#Terra Canis
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Un sogno che sembrava troppo reale.
Avvertenza:
Non si tratta di un racconto auto-biografico.
Ogni riferimento a persone o a cose è puramente casuale, perché è un racconto di fantasia.
È un racconto crudo, che va a toccare dei tabù. Alle persone che sono particolarmente sensibili consiglio di fermarsi qui, o alla prima sensazione di disgusto o di imbarazzo.
PRIMA PARTE
Ero appena tornata a casa dal lavoro e avevo lasciato che Dicky, il pastore tedesco di mia cugina, uscisse nel cortile sul retro per fare i suoi bisogni. Si, mi ero prestata alle suppliche di Carla per poterle tenere il suo cane per due settimane perché doveva fare una seconda luna di miele con suo marito. Dicky era un bellissimo pastore tedesco di un anno e mezzo, mia cugina mi rassicurò dicendo che era già addestrato e addomesticato e che non dovevo avere nessuna paura di Lui, anzi le sarei stata grata perché mi avrebbe protetta da qualsiasi minaccia e poi è abbastanza amichevole, cercò di indorare la pillola dicendomi che io già gli piacevo. Nonostante queste raccomandazioni ero pervasa da uno stato d’inquietudine perché non ero abituata a vedere un cane in giro per casa. Appena i due piccioncini varcarono la porta mi assali un senso di disagio dovuto al fatto che d’ora in poi sarei rimasta sola con questo cane. Non riuscivo a spiegarmi il motivo di questo nervosismo. Forse tutto questo era dovuto al fatto che avevo avuto sempre sentimenti contrastanti nei confronti dei cani.
La ragione era dovuta al fatto che quando ero all’università una mia amica mi confessò che si era lasciata leccare la figa dal suo cane e aveva avuto un orgasmo da favola. Rimasi sconvolta dalla sua confessione. La notte successiva sognai che stavo a letto e il cane della mia amica si era intrufolato nel mio letto e ha cominciato a leccarmi la figa, mi sono svegliata di soprassalto e mi sono ritrovata madida di sudore, la mia figa fracida di succo ed era bastato che toccassi con le dita il clitoride per arrivare in un modo pazzesco. Subito dopo mi sentii mortificata. "Come ho potuto lasciare che ciò accadesse?” fu la domanda che mi posi. Rimossi subito tutto e non ebbi più sogni di questo tipo.
Guardando Dicky, tutti quei sensi di colpa, di imbarazzo e di lussuria, provati per quel sogno mi tornarono in mente. Ebbi improvvisamente paura. Paura di ciò che avrei potuto fare, di ciò che avrei potuto voler fare ora che ero sola con quel cane. Ero consapevole del disagio che avevo provato quando mia cugina mi lasciò il cane. Dopo questo smarrimento iniziale, giusto per tranquillizzarmi guardai il cane e gli dissi “Immagino che siamo solo tu ed io, Dicky" per smorzare il nervosismo mi versai un bel bicchiere scotch e sorso dopo sorso lo bevvi tutto. Dicky si avvicinò e si sdraiò a terra accanto a me. Pochi minuti dopo, cominciò a sentirmi molto più rilassata mentre lo scotch si diffondeva nel mio corpo. Sentivo un piacevole calore diffondersi dentro di me. A un certo punto sentì i la zampa di DIcky appoggiarsi sul mio piede. "Adesso non iniziare a farti venire le idee", gli dissi ridacchiando, mi alzai per andare a letto, e guardandolo improvvisamente arrossii guardando il cane e pensai "È decisamente maschio". La punta rosa del suo cazzo sporgeva! Ero totalmente imbarazzata. "Non posso credere che lo sto guardando!" pensai.
Agitata, andai velocemente nella mia camera. Ero confusa e mi sentivo piuttosto calda per il rapido consumo di scotch. "Ho bisogno di una doccia fredda o di un bagno caldo", sorrisi. Mi spogliai completamente e mi sdraiai I sul letto quando fui presa da un’eccitazione inspiegabile. All’improvviso, sentii uno schianto nel soggiorno, a quel punto mi ricordai che non ero sola e un piccolo brivido mi percorse la schiena. Uscii dalla camera e mi diressi in soggiorno. Una delle lampade era rovesciata. Niente di rotto. "Fortuna per te, Dicky", e mentre lo dicevo, un piccolo brivido mi percorse tutto il corpo. Dicky si avvicinò, sbattendo la coda e strofinandosi contro la mia gamba. “Anch'io sono felice di vederti, pazzo. Ora smettila di rompere le cose”, mi voltai per tornare in camera e vidi Dicky che mi seguiva da vicino. "Dove pensi di andare?" Dicky mi guardò con entusiasmo. "No, tu resta qui." si voltò e raggiunsi la porta. In un lampo, Dicky mi fu dietro, lo spinsi via e mentre mi chinai per farlo il cane si spinse in avanti e mi leccò un seno, gli urlai contro.
Dicky perpretò un secondo attacco e con la lingua mi sfiorò l’inguine, lo respinsi ancora una volta ma con meno risolutezza, Dicky ne approfittò per fare un successivo attacco e mi sfiorò il clitoride, sentii una scossa elettrica attraversarmi tutto il corpo. Una volta entrata mi sdraiai sulla schiena con le gambe penzolanti oltre il bordo. Dicky mi segui e spinse il muso in avanti, costringendomi ad aprire le gambe. "Ehi, aspetta ragazzo, comando io qui", dissi con un po’ d’incertezza. Dicky m’infilò la lingua nel mio inguine bagnato. Ben presto cominciò a leccare con gusto. Sentì che mi stavo rapidamente avvicinandomi all'orgasmo. Dicky spinse insistentemente la lingua dentro di me. Sentì di cedere alle sensazioni impetuose mentre un orgasmo mi travolgeva, fui sopraffatta dal senso di colpa. Allontanai il cane e afferrandolo per il collare, feci uscire la sua testa dal mio inguine Dicky opponeva resistenza si avvinghiava a me e intravidi il suo cazzo ,era eccitato, io rabbrividii al solo pensiero, lo sentii scivolare lungo la gamba. "Oh Dio, allontanati da me", urlai, improvvisamente fui presa dal panico. Gli tirai di nuovo il collare, cosa che non fece altro che tirare il cane più in alto sul mio corpo. Lo sentivo, ora premeva contro la mia coscia. Avvertii un'improvvisa ondata di paura, unita a un'incredibile e improvvisa lussuria. Lo sentivo duro... e scivoloso! "Quando la punta mi toccò l'inguine, venni una seconda volta senza preavviso. Abbracciai il cane mentre le onde pulsavano attraverso il mio corpo. All'improvviso, l'orgasmo si calmò e spinsi via Dicky e corsi in bagno, sopraffatta dal rimorso e dal senso di colpa. Tremavo come una foglia. Sbattei la porta del bagno e la chiusi a chiave. Tremavo, sopraffatta dalla vergogna. Mi guardai allo specchio e distolsi lo sguardo. Non potevo credere a quello che era quasi successo e pensare che ero pronta a lasciare che accadesse. Mi sedetti sulla tazza del water stavo ancora tremando. Pensai all'orgasmo che fu improvviso e potente... e sbagliato. “Una cosa era”, pensai, “lasciarmi leccare finché non arrivassi. Ma questo…” sapevo nel mio cuore che tremavo non solo per la vergogna. Era anche lussuria e desiderio. Ma così sbagliato, così vergognosamente sbagliato. Rimasi seduta in bagno per più di un'ora, piangendo e torcendosi le mani, sperando che Dicky tornasse nel suo letto in soggiorno. Alla fine mi decisi a uscire e Dicky non c’era, era davvero nell'altra stanza. Corsi in camera e mi fiondai sul letto, dove immediatamente crollai sopraffatta.
P.S.
Le parti che seguono le posterò solo su richiesta e in privato, a meno che ci siano un numero importante di likes (almeno 10). In questo caso proseguirei a postarli in pubblico.
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Dopo aver postato i miei addii alla chihuahua Minù e al gatto Alvin, scomparsi davvero troppo presto e a distanza di trentasei ore tra di loro, ho potuto constatare quanto la presunzione di superiorità dell'essere umano sia di quanto più lontano dall'essere davvero umani.
Semmai disumani.
Per molti lo strazio che alcuni esseri umani provano per la scomparsa di un animale domestico è una deriva.
Una preoccupante deriva, dove si pongono sullo stesso piano i nostri amici a quattro zampe con la vita di un altro essere umano.
Non credo che una persona psicologicamente equilibrata voglia mai paragonare la perdita di un cane o di un gatto con quella di un genitore, di un amico o un altro parente.
Ma resta sempre un dolore comunque, che può essere molto profondo se per la persona colpita dal lutto, l'animale, era tutta la sua famiglia. Nessun altro.
Un vuoto resta un vuoto.
A prescindere da tutto questo mio preambolo, per esperienza personale, posso dire che il vedere morire un essere umano e vedere morire un animale che ha condiviso la sua vita con te ha dei punti in comune.
Lo sguardo. Ti cercano come per avere la conferma che non saranno soli, in quel momento, che qualcuno a cui hanno voluto bene sia lì con loro.
Ho visto morire mio padre, mi ha guardato e poi con un sorriso ha guardato in alto ed è spirato.
La mattina che Alvin è morto ero uscito per un appuntamento di lavoro, dovevo portarlo al mio rientro dal veterinario eppure prima di uscire, mentre mi ero chinato su di lui per confortarlo, mi ha guardato e con la zampa mi tratteneva il braccio. Usando gli artigli.
Ho interpretato dopo, quando rientrando di corsa l'ho trovato riverso a terra, che probabilmente mi stava chiedendo di non andarmene. Di restare lì con lui.
Ho letto un post recente dove un veterinario affermava che 9 su 10 i proprietari di cani o gatti non vogliono assistere al trapasso dell'animale.
Che questi prima di essere sedati per il trapasso cercano con lo sguardo colui, o colei, per cui è valsa la pena vivere scodinzolando o facendo le fusa.
Molti credono che gli animali non abbiano un'anima, eppure animale è una parola che viene dal latino "animalis" che vuol dire "animato" o qualcosa che crea la vita. Affine al greco "anemos" (vento, soffio) e al sanscrito "atman", di uguale significato.
Anche mio padre cercò qualcuno e c'ero solo io. Altri erano usciti dalla stanza. Qualcuno addirittura se n'era andato, con una scusa.
Eppure l'essenza della riconoscenza verso un'anima sta proprio nello stargli vicino, quando quell'anima lascerà il suo corpo terreno.
Non si dovrebbe privare nessuno di questo riconoscimento, a meno che la morte non giunga inaspettata e all'improvviso sia chiaro.
Nel corso della propria esistenza le persone hanno svariati interessi e priorità. Ma per gli animali, quello che noi definiamo il loro padrone, è la cosa più importante di tutto. Di tutti.
Lo sguardo degli umani, durante l'esistenza, cambia a seconda dei sentimenti. Che sia amore o rabbia, a volte anche odio.
Ma nel momento in cui una persona capisce che è giunta la sua ora cerca il perdono, oppure di perdonare.
Un cane o un gatto non si devono far perdonare nulla da chi li ha amati. Ti guarderanno con lo stesso sguardo del primo giorno che li avrete visti. Con amore incondizionato.
Perché nell'attimo in cui se ne vanno, inizia il ricordo e l'amore si consolida nel cuore. Per alcuni umani invece rimane anche una parte di rabbia e di cose incompiute.
E nell’attimo in cui tutto finisce, niente finisce
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...ogni tanto è bene ripostarlo:
7 frasi da evitare per non sembrare un analfabeta funzionale, di Dario Bressanini
1) “A me una volta è successo che…”:
sulla terra siamo 7 miliardi di persone, quindi quello che è successo a te costituisce “un settemiliardesimo” delle ipotesi possibili. L’esperienza personale non è una legge universale.
2) “Ho letto su internet che…”:
su internet c’è tutto, il contrario di tutto e tutte le sfumature che ci stanno in mezzo; se non hai le competenze specifiche per distinguere ciò che è plausibile da ciò che è inverosimile, quello che hai letto tu non significa assolutamente nulla perché tanto su internet c’è sempre anche il suo esatto contrario.
3) “Non credo alla versione/teoria ufficiale, dimostrami tu che è valida”:
una versione/teoria ufficiale è tale proprio perché gode già del supporto probatorio necessario per essere considerata preferibile a tutte le altre. Pertanto, se non credi alla versione ufficiale spetta a te l’onere di provare perché questa sia errata, e anche perché la tua sia invece valida. Pretendere l’inversione dell’onere della prova è un atteggiamento profondamente illogico e antiscientifico.
Il fatto che tu non comprenda il contenuto di quelle prove non significa che quelle prove non esistano o non siano valide, significa solo che tu non hai gli strumenti e le conoscenze per comprenderle.
4) “Ci guadagnano sopra, quindi sicuramente c’è qualcosa sotto”: se escludete i volontari e gli stagisti, tutte le professioni del mondo sono a scopo di lucro, quindi tutti noi guadagniamo da quello che facciamo. Ciò non ci rende tutti automaticamente parte di un qualche complotto o sotterfugio.
5) “Quella volta è accaduto che…, quindi anche questa volta…”:
“quella volta” è diversa da “questa volta”. Se una cosa capita in una occasione non c’è nessuna legge che stabilisce automaticamente che accada sempre e a tutti. Se un medico vende organi sotto banco, non significa che tutti i medici lo facciano ogni giorno; se un ingegnere sbaglia i calcoli, non significa che tutti gli ingegneri siano cani e non sappiano fare il loro lavoro; se un avvocato prende una mazzetta, non significa che tutti gli avvocati siano corrotti o corruttibili. Serve una prova specifica per ogni singolo caso.
6) “Tu hai la tua opinione, io ho diritto ad avere la mia”:
questo è un principio sacrosanto quando si parla di preferire le bionde o le brune, il mare o la montagna, la Juve o il Milan. Ma quando si parla di argomenti scientifici, la tua opinione non conta assolutamente nulla se non hai competenze e ragioni tecniche che possano dimostrare la validità di quella opinione; o forse pretendi di avere un’opinione anche su come si calcola l’area del triangolo?
7) “Non mi fido della roba chimica, quindi…”:
La chimica spiega la composizione della materia in generale, di conseguenza tutto ciò che esiste nell’universo è chimico. L’acqua ad esempio è composta da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, quindi è fatta di sostanze chimiche. E lo sei anche tu.
Se il vostro ragionamento si basa su uno o più di questi presupposti, sappiate che il vostro approccio è stupido, illogico e antiscientifico, quindi evitate di renderlo pubblico.
Ne va della vostra reputazione.
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Noi occidentali siamo fatti cosi. Nel mondo succedono cose e noi facciamo le tre scimmiette: "Non vedo, non sento, non parlo". Poi gli eventi precipitano e sempre noi occidentali mettiamo le labbra a tondino mostrando meraviglia per tutto cio' che succede.Tutti a fare gli indiani! Che poi, fare gli indiani sarebbe stato anche un merito, almeno non avremmo rotto il caxxo all'intero mondo. E invece, no. A noi piace essere prepotenti. Poi, quando succedono i guai, i morti, sono sempre gli altri i cattivi. Un po' com'è successo per la Russia, basi NATO sotto il loro naso, basi che il Papa ha definito "cani che abbaiano" e poi, quando Putin si è rotto il colbacco, tutti gli hanno dato del macellaio.
Da anni e anni lo facciamo con gli israeliani che massacrano i palestinesi portandogli via dignita' e terre giorno dopo giorno. Fomentare l'odio, come ha fatto l'Occidente in Palestina sostenendo tutte le malefatte di uno Stato israeliano potente e prepotente significa creare cause. I palestinesi li abbiamo sempre chiamati "terroristi". Il blocco occidentale ha creato un grande odio in Palestina lasciando che le ingiustizie verso quel popolo si accumulassero anno dopo anno.
Diamoci una calmata che le reazioni sono cieche, come sono ciechi gli uomini maledetti che non vedono tante ingiustizie ai danni dei più deboli. Perche', sapete, nei casini del mondo creato da potenti e prepotenti, chi ci rimette e' sempre la povera gente, che siano israeliani, palestinesi, ucraini, afgani, siriani, slavi o di qualunque altra parte della Terra. @ilpianistasultetto
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Racconti di viaggio - parte 1
L'India non è per tutti.
È un paese complicato che mette a dura prova te stesso in molti aspetti.
Il primo aspetto è l'igiene. Io non sono affatto una persona schifettosa e igieno-fobica come molte persone del primo mondo sono (anzi faccio cose che solo a dirle molti mi vomiterebbero in faccia), per cui ho un'alta tolleranza alla carenza di igiene e pulizia e la cosa mi è pesato solo in un punto. In India hanno le case mediamente a posto, ma fuori è letteralmente una discarica a cielo aperto: non ci sono cestini, proprio non esistono, e l'immondizia si butta a terra con tutta la non-chalance del mondo, che sia una bottiglia di plastica o un piatto di carta con rimasugli di cibo. Tutto a terra, sempre. Questo ovviamente crea spesso odori molto sgradevoli e una presenza esagerata di insetti e mosche ovunque. La cosa molto triste è anche che ci sono tantissimi animali in giro tra mucche e cani abbandonati (letteralmente centinaia, mai visti così tanti sebbene dove sono cresciuta è sempre stato pieno) che mangiano quella roba e spesso è praticamente plastica. Più dello schifo questa cosa mi ha messo molta tristezza. L'unico punto che proprio non ho tollerato su questo tema è l'assenza di carta igienica. Pensavo fosse una mancanza della casa del mio amico e invece persino nei ristoranti non c'era. Piuttosto mettono sempre una fontana o una mini doccia da usare a mo' di bidet... va bene, perfetto, ma io dall'acqua puoi come mi asciugo? Mistero della fede (ancora oscuro).
Il secondo aspetto è la povertà. Ero nella capitale per cui in teoria ci dovrebbe essere una concentrazione alta di gente che riesce a vivere dignitosamente (e infatti è così perché i miei amici avevano case okay, sebbene i palazzi siano fatiscenti all'esterno), eppure la quantità di gente che vive in delle baracche di fortuna o per strada è allarmante. Manco fossero in guerra come in Palestina. Una volta ho letteralmente visto una madre che faceva il bagnetto in strada a sua figlia con una bottiglia d'acqua. In più, quando la madre del mio amico mi ha detto: "dopo arriva la persona che pulisce per cui chiedile anche di pulire la tua stanza" io mi aspettavo una donna, come da noi, matura o quanto meno adulta... invece mi ritrovo davanti una BAMBINA. Avrà una decina di anni e viene pagata dalla famiglia del mio amico per pulire e lavare a terra (con lo straccio tra le mani, mica con la mazza da scopa), lavare i piatti ecc. Quando me la sono trovata davanti e l'ho vista pulire ho avuto una pietà infinita.
Esiste una parte di India ancora più povera di quella che ho visto, eppure, esiste anche un'India che sa rivaleggiare con il primo mondo. Quando sono andata in ospedale perché la mia amica giapponese scema si è sentita male tra febbre e diarrea, l'ospedale non sembrava affatto fatiscente e anzi non aveva nulla da invidiare a un comune ospedale italiano. Bollywood sa sfornare film di una profondità e di un genio disarmanti. In ultimo, quest'anno sono riusciti ad andare totalmente da soli sulla luna. È un piccolo continente che racchiude in sé i problemi di tutto il globo e, da europea, la cosa è straniante.
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un piccolo frammento per ricordare due fantastici attori di un cinema che non esiste più.
In questa scena due estranei si ritrovano a fare conoscenza in un momento difficile per entrambi.
Vogel, interpretato da Gian Maria Volonté è un evaso, tutti lo inseguono, poliziotti, cani, posti di blocco, è un animale braccato che ha paura e non sa se potrà ancora fidarsi di qualcuno.
Corey, il personaggio di Alain Delon è invece appena uscito di prigione per buona condotta. Ha scontato la sua pena ma si rende conto di avere ormai perso tutto della sua vita precedente, la sua donna, gli amici, tutti lo hanno abbandonato, è un uomo allo sbando che sembra non provare più nessuna emozione.
Come in molti altri ruoli di Delon c'è anche un secondo livello, Corey è un uomo bellissimo e molto elegante, questo fatto non viene esplicitato in nessun modo durante il film ma è evidente agli occhi di tutti. Corey è bello e impossibile nella cella del carcere, mentre vaga all'alba tra bar e sale da biliardo nei bassifondi di Marsiglia, in questa scena in aperta campagna in cui il fango arriva fino alle caviglie. Tutti gli altri personaggi lo notano e hanno una naturale reazione, lo invidiano, lo disprezzano, non si fidano.
Alcuni dettagli rendono questo incontro per me indimenticabile cinematograficamente. Lo zoom che trasforma il campo larghissimo in un campo americano mentre Volontè si avvicina, come a sottolineare la distanza che si assottiglia tra i due uomini, e poi il momento topico della sigaretta: Vogel stringe la pistola con la destra e il pacchetto nella sinistra, così l'accendino gli cade a terra, se vuole recuperarlo deve distogliere sguardo e arma dall'altro uomo, è un dilemma, lo vediamo esitare e infine cedere, metaforicamente sotterrare l'ascia di guerra e accettare Corey, condividere una sigaretta che sancisce una fratellanza.
Il tutto in un paio di secondi e senza dire una parola, solo con gesti e sguardi. Tornare dopo questo a guardare un film americano in cui i gangster parlano del più e del meno e si urlano insulti e parolacce senza soluzione di continuità è un vero shock culturale.
da Le Cercle rouge di Jean Pierre Melville
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E sulla terra, in quella città oscura ed eternamente nemica, non s'incontrava che gente malvagia, beffarda. Tutto si confondeva in una comune malevolenza verso di lui: i cani sghignazzavano alle sue spalle, gli uomini gli abbaiavano contro (Fëdor Sologub, Il demone meschino).
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La monta
C'è tutta una ritualità propiziatoria dietro l'atto della monta, dietro quell'inseminazione che si pone in quella terra di mezzo tra la natura dell'animale e l'esigenza forzata dell'uomo, del padrone, del fattore, del levatore di bestie.
La monta è un atto spontaneo, innato, ben ficcato nelle membra carnose delle bestie.
La monta non ha stagioni, nella sua necessità perpetua, al di fuori dal patinato mondo equino. Tuttalpiù la monta richiede una selezione di vacche fertili non gravide, un'attenta selezione.
Stride la vacchetta, ferma sotto il peso della bestia, in un rito antico, dove ancora la pratica di inseminazione prevede un membro che penetra, una minchia dura bovina.
Rosetta è curiosa e quella scena agita la sua malizia.
Rosetta guarda sempre la monta, cerca i dettagli, cerca l'animale, il cazzo, il dilatarsi della cloaca. Se lo sente addosso quel peso e sa bene cosa aspettare.
Lo sa che deve solo stare a guardare e non voltarsi mentre quello le mette le mani addosso, mentre le solleva il vestito, mentre si accorge della sua indecenza, della sua voglia indotta da quel gesto così sozzo, da quello stridere di vacca e quel grugnire di toro.
Adesso lo sente bene quel peso, adesso la sente la minchia del fattore farsi strada nelle carni e nei pensieri, sente quell'odore di piscio e violenza concupiscente entrarle dentro.
La virtù le era colata dalle gambe così, non molte volte prima, quando aveva capito che l'odore del suo calore era evidente agli uomini, come ai cani.
Finivano sempre al ritmo delle bestie, come animali, lo stesso subire e lo stesso godere. Solo che loro, si baciano.
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Again.
Another femicide in Italy in a span of months and people still don't recognize that we have a problem.
Earlier this year a pregnant woman was brutally murdered by her partner.
A couple of months ago a nineteen year old girl was raped almost to death by a group of guys, and this is the translation of one of their declarations after the event (it won't be a hundred percent accurate because it's a translation but you'll get the point):
«Se ci penso mi viene lo schifo perché eravamo cento cani sopra una gatta, una cosa così l’avevo vista solo nei porno, eravamo troppi e sinceramente mi sono schifato un poco, però che devo fare la carne è carne, ma ti giuro dopo che si è sentita pure male, piegata a terra, ha chiamato l’ambulanza, l’abbiamo lasciata lì e siamo andati via. Voleva farsi a tutti, alla fine gli abbiamo fatto passare il capriccio»
"If I think about it I get disgusted we were a hundred dogs hovering over a cat, that was something we only saw in porn, we were too many and honestly I got a bit disgusted, but what do I have to do, meat is meat, but I swear after that she even felt sick, bending over on the ground, she called an ambulance, we left her there and went away. She wanted to do it with everyone, we just made her tantrum go away"
I have no words.
And now just days ago 22 year old Giulia Cecchettin was murdered by her ex-boyfriend and thrown in a lake. All because she was about to graduate from university while he wasn't.
He escaped and went to Germany but was luckily found by authorities, now he's waiting to be processed and (I hope with all my heart) get all the punishment he deserves, but I'm sure that whatever sentence he'll get won't be enough.
Kids, teenage girls and women don't feel safe here.
Rest in peace Giulia 🤍🕊️
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Ma fammi capire perchè tieni così tanto ai tuoi cani?
Una notte ero fuori con loro, nel bosco.
La luce della luna filtrava appena tra i rami, quando a un certo punto mi accorgo che entrambi si sono immobilizzati e puntano una macchia di vegetazione fitta, ringhiando sommessamente.
Improvvisamente i rami si schiantano e un orso bruno si avventa su di me, coprendo i pochi metri che ci separavano a una velocità tale da non lasciarmi scampo.
L'orso alza una zampa dagi artigli lunghissimi e io ho solo il tempo di chiudere gli occhi e sussurrare un ringraziamento a Crom per la lunga vita concessami.
Un ruggito di dolore.
Otto è appeso all'enorme zampa dell'orso e ne sta dilaniando muscoli e i tendini, scuotendosi nell'aria col suo corpo minuscolo e sventagliando sangue attorno.
L'orso lo azzanna sulla schiena, uno scricchiolio d'ossa ma Otto non molla la presa.
E a quel punto Cthulhu spicca un balzo e affonda i denti nella gola scoperta dell'orso, che ruggisce di dolore e schizza bava sanguinolenta.
Otto ha la schiena spezzata e Cthulhu l'addome lacerato dalle unghiate ma tutti e due continuano a mordere le carni della bestia.
Ho solo questa occasione.
La punta in bronzo seghettato della lancia che affondo con furia attraversa la folta pelliccia e penetra nel petto dell'orso, spaccandogli il cuore in due e facendolo crollare a terra.
Otto e Cthulhu uggiolano, entrambi accasciati a terra coperti di sangue, l'uno accanto all'altra ma mi rendo conto che con le loro ultime forze stanno scodinzolando gioiosamente come per dire 'Hai visto? Ce l'abbiamo fatta!'
Lascio cadere la lancia e mi inginocchio accanto a loro.
Con le mani gli accarezzo delicatamente il muso e poi appoggiando la fronte sui loro nasi sussurro 'Finché sarete con me nessuno vi farà mai più del male...'
E l'attimo dopo non ci sono più.
Ecco... tredicimila anni dopo intendo continuare a mantenere questa mia promessa.
Nessuno farà mai più loro del male.
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- Maestro.
- Stanno succedendo cose orribili nel mondo e non so cosa fare.
Divento triste. Non so come aiutare. Non voglio chiudere un occhio e forse mi sento in colpa per stare bene quando gli altri stanno molto male.
- Il Maestro rispose:
- Quando vai a dormire spegni tutte le luci.
Ma accendi quella nella tua stanza.
Non sei più in cucina.
Non sei più nel cortile con i cani.
Sei nella tua stanza.
Dove devi essere in quel momento.
E lì accendi la luce per non stare al buio.
Così è nel mondo.
Se c'è la guerra
Ma tu non ci sei, è perché non devi stare lì.
E nel posto in cui ti trovi, accendi la tua luce.
Se hai da condividere condividi.
Se hai qualcosa di prezioso da portare al mondo, fallo.
Se sei saggio e sai dare consigli, daglielo.
Se sei carina e ci sono molte cose brutte là fuori, sii più bella.
Sii parte della bellezza della vita.
La Luce si accende perché sulla terra ci sono deserti e mari.
Se hai dovuto far parte dell'acqua,
Perché ti affligge il deserto?
Se ti è toccato essere deserto,
Perché quelli delle acque ti affliggono?
Ognuno è dove gli spetta.
Chiamalo karma,
Destino. Scopo.
Se qualcosa non ha l'universo è ingiustizia.
Non esiste.
Tutto è perfetto.
Se non ci sei.
E' solo che non devi essere lì.
In guerra non tutti muoiono.
E dove non c'è guerra la gente muore.
Chi deve morire muore.
Vive chi deve vivere.
Perché sentirsi in colpa?
O forse decidi tu chi vive o chi muore?
Qual è la tua responsabilità?
Fai solo quello che devi fare.
Che è per questo che sei venuto.
Ed è per questo che sei dove sei.
Accendi la tua luce.
Sii parte della luce, non del problema.
- Disse il maestro.
Il mondo, quando è buio, ha bisogno di più luci accese ✨
SONO LA LUCE CHE ILLUMINA IL MONDO ✨
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Doubtful I'll be writing Fairy Ranmaru fic again, so here's a dump of headcanons I never got around to sharing, mostly part of my worldbuilding of the fairy clans and the timeline I used for The Fairy Queen's Timekeeper. I spoil my own fic freely in this post (especially in the time theory section) so if you haven't read it yet and you're interested in a pre-canon Hojo-centric fic with a focus on worldbuilding and organizing the backstory timeline and don't want to be spoiled, feel free to give it a read first.
Note I have been out of the loop on F-Ran, if anything new even exists, since posting that fic in 2022 so I have no idea if anything here contradicts anything new.
Lux and Tenebrae Clans
These two clans are literally celestial fairies living in the stars. The elemental fairy clans are native to Earth.
They are a more technological civilization than the Earth fairies, and also fairly militant. Much of their time is spent in spacefaring expeditions to the rest of the universe.
They're also extremely unconcerned with Earth. They don't care at all about Earth fairies, and due to this Earth fairies generally don't even know they exist. There would definitely be an air of superiority to the way they think about Earth fairies.
Consequently, "attachment" as an energy source would be something they have in abundance. Attachment would form naturally and rise to the heavens and with access to attachment from all over Earth (and beyond? if aliens exist lol) across the millennia, it's not something they need to save as heavily as we see the fairies do in the show.
Constellations served as organizations/groupings. These are inter-clan. From my WIP I had a few of these down as follows:
Canis Fleet, which Sirius was part of, and would be split into Major and Minor divisions Orion Fleet, which Betelgeuse was part of. I also had an OC named Rigel here Scorpio Fleet, for my OC Lesath Pleiades Guild, for an OC called Merope. A more research and study oriented organization. Merope, for example, was a wicked soul analyst as well as the only "expert on Earth fairy clans"
If you're wondering why I haven't mentioned Procyon at all, it's because I headcanon'd her as being a separate thing altogether from the Lux and Tenebrae Clans. Ruling over both clans would be "House Sol".
Procyon was a lesser princess of House Sol, and had the ambition but not the power base to become a queen. Together with Betelgeuse and Sirius, she came up with the plan of traveling to Earth and forming a kingdom of her own there instead, where she would be unopposed.
Procyon brought with her a fairly flippant attitude toward the use of attachment in the early years of her kingdom, which of course was only helped by Betelgeuse and Sirius's gathering truly massive amounts of it (and presumably other teams were gathering attachment at a smaller scale, too small to sustain the golden years of the kingdom).
The stars we saw falling to Earth that carried Betelgeuse, Sirius, and Procyon are essentially single person ships. They salvaged these into raw materials (both physical and magical or metaphysical) to build certain parts of the kingdom, such as Procyon's throne. This ensured they could not return to the stars—which none of the three wanted.
The fic that caused all this worldbuilding would have involved Rigel, Lesath, and Merope traveling to Earth to investigate "the largest anomalous Heaven Space ever recorded" in a sort of sci-fi horror/thriller type story (the twist would have been that it was caused by a bad end from Ranmaru choosing to join Sirius).
Basically, the fics I had planned about the Lux and Tenebrae clans would have drawn heavily from the sci-fi genre, leaning mainly toward space operas or sci-fi thriller/horror depending on the fic.
Unifying the Five Clans
This is of course the clans we saw in the show: Aqua, Ignis, Arbor, Metallum, and Terra. Before Procyon's arrival, they had always lived with a sort of precarious balance between each other. Conflicts often did arise between them, oftentimes leading to bloodshed.
While I do not have specific details, I do think each clan would have long, long histories stretching very far back in Earth's history. As far as inter-clan relationships go, this means there would have been all sorts of alliances, treaties, betrayals, assassinations, and even wars over the many centuries.
The actual, (meta)physical islands that served as homes to each clan originally moved around a lot, but could be easily traversed with the use of heaven doors.
By the time Procyon, Betelgeuse, and Sirius arrived, things the five clans had recently entered a fairly cool peace. It was mostly to do with the natural death of Hojo's father, former chief of the Terra clan. With Hojo going through the rituals to take over as leader of the clan, the four other clans were being cautious about Terra and each other to see what sort of new dynamic would emerge from having a new leader.
I hinted at this in Timekeeper, but Procyon unified the clans by promising attachment becoming plenty and that the elements would no longer need to worry about each other if they followed her. She then gave each clan a defined role in the kingdom to ensure no one clan was that much stronger than the other (in theory).
She also unified the clans magically, ensuring the clans could not truly break off from each other and her without severing a large amount of their own magic.
This did lead to a golden age before all the clan leaders' personal problems started!
As I wrote in Timekeeper, I headcanon that Terra Clan served as spies (and well, secret police in practice). This is meant to contrast Metallum the way that Aqua and Ignis contrast each other. Where Metallum audited the other clans and themselves, rooting out corruption and civil misconduct that would affect the day-to-day operations within clan, Terra Clan served as Procyon's personal eyes and ears to root out dissent and threats to overall peace and the unification of the clans.
They were already doing this for their own purposes actually but Hojo offers the use of his spies to Procyon. He was both Timekeeper and Spymaster to Procyon.
Takara's father was killed by his (the dad's) younger brother. Takara's life is the fairy version of the Lion King.
Timekeeping
You know that trope where characters go to a different world and spend a long time there, maybe even years, and then come back to Earth and it's only been like an hour since they left?
That's my explanation for all the wonky timeline stuff happening in Fairy Ranmaru.
In general, time moves a little faster in the fairy world than in the human world.
The major incidents that happened to the leaders of the clans happened in short succession, leading to a sharp decline in the prosperity of the kingdom and the end of the golden age. Homura's father was executed, and then not long after (a few fairy years at most), Takara's father was assassinated by his younger brother. This means Homura and Uruu were small children while Takara was a baby.
(Presumably, Jyuka would've suffered some tragedy back in Arbor around this time as well.)
But we saw flashbacks of Takara as a small child with his mother. So by the time of those flashbacks, Homura and Uruu would be roughly the age we see them in the current show, as young adults. By this point, a number of fairies have fled to the human world to live as humans.
And it's at this point that Betelgeuse and Sirius have their fight and Procyon flees deeper into heaven space, causing Hojo to stop time for all fairies and the kingdom using almost all the attachment left over to prevent any further deterioration of their society. Except for himself.
Using the watch, Hojo could unfreeze specific people or locations. This is how Takara gets to become older than the others despite starting out as the youngest in this theory: he's unfrozen by Hojo and sent to Earth, where he lives as a human and grows to the age we see in the show while the others are still frozen in time.
Because Hojo would then spend all of his time in the fairy world searching for Procyon, he also aged much faster than Takara, becoming the ojisan we know and love during the intervening years.
He is also, of course, the one who unfroze Homura, Uruu, and Jyuka, allowing the show to happen.
Anyway that's my personal explanation for the timeline of the backstory of the series and why Hojo got a scene emphasizing his receiving the watch. Most of this theory is centered on Hojo because I came up with it while writing Timekeeper, but I feel like it also serves as an adequate explanation for the other oddities in the timeline.
If you got this far, thanks for reading! After writing all this down...man, I miss Fairy Ranmaru even more lmao
#fairy ranmaru#my writing#long post#worldbuilding#headcanon#actually now that i think about it it's kind of WILD that Fairy Ranmaru has a character who manages to be both a shota and an ojisan
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da Eugene Ionesco, Relazione per una riunione di scrittori (febbraio 1961) in Note e contronote, Scritti sul teatro, pp.142-143
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Osservate la gente correre indaffarata, nelle strade.
Non guardano né a destra né a sinistra, preoccupati, con gli occhi fissi a terra, come cani. Tirano diritto, ma sempre senza guardare davanti a sé, poiché coprono un percorso già risaputo, macchinalmente.
In tutte le grandi città del mondo le cose stanno così. L'uomo moderno, universale, è l'uomo indaffarato, che non ha tempo, che è prigioniero della necessità, che non comprende come una cosa possa non essere utile; che non comprende neppure come, in realtà, proprio l'utile possa essere un peso inutile, opprimente.
Se non si comprende l'utilità dell'inutile, l'inutilità dell'utile, non si comprende l'arte; e un paese dove non si comprende l'arte è un paese di schiavi o di robots, un paese di persone infelici, di persone che non ridono né sorridono, un paese senza spirito; dove non c'è umorismo, non c'è il riso, c'è la collera e l'odio.
Poiché queste persone indaffarate, ansiose, tese verso un fine che non è un fine umano o che è solo un miraggio, improvvisamente possono, al suono di chissà quali trombe, al richiamo di qualunque folle o demone, lasciarsi trascinare da un fanatismo delirante, da una qualsiasi violenta passione collettiva, da una nevrosi popolare.
# Eugene Ionesco
# drammaturgo
#'900
#teatro dell' assurdo
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Via della croce
youtube
"Poterti smembrare coi denti e le mani,
sapere i tuoi occhi bevuti dai cani,
di morire in croce puoi essere grato
a un brav'uomo di nome Pilato."
Ben più della morte che oggi ti vuole,
t'uccide il veleno di queste parole:
le voci dei padri di quei neonati,
da Erode per te trucidati.
Nel lugubre scherno degli abiti nuovi
misurano a gocce il dolore che provi;
trent'anni hanno atteso col fegato in mano,
i rantoli d'un ciarlatano.
Si muovono curve le vedove in testa,
per loro non è un pomeriggio di festa;
si serran le vesti sugli occhi e sul cuore
ma filtra dai veli il dolore:
fedeli umiliate da un credo inumano
che le volle schiave già prima di Abramo,
con riconoscenza ora soffron la pena
di chi perdonò a Maddalena,
di chi con un gesto soltanto fraterno
una nuova indulgenza insegnò al Padreterno,
e guardano in alto, trafitti dal sole,
gli spasimi d'un redentore.
Confusi alla folla ti seguono muti,
sgomenti al pensiero che tu li saluti:
"A redimere il mondo" gli serve pensare,
il tuo sangue può certo bastare.
La semineranno per mare e per terra
tra boschi e città la tua buona novella,
ma questo domani, con fede migliore,
stasera è più forte il terrore.
Nessuno di loro ti grida un addio
per esser scoperto cugino di Dio:
gli apostoli han chiuso le gole alla voce,
fratello che sanguini in croce.
Han volti distesi, già inclini al perdono,
ormai che han veduto il tuo sangue di uomo
fregiarti le membra di rivoli viola,
incapace di nuocere ancora.
Il potere vestito d'umana sembianza,
ormai ti considera morto abbastanza
e già volge lo sguardo a spiar le intenzioni
degli umili, degli straccioni.
Ma gli occhi dei poveri piangono altrove,
non sono venuti a esibire un dolore
che alla via della croce ha proibito l'ingresso
a chi ti ama come se stesso.
Sono pallidi al volto, scavati al torace,
non hanno la faccia di chi si compiace
dei gesti che ormai ti propone il dolore,
eppure hanno un posto d'onore.
Non hanno negli occhi scintille di pena.
Non sono stupiti a vederti la schiena
piegata dal legno che a stento trascini,
eppure ti stanno vicini.
Perdonali se non ti lasciano solo,
se sanno morir sulla croce anche loro,
a piangerli sotto non han che le madri,
in fondo, son solo due ladri.
De Andre
Via della Croce
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Van Houten,
io sono una persona buona ma uno scrittore di merda. Lei è una persona di merda ma un buon scrittore. Insieme faremmo una grande squadra. Non voglio chiederle favori, ma se ha tempo - e da quello che ho visto ne ha un sacco - mi chiedevo se potesse scrivere un discorso funebre per Hazel. Ho tutti gli appunti, ma sarei felice se lei potesse farli diventare un discorso coerente, o anche solo indicarmi che cosa dovrei fare in un altro modo.
Cara Hazel le cose stanno così: quasi tutti sono ossessionati dal pensiero di lasciare un segno nel mondo. Di tramandare qualcosa. Di sopravvivere alla morte. Tutti vogliamo essere ricordati. Anch'io. Questo è ciò che più mi disturba, essere un'altra immemorata vittima dell'antica e ingloriosa guerra contro la malattia.
Io voglio lasciare un segno.
Ma Van Houten, i segni che gli umani lasciano troppo spesso sono cicatrici. Costruisci un meganegozio orrendo, o fai un colpo di stato, o provi a diventare una rockstar e pensi “Adesso sì che si ricorderanno di me” ma (a) non si ricordano di te, e (b) tutto quello che ti lasci alle spalle sono altre cicatrici. Il tuo colpo di stato si trasforma in una dittatura. Il tuo negozio distrugge il paesaggio.
(Okay, magari non faccio così schifo come scrittore. Ma non riesco a mettere insieme le idee, Van Houten. I miei pensieri sono stelle che non riesco a far convergere in costellazioni.)
Siamo come un branco di cani che pisciano sugli idranti. Avveleniamo l'acqua di fonte con la nostra piscia tossica, segnando ogni cosa come MIA nel ridicolo tentativo di sopravvivere alla nostra morte. Io non riesco a smettere di pisciare sugli idranti. So che è sciocco e inutile - inutile in modo epico, nella mia attuale condizione - ma sono un animale come chiunque altro.
Hazel è diversa. Lei cammina leggera, vecchio mio. Lei cammina con passo leggero sulla terra. Hazel conosce la verità: la probabilità che abbiamo di ferire l'universo è pari a quella che abbiamo di aiutarlo, ed è molto probabile che non faremo né l'una né l'altra cosa.
La gente dirà che è una cosa triste lasciare una cicatrice più piccola, che saranno in pochi a ricordarla, che sarà stata amata in modo profondo, ma non a vasto raggio. Ma non è triste, Van Houten. È magnifico. È eroico. Non è questo il vero eroismo? Come dicono i medici: primo, non fare del male.
I veri eroi comunque non sono quelli che fanno le cose, i veri eroi sono quelli che NOTANO le cose, quelli che prestano attenzione. Il tizio che ha inventato il vaccino antivaiolo non ha inventato niente. Ha solo notato che le persone che avevano contratto il vaiolo bovino non si ammalavano di vaiolo.
Dopo che la mia PET si è illuminata tutta, mi sono intrufolato nel reparto di terapia intensiva e l'ho vista mentre era priva di sensi. Sono entrato dietro un'infermiera che aveva la tessera magnetica e sono riuscito a stare seduto accanto a lei per dieci minuti prima che mi scoprissero. Ho davvero pensato che sarebbe morta prima che che io avessi avuto il tempo di dirle che stavo per morire anch'io. È stato spaventoso: l'incessante aggressione meccanizzata della terapia intensiva. Aveva quest'acqua scura cancerogena che le usciva dal torace. Gli occhi chiusi. Era intubata. Ma la sua mano era ancora la sua mano, ancora calda, con le unghie dipinte di un blu così scuro che sembrava nero e io l'ho tenuta stretta e ho cercato di immaginare il mondo senza di noi e per circa un secondo sono stato una persona abbastanza buona da sperare che morisse in modo da non dover scoprire che stavo per morire anch'io. Ma poi ho chiesto più tempo per poterci innamorare. Il mio desiderio è stato realizzato, suppongo. E le ho lasciato la mia cicatrice. Un infermiere è entrato e mi ha detto che dovevo uscire, che non era consentita la presenza di visitatori, e io gli ho chiesto come stava e il tipo ha detto: “Sta ancora accumulando acqua.” Una benedizione nel deserto, una maledizione nell'oceano.
Cos'altro dire? È così bella. Non ti stanchi mai di guardarla. Non ti preoccupi se è più intelligente di te: lo sai che lo è. È divertente senza essere mai cattiva. Io la amo. Non puoi scegliere di essere ferito in questo mondo, vecchio mio, ma hai qualche possibilità di scegliere da chi farti ferire. A me piacciono le mie scelte. Spero che a lei piacciano le sue.
- John Green
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Quando Dio creò l’amore non ci ha aiutato molto
quando Dio creò i cani non ha aiutato molto i cani
quando Dio creò le piante fu una cosa nella norma
quando Dio creò l’odio ci ha dato una normale cosa utile
quando Dio creò Me creò Me
quando Dio creò la scimmia stava dormendo
quando creò la giraffa era ubriaco
quando creò i narcotici era su di giri
e quando creò il suicidio era a terra
Quando creò te distesa a letto
sapeva cosa stava facendo
era ubriaco e su di giri
e creò le montagne e il mare e il fuoco
allo stesso tempo
Ha fatto qualche errore
ma quando creò te distesa a letto
fece tutto il Suo Sacro Universo.
- Charles Bukowski
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