#Viso
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di bei visi ne è pieno il mondo
e di cuori buoni che scarseggiano
#pensieri notturni#aforismi#frasi belle#citazioni#frasi tumblr#quotes#frasi italiane#frasi vere#frasi sagge#frasi rap#frasi celebri#cuore#viso
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Il volto umano è una forza vuota, un campo di morte.
La vecchia rivendicazione rivoluzionaria di una forma che non ha mai corrisposto al suo corpo, che era nato per essere altra cosa dal corpo.
È perciò assurdo rimproverare di essere accademico a un pittore che si ostina tuttora a riprodurre i tratti del volto umano così come sono; perché così come sono essi non hanno ancora trovato la forma che indicano e designano; e sono ben altro che semplici schizzi, ma dal mattino alla sera, e nel mezzo di diecimila sogni, pestano come nel crogiolo di una palpitazione passionale mai stanca.
Ciò significa che il volto umano non ha ancora trovato la sua faccia e che sta al pittore procurargliela.
Ma questo significa che la faccia umana così com’è la si cerca ancora con due occhi, un naso, una bocca e le due cavità auricolari che corrispondono ai buchi delle orbite come le quattro aperture della tomba della morte prossima.
Il volto umano porta in effetti una specie di morte perpetua sul suo volto che sta proprio al pittore salvarlo restituendogli i suoi propri tratti.
Dopo mille e mille anni infatti che il volto umano parla e respira si ha ancora come l’impressione che non abbia ancora cominciato a dire quello che è e quello che sa.
E io non conosco un pittore nella storia dell’arte, da Holbein a Ingres, che, questo volto d’uomo, sia riuscito a farlo parlare. I ritratti di Holbein o di Ingres sono muri spessi, che non spiegano niente dell’antica architettura mortale che s’inarca sotto gli archi di volta delle palpebre, o s’incastra nel tunnel cilindrico delle due cavità murali delle orecchie.
Soltanto van Gogh ha saputo trarre da una testa umana un ritratto che sia il detonatore esplosivo del battito di un cuore scoppiato.
Il suo.
La testa di van Gogh con il cappello floscio rende nulli e inesistenti tutti i tentativi di pitture astratte che potranno essere fatte dopo di lui, sino alla fine delle eternità.
Perché quel volto di macellaio avido, scagliato come un colpo di cannone sulla superficie più estrema della tela,
e che all’improvviso si vede fermato
da un occhio vuoto,
e rivoltato verso l’interno,
esaurisce completamente tutti i segreti più ingannevoli del mondo astratto di cui la pittura non figurativa può compiacersi,
è per questo che nei ritratti che ho disegnato
ho evitato prima di tutto di dimenticare il naso, la bocca, gli occhi, le orecchie o i capelli, ma ho cercato di far dire al volto che mi parlava
il segreto di una vecchia storia umana che è passata come morta nelle teste di Ingres o di Holbein.
A volte ho fatto venire, accanto alle teste umane, oggetti, alberi o animali perché non sono ancora sicuro dei limiti ai quali il corpo dell’io umano può fermarsi.
Del resto ho rotto definitivamente con l’arte, lo stile o il talento in tutti i disegni che si vedranno qui. Voglio dire, peggio per chi li considererebbe opere d’arte, opere di simulazione estetica della realtà.
Nessuno di essi è propriamente un’opera.
Sono tutti abbozzi, cioè colpi di sonda o di spatola dati in tutte le direzioni dal caso, dalla possibilità, dalla fortuna o dal destino.
Non ho cercato di curarvi i miei tratti o i miei effetti,
ma di manifestarvi delle specie di verità lineari evidenti che valgono tanto per le parole, le frasi scritte, quanto per il grafismo e la prospettiva dei tratti.
È per questo che numerosi disegni sono mescolanze di poesie e di ritratti, di interiezioni scritte e di evocazioni plastiche di elementi, di materiali, di personaggi, di uomini o di animali.
È così che bisogna accogliere questi disegni nella barbarie e nel disordine del loro grafismo «che non si è mai preoccupato dell’arte» ma della sincerità e della spontaneità del tratto.
Antonin Artaud, Quaderno 316, giugno - agosto 1947
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Parte 2
"Speciale deriva da species, che significa spettacolo, scena vista, qualcosa che risalta agli occhi di chi sa guardare"- è quello che mi disse guardandomi negli occhi con quella luce soffusa che proveniva dalla luce del corridoio, lasciata accesa per la fretta di cogliere al balzo l'occasione di sdraiarsi accanto a me. "Immagino che tu sia colui che sa guardare" -dissi- "non è forse speciale anche la persona che riconosce chi altri lo sia?" -non perdeva mai l'occasione per esaltare le sue qualità, pure troppo, forse anche fino a risultare odioso a volte. Ma a quel punto cominciò a sfiorarmi il viso, io risultai sicuramente infastidita, perché mi girai meglio dalla parte opposta, in ogni caso gli facilitai la presa, in quella posizione poteva tenermi stretta, con una mano sulla guancia, toccandomela meglio, c'era più contatto. Il mio cuore iniziava a battere più veloce ma riuscivo a tenere la calma, forse facilitata dal sonno, che ancora la sua presenza non mi permetteva di prendere. Mantenni quella posizione per tanto, dopo qualche minuto mi iniziava a piacere la sensazione della sua mano calda posta quasi sulla mandibola, a sfiorare la parte del viso a metà tra guancia e collo, tra castità e desiderio. Cominciavo a rilassarmi e quasi ad addormentarmi, quando la sua mano cominciò a spostarsi, scese giù, nel tragitto per qualche secondo mi sfiorò il seno, scese ancora giù. Per un attimo ebbi paura o forse sperai, forse lo pensai perché in realtà lo volevo, che cominciasse a toccarmi meglio. La sua mano cercava qualcosa, disperatamente quasi, era la mia mano, la prese, incastrò le sue dita con le mie, ci giocò per qualche minuto e poi la portò al suo viso. Ovviamente la posizione iniziale, in cui lui mi stava abbracciando da dietro, così non era più comoda per me, dovetti girarmi.
Se la teneva stretta, come a dire "accarezzami, non togliere la mano", è quello che feci: iniziai a sfiorare la leggera ombra di barba che aveva col dorso della mano, i suoi occhi iniziarono ad addolcirsi, non erano come al solito e passai a delle carezze migliori. Ora mi trovavo lì, quasi a pancia in giù, per metà appoggiata al suo petto, con il braccio che mi faceva da cuscino e la mia mano che smetteva di accarezzargli il viso solo per passare qualche secondo sul suo petto. Lui vide nel mio sguardo la paura di caderci ancora, la paura di crederci, di stare davvero bene a causa della mancanza di fiducia nei suoi confronti. Non potevo fidarmi, ogni volta che ero stata bene lui spariva, né un messaggio, né una chiamata, come potevo credere al suo bisogno di ricevere il mio amore, le mie attenzioni... Mi conosceva, leggeva nel mio sguardo ognuna di queste domande e iniziò a parlarmi di quello che lo portava a essere in quel modo.
Da un ragazzo così cosa vi aspettereste? Nulla di specifico, non mi raccontò del perché lo faceva da sempre, né cosa successe nel particolare: si limitò a parlarmi della sua unica relazione, avuta qualche anno prima, quindi comunque dopo che aveva già l'abitudine di sparire. Aveva sofferto, tradito dal suo migliore amico, non aveva perso solo la sua ragazza, sentiva che tutto quello che aveva fatto per entrambi non era stato apprezzato, si sentiva perso e un po' abbandonato. Io ero lì ad accarezzarlo nel tentativo di calmare il suo sfogo, a guardare nei suoi occhi mentre mi raccontava la sua storia, quando mi colpì una frase specifica "per me tu sei un mondo". Vi spiego: non stava parlando di me, ma era uno di quelli che ci metteva anima in quello che faceva, anche io, per cui lo capivo benissimo, e il fatto di non essere apprezzato o che nulla gli veniva riconosciuto lo minava dall'interno, parlava di questa ragazza come un mondo conquistato dopo tanto e che lui aveva contribuito a costruire, un luogo dove trovare rifugio, benessere, qualcosa di enorme, che lo avvolgesse e in cui perdersi, con le sue piccole e uniche caratteristiche. Per lui ero così, con altre diverse piccole e uniche caratteristiche: realmente eravamo dei mondi, dei piccoli pianeti, ognuno differente dall'altro, compresi appieno ciò che voleva dire. Tuttavia, la frase mi colpì perché dolorosa, mi immaginai nella mente un piccolo astronauta, che pur avendo scoperto un pianeta bellissimo per lui, decise di scoprirne un altro e focalizzarsi su questo, considerando il primo solo quando aveva voglia. Pertanto, presa un attimo dall'impulsività, gli risposi "un pianeta che però hai frequentato a intermittenza", lo avevo beccato. Sembrava realmente dispiaciuto della scelta che aveva fatto ma il secondo mondo, a quanto disse, era per lui l'unico che all'epoca poteva frequentare. Effettivamente anche io ero spesso sfuggente, lato che alla lunga poteva dare fastidio, scambiandolo per volontà di non ricambiare i suoi sentimenti. Continuavo a guardarlo negli occhi, quella sera c'è stata un'intimità che in 10 anni non si era mai creata. Mi disse che avrebbe tanto voluto stare con me così da tempo e che non si era mai creata l'occasione, ma che se quell'attesa fosse stata necessaria per provare quello che provava in quel momento, ne valeva la pena. "Sto bene" -disse guardandomi negli occhi- "sto proprio bene, con te così, non ho mai guardato nei tuoi occhi così a lungo e tu non hai mai guardato così i miei, tutto questo mi rende colmo di benessere". Era vero, c'era una strana magia che rendeva diversi i nostri sguardi quella sera, io sentivo la sua gioia, la sua sincerità e il suo reale senso di benessere nello stare così.
Tutto ciò mi aveva inebriato: le sue parole, i suoi occhi, un suo sorriso sincero che non avevo mai visto prima, lo stare vicini, le carezze, il suo entusiasmo nel parlare dei suoi sentimenti verso me, tutto. Mi persi anche io nel suo entusiasmo, mi feci prendere, i miei pensieri legati ai suoi e non mi accorsi che era a un millimetro da me che cercava di baciarmi. Non me la sentivo di baciarlo, ma era lì e un po' di desiderio c'era, comunque realizzai quello che stava accadendo realmente solo quando le sue labbra erano già sulle mie e di colpo andai via. Quello che ne risultò fu un mezzo bacio a stampo, storto, con uno schiocco a vuoto, orribile, perché subito mi allontanai, mi tolsi il piumone di dosso e, messe le scarpe e il cappotto, corsi via, lasciandolo lì, solo nel letto.
Continua
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Viaggiamo anche per fuggire da noi stessi, dalla routine che ci ingabbia. Arrivare in un luogo sconosciuto è come rinascere: ogni angolo è come una tela bianca, ogni volto una storia nuova. In fondo, è come se potessimo lasciare dietro di noi le vecchie versioni di chi eravamo e, per un attimo, illuderci di poter essere chiunque, liberi e senza passato.
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La mia mente che d'improvviso ha pace
quando si posa tra l'incavo che si trova
tra la tua spalla ed il tuo viso.
-Carla Moscato
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DSCN1142 www.youtube.com/watch?v=_XzHnCCUD_s&list=RDEMjAqbzoML... by en-ri
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«Ho fatto un pieno di versi
per la traversata dei deserti
dell'amore, là dove il viaggiare
più comporta dei rischi, dove
occorre tenere gli occhi bene aperti
perché non sempre regge il cuore
A malapena si conserva un viso
se il tempo ingoia il resto;
con un ritratto appeso non si va
molto lontano, a meno che un sorriso
una figura non venga a divorarti
con dolcezza, un modo ancora
per stare con la vita»
(Nelo Risi)
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Vorrei essere il neo
sul tuo viso:
per poter sfiorarti la pelle,
sentire il tuo respiro come
vento costante e
osservare le labbra
che si muovono all’unisono.
Vorrei essere il neo
sul tuo viso:
per fermare le lacrime
quando scendono copiose,
poter vedere i tuoi occhi brillare
e
cullarti la notte.
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“Ho sentito una carezza sul viso
arrivare fino al cuore... ”
— Pablo Neruda
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Andiamo insieme al cinema? È così bello condividere un interesse.
Girare lo sguardo e vederti mentre guardi il film con attenzione, per recepire tutti i dettagli.
Con i tuoi lineamenti del viso. Quanto sei bella.
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