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#arno rafael minkinnen ph.
hjdem · 17 years
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Il piacere della scrittura
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Scrittura e lettura sono indissolubilmente legate. Si riesce a scrivere solo dopo aver letto molto. L’incontro con altri tipi e stili di scrittura alimenta, per vie misteriose, la possibilità di mettere in moto la propria scrittura. Si “dà corpo di scrittura” a dei pensieri non solo per esprimerli ma a volte per “liberarsene”, per poter dar forma e senso ad una propria trama interna incerta e confusa. Spesso prima di arrivare a un testo definitivo, con una tenuta e un ritmo convincenti, ci sono stesure e ristesure ed è molto più quello che “si lascia perdere” di quanto “viene trattenuto” fino alla fine. Altre volte si scrive “di getto” ma se non c’è il lavoro di trattenere, eliminare, trasformare, credo non si arrivi mai ad uno scritto (tessuto) con una forma unica e personale. Si potrebbe collegare lo scrivere alla “prima fase della vita in cui un individuo diventa consapevole delle proprie potenzialità autonome. Sperimentare la propria capacità creativa di seguire un impulso e di controllarne le conseguenze”.(Paula Heimann).
Roland Barthes chiama: “il grado zero della scrittura” il livello in cui chi scrive attinge alla lingua cui appartiene ma ne fa “un’area di azione”in cui accade altro. Il lessico, le immagini, la costruzione di uno scritto, afferma Barthes, non nascono dalla lingua, ma dal corpo e dal passato dello scrittore. Nello scrivere un interlocutore c’è sempre. Si scrive per un assente. Un assente inafferrabile ma anche tanto presente da fungere da guida, giudice, critico, sostenitore... A volte non ha un volto preciso. Ci si sente ipercritici, non all'altezza. Allora si finisce col stornare, trattenere il pensiero o con lo stordire con parole e citazioni al fine di aggirare l’interlocutore interno. Il vuoto o il troppo. Sarà questa ambivalenza che indica la varietà e l’invenzione di molte forme di scrittura? Calvino ha dei chiodi fissi: “più che dal desiderio di scrivere il mio libro sono sorretto dal desiderio di avere davanti a me il libro che mi piacerebbe leggere e contemporaneamente di pensare che quel libro non esista ancora. Allora provo ad identificarmi con quell'autore immaginario, un autore che potrebbe essere anche molto diverso da me, ma che poi alla fine prende il mio posto o io prendo il suo”.
Borges ricorre ad una finzione per cominciare a scrivere: “penso che il mio compito sia semplicemente quello di esaminare e recensire un ipotetico testo già esistente, di un autore sconosciuto, di un’altra lingua, di un’altra cultura”. Marguerite Duras: “scrivere è tentare di sapere cosa si scriverebbe se si scrivesse. Lo si sa solo dopo. La scrittura è l’ignoto di sé, della propria mente, del proprio corpo, è una facoltà che si ha al di fuori di noi, di un altro che appare e si fa avanti, invisibile, dotato di pensiero, d’ira e che talvolta, per questo stesso motivo, è in pericolo di rimetterci la vita”. Scrive M.Fermine nel suo prezioso piccolo libro “Neve”: “In verità il poeta, il vero poeta, possiede l’arte del funambolo. Scrivere è avanzare parola dopo parola su un filo di bellezza, il filo di una poesia, di un’opera, di una storia. Il difficile è rimanere costantemente su quel filo che è la scrittura non scendere mai neppure per qualche istante dalla corda dell’immaginazione”.
Dunque scrivere ha a che fare con una passione e con la possibilità di rimanere dentro quella passione. Inoltre scrivere ha a che fare con il “sessuale”: concepire, far crescere, nascere, nutrire fino all'autonomia e alla separazione qualcosa di noi stessi. Il piacere della scrittura, perché di un piacere si tratta. E come tutti i piaceri sfida l’interdizione e allora scriviamo bigliettini, lettere, appunti, racconti, filastrocche, poesie, diari, blog. Non importa il prodotto finale, è il cammino dello scrivere, per arrivare a... (continuate voi)!
Liubiza
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