#animali monogami
Explore tagged Tumblr posts
diversamenteintelligente · 11 months ago
Photo
Tumblr media
(via LA MALEDIZIONE DI ESSERE LUPO)
Lascerò stemperare lentamente, non ho scelta, questa emozione che mi porto dentro.
0 notes
xerotere · 6 months ago
Text
Ti ho scritto una poesia, ma non so se te la farò mai leggere. Oggi abbiamo scoperto che i rondoni non sono così simili alle rondini, e che passano la maggior parte della vita in volo, compresi il sonno e l’accoppiamento. Ogni tanto guardo la tua pelle e mi chiedo come sarebbe accarezzarla. Parliamo di etologia e mi racconti che effetto ti ha fatto leggere Darwin a 20 anni. Mi chiedo anche come sarebbe leggere qualcosa scritto da te - quasi mi stupisco che non sia mai successo. Ti racconto come nel mondo animale la differenza morfologica fra individui appartenenti alla stessa specie ma di sesso differente sia presupposto di poligamia: nei rondoni non c’è molta differenza tra maschio e femmina, e quindi, probabilmente, sono animali monogami (Wikipedia conferma). A volte spero che il mio corpo sia in grado di adoperare una qualche forma di comunicazione non verbale che ti faccia capire esattamente quello che provo, al di là di quello che posso coscientemente dire, senza tra l’altro un fine specifico: solo che tu sappia quello che mi succede quando stiamo insieme. L’idea di finalismo è totalmente assente in Darwin, mi dici, eppure, quasi 200 anni dopo, troviamo ancora difficile guardare alla natura senza pensare che vi sia una sorta di intelligenza a manovrarla, finendo per scambiare le cause con gli effetti. Ci sono poco meno di 2 metri tra la mia bocca e la tua, eppure mi pesano come se fossero 2000 km. Leggiamo che il sonno dei rondoni si chiama uniemisferico, con i due emisferi cerebrali che si alternano nello stato di veglia per controllare il volo, permettendo loro di non fermarsi durante i lunghi viaggi migratori. Spero, almeno, di sognarti stanotte.
14 notes · View notes
principessa-6 · 1 month ago
Text
Un fotografo subacqueo ha catturato il momento esatto in cui una femmina di cavalluccio marino trasferisce le sue uova al maschio, che le incuba fino alla schiusa.
Tumblr media
I cavallucci marini sono monogami e tra gli animali che dimostrano amore per il partner nei modi più teneri. All'alba, sono così felici di vedersi che ballano per più di cinque minuti. Con le code intrecciate, si salutano con un "buongiorno", cambiando i loro colori in sfumature più vibranti.
Durante tutto il giorno nuotano fianco a fianco, si scambiano gesti affettuosi, arrossiscono e si truccano dopo litigi. Adorano godersi la vita e il buon cibo: possono mangiare più di tremila gamberetti al giorno. Sono l'unica specie in cui il maschio partorisce dopo aver incubato le uova che la femmina depone nel suo sacchetto. Si amano per sempre.
5 notes · View notes
milkaweisz · 2 years ago
Text
Dimorfismo sessuale.
Per dimorfismo sessuale (dal greco "due forme") s'intende la differenza morfologica fra individui appartenenti alla medesima specie ma di sesso differente.
Tumblr media
Il dimorfismo ha principalmente la funzione di attrarre l'altro sesso: è infatti tipico di animali poligami, dove durante la stagione degli amori i maschi duellano per la conquista di un territorio.
Tumblr media
In animali monogami, invece, viene sacrificata la possibilità di avere progenie più numerosa in favore di uno sforzo congiunto per l'allevamento della prole: essendo il partner fisso, le strutture per la difesa dell'harem divengono inutili.
Le caratteristiche sviluppate dai maschi per attrarre le femmine li rendono svantaggiati rispetto a queste ultime, poiché, a causa dei colori sgargianti, sono facilmente localizzabili dai predatori. Le lunghe penne o gli speroni rendono molto più lenti e impacciati nella fuga.
La teoria di questo tipo di dimorfismo si dice "della disabilità": in un organismo il successo riproduttivo conta più della sopravvivenza, e quindi non è importante che un maschio di fagiano comune viva meno di una femmina, se questo permette di lasciare più progenie possibile.
Nella specie Homo sapiens i maschi sono mediamente più alti, più pesanti, più robusti e più forti delle femmine, che da parte loro hanno il bacino più largo e più inclinato all'indietro, spalle più strette, una diversa distribuzione del grasso corporeo e voce più acuta. I maschi inoltre presentano una maggiore quantità di peli (soprattutto sul viso).
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
In alcune specie di rane pescatrici, i maschi sono semplici sacchetti di carne senza apparato digerente, che si attaccano alla femmina conducendo una vita parassitica e producendo sperma come unica attività autonoma.
Tumblr media
Una situazione simile la si può osservare nell'emittero Veliidae Phoreticovelia disparata (cimice di Zeus), dove il maschio si aggancia alla femmina nutrendosi da un'area ghiandolare posta sul dorso della stessa, anche se può vivere autonomamente.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Nella maggior parte delle cocciniglie, le femmine mancano degli occhi e delle ali, hanno zampe atrofizzate e vivono permanentemente fissate alla pianta ospite, mentre i maschi hanno dimensioni minori e sono alati.
Tumblr media
Le cocciniglie o, impropriamente, coccidi (Coccoidea Handlirsch, 1903), sono una superfamiglia di insetti fitofagi compresi nell'ordine dei Rhynchota (sottordine Homoptera, sezione Sternorrhyncha). Il nome cocciniglia deriva dallo spagnolo cochinilla ("porcellino di terra"). Sono insetti esclusivamente fitomizi e costituiscono uno tra i più importanti raggruppamenti di insetti dannosi. La caratteristica generale che contraddistingue questi insetti è il marcato dimorfismo sessuale e la regressione morfologica, anatomica e funzionale delle femmine (neotenia).
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
3 notes · View notes
bookhunter-92 · 2 years ago
Text
Piccolo inframezzo sul quale probabilmente molte persone vorranno disquisire.
Fermandomi a ragionare ed estraniandomi un attimo sono arrivato ad essere fermamente convinto che noi uomini come la stra grande maggioranza degli animali, passatemi il paragone, non saremo mai monogami. L'assurda dicotomia che ci tiene tra una società con una determinata impostazione mentale e gli istinti primordiali. Il fatto di volerci mostrare sempre al meglio, di mettere sul campo le doti che siano puramente effimere o più concrete, sempre li in un eterna vetrina pronti a farci giudicare per essere poi esibiti o esibire a nostra volta l'oggetto della contesa.
5 notes · View notes
newsnoshonline · 8 months ago
Text
Larry Young, che studiò la chimica dell'amore, muore a 56 anni Larry Young e il suo studio sul romanticismo delle arvicole della prateria Il professor Larry Young era un neuroscienziato presso la Emory University di Atlanta. Utilizzava le arvicole della prateria per studiare il processo chimico dell’amore, svelando emozioni che poeti hanno cercato di descrivere. Young è scomparso il 21 marzo a Tsukuba, Giappone, mentre partecipava a una conferenza scientifica. Aveva 56 anni e la causa del decesso è stata un attacco di cuore, confermato da sua moglie. Le arvicole della prateria: il lato romantico dei roditori Nonostante il loro aspetto poco amichevole, le arvicole della prateria sono animali monogami e
0 notes
mezzopieno-news · 2 years ago
Text
IL CARDINALE: L’UCCELLO CHE ADDOBBA GLI ALBERI
Tumblr media
Sembra una pallina di Natale che addobba gli alberi con il suo piumaggio rosso vermiglio, il Cardinale, un uccello che vive nelle terre dell’America del nord e del centro.
I cardinali hanno nove penne primarie visibili con la decima piuma primaria più corta e sono sessualmente dicromatici poiché molti maschi di varie specie mostrano manti rossi brillanti, arancioni, blu o neri mentre le femmine hanno una colorazione più chiara. Nella maggior parte delle specie i maschi effettuano più mute durante le stagioni. Dalla primavera all’estate gli uccelli iniziano con il piumaggio giovanile e con quello supplementare, quindi un primo piumaggio di base (non riproduttivo) dall’autunno all’inverno e infine indossano il piumaggio alternato (riproduttivo). Sono riproduttori monogami che nidificano in nidi a coppa aperta, stando con lo stesso partner per tutta la vita, prendendosi cura e incubando il nido a turno.
A partire dal 2021, l’82% dei cardinalidi è stato tolto dalla lista degli animali a rischio di estinzione, grazie alle campagne di protezione del loro habitat che ne hanno permesso l’aumento degli esemplari presenti in natura e il buon tasso di crescita delle loro popolazioni.
___________________
Fonte: Birds of the world
Tumblr media
VERIFICATO ALLA FONTE | Guarda il protocollo di Fact checking delle notizie di Mezzopieno
 BUONE NOTIZIE CAMBIANO IL MONDO | Firma la petizione per avere più informazione positiva in giornali e telegiornali
Tumblr media
Se trovi utile il nostro lavoro e credi nel principio del giornalismo costruttivo non-profit | sostieni Mezzopieno
8 notes · View notes
telecalyfornia · 3 years ago
Text
Ho perso i miei occhiali da sole rosa. Chissà quanto tempo fa, forse ancora dal trasloco da Moisè Loria.
Il pensiero che i mesi successivi saranno anche solo vagamente simili a quelli precedenti mi strugge un po'. Ad Ancona forse ho sperimentato vagamente quella sensazione di panico e insicurezza tipica di queste persone, ma forse era solo perché G aveva dei pregiudizi palesi sulle mie abilità e voleva chiavarsi futureborgo avvenente PR della contemporaneità. Dirty sound from Belgium, uah uah uah.
Ho giocato a bocce con mio cugino, che ora si fa ispirare dalla cultura d'impresa e punta a non si sa cosa, vendere su Etsy i fermatovaglioli della sua ragazza.
Ero in un episodio di Teen Cribs quando mi è stato chiesto di performare momenti di socialità a bordo piscina con gente di Baggio con background travagliati psicofarmaci e droga. IRL no Tumblr. Sì sai purtroppo sono una ragazza conservatrice e bigotta come dimostra l'assenza di tattoos sul mio corpo; il mio andamento scolastico in adolescenza che mi permette oggi di riempire queste caselle verticali con Pampas, terra dei Gauchos; la faccia da palo in culo in webcam che non ho capito se vuol dire Anna Wintour o uber Karen.
Sisi siamo monogami vanilla, ogni tanto mi penso zoccola ma nulla di più, nulla a che vedere con le tue pazzie progressiste. Chissà come lo fai sesso, se come noi animali
6 notes · View notes
holden-norgorov · 3 years ago
Text
youtube
Assolutamente d'accordo sull'inadeguatezza della definizione di patriarcato che fornisce il femminismo.
Don’t we see that men’s rightful task is to go out to work and wear themselves out trying to accumulate wealth, as though they were our factors or stewards, so that we can remain at home like the lady of the house directing their work and enjoying the profit of their labors? That, if you like, is the reason why men are naturally stronger and more robust than us—they need to be, so they can put up with the hard labor they must endure in our service. Modesta Pozzo de' Zorzi (1555-1592)
Questa è l’altra metà del “Patriarcato” che il femminismo ha convenientemente nascosto sotto il tappeto nell’elaborare un’intera ideologia basata sull’asserzione che le donne fossero “l’ultima ruota del carro” e unilateralmente soggiogate dal sistema di organizzazione sociale esistente. È incredibilmente stupido intrattenere una domanda come quella di chi fosse “l’ultima ruota del carro” in un periodo storico ed evolutivo in cui uomini e donne erano necessariamente incaricati di azionare e supervisionare ruote totalmente diverse, e in cui né uomini né donne avevano la possibilità di scegliere una ruota alternativa – senza la democrazia, l’industria, la tecnologia e tutte le comodità che tali innovazioni hanno generato negli ultimi due secoli. La ruota maschile sarà pure stata antecedente a quella femminile, ma questo è perché la ruota stessa era molto più grande, decisamente più pesante e rigorosamente responsabile del funzionamento e avanzamento di almeno tre quarti di quel carro. E sebbene io sia consapevole che il femminismo è prettamente antiscientifico, posso dimostrarlo attraverso un’argomentazione biologica abbastanza immediata.
Quando le condizioni a cui due animali sono sottoposti lungo un periodo prolungato della loro evoluzione risultano essere molto diverse, uno dei modi più semplici per determinare a occhio quale dei due abbia subìto quelle più onerose è quello di affidarsi a ciò che può comunicarci la loro biologia. Se consideriamo dei primati monogami come le marmosette, ad esempio, in cui gli esemplari maschi e femmine conducono e hanno sempre condotto esistenze pressoché identiche, possiamo notare come l’unica differenza che manifestano sia riconducibile al fatto che le femmine portano avanti la gravidanza, partoriscono e allattano, mentre i maschi non devono farlo. Ad ogni modo, i maschi raccolgono cibo, allevano e supervisionano i piccoli, e vengono selezionati dalle femmine come compagni validi in base a quanto sono idonei a praticare gli stessi compiti che praticano loro. Difatti, in due parole, si potrebbe affermare che le marmosette femmine selezionino i maschi in base a quanto se la cavano a “fare da madri”. E una volta che osserviamo i due esemplari, non siamo neanche in grado di distinguerli – hanno la stessa stazza e la stessa massa e densità muscolare. A parte i loro apparati riproduttori, sono totalmente interscambiabili, perché svolgono entrambi le stesse mansioni, e hanno svolto entrambi le stesse mansioni durante tutto il corso della loro evoluzione. Sono da sempre per la parità di genere.
Ora osserviamo gli umani. Gli uomini dispongono di scheletri più robusti, una struttura ossea facciale più resistente a pressioni esterne, un minor numero di recettori epiteliali del dolore, maggiore massa muscolare, un rapporto fra massa muscolare e adiposa che prevede la conversione dei nutrienti assunti a favore della prima piuttosto che della seconda, e un maggior numero di globuli rossi per volume sanguineo delle donne. Per caso sarebbero evolute tutte queste differenze fisiologiche e anatomiche, se il ruolo femminile nel corso della nostra storia fosse stato remotamente faticoso, oneroso e pericoloso quanto quello maschile? Se la pressione di selezione naturale esercitata sulle donne fosse stata minimamente opprimente, rigida e inflessibile quanto quella subìta dagli uomini? Ciò che possiamo trarre dal nostro dimorfismo sessuale è che gli uomini hanno dovuto dimostrarsi capaci di ottemperare a mansioni molto più debilitanti e fisicamente drenanti delle donne per tutta la nostra storia evolutiva come esseri umani, e che le donne non sono state invece sottoposte ad un livello di pressione neanche lontanamente comparabile al loro. Se lo fossero state, avrebbero sviluppato una corporatura molto più robusta, e avrebbero perso gran parte della neotenia di cui dispongono anche tuttora.
E la cosa realmente interessante è che veramente il minimo di quell’eccedenza di lavoro faticoso e sfiancante svolto dagli uomini era indirizzato a garantire la loro sopravvivenza individuale. Cioè rifletteteci per un secondo – quanto lavoro in più occorrerebbe per mantenere una famiglia intera, piuttosto che un singolo individuo? Quanto lavoro in più sarebbe stato necessario che un uomo svolgesse a quel tempo, nel dover garantire il sostentamento di una donna meno produttiva di lui, e di un numero sostanziale di figli ancora più improduttivi, rispetto che nel preoccuparsi esclusivamente della propria sopravvivenza? Quanto rischio in più si sarebbe dovuto assumere nell’acconsentire a fornire protezione ad una donna più piccola e vulnerabile di lui – spesso indebolita dalla gravidanza e dal parto – e a figli ancora più vulnerabili, rispetto a quello che avrebbe subìto nell’assicurare solamente la propria salvaguardia? Se gli uomini non fossero stati disposti a sobbarcarsi volontariamente questi doveri in modo tale da non farli ricadere sulle donne, indovinate? Le donne ora avrebbero scheletri più robusti e muscoli più sviluppati di quelli di cui dispongono, perché avrebbero dovuto evolverli per sopravvivere e adattarsi all’ingenza della pressione naturale che avrebbero dovuto sopportare. Onestamente non mi è chiaro, a fronte di questo, come mai molti più uomini non abbiano seguito l’esempio del Buddha e non si siano lasciati tutti questi doveri alle spalle – insomma, quel tipo sicuramente ha avuto molto più tempo per oziare e riflettere sulla natura dell’universo, dormire e ingrassarsi a dovere, una volta scrollatosi di dosso il peso necessario per mantenere moglie e figli.
Per illustrare ancora più nel dettaglio in che modo gli uomini abbiano potuto godere di status sociale più elevato delle donne nel corso della storia, e al contempo condurre esistenze più opprimenti e difficili, prendiamo in considerazione il caso di una delle società patriarcali più rigorose e devote, praticamente sconosciuta alla gran parte delle comunità basate su caccia e raccolta: la società degli Inuit.
All’interno delle comunità basate su caccia e raccolta, i ruoli di genere erano tanto differenziati quanto quelli in ogni tipo di società tradizionale, ma solitamente venivano ricompensati con un livello simile di status sociale, rispetto e ammirazione pubblica. Questo non era però il caso degli Inuit. Una delle differenze più significative fra la società degli Inuit e quelle basate su caccia e raccolta risiede nel fatto che, nelle società basate su caccia e raccolta, uomini e donne procuravano alla comunità praticamente la stessa quantità di cibo – anzi, poteva pure capitare che le donne procurassero la quantità più sostanziosa. Ciononostante, le donne non sono mai diventate “dominanti”, né hanno mai acquisito un livello di status sociale più elevato di quello degli uomini, perché non erano mai tenute a rischiare la loro vita nel procurare il cibo che prelevavano raccogliendo, in una maniera remotamente comparabile a quella in cui gli uomini erano invece tenuti nel procurare il cibo che prelevavano cacciando, lontani dalla sicurezza e dalla comodità dello stabilimento abitativo. Ad ogni modo, gli Inuit erano molto diversi. Non solo infatti gli uomini Inuit procuravano più del 95% del cibo, ma lo facevano correndo rischi incredibilmente estremi per la propria salute e salvaguardia, in una delle zone dalle condizioni ambientali più rigide sulla Terra. Il tasso di ferite gravi e morti accidentali fra gli uomini Inuit del passato era orrendo. Immaginatevi un gruppo di uomini su cui incombeva l’onere sociale (non il diritto eh, l’onere) di uscire all’aperto ad una temperatura di -40° e scagliare lance contro balene larghe 200 volte più di loro, o correre su ghiaccio sdrucciolevole – in cui precipitare significava quasi sempre morire dolorosamente – per inseguire foche enormi, in modo tale da poter riportare a casa quintali di carne che avrebbero potuto tranquillamente spartirsi fra loro come ricompensa per gli sforzi compiuti, ma che erano invece obbligati a condividere con le donne e i bambini, che erano rimasti al chiuso in tutta sicurezza.
Tenendo da conto tutto questo, mi domando cosa sarebbe successo se qualcuno avesse detto a quegli uomini che le loro donne avevano bisogno di loro come “un pesce ha bisogno di una bicicletta”. Quale sarebbe stato l’esito per le donne? Cosa sarebbe successo se qualcuno fosse arrivato e avesse detto ad un uomo “questa donna e questi figli non sono tuoi, non ti appartengono, quindi non hai alcun diritto ad impartire ordini né alcuna responsabilità a provvedere per loro”? O se quel qualcuno avesse affermato che le donne sono tanto in grado quanto gli uomini di fare qualsiasi cosa, e sono loro pari in qualsiasi aspetto rilevante? Cosa sarebbe successo se quegli uomini fossero stati veramente convinti di tutto questo? Cazzo, cosa sarebbe successo se qualcuno avesse veramente convinto quegli uomini che il lavoro femminile era tanto valido e importante quanto il lavoro maschile? Credete forse che quegli uomini avrebbero iniziato a cucire? Quegli uomini che, volendo, potevano tranquillamente raccogliere le loro cose, andarsene e sopravvivere da soli limitandosi a uccidere i piccoli di foca una volta al mese – visto che masticare le pellicce animali e appiccicarle agli abiti non è poi così difficile, e avrebbero avuto tutto il tempo per farlo da soli, una volta che non avessero più dovuto badare a tutte quelle bocche affamate da saziare.
Le femministe credono forse che quegli uomini avrebbero scelto di fare quei sacrifici e rischiare la loro vita in quel modo, quotidianamente, se avessero ricevuto le stesse ricompense sociali delle loro donne? Credono veramente che quegli uomini Inuit avrebbero compiuto, o avrebbero dovuto compiere, quei sacrifici e rischiare quotidianamente la loro vita in quel modo, solo per ottenere in cambio le stesse ricompense sociali elargite alle donne Inuit, che invece non erano tenute a correre alcun pericolo per via del loro inestimabile valore riproduttivo? E magari credono anche che quegli uomini avrebbero detto, o avuto il permesso di dire “Fermi tutti! Lei è mia pari, ed è autonoma, e anche i suoi figli non mi appartengono. Lasciamo che si procuri da mangiare da sola!”? Perché sapete cosa? È esattamente quello che avrei detto anch’io, se qualcuno mi avesse convinto di tutto ciò.
Voglio dire, il femminismo non si è mai fermato due secondi per rendersi conto che i modelli più estremi di società patriarcali si sono sempre formati in risposta alle condizioni ambientali di sopravvivenza più provanti?
Le femministe credono seriamente che quelle donne se la sarebbero vista meglio – sarebbero state “meno oppresse” – venendo considerate come uguali agli uomini – uguali e quindi prive del bisogno dei servizi di sostentamento e protezione forniti dagli uomini? Non si sono mai domandate come sarebbe stato per una donna Inuit incinta, uscire sul ghiaccio a temperature glaciali per rincorrere animali pericolosi e cercare di trafiggerli per poter mangiare qualcosa? Non hanno mai preso in considerazione che forse, magari, lei potesse essere perfettamente contenta di barattare un suo bene di valore per aggiudicarsi il supporto e la cooperazione che imponevano una quantità ingente di rischi e costi sul suo uomo? Che la sua sopravvivenza in quell’ambiente fosse così dipendente dal fatto che il suo uomo uscisse ogni giorno di casa a rischiare la vita al posto suo, da ritenere che uno status sociale più alto e una totale autonomia fossero in realtà prezzi modesti da pagare rispetto a quelli che doveva pagare lui per darle ciò di cui lei aveva assolutamente bisogno per non morire?
Non si sono mai fermate a chiedersi se il matrimonio – il matrimonio monogamo inestinguibile, il contratto che era il patriarcato – non fosse solamente uno strumento per rendere la donna una schiava al suo uomo, farle partorire i suoi figli e garantirgli servizi domestici gratuiti – come molte femministe di seconda ondata lo hanno definito – ma fosse uno strumento reciproco per rendere anche l’uomo uno schiavo alla sua donna, fargli mantenere i suoi figli e garantirle servizi gratuiti di protezione e sostentamento, persino a costo della sua stessa vita? Non si sono mai fermate a chiedersi se forse, magari, non fosse entrambe le cose?
O mio Dio, mi sono lasciato a bocca aperta da solo.
Non si sono mai fermate a interrogarsi su come mai la stessa idea del femminismo sia sopraggiunta alle donne guarda caso solo una volta che lo sviluppo economico, politico, industriale e tecnologico – interamente fornito dagli uomini affinché tutta la società, donne incluse, potessero giovarne – aveva generato un panorama sociale in cui invertire i ruoli con gli uomini avrebbe finalmente significato cambiare in MEGLIO invece che in PEGGIO? Sicuramente questo spiega a dovere perché il femminismo sia nato nei circoli delle donne più ricche e privilegiate, eh? Persino Mary Wollstonecraft è stata abbastanza onesta da definire il privilegio delle donne esattamente in questo modo nella sua richiesta affinché decadesse. E non riesco proprio a immaginare come mai non abbia ricevuto l’appoggio delle donne della classe lavoratrice, che dipendevano totalmente da quel privilegio per la loro sopravvivenza! Sapete, il 95% delle donne nella società, che si sarebbero ritrovate a lavorare nelle ferrovie con i loro piccoli attaccati al seno, e che non potevano concedersi il lusso di chiedersi “perché non posso essere un medico come mio padre?” ma dovevano fare i conti quotidianamente con una realtà troppo impervia per fermarsi e domandarsi “perché non posso venire coscritta nell’esercito, spaccarmi la schiena 70 ore alla settimana in miniera, contrarre l’antracosi e morire a 45 anni come mio marito?”
Non so se se ne rendono conto – essendo femministe e quindi in larga misura avverse alla scienza (o quanto meno all’evoluzione) – ma il sostentamento e la protezione del maschio nei confronti della femmina e della sua prole è un lusso di cui ben poche specie sessualmente dimorfiche possono godere. Basta chiederlo ad una femmina di Bonobo, che può barattare del sesso con ogni maschio della sua comunità con cui non è imparentata solo in cambio della possibilità di procurarsi il proprio cibo e di ambivalenza maschile verso la sua prole – non per un effettivo sostentamento o un’effettiva assistenza nella crescita della prole, ma per il diritto a sostentarsi da sola in un’area che un maschio preferirebbe avere per sé, e per il diritto affinché la sua prole non cada vittima di infanticidio competitivo da parte di un maschio che preferirebbe lei partorisse i suoi figli rispetto a quelli di suo fratello. Perché questo è il modo in cui funziona gran parte della natura, ma non è il modo in cui la comunità umana opera da un bel po’ di tempo.
La ragione principale per cui le femmine umane sono state in grado di rimanere significativamente più deboli dei maschi umani è perché gli uomini sono stati costantemente sottoposti a condizioni di sopravvivenza più esigenti e gravose delle donne, per tutta la nostra storia. E una delle ragioni per cui noi non abbiamo più cose in comune con i Bonobo – e per cui siamo diventati la specie dominante e più intelligente del pianeta, in realtà – è perché le donne e i loro figli hanno beneficiato di questa organizzazione. Perché gli uomini, al contrario dei maschi Bonobo, sono stati disposti a condividere con le donne i frutti delle loro condizioni più onerose di sopravvivenza, e perché le donne, al contrario delle femmine Bonobo, sono state disposte a barattare individualmente un proprio bene di valore in cambio della cooperazione di un singolo uomo.
E lo so, è tutto così freddo e incivile! Quegli uomini Inuit avrebbero dovuto voler arpionare le balene dai loro kayak e condividerne la carne con le donne e i loro figli, e avrebbero dovuto voler dare la propria vita per le donne e i loro figli, senza aspettarsi assolutamente nulla in cambio da parte delle donne! Avrebbero dovuto volerlo fare così! Gratis! Quello sarebbe stato “corretto” per tutti, giusto?! È stata “oppressione femminile” da parte degli Inuit conferire agli uomini uno status sociale più elevato, maggiore rispetto pubblico e dei diritti extra affinché portassero a termine una marea di mansioni rischiosissime che non avevano bisogno di svolgere per sé stessi, ma da cui le donne e i bambini dipendevano assolutamente per sopravvivere! Ed è stato proprio “ingiusto” non conferire un equo potere sociale e politico a quelle donne – perché ehi, chi ha il lusso di non dover rischiare niente, pagare niente o uscire sul ghiaccio a sfidare la morte ogni giorno, dovrebbe avere un’equa voce in capitolo su come altre persone devono organizzare il lavoro che sono tenute a svolgere al posto loro!
In che modo la società poteva assolvere le donne da quelle responsabilità pericolose e onerose lasciando che gli uomini se ne assumessero i rischi al posto loro (pagandone anche i costi), senza garantire agli uomini i diritti necessari per portarle a compimento?
Un esempio analogo moderno, giusto per mettere le cose in prospettiva: in che modo la società può assolvere i bambini dalla responsabilità di pagarsi la loro educazione obbligatoria, senza garantire ai genitori i diritti per assumersela al posto loro? Se i bambini non devono pagare la propria educazione obbligatoria perché altri sono legalmente e socialmente obbligati a farlo al posto loro (in modo da sollevarli da tale onere, a cui sarebbero impossibilitati ad adempiere), è “oppressione dei bambini” privarli del diritto di poterlo fare? Stiamo opprimendo i bambini nella nostra società?
Confido che con questo paragone sia più chiaro per quale motivo il modello interpretativo della relazione fra i generi posto alla base del femminismo sia totalmente assurdo e incredibilmente superficiale. È sostanzialmente l’equivalente dell’idea che dei bambini possano validamente sostenere di essere “oppressi” e che i loro genitori siano “privilegiati” perché quest’ultimi possiedono totale autonomia decisionale, possono spendere i propri soldi nel modo che ritengono più consono ed essere esonerati da orari di coprifuoco, pur essendo tuttavia legalmente responsabili e tenuti a rispondere di tutte le azioni dei loro figli, e obbligati a provvedere alla loro sopravvivenza e al loro tenore di vita assicurando vitto, alloggio, approvvigionamento e istruzione completamente a proprie spese.
E non è neanche finita qui. Perché se l’autorità legale e sociale del nucleo famigliare fa capo ai genitori, la sua intera organizzazione ruota tuttavia primariamente attorno al benessere dei figli, per i quali spesso i genitori compiono enormi sacrifici e rinunce. E allo stesso modo, se l’autorità legale e sociale del vincolo matrimoniale faceva capo al marito, la sua intera organizzazione ruotava spesso attorno al benessere primario della moglie, per il sostegno della quale il marito era socialmente e legalmente tenuto a compiere enormi sacrifici (a partire dalla firma del contratto matrimoniale fino alla sua morte, le doveva sostanzialmente il miglior tenore di vita che potesse permettersi in accordo con quanto percepito, interamente a proprie spese).
Chi era quindi “privilegiato”? La parte che veniva insignita di autorità legale e sociale, o quella che percepiva sommariamente i benefici per cui tale autorità era esercitata? E chi era “oppresso”? La parte che era tenuta ad esperire la stragrande maggioranza di obbligazioni e compiere il maggior numero di sacrifici a favore dell’altra, o quella che si vedeva concessi meno diritti personali proprio perché aveva meno doveri a cui ottemperare?
E sapete, forse è proprio questa tipica formulazione femminista, che tutto questo – il dovere di un uomo di condividere i frutti della sua forza lavoro con la donna, di proteggere sempre la donna da qualsiasi pericolo, di rischiare e sostenere i costi al posto della donna in un periodo storico in cui tali rischi e costi erano incredibilmente alti (che è proprio il motivo per cui le donne erano esonerate dal doverli sostenere) – che tutto questo onere ingente e permanente di provvedere e fornire sicurezza e protezione fosse in realtà “oppressione delle donne” semplicemente perché gli uomini non erano disposti a farlo gratuitamente o senza ottenere niente in cambio – credo sia questo il primo segnale che mi ha fatto capire che quella femminista è un’ideologia interamente basata su un misto di sessismo, pretesa, vittimologia e odio. Perché devi proprio odiare una persona per andarle a dire che il suo genere ha “oppresso le donne per tutta la storia” facendo tutto quanto fosse in suo potere – da storpiarsi per la fatica sotto lavori manuali spesso non retribuiti e tutelati a dare la propria vita in qualsiasi situazione di pericolo pubblico e privato – per mantenerle al sicuro, protette sotto un tetto e nutrite, semplicemente perché ha richiesto una promessa di rispetto in cambio di questo sacrificio. Devi proprio odiare questa persona per andarle a dire che il vecchio sistema esisteva unicamente per favorire gli uomini ai danni delle donne, quando quel sistema è l’unica ragione per cui le donne sono ancora qua, e non nelle condizioni dei Bonobo – e quando quello stesso sistema obbligava legalmente e socialmente gli uomini a provvedere alla sicurezza e al benessere delle loro donne a costo di grondare sangue e sudore sotto un esercizio estenuante di manodopera, solo per permettere a quelle donne di potersi dedicare a mansioni più leggere vicino a casa, o addirittura non lavorare proprio. E devi proprio odiarla per andarle a dire che le donne non erano complici nel mantenimento di questo sistema, che non hanno avuto alcuna responsabilità nello stabilirne il funzionamento, e che non hanno tratto alcun beneficio dallo sfruttamento degli uomini nella forza lavoro manuale.
Ma le femministe lo fanno continuamente. Perché, sapete, il “Patriarcato” era una strada di oppressione a senso unico, il matrimonio era servitù esclusiva delle donne verso gli uomini, e l’intera storia umana è solo una grandissima festa a tema di sfruttamento e schiavismo femminile – questo poi fa particolarmente ridere, visto che persino nei Codici degli Schiavi di Stati Uniti, Francia e Inghilterra esistevano disposizioni adibite a sollevare le schiave dalle punizioni più debilitanti e cruente per relegarle unicamente agli schiavi, ma in cui il contrario non si è mai verificato.
Quello riportato di seguito è un passo tratto da un libro del 1600 di Lucrezia Marinella, un’altra autrice italiana che ha vissuto in contemporanea a Modesta Pozzo e secondo anche le cui parole non sembra proprio che le donne fossero unicamente soggiogate o schiavizzate dal sistema sociale esistente o dal contratto di matrimonio.
“È meraviglioso vedere, nelle nostre città, la moglie di un calzolaio, di un macellaio o un facchino vestita di seta, con collane dorate attorno al collo, con perle e gioielli di buona fattura – e in contrasto vedere il marito che taglia la carne tutto inzaccherato di sangue bovino, vestito poveramente. Ma chiunque consideri questo con la dovuta accortezza non lo troverà irragionevole, sicché è necessario che la donna, anche se modesta e di umili natali, sia adornata con abiti e accessori tali da accentuarne la dignità ed eccellenza che ha per natura, e che l’uomo sia meno adornato, come uno schiavo o un misero idiota nato per servirla.”
Sì, lei era proprio dell’idea che le donne fossero oppresse.
La convinzione odierna che le donne fossero oppresse dal loro esonero dal macchinario economico e politico che ha consumato prematuramente la salute e la vita di milioni di uomini nel corso di tutta la storia (specialmente pre-industrializzata) è talmente paradossale da rendere assurdo e irragionevole il fatto che l’adozione di una posizione del genere sia diventata una consuetudine di massa. E l’idea che il sistema vigente privilegiasse gli uomini ai danni delle donne è altrettanto ridicolmente improponibile.
Sebbene in passato la quasi totalità delle donne che hanno raggiunto l’età adulta sia riuscita a tramandare i propri geni, solamente la metà degli uomini ha potuto fare altrettanto – il che significa che, nel corso della nostra evoluzione, le donne hanno avuto il doppio del potere di selezionare i tratti comuni agli uomini rispetto a quello avuto dagli uomini verso le donne (disparità che rappresenta, tra l’altro, uno dei motivi per cui oggigiorno gli uomini manifestano più variabilità genetica delle donne). La demografica femminile ha sempre vissuto mediamente di più di quella maschile perché la società ha sempre avuto più interesse a fornire assistenza, cura, protezione e tutela sia economica sia sanitaria alle donne piuttosto che agli uomini (complice sicuramente anche il fatto che sacrificare la propria vita per conservare quelle donne, se necessario, era parte integrante del ruolo patriarcale maschile). A proposito di economia, le donne oggi controllano fino all’85% del potere di consumo in tutto l’Occidente, perché comprano da sempre più beni materiali degli uomini, e sia uomini sia donne hanno da sempre speso di più per le donne, portando l’offerta sul mercato a uniformarsi nel tempo a tale domanda. E da quando dei ricercatori hanno incominciato a misurare il tasso di felicità riportato da uomini e donne in riferimento alle loro condizioni di vita, fino al 1970 le donne hanno sempre espresso dalla stessa fino al doppio della soddisfazione degli uomini – ed è solo da quella decade, con l’ingente ingresso femminile nel mercato del lavoro, che la curva ha iniziato a convergere a favore degli uomini!
Quindi immaginate: una vera e propria Classe Oppressa, costituita da persone che hanno sempre condotto vite più lunghe, comode e soddisfacenti dei loro Oppressori. In che fottuta maniera avrebbe senso una cosa simile? Ma quando mai nel corso della storia si è verificato uno scenario di questo tipo?
Le donne non erano la classe oppressa. Le donne erano la classe protetta. E che tale smania di protezione sia spesso stata portata all’estremo e sia quindi sfociata in estreme limitazioni poste sulle donne circa la loro possibilità di esercitare autonomia personale in diverse culture (specie quelle meno floride e quindi più in pericolo di estinzione) per tutelarle da qualsiasi rischio potessero subire nel farlo è indiscusso. Ma in condizioni ambientali di arretratezza, guerra o scarsità di risorse, entrambi i sessi sono sempre stati inevitabilmente tenuti a sacrificare parte della loro libertà per assicurare la sopravvivenza della loro comunità. In quei casi, poiché la femmina è la specializzazione biologica preziosa (i.e. la vita femminile crea altra vita), le donne sono sempre state limitate il più possibile nell’esercizio di tale autonomia per tenere in vita il maggior numero possibile di esse; poiché invece il maschio è la specializzazione biologica spendibile (i.e. la vita maschile non crea altra vita), gli uomini sono sempre stati obbligati a sacrificare la propria incolumità e tramutarsi in strumenti usa e getta al servizio degli interessi del proprio governo e del proprio popolo, visto che non serve ne rimangano molti per garantire la sua sopravvivenza. Quando si tratta di determinare il potenziale di crescita di una popolazione, ogni donna è importante, mentre basta un singolo uomo per adempiere al ruolo riproduttivo maschile per tutti, se necessario.
E contrariamente a quanto spalleggiato al giorno d’oggi da un vasto consenso popolare, il movimento di liberazione delle donne degli anni ‘60 e ‘70 non ha avuto origine da un senso di “oppressione”, bensì da un senso di noia che aveva iniziato a tessere le vite di numerose casalinghe privilegiate che, a fronte di tutte le innovazioni tecnologiche (ossia apparecchi ed elettrodomestici vari) fornite dai loro uomini per facilitare la gestione della vita domestica famigliare, si erano improvvisamente ritrovate a dover fare i conti con quello che era ormai diventato un lavoro part-time, piuttosto che una costante occupazione di dodici ore al giorno come lo era stata fino almeno ad inizio secolo. Il malcontento delle donne che hanno inaugurato quelle mobilitazioni non era scaturito dal loro sentirsi “oppresse” dagli uomini, ma dal loro essere diventate annoiate dall’estrema comodità – e conseguente sedentarietà – che le loro condizioni di vita avevano assunto grazie a quegli uomini. Solamente in seguito, con l’introduzione di gran parte dell’aspetto teorico del femminismo accademico di seconda ondata, il tutto è stato rivalutato sfruttando il filtro marxista di scontro di classe per renderlo rappresentativo anche di uno scontro di genere (in maniera tuttavia erronea, perché il genere presenta dinamiche relazionali diverse da quelle esistenti fra etnie e classi) e prendendo come ispirazione la Dichiarazione dei Sentimenti di Seneca Falls, considerata in larga misura il primo manifesto femminista e redatta guarda caso proprio lo stesso anno del Manifesto del Partito Comunista (1848).
E tutto questo rappresenta, a proposito, uno dei motivi per cui non sono più a mio agio a definirmi femminista. Perché gli occhiali politici e sociali che il femminismo inforca per analizzare la storia hanno una lente totalmente coperta di petrolio, e inoltre offuscano la componente biologica ed evolutiva che sta alla base del dimorfismo fisico e comportamentale manifestato da uomini e donne – offuscamento che, tra l’altro, esemplifica esattamente il motivo per cui il costruzionismo sociale sia fiorito rapidamente all’interno di quella dottrina.
Sebbene io creda che la maggior parte di persone che oggigiorno si identificano come femministe – ma pure di persone in generale, se è per questo – sia stata enormemente condizionata dalla cultura imperante a ritenere che le donne in passato fossero considerate cittadini “di seconda classe”, la realtà è molto più complessa di così. Le donne in passato erano senza alcun dubbio ritenute cittadini diversi dagli uomini, ma è assolutamente disonesto definirle “di seconda classe”. Tale definizione omette di annoverare tutte le esenzioni dagli obblighi e dalle responsabilità impartiti alla cittadinanza maschile di cui hanno potuto giovare storicamente, o tutti i privilegi che hanno potuto trarre dal rigido rafforzamento del ruolo di genere maschile. La mole di “bonus” che gli uomini ottenevano in cambio – in diritti legali e status sociale – era l’inevitabile risultato delle oberanti obbligazioni che avevano verso la loro comunità, del prezzo più alto che erano tenuti a pagare in termini di sostentamento e protezione di persone oltre sé stessi – in particolare donne e bambini – e del fatto che erano ritenuti legalmente e socialmente responsabili della sopravvivenza e del benestare di quest’ultimi. Nessuno di questi è mai stato un fardello che le donne hanno dovuto portare: questi erano fardelli che le donne avevano diritto di aspettarsi dagli uomini (e spesso lo sono tuttora), e le donne non avrebbero mai goduto dei privilegi scaturenti da tali aspettative, in un passato estremamente difficile da affrontare, se fossero state viste come “uguali” agli uomini – né saremmo tantomeno qui ora a discuterne, perché o saremmo stati spazzati via dal processo evolutivo molto tempo fa, o di sicuro non saremmo diventati la specie evolutivamente più intelligente che ha finito per dominare completamente il pianeta, inventare il Telescopio Hubble e scindere l’atomo. Anzi, è interamente possibile che a quest’ora saremmo ancora a tenerci per mano con i Bonobo, sulle rive del Congo.
Quindi, quando il femminismo insiste che nel corso della storia le donne sono state “l’ultima ruota del carro” rispetto agli uomini, sta solamente raccontando metà della favola. E le semi-verità sono molto più pericolose delle bugie, perché sono molto più semplici da bere – così semplici, che poca gente ha mai chiesto alle femministe di supportare le loro convinzioni riportando tutto il quadro storico, legale, sociale e biologico dell’evoluzione umana nella sua interezza, e non solo i fatti convenienti che selezionano per ingrassare la loro base ideologica incredibilmente parzializzata.
2 notes · View notes
dolcemarilu · 4 years ago
Text
Sapevate come si fidanzano i pinguini? Ve lo dico subito:
Il maschio del pinguino passa la vita a raccogliere sassolini colorati per poi scegliere (quando si sente pronto) il sassolino migliore da portare in regalo alla femmina dal quale è attratto porgendoglielo ai piedini. A quel punto la femmina può accettare o rifiutare la sua "proposta di matrimonio".
Simbolicamente il sassolino dovrebbe rappresentare la prima pietra del nido nel quale abiteranno per sempre. “Per sempre” perché i pinguini sono animali monogami ed abitudinari, ciò vuol dire che vivranno con lo stesso partner per tutta la vita.
Tumblr media
2 notes · View notes
emmalynthewriter · 5 years ago
Text
Le acque della fortuna
Tumblr media
                                            Le acque della fortuna
Era una calda sera d'estate, e a spasso lungo la costa del Pacifico, Winter non riusciva a darsi pace. Tutt'altro che tranquillo, non smetteva di nuotare ormai da ore, e più il tempo passava, più il suo mal di testa aumentava. Ad essere sincero, non aveva davvero idea di cosa gli stesse accadendo, ma una cosa era certa, non era piacevole. Solo poco tempo prima aveva deciso di allontanarsi dalla sua famiglia alla ricerca di un pizzico di solitudine, certo che anche solo un attimo gli sarebbe bastato, ma con il liquido specchio in cui nuotava ormai diventato capace di raffreddargli il corpo ad ogni movimento, e la luce della luna vi si rifletteva danzando sulla superficie, elegante e leggiadra, all'improvviso non era più così sicuro. Scuotendo la testa, tentò di allontanare i brutti pensieri, e fallendo anche in quel misero intento, si arrese. Richiuso in sè stesso e nel suo silenzio, si mise in ascolto, sperando di sentire, anche in lontananza, le grida della sua famiglia, ma nonostante tutto, niente. Il nulla più totale. Sconfortato, si sforzava nella speranza di riuscire a sentirli, ma attorno a lui, oltre al buio e al freddo di quelle profondità che si era ora azzardat a toccare, neanche il minimo cambiamento. Nessuno chiamava il suo nome, nessuno lo stava cercando, e senza più la luce del giorno a fargli da guida in quel così vasto oceano, lottò per tenere gli occhi aperti e orientarsi al meglio, fermandosi non appena notò qualcosa nell'acqua. Spinto dalla curiosità, si mosse in fretta in quella direzione, e fu allora che la vide. Sobria, splendente e abbandonata sul fondale, una vecchia collana fatta interamente di conchiglie bianche come la sabbia che per qualche istante gli oscurò la vista. A suo dire troppo bello per essere dimenticato, quel rudimentale gioiello non meritava una fine tanto triste, così, inabissandosi ancora, si decise. Veloce, il delfino la raccolse muovendo appena le pinne, e in silenzio, lo indossò come se gli appartenesse. Era un maschio, non una femmina, era ovvio, ma almeno per il momento, decise, l'avrebbe conservato. In totale onestà non sapeva se in origine quella collana fosse appartenuta a un altro animale marino, ad un umano a lui sconosciuto o a un membro della sua specie, e qualunque fosse la verità, lui aveva intenzione di scoprirla. Fu quindi questione di attimi, e animato da una forza che non credeva di possedere, il giovane Winter ignorò la stanchezza, continuando a nuotare senza fermarsi e sfidando la corrente che intanto aveva iniziato ad agitarsi, minacciando di vanificare tutti i suoi sforzi. Se aveva iniziato era stato per distrarsi, sgranchirsi le pinne e liberare la mente, ma ora, grazie a quel ritrovamento, tutto cambiava. Più fiducioso e sicuro di sè stesso, ora aveva una missione, e tenendo fede a quella promessa, non osò fermarsi. Passarono così altro tempo, altri minuti e altre ore, e durante quel viaggio improvviso, nato da un desiderio di giustizia, Winter si fermò a pensare. Stava davvero facendo la cosa giusta? Avrebbe soltanto perso tempo? Il legittimo proprietario della collana l'avrebbe almeno ringraziato? O era soltanto una follia. Non lo sapeva, non ne era sicuro nè poteva esserlo, ma stoico, sfidò ancora le acque. Provato da una stanchezza che non riuscì a sopportare, però, si ritrovò costretto a risalire in superficie e respirare, e nel farlo, all'orizzonte, sentì e vide qualcosa. Contrariamente a ciò che pensava, non qualcuno della sua famiglia, nè un suo simile dalla pelle grigio perla, ma bensì una barca. Sorpreso e spaventato, lanciò un grido, e abbassando il capo, sparì di nuovo fra i flutti. Protettiva sin dal giorno della sua nascita, sua madre non aveva fatto altro che metterlo in guardia dai pericoli del mare, fra i quali si annoveravano proprio le barche. "Sta lontano dai loro motori, Winter, e fa attenzione." Gli ripeteva sempre, preoccupata e attenta al suo benessere. Curioso com'era riguardo al mondo esterno, Winter si era sempre limitato ad annuire e ignorarla, troppo impegnato a giocare con gli amici per ascoltarla davvero, e proprio allora, ecco che si malediva. Lenta, la barca scivolava sull'acqua, e nascosto appena sotto il pelo dell'acqua, il giovane delfino chiuse gli occhi, e non osando fiatare, rimase in attesa. Nel silenzio, sentì le vibrazioni dell'acqua colpirgli la pelle, e non appena l'acqua smise di agitarsi, riemerse. Guardandosi intorno, trattenne il respiro senza volerlo, facendo saettare lo sguardo in tutte le direzioni. Così, guardingo, non si muoveva di un millimetro, tentando di ignorare il naturale movimento dell'acqua che lo costringeva a spostarsi di continuo, non sentì nè vide nulla. "Bene, pericolo scampato." Pensò, respirando a fondo per calmarsi. I minuti sembravano ore, e senza più dire o pensare altro, il delfino rimase lì dov'era, tremando di paura. "C'è mancato poco, vero?" disse una voce alle sue spalle, sorprendendolo. Voltandosi di scatto, Winter sentì il cuore perdere un battito, e fu allora che la vide. Dalla pelle chiara e lucente, una femmina della sua specie, con un fiore rosa appena accanto allo sfiatatoio e un sorriso sul muso. "Scusa, cosa?" le chiese lui, confuso e stranito. "La barca. L'ho vista anch'io, per fortuna non ci ha trovati." Gli rispose lei, non riuscendo a trattenere una risata. Alle sue parole, Winter mantenne il silenzio, e soltanto guardandola, potè giurare di vedere un lieve rossore emotivo imporporarle il muso. No, che stava pensando? Si erano praticamente appena conosciuti, avevano scambiato due sole parole, non poteva essere. Incerto sul da farsi, lui agitò la coda smuovendo senza volerlo una massa d'acqua, che spostandosi, solleticò entrambi. "Che stai facendo?" azzardò allora lei, colpita. "S-Scusa, non... non volevo." Balbettò lui in risposta, imbarazzato. "Su, non fa niente, capita. A proposito, sono Pearl." Continuò poco dopo la giovane, presentandosi. "Winter." Rispose subito lui, l'imbarazzo ancora sul muso e negli occhi. "Piacere di conoscerti, Inverno." Scherzò lei in risposta, scoppiando a ridere come la cucciola che più non era. Silenzioso, lui la guardò senza capire, e all'improvviso, il significato di quella battuta lo colpì in pieno. Alzando gli occhi al cielo, decise di stare al gioco, e sfiorandola con la coda, sorrise. "Piacere mio, Perla." Replicò, rigirandole quello scherzo e rispondendo per le rime. Divertita, Pearl rise ancora, e notando appena oltre l'orizzonte qualcosa che l'amico non vide, si voltò. "Mi spiace, devo andare. A presto." Si scusò, per poi abbassare la testa e sparire in quel calmissimo specchio d'acqua. Colpito da tanta fretta, Winter non seppe cosa dirle, e lasciandola andare, sentì mille parole morirgli e spezzarglisi in gola. L'aveva appena conosciuta, ed era vero, ma per quanto ne sapeva avrebbe potuto essere lei la proprietaria della collana che aveva con sè. Perdendosi nei suoi pensieri, si convinse che la nuova amica non l'avesse notata, e relegando quel dettaglio in un angolo della mente, andò per la sua strada. Dopo un tempo che non riuscì a definire, fatto di secondi, minuti e ore interminabili, riuscì finalmente a tornare a casa, accolto dagli sguardi e dalle parole colme di stupore dei familiari. "Winter! Dove sei stato per tutto questo tempo? Sono passati giorni, eravamo preoccupati!" lo riprese la madre, inviperita. "Già, dov'eri?" tentò il padre, dando manforte alla compagna di vita. Silenzioso come sempre, lui non rispose, e abbassando lo sguardo, ben sapendo che quelli di tutti gli altri non avrebbero potuto inseguirlo, si affrettò a nascondere anche la collana trovata per caso sul fondale sabbioso. Grazie al cielo nessuno l'aveva notato, e in caso contrario, che avrebbe potuto dire a riguardo? "Volevo fare l'eroe?" no, non gli avrebbero creduto, o nel peggiore dei casi, l'avrebbero preso in giro. "Avevo bisogno di stare da solo." Si limitò a dire, per poi allontanarsi ancora e sparire dalla loro vista. Trasportato dalle onde dell'oceano, finì per addormentarsi, cullato da quel moto perpetuo e dal tepore delle acque. Poco prima di dormire, volse un pensiero alla luna e alle compagne stelle, sperando ardentemente di compiere la sua missione e ritrovare il proprietario della collana che aveva ancora indosso, e con un pizzico di fortuna, data la stagione, riuscire a trovare una compagnia. Era strano a dirsi, ma ogni volta che lui e i suoi simili finivano per parlarne, lui si riduceva al silenzio, mostrandosi muto e incerto sul da farsi. A ormai quattro anni, l'età più consona, almeno per la sua specie, era convinto di poterne trovare una senza sforzi ma con pazienza, sentendo su di sè, e sul dorso baciato dal sole, il peso di quella sorta di responsabilità. Passarono giorni prima che Winter potesse rivedere Pearl, settimane prima che mille scuse e schizzi d'acqua e sale li avvicinassero sempre di più, e poi, dopo mesi di corte e nuotate in compagnia, sia alla luce del sole che al chiaro di luna, i due si erano delicatamente sfiorati i musi e stretti le pinne come lontre, per poi intrecciare le code e pronunciare l'uno all'altra soltanto tre parole. In verità, il caro Winter non scoprì mai chi avesse perso quella collana, e stanco di cercare, si decise a darla in dono proprio alla sua Pearl, che sorpresa e innamorata, la indossò con orgoglio, felice di aver trovato nel proprio migliore amico, anche un compagno di vita. Ovvio era che i delfini non fossero monogami, ma forse, in quella che il tempo aveva trasformato nell'ultima vera giornata di tiepida estate, sulla costa del Pacifico ci sarebbe stata un'eccezione, e stando a quest'ultima, quelle chiare acque sarebbero state ricordate, da animali umani, terrestri, anfibi e marini allora e per sempre, come acque della fortuna.  
1 note · View note
canforasoap · 6 years ago
Text
30
La Mamma e lo stupido vermiciattolo [cioè il narratore, che sceglie di parlare di sé in terza persona e non, come sempre fa, in prima persona, perché qui si ritrova a raccontare un aneddoto di un passato così alieno da lui che potrebbe appartenere a un altro e che forse, ma la colpa è anche della madre e dell’amore che nonostante tutto lui le porta, davvero appartiene ad un altro. Del resto, provate a sfogliare i polverosi album di famiglia e ditemi se i piccoli Voi che vi giudicano dalle foto non sono altro-da-voi. Guardateli bene, quei Voi che mai si riconoscerebbero in voi, e chiedetevi se non li avete ammazzati nei modi più fantasiosi NdR] una volta andarono allo zoo. [...] Nello zoo c'erano gli animali dietro le sbarre, dietro spesse lastre di plastica, al di là di grandi fossi pieni d'acqua, e se ne stavano perlopiù spaparanzati al suolo, masturbandosi con le zampe posteriori. «Gesù santissimo» disse la Mamma a voce un po' troppo alta. «Tu dài agli animali selvatici un bel posticino sicuro e pulito in cui vivere, li rimpinzi di buon cibo sano» disse, «e guarda come ti ringraziano.» Le altre mamme si chinarono a sussurrare qualcosa all'orecchio dei figli e li trascinarono per un braccio a vedere altri animali. Di fronte a loro, le scimmie si toccavano furiosamente e schizzavano fuori roba bianca e densa. La roba bianca e densa colava sulle lastre di plastica. Sulle lastre c'erano schizzi di roba bianca vecchia e già secca, che spiaccicandosi avevano formato una patina sottile, oramai secca e semitrasparente [NdR stupido vermiciattolo, lo sperma vecchio e secco assume una colorazione come quella del piscio di un soggetto con insufficienza renale e una velocità di filtrazione glomerulare intorno ai 20-25 millilitri al minuto, un arancione malato che fa schifo al cazzo, compreso quello delle scimmie]. «Tu gli togli la lotta per la sopravvivenza ed ecco cosa ottieni» disse la Mamma. I porcospini, invece, per procurarsi un orgasmo, disse la Mamma mentre ne osservavano uno, si scopano un bastoncino di legno. Un po' come le streghe che volano a cavalcioni sulle scope, i porcospini si sfregano sul bastoncino finché quello non diventa puzzolente e appiccicoso di pipì e di secrezioni. Una volta che il bastoncino puzza a sufficienza, loro non lo abbandonano più e non ne cercano un altro [NdR ignoro i costumi monogami dei porcospini in cattività, ma avendone avuti molti e per lungo tempo che si aggiravano in giardino, ho notato cose interessanti, come la mania di riempire metodicamente dei minuscoli bastoncini di liquerizia che sfuggono loro dall’ano i piattini da caffè in cui sono soliti mangiare la pastasciutta avanzata. Sono molto golosi di pastasciutta e liquerizia] Guardando il porcospino cavalcare il suo bastone, la Mamma disse: «Molto fine, come metafora». Il ragazzino immaginò di aiutare la mamma a liberare gli animali. Tigri e pinguini, tutti che lottavano fra loro. Leopardi e rinoceronti che si mordevano a vicenda. Allo stronzetto l'idea piaceva da morire. «L'unica cosa che ci differenzia dagli animali» disse la Mamma, «è che noi abbiamo la pornografia.» Sempre di simboli si trattava, disse. Ma non sapeva dire con esattezza se la cosa ci rendeva migliori o peggiori degli animali. Gli elefanti, disse la Mamma, lo fanno con le zanne. [Per tenere calmi gli elefanti più giovani, gli specializzandi in zoologia indossano un guanto con soprammanica che arriva loro fino alla spalla e, cosparsa la guaina di lubrificante, praticano al focoso pachiderma un massaggio prostatico. L’elefante è chiuso in una gabbia dove a malapena riesce a entrare e sotto di sé ha una secchia che un altro specializzando sposta qua e là con una pertica, in modo che non vada persa una sola goccia del diluvio di sperma che coronerà gli sforzi del massaggiatore immerso nel buco del culo di Dumbo. Non so a quale uso sia destinato lo sperma. Forse ne ricavano candele o integratori alimentari. NdR] Le scimmie ragno lo fanno con la coda. Il ragazzino aveva voglia di veder succedere qualcosa di brutto, di pericoloso. «La masturbazione» disse la Mamma «per loro è l'unica via di fuga.» Finché non arriviamo noi due, pensò il ragazzino. Gli animali tristi e catatonici, gli orsi strabici e i gorilla e le lontre accasciati su sé stessi, con gli occhi vitrei quasi completamente chiusi, che respiravano a malapena. Con le zampette logore imbrattate di roba appiccicosa. Gli occhi coperti di croste. I delfini e le balene si strusciano contro le pareti lisce delle vasche, disse la Mamma. I cervi, disse, sfregano le corna nell'erba fino a raggiungere l'orgasmo. Davanti a loro, un orso malese sparò il suo schizzetto su una roccia. Dopodiché si lasciò cadere sulla schiena con gli occhi chiusi. Lasciando il suo laghetto a morire sotto il sole. Il ragazzino sussurrò: lui è triste? «Peggio ancora» disse la Mamma. Gli raccontò di una famosa orca assassina che, dopo essere stata protagonista di un film, era stata trasferita in un acquario nuovo di zecca, lussuosissimo, ma aveva cominciato a riempire la vasca di sperma. I guardiani erano imbarazzatissimi. La cosa aveva assunto proporzioni tali che adesso stavano cercando di liberarla in mare. «Guadagnarsi la libertà a forza di masturbazioni» disse la Mamma. «Michel Foucault sarebbe impazzito per una cosa simile.» Gli disse che quando un maschietto e una femminuccia copulano, la punta del pene di lui si gonfia, e i muscoli della vagina di lei si dilatano. Dopo aver fatto sesso i cani rimangono bloccati l'uno dentro l'altra, e per un tempo generalmente breve non possono fare altro se non restare in quella posizione infelice [il gatto, invece, ha un pene che sembra progettato per il dolore, con degli spuntoni sadomaso che graffiano la vagina, ed è una vera benedizione per la gatta che il maschio spari i suoi soldatini bianchi in un paio di secondi Ndr.) La Mamma disse che la descrizione poteva adattarsi perfettamente a buona parte dei matrimoni. Nel frattempo, quasi tutte le altre madri avevano portato via i figli. Quando il ragazzino e la Mamma rimasero soli, lui le sussurrò: dove sono le chiavi per liberare gli animali? E la Mamma rispose: «Ce le ho qui». Davanti alla gabbia delle scimmie, la Mamma infilò una mano nella borsa e tirò fuori una manciata di pillole, minuscole pillole rotonde e viola. Le lanciò al di là delle sbarre, e le pillole si sparpagliarono, rotolando ovunque. Alcune scimmie si avvicinarono per osservarle. Per un angoscioso istante, il ragazzino si dimenticò di parlare a bassa voce e disse: «Cos'è, veleno?». E la Mamma scoppiò a ridere. «Questa sì che sarebbe un'idea» disse. «No, amore mio, noi due queste scimmie non vogliamo liberarle definitivamente.» Adesso le scimmie si erano raccolte intorno alle pillole, e se le stavano mangiando. E la Mamma disse: «Tranquillo, bimbo mio». Infilò una mano nella borsetta e tirò fuori il tubetto bianco, il tricloroetano. «Questo?» disse, e si appoggiò una pillola viola sulla lingua. «Questo è solo comunissimo Lsd.» Dopodiché, si ficcò il tubetto di tricloroetano in una narice. O forse no. Forse non andò affatto così.
Chuck Palahniuk, Soffocare (Choke, 2001), paragrafo 30; trad. di Matteo Colombo, NdR mie
1 note · View note
zinicaviaggi · 3 years ago
Photo
Tumblr media
💘 Il 14 febbraio si celebra San Valentino, la festa degli innamorati. L’amore è un sentimento universale, da cui non è immune nemmeno il regno animale. I leoni, ad esempio, sono animali monogami e scelgono una leonessa in particolare all’interno del branco, i cigni rimangono fedeli al partner anche dopo la sua morte, mentre i pinguini tornano sempre dove hanno conosciuto la propria compagna e le restano fedeli per tutta la vita. (presso Zinica Viaggi) https://www.instagram.com/p/CZ-T7h2qZmD/?utm_medium=tumblr
0 notes
principessa-6 · 2 years ago
Text
Amarsi per sempre!!!
Tumblr media
Il maschio del pinguino dagli Occhi Gialli torna ogni estate nel luogo dove è nato, per conoscere una compagna di vita. Dedica molto tempo a raccogliere sassolini colorati per poi scegliere, quando si sente pronto, il sassolino migliore da portare in regalo alla femmina dalla quale è attratto, porgendoglielo ai piedini. A quel punto la femmina può accettare o rifiutare la sua "proposta di matrimonio". Se accetta, il sassolino colorato è come la fede nuziale. Rappresenta simbolicamente la prima pietra del nido nel quale abiteranno per sempre, perché i pinguini sono animali monogami ed abitudinari. Ciò vuol dire che vivranno con lo stesso partner per tutta la vita. Il pinguino è fedele ed è anche un molto geloso della sua compagna. Per ultimo, i pinguini sono ottimi genitori, molto premurosi con i loro piccoli.
4 notes · View notes
giacomomanini · 3 years ago
Text
Pappagallo monaco
Su una palma da dattero, proprio a due passi dalla mia fantasia, ha fatto il nido una coppia di pappagalli monaco; animali longevi e monogami, dedicano la loro vita al compagno/compagna fino alla fine… …se alzi lo sguardo dal tuo cellulare e inizi a guardare il mondo con consapevolezza, potresti vederli insieme al tramonto osservare l’orizzonte all’unisono, appoggiati lievemente su una pietra…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
allmadamevrath-blog · 6 years ago
Text
Sette sataniche. Le sette sataniche nel mondo. Culti propri degli afrobrasiliani. L'umbanda. Il Candomblé
Tumblr media Tumblr media
Sette sataniche
Le sette sataniche nel mondo
Culti propri degli afrobrasiliani
L'Umbanda
L'Umbanda è il culto degli Orishas, e poggia saldamente su tradizioni religiose africane, americane ed europee. Essa ha cercato di legittimarsi prendendo alcuni elementi dal Candomblé, in modo particolare quelli che fanno riferimento all'Africa, alla schiavitù, ai modelli di comportamento tribali e alla mentalità. Il processo d'iniziazione dell'Umbanda è più semplice di quello del Candomblé: esso è più lieve e non prevede, per i suoi rituali, i sacrifici cruenti. Gli spiriti dei Cablocos (indigeni) e dei Pretos Velhos (antichi schiavi) s manifestano nel corpo degli iniziati in preda a trance rituale, allo scopo di danzare, di consigliare e di assistere coloro che hanno bisogno di aiuto religioso o magico. L'Umbanda ha assunto in parte le virtù cristiane della carità e dell'atruismo: ciò ha trasformato l'Umbanda in una religione Occidentale più di una religione afrobrasiliana. Con il termine Umbanda si intende genericamente anche l'arte di consultare gli spiriti disincarnati dei defunti affinché influenzino in un modo o nell'altro le persone, nonché il potere degli spiriti di curare attraverso i feticci che costituiscono il trait d'union tra i vivi e i defunti. L'Umbanda è movimento religioso tuttora in formazione ed in fortissima espansione, che si estende a tutti gli stati del Brasile e penetra in tutti gli strati della popolazione brasiliana, facendo adepti tra ricchi e poveri, tra analfabeti e intellettuali.
Il Candomblé
Il vocabolo Candomblé è di origine africana e significa "danza", "danza sacra", una danza per evocare gli spiriti, le forze della natura, che sono identificati negli Orishas. Il Candomblé, durante gli anni '60 del secolo scorso, penetrò negli ambienti Umbanda facendo parecchi proseliti. Intellettuali, poeti, studenti, scrittori ed artisti presero parte a questa ricerca, che ruotava atttorno alle sedi del vecchio Candomblé nella città di Salvador, la capitale dello stato di Bahia. L'andare a Salvador per farsi predire il futuro delle maes-de-santo del Candomblé (alte sacerdotesse dei terreiros, santuari della religione degli Orishas) divenne una cosa necessaria per tanta gente, quasi un bisogno vero e proprio che colmava una mancanza di trascendenza. In tal modo, il Candomblé trovò tutte le condizioni sociali, culturali ed economiche per rinascere, diventando così, una religione multietnica e multirazziale.
- Le "nazioni" del Candomblé. Il Candomblé può essere suddiviso in "nazioni" a second delle origini etniche rispecchiate nei rituali. Le antiche culture africane provenivano fondamentalmente da aree culturali bantù (corrispondenti oggi ad Angola, Mozambico, Gabon, Zaire) e delle culture sudanesi del golfo della Guinea (Yoruba ed Ewe-Fon, oggi corrispondenti alla Nigeria e al Benin); nnonostante le loro divinità; le aree culturali bantù e quella sudanese si fusero insieme pur conservando le proprie varianti. Nella cosiddetta "nazione Ketu", predominano il pantheon degli Orishas e i riti d'inizziazione yoruba. Il linguaggio rituale ha anch'esso un'origine yoruba. Sono di origine yoruba, o Nago come vengono chiamati da Yoruba in Brasile, i Nago del Pernambuco e ii Batuque del Rio Grande del Sul. La "nazione Angola" di origine bantù, ha adottato il pantheon degli Orishas degli Yoruba ed anche molte pratiche iniziatiche della "nazione Ketu". Nella "nazione Angola" è di primaria importanza l'adorazione dei caboclos, spiriti indigeni considerati dalla "nazione Angola" come i veri antenati del Brasile. La "nazione Jejé-Madin" dello stato di Bahia e la "nazione Mina-Jejé" dello stato del  Maranhao sono invece connesse con le tradizioni di origine Fon. Il Candomblé che gode di maggiore prestigio e che è più conosciuto in tutto il Brasile e quello della "nazione Ketu". - Adepti e clienti del Candomblé. Il Candomblé, soddisfa anche la domanda di una vsta clientela che non partecipa alla cerimonia di adorazione. Il cliente si reca nella mae de santo o dal pai de santo per consultare l'Oracolo degli Orishas, il gioco dei cauri (jogo de bùzios), mediante il quale si fanno predizioni, si cerca di risolvere prroblemi e si prescrivono mezzi rituali per manipolare gli avvenimenti della vita. Il cliente paga per la consultaione e, talvolta, per qualche sacrificio propiziatorio raccomandato per un caso specifico. Si tratta in genere di sacrifici di animali. Il cliente, inoltre, riesce quasi sempre a conoscere il suo orisha "che comanda la sua testa" e, in tal caso, può prendere parte ad una o più celebrazioni per le quali versa generose offerte. I clienti del Candomblé, pur essendo all'oscuro dei processi d'iniziazione, ai quali non prendono neanche parte, risultano essere delle figure di duplice importanza: aiutano a legittimare dl punto di vista sociale il terriero, il santuario, il gruppo religioso, nonché contribuiscno, all'arricchimento dei fondi necessari per le spese della comunità. - I princiali Orishas del Candomblé. Ogni persona appartiene ad un determianto dio, "signore" della sua testa e della sua mente, da cui ha ereditato le caratteristiche fisiche e della personalità. Per conoscere il proprio orisha è necessario consultare il gioco dei cauri (conchiglie) e ciò è prerogativa della mae de santo o del pai de santo. Spere chi è il proprio orisha è fondamentale per poter iniziare il processo d'iniziazione dei nuovi adepti e anche per predire e anche per predire il futuro e risolvere i problemi personali. Non esistono orishas buoni o cattiviin quanto la religione degli orishas in Brasile non contempla la nozione di peccato. Ogni orisha ha le sue caratteristiche, i propri elementi della natura, colori simbolici, abiti, canzoni, cibi, bevande, tipo di personalità, desideri, difetti e così via. I fedeli credono che uomini e donne ereditino molti degli atributi degli orishas, in modo particolare quelli relativi al comportamento e alla personalità. Una persona, in una certa situazione, si comporti con modalità che riflettono la condotta del suo orisha nella stessa situazione.
1. Eshù. E' protettore dei crocicchi e delle porte che danno sulla strada. Sincretizzato con il diavolo cattolico, il suo simbolo è un fallo d'argilla o un tridente di ferro. I fedeli credono che la gente consacrata ad Eshù sia intelligente, sexy, forte, carnale, licenziosa, calda, erotica e sporca, gente a cui piace mangiare e bere smodatamente. Non ci si dovrà mai fidare di un figlio o di una figlia di Eshù. Essi sono i migliori più caldi in campo sessuale, ma sono loro che decidono se e quando esserlo. Non si sposano mai. Sono molto spericolati e violenti, e vengono da soli nelle strade, bevendo e guardando sempre i crocicchi. Ogni volta che Eshù fa un favore, si deve pagargli un pò di denaro, di cibo e di attenzione. La gente di Eshù non fa mai nulla per nulla, almeno secondo gli antichi miti africani e le attuali credenze brasiliane. 2. Ogùn. Dio dela guerra, del ferro, della maetallurgia e della tecnologia, è sincretizzato con sant'Antonio o san Giorgio. E' l'orisha che ha il potere  di tutte le vie Gli stereotipi ci mostrano i figli di Ogùn come capirbi, passionali, freddi e razionali, e anche con una mente iperattiva. Essi spezzano i cuori. Si crede che la gente di Ogùn sia abile in campo sessuale quanto quella di Eshù. E infatti Ogùn ed Eshù sono fratelli. Si dice, in genere, che le "famiglie" di ambedue gli dèi comprendono indiividui fisicamente ben costruiti e mentalmente maaniaci del sesso. Al di là di questo, essi sono in grado e di fare altre cose interessanti, del tutto pratiche. Sono infatti i più adatti a svolgere sia il lavoro dei poliziotti che anche lavori intellettuali. Riescono bene anche come soldati. 3. Oshòssi. Dio della caccia, giovane e guerriero. Sincretizzato con san Giorgio o con san Sebastiano, l'orisha dell'abbondanza. La sua gente è longilinea, intelligente, amabile, curiosa, ficcanaso. I suoi figli non possono essere monogami, perché sono sempre in giro giorno e notte, però sono buoni padri e buone madri. Sono amichevoli, a volte un pò sempliciotti, molto pazienti, e note come persone solitarie. Una persona Oshòssi ricerca e si gode gli amanti, ma se non ha un amante si soddisfa con una discreta masturbazione. Gli individui Oshòssi sono eterni adolescenti, e quindi non si deve chiedere ai figli del dio della caccia di aspettarvi. Infatti vivono sentendosi liberi di rompere gli impegni; difficilmente capiscono cosa sia fissare gli appuntamenti. Così la tradizione, così insegna la tradizione. 4. Abaluayé o Omulù. Dio del vaiolo, delle pestilenze e delle malattie, oggi è considerato dio dell'AIDS. E' connesso con ogni genere di malattia, cura, cimitero, suolo o sottosuolo. E' sincretizzato con san Lazzaro. I suoi figli sembrano i più depressi e i più deprimenti, sono negativi, pessimisti e astiosi. Paiono scontrosi, ma in realtà sono timidi e si vergognano del loro tremendo aspetto. 5. Shangò. Dio del tuono e della giustizia, sincretizzato con san Bartolomeo. Ci si rivolge a lui per questioni concernenti affari, giustizia e burocrazia. La gente di Shangò è nata per essere Re e Regina, ma in genere non lo è. I figli di Shangò sono caparbi, risoluti, insaziabili, e avidi di cibo, denaro, potere e mogli. A loro piace avere molti innamorati, anche se non hanno l'ardore sessuale per mantenere per molto tempo più di na relazione. Essi vivono per combattere, per coinvolgere la gente nella loro guerra personale. A loro infatti piace la guerra, nonostante diventino sempre più grassi. Proprio per essere giusti, va detto che una persona-Shangò è il giudice più equo che si possa desiderare. I figli di Shangò sono buoni amici ed eccellenti genitori. 6. Oshùm. Dea dell'acqua sorgiva, dell'oro, della fertilità e dell'amore, sincretizzata con Nostra Signora delle Candele, uno dei tanti appellativi della Vergine Maria. Signora della vanità, è la moglie favorita di Shangò. La gente di Oshùn è attraente, seducente, astuta e molto importante, e sa bene come condurre gli affari d'amore. Propensa per la stregoneria, è in grado di prevedere il futuro, scopre segreti e svela misteri. Prova godimento per la bellezza, che pensa sia un proprio appannaggio di diritto. I fgli di Oshùn possono essere anche molto vanitosi, presuntuosi ed arroganti. Sono tutto in materia d'amore, di appuntamenti, di matrimonio, dell'avere una famiglia e del modo di allevare i figli senza problemi, spensieratamente. Non sono mai poveri, e non riescono a sopportare la solitudine. 7. Yansàn o Oya. Dea del fulmine del vento e dei temporali, sincretizzata con santa Barbara. E' una guerriera, ed è l'Orisha che guida le anime dei morti nell'oltretomba. Yansàn è la moglie più importante di Shangò. I suoi figli e le sue figlie amano molto il sesso e avere quindi molti amanti. E' infatti una dea dell'amore e viene considerita anche una sorta di divinità femminista. I figli di Yansàn sono coraggiosi, comuncativi e brillanti; a loro non piace fare commissioni per gli altri, poiché ritengono di essere dei Re e delle Regine. Sono estroversi, amano mettersi in mostra ed essere al centro dell'attenzione. Sono capaci di sacrificare la vita per coloro cha amno, ma non perdonano mai un tradimento, soprtattutto in amore. 8. Yemanjà. Dea dei mari e degli oceani, venerata come madre di molti orishas. E' sincretizzata con l'Immacolata Concezione, altro appellativo della Vergine Maria. Rappresentata come una sirena, si può vedere la sua statua in quasi tutte le città della costa del Brasile. I figli e le figlie di Yemanjà sono buoni padri e buone madri, proteggono i figli, gli amici e i parenti con il coraggio e la forza del leone. Il loro maggiore difetto è di parlare troppo, e infatti non riscono a mantenere un segreto. Amano lavorare e vincere la povertà. 9. Oshalà. Dio della creazione, sincretizzato con Gesù Cristo. I suoi fedeli si vestono di bianco ogni venerdì. Come Creatore, modellò i primi uomini e soffiò in essi il respiro della vita. Quando si rivela nella trance, e nei Candomblé brasiliani, Oshalà si presenta in due forme: Oshalufan è vecchio, curvo e stanco, si muove lenntamente ed è a stento in grado di danzare; Oshaguian è nel pieno della giovinezza e danza come un guerriero. Oshalà è la sola divinità a cui non piacciono i sacrifici di animali a sangue caldo (capre, pecore, galline, ecc.) e preferisce il sangue freddo dei molluschi. La gente di Oshalà ama il potere, apprezza quando è trattata come un Re, o almeno come un capo, preferibilmente "il" capo. Si pensa che alcuni di coloro che sono consacrati all'Oshalà vecchio non siano buoni amanti, in quanto troppo stanchi per fare l'amore. Comunque si tratta di persone brillanti. avide di apprendere e con un vero talento per imparare. Essendo battaglieri, sono di grande aiuto agli amici e sono indomiti avversari dei loro nemici.
A volte, quando precise caratteristiche di un Orisha non si attagliano per niente ad un individuo consacrato, è molto comune decidere che quel dio non è "adatto" alla persona. Ciò significa che si deve fare subito un cambiamento di divinità, e che deve esistere un mito "dimenticato" che giustifica l'errore. Altre volte gli attributi dell'orisha non si adattano alla vita o ai modelli di comportamento della nostra attuale società, e allora devono essere modificati. Questo fatto dice che la costruzione sociale delle religioni, con le loro divinità, i loro simboli, i loro significati, è ancora ben lontana dall'essere compiuta.
2 notes · View notes