#Ritratti di Hollywood
Explore tagged Tumblr posts
magicnightfall · 8 years ago
Text
MYRNA LOY: THE PERFECT WIFE
Tumblr media
Intelligenza, eleganza, sensualità, verve, anticonformismo e, ovviamente, tanto talento: tra le protagoniste del cinema della prima metà del secolo scorso non c’era attrice che non incarnasse almeno una di queste caratteristiche. Una, però, le ha incarnate tutte: quell’attrice era Myrna Loy.
Nata come interprete di film muti e poi successivamente transitata (non tutti ne furono capaci) a quelli sonori, i cosiddetti “talkies”, Myrna Loy ha preso parte a produzioni memorabili, raggiungendo un successo strepitoso soprattutto nel periodo tra la metà degli anni ‘3o e la fine degli anni ’40, quando diede vita al suo personaggio più amato da pubblico e critica, quello di Nora Charles nella saga de L’uomo ombra (addirittura parodiato nel film del 1976 Invito a cena con delitto, in cui dame Maggie Smith interpretava “Dora Charleston”).
Fu la donna che tutte le donne volevano diventare (il suo naso era il più richiesto ai chirurghi plastici). E la donna che tutti gli uomini volevano sposare. Per il regista John Ford era “l’unica brava ragazza di Hollywood”. Nel 1937, un sondaggio promosso dal giornalista Ed Sullivan la elesse “Regina di Hollywood” (il re era Clark Gable), mentre tutto il mondo ancora oggi la ricorda con l’epiteto di “moglie perfetta”. La verità è che nel corso della sua vita e della sua carriera Myrna Loy è stata così tante cose che, beh, vale proprio la pena spendere un po’ di tempo a parlare di lei.
Tumblr media
Prima di tutto, Myrna fu un’attrice. E per citare l’incipt di Harry Potter e La Pietra Filosofale, grazie tante. Dalle recite improvvisate nello scantinato del ranch di famiglia fino all’Oscar onorario nel 1991 (nello stesso anno in cui fu assegnato anche a Sophia Loren) “in riconoscimento delle sue straordinarie qualità sia sullo schermo che fuori, con la [nostra] gratitudine per una vita intera di performance indelebili”, la sua filmografia è vastissima: ben 124 titoli (esclusi i lavori per la tv, tra cui l’episodio 2x01 del Tenente Colombo). Tra questi film, alcuni - lo vedremo - che hanno fatto la storia (tecnica) del cinema, contribuendo a plasmarlo in quello che conosciamo oggi.
(a proposito di Oscar: per poter recitare ne L’uomo ombra, Myrna dovette rinunciare al ruolo di co-protagonista nel film Accadde una notte, poi andato a Claudette Colbert, per il quale vinse la statuetta alla miglior attrice nel 1935. Myrna, che nel corso della sua carriera non vi sarebbe mai stata nominata - a torto, lasciatemelo dire - non rimpianse “l’occasione perduta”: considerava l’aver potuto interpretare Nora Charles un premio sufficiente)
Brillante nelle commedie, intensa nei ruoli drammatici, Myrna - che non prese mai nemmeno lezioni di recitazione - era l’attrice con cui tutti volevano lavorare. Clark Gable, William Powell, Cary Grant, Spencer Tracy… tutti amavano averla come co-protagonista perché, dotata della notevole capacità di saper adattare il suo stile di recitazione a quello dei suoi partner, sapeva mettere in luce i loro punti di forza. Il suo talento, insomma, faceva risaltare il loro.
Con Clark Gable, che sullo schermo era solito interpretare dei “duri”, sapeva essere dura a sua volta.
Tumblr media
[Arditi dell’aria (1938)]
Con William Powell, istrionico interprete comico, era più giocosa ma istintivamente più misurata, come a volerlo controbilanciare, per tenere il film in equilibrio perfetto.
Tumblr media
[L’uomo ombra (1934)]
Ma Myrna fu anche una cittadina del mondo: durante la seconda guerra mondiale mise in pausa la sua carriera per arruolarsi nella Croce Rossa, raccogliendo fondi per l’esercito e visitando i soldati negli ospedali; per via delle sue forti opinioni anti-naziste finì nella lista nera di Hitler (in Germania, prima ancora che nell’agosto del 1940 venisse censurata la totalità della produzione cinematografica statunitense, furono specificamente i suoi film a essere messi al bando); fu una fervente attivista politica (partecipò alle campagne elettorali di Adlai Stevenson nel 1956, il quale perse contro Eisenhower, e di John F. Kennedy nel 1960), e fu la prima star di Hollywood lavorare per le Nazioni Unite, in qualità di ambasciatrice UNESCO.
E fu anche la prima donna ad Hollywood a lottare per la parità salariale rispetto ai suoi colleghi uomini, una problematica (purtroppo) attuale oggi come allora.
Ma in che modo una persona riesce a diventare tanto un’attrice di successo, quanto una stimata rappresentante di una tra le più importanti organizzazioni internazionali? Dove sono da ricercarsi le origini di queste sue vocazioni, professionali e umane? La risposta è abbastanza semplice: a casa.
Background culturale e i primi passi ad Hollywood
Myrna Adele Williams nacque, il 2 agosto del 1905, in una famiglia in cui entrambi i genitori si interessavano di politica (suo padre venne anche eletto nella legislatura del Montana), e crebbe con la consapevolezza dell’importanza di una vita vissuta all’insegna della partecipazione al processo democratico.
E sua madre le trasmise l’amore per l’arte: danza, recitazione, musica (entrambe suonavano il pianoforte). Non solo, era anche una persona di notevole apertura mentale - giova ricordare che siamo nei primi anni del Novecento: ad esempio, non era per lei un problema che nel vicinato abitassero anche famiglie di colore (all’epoca c’era una rigidissima quanto disumana separazione tra bianchi e neri). È evidente come, insomma, l’ambiente familiare, il background culturale in cui è nata e cresciuta abbia modellato il carattere di una persona che in futuro sarebbe diventata tanto una diva di Hollywood quanto un’attivista politica che ebbe sempre a cuore la lotta contro le discriminazioni. Fece scalpore, agli inizi degli anni ’30, una sua dichiarazione in cui si domandava “perché un nero in un film deve sempre interpretare un servo? Perché non far vedere una persona di colore che sale le scale di un tribunale con in mano una ventiquattrore?” Più di trent’anni dopo, Sidney Poitier avrebbe interpretato, in Indovina chi viene a cena?, uno stimato medico. Ecco, quando si dice essere in anticipo sui tempi.
Il primo punto di svolta nella vita di Myrna si ebbe nel 1918, quando l’influenza spagnola raggiunse anche la piccola cittadina di Helena, nel Montana. La contrassero prima sua madre e suo fratello, e poi lei stessa. E quando i tre furono guariti, fu invece la volta di suo padre, che però non sopravvisse. Si calcola che nel mondo, nel biennio 1918-1920, il morbo uccise all’incirca cinquanta milioni di persone.
In quanto figlia maggiore, suo padre lasciò a Myrna il compito di prendersi cura della famiglia nel caso lui fosse morto (glielo fece promettere dopo aver deciso di arruolarsi nell’esercito, ma si ammalò prima di poterlo fare). Il fatto è che all’epoca Myrna aveva appena compiuto soltanto tredici anni. Accettò il ruolo affidatole dal padre, ma per tutta la vita lo considerò come un fardello, una responsabilità troppo grande con cui gravare le spalle di una bambina (leggendo la sua autobiografia, Being And Becoming, questa sorta di risentimento nei confronti del padre emerge chiaramente in più di un’occasione).
Proprio per potersi prendere cura della famiglia, a diciotto anni lasciò la scuola senza diplomarsi per poter lavorare, perché a casa servivano soldi, e riuscendo a guadagnare qualcosa insegnando danza ai bambini.
Tumblr media
[Nel 1922, quando ancora era una studentessa alla Venice High School di Venice, California, Myrna, insieme ad altri studenti, posò come modella per la statua “Fountain of Education, dello scultore Harry F. Winebrenner. Nel 2000 la statua venne rimossa e nel 2010 sostituita da una nuova versione, in bronzo e della sola figura di Myrna, ad opera di  Ernest Shelton. La statua è visibile anche in qualche scena di Grease]
Nonostante le difficoltà familiari, infatti, l’arte è sempre stata una costante fondamentale nella sua vita. Sua madre amava circondarsi di amici dal temperamento artistico, e non mancavano mai i biglietti per la filarmonica. A teatro, Myrna ha potuto assistere alle esibizioni di artisti del calibro di Eleonora Duse, Beniamino Gigli, Anna Pavlova.
In seguito, trasferitasi con la famiglia in California, si unì al corpo di ballo del Grauman’s Egyptian Theater di Los Angeles, danzando negli spettacoli che fungevano da introduzione alle pellicole che sarebbero state proiettate. Un fotografo, poi, portò alcuni scatti delle ballerine all’attenzione di Rodolfo Valentino, il divo per eccellenza del cinema muto, e di sua moglie Natacha Rambova. Sebbene non ottenne alcuna parte per il film che Valentino doveva iniziare a girare, era chiaro che ad un certo punto il destino di Myrna fosse quello di fare il salto dal palco allo schermo.
Convinta dai produttori a cambiare il cognome in “Loy”, Myrna iniziò ad essere scritturata come comparsa in decine di film, e via via iniziarono a venirle affidati ruoli di maggior rilievo, sebbene, fondamentalmente, sempre dello stesso tipo: quello della femme fatale, della vamp, della seduttrice senza scrupoli (la qual cosa è decisamente ironica, se pensiamo al fatto che in seguito divenne la “moglie perfetta”).
Un’irlandese dal fascino esotico
In particolare, poiché non era la classica bellezza occidentale per via del taglio degli occhi un po’ a mandorla, che le conferiva un allure vagamente orientale (come orientale - thailandese nello specifico - era anche il cognome “Loy”), durante la gavetta si specializzò nell’interpretare personaggi esotici (lei che in realtà era di origini irlandesi - con tanto di capelli rossi e lentiggini - e svedesi): cinesi, indiani, egiziani, mediorientali, latini.
Tumblr media
[I Simpson, ep. 27x09 “Barthood”]
All’epoca, peraltro (parliamo degli anni ’20 e ’30), era la norma scritturare attori occidentali - a prescindere dal loro fascino più o meno orientale - per interpretare personaggi di un’etnia diversa.
Tumblr media
[Insieme a Irene Dunne in una scena del film Thirteen women (1932). Curiosità: a causa dei pesanti tagli alla pellicola, nella versione finale compaiono in realtà solo undici donne anziché le tredici del titolo. In buona parte tagliate anche le scene di Peg Entwistle, in quello che fu il suo primo e unico film: il 16 settembre 1932, a soli ventiquattro anni, si suicidò gettandosi dalla “H” della scritta celeberrima scritta “Hollywood” (che all’epoca si chiamava ancora “Hollywoodland”), che sovrasta Los Angeles]
Anzi, poteva addirittura capitare che attori occidentali venissero preferiti ad attori orientali per i ruoli da protagonisti. In The crimson city, in effetti, la parte principale - una ragazza cinese - andò a Myrna, e in una delle parti secondarie venne scritturata Anna May Wong, che cinese lo era davvero.
Una vera e propria rivoluzione nel mondo del cinema: l’avvento del sonoro
Prima di arrivare a L’uomo ombra, e alla celebrità senza tempo che il ruolo di Nora le avrebbe regalato, Myrna aveva ancora parecchia strada da fare. Continuava a macinare film su film, ma quasi sempre collezionando piccoli ruoli - in molti casi non fu che una semplice comparsa. Tuttavia, un paio di quei film hanno fatto la storia del cinema, perlomeno in senso “tecnico”:
Uno di questi è Don Giovanni e Lucrezia Borgia, film muto con John Barrymore del 1926, che fu il primo ad avere la colonna sonora sincronizzata. Prima di allora, infatti, l’accompagnamento musicale dei film era eseguito dal vivo da un pianista. In Don Giovanni e Lucrezia Borgia la musica era già nel film.
L’altro è Il cantante di jazz, del 1927, che è universalmente noto come il film che segnò l’avvento del cinema parlato. In realtà si tratta ancora di un film muto, e i dialoghi non durano che un minuto e mezzo circa in totale (una battuta però è profetica e memorabile: “aspettate, non avete ancora sentito niente”), ma ora il cinema era ufficialmente entrato in una nuova e magica era.
Tuttavia, per moltissimi interpreti del cinema muto, divi e no, la transizione al sonoro fu assolutamente devastante, perché fondamentalmente si stravolgeva tutto ciò che prima era stato, in termini di recitazione. Ora, infatti, con la possibilità per gli attori di esprimere le emozioni del personaggio anche attraverso la voce, non si rendeva più necessaria quella tendenza dei film muti a caricare tantissimo la gestualità, enfatizzandola e rendendola plateale, al fine di rendere quelle emozioni il più possibile comprensibili allo spettatore (era un modo, insomma, per compensare l’impossibilità di utilizzare uno degli strumenti fondamentali nel bagaglio di un attore, la voce).
(ora, io lo so che vi è venuta in mente una scena a caso di un film a caso di Charlie Chaplin, in cui sembra che corra velocissimo: ecco, non c’entra nulla col discorso della gestualità enfatizzata. Prima che - all’inizio degli anni ’30 - ci si attestasse sullo standard di 24 fotogrammi al secondo (fps), infatti, i film venivano girati a 16-18 fps: se li si guarda con un proiettore (o un televisore) impostato a 16-18 fps, il problema non si pone, e i movimenti appaiono naturali. Ma poiché i nostri televisori e i proiettori dei cinema sono tarati sui 24 fps ecco che, nel guardare un film girato con un rapporto più basso, i movimenti ci appaiono velocizzati)
Molti di quegli attori, però, scoprirono di non avere una voce adeguata al cinema sonoro: poteva essere il timbro, troppo acuto, o la mancanza di dizione. Il risultato fu un notevole ricambio generazionale: quelli che non risultarono adatti al nuovo cinema sparirono progressivamente dalle scene, e solo pochi riuscirono a fare il salto nel nuovo mondo: tra questi, Myrna Loy.
Con un timbro di voce particolarissimo e molto musicale e un’eleganza innata, Myrna si avviava a conquistare il grande schermo.
I gangster tra cinema e realtà: John Dillinger, il nemico pubblico n. 1
Con il passaggio dai ruggenti anni Venti ai turbolenti anni Trenta, Myrna iniziò a farsi notare in una serie di film e ruoli interessanti, come quello della simpatica contessa Valentine in Amami stanotte (1932), che aveva un solo pensiero in testa, gli uomini.
Ormai era diventata una leading lady: stava pian piano abbandonando i ruoli secondari in favore di quelli da protagonista o co-protagonista, al fianco di interpreti come Leslie Howard in The animal kingdom (1932) o Cary Grant in Volo di notte (1933).
Ma il vero punto di svolta nella sua carriera fu Le due strade (1934), al fianco di Clark Gable e di William Powell. Con Powell avrebbe poi girato altri tredici film (di cui sei della saga de L’uomo ombra), diventando così una delle coppie (cinematografiche) più amate ed affiatate del grande schermo.
Tumblr media
[Il primo incontro non solo tra i personaggi interpretati da Myrna Loy e William Powell, ma tra gli stessi attori: i due infatti si sono conosciuti proprio in questo frangente, durante una prova della scena. Ne nacque un sodalizio professionale durato tredici anni (girarono insieme per l’ultima volta nel 1947), e un’amicizia ancora più lunga, terminata solo con la morte di lui nel 1984]
Le due strade è una storia di gangster. L’aneddoto interessante è come questo film si sia indissolubilmente legato alla storia di un vero gangster, John Dillinger.
Nemico pubblico n. 1, John Dillinger fu un rapinatore di banche attivo nel periodo tra 1931 e il 1934, quando morì in un agguato dell’FBI uscendo da un cinema di Chicago. Pare che Myrna fosse l’attrice preferita di Dillinger, e questi, nonostante fosse ricercato, decise comunque di recarsi a vedere il film. Nella sua autobiografia, l’attrice scrisse: “Gli agenti dell’FBI gli spararono fuori dal Biograph Theater a Chicago, dopo che ebbe visto il film. Pare che fosse un mio fan, e che uscì dal suo nascondiglio per vedermi. Personalmente, credo che fosse più il tema della pellicola ad averlo attratto, e non il mio fascino, ma comunque mi sono sempre sentita un po’ in colpa per questo. L’hanno crivellato di colpi, quel poveretto”.
Tumblr media
[Sempre elegante nei suoi abiti di sartoria e dai modi estremamente affascinanti, la gente comune vedeva John Dillinger come una sorta di Robin Hood dell’era moderna, in quanto i suoi obiettivi erano solo “i ricchi”, cioè le banche (mi viene difficile immaginare che meno abbienti depositassero lì loro risparmi, anziché nasconderli sotto al materasso). Si dice anche che avesse l’abitudine di bruciare i libri contabili contenenti debiti ed ipoteche, con grande riconoscenza di chi versava in ristrettezze economiche. Tutto ciò contribuì - siamo negli anni della grande depressione - ad una visione romantica dei gangster di quel periodo]
Il sesso e la morale cattolica nella società americana e nel cinema: la censura operata dal Codice Hays
La peculiarità di Myrna in quanto attrice, cosa che per i biografi e gli storici del cinema (e anche per i miseri blogger come la sottoscritta) costituisce un interessante motivo di ricerca e di approfondimento, è stata quella di aver lavorato a cavallo di un importante spartiacque nella storia della settima arte, il “Motion Picture Production Code”, altrimenti noto come Codice Hays, dal nome di William H. Hays, che dal 1922 al 1945 fu il presidente della Motion Picture Producers and Distributors of America. Fu tuttavia Jospeh Breen - dalla rigida educazione cattolica - la persona scelta per farlo rispettare e vigilare sulla sua effettiva applicazione.
Approvato nel 1930 ed entrato in vigore nel 1934, il Codice regolamentava tutta la produzione cinematografica, e stabiliva cosa fosse o non fosse opportuno - in termini di morale e di decenza - mostrare al pubblico, e come. Questo perché anche quello che riceveva luce verde andava strettamente controllato: per fare un esempio, “I baci in numero eccessivo e lascivi, gli abbracci lascivi, posture e gesti allusivi non devono essere mostrati” (Codice Hays, Sezione II, punto 2, lettera b).
Tumblr media Tumblr media
[Due kolossal a confronto: da un lato, un bacio tra Rhett e Scarlett in Via col vento (1939), dall’altro uno tra Jack e Rose in Titanic (1997)]
Vi siete mai domandati perché mai nei vecchi film (il codice Hays sarebbe rimasto vigente fino al 1967) le coppie sposate dormono in letti separati? Esatto, perché i censori avrebbero trovato sconvenienti le implicazioni che derivavano dal mostrare un letto matrimoniale. Nella serie di film di maggior successo di Myrna, cioè la saga de L’uomo ombra, i protagonisti - Nick e Nora - sono una coppia sposata affiatatissima e innamoratissima, l’archetipo di ogni coppia nei film romantici ancora oggi: eppure, anche loro si davano la buona notte da due letti singoli, rigorosamente separati da un comodino.
Tumblr media
Breen aveva il pieno appoggio della comunità cattolica. E le autorità cattoliche americane istituirono quindi, nel 1933, un’organizzazione, la National Legion of Decency, il cui compito era passare al vaglio film e copioni al fine di individuare (e reprimere) i contenuti contrari alla morale. Addirittura l’arcivescovo di Filadelfia, parlando ai fedeli dal pulpito, proibì loro di andare al cinema in assoluto: sarebbe stato peccato mortale.
Myrna, avendo mosso i suoi primi passi nel cinema nel decennio precedente all’entrata in vigore del Codice, poté dunque sperimentare il "prima" e "il dopo". Suoi film come The animal kingdom (1932), Una notte al Cairo (1933) e Il caso dell'avvocato Durant (1933) costituiscono tre esempi perfetti del "prima".  
In The animal kingdom Myrna è Cecelia, una moglie manipolatrice che usa il sesso e la seduzione per tenere in scacco il marito (in una scena molto significativa la vediamo chiudere il marito fuori dalla camera da letto, fino a che non avesse acconsentito a fare quello che diceva lei in merito a delle questioni lavorative). Alla fine del film il marito comprende il reale carattere della persona che ha sposato e torna dal vero amore della sua vita, ma non prima di aver compilato un assegno per Cecelia, come fosse una prostituta e non la moglie. Alla faccia della santità del matrimonio che due anni dopo il Codice Hays si sarebbe tanto sollecitamente ed esplicitamente preoccupato di difendere.
Se The animal kingdom gioca molto sulle suggestioni, Una notte al Cairo è ben più diretto. Un anno dopo non sarebbe stato possibile nemmeno immaginare un film del genere, figuriamoci girarlo e distribuirlo. Cominciato come una commedia romantica (io c’ero decisamente cascata, per poi arrivare alla fine del film decisamente disgustata), quasi subito vira drasticamente verso toni assai differenti: il protagonista maschile, invaghitosi del personaggio di Myrna e assolutamente non intenzionato ad accettare un “no” come risposta, oltre ad una serie di atti persecutori nei suoi confronti, ad un certo punto lo rapisce e lo stupra. Ora, in realtà la violenza non ci viene mostrata in quanto la scena “stacca”, si interrompe prima, ma quello che sta per succedere è assolutamente inequivocabile.
Tumblr media
[Questo intenso primo piano ha luogo nella scena immediatamente successiva allo “stacco” di cui sopra, e non lascia certo adito a dubbi o ad altre interpretazioni]
Tumblr media
[Una notte al Cairo avrebbe incontrato la disapprovazione dei censori non solo per le tematiche trattate - e il modo in cui sono state trattate, pesante perfino per gli standard attuali - ma anche per una scena come questa, di “nudo”, pur trattandosi più che altro di un “vedo e non vedo”. Recita infatti la Sezione VI del Codice, al punto 1, che “La nudità completa non è mai consentita. Ciò include la nudità effettiva o in silhouette, o qualsiasi licenzioso riferimento ad essa da parte di altri personaggi”]
Il caso dell'avvocato Durant è invece elegantemente implicito, ma comunque impossibile da fraintendere. Il personaggio interpretato da Myrna è infatti (evidentemente) una escort, e sebbene nessuno lo dica mai espressamente, gli sceneggiatori non fanno certo nulla per nasconderlo.
In effetti, Il caso dell'avvocato Durant, che risale ad appena un anno prima del Codice, può anche essere considerato - proprio perché tanto implicito quanto comunque lampante - un segno dei tempi che stavano cambiando, sia dal punto di vista della censura, sia di quello degli escamotage adottati per aggirarla. Questo perché sebbene le nuove regole della produzione cinematografica abbiano pesantemente inciso sulla libera espressione artistica, hanno anche, se vogliamo, inconsapevolmente avuto effetti positivi. Registi e sceneggiatori, infatti, dovendo ora operare all'interno di rigide regole morali, si fecero più "furbi" e più creativi: le storie e gli elementi che verosimilmente avrebbero "corrotto" la moralità degli spettatori venivano raccontate ugualmente, ma in maniera più sottile, più arguta. Insomma. come dice il vecchio adagio, "fatta la legge, trovato l'inganno".
Nel 1967, infine, il Codice Hays venne sostituito da un diverso sistema di classificazione delle pellicole, il Motion Picture Association of America’s film-rating system, con le indicazioni che siamo abituati a conoscere attualmente: G (General Audiences: film adatti a qualsiasi tipo di pubblico), PG (Parental Guidance Suggested: film per cui è suggerita la presenza dei genitori), PG-13 (Parentes Strongly Cautioned: film non adatto ai minori di 13 anni), R (Restricted: film non adatti ai minori di 17 anni), NC-17 (Adults Only: film vietati ai minori di 18 anni).
Myrna Loy & William Powell, la coppia più amata di Hollywood
"Perfino i miei amici non perdono occasione di dirmi che la cosa più intelligente che abbia mai fatto fu quella di sposare Myrna Loy sullo schermo" - William Powell
Dalla nascita del cinema fino alla prima metà degli anni '30, sullo schermo il matrimonio era soltanto due cose: o la trappola da cui tirarsi fuori, o il lieto fine a cui aspirare, il punto di arrivo della storia. Nel secondo caso, i film ci lasciavano immaginare che i personaggi avrebbero inequivocabilmente vissuto "per sempre felici e contenti", ma senza mai farcelo vedere. In effetti, introdurre fin dall’inizio di un film una coppia sposata era considerato un rischio dai produttori: il pubblico voleva vedere intrighi e colpi di scena (anche se, stando al Codice - Sezione II, n. 1 - “l’adulterio e il sesso illecito, a volte necessari per la trama, non devono essere trattati esplicitamente e o presentati in modo attraente”) e l'idea di rappresentare un matrimonio suonava... decisamente noiosa. 
L'uomo ombra, film del 1934 tratto dal romanzo di Dashiel Hammet, opera in questo senso una vera e propria rivoluzione. Tra battute, punzecchiamenti, Asta il wire fox terrier, fiumi di alcool (era da poco cessato il proibizionismo), indagini per omicidio ed ex-galeotti, Nick e Nora Charles dimostrano infatti che non solo può esserci vita all'interno del matrimonio, ma come questa possa essere pure terribilmente divertente.
- Signora, temo che dovrò portare via il cane.
- Oh, va bene, va bene, è tutto a posto: il cane è mio, e mia moglie è mia.
- Avresti potuto nominarmi per prima.
Nick è un ex poliziotto, ritiratosi dalla professione dopo aver sposato Nora, una ricca ereditiera. Sebbene si occupi ora soltanto di gestire le aziende di famiglia, non può fare a meno di indagare sui diversi casi di omicidio di cui viene a conoscenza, soprattutto spinto dalla curiosità della moglie.
Tumblr media
Ora, Nora è un personaggio davvero non convenzionale, specie per l'epoca. Ad esempio, cosa decisamente non trascurabile, è economicamente indipendente. I Charles viaggiano, danno feste eleganti e alloggiano in alberghi di lusso, e i soldi per pagare tutti questi svaghi sono quelli di Nora. Questa circostanza costituisce una gag ricorrente all'interno della serie,
Tumblr media
- Quel delitto mi sembra interessante, perché non te ne occupi?
- Non ho tempo, devo evitare che tu perda quel denaro per cui ti ho sposato.
Tumblr media
- Va bene, va pure, va! Che mi importa. Ma non è bello avermi portata fino a New York per rendermi vedova!
- Non resterai vedova a lungo.
- Ci puoi scommettere!
- Con tutti i soldi che hai...
la quale a sua volta diventa la misura del rapporto tra i due coniugi: fondamentalmente, è un rapporto pienamente paritario. Si possono dire tutto, possono scherzare tra loro e punzecchiarsi costantemente (perché è evidente che il loro non sia un matrimonio di convenienza o di mere ragioni economiche, checché ne dica Nick), senza che nessuno si imponga sull'altro. Dico "fondamentalmente" perché in effetti qualche squilibrio c'è: Nick, per esempio, regge l'alcol molto meglio di Nora… Va bene, volendo essere più concreti, lo squilibrio risiede più che altro nel fatto che, essendo i film de L'uomo ombra dei film gialli, è ovvio che Nick, essendo un abile detective, abbia un risalto diverso e forse leggermente maggiore.
Tumblr media
Ma i personaggi di Nick e Nora non fecero presa sul pubblico solo per gli scanzonati atteggiamenti di lui e la pungente ironia di lei, ma anche e soprattutto per i loro interpreti: la chimica tra i due infatti è più che evidente, e l'incredibile affiatamento tra i due attori (che divennero molto amici nella vita) contribuì a rendere Nick e Nora personaggi memorabili.
(c'è da dire, peraltro, che se il casting di William Powell - che già in passato aveva interpretato dei detective - nel ruolo di Nick ebbe subito luce verde da parte di Louis B. Mayer, capo della MGM, diversamente andò per Myrna: Mayer riteneva che, nascendo come vamp, non fosse adatta per il ruolo. Tra lui e W. S. Van Dyke, il regista, che invece la voleva fortemente, nacque in merito un'accesa discussione. Alla fine, Mayer acconsentì a scritturare Myrna, a condizione che l'attrice terminasse le riprese per L'uomo ombra in tempo per iniziare a girare Gli amori di una spia, tre settimane più tardi. L'uomo ombra venne completato al tempo record di sedici giorni e sarebbe diventato un vero e proprio cult)
In effetti, William Powell e Myrna Loy erano così in sintonia che la gente iniziò a credere che i due fossero sposati sul serio. Al riguardo, c'è un aneddoto molto carino che li vede coinvolti.
Le riprese in esterni di Dopo l'uomo ombra si svolgevano in California, così Myrna, William e Jean Harlow si recarono in treno a San Francisco. Ora, Jean Harlow non era nel film ma lei e William Powell stavano insieme (sebbene segretamente, non volevano le attenzioni della stampa). L'hotel, però, fece un po' di confusione con le prenotazioni: dando per scontato che Myrna e William fossero sposati, riservò a loro la camera matrimoniale. Caso volle che ogni altra stanza fosse già occupata, tranne per una piccola a piano terra. E non vi fu altra soluzione se non ficcarci lì William, da solo.
Tumblr media
[Myrna Loy, William Powell, Jean Harlow e Spencer Tracy in una scena del film La donna del giorno (1936). Appena un anno dopo, Jean Harlow sarebbe morta di nefrite acuta a soli ventisei anni]
La premiata ditta Powell-Loy girò la ragguardevole cifra di 14 film, più di quanto ne abbiano girati insieme Fred Astaire e Ginger Rogers (che si sono fermati a quota 10), e Katharine Hepburn e Spencer Tracy, che erano una coppia anche nella vita reale (9).
Tumblr media
[Un collage di locandine di tutti i 14 film. Iniziata nel 1934 con Le due strade, la loro collaborazione professionale sarebbe terminata nel 1947 con Il canto dell’uomo ombra, il sesto e ultimo film della saga]
In realtà, sarebbe più corretto dire 13 + 1: in The senator was indiscreet, infatti, Myrna fa solo un cameo. La moglie del senatore del titolo, nominata nel corso di tutto il film, non viene mai mostrata se non proprio nella scena finale. Ma anche se solo per un minuto e un battuta, chi altri se non Myrna Loy avrebbe potuto essere scelta per interpretare la moglie di William Powell?
La moglie perfetta. O quasi
Da esotica seduttrice a fedele consorte: Myrna non fece in tempo a scrollarsi di dosso un'etichetta che subito gliene cucirono addosso un'altra (e, ironicamente, di significato opposto).
L'appellativo di perfect wife non si riferiva soltanto all'arguta ed elegante Nora Charles, ma anche a Milly Stephenson, che con amore e pazienza aiuta il marito, tornato dalla guerra, a reinserirsi nella società civile ne I migliori anni della nostra vita (1946).
Tumblr media
[Insieme a Fredric March in una scena del film. Bellissima pellicola che racconta le difficoltà di tre soldati a riprendere la vita di tutti i giorni, I migliori anni della nostra vita conquistò ben nove premi Oscar, tra cui quello per miglior film e miglior attore protagonista. Myrna considerava la sua interpretazione di Milly la migliore di tutta la sua carriera, e quel film il suo più importante]
Ovunque nascevano fan club chiamati "Men Must Marry Myrna". Secondo l'attore James Stewart "dovrebbe esserci una legge contro qualunque uomo che non voglia sposare Myrna Loy".  E in effetti, in un articolo del Morning Herald del 17 ottobre 1936 si calcolava che il 38% delle lettere che Myrna riceveva dai fan contenesse inviti a cena e proposte di matrimonio.
Ma le felici vicende coniugali sullo schermo non coincisero mai con quelle della vita vera: "la moglie perfetta" si sposò quattro volte, e quattro volte divorziò. Il primo matrimonio risale al 1936, col produttore Arthur Hornblow Jr, e terminò nel 1942. In quello stesso anno sposò l'imprenditore John Hertz, salvo poi lasciarsi due anni più tardi. Dal 1946 al 1950 fu sposata col produttore e sceneggiatore Gene Markey (ex marito di Hedy Lamarr) ed infine, tra il 1951 e il 1969 con il delegato UNESCO Howland Sargeant.
Ognuna di queste unioni ha avuto la sua bella dose di alti e bassi. Ad esempio, Hornblow non amava il fatto che Myrna avesse una carriera, carriera a cui lei giustamente non aveva alcuna intenzione di rinunciare per dedicarsi esclusivamente alla cura della casa e della famiglia (“Sarei terrorizzata all’idea di abbandonare il lavoro. Non conosco nient’altro… proprio non mi vedo a giocare costantemente a bridge”).
Ma è senza dubbio la seconda quella decisamente più problematica. John Hertz era soggetto a repentini cambi di umore, era possessivo, indulgeva eccessivamente nell'alcol, e in più di un'occasione rivelò un temperamento violento, arrivando a procurare a Myrna dei lividi, tra cui un occhio nero. Una volta, Myrna ricorda nella sua autobiografia, le scagliò addosso una scultura di Rodin. E poi aggiunge, con una battuta degna di Nora Charles, che "anche nei suoi momenti peggiori, John ha sempre avuto buon gusto".
E per quanto riguarda i figli, non ne ebbe mai, ma instaurò un bellissimo rapporto con John Terry Hornblow, il figliastro. In effetti, di Arthur rimase incinta quando lui era ancora sposato con un'altra pur essendo di fatto separati, così Myrna decise di abortire e nella sua autobiografia liquida la questione con un laconico "evitai di restare incinta di nuovo". In realtà, spiegò Terry alla biografa Emily Leider, autrice di The Only Good Girl In Hollywood, Myrna divenne sterile a causa di un'infezione contratta durante l'operazione.
Tumblr media
[Se da una parte Terry riempì il vuoto di Myrna di non aver mai avuto figli suoi, dall'altra Myrna sopperì alla mancanza di affetto paterno nei confronti di Terry. Arthur, infatti, sebbene economicamente non gli facesse mancare nulla, ad esempio pagando le costose rette scolastiche (Terry frequentò medicina e divenne neurologo), non aveva alcun interesse ad instaurare con lui qualsivoglia legame affettivo]
Lo sciopero per l'uguaglianza salariale
Nel corso della sua carriera, Myrna Loy ha interpretato i ruoli più disparati: è stata la seduttrice e la moglie affezionata, la cattiva e l'eroina, e poi ancora l'ereditiera, la truffatrice, la donna in carriera, la spia, la escort, la pupa del gangster, l'aviatrice, il giudice, la madre alcolizzata di nientemeno che Paul Newman. Quello che non è mai stata? La damigella in pericolo. Cioè non ha mai interpretato personaggi che non avessero un certo livello di intelligenza, di abilità, o che non sapessero stare al mondo senza qualcuno - magari un uomo - che dicesse loro cosa dovessero fare.
Tumblr media
[A proposito di aviatrici: qui Myrna con Cary Grant e Amelia Earhart, che fece da consulente per il film Ali nel buio (1935)]
Innegabilmente, in questi personaggi c'era qualcosa di Myrna stessa: lei che con i soldi che guadagnava manteneva madre e fratello dopo la morte del padre, e che aveva le idee perfettamente chiare sui suoi diritti di donna lavoratrice.
Alla fine degli anni '30, Myrna Loy era l'attrice di maggior successo nella scuderia MGM. E la coppia Powell-Loy si era rivelata una vera e propria miniera d'oro per lo studio. I vari Uomo ombra e gli altri film che giravano insieme incassavano regolarmente cifre stratosferiche al botteghino. E il marketing li pubblicizzava come un duo (come potevano essere, che so, Stanlio e Ollio: era impossibile pensarli separati). Soltanto, lei guadagnava - a parità di lavoro - la metà di quanto guadagnasse Powell. La MGM puntualmente respingeva le sue richieste di parificare i due stipendi (la cifra che chiedeva - 1500 dollari per settimana di lavorazione - era comunque una frazione dei profitti che lei procurava allo studio). Così decise di andarsene. O, meglio, di scioperare (il contratto firmato con la MGM nel 1931 la legava infatti per altri tre anni). Fondamentalmente, fu la prima persona ad Hollywood a sollevare la questione della parità salariale (una ventina di anni dopo anche Marilyn Monroe se ne sarebbe lamentata - potete leggerlo qui) e, soprattutto, a fare qualcosa al riguardo. Quando tornò a lavorare, dopo aver raggiunto con la MGM un nuovo e più equo accordo economico, era assente dal grande schermo da ben nove mesi.
La censura di Hitler e la "partecipazione" di Myrna alla seconda guerra mondiale
Sempre sul finire degli anni '30, in Europa iniziavano a soffiare venti di guerra. Nel settembre del 1938, con la Conferenza di Monaco, Hitler ottenne l'annessione allo Stato tedesco di parte del territorio della Cecoslovacchia, i Sudeti. Dare seguito alle sue rivendicazioni era, almeno nelle intenzioni di Francia e Regno Unito, un modo per rabbonirlo. In realtà si stava facendo un ulteriore e decisivo passo verso il secondo conflitto mondiale.
Myrna, che aveva letto il Mein Kampf ed era convinta che Hitler avesse tutta l'intenzione di realizzare quanto scritto nel suo libro, seguì con preoccupazione l'evolversi della questione cecoslovacca. Dopo aver ascoltato il messaggio radio che annunciava l'annessione e profetizzava la guerra di Jan Masaryk, primo ministro cecoslovacco costretto all'esilio a Londra, Myrna gli inviò un telegramma per esprimergli la sua solidarietà. Telegramma che innescò una serie di eventi interessanti. Per prima cosa, permise a lei e Masaryk di diventare amici (e tali restarono fino alla controversa morte di lui: classificato ufficialmente come suicidio, probabilmente si trattò di un omicidio politico da parte del regime sovietico); per seconda cosa, condusse alla completa messa al bando di tutti i suoi film in Germania. Il telegramma, così come il suo supporto per i tentativi di boicottaggio della Germania nazista e le sue esplicite prese di posizione a favore degli ebrei, arrivò infatti alle orecchie del Führer, che quindi la fece inserire nella sua "lista nera". Myrna Loy era diventata, per così dire, persona non gradita al Reich.  
Nel 1940, ancora prima che gli Stati Uniti entrassero in guerra, Hollywood iniziò una raccolta fondi per sovvenzionare gli sforzi franco-britannici contro i tedeschi. Oltre a Myrna, a vendere noccioline e sigarette c'erano attori del calibro di Claudette Colbert, Laurence Olivier, Cary Grant e Rosalind Russell.
Per i successivi due anni Myrna continuò a partecipare a raccolte fondi per sovvenzionare la lotta contro i nazisti, fino a quando la Croce Rossa non le chiese di ideare un programma di intrattenimento per i feriti negli ospedali. Divenne così Assistant to the Director of Military and Naval Welfare of the American Red Cross in the North Atlantic Area, una sorta di ufficiale di collegamento tra le agenzie che mandavano gli artisti negli ospedali, e l'esercito. Organizzò le visite di artisti come Frank Sinatra e Betty Grable, la pin-up per antonomasia.
Tumblr media
[Allo scoppio della guerra Myrna era all’apice del successo, ma arruolandosi nella Croce Rossa mise bene in chiaro quali fossero le sue priorità in quel momento: per circa tre anni, quindi, si dedicò allo sforzo bellico e in quel periodo girò un unico film, L’uomo ombra torna a casa, uscito nel 1945]
Ora, con la seconda guerra mondiale, il mondo assistette per la prima volta all'utilizzo di armi atomiche. Per quanto incredibile possa sembrare, Myrna ebbe un "ruolo" anche nel Progetto Manhattan, cioè il programma di ricerca e sviluppo che condusse alla creazione delle bombe che distrussero Hiroshima e Nagasaki. Durante la guerra, infatti, i materiali di una certa importanza per la ricerca venivano indicati con dei nomi in codice: per l'uranio "Tuballoy", per l'uranio 235 "Oralloy", e per il torio… "Myrnaloy".
L'attivismo politico…
Quando, in un'intervista per il programma Day At Night, le chiesero se gli attori debbano assumere un ruolo attivo in politica, la risposta di Myrna fu un fermo "Yes". Purché, aggiunse, "sappiano di cosa stanno parlando", trattandosi di "una grande responsabilità". Da parte sua, convintamente democratica (come la madre, mentre suo padre fu un repubblicano), Myrna era in effetti sempre in prima fila quando si trattava di difendere la libertà di parola o di lottare contro le discriminazioni. Fu l'attore e regista Burt Reynolds a dire che Myrna Loy era sì una ragazza di Hollywood, ma sapeva guardare oltre i suoi stessi confini, aveva lo sguardo rivolto al mondo.
Quando la Commissione per le attività anti-americane si scagliò, in una vera e propria caccia alle streghe, contro la (vera o presunta) propaganda comunista, a Hollywood come ovunque negli Stati Uniti, ostracizzando e privando del lavoro chiunque fosse sospettato di avere legami o anche semplicemente simpatie nei confronti dei “rossi”, Myrna, insieme allo sceneggiatore Philip Dunne e ai registi John Huston e William Wyler, fondò nel 1947 il Comitato per il primo emendamento (Comittee for the First Amendment). Scopo del Comitato era la difesa del diritto - costituzionalmente garantito a ogni cittadino - di poter esercitare liberamente la propria religione, di non vedersi limitata la libertà di parola e di stampa, e di riunirsi pacificamente in assemblea. Tra gli altri, il comitato vantava membri del calibro dei coniugi Humphrey Bogart e Lauren Bacall, Bette Davis, Katharine Hepburn, Groucho Marx, Gene Kelly, Frank Sinatra e Billy Wilder.
Nel 1956 appoggiò il candidato democratico alle elezioni presidenziali Adlai Stevenson, assumendo un ruolo attivo all’interno della campagna elettorale, parlando pubblicamente alle manifestazioni e ai raduni e aiutando ad organizzarli. Lo stesso fece nel 1960 per John Fitzgerald Kennedy, il quale poi venne eletto.
Tumblr media
[Amicizie presidenziali: Myrna insieme alla first lady Eleanor Roosevelt, moglie di Franklin Delano - che di Myrna era un grande fan. Attivista per i diritti civili e umani, Eleanor giocò un ruolo di primo piano nella nascita delle Nazioni Unite e nella redazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Insieme a Myrna, di cui divenne amica, lavorò a molti progetti in sede ONU]
E durante l’amministrazione Kennedy Myrna venne inoltre nominata co-presidente dell’Advisory Council of the National Committee Againist Discrimination in Housing (NCDH), un’organizzazione non-profit che affrontava la problematica della discriminazione in tema di alloggi e case popolari, discriminazione che peraltro aveva conseguenze anche dal punto di vista economico. Ebbe infatti a dire Myrna nell’intervista al programma Day At Night che “nella città di New York molte delle fabbriche si sono spostate in periferia e la ragione per cui molte persone… C’è una così grande disperazione in alcune aree della città perché queste persone non hanno un lavoro e nemmeno possono andare al lavoro, perché non riescono ad ottenere degli alloggi. [I padroni di casa] non li vogliono se sono di colore o se sono poveri”.
… e l’impegno a favore delle Nazioni Unite
L’Organizzazione della Nazioni Unite (ONU) è un’organizzazione internazionale - probabilmente la più celebre - fondata nel 1945, al termine della Seconda guerra mondiale, in sostituzione dell’inefficace Società delle Nazioni, anch’essa un’unione sovranazionale di Stati e dagli scopi similari. In linea di massima, fini e principi delle Nazioni Unite sono quelli di mantenere la pace e la sicurezza internazionale, favorire la soluzione pacifica delle controversie internazionali e promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione (Art. 1 dello Statuto delle Nazioni Unite).
Come per il cinema, anche nella storia dell’ONU Myrna Loy ha preso parte fin dagli albori. E in quanto prima star di Hollywood ad essere coinvolta in prima persona nel lavoro delle Nazioni Unite, ha di fatto aperto la strada a tutte quelle che sono venute dopo di lei. Tanto per fare qualche nome: Audrey Hepburn, ambasciatrice UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia), Angelina Jolie, ambasciatrice UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati); Lucy Liu, ambasciatrice UNICEF; Drew Barrymore, ambasciatrice WFP (Programma alimentare mondiale).
Molto appropriatamente, per una che da adolescente aveva posato per una statua intitolata “Fountain of Education”, Myrna iniziò a lavorare come delegata per l’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura).
Scopo dell’agenzia era ed è quello di contribuire promuovere la pace e il dialogo interculturale attraverso l’istruzione, la scienza, la cultura, la comunicazione e l’informazione.
Myrna si occupò di diffondere questi ideali come relatrice in conferenze sia negli Stati Uniti che in Europa. Addirittura il Presidente degli Stati Uniti Harry Truman chiedeva a Myrna opinioni e consigli quando doveva affrontare questioni che riguardavano l’UNESCO.
In una di quelle conferenze, nel 1950 a Siena, incontrò anche la famosa pedagogista Maria Montessori, inventrice del metodo educativo che porta il suo nome - la signora il cui ritratto campeggiava sulle 1.000 lire, per intenderci, se come la sottoscritta siete sufficientemente anziani da ricordarvele.
E fu proprio Maria Montessori (che Myrna descrive come una vecchietta che, sebbene occasionalmente costretta sulla sedia a rotelle, ancora sprizzava energia e curiosità) a riconoscere il notevole potere che Myrna deteneva in quanto attrice al servizio delle Nazioni Unite: il suo essere una celebrità.
Ad un certo punto si girò verso di me, i suoi dolci lineamenti italiani animati da occhi intensi e indagatori. “Hai idea di quanto potere tu abbia?”, chiese. “Hai un enorme potere!” […] Intendeva il potere del cinema, e sottintendeva senza mezzi termini che avrei dovuto usarlo.
La sua fama, infatti, attirava l’attenzione del pubblico, attenzione che di conseguenza veniva canalizzata sulle attività dell’UNESCO. La presenza di Myrna, insomma, garantiva all’agenzia una notevole visibilità.
E lei era ben lieta di mettere a disposizione la sua celebrità per il perseguimento di scopi superiori. Se ci pensate, è esattamente quello che oggi fa Leonardo DiCaprio: persino durante il discorso di ringraziamento per il suo primo (attesissimo) Oscar non ha perso occasione di ergersi a portavoce dell’ambiente, esortandoci a prenderci cura dell’unico pianeta che abbiamo e a non darlo per scontato.
Il palcoscenico
Se oggi le attrici di mezza età faticano a trovare ruoli interessanti, figuriamoci cinquant’anni fa. È vero che ci sono anche delle fondamentali eccezioni, grazie anche al fatto che stiamo vivendo l’età d’oro della televisione - penso a Jessica Lange, che proprio tv da qualche anno sta vivendo una seconda giovinezza (nel momento in cui scrivo queste righe è appena andato in onda il secondo episodio di Feud, in cui interpreta Joan Crawford, che per restare in tema era molto amica di Myrna Loy), ma è comunque una situazione complicata.
Tumblr media
[Insieme a Joan Crawford (nome d’arte di Lucille Le Sueur). Amiche fin dal loro debutto cinematografico nel film La mosca nera del 1925, Joan e Myrna non potevano essere più diverse: tumultuosa e sensuale la prima, elegante e distinta la seconda. La vita privata di Joan Crawford fu abbastanza turbolenta: la figlia Christina, nel suo libro del 1978 intitolato Mammina Cara” - da cui poi nel 1981 è stato tratto l’omonimo film - la accusava di essere una madre alcolizzata e violenta. Myrna ha sempre difeso la Crawford a spada tratta, qualificando le accuse di Christina - con la quale aveva avuto una breve ma tragica esperienza lavorativa a teatro - come volgari calunnie. Joan Crawford ebbe quattro figli, tutti adottivi: Christina e Christopher, i maggiori, e le gemelle Cindy e Cathy. I primi due furono diseredati]
Negli anni ’60, quando le parti interessanti iniziavano a scarseggiare, Myrna reinventò la sua carriera artistica - parallela a quella, ormai decisamente consolidata, all’ONU e all’NCDH - pur non abbandonando mai il cinema (si ritirò dal grande schermo solo nel 1980).
Nel 1961, infatti, all’età di cinquantasei anni, debuttò a teatro con The Marriage-Go-Round, vinse il prestigioso Sarah Siddons Award nel 1964 per il suo ruolo in Barefoot in the park, e approdò a Broadway nel 1973 nella pièce The women.
E nel 1963 fu tra i fondatori dell’American Place Teather, teatro non-profit il cui scopo era quello di aiutare i drammaturghi emergenti a formarsi. Ma forse più che i nomi degli autori sono quelli degli attori ad essere stati lanciati da quel teatro a farvi suonare qualche campanello mentale: Micheal Douglas, Morgan Freeman, Richard Gere, Dustin Hoffman e Lauren Graham, tra gli altri.
Life is not a having and a getting, but a being and a becoming
Cinema, teatro, politica, diritti civili: ripercorrere la vita e la carriera di Myrna Loy ha significato immergersi in un periodo estremamente interessante del secolo scorso, sia in termini artistici che storici: dalla nascita del sonoro alla censura del Codice Hays, dall’ascesa al potere di Hitler all’istituzione delle Nazioni Unite fino ad arrivare alla presidenza di John Kennedy.
Senza scadere nella retorica si può tranquillamente dire che in tutto questo Myrna Loy, da brava attrice, ha recitato un ruolo. Diretto o indiretto, marginale o rilevante che fosse, in qualche modo lei c’era.
In effetti Lauren Bacall, nel conferirle il premio Kennedy Center Honor (riconoscimento annuale da parte della Casa Bianca a coloro che si sono distinti in campo artistico), disse di ammirarla non solo come persona e come attrice, ma anche e soprattutto come donna consapevole di ciò che accadeva nel suo paese e nel mondo.
È proprio quest’ultimo aspetto che mi ha colpito mentre leggevo di lei e facevo ricerche: la sua determinazione a fare del mondo un posto migliore, e a non considerare la fama come un qualcosa di fine a se stesso, ma come una risorsa da mettere a disposizione per un bene superiore e collettivo. 
In termini artistici, invece, scoprire Myrna Loy l’attrice è stata una vera rivelazione. Aveva un modo tutto suo di riempire lo schermo: una sua arricciata di naso o un’alzata di sopracciglia parlavano più di un monologo.
Molto banalmente, per essere una che ha vissuto una vita così ricca di eventi e di stimoli, e dopo essere sopravvissuta al cancro e a due mastectomie (nel 1975 e nel 1979), Myrna Loy è morta a causa di una complicazione durante un intervento chirurgico il 14 dicembre 1993, all’età di 88 anni.
Eppure ancora oggi, in ogni personaggio femminile arguto, brillante e sarcastico c’è un po’ di Nora Charles, e dietro a ogni conferenza tenuta da Emma Watson all’ONU sull’uguaglianza di genere o da Angelina Jolie sul tema dei rifugiati c’è un po’ di Myrna Loy.
Tumblr media
APPENDICE
Non parlo per iperbole quando dico che per scrivere questo post ho utilizzato molte più fonti di quanto non abbia fatto per la tesi di laurea, da cui si deduce quali siano le mie priorità nella vita.
Filmografia
Purtroppo non è possibile visionare l’intera filmografia perché molti film - soprattutto quelli dei primi anni ’20 - sono andati definitivamente perduti. Di seguito, quindi, elencherò solo i 57 titoli che sono riuscita a reperire e a guardare.
1926
Don Giovanni e Lucrezia Borgia
1927
Il cantante di jazz
1929
La guardia nera
1931
Un americano alla corte di re Artù
Un popolo muore
1932
Vanity fair
Amami stanotte
Thirteen women
La maschera di Fu Manchu
The animal kingdom
1933
Topaze
Una notte al Cairo
L’idolo delle donne
Il caso dell’avvocato Durant
Volo di notte
1934
Le due strade
Uomini in bianco
L’uomo ombra
Gli amori di una spia
L’amante sconosciuta
Strettamente confidenziale
1935
Ali nel buio
Le quattro perle
1936
La donna del giorno
Dopo l’uomo ombra
Gelosia
Il paradiso delle fanciulle
1937
Sposiamoci in quattro
Parnell
1938
Man-proof
Arditi dell’aria
L’amico pubblico n. 1
1939
Lucky night
La grande pioggia
Si riparla dell’uomo ombra
1940
Third finger, left hand
Ti amo ancora
1941
Innamorato pazzo
L’ombra dell’uomo ombra
1945
L’uomo ombra torna a casa
1946
I migliori anni della nostra vita
1947
Il canto dell’uomo ombra
L’intraprendente signor Dick
The senator was indescreet (cameo)
1948
La casa dei nostri sogni
1949
Minuzzolo il cavallino rosso
1950
Dodici lo chiamano papà
1952
Ragazze alla finistra
1960
Merletto di mezzanotte
Dalla terrazza
1969
Sento che mi sta succedendo qualcosa
1972
Il Tenente Colombo, ep 2x01 “Concerto con delitto” 
1975
Airport ’75
1978
La fine… della fine
1980
Dimmi quello che vuoi
Bibliografia / Articoli
Being and becoming - Myrna Loy & James Kotsilibas-Davis
The only good girl in Hollywood - Emily W. Leider
Spencer Tracy: a biography - James Curtis
Hollywood and Hitler, 1933-1939 - Thomas Doherty
Hollywood’s censor: Joseph I. Breen & the production code administration - Thomas Doherty
Saving cinema: the politics of preservation - Caroline Frick
Hollywood goes oriental: caucasian performance in american film - Karla Rae Fuller
The Hollywood romantic comedy: conventions, history, controversies - Leger Grindon
The runaway bride: Hollywood romantic comedy of the 1930s - Elizabeth Kendall
Hollywood: left and right - Steven J. Ross
Glamour in a golden age: movie stars of the 1930s - AA.VV. (James Castonguay per il capitolo “Myrna Loy and William Powell: the perfect screen couple”)
Silent murders - Mary Miley (romanzo)
Renting silence - Mary Miley (romanzo)
Myrna Loy biography: author Emily Leider discusses the ‘Queen of Hollywood’ 
Venice High and the Myrna Loy statue
Myrna Loy, model of urbanity in ‘Thin Man’ roles, dies at 88 
Documentari / Interviste
Complicated women
Sex, sin and censorship in pre-Code Hollywood
Why be good? Sexuality & censorship in early cinema
Myrna Loy: so nice to come home to
Hollywood biographies: Myrna Loy
TMC’s tribute by Julianne Moore
Day at night with James Day
Myrna Loy ad Lillian Gish interview
The Only Good Girl In Hollywood, interview with Emily Leider
Anjelica Huston presenting an Honorary Oscar to Myrna Loy
Interview with Miss Myrna Loy, UNESCO House, Paris, 8 august 1949
7 notes · View notes
magicnightfall · 9 years ago
Text
MARILYN MONROE: THE MORTAL GODDESS
Tumblr media
Da che ho memoria (e la mia è quella di un pesce rosso, il che è tutto dire), la figura di Marilyn Monroe mi ha sempre affascinata. Ricordo, sarà stato ai tempi del quarto ginnasio, che durante un allenamento di calcetto, con una mia compagna di squadra si parlava di lei, DiMaggio (il secondo marito, quello che fece recapitare per vent’anni delle rose sulla sua tomba) e John Kennedy (l’amante che la trattò come un oggetto). Oppure, se su Atlantide capitava un documentario che la riguardava, lo registravo e lo mettevo su dvd. Soltanto di recente, però - quando ho deciso di guardare tutta la sua filmografia - l’interesse più o meno latente si è trasformato in una venerazione barra ossessione barra “perché ci hai abbandonati, perché?”.
Così ho deciso di scriverci un post: un ambizioso tentativo di raccontare la vita e la morte, la persona e il personaggio di una delle più grandi attrici che il mondo abbia mai conosciuto.
Do you want to see me be her?
Non è un caso che mi sia riferita a lei scrivendo “la persona e il personaggio”, perché una cosa bisogna aver chiara fin da subito: quando si parla di Marilyn, si parla di due soggetti, uno privato e uno pubblico. Una persona, e un personaggio.
Marilyn Monroe ha creato Marilyn Monroe: con la stessa semplicità con cui, premendo un interruttore, si accende o si spegne la luce, Marilyn era in grado di fare lo stesso con Marilyn. Da donna normale a mito in un istante. C’è un aneddoto meraviglioso, rievocato dalla sua amica Susan Strasberg, che chiarisce il concetto. Camminavano per New York, e Marilyn, vestita con abiti normalissimi, riusciva a mescolarsi indisturbata tra la folla. Ad un certo punto chiese a Susan: “vuoi vedermi essere lei?”, riferendosi - notare l’uso della terza persona - all’altra Marilyn, alla stella. All’improvviso, davanti ad una sbalordita Susan, proprio come se avesse premuto un interruttore, la persona che prima passava inosservata, era diventata il centro dell’attenzione di tutti.
Non era estraneo per lei utilizzare la terza persona per parlare dell’altra sé stessa: quando Truman Capote la trovò a fissare uno specchio e le chiese cosa stesse facendo, lei rispose “la osservo”.
Una persona, e un personaggio.
I was never used to being happy, so that wasn’t something I ever took for granted
Per iniziare realmente il discorso però, voglio partire da lontano. Settecento anni lontano.
In una lettera indirizzata a Cangrande della Scala, signore di Verona, Dante spiega il perché del titolo "Commedia", facendo riferimento a quegli elementi relativi al contenuto (gli altri riguardano lo stile - umile e dimesso) che le teorie retoriche medievali indicavano come costitutivi del genere "comico": l'inizio triste e la fine felice.
[…] La tragedìa all'inizio è meravigliosa e placida e alla fine, cioè nella conclusione, fetida e paurosa; […] La comedìa invece inizia dalla narrazione di situazioni difficili, ma la sua materia finisce bene […] E da questo è chiaro che Comedìa si può definire la presente opera. Infatti se guardiamo alla materia, all'inizio essa è paurosa e fetida perché tratta dell'Inferno, ma ha una fine buona, desiderabile e gradita, perché tratta del Paradiso […]
Long story short, la tragedia inizia bene e finisce male, e la commedia, al contrario, inizia male e finisce bene.
E la vita di Marilyn Monroe, iniziata male e finita peggio, cos'è?
Immagino che qua sia necessaria una spiegazione, perché se la fine tragica la conoscete tutti, l’inizio e il seguito triste forse no. La sua, infatti, non fu mai una vita facile, né felice. E questo sia quand'era ancora Norma Jeane, sia quando divenne Marilyn Monroe.
Tumblr media
all’inizio le fu proposto il nome d’arte “Carole Lind”. Poi si optò per Marilyn, in onore dell’attrice Marilyn Miller. Monroe, invece, era il cognome da nubile di sua madre. Sebbene abbia iniziato a utilizzare il nuovo nome nel 1946, lo cambiò legalmente soltanto nel 1956. In questa tessera di identificazione, rilasciata dal Dipartimento della difesa nel 1954 per la sua visita in Corea, viene infatti usato il nome di battesimo e il cognome dell’allora marito Joe DiMaggio
Sua madre, Gladys, non poté mai prendersi cura di lei, perché entrava e usciva dalla cliniche psichiatriche (soffriva di schizofrenia paranoide), e per Norma Jeane rimase, fondamentalmente, poco più che una conoscente. La malattia mentale era una cosa di famiglia: anche sua nonna Della soffrì di disturbi psichiatrici (si dice che abbia tentato di soffocare la nipotina con un cuscino). Per questo Marilyn - che passò gran parte della sua vita in psicoanalisi (conobbe anche Anna Freud, figlia di Sigmund) - visse con la paura di essere malata a sua volta. Paura che sembrò più che mai concretizzarsi quando, nel marzo del ’61, venne rinchiusa, contro la sua volontà, in una cella dell’ospedale psichiatrico Payne Whitney, dalla quale riuscì ad uscire, sei giorni dopo, solo grazie all’intercessione dell’ex marito Joe DiMaggio (che minacciò di “buttare giù l’edificio mattone per mattone” se non l’avessero rilasciata). I due, che divorziarono nel 1955 dopo appena nove mesi di matrimonio, rimasero sempre in buoni rapporti e DiMaggio, in quel periodo difficile, si prese cura di lei. “Emotivamente instabile, fortemente impulsiva, e bisognosa di continua approvazione da parte del mondo esterno; non sopporta la solitudine e tende a deprimersi di fronte ai rifiuti: paranoide con tratti schizofrenici” fu la diagnosi di Anna Freud. A tutt’oggi, si pensa in effetti che potesse soffrire di disturbo bipolare.
Suo padre, invece, non l’ha mai incontrato. Scappato quando Gladys scoprì di essere incinta, non volle mai conoscere sua figlia, nemmeno quando divenne famosa.
Non avendo nessuno che potesse occuparsi di lei, Norma Jeane trascorse l’infanzia sballottata di qua e di là tra orfanotrofi e almeno una decina di famiglie affidatarie, che la trascuravano (accoglievano i bambini perché avevano bisogno dei sussidi elargiti dallo stato). Ciò rafforzò nella bambina la convinzione di non essere né amata né voluta, convinzione che accompagnò Marilyn per il resto della sua vita. In una di queste sistemazioni in case famiglia, all’età di circa nove anni, subì anche delle molestie sessuali.
I periodi più sereni furono quelli trascorsi con la “zia” Ana, un’anziana signora che Marilyn ha sempre ricordato con profondo affetto, e con la migliore amica di sua madre, Grace, che in seguito divenne sua tutrice legale.
Ma la serenità durò poco. Grace, che non poteva più tenerla con sé e non voleva che tornasse in orfanotrofio, combinò il suo matrimonio con James Dougherty, un vicino di casa di qualche anno più grande. Le nozze furono celebrate poco dopo che Norma Jeane ebbe compiuto sedici anni.
Tumblr media
Norma Jeane e Jim Dougherty il giorno del matrimonio, 19 giugno 1942
Tre anni dopo, nella fabbrica di aerei dove lavorava, venne scoperta dal fotografo David Conover, chiamato a realizzare un servizio fotografico per sollevare gli animi delle truppe al fronte. Conover la convinse di avere del potenziale come modella, cosa che la spinse a chiedere il divorzio e a intraprendere tale carriera, anche perché la paga era migliore di quella in fabbrica.
Tumblr media
Norma Jeane nello scatto di David Conover, con un drone Radioplane OQ-2, 26 giugno 1945
Tuttavia, gran parte della sua giovinezza la visse in povertà. Sognando di diventare attrice (non aveva mai avuto nulla a parte il cinema a farle compagnia durante la solitudine della sua infanzia) e di costruirsi una vita migliore di quella che aveva sempre vissuto, tutti i soldi che guadagnava li spendeva in lezioni di recitazione. E poiché i soldi erano pochi, e le lezioni costose, a volte rinunciava a mangiare. Fu in questo contesto che, nel 1949, si convinse a posare nuda per un calendario, dopo aver rifiutato per anni offerte del genere. Tom Kelley, il fotografo, pagava infatti 50 dollari, l’esatta somma che a lei serviva per riscattare la sua auto, che le era stata tolta perché non era riuscita a pagare una rata. Ed essere un’aspirante attrice senza auto, con i provini a tutte le ore e in ogni punto della città, non era proprio un’opzione. A convincerla fu anche il fatto che le venne garantito l’anonimato.
Tumblr media
anche se aveva acconsentito a posare si sentiva comunque in imbarazzo, e per questo chiese che non fosse presente alcun collaboratore del fotografo tranne la moglie, che gli faceva da assistente. Questi scatti furono la fortuna di Playboy: Hugh Hefner ne comprò i diritti e li pubblicò nel primo numero della rivista, nel 1953. Curiosità: Hugh Hefner possiede il loculo accanto a quello di Marilyn, nel cimitero di Westwood
Nel 1952, però, divenuta ormai famosa, la storia del calendario saltò fuori. La 20th Century Fox, con cui era sotto contratto, temeva lo scandalo e le intimò di negare che si trattasse di lei. Nell’America conservatrice degli anni Cinquanta, una cosa del genere avrebbe stroncato la carriera di chiunque. Marilyn, invece, confessò candidamente di aver posato per quelle foto perché aveva bisogno di soldi, e la sua immagine ne uscì, contro ogni aspettativa, rafforzata: con la sua onestà, aveva conquistato la simpatia del pubblico.
Anche su un’altra questione Marilyn è sempre stata onesta: sull’essere andata a letto, quando ancora non era nessuno, con chi poteva darle una mano a diventare qualcuno. Ricordò che quando era una modella il sesso era quasi parte del lavoro. “Sono stata a letto con dei produttori, sarei bugiarda se dicessi di non averlo fatto”. All’epoca, era più o meno così che funzionavano i casting. Per molti produttori era una transazione commerciale più che normale e bisognava adeguarsi: tant’è che se perdevi la tua occasione, c’erano altre venticinque ragazze pronte a coglierla al posto tuo. Scrisse Marilyn:
Hollywood è un posto dove ti pagano mille dollari per un bacio, e cinquanta centesimi per la tua anima.
Ma è anche vero che per Marilyn - vista e considerata la solitudine in cui era stata costretta a crescere - il sesso era, più semplicemente, un modo per sentire la vicinanza di un’altra persona.
E quando, finalmente e faticosamente, riuscì a coronare il suo sogno di diventare attrice, non riuscì mai a scrollarsi di dosso l’etichetta di bomba sexy che i media e gli studios le cucirono addosso, e ogni volta che diceva di voler essere presa sul serio, veniva derisa.
Nemmeno dal punto di vista sentimentale le cose andarono mai molto meglio: sia il secondo matrimonio (con la gloria del baseball Joe DiMaggio) che il terzo (con il drammaturgo Arthur Miller) naufragarono. Una citazione attribuita al regista Billy Wilder recita che 
I suoi matrimoni non funzionarono perché Joe DiMaggio scoprì che era Marilyn Monroe, e Arthur Miller scoprì che non era Marilyn Monroe.
Tumblr media
con Joe DiMaggio
Il primo, infatti, estremamente riservato e affatto amante della pubblicità e della fama (nemmeno la sua!), non vedeva di buon occhio la carriera della moglie, e sperava smettesse di lavorare. Il secondo, invece, non riuscì (o, peggio, non volle) mai a dare a Norma Jeane, la persona privata dietro quella pubblica, l’amore che le era tanto mancato fin dall'istante in cui era venuta al mondo. C’è tantissima disillusione in questo suo commento:
Immagino di essere sempre stata profondamente spaventata di essere la moglie di qualcuno, dal momento che so per esperienza che una persona non può amarne un’altra, mai, davvero.
Se non altro DiMaggio, a differenza di Miller, non penso rientri nella categoria menzionata (lo leggerete più avanti) da Robert Mitchum, cioè quelle persone che approfittarono della generosità di Marilyn: Miller, infatti, non disdegnava affatto i soldi della consorte.
Marilyn, negli uomini che ha frequentato, ha sempre cercato quel calore, quel senso di appartenenza, quella sicurezza, che non aveva mai avuto. E che non trovò mai, né nei matrimoni, né altrove. Yves Montand, co-protagonista di Facciamo l’Amore, vide nell’affaire che ebbe con lei solo un divertimento, e il presidente Kennedy la considerò nulla più che una delle sue tante conquiste da una notte e via. La solitudine, di cui canta anche Elton John, fu la compagna costante della vita di Marilyn. E se è vero che si è suicidata, J.F.K., col suo freddo disinteresse e col suo opportunismo, è stato in larga parte responsabile, sia pure indirettamente, della sua morte (certo, se si vuole dar credito alla teoria che vuole Kennedy come mandante dell’omicidio, il suo coinvolgimento diventa molto meno indiretto…).
Non è mai stato un mistero, infatti, che Marilyn abbia amato molto più di quanto sia stata amata.
Tumblr media
una foto di Sam Shaw che ritrae i coniugi Miller a New York, 1957
Nonostante i matrimoni falliti, Marilyn restò in amicizia con i figli di entrambi gli ex-coniugi (menzionati anche nel testamento), e con i genitori di Miller. Chi meglio di una persona che non aveva mai avuto una famiglia, e tanto meno l’amore di una famiglia, poteva riconoscerne l’importanza? Non è un caso che i maggiori destinatari delle sue opere di beneficenza furono gli orfanotrofi.
Ma ciò non colmava il vuoto causato dal non riuscire ad avere dei figli suoi. Il suo grandissimo desiderio di maternità, infatti, rimase soltanto quello, un desiderio: ebbe numerose gravidanze, ma terminarono tutte in aborti (molti dei quali causati dall’endometriosi da cui era affetta). E questo dolore le pesò come un macigno fino alla fine dei suoi giorni.
Diversi, poi, furono i tentativi di suicidio, o almeno così si dice.
Un’assoluta certezza, invece, i continui problemi da lei causati sul set ma, e questo è davvero esplicativo della sua persona, non per via di chissà quali comportamenti da diva capricciosa: Marilyn, infatti, aveva quasi paura di mettersi davanti alle telecamere, convinta di non essere all’altezza, che quello che aveva da offrire nei confronti del film e del pubblico non fosse abbastanza, sentendosi sempre e costantemente inadeguata. Ma quando finalmente appariva sul set, iniziava una storia d’amore tra lei e la telecamera.
Infine, bisogna menzionare la sua dipendenza - lei che era un’insonne cronica - dalle pillole per dormire, a cui spesso accompagnava anche l’alcol. Rammenta John Huston, regista de Gli Spostati, che nel periodo delle riprese (col matrimonio con Miller ormai allo sfascio) Marilyn prendeva così tante pillole per dormire, che poi era costretta a prenderne altrettante per poter andare avanti durante il giorno.
Eppure, nonostante tutto questo, Norma Jeane è riuscita a diventare la donna più famosa del mondo, un’icona immortale, e una delle attrici più apprezzate di sempre. Nella classifica stilata dall’American Film Institute delle cinquanta più grandi star del cinema statunitense è, tra le donne, al sesto posto, dopo Greta Garbo e prima di Elizabeth Taylor.
I’m not interested in money, I just want to be wonderful
Per questo dubito che le teorie retoriche medievali (o qualsiasi altra) siano in grado di spiegare in maniera esaustiva la vita, brevissima, di Norma Jeane Mortenson, e tanto meno il personaggio da lei creato, Marilyn Monroe.
Perché se c’è una cosa che ho capito dopo essermi immersa in tutta la sua filmografia, aver visto documentari, biopic e interviste, e letto libri di e su Marilyn, è che Marilyn non la puoi spiegare. La contempli da lontano, come si fa con le cose belle, la puoi raccontare, la puoi descrivere - è quello che ho provato a fare -, ma non la puoi spiegare. Un po’ come la libertà di cui parlava Carlo Talamo, nella poesia La mia motocicletta. Diceva che “la libertà non la puoi mica toccare. O spiegare. Neppure regalarla. La puoi soltanto aspettare. E riconoscere. E stare contento quando c’è”. Con Marilyn è uguale. Mi rendo conto di stare scrivendo questo post con la stessa venerazione con cui Alberto Angela parla della civiltà romana, ma non è colpa mia. Perché dopo tutta la filmografia, i documentari, le interviste e i libri, dopo, cioè, averla “conosciuta”, non si può fare altrimenti. E non è una soltanto una mia persuasione, è così e basta. Nella serie tv SMASH, per esempio, incentrata sulla realizzazione di un musical teatrale sulla vita di Marilyn, questa sorta di (mia stessa) deferenza nei suoi confronti emerge in continuazione.
I have feelings too. I am still human. All I want is to be loved, for myself and for my talent
Così, mi ha colpito il tono che usa Julia, una delle protagoniste del telefilm - che del musical ha il ruolo di autrice - per giustificare la sua partecipazione al progetto, dato che aveva deciso di ritirarsi dal teatro per sistemare alcune questioni familiari:
Sai cosa disse nella sua ultima intervista? Disse: "La prego, non mi faccia diventare una barzelletta". Il modo in cui l'hanno trattata… Non è neppure questo. È solo che... c'è qualcosa in lei, quanto voleva amare ed essere amata, era un tutt'uno con lei. […] Non voglio che lo faccia qualcun altro. [ep. 1x01]
Avete presente quella sensazione, quando avete così tanto a cuore una cosa, da credere che voi e solo voi possiate rendergli giustizia? Che nelle mani di qualcun altro non riceverebbe il riguardo che merita? Per Julia si è trattato proprio di questo.
I knew I belonged to the public and to the world, not because I was talented or even beautiful, but because I had never belonged to anything or anyone else
Julia è un personaggio di finzione, ma l’opinione di molti che l’hanno conosciuta non era diversa. Jane Russell (la “mora” de Gli Uomini Preferiscono Le Bionde), Mitzi Gaynor (Follie dell’Anno) e Robert Mitchum (La Magnifica Preda) l’hanno sempre ricordata con sincero affetto.
Tumblr media
insieme a Jane Russell, durante la cerimonia delle impronte nel cemento davanti al Grauman’s Chinese Theatre, 1953
Jane Russell non ha fatto che descriverla come una persona molto dolce, estremamente empatica, sensibile, dotata di un gran senso dell’umorismo. Umorismo con cui molto spesso riusciva a zittire giornalisti particolarmente critici, polemici o invasivi. Molte delle sue battute, pronunciate con un invidiabile tempismo comico, sono diventate famose. Quando le chiesero del calendario, se “had nothing on”, cioè se davvero non indossasse niente, lei rispose “I had the radio on” (avevo la radio accesa, il gioco di parole si perde nella traduzione). Oppure, “sono stata su un calendario, ma mai in orario”, scherzando sia sulle foto di nudo, sia sul suo essere costantemente in ritardo. O la battuta più celebre: “Cosa indosso a letto? Chanel No. 5, ovviamente”.
Tumblr media
due icone del Novecento: Marilyn e una bottiglia di Chanel No. 5
Presenza di spirito che in effetti denota una dicotomia tra i suoi personaggi di finzione e la persona. Sempre secondo la Russell, così come per la Gaynor, Marilyn era ben lontana da quell’immagine di bionda svampita che gli studios cercavano di vendere, sempre desiderosa di imparare e di migliorarsi il più possibile, e più che mai determinata a farsi prendere sul serio come persona e come attrice. O, perlomeno, a farsi rispettare tanto quanto rispettavano le sue colleghe.
Whatever I am, I’m the blonde!
C’è un aneddoto, ricordato sia dalla Russell nelle interviste (anche a distanza di molti anni) che dalla stessa Marilyn, riguardante Gli Uomini Preferiscono Le Bionde, in cui questa cosa emerge abbastanza. Tra le due c’era una notevole disparità di trattamento, tanto economica (in generale, Marilyn non venne mai pagata in modo proporzionato ai soldi che faceva guadagnare agli studios), quanto professionale.
Ora, all’epoca della lavorazione del film Marilyn era ancora un’attrice emergente (anche se era comunque quella che riceveva più lettere in assoluto: la 20th Century Fox era letteralmente sommersa - da molto prima del successo di Niagara - dalle migliaia di messaggi dei suoi ammiratori) e la Russell una stella già affermata, quindi la disparità economica poteva pure essere comprensibile. Quella professionale, invece, per cui all’inizio le venne negato un suo camerino, forse un po’ meno.
In quella che poi si rivelò la sua ultima intervista (l’edizione del settimanale Life uscì il 3 agosto del 1962, lei venne trovata senza vita la mattina del 5), Marilyn racconta:
Ricordo quando ottenni la parte ne Gli Uomini Preferiscono Le Bionde. Jane Russell era la mora, e io ero la bionda. Lei prese 200,000 dollari per quella parte, e io 500 a settimana, ma per me, vede, quella cifra era considerevole. Lei, comunque, con me era davvero meravigliosa. L’unica cosa, era che non riuscivo ad avere un mio camerino. Dissi che ero arrivata al punto di avere un camerino, dissi “Sentite, dopotutto io sono la bionda, e questo è Gli Uomini Preferiscono Le Bionde!”, perché continuavano a dirmi “Ricordati, non sei una star”. E io ho risposto “Beh, qualsiasi cosa sia, sono comunque la bionda”.
Tumblr media
la mia copia originale, gelosamente custodita, di quello storico numero di Life
I want to be a big star more than anything
Marilyn è da sempre vista, nell’immaginario collettivo, come la diva per eccellenza, col termine “diva” che assume un’accezione negativa. I continui e costanti ritardi sul set sembrerebbero confermarlo. In realtà, era tutto l’opposto.
Mitzi Gaynor ricorda sì le scene ripetute ancora e ancora e ancora, perché Marilyn non era mai soddisfatta, ma quello, pur avendo ripercussioni (anche economiche) sul lavoro degli altri, riguardava lei e la sua insicurezza, e non aveva nulla a che fare col diretto comportamento che l’attrice teneva nei confronti dei suoi colleghi, perché non li metteva in ombra e non li intralciava. Si può tranquillamente affermare come la costante ricerca della perfezione nel suo lavoro possa avere a che fare con il fatto che Marilyn pensava, attraverso Hollywood, di essere nata una seconda volta. E questa seconda volta doveva essere migliore della prima.
Dello stesso avviso di Mitzi Gaynor è Lauren Bacall, star di Come Sposare Un Milionario. Nella sua autobiografia descrive una Marilyn “spaventata”, “insicura”, e “sempre in ritardo”. 
Una scena spesso richiedeva anche quindici o più ciak, il che significava che dovevo essere brava in tutte, in quanto nessuno sapeva quale sarebbe stata usata. Non era facile, anzi, spesso era irritante. Eppure non riuscivo a prendere Marilyn in antipatia. Non c’era alcuna cattiveria in lei, nessuna malignità. […] Io e Betty Grable decidemmo di andarci piano con lei, farle capire che poteva fidarsi di noi. Credo che alla fine lo fece.
Tumblr media
insieme a Lauren Bacall alla prima di Come Sposare Un Milionario, 1953
Giacché si cita Betty Grable: nel ’53 Marilyn era nel pieno della sua scalata al successo: automaticamente venne paragonata alla Grable, di dieci anni più grande e, ai suoi tempi, la pin-up più famosa d’America. I media e la Fox inventarono una inesistente faida tra le due, e organizzarono un servizio fotografico di Marilyn proprio davanti al camerino della Grable, come a voler suggerire che Betty, ormai, era cosa vecchia. La lealtà di Marilyn nei confronti della sua collega non vacillò nemmeno per un attimo, e si rifiutò di posare per le foto.
Tumblr media
con Betty Grable sul set di Come Sposare Un Milionario, 1953
Jane Russell ricorda come, durante le riprese de Gli Uomini Preferiscono Le Bionde, Marilyn lavorasse alle coreografie fino a notte, ben oltre l’orario in cui Jane aveva “timbrato il cartellino” ed era tornata a casa, e come il giorno seguente arrivasse anche un’ora prima di lei. Solo, poi non trovava il coraggio di presentarsi sul set (nel film “Marilyn”, che racconta la lavorazione de Il Principe E La Ballerina, lo si vede chiaramente). Così Jane Russell aveva preso l’abitudine di “passarla a prendere” in camerino (sì, alla fine riuscì ad averlo) e di accompagnarla.
Infine, anche per Robert Mitchum Marilyn era una delle persone più divertenti che avesse incontrato, generosa, compassionevole, una persona che, nonostante quella sensazione di inadeguatezza che provava, si impegnava tantissimo. Sempre Mitchum, intervistato con Jane Russell e James Dougherty, chiude un po’ il cerchio iniziato con Julia di SMASH:
È stata tradita, se vogliamo, da persone di cui si fidava. E lei continuava comunque a fidarsi di loro e a supportarle. Era quello, sapete, la gente approfittava della sua innata generosità, e la usava. Davvero, [rivolto alla Russell, che annuisce] tu lo sai.
Allontanandoci dal mondo del cinema, un altro aneddoto interessante ha come protagonista la “Regina del jazz”. Nel 1955 Ella Fitzgerald non riusciva a ottenere un ingaggio nel famoso nightclub “Mocambo”, in quanto il proprietario non la riteneva glamour abbastanza per cantare nel suo locale (la questione razziale - sebbene fosse una problematica importante in quegli anni - era estranea in questa circostanza: al Mocambo avevano già cantato molti altri artisti neri). In merito, la “First lady della canzone” ebbe a ricordare:
Sono davvero in debito con Marilyn Monroe. È stato grazie a lei che cantai al Mocambo, un nightclub molto popolare negli anni Cinquanta. Ha personalmente chiamato il proprietario, e gli disse che mi voleva immediatamente scritturata, e che, se l’avesse fatto, lei avrebbe preso un tavolo in prima fila tutte le sere. Gli disse - ed era vero, dato lo status di superstar di Marilyn - che la stampa sarebbe impazzita. Il proprietario acconsentì, e Marilyn era lì, in prima fila, tutte le sere. La stampa fu entusiasta. Dopo quello, non ho mai più dovuto suonare in un piccolo club. Era una donna insolita - più avanti dei tempi in cui viveva. E non lo sapeva.
Tumblr media
insieme a Ella Fitzgerald
A proposito dell’essere avanti con i tempi: nel 1955 fondò, insieme al fotografo Milton Greene, la sua personale casa di produzione, la “Marilyn Monroe Productions”, nella speranza di avere un maggiore controllo sui ruoli da interpretare. Produsse un solo film, Il Principe E La Ballerina (e collaborò a Fermata d’Autobus), ma ciò rese Marilyn una delle prime donne nell’industria cinematografica (la seconda, per essere precisi: la prima è stata Mary Pickford), a essere anche imprenditrice. E per una donna che viveva negli anni Cinquanta, un periodo di maschilismo imperante (DiMaggio insisteva perché rinunciasse alla sua carriera), direi che si tratta di un risultato considerevole.
Ma la modernità di Marilyn non sta solo in questo: la si rinviene anche nelle sue idee progressiste, nel suo auspicare l’uguaglianza dei diritti per i neri, nel suo identificarsi con la classe lavoratrice, nel pretendere uno stipendio adeguato e proporzionato (un problema, questo, che per una donna lavoratrice è attuale oggi come allora), e nel rispetto per gli animali (sottolineato, quest’ultimo, anche nel suo personaggio ne Gli spostati, che Arthur Miller scrisse per lei, ma forse ricalcandolo eccessivamente sulla sua vita tormentata).
A sex-symbol becomes a thing, I just hate being a thing. But if I’m going to be a symbol of something, I’d rather have it sex than some other things we’ve got symbols of.
Una delle cose che più mi hanno colpito, guardando le sue interviste, è l’aura di semplicità, purezza e ingenuità che emana. Tutti aspetti che potrebbero essere riassunti sotto la più ampia categoria dell’innocenza (“innocente” è l’aggettivo che in SMASH usano più spesso per descriverla).
Per Truman Capote (che per il film tratto dal suo romanzo “Colazione da Tiffany” voleva proprio lei come protagonista), Marilyn era una “bellissima bambina”.
La scrittrice Karen Blixen, dopo averla incontrata, scrisse che Marilyn 
irradia, allo stesso tempo, una sfrenata vitalità e una sorta di incredibile innocenza. Ho visto la stessa cosa in un cucciolo di leonessa […]. Non dimenticherò mai la schiacciante sensazione di indomabile forza e dolcezza che trasmetteva. Tutta la natura selvaggia dell’Africa mi osservava con energica giocosità.
Sembra tutto estremamente ossimorico (perfino il titolo del post lo è, perché gli dei sono immortali per definizione): la parola che meglio la rappresenta è “innocenza”, e tutto il mondo la conosce come sex-symbol.
Un ruolo, quello di sex-symbol, di “blonde bombshell” cui era stata confinata suo malgrado, che non solo sembra stridere con la sua personalità, ma anche, paradossalmente, proprio con il suo aspetto esteriore, con quel viso da ragazzina catturato in così tante foto, e con quella timidezza che emerge nelle interviste.
Tumblr media
sul set di Fermata d’Autobus, 1956
Prima che Candle In The Wind venisse re-interpretata per Lady Diana, la canzone più famosa di Elton John illustra chiaramente questo aspetto: il contrasto tra la persona, fragile e così tanto bisognosa di amare e di essere amata, e l’immagine di bomba sexy con cui la si presentava al pubblico e che, si credeva, fosse l’unica cosa che al pubblico interessasse. Così, di fronte alla tragedia di una giovane donna che, verosimilmente, si era appena tolta la vita, l’autore della canzone critica il morboso interesse dei giornali per il particolare del corpo rinvenuto nudo:
Loneliness was tough / the toughest role you ever played / Hollywood created a superstar / and pain was the price you paid / Even when you died / all the press still hounded you / all the papers had to say / was that Marilyn was found in the nude
The body is meant to be seen, not all coverd up
Ciò non toglie che lei fosse perfettamente consapevole dell’effetto che faceva alle persone. In generale, piaceva sia agli uomini che alle donne: con le sue origini umili, la sua schiettezza e l’ironia, il suo essere sexy ma sempre elegante e mai volgare (anche e soprattutto negli atteggiamenti - ma Joan Crawford non era troppo d’accordo) aveva conquistato tutti. Certo, se la platea maschile la venerava come una dea, delineare il rapporto col pubblico femminile è un po’ più complesso. C’era una parte di questo pubblico che vedeva in lei una bambina sperduta e ne aveva compassione: dopo la sua morte, molte donne telefonarono a uno dei suoi medici, Hyman Engelberg, dicendogli che se avessero avuto idea che Marilyn fosse nei guai, avrebbero fatto di tutto per aiutarla. Un’altra parte, invece, quella che aveva deciso di restarle indifferente, aveva molti meno riguardi (“Ho sempre avuto talento nell’irritare le donne fin da quando avevo quattordici anni”, scrive nella sua autobiografia).
Quel pubblico era geloso perché temeva che gli rubasse mariti e fidanzati (l’attrice Zsa Zsa Gabor non voleva che rivolgesse la parola al marito George Sanders), la tacciava di volgarità nel vestire, e riteneva che non vi fosse bisogno che “mostrasse” continuamente il suo fisico, visto che tutti sapevano che ce l’aveva (quel fisico che, nonostante gli altalenanti aumenti e perdite di peso dovuti soprattutto alle sfortunate gravidanze - osservatela in A Qualcuno Piace Caldo - fu sempre invidiato).
Tumblr media
la celeberrima scena della piscina in Something’s Got To Give, 1962
Marilyn, d’altro canto, era convinta che se qualcuno aveva deciso di odiarla, l’avrebbe odiata a prescindere dai vestiti più o meno suggestivi che indossava.
In merito, c’è un aneddoto che a che fare con un sacco di patate. Ci sono due versioni della storia: la prima riguarda una giornalista che avrebbe definito volgare la scelta di Marilyn di indossare un abito corto rosso a un party, insinuando che un sacco di patate sarebbe stato più opportuno. L’altra versione, invece, si riferisce all’opinione di qualcuno che una persona come Marilyn sarebbe risultata sexy persino indossando un sacco di patate. Lo si volle dimostrare:
Tumblr media
due scatti dal servizio fotografico di Earl Theisen, 1951
If I play a stupid girl, and ask a stupid question, I have to follow it through. What am I supposed to do, look intelligent?
In ogni caso, è un peccato - e uno spreco - che i ruoli che le offrivano tendessero sempre a sottolineare l’aspetto della blonde bombshell. Che venisse vista soltanto come la bionda procace e svampita - lei che svampita non era affatto -, e che sia questa l’immagine che ci è stata tramandata. Perché, parlando di Marilyn, la gente dimentica che sta parlando di due persone distinte: da un lato la persona pubblica, quella che interpreta i personaggi svampiti, dall’altro la persona privata, quella che la sera seguiva le lezioni di letteratura e storia americana alla UCLA, che sapeva suonare il piano, che leggeva Dostoevskij (quanto avrebbe voluto recitare in un adattamento de I Fratelli Karamazov!), Hemingway e Joyce e che scribacchiava nei suoi diari appunti sul rinascimento italiano.
Tumblr media
non avendo un’immagine con la risoluzione più alta vi rimando direttamente al libro edito da Feltrinelli “Fragments. Poesie, appunti, lettere”. Però nella pagina di destra potete leggere abbastanza chiaramente, ad esempio, “Machiavelli (1469-1527)”, “Botticelli”. Immediatamente sopra, c’è un piccolo albero genealogico della famiglia de’ Medici
Marilyn, proprio perché non aveva completato gli studi (non aveva finito il liceo), non smise mai di sentirsi “inferiore”, e per tutta la sua vita cercò di rimediare a questa mancanza, soprattutto leggendo. Il matrimonio con Arthur Miller servì anche po’ a convincerla che, in effetti, non era certo meno intelligente di altre persone, perché altrimenti Miller - uomo di cultura - non si sarebbe interessato a lei. Anche se poi Miller, nel corso del loro matrimonio, le fece pesare la sua “superiorità” intellettuale.
People had a habit of looking at me as if I were some kind of mirror instead of a person. They didn't see me, they saw their own lewd thoughts, then they white-masked themselves by calling me the lewd one
Però ancora oggi, se pensate a Marilyn, la prima cosa che vi viene in mente è la scena del vestito sollevato dal vento della metropolitana in Quando La Moglie È In Vacanza.
Tumblr media
“Senta il vento della sotterranea! Che delizia!”
Quella scena, girata a New York tra Lexington Avenue e la 52esima strada e che doveva essere soltanto divertente, si trasformò invece in qualcosa di “sessuale”, scatenando le ire e le gelosie dell’allora marito Joe DiMaggio, lì presente: Billy Wilder continuava a farla ripetere, sempre più zoomata (tanto che la stessa Marilyn si chiese se tutte quelle riprese fossero effettivamente per il film, o destinate a circolare alle feste degli amici del regista) e, nonostante fosse piena notte, una gran folla si era radunata per assistere (“You wanna see what her husband sees / just wait for the next subway breeze” cantava Will Chase in SMASH, nei panni del giocatore di baseball). Fu proprio in quel momento, mentre si girava una delle scene più famose della storia del cinema, che il matrimonio con DiMaggio si incrinò definitivamente. Ironia della sorte, la sequenza che compare nel film non è quella, ma la sua seconda versione girata in studio, senza pubblico.
I knew how third rate I was. I could actually feel my lack of talent, as if it were cheap clothes I was wearing inside. But my God, how I wanted to learn, to change, to improve!
È un peccato, quindi, quest’ostinazione a volerla considerare solo come “bomba sexy”, perché Marilyn non soltanto era bellissima, ma era anche un’attrice di incredibile talento. Talento tanto più tangibile quanto più si conoscono gli enormi problemi - soprattutto i ritardi e la difficoltà a ricordare le battute - da lei causati sul set. Se osservate la sua magnifica interpretazione di Zucchero Candito in A Qualcuno Piace Caldo - per la quale vinse un Golden Globe come “migliore attrice in un film commedia o musicale” - vi sembrerà assurdo pensare che ci vollero, tra le tante altre cose, ben 47 ciak perché riuscisse a recitare correttamente una battuta semplice come “Sono io, Zucchero”.
Tumblr media
Oltre alla produzione di A Qualcuno Piace Caldo, durante la quale perse il bambino che stava aspettando dal marito Arthur Miller, furono notoriamente problematiche anche quelle de Il Principe E La Ballerina, quella de Gli Spostati e quella di Something’s Got To Give.
Lawrence Olivier, regista e co-protagonista de Il Principe E La Ballerina, non faceva mistero di stimarla poco, per lui era solo una ragazzina stupida: quando Marilyn chiese un’indicazione su una scena circa le motivazioni del suo personaggio, lui rispose “devi solo essere sexy, è quello che sai fare”. Per una che (lo spiegherò meglio fra un po’) ha sempre sperato che la gente la prendesse in considerazione non soltanto per la sua bellezza, quel commentò fu di un’incredibile - e gratuita - cattiveria. Una Marilyn estremamente turbata e umiliata divenne preda dell’insicurezza: ecco allora i soliti ritardi, e il continuo e spasmodico bisogno di affidarsi al parere della sua drama coach, Paula Strasberg. Una presenza costante, quella della Strasberg (e negli anni addietro quella di Natasha Lytess), in moltissimi film, che si traduceva quasi in una sorta di “sottomissione” da parte di Marilyn: indipendentemente da quello che diceva il regista, se Paula riteneva che la scena fosse da rifare, Marilyn la rifaceva. Accrescendo nell’attrice la dipendenza nei suoi confronti, credo che l’abbia parecchio danneggiata (e credo anche che fosse una di quelle persone di cui parlava Robert Mitchum, che approfittavano della generosità di Marilyn per i loro vantaggi). Alla fine delle riprese, comunque, Marilyn si scusò con tutta la troupe e il cast. Inoltre, sempre durante la lavorazione del film, trovò un taccuino di Miller in cui il drammaturgo si chiedeva se averla sposata fosse stata la scelta giusta.
Tumblr media
Il Principe E La Ballerina fu girato a Londra, e lì la regina di Hollywood ebbe occasione di incontrare la regina d’Inghilterra, alla premiere del film La Battaglia Di Rio De La Plata, 29 ottobre 1956. Curiosità: Elisabetta II e Marilyn erano coetanee: la regina, di poco più grande, è nata il 21 aprile 1926, l’attrice l‘1 di giugno
L’esperienza de Gli Spostati (in un periodo, per Marilyn, di grande fragilità psicologica) fu così estenuante che Clark Gable morì di infarto poco tempo dopo aver finito di girare. Iniziò anche a circolare la voce che la vedova, Kay, accusasse Marilyn di averne provocato la morte a causa dello stress cui l’aveva sottoposto, che andava ad aggiungersi a quello delle già faticose riprese nel deserto (Gable, comunque, che fumava e beveva molto, era già in pessima forma fisica). Tuttavia, Kay invitò Marilyn al battesimo del figlio (nato dopo la scomparsa del padre), e lei, che aveva preso malissimo la notizia della morte di Gable, ne fu felice: evidentemente, non la incolpava sul serio della morte del marito.
In ogni caso, diamo a Cesare quel che è di Cesare, perché i problemi non venivano solo da Marilyn: Montgomery Clift aveva un comportamento abbastanza auto-distruttivo (Marilyn commentò “è la sola persona che conosco a essere messa peggio di me”), e il regista John Huston sperperava i soldi della produzione giocando d’azzardo. Però, incolpare soltanto Marilyn era più facile.
Tumblr media
Gli spostati, 1961
Da Something’s Got To Give, invece, fu licenziata perché considerata instabile e inaffidabile: mancò dal set per malattia 17 giorni su 30 di riprese, quando c’era arrivava spesso in ritardo e capitava che non riuscisse a concentrarsi. Uno degli episodi che più irritò la Fox fu l’essersi assentata per partecipare al gala per il compleanno di J.F.K. (la sua “Happy birthday, mr. President”, cantata in un vestito talmente attillato che le fu cucito addosso, è diventata iconica). In realtà tale partecipazione (su invito della Casa Bianca) era stata approvata dai produttori tempo prima, ma quelli, all’epoca, non avrebbero certo potuto immaginare che il film avrebbe subito così tanti ritardi. Il suo comportamento fu quindi giudicato - in effetti lo era - irresponsabile. L’8 giugno, Marilyn fu licenziata e sostituita.
Solo che Dean Martin, l’altro protagonista, rifiutò di continuare senza Marilyn, e se ne andò anche lui. La produzione era stata bloccata, e tutti si trovarono senza lavoro, incolpando di questo Marilyn. Lei riuscì a convincere la Fox a riassumerla (vi furono concessioni da entrambe le parti: lei avrebbe rinunciato a Paula Strasberg, la Fox sostituì il regista) e a riprendere la lavorazione, ma morì prima di avere l’occasione di completare il film.
La cosa buffa, comunque, è che le sue interpretazioni ne Il Principe E La Ballerina, A Qualcuno Piace Caldo e Gli Spostati, furono tutte molto lodate.
Ora, se Marilyn la si ricorda soprattutto per le commedie, in cui risaltavano i suoi eccezionali tempi comici, i (pochi) ruoli drammatici che ha interpretato dimostrano però che era in grado di fare molto altro. Guardate La Tua Bocca Brucia (in cui, giovanissima e con pochissima esperienza, diede una delle sue migliori interpretazioni, ricchissima di sfumature e a tratti anche inquietante), Fermata d’Autobus (una delle sue performance più celebrate) o Gli Spostati, e ve ne renderete conto immediatamente.
Tumblr media
La Tua Bocca Brucia, 1952
If I say I want to grow as an actress, they look at my figure. If I say I want to develop, to learn my craft, they laugh. Somehow they don’t expect me to be serious about my work
Professionalmente, Marilyn desiderava solo una cosa: essere presa sul serio. Non voleva altro che una possibilità di emergere per le sue capacità ed essere apprezzata per il suo talento, e non solo per il suo corpo.
Tumblr media
alla vista della gigantografia che promuoveva Quando La Moglie È In Vacanza, Marilyn disse a Eli Wallach: “vedi, ecco quello che pensano di me, l’unica cosa che pensano di me”
Per un periodo, economicamente la 20th Century Fox navigò in cattive acque. Una delle cose che la tenevano ancora a galla erano i film di Marilyn, la quale, ricordo, nemmeno veniva pagata in modo proporzionato al ritorno economico che procurava. Così, la Fox cercava di produrre più film di Marilyn possibile, costringendola a recitare in pellicole che a lei non piacevano. Nella maggior parte dei casi non le permettevano nemmeno di visionare i copioni, e lei si trovava a dover accettare i ruoli a scatola chiusa (ruoli che tanto, lo sapeva, erano sempre uguali). Quando Marilyn decise di far valere le proprie ragioni, rifiutando di prendere parte all’ennesima scialba commediola, The Girl In Pink Tights, (in cui, di nuovo, era sottopagata rispetto al co-protagonista, che doveva essere Frank Sinatra), la Fox la sospese senza paga.
Tumblr media
il telegramma, datato 15 gennaio 1954 e indirizzato al vicepresidente della Fox Darryl Zanuck, con cui rifiutava il film: “I finally received script. I am exceedingly sorry, but I do not like it. Sincerely, Marilyn Monroe”
Spinta dal desiderio di migliorarsi, di diventare un’artista a tutto tondo, nel 1955 lasciò il glamour di Los Angeles e le costrizioni degli studios, in favore della più artisticamente stimolante New York. Qui decise, non senza umiltà e modestia, di ricominciare come allieva, e iniziò a frequentare, all’Actors Studio, le lezioni del maestro d’arte drammatica Lee Strasberg.
Tumblr media
durante una lezione. Terza fila a sinistra, a partire dal basso
Gli insegnamenti di Strasberg vennero subito messi a frutto nell’acclamato Fermata d’Autobus, dove per la prima volta da quando la sua immagine era stata associata così indelebilmente a quella della bionda svampita, era alle prese con un personaggio sfumato e complesso.
In effetti, mi domando spesso che tipo di attrice sarebbe potuta diventare, se le cose fossero andate diversamente.
To put it bluntly, I seem to have a whole superstructure with no foundation. But I'm working on the foundation
Potrebbe darcene una piccola idea Something’s Got To Give, rimasto incompleto, e di cui, riorganizzando tutto il materiale girato, decenni dopo vennero montati 37 minuti.
Tumblr media
screen test per Something’s Got To Give, 1962
Si tratta sempre di una commedia, ma aveva tutte le potenzialità per permettere a Marilyn una transizione dagli stereotipati ruoli precedenti, e che sono rimasti i suoi più famosi. Non che non ne avesse avuti di interessanti e di una certa profondità (o non avesse preso parte ad uno dei più bei film della storia del cinema, Eva Contro Eva - ma anche qui il ruolo era sempre lo stesso),
Tumblr media
insieme alla leggenda di Hollywood Bette Davis e al premio Oscar Anne Baxter (quest’ultima sua collega in diversi altri film) in Eva Contro Eva, 1950
penso ad esempio a La Tua Bocca Brucia o a Fermata d’Autobus, ma non sono quelli con cui il grande pubblico la ricorda. Nomini Marilyn Monroe a qualcuno, e quello non va a pensare alla babysitter mentalmente disturbata di La Tua Bocca Brucia, ma alla “cretina” che diventa intelligente quando le serve de Gli Uomini Preferiscono Le Bionde, alla “patata del piano di sopra” di Quando La Moglie È In Vacanza, alla cacciatrice di ricconi cieca come una talpa di Come Sposare Un Milionario (ruoli che comunque io ho amato tantissimo, specie il primo e l’ultimo).
Tumblr media
Come Sposare Un Milionario, 1953
Pur facendola restare nel genere che più di ogni altro le era congeniale, quello comico, Something’s Got To Give, la storia di una donna che torna a casa dopo aver trascorso cinque anni su un’isola deserta a causa di un naufragio, che incontra i figli cresciuti senza di lei e trova un marito pronto a risposarsi dopo che il tribunale l’ha dichiarata legalmente morta, poteva rivelarsi una grandissima opportunità, se le cose non fossero andate come invece, purtroppo, sono andate.
Tra l’altro, vi confesso che non è stato facilissimo - da persona senzzzibbile quale sono - guardare quel poco che esiste del film e il documentario sulla sua realizzazione, sapendo che se ne sarebbe andata in pochi mesi, in circostanze mai chiarite.
Sometimes I think it would be easier to avoid old age, to die young, but then you’d never complete your life, would you? You’d never wholly know yourself
Le indagini relative alla sua scomparsa furono condotte in modo superficiale e approssimativo, forse addirittura insabbiate, e lo stesso medico legale chiuse il rapporto con “probabile suicidio”, quindi senza fornire alcuna certezza. I teorici del complotto, invece, escludono categoricamente che si sia tolta la vita (intenzionalmente o accidentalmente), sostenendo l’idea dell’omicidio (commissionato o dai Kennedy, per evitare degli scandali politici, o dalla mafia, per ricattare i Kennedy dato che l’attrice era legata a loro).
Nel corso della sua vita, Marilyn ha fatto più volte commenti riguardo al suicidio. Non solo commenti, se decidiamo di credere alle voci sui diversi tentativi, come quello nel dicembre del 1950 dopo la morte di Johnny Hyde, l’agente che le procurò i ruoli in Giungla d’Asfalto e Eva Contro Eva (ruoli minori, ma film importanti), e a cui Marilyn era profondamente legata.
Nella sua autobiografia, scritta insieme al giornalista, scrittore e sceneggiatore premio Oscar Ben Hecht, ad esempio racconta di quanto, da bambina, si sentisse sola e volesse morire. I riferimenti veri e propri al suicidio, in ogni caso, nel corso del libro compaiono solo due volte. Uno è generico, ed è semplicemente una metafora per dire che le cose, se anche vanno male, non sono mai solo nere: “Quando sei giovane e in salute, il lunedì puoi pensare di suicidarti, e il mercoledì stai ridendo di nuovo”. Un altro, invece, è terribilmente specifico, così specifico da farmi credere che sia stato aggiunto ad hoc da qualcun altro in un secondo momento, in quella che per me è solo una bieca operazione di marketing (giova far presente che il libro è stato pubblicato per la prima volta solo dieci anni dopo la sua morte):
Ero il tipo di ragazza che trovano morta in una camera da letto con una scatola vuota di pillole per dormire in mano.
Ma la sua dichiarazione più interessante in merito è questa:
Il suicidio è un privilegio della persona. Non penso sia un peccato o un crimine, è un tuo diritto se lo fai. Però non ti porta da nessuna parte.
A parte il fatto che la pensiamo allo stesso modo (è così che ho provato a farmi una ragione della morte di Robin Williams - e come me molti altri, a quanto leggevo all’epoca su Twitter), quando inizi ad interessarti alla figura di Marilyn Monroe, un po’ di tempo lo passi per forza cercando di capire quale, delle tre ipotesi avanzate sulla sua scomparsa, appaia più credibile: overdose di barbiturici volontaria, accidentale, oppure omicidio?
A voler guardare, ci sono buone argomentazioni a sostegno di tutte e tre, e io non mi sono ancora formata un’opinione precisa. Certo, in merito alla prima ipotesi (quella con cui è più facile, emozionalmente, venire a patti), ascoltando la registrazione audio della sua ultima intervista, caratterizzata dalla sua risata squillante, e in cui parla dei progetti futuri, sembra impossibile pensare che possa essere la voce di una persona che si sarebbe tolta la vita pochi giorni dopo. Lo stesso Richard Meryman, l’intervistatore, disse in seguito che “Marilyn era senza dubbio una donna che soffriva, ma non ho mai avuto sentore che si trattasse di una donna che stava concedendo la sua ultima intervista”.
Tumblr media
uno degli scatti di Allan Grant durante l’intervista per Life Magazine, 1962
L’ipotesi dell’omicidio la escludo per ragioni meramente emotive, semplicemente perché è orribile pensare che possa essere stata ammazzata. Mi resta la seconda opzione, l’incidente, che comunque non è certo meno tragica della terza. Anche nella miniserie The Secret Life of Marilyn Monroe (con Marilyn interpretata da Kelli Garner, il cui ritratto che dà della diva mi è piaciuto molto di più di quello di Michelle Williams nel dimenticabile Marilyn) è stata percorsa questa strada.
In verità c’è anche un’ulteriore - tristissima - ipotesi, che è una via di mezzo tra la premeditazione e l’incidente. Il già citato medico Engelberg si disse convinto che potesse trattarsi, all’inizio, di overdose intenzionale ma che poi, mentre sprofondava nel torpore, Marilyn avesse cambiato idea, e per questo fece una telefonata, verosimilmente per chiedere aiuto, a Peter Lawford (cognato di John e Robert Kennedy). Fu così, in effetti, che venne ritrovata: prona sul letto, con la cornetta del telefono ancora in mano.
Invece l’amico fotografo George Barris, con il quale stava lavorando a un libro proprio in quel periodo, rimase sempre convinto - sebbene non ne avesse le prove - che si trattasse di omicidio.
Tumblr media
il servizio di George Barris a Malibu Beach, luglio 1962
Leggendo quel libro, infatti, emerge un’incredibile energia, un’incredibile voglia di vivere. Aveva lo sguardo rivolto al futuro, era piena di progetti e di idee. A meno che non fingesse (così bene, e così tanto), l’impressione che se ne ricava è la stessa che ha avuto anche Meryman: che non fosse una persona che avesse deciso di farla finita.
È anche vero, però, che nell’ultimo periodo della sua vita, Marilyn non stava affatto bene. Si sentiva sola, il presidente Kennedy l’aveva usata e illusa, la sua carriera sembrava a uno stallo: né Facciamo l’Amore né Gli Spostati ottennero dei buoni risultati al botteghino, da Something’s Got To Give era stata licenziata, e forse l’essere stata riassunta non bastò a scuoterle di dosso l’ansia e la paura.
Ricevette alcune telefonate, il giorno prima di morire (una anche dal figliastro Joe DiMaggio jr, di cui fu molto felice) e alcune ne fece, perché aveva bisogno di parlare con qualcuno, di sentire qualche voce amica, tra cui George Barris, a cui chiese se potevano vedersi. Lui aveva da fare, e la cosa finì così. Ad appena trentasei anni, una notte d’agosto, Marilyn morì in una spaventosa solitudine.
Tumblr media
la sua morte non fu uno shock solo negli Stati Uniti, questa italianissima rassegna stampa lo dimostra. La proporzione del mito di Marilyn la si coglie anche da qui: tutte le prime pagine dei giornali, nazionali e internazionali, furono per lei, in una maniera non dissimile a quanto avviene per i capi di Stato o per il Papa
In ogni caso, che avesse preso le pillole per poter dormire quella notte o per sempre, o addirittura che si sia trattato di omicidio, quel che è certo è che la sua morte non l’ha resa più mito di quanto non fosse già. Avvicinandomi alla figura di Marilyn consapevole del suo status attuale di icona, infatti, ho cercato di capire se la sua leggenda sia dovuta (in minima o massima parte) alla sua morte prematura, come è accaduto a Brandon Lee negli anni ’90.
La risposta è che Marilyn era una leggenda già quando era in vita. La sua simpatica prima apparizione in tv, al Jack Benny Show (nel 1953), fu vista dalla cifra record di oltre cinquanta milioni di spettatori. E nella sua visita alle truppe di stanza in Corea del Sud, nel febbraio del ’54, dove si esibì in una decina di show davanti a un totale di centomila soldati, l’entusiasmo dei marine era incontenibile. Uno di loro, in una lettera alla madre, scrisse “Quando è apparsa sul palco, c’è stato come un sussulto del pubblico - un unico sussulto moltiplicato per 12,000 soldati è davvero un gran sussulto”.
Dal vivo (esperienza nuova per lei, che era attrice di cinema e non di teatro) di fronte ad un pubblico tanto vasto, per la prima volta Marilyn Monroe si rese conto di cosa significasse realmente essere Marilyn Monroe. Giusto per inquadrare bene la situazione, la scena che l’ha definitivamente consacrata come sex-symbol, quella della metropolitana, sarebbe stata girata sette mesi dopo.
Tumblr media
Marilyn si esibisce in “Diamonds are a girl’s best friend” davanti a un’oceanica folla di soldati
La sua tragica scomparsa, quindi, che è andata a porre fine a una vita baciata dal successo ma piena di sofferenza personale (e, se vogliamo, un po’ anche professionale), ne ha semplicemente conservata intatta la memoria, cristallizzandola nella storia, unica e inimitabile.
Ma qual è l’eredità di Marilyn? Me lo sono domandata spesso mentre scrivevo questo post e mi documentavo (anche più del dovuto, lo vedrete nell’appendice), notando quanto ancora la percezione del suo personaggio è distorta, estremamente focalizzata su quegli aspetti da cui Marilyn ha provato per tutta la vita a prendere le distanze. Credo che la risposta me l’abbia data una canzone di SMASH, quella che più di tutte, la prima volta che l’ho ascoltata, mi ha lasciata emotivamente e psicologicamente traballante: Don’t forget me.
Lì, Marilyn chiede al pubblico di ricordarla per quanto di buono aveva, per quanto tenacemente ha lottato, e non per quanto duramente ha sofferto (“Yes, the price I paid was all I had / but at last, I found release / and if something good can come from bad / the past can rest in peace”).
I versi di questa canzone, affidati alla voce di Katharine McPhee, fanno di Marilyn Monroe un ritratto meraviglioso: una persona che, nonostante le difficoltà, è riuscita a trovare la sua strada, restando sempre fedele a se stessa a dispetto di quanti invece volevano si conformasse all’idea che avevano di lei (“But they didn't buy me when they bought my name”). E tuttavia una persona ancora tanto fragile che, memore della sua solitudine, prega di non venire dimenticata (“Oh if you see someone's hurt / and in need of a hand / don't forget me”). Credo che il lascito di Marilyn sia proprio questo: quella che per lei è stata una fiaba senza lieto fine, la bambina trascurata che diventa principessa ma poi viene inghiottita dalle tenebre, per noi diviene monito, avvertimento. Il che, se ci pensate, è lo scopo proprio delle fiabe: ci pongono di fronte al dolore, ce ne rendono consapevoli, ma ci insegnano anche a non arrenderci e a lottare per superare le difficoltà. La malinconia dell’”orfana” Norma Jeane e il riscatto della diva Marilyn Monroe ci raccontano proprio questo. Soltanto, nella speranza che a noi sia concesso l’happy ending che a lei fu negato.
Please, don’t make me look like a joke
La prego, non mi faccia diventare una barzelletta. Finisca l’intervista con ciò in cui credo. Non mi dispiace raccontare barzellette, ma non voglio sembrarne una.
Chissà se la bambina che veniva accompagnata al cinema perché costava meno di una babysitter, e che poi sarebbe cresciuta spendendo lì propri risparmi, avrebbe mai immaginato che ne avrebbe scritto la storia. O che avrebbero girato film e telefilm su di lei. Chissà se la ragazza che leggeva perché si sentiva inferiore, avrebbe mai immaginato che sarebbe stata il soggetto di centinaia di libri. Chissà se la donna che aveva così tanta paura di diventare una barzelletta, avrebbe mai immaginato che sarebbe divenuta tutt’altro: un’icona e un mito intramontabile, famosa oggi quanto lo era allora, e conosciuta anche da chi i suoi film non li ha nemmeno mai visti.
All’inizio del post scrivevo che Marilyn, nell’impossibilità di decifrare quel je ne sais quoi che la rendeva quello che era, non la puoi spiegare, ma solo raccontare, solo descrivere. Sempre in SMASH, Megan Hilty canta Second hand white baby grand, in cui la si paragona a un pianoforte rotto e di seconda mano, e tuttavia capace di produrre una melodia meravigliosa. Ecco, se si vuole provare a descriverla, credo non ci sia immagine più suggestiva e accurata per farlo.
Tumblr media
APPENDICE
Siccome ho l’ossessione per la documentazione (fa pure rima), per scrivere questo post ho letto e visto una quantità imbarazzante di roba. Qui di seguito l’elenco di tutte le fonti sui cui mi sono basata.
Filmografia
Quando ho detto di aver visto “tutta” la filmografia di Marilyn (un po’ in inglese, e un po’ in italiano), in realtà non è proprio vero: mi manca solo Il messicano, che non sono riuscita a reperire nemmeno vendendo l’anima al diavolo. Comunque poco male, ha una sola scena, di un minuto, e l’ho vista su YouTube. Per il resto, ho guardato anche i film in cui la si vede solo per pochi secondi (Scudda Hoo! Scudda Hay), e in cui appare solo come comparsa in mezzo alla folla (I Verdi Pascoli Del Wyoming) (ho perso otto diottrie cercando di individuarla, e non ci sono manco riuscita).
1947
Dangerous years [comparsa, accreditata]
1948
Scudda Hoo! Scudda Hay! [comparsa, non accreditata]
I verdi pascoli del Wyoming [comparsa, non accreditata]
Orchidea bionda [primo ruolo da protagonista, primo film musicale]
1949
Una notte sui tetti [comparsa]
1950
La figlia dello sceriffo [comparsa]
Giungla d'asfalto
Eva contro Eva
Lo spaccone vagabondo
Il messicano [comparsa, non accreditata]
1951
Home town story
L'affascinante bugiardo
Memorie di un dongiovanni
Mia moglie si sposa
1952
La confessione della signora Doyle [primo film in cui il suo nome compare - nei crediti iniziali - prima del titolo]
Matrimoni a sorpresa
La tua bocca brucia
Il magnifico scherzo
La giostra umana
1953
Niagara [il film che l'ha resa una star; Andy Warhol ha usato una foto promozionale di questo film per la sua famosa serigrafia]
Gli uomini preferiscono le bionde
Come sposare un milionario
1954
La magnifica preda
Follie dell'anno
1955
Quando la moglie è in vacanza [nomination BAFTA per la miglior attrice straniera]
1956
Fermata d'autobus
1957
Il principe e la ballerina [unico film prodotto dalla Marilyn Monroe Productions; David di Donatello per la miglior attrice straniera, nomination BAFTA per la miglior attrice straniera]
1959
A qualcuno piace caldo [Golden Globe per la migliore attrice in un film commedia o musicale]
1960
Facciamo l'amore [ultimo film musicale]
1961
Gli spostati [ultimo film completo]
1962
Something's got to give [incompleto]
Bibliografia / Articoli
I libri su Marilyn sono un’infinità, ma non è facile capire cosa andare a leggere, perché molti autori citano fatti senza preoccuparsi di menzionare le fonti, lasciando il lettore nel dubbio se quanto ha letto sia attendibile o meno. Per non parlare poi della quantità enorme di libri che illustrano le teorie del complotto e che, secondo me, lasciano un po’ il tempo che trovano. Per questo, ho scelto di leggere i libri il più possibile “vicini” alla materia di cui si parla: alcuni vengono proprio da Marilyn, come l’autobiografia, i Frammenti, e il libri-intervista, uno dell’amico fotografo George Barris, l’altro del giornalista Georges Belmont. Altri, invece, che si focalizzano sulla sua professione di attrice. Cito titoli in inglese perché tutti i libri li ho letti in inglese:
My story - Marilyn Monroe & Ben Hecht
Fragments: poems, intimate notes, letters - Marilyn Monroe (a cura di  Stanley Buchthal e Bernard Comment)
Marilyn: her life in her own words - George Barris
Marilyn: Norma Jeane - Gloria Steinem
Marilyn Monroe: her life in pictures - James Spada & George Zeno
Marilyn Monroe and the camera - Georges Belmont
Marilyn Monroe: a life of the actress - Carl Rollyson
By myself and then some - Lauren Bacall
“A beautiful child” - Truman Capote (un capitolo - che racconta di un pomeriggio trascorso insieme - del libro “Music for Chameleons”)
“Marilyn lets her hair down about being famous” - intervista di Richard Meryman pubblicata su Life Magazine (3 agosto 1962)
“Marilyn Monroe, un mito inimitabile” - articolo di Francesca Mazzalai pubblicato su Airone n. 341 (settembre 2009)
Documentari / Interviste
Di tutti questi documentari, l’unico che non mi sento di consigliare è quello di La storia siamo noi: in diversi punti non l’ho trovato molto accurato, e in generale dai toni fin troppo melodrammatici e fastidiosamente sensazionalistici.
Atlantide - Tutte le donne del presidente
Atlantide - Marilyn Monroe
Love, Marilyn
Reel Life - Marilyn Monroe
The mortal goddess
Marilyn Monroe - the final days
La storia siamo noi - Marilyn Monroe: i nastri segreti
Jane Russell, Robert Mitchum and James Dougherty meet to talk about Marilyn Monroe
Jane Russell interviewed about Marilyn Monroe and Gentlemen Prefer Blondes
Film / Miniserie / Telefilm
Ovviamente non annovero i film e le serie tra le “fonti” vere e proprie, in quanto molti aspetti sono stati parecchio romanzati, ma volevo togliermi la curiosità di vedere in che modo Marilyn veniva rappresentata. La colonna sonora di SMASH, comunque, è veramente curata dal punto di vista biografico.
Marilyn, film
The secret life of Marilyn Monroe, miniserie in due puntate
The Kennedys, miniserie in otto puntate
SMASH, telefilm
16 notes · View notes