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Napoleone e l’Impero della Moda
1796-1815
Cristina Barreto, Martin Lancaster
Skira, Milano 2010, 208 pagine, 150 ill. b/n e col., 24 x 28 cm, ISBN 9788857206950
euro 50,00
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Milano, Triennale, 14 giugno - 13 settembre 2010
La nascita e l'evoluzione della moda tra la fine del Settecento e i primi dell'Ottocento. Abiti da giorno, da sposa e da sera, sottogonne e sottovesti ricamate, scialli e mantelle, abbinati a scarpe, borsette, cappelli, bijoux. E ancora: giacche e pastrani maschili, bastoni da passeggio, sciarpe e colletti. Tutto perfettamente conservato e restaurato. Curato personalmente da Cristina Barreto e Martin Lancaster, esperti del costume e collezionisti, il volume racconta la storia del periodo napoleonico attraverso i suoi costumi, con lo scopo di mostrare come Napoleone abbia sorprendentemente usato la moda come strumento di potere. Un percorso alla scoperta di abiti e accessori selezionati con una ricerca filologica rigorosa e affiancati da stampe dell'epoca che illustrano lo sviluppo dello stile dal neoclassicismo al romanticismo. È questo il periodo che vede la nascita del "fenomeno moda" dove si propongono gli stessi meccanismi e gli stessi riti che ritroviamo ancora oggi, dove compaiono i grandi sarti, i parrucchieri di grido, i negozi prestigiosi, le prime fashion victim della storia e soprattutto la stampa di moda specializzata da cui hanno avuto origine le moderne riviste patinate. Il guardaroba di uomini, donne e bambini assume, in epoca napoleonica, un'importanza sociale, culturale, economica mai avuta prima nella storia dell'occidente: è la nascita della Moda. Un fenomeno che si evolve anno dopo anno, seguendo gli eventi storici e politici, le scoperte industriali e lo sviluppo della tecnica, le influenze dell'arte e della cultura, i gusti dei ricchi e dei potenti.
28/01/23
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La figlia nata dal secondo matrimonio del grande tenore Pavarotti Alice Pavarotti è la figlia che l’indimenticabile Luciano ha avuto dalla seconda moglie Nicoletta Mantovani, colei che gli è stata vicino fino alla morte. Quando suo papà è scomparso non aveva ancora compiuto cinque anni: cosa sappiamo di questa giovane figlia d’arte? Chi è Alice Pavarotti e cosa fa oggi Alice Pavarotti è nata il 13 gennaio del 2003 da papà Luciano e da mamma Nicoletta Mantovani. Suo fratello gemello Riccardo è morto subito dopo il parto, mentre lei, che pesava soltanto 1750 grammi, è cresciuta sana e forte. L’amore che ha unito i suoi genitori è stato grande e anche molto chiacchierato. Quando Pavarotti ha conosciuto Nicoletta era ancora sposato con Adua Veroni, dalla quale aveva avuto tre figlie, e lei non era nient’altro che la sua “impiegata, segretaria e assistente”. I due si sono innamorati follemente, tanto che Luciano ha chiesto il divorzio alla moglie per poi unirsi in matrimonio con la Mantovani. Il tenore e la sua amata si sono sposati il 13 dicembre del 2003 nel Teatro Comunale di Modena. La sposa indossava un abito bellissimo firmato da Giorgio Armani e la piccola Alice, che aveva soltanto qualche mese, era la damigella d’onore e sfoggiava un vestitino rosa cipria. Nicoletta ha lottato tantissimo per preservare il suo amore dalle malelingue e, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha ammesso che ha cercato di fare il possibile soprattutto per la piccola Alice. Madame Pavarotti ha dichiarato: Ho sofferto molto. Chi mi ha allungato la mano in quel periodo è stato Fabio Fazio. Ero qui, con Alice, disperata. Un giorno si presentò e disse: ‘Adesso basta’ e mi convinse a parlare. Mi ha aiutato il pensiero di Luciano, ho cominciato a chiedermi cosa avrebbe detto, o fatto, lui. Mi ripetevo quella frase meravigliosa che era il suo mantra: ‘Un bel tacer non fu mai scritto’. Quando ho reagito l’ho fatto per Alice, perché non vedesse più i suoi genitori massacrati mediaticamente La baby Pavarotti, non a caso, è cresciuta lontano dai riflettori e sono rare le fotografie in cui appare con i suoi genitori. Alice oggi Alice è cresciuta, e come tutti i ragazzi della sua età ha un profilo social che aggiorna costantemente. Proprio grazie a Instagram, riusciamo a scoprire qualcosina in più su di lei. La giovane Pavarotti ha una bellissima voce e questo lo sosteneva anche papà Luciano quando lei era solo una bambina. Studia al liceo classico, è una grande appassionata di greco antico e ama la pallavolo. Castana, alta e con i lineamenti del volto identici a quelli del papà, Alice è una ragazza che non ama gli eccessi. Questo, almeno, è quello che si coglie sbirciando la sua bacheca Instagram. Una bellezza acqua e sapone, nessun makeup eccessivo e un look molto sportivo. La baby Pavarotti è tifosa del Bologna, ama trascorrere il tempo libero con gli amici e ha la passione per i viaggi. Insomma, una diciassettenne con i piedi per terra, che non sente sulle sue spalle il peso di un cognome tanto importante.
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Puoi approfittare di tutte le opzioni di abbigliamento formale disponibili
Uno stile casual più rilassato non significa rendere il tuo look informale o formale. Se stai celebrando il tuo matrimonio in un luogo all'aperto come B. su una spiaggia, una foresta, una montagna o un parco, puoi scegliere vestiti di lino. Puoi anche scegliere di non indossare una cravatta, indossare scarpe da ginnastica o non indossare affatto un abito, ma personalizzarlo comunque per adattarlo alla tua cerimonia nuziale in modo che mantenga un aspetto formale.
Per gli sposi dai gusti più avventurosi, sfoggia la tua personalità divertente e audace con un abito da indossare il giorno del matrimonio. Puoi sfruttare tutte le opzioni di abbigliamento formale disponibili, dagli abiti con motivi testurizzati agli smoking di velluto colorato. Puoi anche sperimentare tessuti semplici come seta, paisley o jacquard per un look più sorprendente.
Se hai il tuo stile e vuoi davvero essere diverso dagli altri, puoi realizzare un abito su misura per ottenere il miglior stile che desideri. Quando crei un abito su misura, puoi aggiungere materiali abiti da sposa principessa, scegliere strati o dettagli speciali come: B. il tipo di tasche abiti da sera rossi, colletti e cuciture. Alcune coppie vogliono anche iniziali ricamate o brevi citazioni che abbiano un significato speciale per gli sposi.
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L’intera Asgard era in fermento: tale causa si basava sui preparativi per il Solstizio d’Estate.
I giardini del palazzo vennero adornati da splendide decorazioni floreali, lasciando di stucco i vari passanti...tra cui Sigyn, impegnata ad ammirarne la bellezza.
Ella si trovava in compagnia di sua madre: entrambe amavano festeggiare un simile evento.
“Sono meravigliosi, non trovi?”
Esordì Sigrid, riferendosi agli addobbi.
La dama dai capelli biondi annuì con un solo cenno del capo.
Festeggiare il giorno più lungo dell’anno richiedeva l’organizzazione di canti e balli tradizionali del regno, accendere grandi falò per scacciarne l’oscurità e banchettare fino all’alba.
Rientrarono a Valaskjalf, percorrendo i lunghi corridoi della reggia...era giunta l’ora di pranzo.
Vennero serviti con diverse pietanze, squisite ed elaborate...la cucina asgardiana si dimostrò tra le migliori in tutti i Nove Regni.
In lontananza la figura enigmatica del Dio dell’Inganno, cominciò a scrutarla con determinato interesse.
Non scorreva buon sangue tra i due giovani, però non poteva di certo negare quanto fosse bella e colma di spiccata intelligenza.
Loki non perdeva mai occasione per rivolgerle battutine pungenti e ironiche...tuttavia era l’unica da riuscire a tenergli testa.
Si conobbero quasi un anno prima: lo scherzetto del serpente innescò una serie di battibecchi, infiammando i loro animi.
Sbeffeggiare la promessa sposa di Theoric Elvindson si rivelò uno dei passatempi preferiti dal subdolo ingannatore.
I suoi pensieri vennero riscossi dalla voce di Thor, innervosendolo di colpo.
“Cosa ti turba, fratello?”
Chiese d’un tratto, guadagnandosi un’acida risposta da parte del minore.
“Nulla di cui possa interessarti.”
Il Tonante non demorse, incalzando con un’altra domanda...una di quelle inopportune per l’esattezza.
“Lady Sigyn suscita in te un particolare interesse, non è così?”
L’altro emise uno sbuffo seccato.
“Non sono affari che ti riguardano: Sigyn non rientra nei miei interessi...è solo una capricciosa ragazzina di Vanaheim, niente di più.”
Il primogenito dei sovrani della Città Eterna non fu affatto convinto da quei commenti così sprezzanti nei suoi riguardi.
“Ciò non giustifica le intense occhiate che le rivolgi: è già promessa al capitano degli Einherjar, questo lo sai.”
Gli rammentò asciutto del loro imminente matrimonio...sarebbe stato celebrato entro la fine dell’Estate.
“Credi che non ne sia al corrente? Eppure qui ad Asgard non si parla d’altro da oltre un anno.”
Replicò affilato e tagliente come le lame dei suoi fidati pugnali.
Detestava il sarcasmo a cui spesso ricorreva il fratello...lo rendevano irritante, quasi fastidioso.
“Sei sempre stato un bugiardo di grande talento: non lasciarti sfuggire una simile occasione, stavolta.”
Disse infine, congedandosi da quest'ultimo.
Comprese a pieno la suddetta frase: gli stava concedendo la libertà di sottrarla a Theoric.
Ma non si sarebbe limitato a compiere una mossa del genere, perlomeno fu ciò che ebbe modo di prefissarsi.
Asgard / Palazzo di Valaskjalf - Giardini Reali
La sera scese su Asgard, donandone i colori più vivaci e intensi...iniziarono ad intravedersi le prime stelle, lasciando la Vanir di stucco.
La corte si stupì nel vederla: indossava un abito color arancio chiaro, suscitando l’invidia di parecchie fanciulle.
Theoric le prese la mano, aprendo le danze: seppur riluttante, Sigyn dovette accettare il suo invito.
Non avrebbe mai amato tale individuo, tantomeno sposarlo.
Le loro nozze furono combinate sin dall’infanzia, eppure non gli sarebbe mai stata fedele...desiderava esserlo con chi amava davvero.
Bevve un sorso di idromele all’interno di un corno d’oro...fu allora che l’astuto principe degli Æsir le rivolse un ghigno di lupo.
“È qui per schernirmi?”
Domandò in maniera ostile, guadagnandosi una risatina beffarda.
“Voglio solo scambiare quattro chiacchiere con un’amica.”
Ribatté sardonico, sorseggiando la bevanda con innata eleganza.
“L’amicizia è un concetto di cui conosce spaventosamente poco, Dio degli Inganni.”
Rispose piccata, alzandosi dal tavolo: costei si avviò verso il falò, raggiungendolo in pochi istanti.
Ballò attorno alle fiamme, assieme ad altre partecipanti...Loki non perse tempo ad osservarla.
Si mosse fluida e sinuosa, noncurante delle sue occhiate guardinghe...movimenti nati appositamente per incantare lo spettatore.
Le parole di Thor risuonarono come un mantra nella propria mente.
Sul serio desiderava quella donna, strappandola ad un uomo che avrebbe dovuto sposare?
Lingua D’Argento aveva sempre avuto un debole per il rischio dopotutto.
Sarebbe stato divertente sottrarla a quell’ubriacone di Theoric, soltanto per un puro e semplice diletto di una notte.
Un fremito lo percorse lungo la schiena: non avrebbe resistito ancora per molto.
Si avvicinò con cautela verso quest’ultima, trascinandola via di lì...Sigyn protestò in segno di disappunto.
“Perché mi ha trascinata fin qui? Che cosa vuole?”
Gridò la Dea della Fedeltà, impaurita da quel gesto colmo di sconsideratezza.
Le rubò un bacio avido, sfacciato e insolente: dovette scansarlo per interrompere l’azione.
“Come osa baciarmi senza chiedere il mio consenso? Non sono una cortigiana, è chiaro?”
Puntualizzò decisa, rivolgendogli uno sguardo ferino.
Cosa la rendeva così affascinante agli occhi del Fabbro di Menzogne?
La chioma bionda e lucente? Le iridi celesti, somiglianti a due splendidi gioielli di inestimabile valore? Quel visino delicato e dolce, celante un caratterino coi fiocchi?
Una miriade di aggettivi da cui non riusciva a trarne una precisa risposta.
La sovrastò con la propria altezza, rendendolo più imponente del solito...le sue guance si tinsero di un rosso vermiglio.
In fin dei conti sapeva bene che il principe oscuro di Asgard fosse di bell’aspetto, ma altrettanto pericoloso...un binomio non di certo incoraggiante.
Sollevandole il mento tra il pollice e l’indice, Loki la costrinse a guardarlo dritto in quelle iridi brillanti come smeraldi.
“Sono abituato ad ottenere tutto ciò che voglio, piccola figlia di Vanaheim...e lei non è l’eccezione alla regola.”
Riprese a baciarla con molta più foga, dopo minuti interminabili a fissare quegli specchi d’acqua tanto limpidi da sembrare due oceani.
Gli consentì l’accesso alla sua bocca, ricambiando con altrettanto trasporto...la luce della luna illuminò i loro volti, contrastando con le tonalità notturne.
Ardeva all’idea di possederla solo per sé: perché lasciarla nelle mani di un rozzo guerriero, quando poteva essere lui a condurla in un vortice di sfrenata passione?
Si staccarono per riprendere fiato: non avevano mai sperimentato una simile sensazione, prima di allora.
“Non dovrei essere qui!”
Esclamò attraverso un sussurro, pentendosi dell’errore appena commesso...eppure lo avrebbe desiderato tuttora.
Loki comprese che non era affatto innamorata del suo promesso sposo...avrebbe colto volentieri la palla in balzo.
“Cosa desidera realmente?”
La interrogò in quell’istante, accennando un sorriso sghembo.
Sigyn non seppe come rispondere: venne pervasa da un improvviso moto di confusione.
“Io…”
Non riuscì ad articolare neppure una sillaba: ogni parola le morì in gola.
Il cuore iniziò a galopparle dal petto, decretandone l’effettivo desiderio...bramava nuovamente il sapore di quelle labbra così sottili e tentatrici.
Si scambiarono un nuovo bacio, tendendole infine la mano...entrambi agognavano molto di più.
Egli ricorse all’uso del Seiðr, approdando ai suoi appartamenti privati.
Le ghermì i fianchi, avvicinandola a sé: Sigyn cominciò a provare un forte senso di disagio.
“Si lasci andare, piccola Vanir: non temere nulla.”
Mormorò vicino al suo collo, sfiorandolo con le labbra.
“Chi me lo dice che possa fidarmi di lei?”
Replicò con una nota di diffidenza nella voce...il Dio sogghignò amaro, evitando di ammettere repliche.
Iniziò ad abbassare le spalline del vestito, rivelandone la pelle candida e morbida...la elargì di baci, inspirandone il dolce profumo.
Essa sapeva di miele.
Lo spogliò frenetica, privandolo dell’armatura: con le mani percorse la linea del torace, forgiato da mille battaglie.
Il moro le slacciò il corsetto, saggiando i seni sodi e rotondi...Sigyn ansimò a causa di quel piacevole contatto.
Senz’alcun velo che copriva i loro corpi, i due amanti si gettarono sopra il letto con poca grazia.
Si baciarono a lungo, provando un moto di sensazioni inspiegabili.
Gemiti e sospiri, invasero l’intera stanza: Loki emise un ringhio di puro godimento.
Notò quanto fosse deliziosa e bella da togliere il fiato...non avrebbe rinunciato a lei così facilmente.
Non l’avrebbe ceduta ad altri, tantomeno al futuro marito.
Si persero l’uno negli occhi dell’altra, traboccanti di lussuria...la Dea della Fedeltà rimase incantata dinnanzi alla bellezza del principe cadetto.
Faticò ad ammettere di esserne attratta: magari in cuor suo lo aveva sempre saputo.
Le rivolse uno sguardo malizioso, pronto ad assaporare di nuovo quella bocca vellutata e invitante...totalmente in grado di condurlo al Valhalla, senza il bisogno di morire.
“La strada che stiamo per imboccare sarà rischiosa per entrambi.”
Proferì ansante, mordendogli il labbro inferiore: le accarezzò una guancia, zittendola con un bacio.
“Ho un debole per il rischio, mia cara: nessuno lo verrà a sapere.”
La tranquillizzò, scendendo fino al ventre per lambirlo con la punta della lingua.
Prese a stuzzicarle l’intimità, avido e bramoso di possederla...i gemiti della donna, bearono le orecchie del Signore della Menzogna.
Costei dovette aggrapparsi al lenzuolo, alla ricerca di un appiglio.
Si dilettava troppo a farla impazzire: in lui crebbe un senso estremo di onnipotenza.
La invitò ad accoglierlo, accorgendosi dell’improvvisa rigidità della ragazza...dovette rendersi conto che era vergine.
“Andrà tutto bene, Lady Sigyn...non si lasci sopraffare dalla paura.”
Sussurrò carezzevole, abituandola alla sua gradevole presenza.
Affondò lento e cadenzato, fino a divenire più violento e selvaggio...la Vanir si aggrappò alle ampie spalle del principe, graffiandone la carne.
Gemettero all'unisono, invocando i loro nomi: dopodiché raggiunsero l'orgasmo, consumandone l'amplesso.
I capelli corvini arricciati e sudati, le provocarono un lieve solletico.
Loki sorrise, baciandole un seno: Sigyn venne pervasa da un profondo stato di quiete.
Durò solo pochi attimi, tornando alla realtà: si convinse di essersi lasciata trascinare da un vortice di caos e follia.
Una passione proibita, destinata a condurla in sentieri ricolmi di assoluta oscurità.
Vagò in cerca del vestito, scattando giù dal letto: non avrebbe dovuto cedere.
“Fuggire da codesti alloggi non cancellerà l’aver giaciuto assieme a me...veda di rammentarlo.”
Pronunciò il Dio dell’Inganno, intercettandone la mossa.
“Può darsi: ma stia pur certo che non ricadrò in un'altra delle vostre trappole menzognere.“
Rispose in fretta e furia, indossando l’elegante vestiario mezzo scucito...segno di un feroce impeto libidinoso e travolgente.
Un bagliore d’oro l’avvolse per intero, sistemandole l’aspetto...qualunque traccia di disordine scomparve nel nulla.
“Sarà soddisfatto, immagino: adesso potrà vantarsi con chiunque nell’avermi ottenuta.”
Constatò rabbiosa, tentando di uscire dai sontuosi alloggi: Loki le prese un polso, impedendole di scappare.
“La soddisfazione non è nella mia natura, temo. Non sono così stolto da spifferare determinate faccende...per quanto goda della perfetta fama di bugiardo, so mantenere segreti di vitale importanza.”
Sibilò velenoso come una serpe: la lasciò libera di andarsene, senza rivolgerle alcun saluto.
Un ghigno perfido gli si dipinse in volto, lasciando presagire che l’avrebbe sedotta ancora una volta.
Non era bravo nel rinunciare a ciò che gli spettasse di diritto...non lo sarebbe stato mai.
𝑭𝒊𝒏𝒆
One Shot:
~ Mischief And Fidelity ~
Name Chapter:
~ Forbidden Passion ~
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02.05.2072 Siamo in Scozia. La cerimonia di oggi si svolge in uno dei più belli castelli del mondo. Evidentemente i novelli sposi volevano fare le cose in piccolo. La location di oggi è raggiungibile attraverso il biglietto d’ invito che includeva un’ immagine del luogo che in primo piano portava il castello e poi la visuale si spostava ad inquadrare l’ambiente circostante. Anche l’indirizzo stava inserito sul biglietto in modo che fosse raggiungibile anche con mezzi all’ infuori della smaterializzazione. Appena arrivati bisognerà arrivare al portone d’ingresso su cui stanno legati con il proprio filo tre acchiappa-sogni. Questi sono stati incantati per essere delle passa-porta e solo tramite questi è possibile raggiungere il luogo della cerimonia. In realtà gli acchiappa-sogni sono sempre stati lì, solo che, vai a dirlo ai babbani che vengono in visita ogni giorno alla struttura. Per il giorno di chiusura la struttura è stata offerta alla coppia in questione che ne ha fatto richiesta, come chiunque voglia sposarsi in un castello. Toccato l’acchiappa-sogni l’effetto è il solito solo che appena arrivati alla meta, gli invitati verranno accolti da una pioggia di petali di rosa e da degli uccellini di colore blu che metteranno al collo una lunga collana di fiori agli uomini e una coroncina, anche questa di fiori, in testa alle donne. Gli uccellini sono castati da Adam, nessun animale è stato torturato per tale cerimonia, che sia chiaro solo lo sposo. Il luogo non sta poi così lontano dal castello. Appena arrivati un corridoio di ciottoli porta ad una piccola piazza in pietra con una grande fontana, sullo sfondo il castello. La fontana presenta una vasca rotonda e al centro si erge la statua di due amanti che uniscono la fronte e il naso mentre stanno dritti a fissarsi negli occhi e a tenersi le mani. Intorno è tutto zampilli e pesci rossi. Davanti alla fontana un arco di colore bianco su cui è cresciuta e si è intrecciata una pianta o forse due, chi può capirlo ormai, di Wisteria nutt conosciuta come Glicine. I suoi fiori a grappolo dal colore già intuibile sembrano grappoli d’uva e ricadono ai lati e sopra le teste di dove dovranno stare il ministrante e il futuri coniugi. Davanti all’arco un piccolo spazio di due metri circa, sarebbe la piazzetta e subito il corridoio. Ai lati di questo, dei sedili cubici di colore bianco e soffici disposti in numero di sei su un numero di file adatto per raggiungere il numero degli invitati, giusto per non far restare nessuno in piedi. Se corridoio e piazza sono bianchi, tutto il resto è verde, perché prato inglese. Delle lanterne fatte da rametti di legno stanno sospese sopra il corridoio, sopra le teste degli invitati e vicino la fontana a fare luce nella notte con le loro fiammelle. Gli uccellini continueranno a volteggiare e ad inseguirsi, anche quando non avranno nessuno a cui mettere le corone e le ghirlande di fiori.
Iniziano ad arrivare gli invitati Christine Berry si è messa a tiro ed ha truccato più del normale il viso perché non è carino avere le occhiaie belle in mostra nelle foto dei matrimoni altrui quindi tanto copri-occhiaie e tanto fard per rendere meno pallida la pelle reduce dal periodo femminile del mese. Ha deciso di indossare una tuta intera di un bel color borgogna, priva di spalline, con un frou-frou che scende verticalmente in mezzo alla pianura padana che ha al posto delle tette, per poi scendere retto ed aderente alle lunghe gambe a stecca di biliardo ma sode grazie ai tanti anni di sport. Visto che il vestito è così semplice si è concessa dei sandali gioiello impreziositi con pietre e punti luce, argentati, niente tacco perché con quelli qui si cade, semplici zeppe non troppo alte però altrimenti si rischia di superare il fidanzato al quale è arpionato per il braccio, naturalmente. Fra i cimeli non possono mancare né il bracciale empatico né l`anellino bronzeo all`anulare sinistro ma neanche due punti luce ai lobi, visto che ha i ricci rossi raccolti in uno chignon elegante ed adatto all`occasione. Sebastian Waleystock Indossa uno smoking blu scuro, con scarpe blu scure lucide e leggermente a punta, abbinate, pantaloni del medesimo colore ed un bottoncino argentato a chiudere la giacca. Al di sotto vi è una camicia bianca con la punta del colletto, nella parte di dietro, blu - più chiaro di giacca e pantaloni - ed una cravatta che scende, rigorosa, semplice e blu, lungo l`interno della giacca e lungo la camicia.I capelli di Hegla McDunst sono raccolti in un`acconciatura che con molte probabilità avrà arrangiato lei stessa con qualche colpo di bacchetta, mentre l`abito da strega che indossa, se pur da cerimonia, risulta essere molto semplice: una veste lunga color prugna smanicata, stretta in vita, ma che per il resto cade morbida sul corpo dell`auror. Niente scollature eccessive, né spacchi vorticosi, ma anzi, a coprire in ultimo le spalle c`è una sorta di stola semi trasparente in tinta con l`abito. Presa a braccetto col marito, non manca di starsene vicino ai colleghi auror e ministeriali che a quanto pare erano presenti a Skye. Ilary Wilson stretta nel suo abito di chiffon color fragola composto da una gonna semirigida lunga fin sotto il ginocchio, un corpetto arricciato con una chiusura di nastrini laterali, dalle maniche corte e dal delizioso scollo a cuore, le cui estremità sono legate dietro al collo e le ricadono sulle spalle e lungo la schiena in leggeri svolazzii di tessuto, le ballerine blu, rialzate da una zeppa per contrastare la sua nanerottolosità, completano l`outifit assieme ad una pochette portata a tracolla a forma di rosa blu, così come le unghie laccate di smalto e le cuciture dell`abito che indossa. I capelli biondi svolazzano alla brezza primaverile, anche se pungente, della sera scozzese e sono intrecciati dietro la nuca mentre il resto degli stessi le ricade sulle spalle in leggere onde mosse ottenute con la giusta dose di lozione arricciapelli, questa volta.
Katrine nel suo abito bianco e principesco, un vestito a fascia che tiene alzato quel ben di Merlino che mamma le ha donato, e ricade lungo i fianchi per poi aprirsi largo sotto di lei con delle piccole balze bianche; la parte del corpetto ha dei ricami argentati a fiori che si attorcigliano dal seno fino al fianco sinistro finisce di preparasi. Arielle e Melanie da damigelle indossano un abito lungo di colore lilla e senza spalline. Il vestito è composto da una fascia di tessuto lavorato e a pieghe in vita, per poi culminare in una lunga gonna che ricopre in modo morbido le curve. Ai piedi delle decoltè abbinate all`abito , i capelli di Arielle sono raccolti in una sorta di chignon con delle perle incastonate, da cui ricadono alcune ciocche arricciate, mentre quelli di Melanie sono lasciati sciolti mentre ricadono morbidamente sulla spalla destra, intorno al capo una treccia di capelli che fa da cerchietto la aspettano appena fuori dal castello.Zola indossa un vestitino bianco con una fascia lilla sotto al petto corre su e giù per le scale, il padre aspetta alla fine delle scale in uno smoking nero mentre la nonna nel suo tailleur verde scuro, i capelli raccolti in uno chignon e lo sguardo serio fissa la nipote davanti allo specchio.
E: « Sei ancora in tempo.. »
Raggiunto il giardino Zola apre le danze spargendo petali di fiori davanti al trenino di fanciulle, Melanie porta le fedi su un cuscinetto bianco, mentre Arielle da damigella d’onore tiene i fiori in mano, Katrine dietro con il padre sottobraccio.
M: « oooh, ma che bel culo ha Adam, non l`avevo mai notato »
Adam Alla sinistra dell’arco indossa un vestito di seta simile ad una tunica, solo che al petto sta una scollatura a V a mostrare il petto e parte dei pettorali. In vita una cintura color oro e come ad abbracciare il vestito, mille rami di Edera si muovono, crescono, si spostano attorno al suo corpo. I ricci sono stati gellati indietro e in testa una corona fatta con rametti intrecciati e bacche rosse: ricorda molto le corna di un cervo, il re dei boschi. Non appena la vede arrivare dà un cenno del mento muovendolo verso l’alto, come dire “ Ehi schianto!”; e le fa un occhiolino.
Camminano tutti lenti, Zola saltella spargendo petali per poi finire col mettersi alla sinistra dell’altare nella parte della sposa, Arielle davanti a lei mentre Melanie con le fedi si porta a destra, vicino al padre di Adam (l’elefante e la bambina).Il padre di Katrine la bacia sulla fronte lasciandole la mano e porgendola ad Adam che saluta il padre e porge lei la mano; quando la mano di lei prende la sua, lui le fa il baciamano e la accompagna sotto l'arco.
La cerimonia ha inizio e dopo l'ordinaria celebrazione, è il momento delle promesse. Il ministrante tira fuori la sua bacchetta che si muove a causa del tremolio alla mano del nonnetto. Adam si volta verso Katrine e porge la sua mano. Quando entrambi avranno congiunto le mani ecco apparire un nastro di luce che avvolge il palmo di Adam e Katrine e poi si congiunge in un nodo arrivato alle dita. Un gruppo di uccellini volano in fretta a rubare dalla corona di Adam una delle bacche rosse. Trattiene una risata, perché si accorge del furto ma, resta immobile dinanzi a Katrine con un sorriso ebete. I novelli sposi insieme diranno:
« Sei sangue del mio sangue, e ossa delle mie ossa. Ti dono il mio corpo, affinché possiamo essere una cosa sola. Ti dono il mio spirito, finché le nostre vite non avranno fine.»
Sciolto il nastro Melanie può portare le fedi, ed eccola trotterellante arrivare fino ad Adam e poi a Katrine in modo che entrambi possano prenderne una per poterle scambiare ed è in quel momento, proprio nel momento in cui Katrine si abbassa a prendere la fede che Melanie esce con la sua frase da caduta di stile
M: « palpeggiagli le chiappotte da parte mia »
per poi tornarsene a posto con una non-chalance da fare quasi schifo. Zola tira il vestito di Arielle che fa – m’ama non m’ama con i fiori, il padre di Katrine piange e la nonna fissa Adam con il giusto mix di odio e stima. « Se gli sposi vogliono dire qualcosa.. » aggiunge il ministrante Katrine annuisce e dunque stringendo la mano di Adam fa preparare i fazzoletti a tutti
« Oggi è il giorno in cui la mia vita comincia, fino a ieri sono stata solo io, una ragazzina troppo arrabbiata per poter assaporare davvero la vita, ma da oggi, da oggi divento tua moglie, la tua compagna, e parte della tua vita come tu della mia, oggi qui, davanti a coloro che sono stati il nostro passato, il nostro presente e che saranno il nostro futuro, prometto di amarti, onorarti e rispettarti ogni giorno della mia vita, prometto di non deluderti e di proteggerti con la mia stessa vita se necessario, oggi davanti alle persone che amiamo a alle quali dobbiamo gran parte di ciò che siamo ti prometto che darò il massimo ogni giorno. Il terzo anno al castello ti vidi in biblioteca e decisi che saresti stato mio, e solo mio…ed oggi tra intoppi,promesse,bugie e litigi sei qui davanti a me, sei qui e sei tutto quello di cui ho bisogno per iniziare a vivere di nuovo. Ti Amo Adam Wilson e sono fiera di essere tua moglie »
Attesa l’eventuale risposta di Adam il nonnetto andrebbe dunque a pronunciare le fatidiche parole « E allora se nessuno qui, ha qualcosa in contrario.. io vi dichiaro marito e moglie.. il marito può baciare la sposa » e visto che NESSUNO interrompe la cerimonia Katrine ed Adam andrebbero dunque a sbaciucchiarsi davanti al mondo e agli invitati, per poi con non-chalance Katrine allungare una manina in palpata delle chiappotte di Adam per poi tirare su il pollice verso Melanie.
Una volta finita la cerimonia, magicamente il giardino cambia aspetto, facendo comparire un gazebo bianco, con delle lanterne fluttuanti ma distanti abbastanza da evitare incendio, della musica prende vita e alcuni camerieri iniziano a portare champagne, alcolici vari e insomma tutto il necessario per diventare imbarazzanti e ubriachi, uno schermo per il karaoke, uno sfondo per le foto, sedie, cibo, fiori e uccellini. Katrine viene addobbata da una coroncina di fiori da degli uccellini mandati da Adam, per poi richiamare tutte le fanciulle « LANCIO I FIORIIIII » andrebbe a starnazzare per poi incamminarsi in un posto un po’ più largo dopo aver dato un bacio ad Adam ed essersi dunque congedata; di spalle alle ragazze « uno due tre » una spinta con le gambe e viaaaa. Si volta in cerca del bouquet che è finisce addosso a Christine, ch'ella lo voglia o no.
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Gli abiti creati dai grandi stilisti costano cifre inaccessibili per la maggior parte della popolazione. Questi abiti poi sono adatti a pochissime occasioni come cerimonie, prime teatrali, appuntamenti importanti.
Se una persona con un reddito medio basso difficilmente può permettersi di avere un guardaroba di abiti di grandi stilisti, può però noleggiare abiti di grande valore, specialmente se poi li userà solo per una serata. Sulla falsariga di Uber per le auto, di Airbnb per le case, c'è quindi chi ha pensato di venire incontro agli utenti con questi desideri.
Sono così nati dei servizi specializzati nel noleggio non solo di abiti ma anche di gioielli, scarpe e accessori. L'utente sceglie i capi dal catalogo online, oppure si reca nello showroom apposito per provare l'outfit che ha scelto per la serata. Pagherà il noleggio e avrà anche una assicurazione su eventuali danni che gli abiti dovessero subire.
Con qualche decina di euro non è più un sogno presentarsi a un avvenimento con un abito da sera da sogno e con accessori di gran pregio. Per il momento questi servizi non hanno ancora attivato delle applicazioni per dispositivi mobili, ma in molti sono accessibili via computer e si possono ricevere gli abiti in 4 ore se abitiamo nelle zone servite.
In questo post vedremo quelli che sono i migliori servizi di noleggio di abiti di alta moda.
1) DREXCODE
Drexcode
è uno dei servizi migliori e può essere utilizzato in italiano, francese e inglese sempre con valuta in euro. L'utente si iscrive con email e password oppure tramite il login di Facebook, quindi sceglie l'abito che preferisce nelle ultime collezioni. Si seleziona la nostra taglia e si sceglie la data di consegna.
Drexcode dà anche dei consigli su come indossare l'abito in modo impeccabile. Al termine del noleggio, si contatta il corriere per il ritiro. Il noleggio dura 4 o 8 giorni (a seconda della richiesta al momento della prenotazione). Se la restituzione è prevista nel weekend o di giorno festivo, l’abito potrà essere reso il primo giorno feriale disponibile.
Gli abiti saranno consegnati con un cartellino Drexcode che dovrà essere staccato per essere utilizzato. Dopo l'uso l'abito dovrà essere rimesso nella scatola in cui si è ricevuto, piegato a fisarmonica in 3 o 4 parti.
Si può provare l'abito a casa oppure chiedere un appuntamento presso Drexcode che ha sede a Milano. Non ci sono problemi se si macchia l'abito, perché i piccoli inconvenienti sono coperti da una assicurazione. Non occorrerà portare l'abito in lavanderia e sartoria perché questi interventi saranno a carico di Drexcode.
Le istruzioni dettagliate sulla resa dell'abito sono inserite nella confezione che si riceverà a casa. Una prenotazione anticipata permette di avere l'abito dei nostri sogni a disposizione per il giorno dell'evento. Drexcode accetta prenotazioni anche sei mesi prima del giorno in cui si dovrà indossare. Gli abiti sono disponibili in diverse lunghezze. Ciascun abito ha una sua scheda con le condizioni di noleggio e con il prezzo comprensivo di IVA.
Gli abiti sono divisi in categorie come abiti da sposa, abiti da 50€, top e camicie, gonne pantaloni. Si potranno noleggiare anche borse, gioielli e accessori per la sposa.
La prova a domicilio di un abito ha un costo fisso di 20€ più le spese di spedizione e si potrà provare una seconda taglia senza spese aggiuntive. Durante la prova non si possono rimuovere i sigilli di sicurezza ed è senza impegno.
2) FRONT-ROW-TRIBE
Front-Row-Tribe
è un altro sito che noleggia abiti di grandi stilisti, disponibile in italiano e inglese. Ci si registra con un indirizzo email indicando anche i nostri dati personali. Si utilizzano i filtri per scegliere l'abito dal colore, dallo stile quindi si seleziona una data di consegna. Il noleggio dell'abito durerà per 4 giorni.
Si utilizza l'etichetta prestampata per prenotare il reso. Anche Front-Row-Tribesi occuperà di lavanderia e sartoria e dei piccoli danni in funzione dell'assicurazione obbligatoria dal costo di 5€.
Accanto ad ogni abito è visibile il costo in euro del noleggio. È possibile prenotare un abito fino a sei mesi prima dell'evento e il reso è gratuito; basterà seguire le istruzioni allegate alla scatola di consegna. La spedizione è disponibile in modo gratuito in tutta Italia.
Durante la registrazione verrà chiesto di compilare un modulo con le nostre misure. La sarta del servizio creerà degli orli temporanei sugli abiti lunghi per un fit perfetto. Al momento di un ordine si può scegliere una seconda taglia di riserva senza costi aggiuntivi. Quando si riceve l'abito/gli abiti, se nessuna delle taglie va bene, se ne può scegliere un altro che sarà consegnato in tempo per l'evento. Se nessuna delle taglie va bene, se non ci sono altri abiti disponibili nelle date richieste o se il cliente non trova un altro abito che gli piace, potrà scegliere tra il rimborso o un credito da utilizzare sul suo prossimo ordine.
3) LOVEDRESS
LoveDress
vende abiti di gran classe ma permette anche di noleggiarli. Sono disponibili anche abiti da sposa.
Si sceglie l'abito che si riceverà a casa in 24/48 ore all'indirizzo indicato. Si seleziona la taglia e si sceglie la data di consegna, almeno due giorni prima dell'evento. Si può prenotare una seconda taglia, se la prima non andasse bene. La prova dell'abito in anteprima costa 15€. Si indossa l'abito al nostro evento senza soverchie preoccupazioni, perché piccole macchie o danni minori come scuciture, perdita paillettes etc. sono coperti dall'assicurazione.
Il reso è gratuito. Si piega con cura l'abito e si ripone nel copriabiti originale quindi si applica l'etichetta di reso prestampata sul pacco. Al termine del noleggio passerà il corriere di LoveDress per il ritiro all'indirizzo indicato.
ALTRI SERVIZI PER IL NOLEGGIO DI ABBIGLIAMENTO
I tre servizi indicati sono tra i più conosciuti ma non sono gli unici che offrono abbigliamento firmato a noleggio.
Rent The Runway è il capostipite del settore con sottoscrizioni in prova da 80$ per 60 giorni. Si possono noleggiare e acquistare abiti. La difficoltà è che è posizionato a New York.
Rent Fashion Bag è un portale italiano specializzato nel noleggio di borse
Borse di Lusso in Affitto è un altro servizio italiano per noleggiare borse
Dress You Can noleggia abiti e abbigliamento nella stessa falsariga dei primi tre servizi recensiti. Oltre agli abiti si possono affittare scarpe, accessori e abiti da sposa.
VillageLuxe è un sito internazionale per noleggiare abiti, borse, scarpe e accessori.
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Caro diario...
Da quando sono piccola ho sempre sognato molto l’amore, sono sempre stata affascinata dalle commedie romantiche, fiabe Disney e ho desiderato il lieto fine più di qualunque altra cosa.
Sognavo con ogni parte del mio corpo l’arrivo di questo principe che avrebbe sistemato ogni mio coccio, mi avrebbe presa fra le sue braccia e mi avrebbe protetta e amata per tutta la vita. Avevo creato una cartellina con dentro disegni del mio abito da sposa e tutti i dettagli per la cerimonia: vestito della sposo, i brani, il coro gospel, gli arredamenti, i vestiti delle damigelle e il mio secondo abito, ogni cosa era spiegata e disegnata nel dettaglio. Dopo il matrimonio avrei avuto tre figli, due maschietti e una femminuccia e avrei vissuto la favola più bella mai raccontata.
Fin qui niente di strano, tutti sognano! Il problema? L’ho sognato e me lo sono augurata talmente tanto che ho confuso più volte il niente con l’amore, non riuscivo a vedere le persone per quello che erano davvero.
Tra le diverse frequentazioni ho avuto solo due storie importanti, non belle, ma importanti perché mi hanno in qualche modo segnata a fatta crescere.
La prima risale all’agosto del 2014, io avevo 13 anni e lui (lo chiameremo Vasco) ne aveva 16. Ci conosciamo sui social, parliamo per qualche settimana e senza mai vederci decidiamo di fidanzarci. Per me Vasco è una bella distrazione, non mi fa pensare alla mia situazione familiare, alla scuola e mi fa sentire meno sola. Lui non è meno problematico in quanto non frequenta brava gente, ha lasciato la scuola dal periodo delle medie e non lavora, ha problemi a controllare la rabbia, partecipa a risse e ha denunce, ha problemi con alcol ai quali si aggiungerà dopo anche la droga e per concludere in bellezza ha la classica mentalità tossica secondo la quale la ragazza deve dipendere dal ragazzo, deve essere protetta dal ragazzo e quindi era gelosissimo e molto presente.
Era quel periodo in cui questo tipo di ragazzo piaceva moltissimo, a me per prima piaceva, credevo di aver bisogno di essere protetta da qualcuno e credevo soprattutto di poter cambiare alcune abitudini o lati del suo carattere. Spoiler... ero una povera illusa. Nonostante tutto questo per un breve periodo la relazione va molto bene, ci scambiamo messaggi d’amore, telefonate d’amore, dico il mio primo “ti amo” e penso di aver trovato l’amore della mia vita finché non iniziano i primi litigi, scopro alcuni messaggi con altre ragazze e inizia un lunghissimo tira e molla. Ogni volta che tornava mollavo tutto senza pensarci, mi bastava un suo messaggio e scaricavo tutto e tutti, ne ero diventata dipendente. Era la prima persona che mi faceva sentire amata, quando torniamo insieme mi sento forte e sicura di me e quando ci lasciavamo perdevo sia lui che questo lato di me e sprofondavo in un senso di vuoto, solitudine e tristezza. Tutto questo continua fino al 2016, anno in cui conosco la seconda storia importante che chiameremo Fabio.
Fabio è una persona completamente diversa, a questo punto io ho quasi 15 anni e lui ne ha quasi 17, è un ragazzo molto intelligente e acculturato, frequenta una buona scuola e dei buoni amici, di buona famiglia, molto educato, dolce e attento, è simpatico e sembra un bravissimo ragazzo. Come nel caso di Vasco mi scrive su Facebook e iniziamo a parlare, scatta subito qualcosa. È una boccata di aria fresca, aria nuova e bella, penso di aver trovato quello giusto, Fabio mi tratta benissimo, insieme stiamo molto bene ridiamo e scherziamo e decidiamo di metterci insieme. Questa volta però il fuoco si spegne velocemente, non perdeva mai occasione di farmi sentire ignorante, farmi sentire insignificante, piccola piccola come mi ero sentita per tutta la mia vita. Le discussioni continuano ad aumentare e arriviamo ad una sera di febbraio in cui capisco dopo una litigata furiosa di voler mettere fine a questa relazione, io mi trovo in città con le mie amiche e decido di non rispondere più ai messaggi e di scrivergli il giorno seguente di vederci per parlare.
Quella sera incontro Vasco che non vedevo e sentivo da più di un mese, da quando avevo conosciuto Fabio, e sono molto contenta di incontrarlo, anzi, forse un pò ci speravo. Ci mettiamo a parlare, scopro che anche lui si è fidanzato da poco, che anche tra loro non sta andando, gli racconto di Fabio, della mia famiglia e ci baciamo. Io mi convinco a parlare con Fabio prima possibile, lui decide di lasciare la sua ragazza e ci promettiamo di risentirci e vederci una volta concluse le nostre relazioni.
Una volta tornata a casa e aperto whatsapp mi trovo un messaggio dolcissimo di Fabio, nel quale si scusa per i suoi modi, nel quale mi ribadisce più volte che mi ama, quanto con me stia bene, ma ho preso una decisione e per il bene che gli voglio so che non possiamo stare davvero bene in una relazione così. Nonostante questo quella notte non riesco a dormire dal senso di colpa, mi sento una persona orribile soprattuto perché lui era sempre stato molto buono con me e questa sensazione continua ad aumentare finché non decido di dare alla nostra storia una seconda possibilità, infondo stavamo insieme da nemmeno un mese, ancora non ci conoscevamo benissimo quindi ci avrei riprovato e poi gli avrei detto di Vasco.
Il giorno dopo quindi gli rispondo scusandomi a mia volta per quello che avevo detto e per come lo avevo detto, parliamo un pò e ci chiariamo. Poco dopo mi scrive anche Vaco dicendo che gli ero mancata, che non vedeva l’ora di tornare con me, che mi amava e una volta preso coraggio gli dico che avevo deciso di dare alla mia storia con Fabio una seconda chance e che quindi non lo avrei lasciato e non saremmo tornati insieme. Di tutta risposta Vasco scrive a Fabio e gli racconta tutto ciò che gli avevo detto e ciò che era successo la sera prima.
A questo punto Fabio cambia totalmente, non vuole ascoltarmi, mi riempie di insulti, da il mio numero a dei suoi amici e alle fidanzate dei suoi amici che a loro volta mi riempiono di insulti e io completamente annebbiata dal senso di colpa mi riduco uno straccio e gli scrivo di continuo per scusami, gli chiedo di vederci per spiegargli... finché un giorno mi dice che mi avrebbe perdonata se io avessi fatto qualcosa per lui. Io accetto senza pensarci due volte, mi sentivo una persona orribile e in quel momento avrei fatto qualsiasi cosa, anche quello che mi proponeva nonostante per me fosse la prima volta.
Una volta organizzati ci troviamoo a casa sua e li con lui ho il mio primo rapporto, prima di quel momento oltre il bacio non era mai successo nulla, ne con lui e ne con altri. Avevamo parlato, prima di questa situazione, dell’eventualità e io gli avevo detto di non essere ancora pronta. Nonostante questo sentivo fosse un modo per fargli capire che ci tenevo molto a lui e dopo questo magari mi avrebbe perdonata davvero.
Poco dopo questo primo rapporto lui mi racconterà che in realtà aveva organizzato con i suoi amici questa vendetta che consisteva nel farmi credere che mi avrebbe perdonata se io avessi consumato con lui e invece una volta concluso l’atto mi avrebbe lasciata nella maniera più bruta e cruda esistente sulla terra, insultata e mandata a cagare così da farmi capire quanto io avessi sbagliato. Nonostante questo io lo giustificherò e continuerò a sentirmi in colpa per tutto, lui non riuscirà mai a perdonarmi e io non riuscirò mai ad amarlo davvero. Non torneremo mai insieme, ma continuerò a vederlo ogni volta che me lo chiederà per più di un anno, chiuderò definitivamente i rapporti quando capirò di provare un sentimento per il mio migliore amico e ci fidanzeremo.
In tutto questo della vera storia d’amore, della vera storia importante ne parlo solo nell’ultima riga di cento. Una storia meravigliosa a cui devo tutta la mia rinascita, storia che va avanti da più di quattro anni e che mi ha regalato i più bei momenti della mia vita, che mi ha fatto capire cos’è davvero l’amore.
Oggi mi guardo indietro e mi chiedo solo perché, perché mi sono fatta trattare così, perché mi sono fatta manipolare, perché ho lasciato che queste persone si approfittassero di me, delle mie debolezze. Perché non ho chiesto aiuto prima, perché ho lasciato a queste persona il controllo della mia vita, perché non sono stata forte. Una cosa però è certa... da questa storia, da questa vita ho avuto tanto da imparare.
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Chi lo dice che l’abito da sposa deve essere per forza bianco?! Alice ha scelto per il suo giorno un abito da sera color Tiffany, elegante e fuori dagli schemi. Alice ❤️ Emanuele si sono sposati con cerimonia civile a @villacencimasseria ed hanno festeggiato ballando sulle note dei @tribemolle Questo il nostro piccolo racconto #iohosceltovisstudio #visstudio #tribemolle #villacenci #matrimoniocivile #cerimoniacivile #cisternino #valleditria #pugliawedding #weddinginspiration #abitodasposaalternativo #abtidasposa #bridaldress #bridalstyle (presso Villa Cenci Relais Masseria) https://www.instagram.com/p/CTg_G7lgjVA/?utm_medium=tumblr
#iohosceltovisstudio#visstudio#tribemolle#villacenci#matrimoniocivile#cerimoniacivile#cisternino#valleditria#pugliawedding#weddinginspiration#abitodasposaalternativo#abtidasposa#bridaldress#bridalstyle
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elique’s wedding, 29 giugno 2020.
M: E' il ritmo del suo cuore, agitato, scalpitante e prepotente nella cassa toracica ormai troppo piccola e fragile per un organo come quello, ad accompagnare i rintocchi di quelle fastidiose lancette che segnano i minuti che separano la bella Monique dal suo uomo. Non ci crede ancora, stenta a farlo, ricordando a sé stessa che tutto ciò è un sogno; un bellissimo, perfetto, indimenticabile sogno. Non ci crede perché le sembra impossibile star sposando l'uomo che per sei /lunghissimi/ anni, ha considerato come un amico. Il /migliore amico/ di cui lei è sempre stata cotta senza mai rendersene conto davvero. Non ci crede perché Elia è sempre stato un porto sicuro, nonostante le furibonde liti, le parole urlate sputando veleno, il lungo periodo in cui si sono separati per quasi un anno ― nonostante tutto, lui c'è da sempre, c'è sempre stato e sa che ci sarà per sempre. Per sempre. Chi l'avrebbe mai detto? Lei no, sicuramente. Lei non ha mai creduto a quelle parole, con il passare degli anni ha perso anche fiducia nei sentimenti, nell'amore. Poi è arrivato Elia, il suo bellissimo e meraviglioso Elia, e da quel giorno qualcosa è cambiato, radicalmente. Vorrebbe tornare indietro solo per rivederlo su quella spiaggia, con la chitarra fra le mani, i capelli ricci e spettinati e quel sorriso da gran furbacchione a tingergli le labbra. Vorrebbe riavvolgere il nastro della vita, sedersi e rivivere ogni singolo momento, da quello più bello a quello più brutto, solo per potersi ritrovare ad un passo dal dirsi /per sempre/. Se adesso sono a meno un'ora dal matrimonio, un motivo ci sarà. Che sia per via del destino, per quel filo rosso che li lega dal primo momento, non importa. Monique Londsale è follemente innamorata del suo Elia. Fasciata da un particolare abito, richiama un celestino dai toni piuttosto freddi, in contrasto con quel bagliore che si nota nei grandi occhi azzurri. Lei è lì, su una delle spiagge di New York, a pochi minuti dall'inizio di un nuovo capitolo, con un mazzo di fiori fra le mani e il cuore che scalpita nel petto. Fatica a respirare, è agitata, quella sua agitazione aumenta quando si ferma ad osservare la lunga navata creata appositamente per l'evento, i fiori freschi, l'altare che vede in lontananza. Tutto sparisce nel momento in cui scoccano le tre. E' pronta, è arrivato il momento. E quando compie il primo passo per raggiungere Elia, con il pensiero vola a lui, sperando che percepisca quel ❝ ti amo ❞ sussurrato in modo flebile ma con il cuore in mano. E: Assurdo come il tempo sia capace di distorcersi in base ai diversi stati d’animo, alle diverse sensazioni, ai pensieri, all’evolversi dei fatti. Sono passati due mesi, ormai, da quando Monique ha chiesto ad Elia di sposarlo. Sembra passata un’eternità da quella sera lontana, un lasso di tempo tanto lungo, da appartenere ad una sfera temporale quasi rimossa. Ma quanto è corso velocemente il tempo da quando Elia ha deciso di anticipare il giorno della loro unione? E’ volato in un batter d’occhio, consumando i giorni e le ore in un solo soffio. Stanno facendo un passo più lungo della gamba? Elia è fermamente convinto non sia così.E’ dall’estate di sei anni prima che, Monique ed Elia, si sono scelti a vicenda. Che importa aspettare e continuare a posticipare, quando di dubbi riguardo l’amore che insieme condividono non ve ne sono più? Che importa attendere una data poi non molto lontana, quando ogni giorno vissuto sotto allo stesso tetto è l’ennesima riprova di quanto siano felici insieme? Elia sposa Monique ogni giorno dal lontano tre maggio. La sposa quando al mattino le rivolge una prima tiepida attenzione, la sposa al termine di un lungo bisticcio, la sposa nel momento in cui, con la solita quotidianità, condivide con lei progetti per un futuro lontano, ma nemmeno troppo. Per la verità, l’ha sposata nel momento esatto in cui le ha detto di sì, senza alcuna esitazione. Non è stato facile separarsi da lei quella mattina, quando gli organizzatori del matrimonio li han dovuti staccare a furia di “It's late!”. La cosa divertente è che, senza la traduzione pronta di Monique, Elia non avrebbe mai capito cio’ che l’agenzia continuava ad urlargli alle orecchie, sicuro invece li stessero maledicendo per averli beccati nel clou dell’ennesimo scambio d’effusioni, come una coppietta d’adolescenti alle prime armi. Si dice che con il passare dei mesi l’amore subisca una grave trasformazione. Cotta, infatuazione, innamoramento, amore. Poi la decrescenza. L’amore si riduce a qualcosa di più standard, il cuore smettere di trottare come un cavallo, le farfalle allo stomaco lasciano il posto alla lucidità, ai progetti futuri, alla quotidianità. Elia e Monique si amano da anni, nella loro inconsapevolezza, eppure neppure la superficie di quell’amore è stato svigorito o levigato. Niente si è ridotto, tutto si è intensificato. Ai piedi dell’altare di fiori bianchi imbastito sulla spiaggia del paese natio di Monique, Elia è irrequieto. Incapace di spiccicare una sola parola in inglese, per la disperazione è riuscito a comunicare a segni con il giudice civile che, con lui sotto all’arco fiorito, sta attendendo l’arrivo della sposa. Chissà cosa ha comunicato all’uomo di mezz’età, tentando con una pronuncia strana e parole inventate sul momento di spiegargli cosa l’abbia condotto fin lì con due mesi esatti d’anticipo.“That’s love” ha commentato l’uomo, lasciando intendere al Ferrera d’aver intuito, almeno saltuariamente, cosa egli stesse cercando di dire; ma forse, più probabilmente, è la scintilla che brilla negli occhi del palermitano, così come il rossore sulle sue gote, ad aver spinto l’altro a parlare d’amore. Non c’è nient’altro, nello sguardo di Elia, se non “amore”. Poi scoccano le tre. Servono pochissimi istanti prima di veder spuntare Monique dall’altra parte della navata fatta di soli cangianti fiori. S’immobilizza sul posto, come uno stolto innamorato, quando si palesa lei, vestita di chiaro, il trucco leggero ed i capelli rilegati in una coda.Il petto di Elia implode mentre giura di star udendo, in lontananza, le campane. Sta impazzendo. E' pazzo. Di lei.E’ giunto il momento. Svolge un solo passo in sua direzione, mentre la musica abbraccia i due sposi ed il giudice. Tutto d’un tratto, poco importa del sole cocente di Manhattan. Poco importa delle lunghe ore trascorse ad impazzire dietro alla preparazione. Poco importa della magnifica location che fino ad allora ha riempito gli occhi ed il cuore del Ferrera. Tutto cio’ che appare davanti a lui e che domina e colora il suo sguardo, è la bella Monique. Basta solo quella prima occhiata d’intesa, quello sguardo che ormai Elia conosce bene, lo sguardo nel quale più volte si è perso e si perderebbe ancora e ancora innumerevoli volte, per riempire i suoi occhi di gioia liquida. Non ha la decenza di spazzarla via con il dorso della mano o di rigettare indietro le lacrime sempre più ingenti. Cio’ che vuole fare e che passa in primo piano, in quell’istante, è raggiungerla a metà navata e porgere lei la mano, con una lieve cavalleresco inchino. « Sei un incanto » sibila flebilmente, tanto piano da farsi udire solo da lei. E solo una volta intrecciate le loro dita, oltre ai loro emozionati sguardi, Elia ritrova se stesso, la forza perduta e la solita sicurezza incalzante. « Da questa parte, / Londsale / » accenna con maggiore enfasi quell’ultimo appellativo, non con fare maligno, quanto per ricordare a lei come a se stesso che, da quel giorno e per sempre, anche lei come lui, sarà parte dei Ferrera. M: E' strano come tutto sia cambiato velocemente, come dall'estate di sei anni prima, il tempo sia volato così in fretta da non esser riuscita a realizzare quanto entrambi siano cresciuti. Mentre a passo lento cammina lungo quella navata, Monique ritorna un po' indietro con la mente. Su una spiaggia nelle vicinanze di Verona si sono conosciuti li due giovani, ricorda lo scintillio del fuoco e il calore forte emanato, la miriade di gente ma lo sguardo finito direttamente su lui; quel ragazzo così estroverso, menefreghista, che all'avvicinarsi di tante ragazze non si è nemmeno degnato di alzarsi. Ricorda, Monique, cosa abbia provato in quel momento, quando si è seduta vicina a lui e poi è partito tutto. E' partito tutto da quel loro primo sguardo, il primo sorriso, la prima volta che si sono sfiorati in un semplice gesto amichevole. Ad ogni passo riaffiora un ricordo, lei non sta attraversando la navata nuziale, lei sta camminando il viale dei ricordi. Da quelli più belli a quelli più brutti perché, in qualche modo, lei ama anche quelli. Sarebbe facile dire il contrario, in realtà sa bene che qui momenti di down, le liti furiose, le urla, i mesi di lontananza e tutto il resto, sono serviti a renderla la donna che è oggi. Quella che sta per sposarsi.Sono stati sei lunghi anni, i più belli della sua vita probabilmente, nonostante sia convinta che si susseguiranno altri anni bellissimi. Sono stati amici per tanto, forse troppo tempo, eppure si sono scelti dal primo sguardo. Come abbiano fatto a resistere per tutto questo tempo ancora se lo chiede, ma è bello sapere che ora sono ad un passo dalle nozze. Si sono scelti allora e sempre si sceglieranno, di questo ormai ne ha la certezza. Dunque, perché aspettare? Monique non ne vede più il senso. Le ore di preparazione sono state lunghe ed intense, Monique si è chiusa in un sacrosanto silenzio subito dopo essere stata separata da Elia con la forza, nonostante le ragazze continuassero a parlare e a cercare di farla uscire dal mutismo. E' stata l'ansia a spingerla in quella direzione, mentre il suo pensiero non ha lasciato per un attimo il ragazzo. Da ridere è stato che si è sempre preoccupata più di lui, durante tutto l'arco della preparazione che per il matrimonio, per Elia poco in grado di capire la lingua, sicuramente impacciato e in tensione. Poi tutto si è concluso, in un batter d'occhi si è ritrovata ai piedi di quella navata a guardarne la fine. Mille le domande delle sue preparatrici, domande a cui lei ha risposto a stento abbozzando sorrisi qua e là. ❝ Come vi siete conosciuti? ❞, ❝ da quanto vi conoscete? ❞ ma Monique non ha potuto rispondere a quelle domande semplicemente perché, poi, avrebbe avuto bisogno di circa qualche mese per spiegar loro tutto. Scoccate le tre, ogni cosa precedente è scomparsa, ad ogni passo compiuto tutto ciò alle sue spalle è andato via come per magia. E ora eccola, mentre cammina per raggiungere il proprio uomo, colui che è cresciuto così tanto da impegnarsi in un matrimonio, lo stesso uomo che ha rubato lei il cuore. E' da quell'uomo che si sta dirigendo, vestito di tutto punto, i capelli ricci perfettamente sistemati e le gote rosse. Oh si, è la prima cosa che nota quando si avvicina a tal punto da poterlo mettere a fuoco. Le orecchie fischiano, ogni secondo che passa conferma sempre più a sé stessa quanto sia dannatamente innamorata. Le viene da sorridere a quel gesto così romantico e galante, afferra quella mano e la stringe, la intreccia alla propria perché ha bisogno di sentire il suo calore, di avere la certezza che quel sogno, per quanto bellissimo, non sia solo un'illusione. « Ancora per poco, per tua sfortuna. » ribatte allo scherzo con lo scherzo, ma quando giungono davanti all'uomo che sarà testimone del loro amore, Monique si volta a guardare Elia. ❝ Siete pronti? ❞ chiede l'uomo a quel punto, ma basta quello stesso sguardo per capire la risposta che aleggia sulla punta della lingua. E: Non si è mai fermato ad immaginare come sarebbe stato il suo matrimonio. Mai un pensiero riguardo un momento del genere, mai una formulazione di quelle che sarebbero potute essere le sue emozioni. Elia, lì sull’altare, mentre la sua donna cammina sicura lungo la navata segnata da petali di rosa, è l’uomo più deciso ma anche il più inesperto del mondo. Un po’ si pente di non aver iniziato prima a metabolizzare un momento come quello. Si pente di non essersi preparato con netto anticipo, di non aver scritto un discorso, di non aver mai e poi mai provato ad immaginare cosa avrebbe potuto provare una volta lì. Per un attimo, in quei pochi istanti che precedono l’arrivo di Monique, gli ultimi in cui sarà ancora da solo, prima di unire definitivamente la propria anima a quella dell’altra, si sente impreparato come un ragazzo dinnanzi all’ennesimo esame di algebra. Lei è bellissima e la cosa non aiuta affatto il Ferrera che, di riflesso, indietreggia di mezzo passo, come intimidito dalla presenza altrui. E’ il giudice che accenna un colpetto di tosse e che invita il Ferrera a tornare nella sua posizione d’origine. Gli occhi di lui pizzicano, mentre le gote vanno progressivamente a fuoco. Se solo si fosse preparato con netto anticipo, forse sarebbe arrivato abbastanza preparato da non commuoversi a pochi minuti dal “sì, lo voglio”. Ed invece, Elia Ferrera, davanti alla sua futura moglie, si mette a piangere, incurante di apparire fragile davanti ai suoi occhi. Perché lei? Perché Monique? Perché con così tanta velocità? La risposta è semplice: Monique è il suo tutto. La sua migliore amica, l’unica persona che sappia ogni cosa di lui, l’unica a riuscire in ogni situazione a farlo ragionare, tranquillizzare, sorridere. Monique ha sempre sortito un effetto enorme su di lui, tanto da riscaldarlo nei momenti di maggiore stazionarietà, così come da riportare la pace negli apici di caos. Lei se l’è preso sin dal primo momento, dalla prima conversazione, e se l’è preso davvero, nel profondo, andando a scavare prima nella sua anima che nel resto della carne. E’ stata un’eccezione, per Elia. Lui che ha avuto sempre bisogno di provarci con tutte, l’ha sempre rispettata tanto da custodirla con cura, con la paura di poter guastare i suoi petali preziosi. Diventare il suo migliore amico, poi il suo ragazzo, innamorarsi perdutamente di lei e portarla all’altare, è stato un processo naturale, durato sì ben sei anni, ma talmente semplice ed intenso che tutti quanti sapevan già come avrebbe trionfato la loro relazione, forse prima ancora di loro. Non è stata una scelta sbrigativa portarla fin lì, a New York, anticipando di fatto le nozze che avrebbero dovuto svolgersi entro solo due mesi. E in quel momento, mentre lei è ormai giunta all’altare e lo guarda con quegli occhioni del colore del cielo, lui ne è più certo che mai. Vorrebbe posare le mani sui suoi fianchi e attrarla a sé. Non è affatto semplice impedirsi di baciarla, così come di toccarla, stringerla, possederla. Mentre l’uomo incaricato di celebrare le nozze inizia a parlare, celebrando quell’unione politica e sociale, Elia non riesce ad ascoltarlo. E’ talmente tanto ammaliato dalla bellezza dinnanzi a lui, dalla donna che per anni ha amato segretamente senza riuscire a spiegarselo, che ogni cosa al di fuori del suo volto si spegne. Il rumore delle onde del mare appare come ovattato alle sue orecchie. Non percepisce neppure più la brezza di costa, né il profumo di tutti quei fiori. Comunica con lei attraverso dei lunghi silenziosi sguardi, continuando ad urlarle quanto sia bella e quanto la ami. Non potrebbe toccarla entro la fine della cerimonia, eppure approfitta di un momento di distrazione dell’uomo per allungare una mano verso la sua e per afferrare con il solo mignolo, quello di lei. Ci giocherella, oscillando le loro mani nel vuoto che c’è tra di loro. Ed eccoli di nuovo bambini, i migliori amici che hanno imparato ad amarsi con calma, senza avere mai furia. Eccolo che con gli occhi furbi e il naso arricciato, le sorride un po’ promettendole non solo amore, ma anche le sue solite follie. Vuole portarla via da lì e vuole farlo subito. Poi, l’uomo, pronuncia quelle che sono le promesse nuziali. Elia si volta totalmente in direzione di Monique, prende le sue mani e le custodisce gelosamente tra le proprie, molto più grandi delle sue. Ed ecco che, incontrando nuovamente il suo sguardo, senza pensarci su, inizia a parlare a cuor aperto: « Ti amo e ti ho amata senza riserve, senza limiti. Ti ho amata quando tutto era facile, quando mi abbracciavi senza motivo, quando sorridevi solo a guardarmi, quando mi baciavi solo perché ne avevi voglia. Ti ho amata quando mi hai detto che ti rendevo felice, che ti facevo sentire viva, che ero casa tua. Ti ho amata nonostante i primi litigi, quando ci siamo urlati contro e a stento trattenevamo le lacrime perché, nonostante la rabbia, non sopportavamo di farci del male. Ti ho amata quando anche le cose più piccole ci facevano perdere di vista ciò che eravamo, quando non riconoscevamo più chi eravamo o cosa ci stava succedendo. Ti ho amata ancora di più quando ci siamo odiati a morte, quando non riuscivamo a stare nella stessa stanza e io non ti sopportavo più, e volevo scappare da tutto, persino da te / cosa che in effetti, ho fatto /. Ti ho amata quando mi hai chiesto scusa, quando mi hai perdonato, quando ci mettevamo alle spalle tutto ciò che ci stava facendo soffrire in previsione di qualcosa di migliore, di nuovo, di nostro. Ti ho amata quando non sei stata bene, quando ti sei sentita sola, quando ti sei sentita abbandonata dalla tua famiglia. Ti ho amata sempre. Ti ho amata da sempre. E credimi, oggi, adesso, ti sto amando più che mai. Voglio stare al tuo fianco per tutta la vita, fino a che me ne darai l’opportunità. Per te voglio esserci, sempre, anche quando la penseremo in modo diverso e finiremo per tenerci il muso per una giornata intera. Ci sarò, mi schiererò sempre dalla tua parte. Voglio esserci quando starai male, quando il mondo intorno a noi cadrà; e a quel punto, poco importerà, perché lo ricreeremo insieme, pian piano, partendo dalle basi come si fa con i castelli di lego. Voglio esserci e ti prometto che per sempre ci sarò. Voglio fare una famiglia, creare qualcosa di piccolo e di tutto nostro. Voglio crescere con, grazie e per te, di giorno in giorno. Voglio maturare al tuo fianco, senza mai mancare di farti sorridere. E voglio che un giorno, quando ti volterai indietro e tornerai a pensare ad una giornata qualsiasi trascorsa insieme, ti emozionerai e sarai felice e fiera della vita trascorsa con me. Per questo sì, lo voglio. Voglio sposarti e restare con te, al tuo fianco, in salute ed in malattia, in ricchezza ed in povertà, finché morte non ci separi ». M: Non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi, un giorno, davanti all'altare e a giurare amore eterno ad un uomo. Certo, come ogni donna sin da bambina ha desiderato trovare il cosiddetto ❝ principe azzurro ❞ ma poi crescendo la consapevolezza di vivere nel mondo reale e non in una favola, ha distrutto ogni sogno. E le tante esperienze l'hanno portata a credere in sé stessa e non in un uomo, a credere solo ed esclusivamente nelle proprie forze senza mai poggiarsi sulle spalle forti di qualcuno che avrebbe solo potuto usarla e gettarla via come una vecchia pezza. Poi però, nell'estate di ben sei anni prima, qualcosa è cambiata ed è cambiata grazie all'uomo che sta per sposare. Lo ricorda, su quella spiaggia troppo affollata, illuminato dalle scintillanti fiamme del falò, i capelli ricci spettinati e la camicia dalle figure estive completamente sbottonata. E poi quel sorriso, il primo sorriso che si sono scambiati durante le presentazioni. Oh, non lo dimenticherà mai. E come potrebbe mai farlo? Quel sorriso l'ha accompagnata per sei lunghi anni. Anni ed anni di amicizia passati nella convinzione di essere solo due amici, anime molto affini ma amici. E ora? Ora stanno per sposarsi e Monique stessa non ci può credere. E' bello proprio come la prima volta che l'ha incontrato, ora più uomo nei tratti, nelle gesta, ma pur sempre quel ragazzino che ha fatto perdere lei la testa a prima vista. Lo guarda indietreggiare e non lo biasima, anche lei inaspettatamente avverte la stessa paura che nota nei suoi occhi. Eppure, Monique, quasi accelera pur di poterlo affiancare. Non possono toccarsi, non può fiondarsi fra le sue braccia e perdersi nel baciare quelle morbide labbra, ma può restare al suo fianco e rassicurarlo silenziosamente. Perché è questo che vuole fare, stare al suo fianco per tutta la vita. Né un passo in avanti, né uno indietro. Al suo fianco, sempre e per sempre. Vederlo così emozionato, a tal punto dal lasciar fuoriuscire le calde lacrime, Monique va contro ogni protocollo pur di poggiare le esili mani su quelle gote arrossate e rasserenarlo, pulendo quel bellissimo viso dalle lacrime. Monique ed Elia si sono scelti quel giorno, nell'istante in cui i loro sguardi si sono incrociati. Monique l'ha scelto ogni giorno, continuerà a sceglierlo sempre. Elia è divenuto non solo la sua metà, ma il pezzo mancante di una vita non completa. Lasciato poi il proprio mazzo di fiori ad una delle ragazze addette a quella cerimonia, la fanciulla passa il restante tempo a guardare il ragazzo che a breve verrà dichiarato come marito. La sua esatta metà. Cerca di non ridere quando quel furbastro di Elia cerca un contatto, legando i loro mignoli. Un gesto che può sembrare scemo, assolutamente infantile, che a lei non solo piace tanto, ma che la fa sentire ancora una ragazzina. La stessa ragazzina che con gli occhioni grandi ha vegliato su di lui notte e giorno. Come arrivano al momento delle promesse, Monique non lo sa, è così tanto emozionata che la mente ha cominciato a viaggiare e il mondo circostante a sparire. Tutto è ovattato, ci sono solo loro. C'è la voce di Elia che però arriva chiara, il calore delle sue mani giunge fino al cuore. Si sente protetta anche solo grazie a quelle mani intrecciate. Ma c'è una cosa che Monique non riesce a fare durante quelle promesse, cercare di non piangere. Ha trattenuto le lacrime fino ad ora ma non può farlo ancora quando Elia tocca la sua anima con tanta delicatezza. Sono lacrime lente, silenziose, che fanno da contorno a quel sorriso emozionato che aleggia sulle labbra. Lo sposerebbe altre mille volte. E' nel momento in cui tocca a lei pronunciare le promesse, che la sua voce viene a mancare. L'emozione la sta tradendo e lei necessita di qualche secondo per riprendersi, secondi che passa a stringere quelle mani decisamente più grandi delle sue.« La nostra storia è cominciata, all'apparenza, come molte altre storie. Due amici che con il passare del tempo scoprono di privare sentimenti. Eppure, per quanto possa sembrare una storia scontata, ciò che abbiamo passato in sei anni non è paragonabile a nulla. Quando ti ho visto la prima volta, su quella spiaggia, ho pensato che tu fossi un dannato figlio di papà, un ragazzino superficiale, niente di più. E per un po' questa cosa l'ho creduta sul serio, l'ho creduta in momenti di rabbia e liti dove l'unico modo per giustificarti era quello. Però, al primo sguardo che ci siamo scambiati, ho cominciato ad innamorarmi di te. E cosi il mese dopo, quello ancora e quello dopo ancora. E così un anno dopo, tre, cinque, fino ad oggi. Mi sono innamorata di te alla prima lite e poi alle seguenti, mi sono innamorata quando sei andato via e mi hai voltato le spalle, ti ho amato anche quando in quel momento avrei voluto solo mandarti via per sempre, distruggerti e bruciare ogni tua cosa e insieme a tutto questo, anche il mio amore per te. Ho desiderato strapparti a mani nude il cuore pur di non sentirlo battere per te. Mi sono innamorata di te quando nei momenti belli e nei momenti brutti, sei rimasto al mio fianco difendendomi a spada tratta e reggendomi per non farmi cadere. Sei diventato il mio migliore amico e lì ti ho amato. Sei diventato il mio pilastro e lì ti ho amato. Sei diventato il mio confidente, quello che da sempre è riuscito a farmi infuriare di più, ma il mio sentimento non è mai cambiato. Ti amo oggi, dopo sei anni, perché non solo sei ancora il mio migliore amico, il mio fidanzato e a breve mio marito, ma sei parte della mia anima. Oggi dico /sì, lo voglio/ perché dopotutto quello che abbiamo vissuto non potrei desiderare uomo migliore di te. Ti dico /sì, lo voglio/ perché ho creduto in te ogni giorno e continuerò a farlo. Prometto che ti amerò per tutta la vita, con corpo e anima, con testa e cuore; prometto che ti amerò nel bene e nel male, in salute e in malattia, ci sarò sempre perché il mio posto è al tuo fianco. Quindi /sì, lo voglio/ finché morte non ci separi. »
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La moglie di un ricco si ammalò e, quando sentì avvicinarsi la fine, chiamò al capezzale la sua unica figlioletta e le disse: «Sii sempre docile e buona, così il buon Dio ti aiuterà e io ti guarderò dal cielo e ti sarò vicina».Poi chiuse gli occhi e morì. La fanciulla andava ogni giorno alla tomba della madre, piangeva ed era sempre docile e buona. La neve ricoprì la tomba di un bianco drappo, e quando il sole l’ebbe tolto, l’uomo prese moglie di nuovo.
La donna aveva due figlie che portò con sé in casa, ed esse erano belle e bianche di viso, ma brutte e nere di cuore. Per la figliastra incominciarono tristi giorni.
«Che vuole quella buona a nulla in salotto?» esse dicevano.
«Chi mangia il pane deve guadagnarselo: fuori, sguattera!»
Le presero i suoi bei vestiti, le diedero da indossare una vecchia palandrana grigia e la condussero in cucina deridendola. Lì doveva sgobbare per bene: si alzava prima che facesse giorno, portava l’acqua, accendeva il fuoco, cucinava e lavava. Per giunta le sorelle gliene facevano di tutti i colori, la schernivano e le versavano ceci e lenticchie nella cenere, sicché doveva raccoglierli a uno a uno. La sera, quando era stanca, non andava a letto, ma doveva coricarsi nella cenere accanto al focolare. E siccome era sempre sporca e impolverata, la chiamavano Cenerentola.
Un giorno, il padre volle recarsi alla fiera e chiese alle due figliastre che cosa dovesse portare loro.
«Bei vestiti», disse la prima.
«Perle e gemme», disse la seconda.
«E tu, Cenerentola», disse egli, «che cosa vuoi?»
«Babbo, il primo rametto che vi urta il cappello sulla via del ritorno», rispose Cenerentola.
Così egli comprò bei vestiti, perle e gemme per le due figliastre; e sulla via del ritorno, mentre cavalcava per un verde boschetto, un ramo di nocciolo lo sfiorò e gli fece cadere il cappello. Allora egli colse il rametto e quando giunse a casa diede alle due figliastre quello che avevano chiesto, e a Cenerentola diede il ramo di nocciolo. Cenerentola lo prese, andò a piantarlo sulla tomba della madre, e pianse tanto che le lacrime l’innaffiarono. Così crebbe e divenne un bell’albero. Cenerentola ci andava tre volte al giorno, piangeva e pregava e ogni volta si posava sulla pianta un uccellino che le dava ciò che aveva desiderato.
Ora avvenne che il re diede una festa che doveva durare tre giorni, perché suo figlio potesse scegliersi una sposa. Anche le due sorellastre erano invitate, così chiamarono Cenerentola e dissero: «Pettinaci, spazzola le scarpe e assicura le fibbie: andiamo a ballare alla festa del re».
Cenerentola ubbidì ma piangeva, perché anche lei sarebbe andata volentieri al ballo, e pregò la matrigna di accordarle il permesso.
«Tu, Cenerentola», disse questa, «non hai niente da metterti addosso, non sai ballare, e vorresti andare a nozze!»
Ma Cenerentola insisteva e la matrigna finì col dirle: «Ti rovescerò nella cenere un piatto di lenticchie e se in due ore le sceglierai tutte, andrai anche tu».
La matrigna le rovesciò le lenticchie nella cenere, ma la fanciulla andò nell’orto dietro casa e chiamò: «Dolci colombelle mie, e voi, tortorelle, e voi, uccellini tutti del cielo, venite e aiutatemi a scegliere le lenticchie:
Quelle buone me le date, Le cattive le mangiate».
Allora dalla finestra della cucina entrarono due colombe bianche e poi le tortorelle e infine, frullando e svolazzando, entrarono tutti gli uccellini del cielo e si posarono intorno alla cenere. E le colombelle annuirono con le testine e incominciarono, pic, pic, pic, pic, e allora ci si misero anche gli altri, pic, pic, pic, pic, e raccolsero tutti i grani buoni nel piatto. Non era passata un’ora che avevano già finito e volarono tutti via. Allora la fanciulla, tutta contenta, portò il piatto alla matrigna e credeva di poter andare a nozze anche lei. Ma la matrigna disse: «No, Cenerentola; non hai vestiti e non sai ballare; non verrai».
Ma Cenerentola si mise a piangere, e quella disse: «Se in un’ora riesci a raccogliere dalla cenere e a scegliere due piatti pieni di lenticchie, verrai anche tu».
E pensava: “Non ci riuscirà mai”. Quando la matrigna ebbe versato i due piatti di lenticchie nella cenere, la fanciulla andò nell’orto dietro casa e gridò: «Dolci colombelle mie, e voi, tortorelle, e voi, uccellini tutti del cielo, venite e aiutatemi a scegliere:
Quelle buone me le date, Le cattive le mangiate».
Allora dalla finestra della cucina entrarono due colombe bianche e poi le tortorelle ed infine, frullando e svolazzando, entrarono tutti gli uccellini del cielo e si posarono intorno alla cenere. E le colombelle annuirono con le loro testoline e incominciarono, pic, pic, pic, pic, e allora ci si misero anche gli altri, pic, pic, pic, pic, e raccolsero tutti i grani buoni nei piatti. E non era passata mezz’ora che avevano già finito e volarono tutti via. Allora la fanciulla, tutta contenta, portò i piatti alla matrigna e credeva di potere andare a nozze anche lei.
Ma la matrigna disse: «È inutile: tu non vieni, perché‚ non hai vestiti e non sai ballare; dovremmo vergognarci di te».
Così detto se ne andò con le sue due figlie.
Rimasta sola, Cenerentola andò alla tomba della madre sotto il nocciolo, e gridò:
��Scrollati pianta, stammi a sentire, d’oro e d’argento mi devi coprire!»
Allora l’uccello le gettò un abito d’oro e d’argento e scarpette trapunte di seta e d’argento. Cenerentola indossò l’abito e andò a nozze. Ma le sorelle e la matrigna non la riconobbero e pensarono che fosse una principessa sconosciuta, tanto era bella nell’abito così ricco. A Cenerentola non pensarono affatto, e credevano che se ne stesse a casa nel sudiciume. Il principe le venne incontro, la prese per mano e danzò con lei. E non volle ballare con nessun’altra; non le lasciò mai la mano, e se un altro la invitava diceva: «È la mia ballerina».
Cenerentola danzò fino a sera, poi volle andare a casa. Il principe disse: «Vengo ad accompagnarti», perché voleva vedere da dove veniva la bella fanciulla, ma ella gli scappò e balzò nella colombaia. Il principe allora aspettò che ritornasse il padre e gli disse che la fanciulla sconosciuta era saltata nella colombaia. Questi pensò: “Che sia Cenerentola?“ e si fece portare un’accetta e un piccone per buttar giù la colombaia; ma dentro non c’era nessuno. E quando rientrarono in casa, Cenerentola giaceva sulla cenere nelle sue vesti sporche e un lumino a olio ardeva a stento nel focolare. Ella era saltata velocemente fuori dalla colombaia ed era corsa al nocciolo; là si era tolta le belle vesti, le aveva deposte sulla tomba e l’uccello le aveva riprese; ed ella nella sua palandrana grigia si era distesa sulla cenere in cucina.
Il giorno dopo quando la festa ricominciò e i genitori e le sorellastre erano di nuovo usciti, Cenerentola andò sotto al nocciolo e gridò:
«Scrollati pianta, stammi a sentire, d’oro e d’argento mi devi coprire!»
Allora l’uccello le gettò un abito ancora più superbo del primo. E quando comparve a nozze così abbigliata, tutti si meravigliarono della sua bellezza. Il principe l’aveva aspettata, la prese per mano e ballò soltanto con lei. Quando la invitavano gli altri, diceva: «Questa è la mia ballerina». La sera ella se ne andò e il principe la seguì per sapere dove abitasse; ma ella fuggì d’un balzo nell’orto dietro casa. Là c’era un bell’albero alto da cui pendevano magnifiche pere; svelta, ella vi si arrampicò e il principe non sapeva dove fosse sparita. Ma attese che arrivasse il padre e gli disse: «La fanciulla sconosciuta mi è sfuggita e credo che si sia arrampicata sul pero». Il padre pensò: “Che sia Cenerentola?“ Si fece portare l’ascia e abbatté‚ l’albero, ma sopra non vi era nessuno. E quando entrarono in cucina, Cenerentola giaceva come al solito sulla cenere: era saltata giù dall’altra parte dell’albero, aveva riportato le belle vesti all’uccello sul nocciolo, e aveva indossato la sua palandrana grigia.
Il terzo giorno, quando i genitori e le sorelle se ne furono andati, Cenerentola tornò alla tomba di sua madre e disse all’alberello:
«Scrollati pianta, stammi a sentire, d’oro e d’argento mi devi coprire!»
Allora l’uccello le gettò un vestito così lussuoso come non ne aveva ancora veduti, e le scarpette erano tutte d’oro. Quando ella comparve a nozze, la gente non ebbe più parole per la meraviglia. Il principe ballò solo con lei; e se qualcuno la invitava, egli diceva: «È la mia ballerina».
Quando fu sera Cenerentola se ne andò; il principe voleva accompagnarla ma ella gli sfuggì. Tuttavia perse la sua scarpetta sinistra, poiché‚ il principe aveva fatto spalmare tutta la scala di pece e la scarpa vi era rimasta appiccicata. Egli la prese e, con essa, si recò il giorno seguente dal padre di Cenerentola e disse: «Colei che potrà calzare questa scarpina d’oro sarà mia sposa». Allora le due sorelle si rallegrarono perché‚ avevano un bel piedino. La maggiore andò con la scarpa in camera sua e voleva provarla davanti a sua madre. Ma la scarpa era troppo piccola e il dito grosso non le entrava; allora la madre le porse un coltello e disse: «Tagliati il dito: quando sarai regina non avrai più bisogno di andare a piedi». La fanciulla si mozzò il dito, serrò il piede nella scarpa e andò dal principe. Egli la mise sul cavallo come sua sposa e partì con lei. Ma dovettero passare davanti alla tomba; sul nocciolo erano posate due colombelle che gridarono:
«Voltati e osserva la sposina: ha del sangue nella scarpina, per il suo piede è troppo stretta. Ancor la sposa in casa t’aspetta».
Allora egli le guardò il piede e ne vide sgorgare il sangue. Voltò il cavallo, riportò a casa la falsa sposa e disse: «Questa non è quella vera; l’altra sorella deve provare la scarpa». Questa andò nella sua camera e riuscì a infilare le dita nella scarpa, ma il calcagno era troppo grosso. Allora la madre le porse un coltello e le disse: «Tagliati un pezzo di calcagno: quando sarai regina non avrai bisogno di andare a piedi». La fanciulla si tagliò un pezzo di calcagno, serrò il piede nella scarpa e andò dal principe. Questi la mise sul cavallo come sposa e andò via con lei. Ma quando passarono davanti al nocciolo, le due colombelle gridarono:
«Voltati e osserva la sposina: ha del sangue nella scarpina, per il suo piede è troppo stretta. Ancor la sposa in casa t’aspetta».
Egli le guardò il piede e vide il sangue sgorgare dalla scarpa, sprizzando purpureo sulle calze bianche. Allora voltò il cavallo e riportò a casa la falsa sposa.
«Questa non è quella vera», disse. «Non avete un’altra figlia?»
«No», rispose l’uomo, «c’è soltanto una piccola brutta Cenerentola della moglie che mi è morta: ma non può essere la sposa».
Il principe gli disse di mandarla a prendere, ma la matrigna rispose: «Ah no, è troppo sporca, non può farsi vedere».
Ma egli lo volle assolutamente e dovettero chiamare Cenerentola. Ella prima si lavò ben bene le mani e il viso, poi andò e si inchinò davanti al principe che le porse la scarpina d’oro. Allora ella si tolse dal piede il pesante zoccolo, l’infilò nella scarpetta e spinse un poco: le stava a pennello. E quando si alzò, egli la riconobbe e disse: «Questa è la vera sposa!»
La matrigna e le due sorellastre si spaventarono e impallidirono dall’ira, ma egli mise Cenerentola sul cavallo e se ne andò con lei. Quando passarono davanti al nocciolo, le due colombelle bianche gridarono:
«Volgiti e guarda la sposina, non c’è più sangue nella scarpina, calza il piedino in modo perfetto. Porta la sposa sotto il tuo tetto».
E, dopo aver detto queste parole, scesero in volo e si posarono sulle spalle di Cenerentola, una a destra e l’altra a sinistra, e lì rimasero.
Quando stavano per essere celebrate le nozze con il principe, arrivarono le false sorellastre: esse volevano ingraziarsi Cenerentola e partecipare alla sua fortuna. All’entrata della chiesa, la maggiore si trovò a destra di Cenerentola, la minore alla sua sinistra. Allora le colombe cavarono un occhio a ciascuna. Poi, all’uscita, la maggiore era a sinistra e la minore a destra; e le colombe cavarono a ciascuna l’altro occhio. Così esse furono punite con la cecità per essere state false e malvagie.
(Fratelli Grimm)
via Il Contastorie
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Il 26 maggio 1432 Giovannetta, o Giannetta, 32 anni, conosciuta da tutti per i suoi virtuosissimi costumi, la sua cristiana pietà, la sua vita sinceramente onesta, sposa poco felice di Francesco Varoli, contadino o forse soldato, che costantemente l’umiliava e la maltrattava alle ore cinque di quella stessa sera, si trovava fuori dall’abitato lungo la strada verso Misano, ed era tutta presa dal pensiero di come avrebbe potuto portare a casa i fasci d’erba che lì era venuta a falciare per i suoi animali. Quand’ecco vide venire dall’alto e sostare proprio vicino a lei, una Signora bellissima e ammirevole, di maestosa statura, di viso leggiadro, di veneranda apparenza e di bellezza indicibile e non mai immaginata, vestita di un abito azzurro e il capo coperto di un velo bianco. Colpita dall’aspetto così venerando della nobile Signora, stupefatta Giannetta esclamò: “Maria Vergine!” E la Signora subito a lei: “Non temere, figlia, perché sono davvero io. Fermati e inginocchiati in preghiera.” Giannetta ripose: “Signora, adesso non ho tempo. I miei giumenti aspettano questa erba.” apparizione Caravaggio2Allora la beatissima Vergine le parlò di nuovo: “Adesso fa quello che voglio da te…“ E così dicendo posò la mano sulla spalla di Giannetta e la fece stare in ginocchio. Riprese: “Ascolta bene e tieni a mente, perché voglio che tu riferisca ovunque ti sarà possibile con la tua bocca o faccia dire questo…” E con le lacrime agli occhi, che secondo la testimonianza di Giannetta erano, e a lei parvero come oro luccicante, soggiunse: “L’altissimo onnipotente mio Figlio intendeva annientare questa terra a causa dell’iniquità degli uomini, perché essi fanno ciò che è male ogni giorno di più, e cadono di peccato in peccato. Ma io per sette anni ho implorato dal mio Figlio misericordia per le loro colpe. Perciò voglio che tu dica a tutti e a ciascuno che digiunino a pane ed acqua ogni venerdì in onore del mio Figlio, e che, dopo il vespro, per devozione a me festeggino ogni sabato. Quella metà giornata devono dedicarla a me per riconoscenza per i molti e grandi favori ottenuti dal Figlio mio per la mia intercessione.” #MadonnaCaravaggio https://www.instagram.com/p/Bx6gSACiFRX/?igshid=1es2c884ockgj
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L'abito da sposa ispirato a Elie Saab ha le maniche lunghe
03. Abito a maniche lunghe a balze di Alexander McQueen Se ti piace l'abito da sposa non tradizionale abiti da sera neri, non guardare oltre questa bellezza disegnata da Alexander McQueen! Caratterizzato da tulle trasparente, maniche lunghe a volant, ricamo di luna pagana e piume di struzzo, questo è l'epitome di un vestito da ragazza alla moda.
04. Abito da sposa Luisa Beccaria Aggiungi un tocco di glamour mediterraneo al look del giorno del tuo matrimonio con i romantici abiti da sposa di Luisa Beccaria. Con linee couture e ricami delicati, questo stilista di abiti da sposa potrebbe avere l'abito ultra femminile per te.
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Il trucco da sposa di Chiara Ferragni, intervista a Manuele Mameli
Testo di Annachiara Biondi
Nel giorno più bello, ogni sposa vuole apparire al meglio, nonostante le lacrime, l’emozione, e i festeggiamenti fino a notte inoltrata. E se il tuo matrimonio sarà visto da più di 20 milioni di follower sui social, come la cerimonia che ha visto Chiara Ferragni e Fedez unirsi in matrimonio ieri, la posta in gioco è ancora più alta. La soluzione per Chiara Ferragni? Convocare il suo fidato make-up artist, Manuele Mameli.
«Sono tre anni che lavoriamo a stretto contatto», ha spiegato Mameli a Vogue alla vigilia del grande giorno. «C’ero quando è uscita per la prima volta con Fedez, e anche quando lui le ha proposto di sposarlo a Verona, quindi è stato naturale prendermi cura del suo look anche nel suo giorno più bello».
Il make-up artist italiano, che ha lavorato per varie edizioni internazionali di Vogue e brand prestigiosi come Dolce & Gabbana e La Perla, ha creato tre look per il giorno più bello di Chiara Ferragni che, come in un crescendo musicale, si sono intensificati nel corso della serata, in armonia con i diversi mood dei tre abiti Haute Couture di Dior e con le due diverse acconciature: uno chignon basso e spettinato per la cerimonia nuziale e chiome sciolte e naturalmente mosse per la cena e per il ricevimento. «Abbiamo scelto tre look che, sebbene diversi fra loro, non si allontanassero troppo dal nostro obbiettivo principale: far sembrare la sposa il più naturale possibile, e mostrare al meglio la sua personalità», spiega Mameli.
Mameli, utilizzando solo prodotti Lancôme – Ferragni è, dopo tutto, testimonial del beauty brand – per prima cosa ha preparato la pelle del viso di Chiara con un massaggio rilassante, usando una crema nutriente prima di applicare uno strato sottile di fondotinta, il Lancôme Facial Care Hydra Zen BB Cream, fissando poi il tutto con lo spray della maison, Fix It Forget It. Durante la cerimonia, le labbra erano matte, di una tonalità rosa naturale, e il make-up occhi minimal «per evitare che colasse nel caso spuntasse qualche lacrima», spiega.
Un look naturale e luminoso è sempre la scelta giusta per una sposa, dice Mameli. «Non mettete troppo trucco, e valorizzate i vostri lineamenti», consiglia. «[Soprattutto] se di solito usate poco trucco. Truccarsi troppo proprio il giorno delle nozze è una scelta di cui potreste pentirvi a distanza di tempo, quando riguarderete le foto del matrimonio», avverte l’esperto.
E preparare la pelle con prodotti mirati in vista del grande giorno è fortemente consigliato. Le regole di Mameli sono semplici ma efficaci: struccatevi sempre con cura la sera prima di andare a letto; usate una crema da notte altamente idratante; utilizzate scrub e maschere idratanti con regolarità.
Per il secondo abito da sposa, un romantico vestito in tulle e organza di seta rosa con ricami customizzati, Mameli ha aggiunto un tocco of glamour con un ombretto dorato scintillante e applicando un illuminante nei punti strategici: sotto l’arcata sopraccigliare e nell’angolo interno dell’occhio, enfatizzando gli occhi azzurri della sposa.
Il trucco ha raggiunto il massimo dell’ intensità durante la festa serale: il finish glam del look precedente è stato accentuato con una tonalità più scura di marrone dorato applicato lungo la linea delle ciglia superiori e inferiori, creando un effetto allungato e soft completato con abbondante mascara waterproof sulle ciglia superiori e inferiori. Le labbra glossy, truccate con L’Absolu Rouge, armonizzavano con la gonna rock’n’roll in stile ballerina.
«La nostra ispirazione principale è stata la sua personalità, per questo volevamo creare un look fresco, giovane e pulito», spiega Mameli. «Abbiamo fatto solo una prova prima di scegliere i look, e Chiara ed io siamo stati subito d’accordo».
L'articolo Il trucco da sposa di Chiara Ferragni, intervista a Manuele Mameli sembra essere il primo su Vogue.it.
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Michela Fagnano Vogue Spose
Le Spose di Michela Michela Fagnano Vogue Spose ti accompagnerà nella scelta dell'abito da sposa che ti farà vivere una favola
Perché quello che sceglierai non sarà solo un abito da sposa ma sarà il tuo abito da sposa, quello che hai sempre sognato sin da quando eri bambina, sin da quando hai iniziato a fantasticare questo giorno, che sarà il più bello e importante della tua vita, grazie a Michela Fagnano Vogue Spose
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10/11 Something Sweet L’appuntamento è all’una, davanti a un caffè ristorante della cittadina di Middletown, centoventi chilometri a nord di New York, chiamato Something Sweet, “qualcosa di dolce”. È stato il luogo del loro primo appuntamento. Lui mi ha annunciato al telefono che arriverà a bordo di una Toyota Corolla di colore rosso: “La stessa a cui ho attaccato i barattoli e la scritta JUST MARRIED il giorno delle nozze”. Sta per scoccare il primo anniversario e non ci sarebbe niente di strano se lui, Alvin, non avesse novantacinque anni e lei, Gertrud, non stesse per compierne cento. Ieri sposi. Per sempre. E ci mancherebbe altro. Avevo letto di loro sul “New York Times” e li ho cercati per guardarli in faccia mentre raccontavano la storia del loro ultimo amore, ma lui ha premesso, con dispiacere, che verrà solo, perché sua moglie è caduta pochi giorni fa e non se la sente di camminare. Ha aggiunto, con orgoglio, che il suo aspetto mi trarrà in inganno, perché dimostra “vent’anni di meno”. L’auto rossa ha un solo occupante: guida lui. Infilati con una stanghetta nello scollo della maglietta gialla, porta un paio di occhiali che non usa, comprati, mi spiegherà fiero, per ventisette dollari in un emporio, senza prescrizione dell’oculista. Attraversa rapido, indossa i pantaloni grigi di una tuta da ginnastica: è appena stato in palestra, quella dove ha conosciuto Gertrud nove anni fa. Ha molti capelli bianchi e quando finalmente lo vedo da vicino e gli stringo la mano noto una forte somiglianza con l’attore canadese Christopher Plummer, di sei anni più giovane, lui pure sposato tre volte. Aspettando Alvin a Middletown ho conosciuto un barista portoricano, un sarto italiano e una custode ucraina. Tutti ricordavano il matrimonio come l’evento dell’anno precedente. Lo aveva celebrato il sindaco. Aveva ereditato la carica da Gertrud, che lo era stata per due mandati, quando già aveva superato i settanta e si era impegnata a far costruire la biblioteca e ristrutturare il teatro. La conoscevano tutti e tutti l’amavano. C’erano cinquanta invitati alla cerimonia, ma l’intero paese in strada. Erano presenti sette figli, dodici nipoti e sette bisnipoti. Assente giustificato, ma non per questo meno rimpianto, il fratello maggiore di lei, anni centotré, residente sull’altra costa, in California, a sei ore di volo. La sposa era apparsa sulle note di Somewhere over the Rainbow. Rispettando ogni tradizione aveva lanciato il bouquet e mostrato la giarrettiera azzurra. Avevano ballato fino a tardi, se esiste un tardi. E adesso vivono felici e contenti? Alvin conosce già tutte le domande e ha pronte le risposte. Parte da lontano perché è da lontano che viene. Si è laureato in Storia a novantatré anni e ha detto: “Non è stato difficile, la maggior parte delle cose che dovevo studiare le avevo vissute”. Ma la maggior parte delle cose che ha vissuto non le ha studiate. Accade quasi sempre così: per noi, sono le nostre stesse vite il più irrisolto dei misteri. Affidiamo ad altri il compito di interpretare decisioni il cui senso tendiamo a fraintendere. A volte li paghiamo perfino, questi traduttori dalla nostra lingua. Altre volte semplicemente ci sediamo con loro al tavolino di un caffè e ordiniamo qualcosa di dolce. Non sempre ci azzeccano, molto dipende dalla fiducia con cui consegniamo a questi estranei quella catasta confusa di eventi, aneddoti, sovrapposizioni tra realtà e immaginazione che chiamiamo la memoria della nostra vita. Esponendola, perfino in scala 1:1, non la spieghiamo, perché non è nella riproduzione completa che si coglie la verità, ma in qualche passaggio, a volte in un particolare. È una presunzione dell’interlocutore quella di saperlo cogliere, attenuata dall’allenamento all’attenzione e dall’interesse per le vite altrui più ancora che per la propria. Nel caso mio e di Alvin credo che lui sia stato un narratore generoso, io un ascoltatore cauto, e che il nocciolo della questione, dopo quasi un secolo, si riducesse (si fa per dire) a una guerra e due gatti. Ma è il suo racconto a far fede. Alvin Mann, dunque, nasce nel 1923, da una famiglia in cui gli uomini muoiono regolarmente prima dei sessant’anni. Per questo farà una festa quando li compirà. E un’altra per i settanta. Gli ottanta. I novanta. E per i cento dell’ultima moglie, in attesa dei suoi. A vent’anni parte per la guerra, arruolato in marina. Ricorda una mattina in cui uscì sul ponte della sua nave e vide che tutte le altre salpate insieme erano state affondate da siluri nemici. Diversi cadaveri galleggiavano sull’acqua. Fu la prima volta in cui pensò: tutto quello che devi fare è sopravvivere. Se ci riesci, poi le cose cambiano. Puoi essere repubblicano, devi solo sopravvivere alla presidenza Obama. O essere democratico, e fare lo stesso con Trump. Sopravvivere e provare a rivivere. Nell’euforia del dopoguerra, tra i coriandoli nelle strade delle capitali e le possibilità nei cuori, Alvin si sposò per la prima volta. Lei era comunista e aveva la madre vedova a carico, ma nell’entusiasmo gli parvero dettagli. Erano invece idee diverse della vita in comune: quella di lei prevedeva piccole comunità e una terza presenza nella casa, quella di lui New York e la suocera in un altro appartamento. Divorziarono. Lui si trasferì nel Greenwich Village, dove negli anni sessanta poteva davvero accadere di tutto, perfino vedere un futuro Nobel per la letteratura provare accordi con la chitarra sulle scale antincendio del palazzo di fronte. O innamorarsi senza chiedersi se fosse di nuovo o per la prima volta. A una festa conobbe Maybelle e dopo cinque anni la sposò, “perché, anche nel Village, dopo cinque anni le cose dovevano diventare regolari”. Alvin Mann è di origini ebree, ma non è praticante. Ha sempre votato democratico, tendenza liberal. Fece parte del primo contingente di americani – erano cinquantadue – che visitò quella che allora si chiamava Unione Sovietica, senza ricavarne impressioni definitive. Non ha mai svolto attività rivoluzionarie o artistiche. Aprì una compagnia che forniva servizi d’ufficio a tempo determinato ed ebbe un discreto successo. Sua moglie Maybelle si dedicò alla storia dell’arte, scrivendo libri. A sessant’anni lui si ritirò dagli affari, chiusero casa e se ne andarono sei mesi in viaggio per l’Europa: Italia, Grecia, Francia, Spagna. Videro un’infinità di cose meravigliose, litigarono soltanto giocando a bridge, quindi buttarono le carte in mare. Ricordando quel periodo gli si illumina lo sguardo, posa il sandwich al tonno e dice una frase che tutti dovremmo poter dire della nostra vita, almeno di una fase della nostra vita: “We were deliriously happy”. Non credo di riuscire a tradurlo: “felici alla follia” non rende. Quando Alvin dice deliriously happy suonano le campane in un villaggio dell’Italia meridionale, la risacca del Mar Egeo si mescola con la risata di una donna che conosce i segreti delle sculture di Fidia, piove sul tetto di una casa in Provenza, con le finestre aperte sul giardino dove è sempre primavera. E tutto il resto non ha la minima importanza, né tempo né spazio. Di questo, esattamente di questo, non parlano – anzi, evitano di parlare – le religioni, la politica, l’educazione familiare, avvolte in un cilicio di aspettative e falsi obiettivi: di come lo scopo del gioco sia poter dire di essere stati nient’altro che così, deliriously happy. Poi Alvin e Maybelle tornarono a casa, presero due gatti, Saul e Molly, fecero la loro vita, tra l’appartamento di New York e una stamberga tra le alture dei Catskill che Alvin si mise ostinatamente a ristrutturare. Nel 2002 Maybelle morì. Tempo dopo ad Alvin toccò sopprimere il gatto Saul. Vedendolo rientrare solo, Molly lo guardò interrogativa, lo seguì con vana insistenza, poi rifiutò il cibo, si mise in un angolo dove restava ferma senza però dormire e dopo due settimane morì. Alvin si trasferì nella casa tra le alture, prese altri due gatti, Charlie e Susie, imparò a tagliare la legna, cominciò ad andare in palestra. Un amico gli disse: “Vorrei presentarti una ragazza, si sta allenando nell’altra sala”. Gertrud era nata a New York, dove aveva studiato da biologa. A ventitré anni aveva sposato un cardiologo. Da anziani si erano trasferiti più a nord, in quella cittadina dove tutti li conoscevano e li stimavano. Lei si era scoperta una passione matura per le attività sociali. Considerava la politica un modo per occuparsi degli altri con qualche possibilità in più di riuscirci. Già ottantenne, tentò invano di farsi eleggere al senato. Rimase vedova nel 2007, dopo sessantun anni di matrimonio. Cominciò ad andare in palestra. Due anni più tardi un amico le disse: “Vorrei presentarti un ragazzo, si sta allenando nell’altra sala”. Si guardarono, si diedero quel primo appuntamento a questo tavolo, da Something Sweet. Mangiarono poco e parlarono molto, decisero di rivedersi, con cautela. Lui le suggerì di vestirsi elegante per la loro seconda volta e aggiunse che sarebbe passato a prenderla alle cinque sulla sua Corolla rossa. Fu puntuale, in abito scuro, la portò a New York, al Metropolitan. Lei non era mai stata all’opera, ma fu conquistata, dal Trovatore e da altro. Divennero incontri regolari e regolari spedizioni nella grande città, che Alvin trovava insopportabilmente cambiata. Per lui anche Middletown era troppo. Preferiva la sua casa isolata tra i boschi, dove la condusse a cena una sera. Fu lei a decidere di restare. Ancora lei a scegliere di coricarsi al suo fianco. Sempre lei, otto anni più tardi, sulla strada del ritorno da New York, a proporre il matrimonio. Alvin non ebbe esitazioni: accettò. Considerò che avevano già fatto tanto separatamente: non restava loro che concludere insieme. Fece anche un calcolo tanto semplice quanto aleatorio: di solito le donne vivono di più, ma dato che Gertrud aveva cinque anni più di lui c’erano ottime possibilità, questa volta, di morire insieme risparmiando l’uno all’altra il dolore di un nuovo lutto. La cerimonia del maggio 2017 è stata raccontata da tutti i giornali d’America come una favola, quindi si è chiusa con le rituali parole “e vissero felici e contenti” che rappresentano, in realtà, una formula di pietosa omertà sul dopo. Quel che accadde, dopo, lo sa Alvin. Ed è la quasi perfetta equazione dell’amore, non solo ultimo. Non è consolante che per arrivarci occorra aver vissuto oltre novant’anni, commesso qualche errore, conosciuto un grande dolore, rifiutato di fare la fine del gatto, ma quel che devi fare non è soltanto sopravvivere, è anche imparare. Ad esempio, che l’ultimo amore ti arriva imballato con la scritta FRAGILE e devi maneggiarlo con cura, evitando gli sbagli già commessi. Se viviamo a lungo dobbiamo predisporci all’idea di relazioni interrotte – dal disamore, proprio o altrui, dal caso o dalle contingenze che cancellano un’altra vita. Si riparte, a trent’anni o a novanta, per concludere insieme a qualcun altro, perfino quando, come Alvin, si ama la propria solitudine. Si è imparato che un’unione non è una sovrapposizione, il cerchio bianco che si posa su quello nero soffocandolo, o viceversa. È piuttosto la congiunzione di due cerchi come quelli olimpici, che acquisiscono una parte comune e ne mantengono una separata, e così facendo risultano vincenti. Gertrud si è rivelata una “ragazza di città”. Nella casa tra i boschi si annoiava: nessun altro con cui parlare, troppo poco da fare, perfino troppo silenzio. Alvin invece si è scoperto un “ragazzo di campagna”: ama tagliare la legna, allevare animali, guardare un cielo più grande. Nessuno dei due ha costretto l’altro a cedere: lui scende in città il venerdì, riparte il lunedì. Dal martedì al giovedì si telefonano, anche tre volte al giorno, sempre e comunque la sera, per darsi la buonanotte. Nel romanzo di Kent Haruf Le nostre anime di notte, due anziani, Addie e Louis, si incontrano e decidono che sono stati soli troppo tempo. Lei gli propone: “Ti andrebbe di venire a dormire da me? E parlare? Sto dicendo di attraversare la notte insieme. Parlare di notte, al buio”. Lui accetta. Lo fanno. A ostacolare la loro particolare relazione, in nome della morale, sarà il figlio di lei. Crederà di essere riuscito a interromperla, ma così non sarà. Li terrà lontani, impedendo loro di vedersi. Riprenderanno però a fare la cosa che davvero li unisce: parlarsi, di notte. Sei in camera da letto? Sì, stavo leggendo. È un po’ come fare sesso telefonico? Siamo soltanto due vecchi che parlano al buio, rispose Addie. Di cosa vuoi parlare stasera? Fa freddo lì, tesoro? Abbastanza, Gertrud, sai come sono le notti quassù, ma io le amo così. Sei un ragazzo dei boschi, Alvin, lo sarai per sempre. I figli di Gertrud e Alvin, invece, erano al matrimonio. E alla festa per i cent’anni. Quando incontro Alvin sono in corso i preparativi. È stata anticipata di un mese per rispettare gli impegni di tutti i parenti sparsi per l’America. Cinquanta invitati, come alle nozze. Alvin non sa ancora che cosa regalerà a Gertrud. Vorrebbe farle scegliere qualcosa a New York quando, una volta al mese, ancora ci vanno, sulla Corolla rossa guidata da lui, per assistere all’opera. Ma più di tutto gli piacerebbe regalarle un ultimo viaggio in Europa, qualcosa che lei possa vivere e dimenticare, come un bagaglio nella cappelliera dell’aereo, che lui solo potrà andare a recuperare, ogni sera, per raccontarglielo al telefono prima di addormentarsi. Ha messo da parte una serie di storie: come si sono incontrati, la prima volta che hanno dormito insieme, il ballo alle nozze, fiabe della buonanotte per una ragazza che ha perduto la memoria e ritrovato il sonno. Alvin non ha bisogno di pillole per dormire: chiude gli occhi e sogna. Si addormenta sereno e si sveglia contento, non ha rimpianti, non ha ambizioni. Ha fatto tutto come si deve: ha staccato la spina al primo amore quando non c’era più corrente e sarebbe stata vita artificiale per entrambi, è stato deliriously happy quando i tempi lo consentivano, ha conosciuto il dolore, evitato la rovina, è sopravvissuto e ha continuato ad amare, fino in fondo, in un modo che definirei, letteralmente, raffinato, passato al filtro dell’esperienza e della conoscenza. L’ultimo amore di Gertrud e Alvin è una sintesi assoluta delle possibilità. Splende il sole sia sulla casa in cima alla collina sia su quella in città. Sono divisi e insieme. Sono quello che vogliono essere in ogni singolo istante, evoluti e liberi. Le loro anime congiunte prima della notte si parlano e continueranno a farlo per sempre. È un privilegio averle potute ascoltare. Nel documentario che Wim Wenders gli ha dedicato, papa Francesco racconta la storia di un bambino di otto anni gravemente malato a cui lui telefona quando è ormai stremato e da cui si sente dire: “Grazie. Grazie”. Ne conclude, con il sorriso che spesso lo accompagna, che è riuscito a “riconciliarsi con la morte”. Credo sia importante, ma ancor più lo sia, quando cala la sera sulla collina, riconciliarsi con la vita, con la propria vita, riconoscerla, amarla, perdonarla, accompagnarla prendendola per mano verso l’altra stanza.
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Come vestirsi a un matrimonio?
Come vestirsi a un matrimonio? Nel momento in cui siamo ufficialmente invitate alla cerimonia, il primo pensiero è: cosa mi metto? Scegliere l'abbigliamento giusto non sempre è un'impresa facile, c'è bisogno del look adatto. In questo caso le parole d'ordine sono eleganza e sobrietà, soprattutto se la cerimonia si svolge in chiesa. È importante inoltre donare personalità al nostro look per dare un tocco glamour, magari con l'accessorio giusto, ma sempre con discrezione. Se non sapete come fare, niente paura, vi sveliamo alcune regole da seguire e gli errori da non fare per essere delle invitate impeccabili.
Come vestirsi a un matrimonio: il look perfetto per le invitate Vediamo ora quali sono le scelte migliori da fare per essere un'invitata modello. Scegliere l'abbigliamento adatto per un matrimonio significa seguire delle regole, a cui poi abbinare un po' di estro e fantasia, ma sempre senza esagerare e tenendo presente il tipo di cerimonia a cui parteciperemo.
Pensate al vostro comfort e scegliete l'abito in base alla location della cerimonia L'abito che sceglierete dovrà essere comodo perché dovrete indossarlo per molte ore, indossate quindi qualcosa che sia nel vostro stile aggiungendo elementi che lo rendano elegante. Fate attenzione anche ai tessuti: in estate meglio abiti leggeri in materiale naturale e non sintetico per evitare di soffrire il caldo, portate sempre con voi un coprispalle per la sera. Altro elemento importante per decidere come vestirsi al matrimonio è la location. È fondamentale per capire quale abito, accessori e scarpe indossare. Se la cerimonia si svolgerà in un giardino o su una spiaggia ad esempio, sono da evitare i tacchi a spillo e per l'abbigliamento non sceglieremo magari l'abito lungo. Se invece il matrimonio si svolgerà in una villa o su una terrazza, l'abbigliamento sarà più formale.
Vestito, gonna, pantaloni o tuta? A voi la scelta Non è detto che ai matrimoni si debbano indossare solo i vestiti, la scelta è infatti molto più varia ci sono pantaloni a sigaretta o a palazzo, gonne ma anche eleganti tute o jumpsuit. Seguite la vostra indole anche in questa scelta.
Vestito: se il matrimonio si svolge di mattina vanno bene anche le fantasie floreali o i colori più vivaci: fucsia, arancio, giallo. Se la cerimonia è religiosa ricordarsi di coprirsi le spalle in chiesa con una stola o un giacchino. Anche i vestiti con corpetto stretto e gonna a palloncino o ampia sono molto eleganti. Se siete invitate a un matrimonio che si svolge di sera, è quasi d'obbligo l'abito lungo, evitando il nero e preferendo il blu notte se la cerimonia richiede abbigliamento formale, magari con l'aggiunta di stola e gioielli, ma sempre senza esagerare. Per una cerimonia informale possiamo concederci anche un abito che mette in evidenza le forme, con un fisico asciutto e definito, bene anche gli scolli che non devono essere troppo ampi così come l'abito, che può essere aderente ma senza fasciare troppo. Sì anche alle pailettes. Ricordate però di non rubare la scena alla sposa, che dovrà restare la vera protagonista della cerimonia.
Pantalone o jumpsuit: i pantaloni potete sceglierli a palazzo ma anche a sigaretta abbinandoli a camicette di seta morbida o giacchini corti: per il giorno puntate pure su un rosa Chanel o sul turchese mentre per la sera è sempre consigliato il blu. Potete dare un tocco di eleganza con una cintura particolare, ma mai troppo vistosa. Altra alternativa sono le jumpsuit (tute eleganti), scegliete materiali morbidi con linea a palazzo, ma no alle scollature troppo ampie.
Gonna: le gonne da cerimonia più eleganti sono quelle longuette, lunghe o, al massimo, appena sopra il ginocchio. Da escludere quindi la gonna corta che sarebbe di cattivo gusto. Abbinatela sempre a un top di seta con giacca o a una camicia morbida sempre in seta.
I colori Per quel che riguarda i colori, ai matrimoni sono concessi i colori pastello, le stampe floreali, il grigio perla e il rosa cipria, ma anche l'arancio, il verde smeraldo, il giallo, il lilla e l'ocra. È concesso anche l'abbinamento bianco e nero. Per la sera, se preferite l'abito scuro è consigliato il blu notte.
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