#Santo Di Bella
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Sarai sempre la mia diavoletta
La mia matta, bagnata
Tu e il tuo corpo mi eccitate
Dentro hai bisogno di me
Sarai sempre la mia diavoletta
La mai matta, tanto bella
#romeo santos#frasi canzoni#pazza#sentimenti#amore folle#frasi amore#mi fai impazzire#impazzire#frasi belle#amore#sei bella#amare#pazzo di te#pazza di te
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Vieni qui

Stasera non scappi, bella: guardacaso stasera ho voglia di te e ho bisogno di trattarti da puttana. Andiamo in camera e fammi godere. Cammina, muoviti e non protestare. Ti inginocchierai e me lo prenderai in bocca. Zitta e docile. Perché sei il mio personale passatempo, fino a prova contraria. Sono tuo marito e ti posso usare quando voglio. Stasera ho voglia del tuo corpo, di scoparti senza troppe smancerie.

Ecco: con la tua bocca per ora ho finito, perché ti voglio venire dentro, rimarcare quello che è il mio esclusivo territorio e per questo ora desidero scoparti. Spero tu al solito abbia preso le dovute precauzioni da sola, perché non voglio plastica, ostacoli o interruzioni, mentre ti fotto. E ti fotterò in modo selvaggio, davanti e dietro. Sii preparata.

Tanto, le buone maniere, le gentilezze e soprattutto l'esserti stato sempre fedele, con te non sembrano essere serviti a nulla: ho scoperto purtroppo proprio oggi che te la fai con quel cazzo di istruttore di pilates che francamente mi sembra una checca. A lui penserò domani. Per ora voglio scopare la mia puttana. Ne ho bisogno.

E poi dimmi: da quando hai iniziato a scopare con lui? E già che ci siamo: ne hai presi molti altri, di cazzi in questi ventun'anni di matrimonio? Quanti hanno conosciuto la tua gola e ci hanno sborrato dentro? Che coglione: non mi sono mai accorto di nulla! Imbecille e pure innamorato! “No, sai mia moglie… No grazie: sono veramente lusingato, ma sono sposato…” Idiota puro, fatto e finito! Che cazzo di vero scemo, a non approfittarne! Mai. E allora adesso muoviti.

Stenditi: girati a pancia sotto e apri bene le chiappe, che ti devo trapanare per bene, stasera: di dritto e di rovescio. Inizierò dalla tua fregna completamente spanata e poi a seguire ti sborrerò nel culo. Me l'hai sempre fatto sudare, ‘sto cazzo di culo tuo, come fosse il Santo Graal: una volta l'anno, se m'andava bene.

Invece le foto dell'investigatore ti fissano mentre te lo stai facendo sfondare senza troppe esitazioni, dal merluzzetto giovane. Roba forte: collare e lacrime di dolore! Porca miseria! Per un'ora intera! Ti piace, fare la troia in giro, eh? Cose da pazzi: che numeri da bordello fa, la mia sposa puttana. Che cazzo piangi, adesso? Sei mica un coccodrillo…

RDA
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Sono stata fin troppo calma negli anni a nascondere tutto questo schifo, senza mai pubblicare o dire nulla a riguardo. Pensavo che prima o poi finisse, e invece mi sbagliavo. Siete dei viscidi.
Visto che mi sono rotta il cazzo di leggere queste schifezze, da oggi in poi non nasconderò più nulla e non starò più zitta. E prima che mi facciate la morale, vi consiglio di farvi un esame di coscienza, perché qui su Tumblr nessuno è "santo".
Concludo dicendo che importunare le ragazze così, non arriverete mai da nessuna parte, se non una bella denuncia.
Buona Giornata.
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lo so che è gauche chiamare le opere della letteratura italiana fanfiction ma oggettivamente quanto fa ridere che in una sidequest dei promessi sposi ci sta l'irl cardinale federico borromeo. bella raga sono proprio io il cugino di un santo qui per aiutare questa giovane massaia fittizia
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LA FESTA DEL PAPÀ È DIVISIVA
Ma oramai non credo che esistano argomenti di condivisione comune sui quali poter fare affermazioni nette e aspettarsi che tutti siano d'accordo.
Il cielo è blu? Ma va'... il cielo è celeste! No, guarda che è nero ed è un fenomeno di rifrazione dei raggi solari sull'atmosfera. Ti sbagli, è giallo! Sì, però togliti quel sacchetto dell'Esselunga dalla testa. Basta! Il cielo è marrone con radici che penzolano. Zitto tu che sei morto!
La scelta del giorno della festa del papà, poi, coincide con quel santo del calendario che credo abbia avuto il peggiore martirio fra tutti, cornuto, mazziato e ringrazia pure. Cioè, come papà sfigato il primo posto se lo prende di sicuro Darth Vader ma perlomeno aveva una spada laser e il suo arco di redenzione è stato più appassionante.
Insomma, la festa del papà è divisiva per due ragioni, una sociale e l'altra personale.
Da una parte, è una ghiotta occasione perché alcuni frignino che non esistono più i papà di una volta, tutti pipa e cinghiate, e che anzi, se andiamo avanti così non esisterano più nemmeno gli uomini, dall'altra è che al netto di tutto, i padri molte volte più che festeggiati spesso vanno perdonati.
Adesso come adesso, i papà sul mercato sono figli o nipoti del patriarcato, nel senso che difficilmente non avranno assorbito per osmosi familiare e sociale l'idea di quello che deve essere il ruolo di un genitore maschio all'interno della famiglia.
In sintesi il pater familias.
[maledetto genitivo ellenico ma sono cose mie]
Quando io e la mia compagna dobbiamo fare cose importanti che implichini decisioni tecniche, burocratiche, meccaniche, matematiche o notarili, il mio gesto preferito è questo
perché tutte le volte il venditore di auto parla rivolgendosi a me che distinguo le macchine solo per il colore, l'avvocato quando io risolverei tutto con il trial by combat e la commercialista dove io opterei per il baratto.
Io sarei il pater familias, quindi automaticamente il detentore delle decisioni familiari e è invece è la mia compagna quella che prende le migliori, senza spargimenti di sangue o una pila di conchiglie che l'enel non accetta come forma di pagamento.
Sì, vabbè... non sa accendere la motosega o da che parte si impugna un coltello da lanciare e se proprio dobbiamo dirla tutta non riesce neanche ad accendere il fuoco nel camino (cosa che le rimprovero sempre ricordandole che erano le vestali ad accudire il Fuoco Sacro del focolare domestico). Poi però c'è quell'altra che disegna tubi e motori idraulici usando termini strani tipo 'valvola di massima' o 'dislocamento positivo' e quell'altra ancora che snocciola a memoria le caratteristiche di ogni macchina o moto e parla per due ore di maderizzazione e di vendemmia in neve carbonica.
Questo per dire che i ruoli sono solo ruoli ed è solo questione di abitudine... le abitudini cambiano e ci si abitua al nuovo.
Quindi buona festa a quella persona alla quale dovrebbe essere solo chiesto, dopo la fornitura di migliaia di gameti scodinzolanti, di amare in modo vasto e profondo chi non ha mai chiesto di essere portato su questa spaventosa e bella terra, ricordando che amore non è mai possesso, conferma od orgoglio.
L'amore per i propri figli è essere partecipe della gioia che abbiamo insegnato loro a conquistarsi da soli.
E per concludere, si può essere padre amorevole pure senza aver mai partecipato con un singolo spermatozoo.
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Cosa ne pensi del libero arbitrio?
grazie per questa bella domanda, mi erano mancate quelle di questo certo calibro. per quanto il concetto di libero arbitrio nella sua espressione meno sottie sia assolutamente sacro santo, non credo che nella formula più fine possa essere applicabile. non può esistere individuo, di qualsiasi specie animale, che abbia completo libero arbitrio sulla propria dimensione, perché questa subisce inevitabilmente più influenze, esterne e non, dal momento stesso in cui inizia ad esistere. qualunque cerebro è plasmato anche da divieti, resistenze, tentazioni, conseguenze, traumi. non so tu in cosa poni fede, ma io non credo in dio, credo nella causa-effetto, credo che ogni scenario abbia una ragione plausibile e quando esiste una provocazione, la risposta è passiva, non può essere una scelta attiva. per questo motivo, per quanto brutto possa sembrare dirlo, io tendo ad assolvere le conseguenze, perché considero l'esistenza della causa. quando un assassino uccide, non sono sicura che sia proprio riducibile a definirlo brutto e cattivo, non me la bevo, non esiste. esiste una risposta neurologica, chimica, esiste una distorsione nella sua attività cerebrale, che subisce e non sceglie. se davvero il libero arbitrio esistesse nessuno sceglierebbe il male, mi rifiuto di crederlo. è innauturale non rispondere all'istinto di sopravvivenza di cui ogni esistenza è provvista. tempo fa, alla notizia di un ragazzo suicida, ho pensato proprio a quanto non sei libero di scegliere, a quanto subisci, a quanto incredibilmente potente sia tutto quello che ti circonda se addirittura può annullare il tuo istinto di sopravvivenza, se addirittura puoi elaborare e praticare la tua fine perché quello che non scegli e subisci diventa insopportabile. e io penso che l'istinto di sopravvivenza sia veramente una roba parecchio forte, è qualcosa che mette in moto l'adrenalina, è qualcosa che può scaturire velocità e forza inimmaginabili, eppure può essere cancellato, zittito. questo vuol dire non poter scegliere. per cui deve andarti bene nella vita per poter applicare il libero arbitrio nella forma meno sottile, cioè se tutto è apparecchiato a tuo favore, allora puoi illuderti di poter scegliere e di avere completo potere decisionale sulle tue azioni, ma fatto sta, che anche questa non è una tua scelta, ma una condizione di favore che ti capita, per una gran botta di culo. o almeno io credo questo
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Ci racconti la leggenda napoletana nascosta nella rappresentazione femminile del Diavolo di cui parli nel tuo ultimo post?

Questo in foto è San Michele che scaccia il demonio, opera di Leonardo da Pistoia che lo dipinse nel 1542. È conservato nella Chiesa di Santa Maria del Parto a Napoli. Come si può notare, il Diavolo sotto i piedi del Santo è un misto tra una sirena e un mostro serpentesco, ma ha uno splendido viso femminile. Come raccontano sia Matilde Serao sia Benedetto Croce, il quadro fu commissionato da Diomede Carafa, arcivescovo di Ariano Irpino, che era convinto che fosse stato somministrato a lui un filtro d'amore da parte di Vittoria d'Avalos, nobildonna innamorata di lui. Il quadro quindi serví a contrastare l'incantesimo, e sotto il corpo del Diavolo nel quadro (nella foto della copertina del libro si vede meglio) c'è la scritta Et Fecit victoriam Halleluia!. La storia prese subito piede tanto che il quadro è comunemente ricordato come Il Diavolo di Mergellina, a cui la tradizione popolare dedicò pure un proverbio, Sì bella e 'nfama come ' o riavule ' e Mergellina (=sei bella e tentatrice come il diavolo di Mergellina)
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CERAMICA SICILIA
Chi jè l’amuri, s’amuri nun è? Picchi l’amuri è vuliri dari pi du santu beni chi tra dui c’è ma c’addiventa quannu poi scumpari?
Quannu l’amuri nostru sinni mori cu iddu si potta u to passatu tu votiti, sduvaculu du cori a vita nun è sulu u lassatu.
a idda ommai, lassala stari u beni i ieri, no fari raggia nun vuliri cuntu, nun ci spiari non fari du passatu na jaggia.
Spiati si ci dasti u giustu si ci dasti u dovutu rispettu: l’amuri non è piaciri o gustu è impegnu, sacrificiu, affettu
Picchì si sulu pigghi ma non dai si ogni cuppa è sulu a soi si a ragiuni sulu tu l’ hai nun è l’amuri chi d’idda tu voi
Voi na criata, chi mai si lagna chi sempri t’avi diri sulu si muta e mansa tu voi na cagna chi mai spia, mai voli un picchì
Voi sulu na fimmina i pezza fatta i rasta e tutta pittata chi mai ridi mai parra o schezza fossi bedda, cu anima stutata
Nuddu ni zigna ad amari nuddu sapi vuliri beni ma na cosa tu t’ha nzignari nun ama cu dugna peni
nun ama cu si fa patruni cu giusta tuttu nzuttannu cu voli sempre ragiuni cu voli fari sulu dannu
L’amuri è semi da giustizzia in nomi soi nun si po' mazzari non si dugna lacrimi e malizia quannu poi ni veni a mancari
Lassa a sciarra o a to ragiuni non ti luddari i mani du so sangu l’amuri mossi? finiu na stagiuni u mali chi senti ti fa liuni.
Cos’è l’amore se amore non è? Perché l’amore è volere dare, per quel santo bene che tra due c’è, ma cosa diventa quando scompare? Quando l’amore nostro se ne muore, con lui si porta il nostro passato, tu voltati, svuotalo dal tuo cuore, la vita non è quello che hai lasciato. A lei ormai lasciala stare, non far diventare il bene di ieri rabbia, non volere spiegazioni, non chiedere, non far diventare il tuo passato una gabbia. Chiediti se le hai dato il giusto, se le hai dato il dovuto rispetto, l’amore non è piacere o gusto, è impegno, sacrificio, affetto. Perché se prendi solo senza dare, se ogni colpa è solo sua, se la ragione ce l’hai solo tu, non è l’amore che vuoi da lei Vuoi una serva che non si lamenta mai, che ti deve dire solo di si, muta e mansueta vuoi una cagna, che non chiede mai, che non vuole mai un perché. Vuoi solo una donna di pezza, fatta di coccio e tutta dipinta, che non ride mai, mai parla o scherza, forse bella, ma con l’anima spenta. Nessuno ci insegna ad amare, nessuno sa voler bene, ma una cosa devi imparare, non ama che dona sole pene. non ama chi si fa padrone, chi aggiusta tutto insultando, chi vole sempre ragione, chi vuol fare solo danno. L’amore è il seme della giustizia, in suo nome non si può ammazzare, non si da lacrime e cattiveria, quando poi ci viene a mancare. Lascia la guerra o la tua ragione, non ti sporcare le mani di sangue: l’amore è morto? È finita una stagione, il male che senti, ti renderà un leone.
What is love if it isn't love? Because love is wanting to give, for that holy good that exists between two, but what does it become when it disappears? When our love dies, it takes our past with it, turn around, empty it from your heart, life is not what you left. Leave her alone now, don't let yesterday's love become anger, don't want explanations, don't ask, don't let your past become a cage. Ask yourself if you gave her the right love, if you gave her due respect, love is not pleasure or taste, it is commitment, sacrifice, affection. Because if you only take without giving, if everything is to blame only her, if only you have the reason, it's not the love you want from her. You want a servant who never complains, who only has to say yes, silent and meek, you want a bitch, who never asks, who never wants a why. You just want a rag woman, made of earthenware and all painted, who never laughs, never speaks or jokes, perhaps beautiful, but with a dull soul. Nobody teaches us to love, nobody knows how to love, but you have to learn one thing, it's not love if you gives only pain. you doesn't love if you make yourselves masters, if you fix everything by insulting, if you always want to be right, if you only want to cause damage. Love is the seed of justice, in its name one cannot kill oneself, one cannot give tears and malice when it then fails in us. Leave the war or your reason, don't get your hands dirty with her blood: is love dead? A season is over, the evil you feel will make you a lion.
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QUANDO FRANCESCO MORÌ
Frate Rufino consegnò a Chiara, che restò con il Santo fino all’ultimo, la sua bisaccia. Quando Chiara l’aprì, all’interno c’era la sua ciotola di legno, il suo cucchiaio, alcuni semi, una penna, un piccolo vaso d’inchiostro, e poi una pergamena più volte ripiegata, tutta accartocciata. Con le mani che le tremavano Chiara dispiegò la pergamena e decifrò le goffe lettere che Francesco aveva faticosamente vergato negli ultimi istanti della sua vita… e non potè mai più dimenticarne il contenuto!
**************************************
All’anima che sa leggere nella mia,
e che ne comprende le gioie e i dolori,
voglio confidare queste parole:
all’alba della mia dipartita, al crepuscolo del sentiero che ho scelto,
posso finalmente affermare, completamente in pace,
che la nostra ferita, in questo mondo,
non sta nè nella ricchezza nè nella povertà,
ma nella nostra dipendenza da uno di questi due strati,
nel fatto di immaginare che l’uno o l’altro possano offrirci gioia e libertà.
Sta anche nel fatto di essere convinti che l’Altissimo Signore
abbia bisogno delle sofferenze di noi creature, per aprirci la porta della sua luce.
La nostra ferita, infine, è il convincimento
che Egli abbia bisogno di sacrificarSi sotto forma di suo Figlio,
o sotto forma umana al fine di salvarci.
Chi mai, tranne noi stessi,
per mezzo della purezza del cuore, potrà salvarci?
In verità il Buon Signore mi ha mostrato
che non vi era alcun riscatto,
alcun sacrificio da perpetuare.
Mi ha insegnato, in silenzio,
che sarebbe bastato uscire dall’ignoranza, dall’oblio, e amare.
Amare la vita in ogni forma,
e con tutti i mezzi che la rendono bella,
amare la sua Unità in ogni cosa e in ogni essere.
Possa tutto questo venir detto, un giorno,
tanto alle donne come agli uomini;
possa venir detto e insegnato meglio di quanto io abbia saputo fare,
senza nulla respingere dell’Acqua nè del Fuoco.
Il mio augurio è che non ci siano più nè Chiese,
nè preti, nè monaci, niente di tutto questo:
che vi sia soltanto l’Altissimo e noi,
perchè sta ad ognuno incontrarlo in se stesso…
Ora che il velo si squarcia,
voglio andarmene nudo come sono venuto al mondo.
E non parlo della nascita del mio corpo,
ma della vera nascita della mia anima,
del giorno in cui ha trovato il coraggio
di scendere più a fondo nella carne
per offrirsi all’Eterno,
così in Alto come in Basso.
- San Francesco
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Ognègnèssanti
1° novembre libera tutti, come "tana libera tutti" di quando si era piccoli. Oggi ogni onomastico vale.
Santi canonizzati e non, santi di Serie A fino a quelli di Serie inferiore Scapoli & Ammogliati.
Tutti oggi festeggiano il proprio onomastico.
Anche quelli che hanno nomi di cose, oggetti e funghi.
Tutti. Quasi tutti.
Io no.
Gnè gnè gnè...
Non ho un santo che mi rappresenti, San Rino non esiste.
In realtà esistono dei San Rino nei detti e usanze popolari, ma sono dei diminutivi di nomi ben più lunghi. Vittorio, Cesare o Piero per citarne alcuni.
Quattro lettere: due vocali e due consonanti. Tutto qui.
Probabilmente al club dei santi nell'aldilà, quando un Rino si presenta all'ingresso, l'usciere usa una frase del genere. "Ma te de preciso, chi catzo sei?".
Pensate che il mio nome non viene menzionato nemmeno quando si sbatte il minolo, il mignolo del piede, contro lo spigolo di un mobile.
"Sai, ieri ho tirato giù tutti i Santi"
"Davvero? Tutti, ma proprio tutti?"
"Te lo giuro"
"Anche Rino?"
"Chi?!"
Un classico.
Questa cosa la percepii fin da quando ero un ragazzino. Un giorno, che ero in visita da mia nonna materna, le dissi: "Nonna Filomena c'è qualcosa che non va. Io non ho un santo. Come è possibile?".
Mia nonna, con il suo solito sorriso saggio, mi guardò e disse: "Rino mio, tu sei un caso a parte. Sei talmente speciale che i santi ti invidiano e non vogliono condividere il tuo giorno con nessuno".
Questo mi bastò. Per una parte della mia vita credetti alle sue parole, salvo disilludermi nello stesso periodo in cui capii delle fake news su Babbo Natale e compagnia bella. All'incirca sei o sette anni fa, per capirci.
Rino con le sue varianti di Rinetto (al nord), Rinuccio (al sud) e Rinello (nelle zone di produzione del Tavernello) risulta comunque meno strano di Godefrido, Corbiniano o Archippo. Eppure questi ultimi hanno un santo che li rappresenta.
A volte penso: e se fosse che nell'arco della storia dell'uomo tutti i "Rini" si son fatti gli affari loro, facendo vite da associali quindi poco eroiche? Può essere, credo.
A meno che la Chiesa non aspetti la mia dipartita per creare un nuovo santo, San Rino. Protettore di... già di cosa?
Breve considerazione, se San Noè è protettore degli ubriachi e San Acario dei caratteri difficili, due categorie a cui ambivo, potrei avere il protettorato sulla pizza DOP? Del resto il mio nome è il diminutivo di Gennaro, il protettore della città in cui la vera pizza ha visto i suoi natali.
Jamm bell, cominciate la raccolta di firme per beatificarmi e se un giorno sarò santo, ve lo prometto, vi proteggerò dai chili di troppo.
Per ora mi limito a farvi gli auguri di buon onomastico, a tutti voi.
Gnè gnè gnè.
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In teoria io sarei anche mezzo di Scalea ma me ne dimentico sempre perché guardandomi allo specchio ho un aspetto tipicamente veneto-lombardo, che è poi l'altra mia metà; la tua vera casa, dicono, è il tuo dialetto e io parlo il mantovano-veneto, una volta con spiccato accento emiliano, sembravo Don Camillo, tanto che zia di Scalea mi prendeva in giro perché fischiavo le s e dicevo "siarpa" e "simmia". Ora dopo vent'anni di vita in Brianza presento uno spiccato accento comasco con inflessioni femminee alla Stefano d'Onghia ("oh santo cielo!"), il mercante di Cash or Trash, che è attualmente il nostro programma preferito. Sarà perché ho bevuto il latte di soia, sarà che ho riscoperto il mio lato femminile, la voce mi esce così, in altre epoche mi sarei anche preoccupato, scavallati i cinquanta me ne fotto. Comunque quando c'era il covid io mi trovavo a Cosenza e scherzavamo tra di noi, che se andavano fuori io non aprivo bocca, parlavano gli altri, erano i tempi della caccia ai settentrionali scesi al sud per diffondere la peste (gli studenti del sud che ritornavano a casa portando il virus!), tutto molto bello, con il covid ci abbiamo fatto proprio una bella figura come genere umano, proprio una figura di merda.
Ciao.
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Todos los santos ya se murieron…
y quedan muy pocos hombres para querer revivirlos.
All the saints have already died...
and there are too few men left to want to revive them.
Una muy corta colaboración entre E.V.E (primera línea) & Esu Emmanuel (segunda linea).
A very short collaboration between E.V.E (first line) & Esu Emmanuel (second line)
Gracias por las bellas y muy fructíferas conversaciones.
Thank you for the beautiful and very fruitful discussions.
#colaboradores#e.v.e#heartofmuse#el hombre de la soledad#escribiendo en soledad#escritores en tumblr#the man of solitude#writing in solitude#poetas en tumblr#writers on tumblr#poets on tumblr#pensamientos#poeticstories#2023
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Non puoi togliere Trapani da un trapanese.
Misteri compresi. Per alcuni processione ormai retrograda per altri intoccabile. Perfetto esempio di commistione tra sacro e profano, tra devozione personale e tradizione di comunità.
Il portone che si apre e tutto inizia, chi già in centro e chi ancora a casa preparandosi per scendere (in centro non si va, si scende) con la tv rigorosamente su Telesud volume 80.
Per quelle 24 ore tutti ci fermiamo, tutto è organizzato in funzione della processione.
“Ma a che ora scendiamo? Io scendo a piedi”, “attenta alla cera”, “ma che giro fanno?”.
I drappi bordeaux che scendono dai balconi, mia nonna che utilizza i merletti migliori per la chiesetta di famiglia che oggi va aperta e con i fiori freschi.
Le marce funebri che ti rimbombano nel petto, le stesse che ti accompagnano dalla nascita e ti cullano quasi fossero ninne nanne. E qualcuno che mangia “caccavetta e simenza”.
- “Ma a che gruppo siamo?
- 10, fornai
- grazie”
I sorrisi accennati da chi è in processione che valgono come saluto, la cera per terra e sotto le scarpe, le donne a piedi scalzi con il capo coperto dal lutto.
Il tramonto che si avvicina, ritrovarsi a cena in quaranta e “ricordatevi che oggi non si mangia carne”.
“A cira squagghia e a processione un camina”
Arriva la notte e i misteri si fermano a piazza Vittorio, la gente si ferma nei bar dove siamo tutti amici, qualcuno dorme un’oretta per ripartire alle 3 dove si sente un leggero rumore di gente e poi solo i tamburi. Camminiamo tutti insieme verso un’unica direzione, con la testa un po’ bassa, “hai una sciarpa?/ mi porti una felpa/ bevi questo che ti riscaldi”, tappa da Oddo per la pizzetta.
Arrivando a Via Corallai il fuoco dei ceri proietta le ombre delle statue sui palazzi, la gente è affacciata dai balconi in silenzio alle 5 del mattino, segno della croce.
I portatori di notte sono i volontari, sotto le aste troviamo uomini e donne che portano pesi ben superiori a quello fisico della vara.
Alba sulle mura, veloce colazione alle Barracche e ricompaiono le bande, si tolgono le sciarpe e ci si riappropria del contegno dovuto. La mattina passa, i gruppi cominciano lentamente ad entrare, qualche amico ti apre casa sul corso per offrirti la "seconda" colazione e i misteri si riguardano dal balcone. Di nuovo, con minuzia e stupore per la loro bellezza.
“Mamma guarda questa decorazione floreale che bella, riconosco la mano... è sicuramente Peppe”.
Alla fine, sempre dopo le 14, la Madonna entra, con il suo manto nero che sembra coprire e reggere le sofferenze di un intero popolo, anche se solo per 24 ore.
Ora è il momento, inizia già la malinconia e il conto alla rovescia, l’annacata continua come una madre che non vuol lasciare andar via il proprio figlio.
Le lacrime, le mani che stringono, il cuore pieno.
Rumore di ciaccola, applausi...
- testo e foto web
Venerdì Santo, a Trapani il giorno dei Sacri gruppi dei Mister, la processione lunga un giorno

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Oddio vero!!! su Nudes erano tutti inguardabili ahaha e concordo sul salto di qualita' della fiction italiana, secondo me e' una bella soddisfazione. Vuoi per piu soldi in produzione grazie alle piattaforme nuove e che anni fa non c'erano, o per questa nuova generazione di talenti ma la fiction e' migliorata TANTISSIMO rispetto a 10-15 anni fa. Mi ricordo i telefilm italiani che guardavo io quando avevo 13-14 anni, sia crime che medical drama o 'romcom' appunto, facevano davvero davvero piangere... sia a livello di recitazione (tipo Branciamore le cui scene drammatiche venivano fuori da una puntata di The Lady di Lori del Santo) sia a livello di tematiche/svolgimento. Alcuni prodotti italiani degli ultimi anni sono addirittura superiori alle serie americane/inglesi a mio avviso e il merito e' secondo anche degli attori che ci recitano. Se serie come Mare Fuori, Suburra, Gomorra o Doc per dire, venissero dall'America con cast americano/inglese farebbero i miliardi
Sì ci sono ancora alcune cose discutibili (vedi Lea che nonostante un cast non malissimo fa veramente pietà, ma anche la prima stagione di un profe se proprio vogliamo) però vedo un miglioramento anche piuttosto repentino nella qualità. Hanno finalmente capito che non tutto deve essere soap e forse è anche merito del mescolamento e dell'esperienza che tanti fanno all'estero, vedi ad esempio Simona Tabasco che con il percorso che ha fatto si ritrova per forza di cose nelle condizioni di pretendere di più. C'è anche da dire che la fiction ora non è più considerata l'ultima ruota del carro ma un gran bel trampolino di lancio (e secondo me qui Mare Fuori deve prendersene il merito) spronando a fare il massimo con le risorse a disposizione e non il minimo indispensabile alla Occhi del Cuore come si faceva fino a poco fa. È bello che almeno adesso se prendono gente con un seguito lo fanno anche perché sono bravi, non solo perché sono bellocci.
#ovviamente ci sono ancora moltissimi problemi#però intanto abbiamo fatto un bel po' di passi avanti#tra l'altro la mia insegnante di teatro ci ha fatto una serie con Branciamore 💀 devo guardarla
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Leopardi a Bologna
«Il mezzo più efficace di ottener fama è quello di far credere al mondo di esser già famoso» (Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri, Bologna, 21 novembre 1825)
Duecentoventicinque anni fa nasceva a Recanati uno dei più grandi poeti della letteratura italiana: Giacomo Leopardi. A lui dobbiamo liriche intense e penetranti quali “L’infinito”, “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” e “Il sabato del villaggio” e riflessioni filosofiche estremamente attuali come quelle che troviamo nelle “Operette morali” e nello “Zibaldone di pensieri”.
Il poeta marchigiano fu a Bologna per quattro volte: dal 18 luglio al 27 luglio 1825, dal 29 settembre 1825 al 3 novembre 1826, dal 26 aprile al 20 giugno 1827 e infine dal 3 al 9 maggio 1830. In omaggio alla sua permanenza più prolungata (oltre un anno tra il 1825 e il 1826), il comune di Bologna pose una lapide in via Santo Stefano 33 (dove Leopardi alloggiò a lungo) per ricordare «che in questa città dall’ammirazione universale, da care amicizie e da teneri affetti, ebbe conforto il poeta del dolore».

Da Bologna, Leopardi scrisse alla famiglia e ad alcuni amici, annotando impressioni e riflessioni sulla città interessanti tanto dal punto di vista biografico quanto dal punto di vista storico, sulle quali sono stati scritti numerosi saggi e persino un volume interamente dedicato al rapporto dell’autore de “L’infinito” con la città delle Due Torri, curato dall’editore Massimiliano Boni. Il titolo del libro, “Questa benedetta Bologna” è tratto da una lettera che Leopardi scrisse il 5 giugno 1826 all’amico, oltre che medico di famiglia, Francesco Puccinotti.
I soggiorni bolognesi di Leopardi furono per lui piuttosto piacevoli. A Bologna era presente l’amico Pietro Giordani, ex segretario dell’Accademia di Belle Arti e già ospite a Recanati della famiglia Leopardi, con cui intratteneva scambi epistolari dal 1817. Grazie a lui Giacomo fece alcune conoscenze importanti e fu accolto con favore nei salotti letterari cittadini. A Bologna, Leopardi frequentava spesso il Caffè del Corso, tuttora esistente in via Santo Stefano, dove amava consumare quasi ogni giorno una colazione di cioccolata e biscotti.
Nelle sue lettere descriverà Bologna come una città «quietissima, allegrissima, ospitale», «piena di letterati nazionali, e tutti di buon cuore, e prevenuti per me molto favorevolmente». Ed al fratello Carlo dirà: «Mi sono fermato nove giorni e sono stato accolto con carezze ed onori ch’io era tanto lontano d’aspettarmi, quanto sono dal meritare.» Positivo è anche il giudizio complessivo: «Bologna è buona, credilo a me che con infinita meraviglia, ho dovuto convenire che la bontà di cuore vi si trova effettivamente, anzi vi è comunissima.» Il 31 luglio 1825 Leopardi scriveva al fratello Carlo: «in Bologna nel materiale e nel morale tutto è bello e niente è magnifico.»
Nel 1825 un decreto del cardinale e arcivescovo Carlo Oppizzoni ripristinò l’usanza delle Processioni generali, che coinvolgono ogni dieci anni, a turno, le parrocchie cittadine, secondo un regolare calendario. La prima Festa degli Addobbi, dopo il ripristino, si svolse nell’estate del 1826 nelle parrocchie di Santa Maria Maggiore in via Galliera e di San Giuliano in via Santo Stefano. Su quest’ultima festa vi è il ricordo di Giacomo Leopardi, che la descrive come «una cosa bella e degna di essere veduta, specialmente la sera, quando tutta una lunga contrada, illuminata a giorno, con lumiere di cristallo e specchi, apparata superbamente, ornata di quadri, piena di centinaia di sedie tutte occupate da persone vestite signorilmente, par trasformata in una vera sala di conversazione.»
Nel 1826 Francesco Orioli, professore di Fisica all’Università di Bologna, e Filippo Miserocchi, ingegnere comunale, curarono l’installazione di un impianto parafulmine sulla torre degli Asinelli: i condotti metallici sulla torre ispireranno alcune considerazioni di Leopardi sulle invenzioni del suo tempo, appuntate nello Zibaldone durante il suo soggiorno.
Nello stesso anno il pittore Luigi Lolli di Lugo vinse un concorso per un dipinto a fresco, da eseguire presso l’ingresso della Pinacoteca dal lato dell’Accademia di Belle Arti. L’amico e stampatore Pietro Brighenti, dopo molte insistenze, riuscì a convincere Leopardi a farsi fare da Lolli un ritratto, da allegare alla sua raccolta di poesie: sarà l’unico documento originale della fisionomia del poeta in vita e servirà da base per molti suoi ritratti postumi.
Il 27 marzo del 1826, lunedì di Pasqua, Giacomo Leopardi venne invitato da Vincenzo Valorani a leggere pubblicamente nella sede dell’Accademia dei Felsinei l’“Epistola al conte Carlo Pepoli”, dedicata al vice-presidente dell’Accademia e suo caro amico. Lo stesso Pepoli ricorderà l’argomento nel suo poemetto “L’Eremo” del 1828.
Nello “Zibaldone”, Leopardi si espresse anche riguardo i dialetti del Nord Italia, e in particolare sul bolognese: «Il detto altrove dell’incontrastabilmente maggior numero di suoni nelle lingue settentrionali che nelle nostre, causa, in parte della lor mala ortografia, per la scarsezza dell’alfabeto latino da loro adottato; è applicabile ai dialetti dell’Italia superiore, perciò difficilissimo ancora a bene scriversi. [Giuseppe] Mezzofanti diceva che al bolognese bisognerebbe un alfabeto di 40 o 50 o più segni.»
Il rapporto di Leopardi con Bologna comincò in realtà ancor prima delle ripetute visite del poeta. Nell’agosto del 1824 la tipografia Nobili di Bologna stampò le “Canzoni” di Leopardi. Si tratta della prima edizione collettiva dei suoi versi, realizzata anche grazie all’amico Pietro Brighenti che, oltre a trovare lo stampatore, riuscì ad evitare la censura pontificia. Questa edizione bolognese comprende dieci canzoni, composte tra il 1818 e il 1823: “All'Italia”, “Sopra il monumento di Dante”, “Ad Angelo Mai”, “Nelle nozze della sorella Paolina”, “A un vincitore nel pallone”, “Bruto Minore”, “Alla primavera o delle favole antiche”, “Ultimo canto di Saffo”, “Inno ai patriarchi o de’ principii del genere umano”, “Alla sua donna”.
Il capoluogo emiliano non risparmiò però al poeta recanatese le delusioni d’amore, che sfoceranno in alcune splendide (anche se sconsolate) riflessioni in linea con la sua concezione pessimistica della vita. L’incontro del maggio 1826 con Teresa Carniani, moglie di Francesco Malvezzi de’ Medici, donna coltissima e animatrice di uno dei più importanti salotti letterari della città, regalò a Leopardi inedite emozioni.
«Nei primi giorni che la conobbi, vissi in una specie di delirio e di febbre», confida al fratello Carlo. E ancora: «questa conoscenza forma e formerà un’epoca ben marcata della mia vita, perché mi ha disingannato del disinganno, mi ha convinto che ci sono veramente al mondo dei piaceri che io credeva impossibili, e che io sono ancor capace d’illusioni stabili, malgrado la cognizione e l’assuefazione contraria così radicata, ed ha risuscitato il mio cuore, dopo un sonno, anzi una morte completa, durata per tanti anni». Poco meno di due anni dopo le convinzioni del poeta saranno nettamente in contrasto con quelle maturate inizialmente: «Come mai ti può capire in mente che io continui d’andare da quella puttana della Malvezzi? Voglio che mi caschi il naso, se da che ho saputo le ciarle che ha fatto di me, ci sono tornato, o sono per tornarci mai».
Fonti: Nerio Zanardi, Giacomo Leopardi e la dolce vita bolognese negli anni Venti del secolo XIX, in “Strenna storica bolognese”, 51, 2001; Giacomo Leopardi, “Questa benedetta Bologna”: Impressioni e annotazioni su Bologna tratte dall’epistolario con alcuni appunti tratti dallo Zibaldone, Massimiliano Boni, Bologna, 2002.
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Vista la Alectopause, mi sto rileggendo tutti e tre i libri - ignorando tutti gli altri libri e giochi che devo finire - e sto sottolineando roba importante e mettendo post-it e note et cetera.
Questo è il momento di delirare, se non volete leggere un gran delirio non leggete!
Fa male ragazzi fa malissimo
Leggere Harrowhark che dice cose bruttissime. “Ti voglio vedere morire” cristo santo. Sapendo quello che succede dopo.
Che poi se ci pensi è perché Harrow è proprio così, perché se fosse stata gentile con Gideon credo che sarebbero state amiche, più o meno. Perché Gideon è buona, davvero. È tanto buona ma tutti alla nona sono dei maledetti e la trattano come un cane. Se fossi nei panni di Gideon mi sarei sgozzata davanti ad Harrow probabilmente, ma quello è perché io sono una terrorista. Ha, ha.
C’ha proprio ragione Harrow a dire che “morire tra le braccia di Gideon sembrava la cosa giusta”
Si, troia, è la cosa giusta, sei una maledetta. Anzi, Gideon già è tanto che alla scena della piscina l’ha trattata così bene. Pure Harrow voleva farsi ammazzare da Gid perché LEI LO SA CHE È UNA MALEDETTA.
Redenzione, Harrow.
È una cosa incredibile leggere Harrow che dice ste cose all’inizio del primo libro e poi vederla che
-conserva occhiali e spada di Gid
-si lobotomizza per salvare l’anima di Gid
-fa la disperata e comincia ad urlare che “LEI È MORTA PERCHÉ GLIEL’HO LASCIATO FARE VOI NON CAPITE”
E voi non dovete dire “ohoho Gideon useless lesbian lei crede che HARROW LA ODI!! Haha.” MA GRAZIE AL CAZZO CHE LO CREDE HARROW L’HA SEMPRE TRATTATA MALISSIMO, LE HA DETTO CHE LEI È LA SUA UNICA AMICA -che è una cosa bella, attenzione, ma non mi sembra che l’abbia dimostrato molto- PERÒ LE HA ANCHE DETTO CHE SI VUOLE FARE LA PUTTANA NEL SEPOLCRO.
Gideon, dal suo punto di vista, non ha nessuno oltre al bastoncino malefico. Ha avuto Cam e Pal come alleati (amici non saprei) e poi Ianthe in NTN, ma Ianthe è Ianthe.
Gideon è l’amore mio e io la amo e [inserire discorso delirante lunghissimo]
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