#anche se mi piacciono un po' tutti
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mikaelarebel · 10 months ago
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Molti mi definiscono “diversa”, io semplicemente, penso di essere “rara”; ho dei difetti, ne ho parecchi, ma ho anche dei pregi, forse pochi.
Sono una persona di cuore, lo sono troppo. Non do mai tanto quanto gli altri danno a me, se posso e se voglio do tutta la mia vita. E no, non me ne pento mai, se c’è una cosa che voglio lasciare dentro una persona è il mio bel ricordo. Amo lottare per chi penso possa valerne la pena, e non mi tiro indietro al primo problema, anzi, abberei muri e cancelli.
Lascio agli altri la libertà di farmi del male, non sono stupida e nemmeno una fifona, purtroppo vedo del buono anche nelle brutte persone provando a tirar fuori il loro meglio, vorrei davvero che le persone fossero come realmente le vedo io. Sono un’ingenua, basterebbe solo aprire un po’ di più gli occhi. Le brave persone, quelle che ti amano soprattutto, non ti farebbero mai lo sgambetto.
Sono testarda, quando mi impunto non c’è verso che io cambi idea, ho bisogno di sbattere contro un palo e di cadere 1000 volte, per far sì che ascolti i consigli degli altri. Non ho paura del giudizio altrui, anzi non mi tocca minimamente, ma voglio sbagliare e camminare con le mie gambe, voglio poter capire da sola quali sono le cose che ostacolano il mio cammino e non mi lasciano passare.
Sono impulsiva, maledettamente impulsiva. Se c’è qualcosa che odio sono le bugie e le doppie facce. Ho bisogno di dire tutto ciò che penso, non riesco a trattenermene una. A volte questo mio lato viene “condannato”, non a tutti piace la verità sbattuta in faccia, eppure penso si vivrebbe meglio. Viviamo in un mondo fatto di menzogne.
Odio il grigio, o è bianco o è nero, le mezze misure non mi piacciono. Quando chiudo una porta, butto via la chiave, non torno indietro, tendo a farmene una ragione sin da subito.
Sono la persona più paziente al mondo in assoluto, sopporto fino a quando non scoppio, ma quando mi incazzo non mi trattengo.
Sono una romanticona, mi piace l’amore, io amo l’amore. Odio le sdolcinatezze, non mi si addicono per niente (sono quasi una scaricatrice di porto). Preferisco il cinema alla discoteca, un film con una pizza piuttosto che una cena a lume di candele al ristorante. CHE IMBARAZZO!! Sono passionale, mi piace fare l’amore con la persona per la quale mi batte il cuore. Sono una sognatrice, mi piace immaginare cose che per la maggior parte delle volte non accadono, però mi fanno star bene, meglio di niente, no?
Mi chiudo a riccio quando non conosco qualcuno, sono sfiduciosa verso il genere umano, ma quando prendo confidenza divento logorroica e inizio a parlare di tutto il mio albero genealogico e della mia vita dalla mia prima parola.
Sono insicura, non sempre mi convincono le decisioni che prendo e spesso, tendo a cambiare idea facilmente anche mentre la sto cambiando, mi sento una pazza!!
Sono folle, mi piacciono le pazzie, d’amore...
Sono una persona gelosa, non morbosa ma controllata, so cosa è giusto e cosa è sbagliato, nei limiti.
Sono complicata, è vero, ma non chiedo né pretendo nulla da nessuno, sono questa PRENDERE O LASCIARE
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libero-de-mente · 2 months ago
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La metro oggi era piena come un uovo, complice gli ultimi giorni prima di Natale.
Ultimi giorni di scuola, di appuntamenti lavorativi e di spese e acquisti per completare i regali.
Ultimi giorni frenetici, giorni che avvicinano alcune persone al baratro della solitudine sia esteriore che interiore. Un disagio che sale pian piano lungo il collo in un capestr0 che leva il respiro.
Sono seduto vicino a un uomo, non posso non notarlo. Lo sguardo che esprime è devastante. Mi faccio forza - Tutto bene? - gli chiedo con la voce un po' strozzata.
- Non molto bene, a dire la verità - mi risponde inaspettatamente con sincerità e un sorriso amaro, quasi sorpreso della mia domanda - mi sento… spento. Vivo come se non ci fosse nulla per cui valga la pena farlo.
- Posso comprenderti sai? - cerco di rassicurarlo - forse abbiamo qualche fermata da condividere, vuoi parlarne? - gli chiedo mentre vedo chiaramente la donna al suo fianco intenerirsi per queste mie parole.
- Non so nemmeno da dove cominciare - mi risponde rassegnato.
- E tu provaci - lo sprono alzando di mezzo tono la voce e di dodici denti il mio sorriso.
- Mi sento sempre stanco, senza energie. Non ho voglia di fare niente, nemmeno le cose che di solito mi piacciono.
- Ti senti così da molto tempo?
- Ho smesso di contare il tempo da molto, sono stanco. Credi sempre che sia solo un breve periodo, che poi passerà ma invece non è così. Il tempo passa e resta tutto fermo, come in una lunga apnea.
- Hai mai pensato di parlarne con qualcuno? Un medico, uno psicologo…
- L'ho fatto in passato, Non credo servirebbe ancora ripetermi. Tanto non cambierebbe niente.
- Perché pensi che non cambierebbe niente? - gli chiedo avvicinandomi con il mio busto.
- Perché la gente non cambia. La gente che mi circonda, chi fa parte della mia vita compresi quelli che non ho cercato. Non è facile essere una valvola di sfogo per tutti, mentre a me non è concesso, salvo pagando pegno. Non so manco perché te lo dico - e mentre pronuncia queste parole vedo lo sconforto nei suoi occhi, il mordersi un labbro quasi a provocarsi un dolore per sopire un altro tormento.
- Capisco - gli dico con un gran sospiro e dandogli una pacca amichevole su un ginocchio - ma sappi che ci sono persone che possono aiutarti e che non sei solo. Io ci sono, se hai bisogno di parlare. Anche solo per sfogarti un po'.
- Si lo so, io sono uno di quelli. La gente vuole più essere ascoltata che ascoltare. Mi chiedo sempre se le persone come me in questo mondo ce la faranno.
- Bella domanda. Il fatto è che per non sentire nulla, nella vita, dovresti avvelenare il cuore. Averlo compromesso. Di pietra.
- Dovremmo vivere in un mondo dove si potesse davvero mettere in evidenza il proprio animo, non il proprio ego. Dovremmo vivere e non sopravvivere.
- Sopravvivere, hai ragione. Quando vivi con il costante pensiero di arrendersi è molto più dura. Ti capisco sai?
Arrivata la fermata dove dovevo scendere ho salutato l'uomo stringendogli la mano.
Sono rimasto seduto su quel seggiolino della metro fino al capolinea, lì dovevo scendere, chiuso nei miei pensieri. Sentivo ancora quella pacca sul mio ginocchio, come se qualcuno me l'avesse data davvero. Non avevo una bella espressione, ma nessuno se n'è accorto. Impegnati nella loro vita che scorre su un display.
Averi voluto che qualcuno mi avesse detto "Tutto bene?".
Me lo richiederò da solo questa sera, dopo l'ennesima prova della mia inutilità come figlio e padre di famiglia.
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aigiornileggeri · 11 months ago
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Mi ritrovo a 25 anni e l’idea dell’amore come quella dei bambini.
Mi sono ritrovata a parlare con una bambina di amore.
È fidanzata, da un anno, con Francesco.
Prima di lui c’è stato un altro che però è stato rubato dalla sua migliore amica.
Penso che se questo le fosse successo alla mia età si sarebbero strappate i capelli a vicenda e lui ne sarebbe uscito illeso, come succede il 99,9% dei casi. Anche se la colpa non è mai da una sola parte.
Non so perché ora senta la necessità di scrivere quello che mi sta passando per la testa, forse perché ora scrivere a mano non mi basta di più, ho tanto da dire e poca voce per farlo.
Ho sempre preferito scrivere che parlare.
Continuo a scegliere le parole con la stessa accuratezza con cui le mie coetanee scelgono l’outfit (ora ci siamo tutti inglecizzati) che indosseranno per una serata in discoteca.
Io in discoteca non ci sono mai stata, non ho mai fumato una canna, fumo sporadicamente le sigarette, giusto per infliggermi un po’ di dolore.
Dicono che ogni sigaretta fumata accorci la vita di 7 minuti, sto sperimentando la veridicità di questa affermazione.
Non voglio morire.
Sia chiaro.
Quando ci penso ho onestamente paura.
Chiudi gli occhi e tutto finisce.
Non si pensa più.
Le connessioni tra neuroni si fermano.
Niente stimoli.
Niente input.
Niente output.
Tutto tace.
Eppure quante volte aspiriamo nella vita ad un po’ di silenzio?
Sono consapevole che per quanto voglia ciò è impossibile. Almeno da vivi.
Motivo per il quale mi sto quasi abituando all’idea che troverò la pace a cui aspiro una volta morta.
Il discorso sta prendendo decisamente una piega tetra.
Sono una persona abbastanza noiosa.
Non amo il casino.
Mi piacciono le pantofole calde, le coperte, le tisane e i libri.
Non mi piace andare a mangiare fuori, mi piace l’intimità delle mura di casa.
Ma sono consapevole che sono in rotta di collisione con il resto del mondo.
Questo mondo di oggi che deve ostentare tutto.
Ieri sono uscita e c’era un tramonto stupendo a Roma, il volerlo immortalare mi stava quasi distraendo che stavo dimenticando di vivermelo.
E invece l’ho vissuto.
Ho notato ogni piccola sfumatura presente. Nei minimi dettagli.
Io sono così, guardo i dettagli e cerco di leggerli tra le righe.
Sono sempre stata una che ha visto nel piccolo prima di vedere nel grande.
Questa società ci ha abituati ad avere tutto e subito. Pretendiamo di conoscere le persone con lo schiocco delle dita.
PRETENDIAMO.
Non penso ci sia niente di più brutto che pretendere un qualcosa da qualcuno.
È come se lo obbligassimo a fare qualcosa che non vuole per un tornaconto solo nostro.
Ne lede ogni libertà di scelta e di pensiero.
Lo stesso errore si commette quando parlando si dice “io al posto suo…”.
Al posto suo non ci sei.
Al posto suo c’è solo la persona.
Non tu.
Per fortuna o per sfortuna, dipende dai casi, ognuno ha una propria testa e ragiona come meglio crede.
Io ho sempre pensato di ragionare con la testa di una ragazza di 60 anni fa.
Non mi sono mai sentita a mio agio in questa società.
Come un pesce fuori dall’acqua che cerca di tornare al mare.
Non mi sono voluta adeguare alla massa.
Non mi sono mai voluta adeguare a qualcuno.
Per qualcuno.
Rimarrò sola? Non so.
Ho paura? Non so.
Perché le persone cercano di cambiarsi per andare bene a qualcuno?
Capisco lo smussare gli spigoli, ma perché cambiare rinnegando quello che si è?
Io non voglio rinnegare niente di quello che sono.
Qualcuno una volta mi ha detto che siamo la somma delle esperienze che ci sono capitate. Beh, non per vittimismo, ma potrei scrivere un libro per tutte le volte che sono caduta in tutte le maniere in cui una persona può cadere e con la sola forza delle mie braccia mi sia rialzata.
Non penso di avere una vita tragica, ma penso di avere una vita in cui il coraggio le ha fatto da padrona.
Sì, sono coraggiosa.
Questo me lo devo.
In fondo credo che un po’ io mi voglia un po’ di bene, per quanto a volte litighi con me stessa sul perché non riesca a cambiare alcune cose di me che davvero non mi piacciono.
Sono abituata a fare l’elenco dei miei difetti, e non riesco a trovare mai un pregio.
Ecco, coraggiosa è il primo pregio.
Ma tornando al discorso di prima…
Vanno a scuola insieme.
Non si sono visti e neanche sentiti per tutto il periodo dell’estate.
Le ho chiesto allora perché non gli avesse scritto per tutto il periodo e la sua risposta è stata: “Avevo da fare con le amichette.”
Di risposta le ho chiesto se dopo tutto questo tempo lontani era sicura che anche da parte sua ci fosse lo stesso sentimento.
Penso di aver impiantato in lei il seme del dubbio.
Se magari prima ne era convinta, adesso non più.
Eppure 60 anni fa partivano per la guerra, passavano mesi senza vedersi e, se Dio voleva, riuscivano a mandarsi una cartolina ogni tot di tempo.
Ora il dubbio sorge non appena si ha un messaggio non visualizzato.
Maledette spunte blu.
Sorge il dubbio se non si risponde entro un tempo predefinito.
Ed ecco che la vipera del tradimento si insinua nelle nostre menti.
E distrugge tutto.
Con questo non voglio dire che prima non si tradiva, anzi forse era anche più facile tradire prima.
Senza Instagram, senza storie, senza localizzazione, senza messaggistica istantanea, senza chat segrete di Telegram (che ancora non so come funzionino).
Forse c’era una cosa che oggi è difficile trovare: il rispetto.
Ecco, forse ho trovato un altro mio pregio.
La mia famiglia mi ha insegnato a rispettare tutto e tutti.
Non so ammazzare neanche una mosca senza sentirmi in colpa.
Ho imparato il rispetto per ogni forma vivente: animali, piante, persone.
Ho imparato il rispetto per ogni forma non vivente.
Grazie mamma, grazie papà, grazie nonna e grazie zia.
Forse non gliel’ho mai detto.
Prima o poi lo farò.
Loro sono le colonne portanti della casa che sono.
E gliene sarò per sempre grata.
Mi hanno insegnato il senso di sacrificio. E rispettare chi ne fa.
Cerco di mantenere ogni promessa, di renderla reale.
Ma in un mondo che ti fa lo sgambetto più e più volte è difficile, ma continuo ad apprezzare la buona volontà di chi ci prova.
È un mondo malato che sta facendo ammalare anche le persone che ci vivono. Forse gli animali sono gli unici che ne restano illesi.
Quanto può essere cattivo l’essere umano?
Einstein diceva che l’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo inventerebbe mai una trappola per topi.
Siamo davvero così stupidi?
Perché soffriamo di queste manie di grandezza?
Perché questa necessità di prevalere sull’altro e di doverlo sventolare ai quattro venti?
Comunque, continuando il nostro viaggio nella mente di una bambina di 7 anni, dopo aver impiantato in lei il seme del dubbio ho cercato di sistemare la situazione, ormai già distrutta, affermando che in caso contrario avrebbe comunque potuto trovarne un altro. O anche due. Così da avere la riserva.
Lei ha fatto spallucce.
Non penso abbia apprezzato la mia affermazione.
In realtà non l’apprezzo neanche io.
Non nutro grande simpatia per coloro che decidono di intraprendere relazioni parallele. Anzi, direi che (sì, lo so che è brutto da dire), le schifo. E non poco.
Se una persona non ti fa stare bene, bisogna avere il coraggio di lasciarla andare.
Può essere doloroso, ma anche le ferite più dolorose guariscono.
E questo lo so bene, forse daranno un leggero fastidio ogni qualvolta il tempo cambierà.
Ogni qualvolta ti ci soffermerai a pensare.
Mamma dice sempre: “Le cose che non si fanno sono le migliori.”
Ma con quanti punti di domanda ci lasciano?
Quanti finali alternativi si alternano nella mente di una persona?
Sono una persona curiosa.
Ma non nel senso che sia impicciona, mi sono sempre fatta i fatti miei e continuerò a farlo visto che aspiro a campare 100 anni.
Sono spinta da curiosità costruttiva, non mi limito a sapere il fatto in sé, ma mi piace capire, scavare nel profondo. Forse la parola più corretta da usare sarebbe comprendere il perché di una scelta piuttosto che un’altra.
Mi astengo dal dare qualsiasi giudizio.
Mi limito a dare un consiglio, senza aspettarmi che la persona lo segua, anche perché chi è che segue i consigli?
Io sono la prima a non farlo.
Mi piace sbatterci di testa, di faccia, rompermi le ossa, il cuore e l’anima.
Si dice si impari meglio sbagliando e io voglio sbagliare nel modo giusto.
Voglio passare la vita imparando, crescendo, diventando sempre più saggia.
Avrei voluto dire a quella bambina che poi tanto male non è stare soli, conoscersi.
Capire quello che realmente vogliamo.
Quello di cui abbiamo realmente bisogno.
Avrei voluto dirle di non piangere alle ginocchia sbucciate perché il cuore sbucciato quando crescerà farà ancora più male.
Avrei voluto dirle di godersi ogni attimo della sua età.
Avrei voluto dirle di avvicinarsi al mondo dell’amore il più tardi possibile.
Avrei voluto dirle che ha fatto bene a godersi l’estate con le amichette piuttosto che pensare al fidanzato.
Avrei voluto dirle che l’amore se è vero supera ogni ostacolo, ogni distanza, ogni tempo.
Avrei voluto dirle che non deve mai dare nulla per scontato, perché nel momento in cui lo fai tutto perde di valore e non è più come prima.
Non aspettatevi che una persona vi stia accanto per sempre, che vi ami per sempre.
L’amore è un fuoco di paglia, di solito la passione brucia velocemente.
La vera scommessa è alimentarlo.
Vorrei essere brava in questo.
Invece credo che tra le mie mille mila cose da fare non riesca mai ad alimentarlo come si deve, e niente.
Fa la famosa vampa e si spegne.
Azzarderei a dire che quasi a volte l’acqua per spegnerlo sopra l’abbia messa io.
Perché l’amore si identifica con il cuore?
Un muscolo involontario.
Probabilmente perché così come non abbiamo la possibilità di controllare il suo battito non possiamo decidere di chi innamorarci.
Ed ecco lì che capita di innamorarsi di chi probabilmente non avremmo mai detto.
Nel mio caso penso che avrei messo la mano sul fuoco che non sarebbe mai successo, ed invece è successo.
Ho imparato il mai dire mai proprio in questo caso.
E chi l’avrebbe detto che avrei messo le armi per distruggermi in mano a qualcuno.
Mi meraviglio con quanta facilità l’essere umano sia capace di buttare giù tutto quello che costruisce senza nessuna pietà e rimpianto.
Mentre io mi sono ritrovata a dire addio ad una macchina e a dare il benvenuto ad un’altra.
Ho provato il senso di colpa nell’averla quasi tradita per qualcosa di nuovo.
Perché è questo quello che succede nella vita, buttiamo il vecchio per fare spazio al nuovo.
Io sono così legata al vecchio che provo dolore quando lo butto.
Ecco, forse questo invidio a quella bambina, la facilità con cui nel momento in cui il piccolo Francesco deciderà di lasciarla lei troverà qualcun altro e riuscirà a chiudere Francesco in un cassettino della sua memoria che probabilmente non riaprirà mai più.
Io i miei cassetti della memoria li apro e anche spesso.
Maledette domande che attanagliano la mia mente e non la lasciano riposare.
Forse se riuscissi a lasciarmi scivolare tutto addosso sarebbe più facile.
E invece il Padre Eterno ha deciso di farmi cocciuta, testarda e con la necessità di sapere come, quando, dove e perché.
Vorrei poter chiudere tutto a chiave, buttare la chiave in un qualsiasi posto e perderla così da non poter riaprire niente, anche volendo.
Sono masochista.
Non mi taglio, non mi infliggo dolore fisico perché mi basta il dolore dell’anima.
E se per i tagli questi cicatrizzano, non so come possa guarire un’anima mal concia.
Lana Del Rey canta: “Mi amerai lo stesso quando non avrò nient’altro che la mia anima dolorante?”
Mi chiedo se davvero esista qualcuno capace di amare una persona nonostante l’anima che non si regge in piedi.
Ci vuole tanto amore ad amare chi non ci ama.
E ci vuole grande forza di volontà a lasciare andare le persone.
Lasciare andare qualcuno è la più grande forma di generosità.
Come può un rapporto cambiare per “colpa” di una frase sbagliata?
Dicono che la lingua riesca a ferire più di un coltello.
E perché le permettiamo di ferirci?
Sento ancora quel formicolio al cuore quando ripenso ad alcune frasi, che siano belle o brutte.
Nella maggior parte dei casi sono tutte le parole che più mi hanno ferita.
Quelle che più mi hanno fatta sentire inadatta.
Ma non penso di essere inadatta per davvero.
Penso sinceramente che alcune situazioni non vadano con altre.
Ecco di nuovo quella sensazione.
La me di dentro urla, si sta spolmonando. E la me di fuori non riesce a tirare fuori niente.
A volte penso se possa essere liberatorio salire sulla prima montagna e urlare, fino a non avere più aria nei polmoni. Fino ad essere stremati per l’urlo e non per altro.
A volte vorrei farlo.
Poi penso che le persone mi prenderebbero per pazza.
Anche se è mio uso e costume credere che i pazzi stiano fuori e le persone mentalmente stabili siano chiuse nel primo reparto di psichiatria disponibile.
Forse in mezzo a loro troverei la mia pace, chissà.
Vorrei fare un appello a me stessa: smettila di provare a fidarti delle persone.
Sono destinate tutte ad andare via. E tu speri ancora nelle cose irreali.
Chiudi gli occhi e immagini cose che sai anche tu non succederanno mai. E ti addormenti con il cuore un po’ più leggero, perché quello ti da pace.
Perché sono così?
Cos’è che realmente voglio?
O sono solo lo specchio di quello che gli altri vogliono da me?
Vorrei bastare a me stessa.
Essere sicura di me, delle mie capacità, senza il bisogno che qualcuno mi ricordi quanto valga.
Amo stare da sola, e non capisco perché continuo a far entrare persone nella mia vita che la mettono sottosopra.
Inizio ad essere quasi certa di essere masochista.
Sto per prendere il treno.
L’ennesimo.
Quanti treni ho preso, e non ne ho mai perso uno.
Anche quando ero in ritardo.
Sono stata sempre brava a prenderli.
A farli coincidere con altri.
Ad aspettare il meno possibile alle coincidenze.
Non mi è mai piaciuto aspettare.
Non sono una che sta con le mani in mano aspettando che arrivi la manna dal cielo.
Mi sono sempre data da fare, ho organizzato la mia vita in ogni minimo dettaglio e la vita ci ha provato ripetutamente a far saltare ogni mio piano.
A volte ci è riuscita.
A volte no.
Mi chiedo dunque, perché se non riesco ad aspettare un treno che dovrebbe portarmi altrove dovrei riuscire ad aspettare una persona?
Beh, il treno prima o poi arriva e anche se in ritardo a destinazione ci porta.
Ma le persone?
Arrivano?
Tornano?
Riescono a portarti realmente dove vuoi che ti portino?
Non si può decidere dove queste ti porteranno. Bisogna lasciarsi guidare.
E io non sono brava in questo.
Sono stata abituata a guidare, e non riesco a far sì che le persone guidino me.
Eppure io vorrei qualcuno che mi portasse al mare.
Scorrendo la ricerca di Instagram in una di quelle pagine di frasi fatte e depresse ho letto trova qualcuno che ti faccia dimenticare di avere un telefono.
Chissà com’è prendere il treno della vita.
Quello che dicono passi solo una volta.
Quello del hic et nunc, del carpe diem.
Non penso di aver mai colto un’occasione, troppo presa ad organizzarmi la vita che probabilmente mi sono dimenticata di viverla.
Ho messo da parte tutti i sentimenti, cercando di reprimerli.
Li ho messi così schiacciati bene in un cassetto che pensavo di averli sistemati lì a vita.
E invece il cassetto è esploso, lasciando venire fuori tutto quello che credevo di non poter provare.
La depressione.
Se mi avessero detto che un giorno ne avrei sofferto sinceramente gli avrei riso in faccia.
E invece sono qui, a distanza di due anni, con questo mostro dietro le spalle che mi attacca all’improvviso, quando sono più vulnerabile.
E so da me che la spinta per “guarirne” devo darmela da sola, ma le persone che, intorno a me, si limitano a dire: “Dai, su. Muoviti. Se ti fermi è perché sei tu che vuoi stare male” mi istigano sempre di più ad isolarmi.
Mi piace stare sola.
Mi piace l’equilibrio che raggiungo.
Se sto male non devo dar conto a nessuno.
Se sto bene non devo dar conto a nessuno.
Solo a me stessa.
Chissà quale organo ne risente di più.
Il cuore?
Il cervello?
Penso che i miei siano andati entrambi in sovraccarico e il mio esplodere ne è stata semplicemente una conseguenza.
Come se nel cassetto avessi messo più di quanto avrei dovuto e ora non si riesce più a chiudere e tutti i sentimenti repressi siano usciti uno dietro l’altro, sovrapponendosi anche a volte.
Tocco un po’ anche di bipolarismo probabilmente.
Meriterei un oscar come migliore attrice per tutte le volte che ho riso quando avrei voluto piangere.
Meriterei un oscar come migliore attrice per aver mentito sul mio stato di salute mentale a tutti, compresa la famiglia.
Meriterei un oscar come migliore attrice per tutte le volte che mentre ridevo pensavo a come sarebbe stato buttarsi dal Canale di Mezzanotte.
Ci sono andata.
Mi sono seduta sul bordo del ponte.
Penso che più di una volta sia stata sul punto di farlo.
Perché non l’ho fatto?
Probabilmente perché io sono ancora qui e posso scegliere di vivere, lei non ha avuto scelta.
E se l’avesse avuta sicuramente avrebbe voluto vivere.
Per cui, mossa da un minimo di lucidità, sono scesa giù e sono tornata a casa, mettendo la maschera perfetta.
Ma non a tutti si può mentire.
E gli occhi sono lo specchio dell’anima.
Non vedo i miei occhi brillare da un po’.
Chissà se ricapiterà.
E se la nostra vita fosse un libro scritto a penna?
Un cosiddetto manoscritto.
Senza bozza.
Senza margine di correzione, perché si sa, non si può cancellare con la gomma e riscrivere tutto.
Si può solo mettere una linea e andare avanti, fino alla fine del racconto. Fino alla fine del libro.
E lì, dove la penna inizia a incantarsi, arrivano le decisioni prese d’istinto.
Quegli scarabocchi che nessuno riuscirà mai a decifrare, neanche noi.
Perché quelle decisioni prese di pancia sembrano così sensate nel momento in cui le prendiamo mentre con il senno di poi si rivelano dei veri flop?
Perché, a volte, l’istinto prevale sulla ragione, perché autoinfliggersi dolore sperando in qualcosa che sicuramente non capiterà.
La legge di Murphy parla chiaro: se c'è una possibilità che varie cose vadano male, quella che causa il danno maggiore sarà la prima a farlo; Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può andare male, e si prevengono, immediatamente se ne rivelerà un quinto; lasciate a sé stesse, le cose tendono ad andare di male in peggio.
E allora mi chiedo, perché si molla la presa in alcune situazioni?
Perché non siamo più così bravi da lottare per quello in cui crediamo?
Perché non mi fido più delle mie sensazioni?
Ho sempre viaggiato con il mio sesto senso.
A volte bene, altre male.
Penso faccia parte del gioco.
Non credo nemmeno si possa pretendere che la vita giri sempre bene, penso sia impossibile vivere una vita senza cadere.
Dovrebbero essere le imperfezioni a rendere le cose perfette.
Il sudore dei sacrifici rende tutto più bello.
Ma ai sacrifici bisogna essere abituati.
E come ci si abitua?
Come può una persona abituarsi alla sofferenza per avere cose belle.
Ma perché si deve soffrire per arrivare al bello?
Per apprezzarlo di più?
E perché non godere delle piccole cose, ma aspettarsi sempre cose plateali?
Perché non compiacersi dei gesti ripetuti, seppur piccoli, ogni giorno, ma riempirsi gli occhi e soprattutto la bocca per un qualcosa che accade una sola volta e per un tempo breve.
Ho rivisto la piccola Giada.
Le ho chiesto di aggiornarmi sulle sue vicende amorose.
Mi sono così appassionata a questa storia d’amore che mi sembra quasi di viverla in prima persona.
Ci siamo sedute a terra.
Ha trovato dietro la tenda del salotto i regoli.
È stato come tornare indietro di quasi 20 anni.
Ricordo l’emozione, quando arrivava il momento dei regoli alle elementari.
La felicità nell’aprire quella scatola che sembrava magica perché quei piccoli rettangoli avrebbero dovuto insegnarmi a contare.
Anche se, diciamocelo sinceramente, tutti li abbiamo usati per costruire la famosa torre.
Apprezzo dei bambini in genere lo stupore davanti alle piccole cose; il trovare il buono e il bello anche nelle piccole cose.
Quelle più insignificanti.
Poi com’è che si diventa così materialisti?
Qual è il preciso istante in cui le piccole cose, anche le più stupide, smettono di bastarci e iniziamo a volere e a pretendere sempre di più?
Ho sempre avuto paura di crescere, di perdere il mio contatto con l’innocenza della tenera età, non essere più considerata la bocca della verità, diventare agli occhi del resto degli adulti una persona che sputa veleno perché dice quello che pensa.
Io non credo di sputare veleno, non penso nemmeno di essere così vipera come mi dipingono. Credo che la verità tendenzialmente faccia paura, fa paura a tutti, anche a me che sembro così dura e tosta.
La verità quando ci viene detta, nuda e cruda, ci spoglia di ogni maschera e ci costringe a guardarci allo specchio, come se fossimo tanti vermi privati di un guscio protettivo.
L’adulto è viscido, e di questo ne sono sempre stata convinta.
Ha sempre secondi fini, non sa bastarsi a sé stesso, cerca perennemente il confronto con altri per sentirsi superiore, non sa competere in modo sano, è cattivo e diventa egoista, egocentrico, cercando di creare una storia in cui risulta essere il protagonista assoluto.
Per non parlare degli adulti nelle relazioni: è un continuo prevalere sull’altro nel 90% dei casi, non si sa più viaggiare l’uno accanto all’altra.
Ho quasi 25 anni e la voglia di provare gli stessi sentimenti di Giada, la voglia che qualcuno provi per me gli stessi sentimenti che prova Giada.
La purezza.
Non perché servo a qualcuno, non mi piace essere sfruttata.
Ho sempre fatto mio il detto: “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te”, ma puntualmente ricevo altro. Ricevo quello che probabilmente se fossi realmente stronza farei alle persone.
Non so sfogarmi, non so buttare giù quello che provo se non scrivendo.
Mi sento così bene quando scrivo.
Non saprei come fermarmi.
Ho tanto da dire, continuo ad avere sempre tanto.
E continuo ancora a meravigliarmi delle mie capacità paragonate a quelle di persone più grandi.
Perché continuo a sottovalutarmi?
Apriamo i regoli, con l’intenzione (ovviamente) di fare la Tour Eiffel.
Iniziamo a mettere da parte tutti i pezzi che ci servono e intanto penso che vorrei essere circondata una vita intera da bambini e animali, dalle anime pure, da chi non fa male a qualcun altro per il puro scopo di goderne; voglio essere circondata da chi se fa male a qualcuno sa chiedere scusa.
Arriva il momento della fatidica domanda, chiederle come fosse andato il ritrovo con Francesco.
Ne ho quasi timore, soprattutto dopo l’ultima chiacchierata, ma i bambini hanno quell’innocenza disarmante contro cui nulla vince.
Il sospiro di sollievo tirato dopo aver saputo che ancora ad oggi stanno insieme è stato rumoroso, tanto da scambiare uno sguardo complice con la mamma.
A distanza di circa un anno io e Giada ci siamo riviste.
Qualcosa è cambiato, io sono cambiata e anche lei.
Se lei è cresciuta in altezza, in bellezza e anche in intelligenza, io sono diventata più vecchia, scorbutica e meno paziente verso ogni genere umano.
Non vedo Giada da un anno e quanto vorrei poter parlarle ancora. Interfacciarmi con lei e con l’ingenuità con cui vede il mondo: senza malizia, senza cattiveria, senza alcun melodramma irrisolvibile.
Mi chiedono spesso perché sia così attirata dai bambini e dagli animali, probabilmente la risposta si trova in questo: non fanno melodrammi e se dovesse accadere la situazione si placa in un tempo così breve da non destare nessuna preoccupazione.
Quanto sarebbe bello tornare piccoli, dove le uniche preoccupazioni sono soltanto i giochi non comprati da mamma e papà, le merende e il pisolino pomeridiano fatto controvoglia.
A ventisette anni il pisolino pomeridiano è quasi diventato un default per me, senza il quale non saprei neanche sopravvivere alle persone che mi sono intorno.
Vorrei tanto sapere di Giada, dei suoi amori, se è riuscita a continuare la sua storia con Francesco, mi piacerebbe dirle che ho trovato probabilmente l’equilibrio a cui aspiravo, ma so che mi guarderebbe interrogativa perché: come lo spieghi l’equilibrio ad una bambina?
Ho paura a dirlo forte, non tutte le persone sono felici se lo sei anche tu, ma ho trovato quella sorta di pace interiore che sembrava non potesse arrivare per me.
Sto per iniziare a fare una cosa che mi piace. Non mi interessa della fatica. Ho scoperto che con le persone giuste accanto sono ancora più forte di quello che credevo. Ho capito chi sì e chi no. Chi mi fa fiorire e chi cerca di estirparmi come un’erbaccia.
Grazie delle delusioni, dei momenti no, dei momenti in piena sbronza, delle scelte sbagliate, dei viaggi in macchina, del mare che calma in inverno e abbronza l’estate. Grazie dell’amore, delle amicizie nate dal nulla, del cuore rotto, dello scudo contro le parole che fanno male. Grazie per le serate a guardare le stelle in balcone con la sigaretta accesa, i lividi addosso per l’equitazione che libera la mente, i lividi dello stress mentale. Grazie per gli addii e le riscoperte di alcune persone. Grazie per il mio essere leggera, saper capire quando essere pesante e quando no, quando farne melodramma e quando no. Grazie perché ho capito quanto valgo, ho capito che non mi accontento di tutti e che chi mi sta accanto lo fa per scelta, per amore e ha rubato un pezzetto del mio cuore e lo custodisce preziosamente. Grazie anche a chi il pezzetto del mio cuore lo ha preso a pugni, a cazzotti e ci ha ballato sopra con la speranza di vedermi a terra strisciare come magari fanno loro. Mari splende anche grazie a voi. Soprattutto grazie a voi.
L’ultima foto non poteva non essere il mio panorama sul mio golfo preferito.
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ilsalvagocce · 1 year ago
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io e babbo portiamo i fiori al cimitero, prima che la notte scenda
nonno e nonna assistono al cambio di fiori di stoffa, sì di stoffa e pure di fiori veri. un compaesano in giro di cimitero, che non conosco e chiameremo signor mattone, perché ha un cardigan color mattone, si avvicina e attacca bottone, con mio padre, risaputo cordiale parlatore, ma sai, dico ma non lo dico, anche babbo desidera i silenzi di fronte ai suoi morti, sbuffo dentro, e per tutto il cambio vasi cambio fiori, colpetti di tosse, il signor mattone parla parla parla, dei tempi andati dei parenti suoi che non stanno lì, del chicchessiaqualunquecosa. Nonno Attilio sbuffa, giovane ragazzo quando mio padre aveva un mese soltanto, o non so cosa pensa. Ci guarda col volto basso, un po’ interdetto un po’ faccia di bronzo, capello impomatato sigaretta sospesa sulle labbra, pinces sui pantaloni, james dean prima di james dean, maledetta la vespa, maledetta la strada dell’incrocio dei paesi. Gina, dall’alto del suo gran petto che riempie l'ovale della foto e dal basso della sua minutezza, paziente, paziente per forza per amore, aspetta, che il signor mattone ci lasci soli, con la nipote mai conosciuta e il figlio adorato dagli occhi cerulei come i suoi, in bianco e nero. Sospira, la sento che sospira. Io faccio le faccende dei fiori, magari il signor mattone s’accorge e va via, però non so se ho scelto i fiori giusti per lei, se amava questi o preferiva i cristantemi, ma a me non piacciono tanto nonna, e poi non riesco a concentrarmi sull’ikebana, se non posso stare da sola qui con mio padre e con voi, questo signore marroncino continua a parlare della giunta comunale e di chi ruba i fiori alle tombe.
Mattone poi se ne va e io chiedo a babbo un ricordo di tutti e due, anche inventato, è la nostra preghiera. Poi ci prendiamo sottobraccio e andiamo verso la tomba di Grazia, saliamo le scale, c’è un tragitto da fare per raggiungerla, anche se casualmente, è stato un caso, ma nulla è per caso, nel cimitero la tomba di mamma e quella dei nonni si guardano, mamma dal balcone, loro da basso, attorno all’aiuola verde. Una prende l’alba, loro il tramonto.
C’è un sacco di via vai, tutti sembrano più di me provvisti di fiori speciali acque e spruzzini e lavette, io con le mie rose color malva chiaro, e poi volevo pure le foglie e pure le melagrane dell'orto nostro, ma i vasetti son piccini, e tra poco cala il sole.
Arriviamo da mamma a ovest, e come fantasma urlatore scorgiamo il gomito del signor mattone lì davanti la pietra di mia madre. Non ci credo, ci stava aspettando lì, per parlarti ancora! Facciamo un altro giro, un po’ di silenzio vi prego su questa terra, magari si stufa e se ne va, intanto babbo racconta, saluta di qua, io invidio la nebbiolina fiorita di l��, che annuvola i vasetti, passa tempo, cala la luce ancora un po', e poi ritorniamo da mamma, ora addirittura s’è creato crocicchio di altrettanti a me sconosciuti, in quei tre metri quadri di fronte alla parete di piccole lapidi. Sospiriamo, giriamo l’angolo verso mamma, facciamoci vedere, tanto qui non se ne va nessuno mi sa.
Ciao mamma dico piano, perché tutti attorno parlano forte di gente che sta male, di un marito che pensa! imbocca la moglie, e io mi dico ma ma ma, ma no, non dico, io e mamma ci guardiamo, la vedo con gli occhi all’indietro, che dice santa pace e qualche parolina di sarcasmo beffardo, babbo sorride contrito alle mie spalle, costretto alle parole degli Altri, è più silenzioso del solito, è scocciato mio padre, è scocciato anche lui, da signor mattone e signor senape e signora muschio, ma mai dirà Potete un attimo lasciarci soli?, Possiamo un attimo raccoglierci, zitti, zitti vi prego, su questa terra, d'altronde lui è il figlio di quei due là sotto all'aiuola dell'est, è il marito della donna qui davanti che sta di fronte al mare coi capelli al vento, e se ne frega dei capelli scapecciati, lui è quello che sta qui, lui accoglie.
Io invece sono la figlia di questo qui che accoglie, e della donna in foto di fronte al mare in tempesta, metto le tre rose color malva nel vasetto, come graffiare il muro della lavagna, mi avvicino alla pietra faccio quasi per entrare dentro il ritratto, cerco di immaginare le battute di mia madre scaccia-urlatori inopportuni, analfabeti della gentilezza, la guardo, chiedo suggerimenti, la vita fa ridere un sacco, ora mi metto un lenzuolo in testa e faccio BOOOO a tutti, così se ne vanno.
invece no, fingiamo di andarcene noi, salutiamo, gli Altri si dileguano, non c'è più da chiacchierare spettegolare a voce alta, torniamo indietro, zitti zitti, non abbiamo gabbato la morte, gabbiamo l'inopportuno, non è poco. Dai sistema i fiori, dimmi i ricordi.
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davidewblog · 5 months ago
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Mi ha sempre incuriosito, da quando abito nell'appartamento, il rapporto delle mie coinquiline con le scarpe. Certo, in generale è particolare il rapporto di tutte le ragazze con le scarpe, perché è uno dei modi per esprimere la propria personalità e per comunicare qualcosa.
Ma una cosa è saperlo per sentito dire, un'altra è vederlo dal vero.
Volendo, il rapporto delle mie compagne di casa con le loro scarpe, che è molto simile per tutte e tre, può riassumersi in una specie di formula: d'inverno, scarpe sportive fuori casa e infradito in casa, d'estate, infradito fuori casa e nulla in casa.
Certo, è una semplificazione, ma c'è molto del vero in ciò. Per tutto un periodo dell'anno, da ottobre circa a fine maggio-inizio giugno, tutte e tre escono sempre ovviamente con scarpe chiuse, ma ciascuna ha rigorosamente le sue preferite, e sono tutte scarpe sportive. Non dico le marche, ma ciascuna ha una preferenza ben precisa. Veronica, diciamo, quelle con tre strisce, ce le ha davvero in tutte le varianti: bianche, rosa, dorate (quanto le piacciono quelle dorate), e molte altre, ma tutte dello stesso modello. Violetta, che è l'unica che usa scarpe sportive davvero per andare a correre, usa modelli un po' più tecnici, ma li usa sempre, anche per andare all'università. Annarita usa solo scarpe da ginnastica nere. Ne ha tante, ma tutte nere: fa parte di lei, essere elegante anche con cose sportive.
Poi, quando tornano a casa, anche in pieno inverno, entro pochi secondi dal varco della porta di ingresso si sono già tolte le scarpe e le calze, e si mettono rigorosamente le infradito. E anche lì ciascuna ha le sue tante ma tutte del colore preferito: Veronica, bianche o azzurre, Violetta, fucsia (guarda caso), e annarita le infradito sempre nere, come volevasi dimostrare.
In inverno, lo stare in infradito in casa (sia che siano in pigiama, sia che siano vestite), la considerano una cosa normale ma intima, nel senso che si vergognano se un estraneo le vede così. Tipo che anche se viene l'elettricista si mettono subito le scarpe chiuse. E infatti, il fatto invece da me si facessero vedere tranquillamente, è una cosa che mi ha fatto capire lo stato di "privilegiato" in cui mi trovo a stare lì: poter vedere ciò che a tutti le ragazze negano, anche in queste piccole cose.
Poi, d'estate succede una cosa strana. Che da un certo giorno in poi, di solito a inizio giugno, con le prime giornate di sole, cambia tutto: iniziano ad usare le infradito per uscire, con gli shorts. E allora non solo non si verognano più di ciò che d'inverno era una cosa che nessuno (a parte me) poteva vedere, ma diventa proprio la normalità. Non esiste per loro non usare le ciabattine infradito d'estate, dovunque si vada, dal centro commerciale a qualunque altro posto. Perfino all'università, d'estate loro vanno in shorts e infradito, aumentando decisamente gli sguardi degli studenti che le ammirano (e che guardano me, con loro, con quella solita invidia che un po' mi fa piacere).
E d'estate, in casa, le infradito le tolgono, lì la regola è davvero semplice: da inizio giugno a fine settembre, dentro casa, niente di niente, tutte e tre lasciano le ciabattine, bianche, fucsia e nere, vicino alla porta di ingresso, e, in casa per loro esiste solo, e giustamente, la libertà di essere scalze. E io per questa loro libertà le ammiro, le invidio e in qualche modo le ringrazio, anche se questo non glielo dico.
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svlaag · 4 months ago
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"L’altro giorno m’è capitato fra le mani un articolo che avevo scritto subito dopo la liberazione e ci sono rimasta un po’ male. Era piuttosto stupido: intanto era tutto in ghingheri, belle frasi ben studiate e girate bene; adesso non voglio più scrivere così. E poi dicevo con calore e convinzione delle cose ovvie: del resto succedeva un po' a tutti, subito dopo la liberazione, di scaldarsi molto a dire delle cose ovvie: era anche giusto in un certo senso, perché in vent'anni di fascismo uno aveva perduto il senso dei valori più elementari, e bisognava ricominciare da capo, ricominciare a chiamare le cose col proprio nome, e scrivere pur di scrivere, per vedere se eravamo ancora delle persone vive.
Quel mio articolo parlava delle donne in genere, e diceva delle cose che si sanno, diceva che le donne non sono poi tanto peggio degli uomini e possono fare anche loro qualcosa di buono se ci si mettono, se la società le aiuta, e così via. Ma era stupido perché non mi curavo di vedere come le donne erano davvero: le donne di cui parlavo allora erano donne inventate, niente affatto simili a me o alle donne che m’è successo di incontrare nella mia vita; così come ne parlavo pareva facilissimo tirarle fuori dalla schiavitù e farne degli esseri liberi. E invece avevo tralasciato di dire una cosa molto importante: che le donne hanno la cattiva abitudine di cascare ogni tanto in un pozzo, di lasciarsi prendere da una tremenda malinconia e affogarci dentro, e annaspare per tornare a galla: questo è il vero guaio delle donne. Le donne spesso si vergognano d’avere questo guaio, e fingono di non avere guai e di essere energiche e libere, e camminano a passi fermi per le strade con bei vestiti e bocche dipinte e un’aria volitiva e sprezzante; ma a me non è mai successo d'incontrare una donna senza scoprire dopo un poco in lei qualcosa di dolente e di pietoso che non c'è negli uomini, un continuo pericolo di cascare in un gran pozzo oscuro, qualcosa che proviene proprio dal temperamento femminile e forse da una secolare tradizione di soggezione e di schiavitù e che non sarà tanto facile vincere; m’è successo di scoprire proprio nelle donne più energiche e sprezzanti qualcosa che mi induceva a commiserarle e che capivo molto bene perché ho anch’io la stessa sofferenza da tanti anni e soltanto da poco tempo ho capito che proviene dal fatto che sono una donna e che mi sarà difficile liberarmene mai. Due donne infatti si capiscono molto bene quando si mettono a parlare del pozzo oscuro in cui cadono e possono scambiarsi molte impressioni sui pozzi e sull'assoluta incapacità di comunicare con gli altri e di combinare qualcosa di serio che si sente allora e sugli annaspamenti per tornare a galla.
Ho conosciuto moltissime donne. Ho conosciuto donne con dei bambini e donne senza bambini, mi piacciono di più le donne con dei bambini perché so subito di cosa parlare, fino a quanti mesi l’hai allattato e dopo cosa gli hai dato e adesso cosa gli dai. Due donne insieme possono parlare all’infinito su questo tema. Ho conosciuto delle donne che potevano prendere il treno e partire lasciando i propri bambini per qualche tempo senza sentire una terribile angoscia e il senso di fare una cosa contro natura, vivere quietamente per molti giorni lontano dai bambini e non provare quella paura viscerale e inconsulta che sia successo loro qualcosa di male, come invece capita a me ogni volta; e non è che quelle donne non volessero bene ai loro bambini, gli volevano bene quanto io voglio bene ai miei ma semplicemente erano più in gamba. Ho incontrato donne tranquille ma poche, la maggior parte sono come me e non riescono a vincere quella paura viscerale e straziante e quel senso di fare una cosa contro natura ogni volta che si coricano in un letto d’una città straniera molti e molti chilometri lontano dai bambini. Ho cercato d’essere più in gamba che potevo in questo, ho cercato di dominarmi meglio che potevo e ogni volta che son salita in treno senza i bambini mi son detta: «Questa volta non avrò paura», ma la paura è nata sempre in me e quello che non ho ancora capito è se mi passerà quando i miei bambini saranno uomini, spero bene che mi passerà. E non posso pensare tranquillamente a girare i paesi come vorrei, a dire il vero ci penso sempre ma so bene che non mi è possibile farlo. Così ci sono delle donne canguri e delle donne non canguri, ma le donne canguri sono molte di più.
Io dunque ho conosciuto moltissime donne, donne tranquille e donne non tranquille, ma nel pozzo ci cascano anche le donne tranquille: tutte cascano nel pozzo ogni tanto. Ho conosciuto donne che si trovano molto brutte e donne che si trovano molto belle, donne che riescono a girare i paesi e donne che non ci riescono, donne che hanno mal di testa ogni tanto e donne che non hanno mai mal di testa, donne che hanno tanti bei fazzoletti e donne che non hanno mai fazzoletti o se li hanno li perdono, donne che hanno paura d’essere troppo grasse e donne che hanno paura d’essere troppo magre, donne che zappano tutto il giorno in un campo e donne che spezzano la legna sul ginocchio e accendono il fuoco e fanno la polenta e cullano il bambino e lo allattano e donne che s’annoiano a morte e frequentano corsi di storia delle religioni e donne che s’annoiano a morte e portano il cane a passeggio e donne che s’annoiano a morte e tormentano chi hanno sottomano, e donne che escono il mattino con le mani viola dal freddo e una sciarpetta intorno al collo e donne che escono al mattino muovendo il sedere e specchiandosi nelle vetrine e donne che hanno perso l’impiego e si siedono a mangiare un panino su una panchina del giardino della stazione e donne che sono state piantate da un uomo e si siedono su una panchina del giardino della stazione e s’incipriano un po’ la faccia. Ho conosciuto moltissime donne, e adesso sono certa di trovare in loro dopo un poco qualcosa che è degno di commiserazione, un guaio tenuto più o meno segreto, più o meno grosso: la tendenza a cascare nel pozzo e trovarci una possibilità di sofferenza sconfinata che gli uomini non conoscono forse perché sono più forti di salute o più in gamba a dimenticare se stessi e a identificarsi con lavoro che fanno, più sicuri di sé e più padroni del proprio corpo e della propria vita e più liberi. Le donne incominciano nell’adolescenza a soffrire e a piangere in segreto nelle loro stanze, piangono per via del loro naso o della loro bocca o di qualche parte del loro corpo che trovano che non va bene, o piangono perché pensano che nessuno le amerà mai o piangono perché hanno paura di essere stupide o perché hanno pochi vestiti; queste sono le ragioni che danno a loro stesse ma sono in fondo solo dei pretesti e in verità piangono perché sono cascate nel pozzo e capiscono che ci cascheranno spesso nella loro vita e questo renderà loro difficile combinare qualcosa di serio. Le donne pensano molto a loro stesse e ci pensano in modo doloroso e febbrile che è sconosciuto a un uomo.
Le donne fanno dei figli, e quando hanno il primo bambino comincia in loro una specie di tristezza che è fatta di fatica e di paura e c’è sempre anche nelle donne più sane e tranquille. È la paura che il bambino si ammali o è la paura di non avere denaro abbastanza per comprare tutto quello che serve al bambino, o è la paura d’avere il latte troppo grasso o d’avere il latte troppo liquido, è il senso di non poter più girare tanto i paesi se prima si faceva o è il senso di non potersi più occupare di politica o è il senso di non poter più scrivere o di non poter più dipingere come prima o di non poter più fare delle ascensioni in montagna per via del bambino, è il senso di non poter disporre della propria vita, è l’affanno di doversi difendere dalla malattia e dalla morte perché la salute e la vita della donna è necessaria al suo bambino.
E ci sono donne che non hanno figli e questa è una grande disgrazia, è la peggiore disgrazia che possa avere una donna perché a un certo punto diventa deserto e noia e sazietà di tutte quelle cose che si facevano prima con ardimento, scrivere e dipingere e politica e sport e diventa tutto cenere nelle mani e una donna consapevolmente o inconsapevolmente si vergogna di non avere fatto dei figli e comincia a girare i paesi ma anche girare i paesi è un po’ difficile per una donna, perché ha freddo o perché le fanno male le scarpe o perché le si smagliano le calze o perché la gente si stupisce a vedere una donna che gira i paesi e ficca il naso di qua e di là. E tutto questo ancora si può superare ma c’è poi la malinconia e cenere nelle mani e invidia a vedere le finestre illuminate delle case nelle città straniere; e magari per un periodo abbastanza lungo riescono a vincere la malinconia e passeggiano al sole con un passo fermo e fanno all’amore con gli uomini e guadagnano del denaro e si sentono forti e intelligenti e belle né troppo grasse né troppo magre e si comprano dei cappelli strani con nodi di velluto e leggono dei libri e ne scrivono, ma poi a un certo punto ricascano nel pozzo con paura e vergogna e disgusto di sé e non riescono più a scrivere libri e neppure a leggerne, non riescono a interessarsi a niente che non sia il loro personale guaio che tante volte non sanno spiegarsi bene e gli dànno dei nomi diversi, naso brutto bocca brutta gambe brutte noia cenere figli non figli. E poi le donne cominciano a invecchiare e si cercano i capelli bianchi per strapparli e si guardano le piccole rughe sotto gli occhi, e cominciano a dover mettere dei grandi busti con due stecche sulla pancia e due sul sedere e si sentono strizzate e soffocate lì dentro, e ogni mattina e ogni sera osservano come il loro viso e il loro corpo si trasformi a poco a poco in qualcosa di nuovo e di penoso che presto non servirà più a niente, non servirà più a far l’amore né a girare i paesi né a fare dello sport e sarà qualcosa che invece loro stesse dovranno servire con acqua calda e massaggi e creme oppure lasciarlo devastare e avvizzire alla pioggia e al sole e dimenticare il tempo che era bello e giovane.
Le donne sono una stirpe disgraziata e infelice con tanti secoli di schiavitù sulle spalle e quello che dovono fare è difendersi dalla loro malsana abitudine di cascare nel pozzo ogni tanto, perché un essere libero non casca quasi mai nel pozzo e non pensa così sempre a se stesso ma si occupa di tutte le cose importanti e serie che ci sono al mondo e si occupa di se stesso soltanto per sforzarsi di essere ogni giorno più libero. Così devo imparare a fare anch’io per la prima perché se no, certo, non potrò combinare niente di serio e il mondo non andrà mai avanti bene finché sarà così popolato d’una schiera di esseri non liberi."
Discorso sulle donne, Natalia Ginzburg
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abatelunare · 9 months ago
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Contro il "one man show"
Io non sopporto quello che chiamano one man show, lo spettacolo incentrato su una figura singola e forte, la quale ci affibbia la sua storia e i suoi amici o per lo meno quelli che presenta come tali. Non lo sopporto perchè se il protagonista è un cantante ci romperà i coglioni per due ore con il suo repertorio e ce li farà rompere anche dai suoi amici tutti cantanti come lui. Non lo sopporto perché sembra che al mondo ci sia solo lui, che canti solo lui, che conosca colleghi che mi piacciono fino lì e sparano fuori dai denti i loro cavalli di battaglia che ormai sono ronzini bolsi che procedono a passo d'uomo. Non lo sopporto perché non c'è fantasia manco a pagarla milioni di euro e le coreografie sono sempre quelle, con gente che se sa ballare quella allora io sono Nureyev e mangio (o cago) in testa a tutti loro. A me piace la roba un po' varia e se devo vedere sempre le stesse cose, allora spengo tutto e mi leggo un libro. Perché lì sì c'è della fantasia. Da vendere.
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benzedrina · 4 months ago
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Le stazioni dei treni sono dei luoghi bellissimi. Ci trovi dentro un po' di tutto, dalle persone che corrono alle persone che aspettano, dalle persone che scoprono qualcosa di nuovo alle persone che si sono rotte il cazzo di tutto.
Non mi sono mai sentito diverso, cioè in generale, più che altro mi ci hanno fatto sentire diverso, per le cose che ascoltavo, per le cose che vedevo, per le cose che dice, e soprattutto per il come esprimevo le cose. Tanto che questa cosa mi è rimasta. Quando mi piace qualcosa ma è per motivi diversi del sentire comune, io diverso mi ci sento. Poi una cosa l'ho capita, che diversi lo siamo tutti e che l'omologazione è tanto apparenza quanto distruzione di una forma di evoluzione sociale, ma a una certa età vuoi solo scopare e se alla tizia piacciono i tizi con le Squalo ai piedi, tu le Squalo ai piedi te le devi mettere anche solo per essere notato. Che mondo di merda, oppure che merda è la selezione sessuale, quella cosa antichissima che ci portiamo dietro e che ci fa scegliere in base a chi incarna quelle caratteristiche che vorremmo vedere nella nostra progenie (a me sta cosa che ci stiamo evolvendo linguistacamente nell'usare termini neutri, piace. Avrei potuto usare "un figlio" ma sarebbe stato non inclusivo nei confronti di "una figlia", quindi progenie. Mi fa più letterato). Eppure la selezione sessuale ci fa acquisire dei tratti che prima non avevamo, ci fa indossare orologi costosi per apparire più belli, ci fa vestire in palette per essere più in tono col mondo circostante, ci fa vedere fast&furios (ecco. A me f&f piace un botto ma per i motivi "sbagliati". Il 5 è il 7 per esempio sono girati di cristo, con tanto di omaggio a Michael Bay, con tanto di facciamolo perché c'abbiamo un sacco di soldi).
E niente. Un'amica qualche giorno fa mi ha elevato al rango di malessere e non ho sentito la necessità di ribattere. Forse un po' è vero.
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allecram-me · 3 months ago
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Prospettiva strategica, #1
Ieri ho fatto quella telefonata ed è stata una buona giocata. Sono stata bravissima* ad impacchettare questa opportunità che mi sono ritrovata come un successo del team da cui provengo, è stato estremamente facile. Quando formi bene una persona: queste sono parole sue, io non ho avuto cuore di spingermi a tanto, ma chiaramente non ce n’è stato bisogno. Così adesso va tutto bene tra di noi, mentre io ho la mia nuova vita. La conversazione si è spostata immediatamente sui suoi problemi - chiaramente - su quello che c’è da fare. L’ho lasciata prendere le strade che le piacciono, come sempre in questi casi. Ho già in mente un modo per ottenere ancora di più, nel prossimo futuro - come direbbe Linda, si tratterebbe di prendermi ciò che è già mio, che dovrei avere da tempo. Non so se Linda abbia convinto le mille voci di inadeguatezza che affollano il mio cuore, ma a me adesso importa davvero poco, ed inizio a sperare concretamente che anche le voci trovino la morte, magari come un risarcimento per la perdita di Valerio - ma quanto ancora posso migliorare? La persona che si fregia di avermi formata ha detto che questa mia temporanea permanenza aggiuntiva a Berlino è l’occasione perfetta per venirmi a trovare, per provare ad insediarsi anche lei qui: Io mi sono accorta che negli anni ho trascurato questa cosa dell’estero, ma so che mi ricarica ed allora adesso voglio farlo assolutamente, che importa se non so parlare! Se le volessi bene, le darei ragione. Io però la conosco, e per questo non posso amarla: non c’è autenticità nei suoi intenti, non può essere rassicurata perché non si confronta coi suoi veri punti d’ombra. Ho detto alla tedesca che lei vuole venire, ne abbiamo riso insieme e mi ha abbracciata. Letteralmente. Mi ha abbracciata più lei da quando la conosco di mia madre nell’ultimo anno, o di tutti i miei amici. Quando lo fa di solito non so bene cosa fare col mio corpo, ma è evidente che migliori: questa volta le ho addirittura poggiato una mano sulla schiena.
Adesso dovrei decidere lucidamente cosa fare. Il contratto tedesco, con tutta probabilità, inizierà il primo dicembre. Il contratto di casa (per cui ho già ricevuto disponibilità al rinnovo) scade questo lunedì. In più io ho un biglietto aereo per volare a Napoli quello stesso lunedì sera, e non so se prenderlo. Da un lato mi sembra il momento giusto per fermare un secondo solo la giostra (ora che ho la certezza che non solo ripartirà, ma lo farà anche a delle condizioni che ho già imparato ad amare) e ritornare a fare i conti con l’altra casa, quella che pago regolarmente ed in cui fin ora hanno vissuto solo i gatti, che mi mancano tipo ossigeno e verso i quali mi sento colpevole di abbandono. Se tutto va male, poi, ho una ulteriore scialuppa di salvataggio, perché c’è mio fratello che mi aspetta per ospitarmi a Siviglia, e penso che potrebbe essere cosa buona andarci, quantomeno ad annusare la sua vita e mettere ancora un po’ di carne casuale a cuocere nella mia. Altra cosa che succederà (probabilmente) lunedì, però, è l’arrivo della persona con cui volente o nolente dovrò condividere l’appartamento a Berlino. È una professoressa universitaria, viene dal Brasile e mi hanno detto di lei che è una tipa molto alla mano. Se me ne vado, anche se temporaneamente, credo sia il caso di lasciarle la stanza grande, per ritornare poi in quella piccola - ma soprattutto la cosa che mi farebbe strano è che a quel punto non sarebbe più lei ad insediarmi nel “mio” spazio, ma io nel suo. Se me ne vado lunedì per poi tornare ad inizio dicembre ho però anche il non trascurabile vantaggio di poter far partire il nuovo contratto di affitto tedesco direttamente da quel mese, risparmiando un po’ di soldi che potrebbero iniziare a diventare un po’ un problema a breve, considerato il fatto che per il mese di novembre non percepirò alcuno stipendio (chiederò ovviamente la disoccupazione, che sarà però misera e calcolata solo sugli ultimi 20 giorni di lavoro).
Detto questo chissà come continua questa storia. Chissà come mi sveglierò domattina, o stanotte, chissà la parte funzionale di me che cosa mi riserva. Oramai ho capito che non ha senso non fidarmi di me stessa, anche se a volte penso ancora che sarebbe bello avere qualcuno pronto ad ascoltarmi ed a suggerirmi la via. Servirebbe quantomeno a farmi dedurre dalla mia reazione interiore al consiglio cosa ho già inconsapevolmente deciso di fare.
*N.B. Al 02/11/24, da tempo immemore, questa è ancora la prima parola suggerita dal mio cellulare per continuare a comporre la frase quando scrivo il mio nome. Nessuna idea sul funzionamento del relativo algoritmo. Nessuno sforzo compiuto per scoprirlo, come gesto di resistenza ad un certo tipo di bravura.
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spettriedemoni · 2 years ago
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Domande a cui rispondere
Ringrazio @pianetatschai che mi tagga in questa simpatica catena.
1. Are you named after anyone?
Mi chiamo come mio nonno paterno, Vincenzo. Non vi dico le volte che mi hanno fatto la battuta di Miseria e Nobiltà con Totò "Vincenzo m'è padre a me". Io rispondevo che a me era nonno.
2. Quando è stata l'ultima volta che hai pianto?
Quando è morto mio padre, ormai due anni fa.
3. Hai figli?
Ho un figlio maschio che chiamo Tigrotto.
4. Fai largo uso del sarcasmo?
Solo perché l'omicidio è illegale.
5. Quali sport pratichi o hai praticato?
Ho giocato a calcio ma a livello amatoriale dilettantistico e in squadre da 5 o 8 non certo a 11. Però ho fatto l'arbitro, vale? Ho praticato tennis con scarsi risultati.
Ora faccio camminate. Cioè non ora ora perché fa troppo caldo. Se ne riparlerà a settembre. Nell'attesa farò nuoto al mare.
6. Qual è la prima cosa che noti in una persona?
Fisicamente devono colpirmi gli occhi. Mi piacciono le persone intelligenti, non invadenti e generalmente ho scoperto di preferire persone riservate.
7. Qual è il colore dei tuoi occhi?
Castano scuro. Una volta mi dissero che sono "profondi"... non ho mai ben capito cosa significhi.
8. Scary movies o happy endings?
Mi piacciono i film di spavento anche se finiscono male. Va pur detto che se almeno al cinema non c’è l’happy ending ci resto male, un po’ come nel primo Nightmare che finisce… no vabbè dai niente spoiler.
9. Qualche talento particolare?
A parte disegnare, conosco a memoria i nomi e numeri di maglia della nazionale italiana campione del mondo 1982. Pure quella del 2006. Anche quella dell’Argentina 1986. Sono campione mondiale di procrastinazione e faccio pure una discreta pizza.
10. Dove sei nata?
Nella città di Gabriele D’Annunzio e di Ennio Flaiano, nella terra famosa più per gli arrosticini che per le sue montagne. Benché molti credano che Pescara sia nelle Marche sono nato in Abruzzo. A Pescara, per l’appunto.
11. Quali sono i tuoi hobby?
Modellismo ferroviario (che però non pratico non avendo sufficiente spazio e soldi), disegnare, leggere.
12. Hai animali domestici?
No nessun animale domestico. In generale pur amando molto gli animali preferisco non tenerli in casa perché mi sembrerebbe di tenerli sempre un po’ prigionieri.
13. Quanto sei alto?
Circa 1.77 m da disteso.
14. Materia preferita a scuola?
Disegno, italiano e storia. Ma alla fine molto poco italiano e storia e molto disegno. Ho imbrattato tutti i libri nelle seconde e terze di copertina con i miei disegni. Pure i libri di italiano e storia, ovviamente.
15. Dream job?
Disegnatore di fumetti.
A questo punto dovrei taggare qualcuno e scelgo @mybittersweet @crisigenerica @surfer-osa @labluesky e chiunque si senta di farlo.
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gabbiadicarta · 4 months ago
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Vale la pena instaurare un rapporto di amicizia nonostante sia io a cercare sempre questa persona, con tanto di parole dì confortati ogni volta che sta male? Nonostante sia io a chiederle sempre come sta, senza mai che mi venga chiesto come sto io? Nonostante io l’abbia invitata a bere un aperitivo senza ricevere gli auguri il giorno del mio compleanno, che per carità, ci sta che si sia dimenticata, ma non me li ha fatti nemmeno quando gliel’ho ricordato il giorno in cui l’ho invitata ad uscire per bere l’aperitivo. Io il giorno del suo compleanno le ho fatto gli auguri a mezzanotte e insieme ad altre persone, le abbiamo organizzato una festa a sorpresa, e le ho fatto un regalo pensato nei minimi dettagli, con le cose che più le piacevano e servivano.
È vero, quando si dà qualcosa, non bisogna aspettarsi mai che ti venga restituito, e non voglio che mi venga dato tutto quanto, ma almeno una piccola parte? Un rapporto non dovrebbe esser fatto da 50 e 50? Non si dovrebbe essere in due a costruire un rapporto? Sento di star dando solo io e mi dispiace. È una persona con cui avrei tanto voluto costruire un rapporto di amicizia, ma non mi piacciono le cose forzate, qualora dovessi dirle queste cose, anche perché non siamo effettivamente amiche. Mi sto sforzando solo io, con la sperando di creare un bel rapporto, ma non devo essere la sola a costruire, o no? Ho addirittura aspettato le vacanze, con la speranza che mi cercasse, ma nulla.
Tu cosa ne pensi? Come ti comporteresti se fossi stata al mio posto?
ci ho messo un po' a rispondere a questa domanda e mi spiace, ma la verità è che sono appena stata incastrata in un rapporto simile, solo che io ero dalla parte opposta alla tua.
sono da tanti anni, ormai, quel tipo di persona che se si affeziona da il mondo, ma se ciò non accade, ci mette tanto tempo per anche solo 'scaldarsi' un po'. non nego di essere consapevole di avere un carattere poco gestibile, spesso nego delle conoscenze perché so già che questo mio lato ferisce chi mi sta attorno da poco e non mi conosce.
onestamente io dico sempre a tutti, che se si è infelici bisogna chiudere. abbi un po' di amor proprio, sii egoista e pensa a te e al tuo benessere. non ha mai senso elemosinare amore da chi non dimostra di essere disponibile a darlo. farà male all'inizio, forse perché tu ti ci sei attaccata, forse perché hai idealizzato troppo questa persona, ma vedrai che con il tempo capirai che non ci hai perso nulla, perché a te non sta dando nulla in ogni caso.
spero tu possa trovare qualcuno adatto a te. <3
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canesenzafissadimora · 1 year ago
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Mi piacciono quelle persone che sanno essere presenti. Che lo sai che ci sono anche se a volte spariscono. Che si fanno spazio nel tuo tempo. Ma senza essere invadenti. Che magari non le senti da un bel po’ ma poi ti guardano negli occhi e sanno quello che non dici. Che magari non le abbracci da un bel po’ ma poi ti stringono e allora tu capisci perché loro sì, e gli altri no. Che i “non ho niente” li sanno riconoscere. Che dove tu non ce la fai con un sorriso ti ricordano chi sei. Mi piacciono quelle persone che quando non vuoi nessuno attorno loro, diventano silenzio. E restano lì e attendono. Che il buio attorno a te finisca. Che si allontanano ma non spariscono. Mi piacciono quelle persone che nel caos dell’esserci agiscono con calma e gentilezza. Che ti conoscono come ti conosci tu. E per assurdo, forse, anche di più. Mi piacciono quelle persone che la vita a volte ti concede perché in fondo te le meriti. E che arrivavano così Quando meno te l’aspetti. Per tutti gli schiaffi che hai preso. Per tutto lo schifo che hai ingoiato. Che non sanno di essere regali. Che non sanno di essere speciali. Che non vogliono salvare nessuno però lo fanno. Che non vogliono essere miracoli... ...però lo sono.
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nusta · 8 months ago
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Cambia la stagione e anche sul mio terrazzino si sente che arriva il caldo e un poco di luce in più. Tolto qualche vaso ho pure spazio per una sedia e un poggiapiedi per leggere ed è bellissimo. Le piantine cambiano velocemente e mi sa che qualcuna è arrivata al suo ultimo capitolo. I ciclamini che hanno resistito questo inverno stanno lentamente cedendo ed è già una sorpresa che non si siano seccati completamente. Uno aveva delle specie di bulbi che pensavo fossero fiori non sbocciati e ora che si sono seccati hanno queste specie di grumini dentro, come dei semini, non li avevo mai visti. Si staccano se si preme e restano solo le foglioline intorno. Chissà se piacciono a tutti quegli insettini che stanno popolando quel che resta di steli e foglie.
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Anche in altre piante ho degli insettini, non so come mandarli via e non so nemmeno se è il caso. Alla fine è biodiversità anche questa e finché non pungono per me potrebbero pure stare. Le altre piante compagne di vaso non sembrano infestate e alla fine nei miei vasi vige la regola dell'adattamento alla mia pigrizia: resiste chi resiste e amen. Qualcuna si sta allargando, qualcuna è risorta dopo l'inverno, i figliolini del cactus crescono pieni di spine e tutte mi sembrano contente di avere un po' di sole e di caldo in più.
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Sotto ho provato a mettere delle sanseverie e un pothos e per ora mi sembra si stiano trovando meglio dei loro predecessori. Lì sotto arriva proprio poca luce, non ce la fa quasi nessuno: questo è l'ultimo tentativo, mi son detta. Poi però ho messo anche qualche cipolla per far crescere i ciuffetti da mangiare e ora ci sono mille moscerini anche lì, ma amen. E sono spuntate le foglioline dai semi di peperone che ho messo per provare a vedere che succedeva. I miei ultimi tentativi sono spesso penultimi e talvolta terzultimi u_u
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I semi di agrumi e di mela hanno germogliato qualche settimana fa, chissà che succederà durante l'estate. Forse dovrei separarli ormai ma ho paura di fargli più danno che bene. I miei dubbi esistenziali si risolvono spesso in procrastinazione ininterrotta, finché la natura decide per conto suo. Ormai lo so e il senso di colpa è abbastanza contenuto, almeno per quanto riguarda le mie piantine.
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Anche le calancole piantate davanti ai ciclamini sono rimaste in fiore molto più a lungo di quanto mi aspettassi, si vede che si sono trovate bene. Quando ho provato a tenerle in casa hanno sempre sofferto dopo qualche settimana, per poi morire perdendo una foglia dopo l'altra. Invece queste sono ancora piene di fiori da questo inverno, anche se cominciano a mostrare segni di stanchezza (e qualche moscerino)
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Sta fiorendo anche la mia vecchia pianta leopardata, sembrava molto provata dal freddo e però ora si sta gonfiando di nuovo e stanno spuntando nuove foglie dai bulbi tutti accavallati che ha accumulato negli anni. La piccola rosellina che le ho messo accanto a febbraio per recuperarla in extremis non ha rifiorito, ma ha ancora i rametti verdi e ogni tanto spunta qualche fogliolina, mentre le sue compagne fittonie hanno mantenuto i loro ciuffetti di foglie variegate e vedremo se resisteranno anche a questa estate. Già la scorsa è stata una sfida, ma se la sono cavata fino alla fine, quindi speriamo bene. Quella selvatica che si è allargata fino al vaso di fianco alterna foglie verdi e foglie secche e non ho cuore di potarla, almeno finché non metterò nuove piante nella parte di vaso ormai vuota, dopo aver tolto i bulbi dei giacinti. Li ho conservati per l'anno prossimo, chissà se rifioriranno. Nei prossimi giorni vorrei provare a mettere quelle amanti del sole che l'anno scorso si erano ambientate così bene. Vedremo.
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Insomma, in questi giorni che mi sono messa a leggere incastrata in quel metro quadro disponibile mi sono sentita proprio in buona compagnia. Chissà se anche loro si accorgono della mia presenza.
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fullyouthdream · 8 months ago
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comunque oggi, andando ad iscrivermi a pilates con la mia amica, mi sono sentita come probabilmente si sentono gli scarafaggi quando vengono visti da persone impressionabili.
la mia amica è bellissima, non sto scherzando, non ho mai visto una ragazza più bella in vita mia, nessuna attrice o cantante riesce a farmi dire che lei sia meno bella di loro.
se mandasse foto sue a chi si occupa di assumere modelle, la prenderebbero immediatamente, anche se forse il fatto che a stento arrivi al metro e cinquanta potrebbe essere la sua unica pecca.
è magra, capelli setosi e lunghi, pelle perfetta senza impurità, ma ancor più perfetto è il viso.
prima la invidiavo da morire.
adesso invece la ammiro.
in ogni caso, mi sono sentita uno scarafaggio di canto a lei mentre ci iscrivevamo, perché il ragazzo alla reception ha dedicato tutta la sua attenzione a lei e a me quasi stava scordando di darmi il braccialetto per accedere in palestra.
stessa cosa anche l'istruttore di pilates, che le ha dedicato la sua piena attenzione e subito le ha preso il numero per aggiungerla sul gruppo whatsapp per gli allenamenti, si è messo a parlare con lei degli esercizi, e io intanto ho visto che l'ha aggiunta al gruppo e ha chiuso le app... stava letteralmente così concentrato su di lei che si era scordato di chiedere anche il mio numero, per il gruppo, e ho dovuto interrompere io la conversazione.
sia quello alla reception che l'istruttore mi hanno rivolto una sola breve occhiata iniziale prima di spostare al 100% il focus su di lei.
"pretty privilege" esiste eccome, altroché.
ed io mi sono sentita una merda, perché non stavo vestita strana, avevo i capelli freschi di parrucchiere ed ero anche leggermente truccata al naturale, quindi non c'era un reale motivo per cui avessero potuto reputarmi sporca o altro in confronto a lei.
a quanto pare, per avere gente più attenta a te devi essere più bella, più magra e più chiacchierona.
menomale che almeno una di queste cose la posso risolvere sul serio, quanto all'essere più bella posso semplicemente prepararmi meglio e di più (quando serve intendo, come faccio già), mentre al chiacchiericcio non credo di poterci fare qualcosa, perché non sono molto estroversa.
fatto sta che non mi sono mai sentita così di merda, mai le differenze tra me e lei sono state così evidenti prima, ma oggi pare volessero sbattermelo in faccia a tutti i costi.
non siamo uguali, non lo saremo mai, ma non posso farmene una colpa.
ho già chi mi ama e mi reputa perfetta, non ho bisogno di apprezzamenti da estranei, non è ciò che voglio dire.
ma il fare una distinzione così palesemente e prepotentemente marcata su come trattarmi perché non sono un 10/10 come lei mi ha lasciata un po' così, è stato strano e ingiusto onestamente.
non sono magra, ma sono alta, gambe lunghe, pelle quasi senza imperfezioni, capelli che ora amo e mi donano, so truccarmi benissimo, ho stile, un paio di tatuaggi disegnati direttamente da me... non mi manca nulla, che cazzo.
non ho un nasino all'insù, ma è letteralmente un naso normalissimo il mio, piccino e sistemato; ho le lentiggini, gli occhi verdi che anche mi piacciono molto nonostante la forma "hooded" non mi faccia impazzire; le guancia rosa, gli zigomi alti, le labbra sono rosee e grandezza nella media se non un po' carnose.
vado dall'estetista ogni mese per curarmi le mani e le unghie, ogni due settimane vado a farmi le sopracciglia, faccio il laser total body per rimuovere quel poco di peluria che mi cresce addosso e passo sempre la lametta per essere lucida e liscia, uso creme su creme e prodotti su prodotti per la pelle, il viso, i capelli, e in generale tengo molto all'igiene del corpo e dentale, quindi penso che il mio profumo e il mio bagnoschiuma a vaniglia facciano il loro ingresso prima della mia apparizione.
mi curo tantissimo, faccio di tutto per essere sempre bella sia ai miei occhi che a quelli degli altri.
a quanto pare questa ragazza mi oscura troppo, che ne so... fatto sta che a me non manca niente, perché perfino il mio fisico è stupendo se non guardo ai chili che devo ancora perdere.
è vero, parlo sempre una merda del mio corpo, ma cazzo va riconosciuto che faccio molto per farlo stare bene nonostante non mi soddisfi ancora.
un giorno mi ringrazierà invece di donarmi brontolii e mal di stomaco.
suppongo che fino a quel giorno dovrò sentirmi come uno scarafaggio di tanto in tanto, che dire...
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seoul-italybts · 1 year ago
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[✎ ITA] Intervista JIN : Beyond The Stage Photobook - The Day We Meet⠸ 22.12.2023 💜⟭ 2 / 7 ⟬💜
Beyond The Stage
BTS DOCUMENTARY PHOTOBOOK
The Day We Meet
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2. JIN
Gli oggetti preferiti di JIN
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26 MARZO 2020
Perché ho scelto i fiori? Perché sono belli come me.
Dico sul serio. Avevo una mezza idea di portare il computer che uso per videogiocare, ma poi ho pensato ai fiori (ride). E sono ancora più adorabili, con questi fiori rosa che mi piacciono tanto.
4 MAGGIO 2020 __Un Giorno
C'è una grandissima differenza tra il dover fare qualcosa ed il fare qualcosa di propria volontà e scelta. Ecco perché sono così convinto avere degli hobby sia fondamentale. Sono attività che facciamo perché vogliamo farle.
Credo [dedicarsi ai propri passatempi] sia l'opportunità di riflettere sulla vita. Posso incontrare gli amici più stretti, darmi un'occhiata intorno e trascorrere più tempo con le/i fan, anche se solo online. [Questa pausa forzata a causa del Covid] Non era prevista, ma alla fine mi ha permesso di rigenerarmi.
5 OTTOBRE 2020 __BTS Map of the Soul ON:E
Ho davvero sentito molto forte la mancanza del pubblico. L'esibirsi si basa tanto sulle connessioni che vengono a crearsi tra il performer ed il pubblico. Aver solo la telecamera da guardare per tutto il tempo mi ha reso ancor più irrequieto. Se devo essere sincero, non ero poi così entusiasta, ma ho fatto comunque del mio meglio.
OTTOBRE 2020
Mi sto impegnando al massimo, sul lavoro, ma personalmente, negli ultimi mesi, credo d'essere emotivamente distaccato un po' da tutto. A meno che non ci sia qualche appuntamento pre-programmato, me ne sto a casa a poltrire e dormo per circa 15 ore al giorno. Non so se sia per questa pandemia che non finisce più o se ci sia altro. Neppure i videogiochi riescono più ad entusiasmarmi. Ma immagino sia semplicemente una fase che affrontiamo tutti, prima o poi. Poco alla volta, andrà meglio.
FEBBRAIO-MARZO 2021
È tutto un po' diverso e nuovo rispetto al solito, perché per ogni show ci dobbiamo spostare di location in location. Non è esattamente come esibirci sul palco [dal vivo], ma è bello potersi esibire in luoghi che non avrei mai immaginato possibili.
MAGGIO 2021
È davvero un sollievo poter tornare a casa, a fine lavoro, ma a volte sento la mancanza dei tour. Sapete come si dice, no? Che nonostante le difficoltà, a ben vedere, sono proprio quelli i momenti che diventano ricordi preziosi. Quando riprenderemo i tour, immagino diro "Oh, voglio tornare a casa" o anche "Quanto mi manca il cibo coreano!" Ma, per ora, è dei tour che sento la mancanza.
22 SETTEMBRE 2021
Sono molto grato di poter fare questo lavoro. Specialmente perché mi impedisce di impigrirmi.
In passato, ero solito chiedermi "Come potrò mai riuscire in qualcosa di tale portata?", ma ora è tutto molto diverso. Anche quando sono alle prese con esperienze che il resto della gente considera impossibili, tra me e me penso "Perché non dovrei farcela?" Credo il mio approccio e la mia prospettiva sulle cose siano cambiati perché ho provato con mano che non c'è nulla di irrealizzabile. Quindi ora, a primo impatto, mi dico "Perché non provarci?" Se poi non ci riesco, pace, ma se la cosa va a buon fine, fantastico!
27-28 NOVEMBRE / 1-2 DICEMBRE 2021
__BTS Permission to Dance on Stage LA
(Riguardo le sue sorprese/i suoi teneri accessori da concerto)
C'è chi videogioca per passione e divertimento, ma per alcune persone può anche essere fonte di stress. Ecco, prendendo i giochi a metafora, io vorrei essere una sorta di facilitatore di gioco, un animatore.. Vorrei semplicemente che la gente che mi vuol bene si divertisse.
30 NOVEMBRE 2021
Sono abituato a vedere il pubblico che canta insieme a noi, ai concerti, ma questa volta indossavano tuttə le mascherine. Sicuramente stavano sorridendo, ma non potevo decifrare chiaramente le loro emozioni. Inoltre, certo, sentivo che qualcuno cantava insieme a noi, ma non sapevo mai se anche le persone che avevo di fronte stessero cantando. Mi è spiaciuto un po' non poter vedere chiaramente i volti del pubblico.
3 APRILE 2022
__64a Ediz. dei Grammy Awards
Sono già soddisfatto così, quindi anche non dovessimo vincere, non credo sarei meno felice. Certo vincere non sarebbe male, ma la cosa finisce lì.
8-9 & 15-16 APRILE 2022
__BTS Permission to Dance on Stage Las Vegas
Cerco di non pensare troppo, sul palco. Mi trovo meglio così. Credo ormai sia piuttosto naturale, per me, vista l'esperienza guadagnata nel tempo. Se lascio semplicemente che il mio corpo segua i movimenti cui sono abituato, ho maggiori probabilità di non fare errori (ride).
15 OTTOBRE 2022
__BTS <Yet to Come> in Busan
Con tuttə le/i fan che ci seguono e guardano, non posso permettermi di adagiarmi. Devo fare la mia parte. Credo chiunque proverebbe lo stesso, nei miei panni.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS⠸ Twitter
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nitroglycerin-a · 2 years ago
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Ancora una volta mi sento in colpa, ho caldo e sono stanca, penso di stare antipatica a molte persone che vorrei mi trovassero simpatica, questo mi rende un po’ triste, ancora una volta non faccio parte di nessuna categoria perché sono troppo poco hc diy lifestyle per esserlo davvero, qualcuno mi crederà stupida o che mi sono venduta all’industria (senza poi fare effettivamente i soldi quindi pure più rincoglionita), qualcuno penserà che sono anche brutta, sono stanca di litigare con tutti a lavoro, non avere vitto vicino mi fa avere tutto il tempo per fare quello che voglio e quando voglio e questo è buono, non lo soffro, ma a volte mi sento così isolata nei miei pensieri pessimisti e perdo le giornate a pensare a quanto la mia vita sia patetica e sprecata, i concerti mi piacciono tanto ma la gente ai concerti mi piace un po’ meno, se ci vado con Fede però mi piacciono di più
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