#Test su RELAZIONI TOSSICHE
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klimt7 · 11 months ago
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NATALE 2023
UN AUGURIO E UN REGALO
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È cosi.
Quest'anno invece che inviare i classici Auguri di Buone Feste, ho pensato ad un Augurio diverso e insolito.
Un piccolo regalo per tutte le persone che leggono in modo saltuario o ricorrente, il mio Blog.
Che regalo è?
È un Test. È un invito a regalarvi un pò di tempo tutto per voi. Per fare il punto su ciò che state vivendo in questo momento.
Ma prima di rispondere al Questionario, io vi consiglio di leggere con calma, l'articolo che definisce cosa sia
UNA RELAZIONE TOSSICA
È importante, perchè le persone devono iniziare a familiarizzare con un nuovo alfabeto. L'alfabeto delle relazioni, dei sentimenti e dei comportamenti.
Significa imparare a riconoscere con precisione quale situazione stiamo vivendo.
Come riconoscere una relazione tossica ?
Essere coinvolti in una relazione tossica può avere conseguenze devastanti per la propria autostima e per la propria vita.
Cosa significa trovarsi in una relazione tossica
Nessuna relazione è perfetta, ma esistono relazioni che ci fanno sentire stanchi, insicuri, tristi o coinvolti completamente nella vita dell’altro, e l’altro nella nostra, tanto da non potersi più considerare due individui separati. Quando questo accade, potremmo trovarci davanti a una relazione tossica. 
Al contrario, le relazioni sane, normalmente tendono a farci sentire al sicuro, felici e liberi di essere noi stessi. Molte persone non riconoscono subito i segnali di una relazione tossica, perché molto spesso si tende a confondere ciò che è la passione e l’amore, con comportamenti totalizzanti, o di gelosia ossessiva o autoritari e manipolatori.
Le conseguenze di una relazione tossica possono essere molto profonde e nei casi più gravi, anche pericolose (per esempio nei casi di relazioni tossiche con violenza fisica o psicologica).
Per questo è importante riconoscere i campanelli d'allarme e se ci troviamo dentro una relazione tossica e dannosa e, in caso affermativo, poter chiedere aiuto per uscirne al più presto.
Tipologie di relazione tossiche
Abbiamo visto che le relazioni tossiche sono relazioni che non ci fanno crescere come individui, nel rispetto uno dell’altro, ma che portano malessere, privazioni di libertà, dipendenza, paura e insicurezza.
Esistono vari tipi di relazioni tossiche, legate a comportamenti più o meno patologici. Nei casi più lievi possono essere relazioni che ci fanno sentire male a causa di abitudini sbagliate o mancanza di comunicazione o insicurezze personali che si possono risolvere attraverso un riadattamento dei propri schemi comportamentali e un processo di crescita personale, mentre nei casi più gravi, potremmo trovarci coinvolti in vere e proprio patologie.
Alcune  tipologie di relazione patologiche malate  sono:
Dipendenza affettiva: si caratterizza come una dipendenza emotiva dall’altra persona, che mina la capacità della persona di essere autonoma, che include il controllo e l’ossessione di stare con l’altro. La dipendenza affettiva può essere considerata un disturbo a sé stante o essere sintomatologia di altri disturbi.
Ego smisurato: un partner con un ego smisurato nasconde normalmente un vuoto emotivo profondo, vuoto che ha bisogno di colmare attraverso la manipolazione e l’assoggettamento dell’altra persona. Questo porta normalmente molto dolore all’interno della coppia e può lasciare traumi profondi nel comportamento e nell’autostima di chi subisce il fascino di una persona con un ego smisurato.
Esistono poi ovviamente altri tipi di amore patologico che non possono essere inseriti in un unico quadro clinico, ma che probabilmente hanno bisogno di una diagnosi più ampia come l’amore oppressivo e violento, l’amore ossessivo compulsivo, l’amore opportunista  e molti altri. In questi casi è sempre meglio rivolgersi a uno specialista perché ci possa aiutare ad uscire dalla relazione o a curare la patologia (nel caso fossimo noi le persone, portatrici attive di questi disturbi ).
Come riconoscere i segnali di una relazione tossica
I segnali di una relazione tossiche sono molto chiari, anche se a volte si preferisce confonderli con segnali di amore e non di tossicità. Ma è importante che prestiamo attenzione a questi campanelli d’allarme per evitare dolori profondi nel futuro e invischiarci in una relazione dalla quale più passa il tempo e più sarà difficile uscirne.
Le relazioni tossiche hanno alcune caratteristiche comuni che ci aiutano a distinguerle.
Rendono tristi, con poca energia e affaticati Se invece di sentirvi soddisfatto e felice, vi sentite emotivamente e fisicamente stanchi e svuotati, è tempo di valutare la relazione.
Tutto si trasforma in un dramma: È importante ricordare che le relazioni sane ci aiutano a essere persone migliori e crescere. Il dramma crea scompenso e porta negatività e incapacità di risolvere i problemi all’interno della coppia.
Non vi sentite liberi di essere voi stessi all’interno della relazione
Asimmetria: Le relazione tossiche normalmente si presentano con un modello di relazione asimmetrica, in cui vi è una persona che ricopre il ruolo di dominatore e l’altro di vittima.
Questo fa si che si inneschino più facilmente meccaniche di dipendenza, manipolazione e maltrattamento.
Vi rende insicuri e abbassa la vostra autostima. Se state conqualcuno che non vi riconosce il vostro valore , sarà più difficile vederlo da solo.
VI sentite costantemente criticati e sotto pressione. Una raffica di critiche non costruttive non aiuta nessuno a migliorare. Anzi, a lungo andare, essere costantemente giudicato vi porterà a credere alle critiche e all’errata percezione di non meritare qualcosa di meglio.
Tutto è negativo. È improbabile che qualcosa di positivo derivi da una relazione negativa.
Mancanza di comunicazione e fiducia. Senza comunicazione non c'è relazione e stare con un partner che non si fida di voi è come star da soli.
Controllo costante. Alla persona oppressiva piace controllare tutto. Quindi, cercherà di decidere come farvi vestire, con chi dovete uscire, come dovete spender i vostri soldi e che scelte dovete compiere nella vostra vita, dalle più piccole, alle più grandi!
Vi sentite in trappola ma non riuscite a uscirne. Le relazioni tossiche creano vincoli di dipendenza legate sia a componenti personali, ma sia al costante lavoro di distruzione dell’autostima, attraverso critiche, violenze e manipolazione, che mette in atto il partner. Pertanto diventa complicato uscirne ed è importantissimo chiedere aiuto in questi casi, sia ai propri cari che a uno specialista.
Violenza fisica: l’abuso fisico è un segnale chiaro ed inequivocabile di relazione tossica. In questi casi è importante chiedere aiuto per uscire il prima possibile dalla relazione.
Violenza psicologica e manipolazione: a volte non è così evidente coma la violenza fisica, ma la violenza psicologica tende ad annientare la personalità e gli affetti dell’altro, per far si che diventi facilmente succube e manipolabile. Anche in questo caso è importante richiedere aiuto il prima possibile.
Vi fa sentire più ansiosi. Essendo permeata da fattori negativi, la relazione tossica tende a procurare ansia e paure, che riguardano sia la paura di perdere l’altro o di uscire dalla relazione, ma anche la capacità di vivere al meglio la vita quotidiana.
Questionario sulle relazioni tossiche:
Scopri se ti trovi in una relazione tossica. Rispondi alle seguenti domande con un Si o con un NO e poi controlla i risultati totali.
1) Senti che non puoi vivere senza il tuo partner, ma allo stesso tempo non sei felice nella relazione?
2) Il tuo partner svaluta o scredita spesso i tuoi risultati e non ti incoraggia mai a portare avanti i tuoi progetti personali?
3) Ti sei mai spaventato per qualche atteggiamento del tuo partner durante una lite?
4) Il tuo partner ti critica facendoti sentire sbagliato/a tutto il tempo?
5) Da quando sei coinvolto in questa relazione, ti sei allontanato dagli amici che avevi in precedenza e/o dalla tua famiglia?
6) Il tuo partner non rispetta i tuoi gusti e i tuoi hobby e spesso li prende in giro?
7) Le vostre discussioni sono pieni di rimproveri, insulti, lacrime e sofferenze?
8) Quando le cose non vanno bene, il tuo partner usa il silenzio come arma di aggressione?
9) Il tuo partner usa spesso il ricatto emotivo per farti sentire in colpa e ottenere ciò che vuole?
10) Quando non siete insieme, il tuo partner ti chiede spiegazioni su quello che hai fatto, con chi sei stato/a o dove sei andato/a ?
11) Il tuo partner di solito prende decisioni che riguardano entrambi senza chiedere la tua opinione o senza informarti?
12) Ti è capitato di fare sesso con il tuo partner solo per soddisfare i suoi desideri o per impedirgli di arrabbiarsi?
13) Per il tuo partner, i tuoi problemi sono meno rilevanti dei suoi?
14) Quando è di cattivo umore per cause esterne, capita che riversi la sua rabbia su di te?
15) Hai scoperto che il tuo partner ti stava mentendo in più di un’occasione?
RISULTATI
Per scoprire il risultato del questionario sulle relazioni tossiche aggiungi 1 punto per ogni risposta affermativa.
È importante sottolineare che questo test non sostituisce la valutazione di uno psicologo o di uno psicoterapeuta.
Da 0 a 5 punti: Non stai vivendo una relazione tossica Tutto indica che la tua relazione si basa sul rispetto reciproco, sulla fiducia e sull'equilibrio. Sebbene a volte ci siano differenze di opinione (il che è del tutto normale), sai come agire per risolvere i tuoi problemi. In ogni caso,  ci potrebbero essere alcuni indizi che indicano che certi comportamenti potrebbero migliorare attraverso la comunicazione e un percorso di crescita personale. Pertanto, per evitare di cadere in dinamiche dannose, è importante continuare a prendersi cura della relazione.
Da 6 a 10 punti: la relazione mostra segnali tossici Sebbene la tua relazione non sia ancora tossica, il tuo partner ha alcuni comportamenti offensivi che ti infastidiscono e che non ti fanno bene. Vi trovate spesso a discutere e spesso senti di non poter essere te stesso. Per uscire da questa situazione, il primo passo è parlare del problema con il tuo partner in modo calmo e assertivo. Digli cosa c'è che non va e proponi modi per migliorare la relazione. E se con il passare del tempo non cambia nulla, fai attenzione. Potrebbe essere il momento di valutare se vuoi restare con questa persona o meno.
Non dimenticare mai che una relazione dovrebbe essere qualcosa di piacevole, che ti rende davvero felice.
11-15 punti: sei coinvolto in una relazione tossica Le tue risposte sembrano confermare il fatto che ti trovi coinvolto in una relazione tossica che ti sta portando molto dolore. In casi come questo, probabilmente non è sufficiente un cambiamento o migliore la comunicazione, ma probabilmente questi comportamenti tossici nascondono dei problemi più profondi che vanno affrontati con una terapia. Le relazioni sane si basano sul rispetto e sull’amore uno dell’altro. Rispetto che implica anche il rispetto per le decisioni, lo spazio, la libertà, gli affetti. Potreste decidere di valutare insieme questo percorso o iniziare a pensare se sia il caso di allontanare questa persona per poter iniziare a stare meglio.
Ora dopo aver chiarito alcuni concetti di base, potete decidere se limitarvi a rispondere al QUESTIONARIO riportato sopra ( composto da 15 domande) oppure spostarvi sulla seguente pagina Web ed effettuare IL TEST che vi è riportato:
In ogni caso, utilizzate questo periodo delle Feste, per fare il punto sulla situazione che state attraversando, perchè certi campanelli d'allarme non sono mai da sottovalutare.
Come ha detto Gino Cecchettin di recente, non chiudetevi, non isolatevi, ma parlatene con chi vi sta attorno e vi vuole bene, e prima di tutto parlatene con Voi stessi.
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theangeloflucifer · 4 years ago
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Febbraio 2018
20.
Ricordo che una mattina ero in metro, per arrivare all’università. 
Era orario di punta, e c’era molta gente, ma le persone in piedi non mi impedirono di riconoscere te. 
Mi voltai e vidi che il  ragazzo dai capelli rossi non era solo.
Eri con lei, la tua fidanzata. Appena incrociai il tuo sguardo, lo distolsi subito. Ci eravamo riconosciuti, lo sapevo, ma era meglio evitare. Era meglio evitare anche solo di guardarti.
Vi osservavo tramite il riflesso sul finestrino. Lei  era magra, minuta, con i capelli lunghi e scuri. Osservavo come si muoveva; che delicatezza, che grazia! Era proprio bella!
Stava per scendere dal treno, era arrivata alla sua fermata. Le hai augurato buona giornata, le hai dato un bacio e le hai raccomandato di avvisarti quando sarebbe arrivata in università.
Lei è scesa e tu l’hai seguita con lo sguardo, fino al punto in cui le decine di persone che si affollavano per scendere te lo permettevano.
Ho visto tramite il riflesso che ti sei voltato verso di me.
Ho chiuso gli occhi per un secondo. Non mi sono girata.
Quella mattina ero con una mia amica; le ho chiesto di avanzare, con la scusa di avvicinarci alla porta, e anticiparci per la discesa.
Quella era la dimostrazione di come stavano le cose. Tu eri impegnato, avevi una splendida fidanzata, e devo dire insieme eravate proprio belli!
Tu avevi la tua vita. Poi c’ero io. Io che avevo appena chiuso con una situazione complicata, e di certo non volevo altri guai.
“E’ meglio così!” Mi dicevo.
Quella mattina pensai che siamo in un’epoca in cui una relazione non si definisce tale se non si posta sui social. Siamo abituati a condividere con gli altri, qualsiasi cosa, qualsiasi momento, come a dimostrare della sua esistenza. Coppie che non fanno altro che scambiarsi dediche smielate e canzoni, come se dovessero dimostrare a tutti quanto è grande il loro amore.
Quanto esibizionismo! Che esagerazione!
Poi pensavo a me e te, e mi rendevo conto che non esistevano solo le relazioni sbandierate! 
Il nostro legame non era presente su nessun social, agli occhi di nessuno. Nessuno dei due risultava connesso all’altro in alcun modo.
Non avevamo nessuna foto insieme o nulla di simile. Eppure, eravamo legati.
Di tutte quelle pause tra una lezione e l’altra non c’era traccia, di quelle mattine in cui aspettavi il mio arrivo per la solita chiacchierata prima di entrare in aula, di quelle volte che mi chiedevi “prendiamo lo stesso treno?”.  Quelle volte in cui tentavi di convincermi a saltare la lezione, approfittarne della bella giornata e andarcene a fare un giro per Napoli tutti insieme. Tutte quelle volte che in biblioteca provavi a farmi ridere e rompere quel silenzio. Quando quella volta ai primi di dicembre, alla nostra prima prova intercorso, io ero preoccupatissima; era il mio primo test universitario…e tu mi hai abbracciata e mi hai detto che ero in gamba, non dovevo temere nulla. In quel corridoio freddo, che calore il tuo abbraccio!
Tutte le nostre chiacchierate, sugli argomenti più bizzarri,  e il supportarci a vicenda. Per qualche assurdo motivo spronavamo sempre l’altro a dare il massimo.  
Ma tutto questo nessuno lo sapeva da fuori.
Non c’era nessuna traccia di me e di te, eppure facevamo scintille, da sempre.
“E’ meglio così!” Mi ripetevo.
Spesso sapevi che mi trattenevo in facoltà a studiare, e allora restavi anche tu.
Mi hai poi confessato che tentavi di trascorrere con me quanto più tempo possibile.
Mi cercavi a volte. 
Ricordo quando mi contattasti, prima dell’esame di Analisi 1, dicendomi che eri preoccupatissimo.
Ti rassicurai; non hai nulla di cui preoccuparti, stai tranquillo e fai vedere quanto vali!
Ci credevo in te, tantissimo! 
Ricordo che una sera mi hai cercata. Ero appena tornata a casa dopo l’ennesimo allenamento.
Ho lasciato che il telefono squillasse, sapevo già quale fosse la tua richiesta.
Ma tu niente, insistevi! Che testardo!
“Ho voglia di vederti, mi manchi! Dimmi dove sei, mi bastano 10 minuti!”
No.
La mia risposta era sempre no.
Non potevo. 
Tu eri impegnato, ed io per quanto ero attratta da te in un modo assurdo, ero una persona corretta, e mai e poi mai avrei potuto creare qualche situazione ancora più complessa.
Avevo principi e valori. Mai mi sarei sognata di diventare la terza persona, o qualcosa di simile.
Ignoravo le tue chiamate, scoraggiavo ogni tua iniziativa di trascorrere del tempo con me, anche se in gruppo.
Diventavo fredda, scostante. Prendevo le distanze.
Era la cosa giusta da fare. Io e te eravamo due fuochi. L’unico modo per evitare di scottarci, era stare alla larga l’uno dall’altro.
Era il 2018, e dopo il primo semestre di università accadde ciò che spesso succede.
Ingegneria non era ciò che volevi, non era la tua strada, lo hai sempre saputo. Hai sempre avuto un sogno diverso.
Hai deciso dopo la prima sessione di esami, e dopo qualche lezione del secondo semestre, a marzo, di  fermarti. Del resto non ha senso continuare qualcosa che non ha futuro.
Hai lasciato, ingegneria, e me. 
Hai chiuso quella parentesi, e  anche la nostra di parentesi.
Era la cosa giusta. 
Spesso riflettendoci, ho pensato; abbiamo tradito i nostri partner?
La risposta che mi sono sempre data, è no!
Quando io e il ragazzo dai capelli rossi ci siamo baciati quel 20 novembre, la mia relazione era forse già finita.
2 giorni prima avevamo litigato, fortemente, io e il mio ex, e gli avevo urlato contro che non mi avrebbe più rivista. Lo pensavo davvero. Era la rabbia  a parlare, ma lo sentivo sul serio.
E lui invece? Lui era palesemente non contento della sua relazione.
Certe relazione finiscono. Finiscono al primo schiaffo, alla prima mancanza di rispetto, quando non ci si guarda più con stima. Finiscono quando si smette di camminare uno al fianco dell’altro tenendosi per mano. Finiscono quando ti svegli al mattino e non ti senti più così fortunato ad avere la tua metà a condividere la giornata con te. Se viene a mancare la voglia di condividere, di sognare insieme, di costruire, allora la relazione è finita.
Certe legami si spezzano…però poi si continua a stare insieme. Tutto quello che viene dopo è abitudine, possesso, mancanza di coraggio nel mettere un punto. 
È tutto, ma sicuramente non è amore.
Ecco cosa eravamo; due ragazzini che si trovavano in due relazioni diverse, ma tossiche. Differivano per sfumature e circostanze, ma erano sbagliate.
Abbiamo tradito i nostri partner? No. 
C’è stato un bacio, che nessuno dei due voleva far nascere, ma che entrambi desideravamo fortemente. 
Ci siamo baciati una sola volta, ma è stata chimica al primo sguardo. La definisco così io.
Non abbiamo tradito nessuno. Sotto sotto lo sapevamo che le nostre relazioni non sarebbero durate a lungo.
Ma ci è mancato il coraggio….senza dubbio!
Se solo ci fossimo incontrati in un altro momento…
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maggese · 4 years ago
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Milton Glaser. “Dieci cose che ho imparato”
1) Lavora solo con persone che ti piacciono
Questa è una regola strana e mi ci è voluto del tempo per impararla. All’inizio della mia carriera pensavo che fosse vero il contrario. Il professionismo significava che le persone per cui lavoravi non dovevano esserti particolarmente simpatiche o almeno che dovevi tenerti a debita distanza. Per me significava che non avrei mai pranzato con loro né li avrei visti in altre occasioni sociali. Qualche anno fa ho capito che era vero esattamente l’opposto. Ho scoperto che tutto il lavoro che ho fatto e che ha un qualche significato era il risultato di una relazione positiva, affettiva, con il cliente. Non sto parlando di professionalità, ma di affetto. Sto parlando di un cliente con cui si condivide qualcosa. La tua visione della vita deve essere in qualche modo coerente con quella del cliente. Altrimenti è una battaglia acida e senza speranze.
2) Se puoi scegliere, scegli di non avere un’occupazione
Una notte ero seduto nella mia macchina fuori dalla Columbia University, dove mia moglie Shirley studiava antropologia. Mentre aspettavo ascoltavo la radio e sentii un intervistatore chiedere: “Ora che hai 75 anni, hai dei consigli da dare agli ascoltatori che si preparano ad entrare nella vecchia?” Una voce irritata rispose: “Perché di questi tempi tutti mi fanno domande sulla vecchiaia?”. Riconobbi la voce, era quella di John Cage. Sono sicuro che molti di voi sanno chi fosse, il compositore e filosofo che influenzò persone come Jasper Johns e Merce Cunningham e il mondo della musica in generale. “Io so come prepararmi alla vecchiaia”. “Non trovarti mai un’occupazione. Perché se ti trovi un’occupazione un giorno qualcuno ti porterà via il tuo lavoro e tu sarai impreparato alla vecchiaia. Per me, è sempre stato così da quando avevo 12 anni. Mi sveglio al mattino e mi chiedo cosa dovrò fare per guadagnarmi da vivere quel giorno. Lo faccio ancora oggi che ho 75 anni. Mi alzo e mi chiedo cosa fare per guadagnarmi da vivere. Quindi, sono molto preparato per la vecchiaia”.
3) Certe persone sono tossiche. Evitale
Questo è un sottotesto del punto uno. Negli anni 60 c’era un uomo, Fritz Perls, terapista della Gestalt, una terapia che affonda le sue origini nella storia dell’arte. Suggerisce che tu debba capire il “tutto” prima di capire i dettagli. Devi guardare all’intera cultura, l’intera famiglia, l’intera comunità ecc ecc. L’idea di Perls era che in tutte le relazioni, le persone potevano essere o tossiche oppure potevano nutrirsi a vicenda. Non necessariamente la stessa persona sarà tossica o positiva in ognuna delle sue relazioni, ma qualsiasi relazione tra due persone si traduce o in una relazione tossica o “nutriente”. La cosa importante è che c’è un test per determinare se la persona con cui avete una relazione, in quella relazione è tossica o positiva. Eccolo: dovete passare un po’ di tempo con questa persona, andare a bere qualcosa o a cena o a una partita di calcio. Non importa, ma alla fine dovete chiedervi se vi sentiti più o meno energizzati. Se siete più stanchi, siete stati avvelenati. Se avete più energia, siete stati nutriti. Il test è praticamente infallibile e vi suggerisco di usarlo per il resto della vostra vita.
4) La professionalità non è abbastanza e il buono è nemico dell’ottimo
All’inizio della mia carriera ambivo a essere un professionista, era la mia unica aspirazione, i professionisti sembravano sapere ogni cosa e venivano anche pagati per questo. Dopo aver lavorato per un po’ scoprii che la professionalità poteva essere un limite. Dopo tutto, ciò che la professionalità davvero significa è “riduzione dei rischi”. Se vuoi farti riparare la macchina, vai da un meccanico che sa come risolvere un problema di trasmissione e che dimostra la stessa capacità ogni volta che vai da lui. Se hai un tumore al cervello probabilmente eviterai il chirurgo che dice di voler sperimentare sui tuoi neuroni un nuovo modo di connettere le cellule. Per favore, fatelo nel modo che si è dimostrato finora valido. Purtroppo nel nostro campo, che chiamiamo creativo (una parola che odio perché troppo spesso viene usata a sproposito), non funziona esattamente così. Se fai qualcosa in modo ripetitivo, per diminuire i rischi o lo fai addirittura nello stesso modo, è chiaro che non funziona. Nel nostro campo la professionalità non è sufficiente. Ciò che più ci viene chiesto è di trasgredire continuamente. La professionalità non permette questo perché la trasgressione ha in sé il rischio del fallimento, e l’istinto naturale di un professionista è di non fallire, di ripetere i successi che ha ottenuto in passato. Quindi aspirare al professionismo per tutta la vita è un obiettivo limitato.
5) Meno non è necessariamente più
Poiché sono un figlio del modernismo ho sentito il mantra “less is more” per tutta la mia vita. Un giorno mi sono svegliato e ho capito che non aveva alcun senso, è una sentenza assurda e forse senza significato. Ma suona fantastica, perché contiene un paradosso di cui non si riesce a venire a capo. Ma se guardi alla storia dell’arte non ha senso. Se guardi a un tappeto persiano non puoi dire less is more, perché capisci che ogni parte di quel tappeto, ogni cambio di colore, ogni sfumatura nella forma, è essenziale per il successo estetico di quell’oggetto. Non potrai mai dimostrare che un tappeto blu in tinta unita è più bello. Lo stesso vale per le opere di Gaudi, per le miniature persiane, per l’art nouveau e per ogni altra cosa. Però posso proporre un alternativa al mantra, che mi sembra più appropriato: “just enough is more” (appena sufficiente è di più).
6) Non bisogna fidarsi dello stile
Credo che questa idea mi sia venuta per la prima volta guardando una meravigliosa incisione di un toro fatta da Picasso. Era fatta per illustrare una storia di Balzac chiamata Il capolavoro nascosto. Sono sicuro che tutti conoscete quel toro. E’ un toro che viene descritto in 12 diversi stili, da una versione molto naturalistica del toro fino a un’astrazione assolutamente riduttiva fatta con una singola linea. Tra i due estremi ci sono dieci versioni. Ciò che è evidente guardando queste opere è che lo stile è irrilevante. Tutte le versioni del toro, da quella di più estrema astrazione a quella di più acuto naturalismo, sono straordinariamente slegate dallo stile. E’ assurdo essere fedeli a uno stile. Uno stile non merita fedeltà. Devo dire che per vecchi professionisti questo è un problema, perché oggi la nostra professione è spinta da considerazioni economiche più che da qualsiasi altra considerazione. I cambiamenti di stile in genere sono legati a fattori economici, come sa chi tra voi ha letto Marx. E poi compare sempre una certa stanchezza nelle persone quando vedono la stessa cosa per troppo tempo. Quindi ogni dieci anni circa c’è un cambiamento di stile e le cose vengono fatte in modo da sembrare diverse. I caratteri passano di moda o diventano di moda. Se sono molti anni che lavori come grafico, hai il problema di come comportarti. In fondo, ognuno di noi sviluppa un suo vocabolario, una forma che è solo sua. E’ un modo per distinguerti dai tuoi pari e per crearti un’identità nel settore. Come mantenerti fedele ai tuoi canoni e a ciò che ti piace fare diventa un atto di equilibrismo. La scelta tra scegliere il cambiamento o mantenere la tua forma distintiva diventa difficile. Abbiamo tutti visto il lavoro di illustri professionisti passare d’un tratto di moda. Anche se più precisamente, non passa di moda, non invecchia, ma sembra a un tratto appartenere a un altro momento storico. Ci sono storie tristi come quella di Cassandre, sicuramente uno dei più grandi grafici del ventesimo secolo. Verso la fine della sua carriera nessuno gli commissionava più lavoro e si suicidò.. Il punto è che chiunque sia e voglia restare in questo campo per molto tempo deve decidere come rispondere allo zeitgeist. Cosa si aspettano ora le persone, che prima non volevano? E come rispondere a questo desiderio in un modo che non cambi il tuo senso di integrità, coerenza, scopo.
7) Il tuo modo di vivere cambia il tuo cervello
Il cervello è l’organo più reattivo del nostro intero organismo. E’ inoltre l’organo che più è sensibile ai cambiamenti e alla rigenerazione di tutti gli organi del nostro corpo. Un mio amico, Gerald Edelman, è stato un grande professore di anatomia del cervello e dice che fare un’analogia tra il cervello umano e i computer è semplicemente patetico. Il cervello è piuttosto simile a un giardino fin troppo rigoglioso, che continua a crescere, che continua a ricevere sementi e a farli germogliare, rigenerandosi in continuazione. Edelman crede che il cervello sia suscettibile, in modi di cui non siamo pienamente coscienti, rispetto a qualsiasi esperienza facciamo e a qualsiasi incontro facciamo. Qualche anno fa rimasi colpito da un articolo in un giornale che parlava dell’intonazione perfetta. Un gruppo di scienziati aveva deciso di capire perché certe persone sono perfettamente intonate. Alcune persone sono in grado di ascoltare una nota e di riprodurla con la stessa esatta intonazione. Alcuni hanno una buona intonazione, ma l’intonazione perfetta è molto rara anche tra i musicisti professionisti. Gli scienziati scoprirono (non so come fecero ma lo fecero) che il cervello delle persone che hanno un’intonazione perfetta è diverso. Certi lobi del cervello presentavano un particolare tipo di deformazione, comune a tutte le persone perfettamente intonate. Questo di per sé era una cosa affascinante. Ma poi scoprirono qualcosa di ancora più affascinante. Se prendi un gruppo di bambini di 4 o 5 anni e gli insegni a suonare il violino, dopo qualche anno alcuni di loro sviluppano l’intonazione perfetta e se osservi il loro cervello, i lobi sono cambiati. Cosa significa questo per tutti noi? Tendiamo a credere che la mente influenzi il corpo e che il corpo influenzi la mente, ma non crediamo che tutto quello che facciamo abbia una conseguenza sul cervello. Sono convinto che se un uomo inveisse contro di me dall’altro lato della strada il mio cervello potrebbe subirne un qualche effetto e la mia vita potrebbe essere diversa. Ecco perché le mamme ci suggeriscono di evitare le cattive compagnie. Hanno ragione. Il pensiero cambia la nostra vita e il nostro comportamento. Penso che il disegno funzioni nello stesso modo. Sono un grande sostenitore del disegno, non perché penso che tutti debbano diventare illustratori, ma perché credo che il disegno cambi il cervello esattamente nel modo in cui la ricerca della nota perfetta cambia il cervello di un violinista. Il disegno inoltre ti rende più attento. Ti costringe a fare attenzione a ciò che stai guardando, che non è una cosa facile.
8) Il dubbio è meglio della certezza
Si parla sempre dell’importanza di essere sicuri, convinti, di ciò che si fa. Mi ricordo che una volta, durante una lezione di yoga, un maestro yogi ci disse che, spiritualmente parlando, se pensi si aver raggiunto l’illuminazione, in realtà sei semplicemente arrivato a vedere il tuo limite. Credo che lo stesso valga anche nella realtà non spirituale. Convinzioni profondamente radicate, di qualsiasi tipo siano, ti impediscono di essere aperto a nuove esperienze, ed è questa la ragione per la quale diffido grandemente di tutte le posizioni ideologiche. Credo che essere scettici e mettere in dubbio qualsiasi profonda convinzione sia essenziale. Certo, dobbiamo conoscere la differenza tra scetticismo e cinismo perché anche il cinismo è una limitazione della propria apertura mentale verso il mondo, proprio come una convinzione troppo radicata. Scetticismo e cinismo sono una sorta di gemelli. E da un punto di vista pratico, risolvere i problemi è molto più importante che avere ragione. C’è un diffuso senso di essere nel giusto nel mondo dell’arte e del design. Forse inizia a scuola. Spesso gli istituti d’arte o le scuole di design iniziano con il modello di Ayn Rand, secondo cui una personalità singola può contrastare le idee della cultura che lo circonda. E’ una teoria vera fino a un certo punto. Secondo la teoria dell’avanguardia un individuo può cambiare il mondo, ma è vero fino a un certo punto. Uno dei segnali da cui capire che un ego è stato danneggiato è la certezza assoluta. Le scuole incoraggiano l’idea di non scendere a compromessi e difendere il tuo lavoro a ogni costo. Ma in realtà quando si lavora scendere a compromessi è la cosa più importante. Devi sapere come scendere a compromessi. Perseguire ciecamente i tuoi obiettivi, le tue idee, esclude la possibilità che gli altri abbiano una qualche ragione e questo mette in discussione il modello in cui noi grafici sempre ci muoviamo, che è di fatto una triade: il cliente, l’audience e tu. Idealmente, cercare di soddisfare tutti con successivi passi e compromessi è desiderabile. Ma l’alta considerazione di sé è spesso un nemico. L’alta considerazione di sé e il narcisismo in genere nascono da un trauma infantile, e questi sono argomenti che non voglio trattare. Perché sono temi che ricorrono di continuo nella vita delle persone. Alcuni anni fa lessi una considerazione sulla natura dell’amore, che si applica anche alla natura della coesistenza tra esseri umani più in generale. Era una citazione di Iris Murdoch, usata per scrivere il suo necrologio. “Amare significa raggiungere la difficilissima consapevolezza che qualcosa oltre a noi stessi è reale”. Non è fantastico? Sono le parole più profonde che io abbia mai sentito sull’amore.
9) Sull’invecchiare
L’anno scorso mi hanno regalato un saggio di Roger Rosenblatt, Invecchiare con grazia. Sul momento il titolo non mi piacque per niente, ma devo ammettere che il libro contiene una serie di regole per invecchiare con grazia. La prima regola è anche la migliore: La regola numero uno è “Non importa”. “Segui questa regola e ti allungherai la vita di dieci anni. Non importa se sei in ritardo o in anticipo, se sei qui o lì, se l’hai detto oppure no, se sei stato intelligente o stupido. Se un giorno ti svegli con dei capelli inguardabili e non importa se il tuo capo ti guarda come se fossi un marziano, non importa se lo fa la tua fidanzata o il tuo fidanzato o se tu ti guardi come se fossi un marziano. Se ricevi una promozione, un premio, se compri una casa o non lo fai. Non importa”. Finalmente un po’ di buon senso. (…)
10) Dite la verità
(…) cercare del cavolo in una macelleria è un po’ come cercare un’etica nel campo del design. Né un luogo né l’altro sono adatti a trovare ciò che si vuole. E’ interessante notare che nel nuovo codice etico dell’Aiga ci sono molte informazioni su quello che viene definito un comportamento appropriato verso i clienti e gli altri grafici, ma non c’è una sola parola sulla relazione con il pubblico. Diamo per scontato che un macellaio ci venda della carne commestibile e che non spacci la sua merce per ciò che non è. Ho letto da qualche parte che negli anni di Stalin in Russia ciò che era etichettato come manzo era in realtà pollo. Non voglio immaginare cosa fosse ciò che era etichettato come pollo. Accettiamo tranquillamente alcune bugie, come la quantità di grasso realmente contenuta in un hamburger, ma se un macellaio anche solo una volta ci vende della carne avariata, andiamo da un altro. Chi stesse pensando a creare un albo professionale per il nostro settore dovrebbe ricordare che l’idea di albo nasce per proteggere il pubblico, non i grafici o i clienti. “Non fate del male” è un monito che vale per i dottori nel rapporto con i loro pazienti, non con i loro colleghi medici o con le ditte farmaceutiche. Se avessimo un albo, forse dire la verità tornerebbe al centro della nostra attività.
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