#Quarta di copertina
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George Orwell - Una boccata d'aria
Non avrei potuto iniziare meglio le letture del 2025: si riparte da George Orwell, in assoluto uno dei miei scrittori preferiti, talento visionario e profondo, autore di una produzione letteraria che spazia dal romanzo alla saggistica passando per gli articoli giornalistici e le recensioni. Oltre il sempre citato, e poco letto, 1984 Orwell ha scritto romanzi capaci di far riflettere i lettori…
#George Orwell#Mondadori#Orwell#Oscar Mondadori#Quarta di copertina#Recensione#Recensioni#Una boccata d&039;aria
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ho finito la quarta stagione di Prison Break e non posso credere che Michael sia m0rto 😭
#che poi salvando le puntate su tv time nella copertina della quinta lui c'è e pure nel film BOH#che poi so che la quinta è uscita anni dopo la quarta e quindi potrebbe essere un finale alternativo con lui presente#ma fa comunque stranissimo#mio fratello l'ha già vista e mi ha detto che secondo lui il vero finale è quello della quarta#in ogni caso da aggiungere alle m0rti peggiori delle serie tv come marissa di the oc e jennifer di dawson's creek#però immagino chi la seguisse anni fa nel vedere il finale della quarta e la serie si pensava conclusa 💔#prison break
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Avete per caso da suggerirmi dei romanzi di ambientazione Siciliana? Sono quelli che amo di più, quando per caso ne trovo li compro anche (quasi) a scatola chiusa - l' esame "quarta, copertina e pagina a caso" non si può omettere - e anche qualche romanzo che parla di cucina o ristoranti, niente di impegnativo, magari un po' romantico (non stile Harmony🤦🏻♀️). Sto riuscendo a riprendere a leggere e ho fame di titoli. Grazie a tutti! 🥰
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Platee Sconfinate
Chi ha frequentato il Liceo Classico, probabilmente, ricorderà una versione tratta da un testo di Plutarco dal titolo Il Teatro di Euripide salva gli Ateniesi prigionieri a Siracusa. Si racconta infatti che dopo la disfatta, inaspettata, dell'esercito ateniese giunto in Sicilia per conquistare le colonie dell'Isola, i prigionieri guerrieri vennero stipati nella latomie: cave di pietra prima, furono poi "convertite" a mega carcere per le centinaia di prigionieri. Fredde d'inverno e torride d'estate, essere imprigionati nelle latomie equivaleva a una condanna a morte: i prigionieri ateniesi furono lasciati morire di fame e di stenti, senza alcuna possibilità di fuga. Plutarco racconta però che i Siracusani, popolo colto e ricco, "amavano Euripide più di tutti gli altri Greci delle colonie" dando ristoro, o addirittura liberando, i guerrieri che ne conoscevano a memoria qualche brano. I sopravvissuti, narra l'aneddoto, quando fecero ritorno a casa, andarono a ringraziare persino il grande drammaturgo.
Questa vicenda ha una parte vera e una falsa: la vera, è che i prigionieri ateniesi davvero morirono di fame nelle latomie di Siracusa. La falsa è che l'aneddoto, divenuto celeberrimo, è appunto falso, e prima di Plutarco ne scrisse uno simile un biografo di Euripide, Satiro di Callatis, autore di molte biografie, quasi tutte perdute, ma di cui è rimasta una parte di quella di Euripide. Tuttavia il nostro Satiro è famoso principe del Metodo Cameleonte, dal nome del peripatetico Cameleonte di Eraclea, che iniziò a scrivere biografie basate a pure combinazioni e deduzioni, ai pettegolezzi e alle cronache scandalose della commedia, e al romanzesco e al leggendario (che non vuol dire che sia sempre fonte inattendibile, ma che va presa con non una ma tre pinze).
Eppure questa leggenda ha ispirato un filologo libano-irlandese, Ferdia Lennon, per scrivere un romanzo, che ho amato tantissimo, che tramite il Mito affronta situazioni davvero profonde, attualissime, usando una scrittura vivace, elettrica e piena di soprese.
Lennon immagina che due vasai disoccupati, il brillante Gelone e Lampo, zoppo e frugale, presagendo che la sconfitta di Atene possa portare alla perdita del grande patrimonio culturale della stessa, si mettano in testa di fare una rappresentazione teatrale con gli atenesi prigionieri nella latomie. Ma non una cosa qualsiasi, bensì un pastiche tra Medea e Le Troiane, le due tragedie leggendarie di Euripide, opere che furono rappresentate la prima poco prima della Guerra del Peloponneso nel 431 a.C., la seconda ebbe la prima ad Atene nel 415 a.C., proprio pochi mesi prima della disfatta di Siracusa. Il progetto è già arcigno, dato lo stato cadaverico degli Ateniesi prigionieri, delle pressioni dei Siracusani e dalle difficoltà nell'allestimento, ma con una serie di imprese al limite dell'eroico, i nostri riescono a farsi fare i costumi, le maschere, le scene e mettono su lo spettacolo. Non vi dico di più, perchè la storia va avanti e di molto, e spero di incuriosirvi con questi altri aspetti per andare da soli a leggere come va a finire.
Innanzitutto la lingua di Lennon, resa magnifica dalla traduzione di Valentina Daniele: peculiare per ogni protagonista, ricca di immagini potentissime, a volte aulica a volte sporca, le invenzioni di traduzione (gli aristo, per definire le classi ricche, o l'uso del mi' ma', mi' pa' per definire colloquialmente i genitori) rende la lettura piacevolissima. La costruzione dei personaggi, soprattutto i principali, il retto e saggio Gelone contro lo spirito intraprendente, al limite del furbesco, di Lampo. Le metafore che quell'impresa offre: il rapporto con l'altro, il ruolo del ricordo, la guerra e le sue conseguenze, persino il ruolo e la potenza dell'Arte come linguaggio universale. Ne esce fuori un libro gioiello, edito tra l'altro da una casa editrice, NN, che nella quarta di copertina ha questo passo: In questo libro c'è un Uomo Nudo. Ciò vuol dire offrire ai lettori storie di uomini che si concepiscono diversi e lottano per questa diversità, lontano da modelli e maschere di padri e pari. C’è, in sostanza, la volontà di stimolare una riflessione collettiva sul maschile, quindi quando troverete questo segnale in copertina, sapete a cosa state per andare incontro.
Che è un ulteriore buon motivo per leggere un libro che mi ha affascinato come pochi.
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Non temo la morte. Temo la morte non dignitosa. (Esempio. Sono in libreria. Noto un libro di Fabio Volo. Ho un impulso autolesionistico. Prendo il libro per leggere la quarta di copertina. Infarto. Muoio. Cadavere con libro di Fabio Volo. No, non voglio morire così.)
[L'Ideota]
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Oltre alla cover per il "Disney100 Marvel variant program" per la medesima ricorrenza ho realizzato una delle speciali graphic novel di "Once upon a Mouse in … the Future" su soggetto dell' incredibile Francesco Artibani e sceneggiatura del mitico Carlo Panaro, un grande onore per me, ringrazio in particolare Stefano Ambrosio. Arriva anche in Italia in un prezioso volume celebrativo, contenuto in una "steelbox deluxe con effetto olografico" in edizione limitata insieme alle altre disegnate da autori eccezionali per Panini Comics e mercoledì su Topolino magazine. Ecco il bozzetto della cover che comparirà sulla quarta di copertina.
In addition to the cover for the "Disney100 Marvel variant program" for the same anniversary I created one of the special graphic novels of "Once upon a Mouse in … the Future" based on the story of the incredible Francesco Artibani and screenplay by the legendary Carlo Panaro, a great honor for me, I especially thank Stefano Ambrosio. It also arrives in Italy in a precious celebratory volume, contained in a limited edition "deluxe steelbox with holographic effect" together with the others designed by exceptional artists for Panini Comics and on Wednesday in Topolino magazine. Here is the sketch of the cover that will appear on the back cover
#paolo de lorenzi#drawing#disney#disney comics#Dianey100#the walt disney company#mickey mouse#donald duck#goofy#comic art#topolino magazine
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Mi sono perdutamente innamorata.
Tra la copertina e la quarta, 352 pagine da mozzare il fiato.
“Rebecca Solnit afferma che la speranza comporta l’accettazione dell’ignoto, un’alternativa alla perentorietà dell’ottimista.
L'ottimista è convinto che tutto si sistemerà senza il suo coinvolgimento. Il pessimista sceglie la posizione opposta. Entrambi hanno una scusa per evitare di agire.
Secondo lei, accettando l'incertezza accettiamo anche di poter influenzare il risultato. La speranza trova la sua ragion d’essere nel fatto che non sappiamo cosa accadrà e che nell'immensità dell'incertezza c'è lo spazio per agire."
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Questo uomo no, #137 - Quello che parla dei libri che non ha letto per dimostrare di non sapere le cose di cui parla
Mi scuso in anticipo per la parentesi molto personale, ma certe cose fanno davvero troppo ridere e credo sia giusto farne esempio utile a più persone possibile.
Di per sé il tipo di maschilista di cui parlo non sarebbe un soggetto nuovo, rappresenta l'ennesima versione di ignorante che merita un posto nella Armata delle Tenebre. Però in questo caso mi ha molto colpito che l'ignoranza venisse proprio da una categoria alla quale appartengo: quella di chi lavora in filosofia. In più (ignoranza al quadrato?) parlando di un libro che affronta argomenti di filosofia: il mio ultimo.
Il soggetto in questione - non importa il nome come non importa il titolo del mio libro, tanto è una scenetta che puntualmente si ripete a ogni libro che tratti di problemi di genere commentato da chi lavora con la filosofia - si produce su un social in un primo commento che già da solo, secondo la nota "Lewis' Law", giustifica l'esistenza del libro stesso:
Ovviamente non mi sento colpevole affatto, visto che descrivo semplicemente chi sono secondo concetti assolutamente non colpevolizzanti - se li si conosce e li si sa usare. Non vorrei citarmi addosso di nuovo, ma qui si legge evidentemente una coda di paglia enorme, resa rogo fiammeggiante dalla maschia immagine di un Platone intento a prendermi a pugni. Almeno forse mi riterrebbe degno dei suoi colpi; uno che scrive usando i concetti in questo modo probabilmente a Platone farebbe tanto schifo da non volerlo toccare manco per menarlo.
Ma il meglio deve ancora venire: sollecitato da un suo "amico" sui social, il nostro lascia la prova che il libro di cui parla non l'ha letto, o se l'ha letto ha capito cose che non erano nel libro ma già nella sua testa:
Basta anche solo leggere la quarta di copertina o le bandelle del mio libro per rendersi conto che lamento proprio (tra le altre cose) il fatto che i filosofi hanno sempre messo molto poco, nel loro lavoro, del loro corpo sessuato. In più, Butler praticamente non la cito manco per sbaglio; essendo una post-strutturalista, forse "costruttivista" come viene detto ma certo non fenomenologa come lo sono io, non "uso" in nessun modo il suo pensiero.
Poi vabbè, tutta la pomposa storiella su ideologia e religione rientra nella solita retorica ignorante "antigender" che come vedete è stata ben assimilata senza un briciolo di ricerca o di critica anche da chi ha una cattedra universitaria in filosofia (sì, il soggetto autore delle parole sopra riportate rientra in questa nobile categoria).
Ah, per chi se lo chiedesse: sì, il commento in cui si invoca la pistola (di altro "amico" suo di social) sarebbe da querela, ma già non ho tempo da perdere con gli ignoranti, figuriamoci con i loro amici.
Il problema non è essere d'accordo o no con quello che scrivo eh, figuriamoci. Intravedo un problema più grande nell'essere un cattedratico di filosofia e professare maschilismo ignorante senza neanche rendersene conto. Che è esattamente uno degli argomenti del mio ultimo libro.
Non posso che ringraziare pubblicamente l'autore di questa involontaria ma utile dimostrazione di quanto sostengo. Aggiungo che no, questo uomo no.
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Ascoltando le storie del podcast dell'avvento della mia amica ho scoperto che una delle mie autrici preferite da ragazzina è stata molto più prolifica di quanto sapessi e che, soprattutto, ha avuto una vita molto più particolare di quanto mi sarei mai aspettata.
Nel podcast viene solo accennato, ma la mia amica mi ha consigliato anche la puntata di Morgana in cui si parla di Louisa May Alcott e adesso sarei proprio curiosa di leggere anche altre delle sue opere.
La prossima rilettura di Piccole Donne avrà sicuramente un altro sapore ora che so qualcosa in più su di lei. Altro che quarta di copertina, ci vorrebbe una piccola biografia in calce a tutti i libri, specie quelli di formazione.
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Criteri non ben definiti
Confesso di non avere ancora capito bene cosa mi spinga a prendere libri di scrittori che non conosco oppure che conosco ma non ho mai letto. Principalmente potrebbe essere un certo gusto per l'azzardo, anche se confesso che gli unici campi in cui rischio davvero sono la letteratura, il cinema e i cartoni animati. Sul momento, la mia curiosità è stimolata da diversi elementi: l'estetica del libro (mi è capitato di prendere volumi dall'aspetto osceno), le sue condizioni (se mi interessa davvero, lo prendo anche se è a brandelli), il titolo dell'opera o il suo argomento se si tratta di un saggio, le informazioni in quarta di copertina, l'editore, la sua rarità, il fatto che lo ricercassi da tempo. E ce ne saranno sicuramente altri che mi dimentico e che in fin dei conti non sono così importanti. Perché, alla fine di tutto, se qualcosa mi interessa davvero lo prendo. Altrimenti se ne rimane lì dove sta. E vaffanculo.
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Attraversando il canneto
Non ho mai avuto paura di contaminarmi, non ho capito se perché mi sento invulnerabile o già contaminata. Abbandonare il buon gusto e il buon senso e immergermi nei loro opposti, non costituisce un problema per me. Arrivo al punto: un Autore mi invierà un suo romanzo, basato su fatti che egli dice reali, perché io ne faccia una recensione. Sono stata io, per prima, a chiedere informazioni su uno, in particolare, dei fatti narrati nel libro.
E il fatto è questo: che Leopardi avrebbe dettato una poesia dall'aldilà. Oh, chiamarla poesia è uno sproposito: si tratta di pochi versi, in rima da filastrocca. Vero è che la modalità di trasmissione usata, il bicchierino che si muove sulle lettere, non è delle più comode, e per la sua macchinosa lentezza non incoraggia a dettar poemi.
Sento già la mia stessa voce che dice: scappa finché sei in tempo, non sprecare la tua intelligenza (quale?) in un campo che Leopardi avrebbe biasimato e da cui non può derivargli onore.
Vi racconto un fatto: poco più di un anno fa, agli inizi del mio periodo d'interesse per Leopardi e lo spiritismo (strana combinazione), m'imbattei in un libro che, a quanto diceva la quarta di copertina, avrebbe riportato, fra le altre, una comunicazione di Leopardi fatta tramite la voce di una medium, nel corso di una delle sedute di un circolo medianico. Pur bruciando di curiosità, prima di acquistare il libro, ritenni opportuno consultare lo stesso Leopardi (1), per evitare di mancargli di rispetto, leggendo qualcosa che lui non approvasse.
Lui mi disse che ricordava quella seduta, e la fatica che aveva dovuto fare per farsi largo nella mente della medium, e mi spiegò la sua sensazione inviandomi l'immagine di un posto abituale e caro per la medium stessa, un canneto presso uno specchio o corso d'acqua, attraverso il quale lui doveva procedere spostando le canne, senza però spezzarle.
Considerai la spiegazione un implicito permesso di leggere il libro, che difatti acquistai.
Qualche tempo dopo la sua lettura, mi venne la curiosità di vedere la faccia della medium, e così ne cercai il nome su Internet: aveva un profilo Facebook. Lo guardai: l'immagine di copertina era un canneto, identico a quello inviatomi nella mente da Leopardi.
In oltre un anno si sono verificate tante di quelle coincidenze che non le distinguo né le enumero più. Se le avessi raccontate a uno psichiatra, mi avrebbe già prescritto un antipsicotico.
(1) Vi prego di prendere tutto ciò che racconto con le pinze, esattamente come faccio io stessa: dagli avvenimenti accaduti non deduco nulla, non "credo" in nulla. Guardo il tutto dall'esterno, con una punta di divertimento e d'ironia. Sono acerrima nemica della ciarlataneria, di chi vuol creare confusione sui saperi per trarne vantaggio, con furbizia, viltà o piccineria intellettuale. Penso perciò di poter rimandare l'assunzione di un antipsicotico a tempo indeterminato.
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«Ho ripreso a leggere, famelica.
Come se le lettere, le parole, i paragrafi e i capitoli fossero cibo. Sono stata a digiuno, senza fame, con un senso di sopraffazione come se tutto ciò che riguardasse la lettura mi creasse disgusto.
Continuavo ad acquistare ma già la quarta di copertina mi creava problemi.
Ora no. Forse.
Ora devo sapere, conoscere, viaggiare.»
Carla Porcaro su FB
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Il pericolo mortale delle religioni
Joris-Karl Huysmans morì di cancro dopo essersi convertito al cristianesimo, come recita la quarta di copertina del volume indicato.
Post hoc inde propter hoc (Dopo questo fatto e quindi a causa di questo fatto)?
J. K. Huysmans, [Là-Bas, 1891] L'abisso, Milano, SugarCo, 1990 [Trad. A. Galli Zugaro]
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Storia Di Musica #273 - Todd Rundgren, Something/Anything?, 1972
Le storie di musiche di Aprile hanno avuto il tratto comune di copertine con i fiori. I garofani stilizzati poco rappresentano un disco che, per mantenerci nella metafora, ha la qualità, la quantità e la bellezza di un grandioso orto botanico. Protagonista assoluto di questo capolavoro è Todd Rundgren. È una di quelle figure che in uno studio di registrazione sa fare di tutto: musicista, compositore, arrangiatore, produttore, a cui si aggiungono le magie di tecnico del suono, alcune pioneristiche che faranno scuola, appassionato anche di tecniche di registrazione video, il tutto sublimato in un carattere giocoso e bizzarro, che si rifletterà anche nelle sue scelte musicali e artistiche. È giovanissimo quando entra nel primo gruppo, i Nazz, quartetto rock pop che si rifaceva nel suono al beat inglese degli inizi degli anni ‘60. Nel 1969 i Nazz si separano. Rundgren è già un fiume in piena e pubblica a cavallo tra 1970 e 1971 due dischi, Runt (soprannome che gli ha dato Patti Smith) che ha il primo hit nel singolo We Gotta Get You A Woman, il secondo inaugura la fortunata collaborazione con la casa editrice Bearsville, fondata dal manager di Bob Dylan, Albert Grossman. La casa editrice aveva un meraviglioso studio di registrazione vicino Woodstock, nei pressi dove anche Dylan aveva una graziosa villa di campagna, e lì Rundgren sperimenterà tutta la sua creatività. In primis, come produttore: tra gli altri produrrà Paul Butterfiled, i Badfingers, la band di Robbie Robertson ma soprattutto i Grand Funk Railroad e Bat Out Of Hell di Meat Loaf nel 1977, con cui avrà successi commerciali giganteschi. Tutta la sua passione per la musica si esprime al meglio in questo doppio disco che esce nel 1972: 4 facciate che sono un inno d’amore alla musica, soprattutto la grande stagione del Brill Buildings, della canzone d’autore americana ma dove i spazia verso il rock, il proto punk, le sperimentazioni. Rundgren le prime tre facciate, ed è clamoroso, le suona, le arrangia e le produce tutto da solo: suonando tutti gli strumenti e cantando in tutti i brani. La quarta facciata, pensata come un mini musical concept, lo vede affiancato da un gruppo di grandi artisti tra cui Rick Derringer alla chitarra, Michael Brecker ai fiati, alcuni musicisti della Paul Butterfield Band. La parte personale la registra a Los Angeles, utilizzando anche tecniche rivoluzionarie all’epoca, come un sintetizzatore VSC3, uno dei primi utilizzati (e ci sono dei piccoli frammenti vocali nel disco dove Rundgren ne descrive l’utilizzo, si ascolti la bellezza strumentale di Breathless, che sembra 10 anni avanti il 1972), il resto a Woodstock. Le melodie orecchiabili che nelle note di copertina sono descritte in verità sono un’amalgama disumana di bravura e di passione, sebbene siano chiari i fari di ispirazioni per Rundgren. In scaletta pezzi che diventeranno hit come I Saw The Light, ispirata al suono dei Beatles, It Wouldn't Have Made Any Difference, altra hit, in stile Motown, The Night The Carousel Burnt Down, canzone da night club, cristallina e deliziosa. Sperimenta di tutto: i ritmi latini in One More Day (No World), sonda il blues in I Went To The Mirror, è cupo e dannato nella gotica Black Maria, satura di feedback chitarristici, omaggia persino Hendrix nella bellissima Little Red Lights. Saving Grace inizia con la voce distorta dal sintetizzatore ma continua come una grande ballad alla Bacharach, con degli arrangiamenti perfetti per tutto il disco. Se proprio si vuole concentrare in un brano la varietà di questo lavoro direi che basta Slut, che chiude l’ultima facciata: blues, boogie, rock'and roll urlato sguaiatamente, cori femminili, un vortice che prende spunto dal Wall of Sound spectoriano e che sale di potenza fino alla fine. Una prova magistrale, che lo impone come uno dei maestri della musica, per la sua eclettica grandezza. Il disco vende benissimo, e Rundgren ci prende gusto e ci riprova l’anno dopo con l’ancora più ambizioso A Wizard A True Star (titolo enfatico su come si sente lui stesso nel panorama musicale), dove il suo stile fantasioso raggiunge il massimo, e avrà un singolo in classifica in International Feel e nella rilettura del brano Never Never Land dal cartone animato di Peter Pan. Il trittico si conclude nel ‘74 con un altro doppio, Todd, anche stavolta realizzato quasi tutti da solo. Nello stesso anno, nascono gli Utopia, che lo accompagneranno per il resto della sua carriera, alternando dischi a nome solista a dischi a nome Utopia. Resta il fatto che Something/Anything? rimane una delle più memorabili espressioni di capacità musicali di un singolo musicista, e forse il più grande album “enciclopedico” di power pop. È stabilmente in tutte le classifiche dei più grandi dischi della storia, come esempio anche di eccessiva autostima, che però scivola via subito ascoltando la bellezza delle sue composizioni.
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Ringo Starr, batterista
Autore: Antonio BacciocchiEditore: [LOW]Pagine: 160 Nella quarta di copertina di questo Ringo Starr, batterista, c’è una frase molto bella: “Prima di tutto sono un batterista, poi sono altre cose. Non ho mai suonato la batteria per fare soldi. Ho suonato la batteria perché la amavo e la amo. La mia anima è quella di un batterista“. L’ha pronunciata Ringo Starr in un’intervista del 1984 ma calza…
#Antonio Bacciocchi#Beatles#fardrock#Joyello#Libro#LOW Edizioni#recensioni#Ringo Starr#Ringo Starr; batterista
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