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Studi / San Mauro a Jesolo, la storia di una comunità veneziana del X secolo ricostruita attraverso lo studio dell'alimentazione
ARCHEOLOGIA | Studi San Mauro a Jesolo, la storia di una comunità veneziana del X secolo ricostruita attraverso lo studio dell'alimentazione
Redazione Nel X secolo, un’intera comunità di abitanti della Laguna di Venezia passò da una dieta a base di prodotti ittici, ad un consumo prevalente di carne e latticini. Lo rivela uno studio scientifico coordinato dall’Università Ca’ Foscari Venezia in cui sono stati analizzati gli isotopi di carbonio e azoto nel collagene dei denti e delle ossa di 52 individui sepolti nel sito archeologico…
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Jesolo, in provincia di Venezia, sulle rive del Mar Adriatico, è una delle più amate località balneari del Veneto, invasa in estate da una marea di turisti amanti del mare e di qualche giornata lontano dal frastuono delle grandi città.
Ora, un gruppo di archeologi dell’Università Ca’ Foscari di Venezia ha scoperto, su un antico isolotto (oggi scomparso) nei pressi dell’antico estuario della Pieve Vecchia, nell’odierna località Le Mure, quello che può essere considerato il primo albergo di Jesolo, risalente al IV – V secolo d. C.
L’edificio era un posto di stazionamento, soggiorno e ristoro, in latino mansio, forse usato anche da dei funzionari imperiali, che si trovava lungo una rotta lagunare, alternativa a quello terrestre. Un percorso che fino ad oggi era stato solo ipotizzato, ma di cui ora c’è una chiara prova archeologica.
Della mansio è stata per adesso analizzata gran parte dell’edificio che serviva per l’ospitalità, caratterizzato da una serie di ambienti affiancati l’un l’altro, divisi in stanze che dovevano accogliere giacigli e cucine, ognuno dei quali era provvisto di un focolare in mattoni.
A questa struttura alberghiera era affiancata una serie di edifici con officine per le attività artigianali e probabilmente una piccola cappella per le funzioni religiose, ma il complesso doveva essere più ampio.
Non molto lontano dai luoghi di posta presenti lungo la viabilità principale, la via Annia, il nucleo insediativo tardoantico e altomedievale sull’insula Equilus era un luogo che dava ospitalità a chi si spostava via acqua, nella rete dei canali lagunari, e lungo la strada lagunare che collegava Ravenna, Altino e Aquileia.
Gli archeologi di Ca’ Foscari e l’amministrazione comunale di Jesolo, che ha sostenuto fin dagli inizi in questa ricerca, sono ottimisti sui risultati delle ricerche future, che dovrebbero fare in modo di approfondire la storia di una delle strutture ricettive dell’antica Roma meglio conservate nella penisola.
Abbiamo rivolto a Sauro Gelichi, direttore del progetto archeologico di Ca’ Foscari nell’area e professore ordinario di Archeologia medievale presso il Dipartimento di Studi Umanistici, qualche domanda sulla Jesolo romana e su questo scavo archeologico.
Certo Jesolo è sinonimo di vacanza, davvero interessante che questa veste abbia origini così lontane, come mai?
E’ solo una curiosa coincidenza, dal momento che l’’albergo a quattro stelle’ (come l’abbiamo scherzosamente battezzato) venne distrutto nel corso del V secolo d. C. e non più ricostruito. La storia dell’insediamento continua, ma con altre funzioni. Probabilmente nel VI secolo l’area passò nelle disponibilità della Chiesa. Venne poi costruito un edificio di culto con pavimenti a mosaico, intorno al quale si sviluppò la necropoli di quella comunità che si era formata sul sito di Equilo. Successivamente (verso il X-XI secolo) la necropoli venne dismessa e sull’area cimiteriale vennero impiantati edifici per la trasformazione e lo stoccaggio di derrate alimentari (un granaio, un silos), probabili eccedenze provenienti dalle proprietà del vescovo di Equilo (Equilo era sede episcopale almeno dal IX secolo se non prima). E’ questo, peraltro, il periodo (prima metà del XII secolo) in cui venne costruita la grande chiesa cattedrale di cui ancora oggi si possono ammirare i resti che svettano, per quanto mutili, nella campagna circostante. Una chiesa, lo ricordo, che era quasi un calco della San Marco di Venezia. Dunque, se a questo aggiungiamo il fatto che, prima della mansio, sono state trovate le tracce di raccolta di conchiglie murex per ricavarne porpora, capiamo come la storia di questo luogo non inizi né finisca con la mansio, per quanto questo episodio rivesta un ruolo speciale.
Quando sono iniziati gli scavi nell’area di Jesolo?
Le nostre ricerche sono iniziate nel 2011, anche se nel passato erano già stati condotti scavi, in particolare all’interno dei ruderi della Cattedrale di Santa Maria. Le nostre ricerche sono iniziate con attività diagnostiche non distruttive (lettura ed interpretazione delle foto aree, ricognizioni di superficie, carotaggi), che avevano lo scopo di individuare e nel caso circoscrivere meglio le aree indizialmente più promettenti, su cui intervenire successivamente attraverso lo scavo stratigrafico. Tutto dunque non è nato per caso, e anche se non ci aspettavamo di scoprire i resti materiali di una mansio, questa ‘scoperta’ nasce all’interno di un progetto scientifico ben preciso e programmato.
Crede che la scoperta di questo mansio possa essere d’importanza fondamentale per una storia del Veneto romano?
Penso proprio di sì. Ma dirò di più, penso che costituisca un ritrovamento molto importante per l’archeologia in generale. Non perché non conosciamo l’esistenza di complessi del genere (le fonti scritte ne parlano diffusamente), ma perché sono pochi quelli indagati archeologicamente o indagati in maniera così estesa (come nel nostro caso) da consentirci di avere un quadro planimetricamente ampio ed articolato delle strutture.
Ha collaborato con altri archeologi, italiani o stranieri, durante gli scavi?
Nello specifico di questo scavo, oltre alla partecipazione di studenti provenienti da varie Università italiane e straniere, posso citare la collaborazione con l’Università Padova, nella persona del Prof. Paolo Mozzi, che si sta occupando della parte geo-ambientale e con l’Università di Siena, in particolare con il prof. Stefano Campana, che sta curando la parte relativa alla geo-resistività. Inoltre vorrei ricordare che lo scavo è diretto, sul campo, da due mie allieve, la dott.ssa Silvia Cadamuro e la dott.ssa Alessandra Cianciosi, che si avvalgono dell’apporto del prof. Claudio Negrelli e della prof.ssa Francesca Bertoldi, che insegnano sempre nella mia Università.
La collaborazione dell’amministrazione comunale di Jesolo è stata fondamentale per gli scavi?
E’ stata, ed è, fondamentale, direi indispensabile. Non solo perché supporta economicamente e logisticamente lo scavo – devo aggiungere anche con il concorso del mio Ateneo – ma soprattutto perché dà un senso al nostro lavoro. Chi fa il nostro mestiere ha l’obbligo di rapportarsi con le comunità locali e di negoziare con loro le proprie ricerche. Devo dire che ho trovato, nella comunità di Jesolo, degli interlocutori sensibili ed attenti al nostro lavoro, convinti della bontà di quello che facevamo e sempre disponibili a studiare con noi le forme e i modi per diffondere al meglio i risultati delle nostre ricerche. Lo testimonia, ad esempio, il successo che annualmente riscuotono le visite guidate allo scavo.
E’ in programma una conferenza o un evento sul ritrovamento del mansio di Jesolo? Se si, quando è previsto?
Come le dicevo, durante lo scavo prevediamo almeno un paio di visite guidate la settimana aperte al pubblico e, posso assicurarle, vedere uno scavo ‘in diretta’ e con l’ausilio degli addetti ai lavori è molto più entusiasmante e, posso aggiungere, istruttivo, che non assistere ad una conferenza, per quanto di eccellente livello. Ma gli scavi hanno una durata limitata e l’area, per motivi diversi, viene ricoperta. Per questo motivo abbiamo sempre affiancato alle visite guidate anche delle conferenze, che si tengono durante l’anno, in modo da presentare e illustrare i risultati, anche delle attività post-scavo (i materiali rinvenuti, ad esempio, vengono restaurati e studiati successivamente e dunque è possibile parlarne solo dopo queste attività). Lo abbiamo fatto in passato e lo faremo anche quest’anno, anche se al momento non c’è ancora un calendario preciso. Posso solo aggiungere che, molto probabilmente, allestiremo a Jesolo (e poi in Ateneo a Venezia) anche una esposizione temporanea di pannelli e pubblicheremo un primo volume sui risultati delle nostre ricerche.
Quando riprenderanno gli scavi?
La ripresa degli scavi è prevista, come ogni anno, in autunno. Il periodo viene scelto sia per le migliori condizioni del terreno sia perché scaviamo in campi di proprietà privata, che vengono coltivati. Rassicuro però il lettore che tali coltivazioni non danneggiano l’integrità dei resti che abbiamo rinvenuti che vengono ri-sepolti e adeguatamente protetti.
Sarà possibile in futuro visitare gli scavi? Potranno avere una fruizione turistica?
Qui la risposta è più complessa, perché dipende non solo dalle volontà del nostro Ateneo ma anche, e soprattutto, da quelle dell’Amministrazione Comunale. Inoltre c’è un problema concreto che riguarda la conservazione dei resti. Chi ha visitato lo scavo si rende conto come l’importanza di quanto ritroviamo non trovi un corrispettivo nella monumentalità e consistenza strutturale di quanto riportiamo alla luce (in genere modesti muretti in pezzame laterizio). Questo non significa che non si possa aspirare a creare, in Jesolo, un luogo della ‘memoria’ dove, quanto scoperto possa essere riproposto e visualizzato, apprezzato e goduto sia dai cittadini del posto che dai turisti. Questo luogo, senza inutili e costose spettacolarizzazioni oggi tanto di moda, potrebbe davvero costituire uno spazio nel quale la comunità di Jesolo saprebbe riconoscersi e specchiarsi, ed offrire anche una storia di sé. Inoltre non bisogna dimenticare che, per quanto mutili a causa delle ingiurie del tempo, esistono ancora i resti della imponente Cattedrale di Santa Maria, che valgono da soli una visita. Di recente l’area è stata acquisita dall’Amministrazione Comunale. Quando sarà restaurata, e messa in sicurezza, potrebbe rientrare in un percorso di visita da inserire, assieme al Museo di cui indirettamente parlavamo prima, tra le escursioni (intelligenti ma anche entusiasmanti) da fare dopo una lunga giornata trascorsa in spiaggia.
Jesolo romana e medievale: domande al Prof. Sauro Gelichi Jesolo, in provincia di Venezia, sulle rive del Mar Adriatico, è una delle più amate località balneari del…
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Hallan dos cadáveres de mujeres: una estaba descuartizada en un contenedor
Los cadáveres de dos mujeres fueron encontrados ayer en la provincia de Córdoba, donde uno de los cuerpos estaba descuartizado en un contenedor de escombros, en la ciudad de Villa María, mientras que el otro fue hallado en un descampado entre las localidades de Barranca Yaco y Sarmiento, a 60 kilómetros de la capital provincial. Uno de los cuerpos fue encontrado poco antes de las 8:00 de este viernes por obreros de una obra en construcción en la calle La Rioja al 1700, en el barrio Ameghino de la localidad de Villa María. Según el testimonio de uno de los obreros que encontró el cuerpo de la mujer, el cadáver había sido mutilado y al respecto mencionó: "Estaba toda cortada. Fue horrible ver eso". La fiscal de Instrucción de Primer Turno, Silvia Maldonado, a cargo del caso, se hizo presente en el lugar y manifestó: "Lo único que se puede decir efectivamente es el hallazgo de un cuerpo, una persona de sexo femenino". "Estamos trabajando en el lugar, se sigue recabando datos. Eso es todo lo que puedo decir", señaló en declaraciones a la prensa. En la noche del jueves, un joven denunció la desaparición de su madre, de nombre Olga Ines Moyano, de 46 años de edad y dijo que la última vez que se había comunicado con ella fue a las 17 de ese mismo día. Por el momento, los investigadores no informaron si se trata de la misma persona cuyo cuerpo fue hallado descuartizado en el contenedor. El otro cadáver también fue encontrado este viernes, pero en una zona rural entre las localidades de Barranca Yaco y Sarmiento. El cuerpo fue hallado en avanzado estado de descomposición y según trascendió estaría dentro de una bolsa. Se investiga si se trata de María Eugenia Cadamuro, una mujer que fue vista por última vez el 15 de marzo en Jesús María y que desde entonces se desconoce su paradero. Se trata de una causa donde se encuentra detenido Jeremías Sanz, el hijo de la mujer desaparecida. (Fuente: El Tribuno). via Blogger http://diariovillaguay.blogspot.com/2017/06/hallan-dos-cadaveres-de-mujeres-una.html
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