexibles modelos. Hasta ahora, la diversidad fue la excepción, pocas veces la norma. Ahora, debemos dar un paso más: la norma debería ser la diversidad.
Como ya señalé anteriormente, gracias a las nuevas tecnologías, pasaron los tiempos en los que pizarra y tiza eran casi el único material utilizado, ya hemos aprendido que los contenidos son un medio y no un aprendizaje, que no se deben exclusivamente memorizar, sino que sirven para la mejora de habilidades mentales superiores. Y, aun así me llevo a mí mismo la contraria y reivindico la memoria con asimilación de los contenidos para llegar a esas habilidades. Como muchos señalan, quizá la memoria sea una base fundamental sobre la que se sostiene gran parte del proceso. Sucede como en la historia, como en nuestra biografía: si no la guardamos en la memoria, no sabemos quiénes somos, carecemos de identidad.
Y por llevarme la contraria a mí mismo respecto a anteriores reflexiones, también quiero señalar que la persona que disfruta la tecnología muchas veces no ha creado esa tecnología: es un hombre sin cultivar, sin identidad, un “hombre-masa” necesitado de formación. Destaco algunas frases del novecentista, elitista y ahora muy polémico Ortega y Gasset en su ensayo La Rebelión de las masas: -Este hombre-masa es el hombre previamente vaciado de su propia historia, sin entrañas de pasado y, por lo mismo, dócil a todas las disciplinas llamadas "internacionales" -Masa es todo aquel que no se valora a sí mismo — en bien o en mal — por razones especiales, sino que se siente "como todo el mundo" y, sin embargo, no se angustia, se siente a saber al sentirse idéntico a los demás. -Un hombre hecho de prisa que vive de prisa, vaciado de historia, carente de proyecto de futuro, animal prejuicioso lleno de apetitos y los derechos que él cree propios desde siempre, olvidando que es heredero y lo que se luchó por ellos.
Desde el año 1929 en que Ortega escribió estas palabras ha cambiado la tecnología enormente, pero no tanto nuestra manera de enfrentarnos al proceso de enseñanza-aprendizaje, por eso considero que este tipo de cursos refresca nuestras mentes y nos va transformando. Gracias a estos avances, ya no se tiene por qué enseñar al alumno medio prototípico para convertirlo en uno más del montón, y se puede atender tanto a los que no logran seguir el ritmo marcado en la programación oficial como a los que lo superan, respetando siempre sus características individualizadoras. Deseo que la educación personalizada, con la ayuda de las nuevas tecnologías, ayude a crear individuos, no “hombres-masa” que se creen especiales y con derechos por saber usarlas pero no crearlas. Y espero que estas tecnologías no se limiten al juego y a las redes sociales frívolas, necesarios socialmente pero a veces superfluos en la práctica educativa. Ya sabemos que usar estas redes no sustituyen a la inteligencia emocional que las familias, amigos y profesores reales aportan en el aula; bien usadas, pueden incluso aumentarla, fomentar la cooperación y la creatividad. Por tanto, usemos la tecnología con una consciencia bien formada sobre su uso.
Por otro lado, aunque hablamos de inteligencia en nuestro curso, ya no nos importa tanto su medición, pues ¿cuál de ellas medimos? Ya sabemos que existen autistas geniales en Matemáticas, y también genios de la Física sin inteligencia interpersonal; también recuerdo que mi admirado escritor Truman Capote aseguró alguna vez -tal vez mentía, pues era un cuentista muy creativo- que nunca aprendió a dividir: ¿seguro que en el supermercado le engañaban cuando pedía cuarto y mitad de carne picada? Casi estoy seguro de que intuía la cantidad que quería, por eso en otra de mis reflexiones también reivindiqué la intuición como una forma de acceder a la información de nuestro cerebro, de la cual aún no sabemos sus sendas, atajos y trochas precisos. ¿Inteligencia fracasada la del celebrado escritor? ¡Por supuesto que no!, inteligencia fracasada es la del que solo sabe hacer divisiones y nada más. La inteligencia se concibe como un valor potencial, que se activa o no en función de las posibilidades de una cultura y de las decisiones del propio individuo o de su familia y educadores: Capote en realidad no quiso aprender divisiones, tuvo una infancia movida en un hogar disfuncional muchas veces recompuesto.
Se ha avanzado en la comprensión del aprendizaje en campos como las diferencias de configuración del cerebro según sexos, edades, experiencias, determinadas predisposiciones genéticas, desarrollo hormonal, tipos de memoria, etc. La taxonomía de Bloom no pretende explicar cómo aprendemos los humanos, sino que es una planificación, una propuesta muy reflexiva en la que echo en falta ciertas dosis de afectividad y de socialización, se centra quizá demasiado en el desarrollo individual, creo que es necesario el afecto, la motivación. Sin embargo, gracias a nuestra matriz, la taxonomía la insertamos dentro de valores afectivos; pero sí, echo en falta esta labor de motivación que desarrollan los maestros: el reconocimiento a su labor, el factor humano. Y muchas veces el docente aprende a la par que su alumno, y en ocasiones es también un ser muy creativo, que desarrolla por sí mismo nuevas estrategias para inculcar la fase final del aprendizaje: ¿acaso no es un acto de creatividad esta matriz propuesta en nuestro curso, donde se dibuja un original paisaje? Que sí, que muchas veces hay mucho arte: los verdaderos artistas respetan la tradición y, a la par, nos traen elementos innovadores.
Y yo diría que al final está la “Consciencia” que nombro y renombro y da título también a esta entrada, consciencia de la cual nos dice nuestro diccionario que es la capacidad del ser humano de reconocer la realidad circundante y de relacionarse con ella, que es el conocimiento inmediato o espontáneo que el sujeto tiene de sí mismo, de sus actos y reflexiones, un conocimiento reflexivo de las cosas,el acto psíquico por el que un sujeto se percibe a sí mismo en el mundo. Y si todo esto es la consciencia, ¿en qué se parece al aprendizaje? En mucho, ¿verdad? Por tanto, entre los beneficios de nuestros paisajes podemos encontrar que el alumno (y también el docente, que aprende a la par), al final del proceso, se hace consciente de cómo ha sido su evolución y de los pasos que ha dado en el desarrollo de sus habilidades, se sabe más crítico y reflexivo y puede incluso participar de forma activa, creativa, en la adquisición de su propia consciencia, de su identidad y de sus conocimientos
Saludos vikingos de un navegante CRIF
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📸@manuelo_bo 🖌🎨 ¿Sabías que Dalí fue uno de los primeros defensores de la figura y la obra de Antoni Gaudí, cuando este había sido proscrito por modernistas y novecentistas? "Elevar torres de carne viva y huesos vivos al cielo vivo por excelencia de nuestro Mediterráneo, eso fue la arquitectura de Gaudí, inventor del gótico mediterráneo destinado a resplandecer al sol antiguo de Grecia" – Salvador Dalí. 🖌🎨 Sabies que Dalí va ser un dels primers defensors de la figura i obra d'Antoni Gaudí quan aquest havia estat proscrit per modernistes i noucentistes? “Elevar torres de carn viva i ossos vius al cel viu per excel·lència del nostre Mediterrani, això va ser l'arquitectura de Gaudí, inventor del gòtic mediterrani destinat a resplendir al sol antic de Grècia” - Salvador Dalí. 🖌🎨 Did you know that Dalí was one of the first supporters of the work and figure of Antoni Gaudí when he was outcast by modernists and noucentistes? "To raise towers of living flesh and living bones to the living sky par excellence of our Mediterranean, this was the architecture of Gaudí, inventor of the Mediterranean Gothic destined to shine under the old sun of Greece” - Salvador Dalí. #patrimonicultural #igerscatalonia #Barcelona #gaudi #AntoniGaudi#artnouveau #modernismo #worldheritage #architecture #design#art #travel #bcncultural #bcnlovers #beautifuldestinations #bcnmoltmes #discover_catalonia#catalunyaexperience #igesbcn #visitbarcelona #ig_barcelona #archilovers #architecturephoto #archidaily #heritage #Raconsdepatrimoni #ConsellGaudi #visitspain http://ift.tt/2jh1Ld2
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Teresa Condeminas Soler (1905-2002) pintora española. Nacida en Barcelona.
Formada en la Escuela de Artes y Oficios de Barcelona, también conocida por Escuela de la Lonja, desde los 13 años y a lo largo de los 10 siguientes, tuvo como maestros a Félix Mestres, de quien aprendió el refinamiento y la corrección de la línea, y a Vicente Borrás, quien le transmitió el interés por la luz, rasgos siempre presentes en su producción artística.
Miembro de la Asociación de Arte de la Llotia, constituida en 1926, participó en las exposiciones colectivas que dicha entidad realizaba.
En 1927 participó en el VII Salón de Otoño de la Asociación de Pintores y Escultores, con dos óleos.
Participó desde muy joven en las Exposiciones de Primavera y en las Nacionales de Bellas Artes de Barcelona, donde muy pronto consiguió algunos premios.
Está documentada su repetida participación en las bienales de Venecia, como en la de 1938, en la que el comisario de la muestra fue Eugenio d’Ors, quien además de a Teresa, eligió a otros artistas como Zuloaga, Togores o Ciruela, si bien su nombre no consta en la relación del libro editado por el Ministerio de Asuntos Exteriores “Un siglo de arte español en el exterior. España en la Bienal de Venecia 1895 a 2003”.
Sí consta sin embargo, que participó en las de 1940 y de 1944. También lo hizo en la Exposición de Arte Español de Berlín en 1941.
En 1937 la artista donó dos de sus óleos titulados “Naturaleza muerta con frutas” y “Naturaleza Muerta con manzanas y uvas” para la exposición-subasta que debía celebrarse en México y recaudar fondos para las víctimas del fascismo. El barco que transportaba las obras de 121 artistas catalanes, fletado por la Generalidad de Catalu��a, fue capturado por el bando nacional y las obras confiscadas y trasladadas a Burgos.
A pesar de las reiteradas participaciones en concursos y exposiciones colectivas de todo tipo, Teresa Condeminas no llevó a cabo ninguna exposición individual hasta enero de 1948, en el que se estrenó en la Sala Gaspar.
Posiblemente su producción no fue demasiado regular, pero siempre se mantuvo fiel a su manera de pintar, a su clasicismo-novecentismo de la primera época.
Cultivó casi todos los géneros pictóricos: paisajes, bodegones, figuras y sobre todo, desnudos femeninos de formas redondeadas, clásicas, claramente novecentistas. Los desnudos femeninos ocuparon un relevante papel en su producción de los años 30.
También se dedicó a la docencia: impartió clases de dibujo y de pintura en su estudio situado en los alrededores de la Sagrada Familia de Barcelona.
Teresa se casó con el también pintor Lluís Muntané Muns, que fuera Director de la Escuela de Bellas Artes de Barcelona, donde ejerció de profesor hasta su jubilación.
Al quedar viuda, vivió sola en su casa, teniendo su estudio en la cuarta planta de su mismo edificio y pintando hasta los 95 años de edad.
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En el corazón de Sabadell, justo detrás del edificio del ayuntamiento de la ciudad, se encuentra la plaza del Dr. Robert. Rodeada de edificios y próxima a la iglesia de Sant Feliu está una escultura en homenaje al industrial y político, defensor del proteccionismo y de un regionalismo moderado, Joan Sallarès i Pla, quien además fue prohombre sabadellense, presidente del Gremio de Fabricantes de la región, y no por ello un hombre polémico por sus posturas e ideas, en especial por su oposición a ciertas reivindicaciones obreras. El monumento, obra del prestigioso escultor Josep Clarà e inaugurado en 1917, es una obra novecentista, de estilo cubista, que exhibe una cabeza esculpida de Juan Sallarès y Plan, y a un lado destaca la escultura realista de un hombre. Cabe señalar que esta escultura está incluida en el Inventario del Patrimonio Arquitectónico de Cataluña. ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ... ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ In the heart of Sabadell, just behind the city hall building, is the Dr. Robert square. Surrounded by buildings and next to the church of Sant Feliu is a sculpture in homage to the industrialist and politician, defender of protectionism and moderate regionalism, Joan Sallarès i Pla, who was also a Sabadell man, president of the Guild of Manufacturers of the region, and not for that reason a controversial man for his positions and ideas, especially for his opposition to certain workers' demands. The monument, the work of the prestigious sculptor Josep Clarà and inaugurated in 1917, is a Noucentista work, in the cubist style, which exhibits a sculpted head by Juan Sallarès y Plan, and on one side the realistic sculpture of a man stands out. It should be noted that this sculpture is included in the Inventory of the Architectural Heritage of Catalonia. ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ... ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ #turismo #turisme #tourism #plaza #square #plaça #arte #art #plazadrrobertsabadell #plaçadrrobertsabadell #artes #arts #escultura #sculpture #sabadell #sabadellcity #igsabadell #instasabadell #sabadellcat #vallés #vallès #vallèsoccidental #barcelona #cataluña #catalunya #españa #spain (en Plaça Dr. Robert) https://www.instagram.com/p/CDuJESglY2C/?igshid=r6ok5hkvz7t7
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