#Paolo Sensini
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bergamorisvegliata · 7 months ago
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SUCCEDE A BERGAMO
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Pochi appuntamenti ma di grande rilievo nella Bergamasca a partire già da stasera (VENERDì 17 MAGGIO) quando alle ore 21 presso il CineTeatro Gavazzeni di Seriate arriverà Matteo Gracis a presentare un "Incontro tra anime irrequiete" promosso dall'associazione "Onda Vitale".
Sabato 25 maggio alle 16.30 si parlerà di "Terrorismo di Stato e metodi di governo" presso la nuova sede dell'associazione "Noi - il popolo" ora sita in via Coghetti 28. A fare da relatore sarà il saggista Paolo Sensini noto per aver ideato numerosi "No Paura Day" nel triste periodo della "pandemia" e del "green pass", presentato dal Presidente dell'associazione Andrea Fahrat.
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Il giorno dopo, domenica 26 maggio, (alle 14.30) torna l'appuntamento mensile con Giuliano Falciani dell'associazione "SaraS" che parlerà del "Le molte dimore evolutive dell'universo" presso l'auditorium della Biblioteca di Colognola in via San Sisto / angolo via Della Vittoria 1.
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Sempre domenioca 26 maggio al Parco Alessandri di Albino ci sarà un "Festival Olistico" (inizio alle 10 e conclusione alle 18) organizzato dall'associazione "Le botteghe di Albino", con -tra le tante iniziative-
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una conferenza alle ore 15 sull'inquinamento elettromagnetico e geopatogeno e come proteggersi, e le varie tematiche illustrate da Donatella Milesi.
Passiamo al mese di giugno dove torna anche un appuntamento con "Nomofobia",
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anzi, più esattamente con il "Transumanesimo, metaverso, intelligenza artificiale" venerdì 14 giugno alle 20.45 al Teatro del Borgo di Ranica per un interessante dibattito condotto da Gianfranco Amato.
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elarea · 2 years ago
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Duelo rioplatense sin goles (1997)
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Hace 26 años se disputó el primer partido por Eliminatorias entre Uruguay y Argentina. Empataron sin goles en el Estadio Centenario.
Eliminatorias Copa del Mundo Francia 1998
Estadio: Centenario, Montevideo
Árbitro: Márcio Rezende (Brasil)
Líneas: Jorge Oliveira (Brasil), Arnaldo Pinto (Brasil)
Uruguay: Robert Siboldi; Washington Tais, José Herrera, Paolo Montero, Gustavo Méndez; Eber Moas, Nelson Abeijón, Gabriel Cedrés, Pablo Bengoechea; Enzo Francescoli (69’ Álvaro Recoba), Daniel Fonseca (58’ Sebastián Abreu). 
D.T.: Juan Ahuntchain
Argentina: Ignacio González; José Chamot, Nelson Vivas, Néstor Sensini, Pablo Paz; Matías Almeyda, Diego Simeone, Chrstian Bassedas, Néstor Gorosito (56’ Hernán Crespo); Ariel Ortega, Gabriel Batistuta . 
D.T.: Daniel Passarella
Fuente I AUF
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abr · 3 years ago
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Quattro dosi in meno di un anno non sono un vaccino, ma una terapia. E una terapia obbligatoria in assenza di malattia conclamata è qualcosa di mostruoso. Ma a voi sfiorerebbe l’idea di fare la chemio solo per evitare la possibilità che vi venga il cancro?” Paolo Sensini
https://twitter.com/rainiero43/status/1511050893751377931
La chemio NON è il paragone giusto. Questa, oltre ad avere poderosi e riconosciuti effetti collaterali, qualcosa fa. Il cd “vaccino” - in realtà una terapia genica sperimentale - tutela forse per due/tre mesi dalle varianti passate l’anno prima.  
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falcemartello · 4 years ago
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Ci sono varie forme di terrorismo psicologico, ma il peggiore è senza dubbio quello che vi strappa la vita col pretesto di fare il vostro bene.
Paolo Sensini
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Afrika Hart... Africa finalmente
Afrika Hart… Africa finalmente
LIBRO “Afrika Hart… Africa finalmente” di Fabio Pistone, Bolis Edizioni Prefazione di Paolo Sensini Sono trascorsi esattamente cinquant’anni dal fatidico ’68, l’anno che ha «sconvolto il mondo”, com’è stato pomposamente descritto in tante pubblicazioni. Un traguardo di tempo che, se trasposto sul piano matrimoniale, viene festeggiato con le proverbiali nozze d’oro. Ma è anche una sequenza…
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libreriamilitareblog · 7 years ago
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Libro della Settimana 15 - 21 Gennaio 2018
Libro della Settimana 15 – 21 Gennaio 2018
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Questa settimana in occasione dell’incontro con l’autore Paolo Sensini (Giovedì 18 gennaio, ore 18.15 inLibreria Militare), il volume scelto dalla Libreria Militare è: Articolo codice 19935 Paolo Sensini Divide et impera. Strategie del caos per il XXI secolo nel Vicino Medio Oriente Pagine 322 Formato 21×14 Copertina brossura Lingua ITA (Italiano) – Prezzo: 24.00 € Ampia analisi dell’attuale…
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atomicgiveranchor-blog · 3 years ago
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Riempire Piazza Duomo! Con Paolo Sensini e Gian Marco Capitani
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samdelpapa · 4 years ago
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 Italia - Repubblica - Socializzazione
 . da  http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=46869 Il mondialismo ebraico-americano da Pearl Harbor a Damasco  don Curzio Nitoglia (24/12/2013) Prologo Nei due articoli sulle cause delle due guerre mondiali (1), pubblicati recentemente nel sito doncurzionitoglia.com, ho parlato delle occasioni create dagli USA per entrare in guerra ed estendere il suo dominio sull'Europa (2). Nel presente articolo cerco di far un po' di luce sulle vicende vicino e medio orientali, che dall'Afghanistan (2001), all'Iraq (2003), alla Libia, alla Tunisia e Siria (2011-2013) ci stanno portando sull'orlo di una guerra mondiale, in cui la posta in palio è il dominio della quasi totalità del globo che l'imperialismo americano e israeliano (3) vogliono estendere anche sul mondo arabo («Nuovo Ordine Mondiale») e di lì arrivare alla Russia di Putin (già intaccata dalle rivoluzioni arancioni del Novanta, pilotate dalla CIA, e riscoppiate proprio in questi giorni in Ucraina (4)) e ad arrestare l'avanzata economica della Cina (5), la quale nel 2004 ha firmato un contratto di scambi economici, concernenti il petrolio ed i gas naturali, di 120 miliardi di dollari con Teheran. Ecco uno dei motivi per cui la Cina si opporrebbe ad un cambio di regime in Siria, che significherebbe la rovina dell'Iran e una grave crisi economica cinese. Si noti che milioni di musulmani qaidisti vivono in Russia ed in Cina. Basta guardare una cartina geografica e si vede che a partire dal Libano -andando verso l'est- si giunge in Siria, da questa all'Iraq, e quindi all'Iran al nord-est del quale si giunge in Russia, la quale a sua volta confina ad est con la Cina e a sud-est con l'Afghanistan. Quindi la caduta della Siria comporterebbe un terremoto nei Paesi confinanti: il Libano ad ovest (vicino oriente), l'Iraq e l'Iran ad est (medio oriente) ed infine la Russia e la Cina (estremo oriente). Dopo di che il «Nuovo Ordine Mondiale» sarebbe concluso e perfetto dall'Atlantico al vicino, medio ed estremo oriente, ossia «a mare usque ad marem». L'ultima occasione sfruttata dall'America, come abbiamo visto, è stata quella della base navale e aerea di 'Pearl Harbor' nel dicembre del 1941. Dopo la fine della seconda guerra mondiale gli USA e l'URSS si impadronirono a Yalta (1945/46) del mondo dividendolo in due blocchi: quello occidentale/atlantico e quello orientale/bolscevico. Il crollo dell'URSS (1989-1991) Con il crollo dell'Impero sovietico, dopo la caduta del «muro di Berlino» e la sconfitta dei sovietici in Afghanistan (1989-1991), la parte orientale del globo si trovava senza un padrone, in preda ad un terremoto geopolitico, con ricadute probabilissime anche sul mondo arabo. Essa poteva essere occupata dagli USA, che erano restati l'unica superpotenza mondiale, la quale dispone tutt'ora nel medio oriente di due alleati di ferro: Israele e l'Arabia Saudita (6), accomunati dall'odio verso il nazionalismo-sociale arabo e l'Iran (7). Ma per entrare in guerra la Costituzione americana esige che gli USA siano attaccati o si trovino sotto un grave pericolo imminente. Quindi doveva presentarsi all'orizzonte americano «una nuova Pearl Harbor». L'11 settembre o la nuova 'Pearl Harbor' L'11 settembre del 2001, con l'attacco alle Due Torri Gemelle (8), l'America ha avuto la sua 'nuova Pearl Harbor', ha invaso l'Afghanistan (7 ottobre 2001) (9) e poi l'Iraq (20 marzo 2003) (10), quindi nel 2011 son scoppiate le rivoluzioni «primaverili» arabe che le hanno dato la possibilità di estendere il suo dominio in Egitto, Libia, Tunisia, ma si è impantanata in Siria, la quale è stata aiutata dall'Iran, dal Libano, dalla Russia di Putin e dalla Cina (11). Gli USA stanno cercando di erigere il 'Nuovo Ordine Mondiale' nel vicino e medio oriente, i quali negli anni Novanta non gravitavano più sotto l'impero sovietico e che solo con la Russia di Putin hanno ritrovato un potente alleato in quest'ultima diecina di anni. Israele (appoggiato dai neocon americani, Kristol, Perle, Wolfowitz, Rumsfeld, Kagan, Pipes, Bennett, Bolton e Leeden (12)) ha elaborato un piano analogo. Nel
febbraio del 1982 il giornalista israeliano Oded Yion ha scritto per il ministero degli Esteri di Tel Aviv un interessante articolo pubblicato sulla rivista israeliana "Kivunim" su La strategia d'Israele negli anni Ottanta del Novecento (13). Tale piano prevedeva già nel 1982 la «dissoluzione della Siria, dell'Iraq e del Libano» (14). Si tratta di una «instabilità costruttiva», la quale si basa su tre pilastri: 1°) creare e gestire conflitti inter-etnici in medio oriente; 2°) favorire lo spezzettamento geopolitico del mondo arabo; 3°) favorire il settarismo salafita, wahabita, qaidista, jihaidista e della 'Fratellanza Musulmana'. La frammentazione del mondo arabo voluta dal Mondialismo Il mondo arabo attuale è stato messo assieme da Francia e Inghilterra alla fine della prima guerra mondiale, con la caduta dell'impero ottomano nel 1917-18 alleato con la Germania e l'Austria-Ungheria, al solo scopo di controllare le zone ricche di petroli e gas naturali (15). L'impero ottomano fu diviso allora in 19 Stati, formati da gruppi etnici e confessioni islamiche non omogenee, in modo tale che vivesse in perpetua instabilità e in un possibile conflitto interno e perciò debole ed incapace di sussistere senza l'apporto delle potenze vincitrici del primo conflitto mondiale (Inghilterra, Francia e USA) (16). L'Inghilterra il 2 novembre del 1917 aveva promesso all'ebraismo internazionale «un focolare nazionale» (Dichiarazione Balfour) (17), creando così già i primi attriti con il pur variegato mondo arabo (18), che hanno destabilizzato, in gran parte, il vicino e medio oriente ed hanno portato alla situazione attuale. Nel 1920 la Siria cercò di rendersi indipendente dal protettorato francese, ma la Francia invase Damasco il 25 luglio del 1920 e pose fine al disegno «panarabo» siriano di raccogliere attorno a Damasco alcune delle neo-Nazioni arabe, che prima del 1918 facevano parte del grande impero ottomano (19). È importante sapere che già nel 1957 i servizi segreti inglesi e americani avevano stilato un documento congiunto intitolato A Collision Course for Intervention, il quale è stato riesumato nel 2003 dal giornalista Ben Fenton (Macmillan Backed Syria Assassination Plot, in "The Guardian", 27 settembre 2003). Il documento in questione stabiliva per la Siria il seguente progetto: «occorre dispiegare uno sforzo per eliminare alcuni individui-chiave (20), destabilizzare zone interne in Siria. La 'CIA' è pronta, e il 'SIS' (oggi 'MI6') tenterà di montare sabotaggi minori e degli incidenti all'interno della Siria. Gli scontri alle frontiere forniranno un pretesto all'intervento» (21). Dopo la fine della seconda guerra mondiale nel vicino oriente frammentato si troveranno fianco a fianco lo Stato d'Israele (1948), gli Stati nazionalisti e autoritari (Siria, Iraq, Libia e Tunisia), la monarchia ultra islamista ma filo-occidentale (Arabia Saudita (22)) e le sue galassie (Giordania, Egitto e Marocco) (23). I Saud e il wahabismo Per capire quel che succede nel mondo arabo a partire dal 1948 (fondazione dello Stato d'Israele in Palestina) sino ad oggi, è necessario distinguere nell'islam i suoi due rami principali e ufficiali (sunnismo e sciismo) dalle sette scismatiche ed ereticali, che sono specialmente il wahabismo, il salafismo ed hanno come braccio armato al-qa'ida, i 'Fratelli Musulmani' e i jaidisti foraggiati dai sauditi. Queste sette odiano l'islam laico, sociale, nazionalista e pronto a collaborare con le altre confessioni religiose per il bene della Nazione (Iraq, Siria, Libia, Tunisia) e lo combattono per distruggerlo, finanziate da USA e Israele. La guerra in Siria non è una guerra civile, come dicono i media, ma un'aggressione dei wahabiti e sauditi con l'appoggio di USA, Gb e Israele. Perciò il destino della Siria riguarda, nell'immediato, anche quello dei due milioni di cristiani che abitano in essa ed attorno ad essa e, nel futuro, quello del globo intero poiché a partire dalla distruzione della Siria si vuol costruire un «Nuovo Ordine Mondiale» diretto dal giudaismo, dalla massoneria, dal calvinismo americanista e dal
liberismo selvaggio dei neocon, che si servono del qaidismo come testa d'ariete. Perciò, la questione che tratto è di capitale importanza non solo per ogni uomo ma per i cristiani, che sarebbero i primi a rimetterci in caso di vittoria dei wahabiti qaidisti. Infatti dall'Arabia Saudita, nata nel 1932 con il placet dell'Inghilterra, la famiglia regnante al-Sa'ud di confessione wahabita, ha finito per destabilizzare il già fragile equilibrio interno al mondo arabo (24). Infatti i Sauditi sono i paladini all'interno del mondo arabo dell'islam combattente (25), ma nello stesso tempo all'estero sono legati all'occidente anglo/americano e allo Stato d'Israele. Essi, perciò, lanciano l'islamismo radicale wahabita-salafita (26) contro i regimi nazionalistici arabi (sia sciiti che sunniti (27) non-wahabiti), a tutto favore del sionismo (28) e dell'americanismo, mentre all'interno professano un feroce estremismo farisaico/calvinista (29) di stampo petrolifero/islamista, come vedremo meglio innanzi. Giustamente Paolo Sensini ha scritto: ��gli Stati del Golfo e l'Arabia Saudita sono fragili contenitori che racchiudono solo petrolio» (30). Wahabismo salafita contro nazionalismo arabo Si badi bene che il wahabismo e il salafismo cercano di nascondersi dietro il sunnismo e si presentano come avversari dello sciismo, ma in realtà non hanno nulla a che vedere neppure con il sunnismo. Infatti il wahabismo è un'eresia e una setta islamica, scissa sia dal ramo sunnita che da quello sciita, fondata da Muhammad ibn 'Abd al-Wahhab († 1792) e già allora ostile ai sunniti, inoltre Muhammad ibn 'Abd al-Wahhab, è ritenuto dagli storici dell'islam comunemente un «marrano» (in arabo «ma 'min» e in turco «donme») ossia un cripto-ebreo (cfr. W. Madsen, The Donme, in «Strategic Culture Foundation», 26 ottobre 2011; M. D. Baer, The Donme: Jewish Converts, Stanford, Stanford University Press, 2010). Quanto all'ideologia salafita il suo fondatore è Jamal al-Din al-Afghani, che nel 1878 fu ammesso nella loggia massonica del Cairo di rito scozzese e nel 1883 fondò la salafiyyah(cfr. S. Amghar, Le Salafisme d'aujourd'hui. Mouvementssectaires en Occident, Parigi, Michalon, 2011; B. Rougier, Qu'est-ce que le Salafisme?, Parigi, PUF, 2008). Nel 1924 quando i wahabiti conquistarono la Mecca massacrarono i sunniti che vi abitavano. Ora l'islam si è definitivamente diviso nel 680, quasi subito dopo la morte di Maometto (632), in due rami principali: il sunnismo (che comprende circa l'80% dei musulmani, cioè 680 milioni di persone) e lo sciismo (che ne comprende circa il 16 %, vale a dire 130 milioni), mentre il wahabismo rimonta al 1700 e il salafismo al 1800, cioè circa 900/1000 anni dopo la morte di Maometto e la divisione in due rami dell'islam. I 'Fratelli Musulmani' addirittura risalgono al 1928. I media ci presentano il wahabismo come la vera tradizione islamica, invece esso si presenta e si considera come sunnita, ma in realtà è considerato dagli storici delle religioni una setta scismatica dell'islam, che «si pone agli antipodi della tradizione islamica. Si tratta di un settarismo che, grazie alle enormi disponibilità finanziarie dei Saud, si fa passare per 'islam sunnita', ma che non lo è affatto e si attribuisce da sé la qualifica di 'autentico islam' in contrasto con ogni altro ramo dell'islamismo» (La storica visita del presidente iraniano al Cairo: Ahmadinejad piange sulle tombe dei pii musulmani, in "European Phoenix", 6 febbraio 2013 (31)). Una probabile terza guerra mondiale? Il giudice Ferdinando Imposimato ha scritto un interessantissimo libro (La grande menzogna. Il ruolo del Mossad, l'enigma del Niger-gate, la minaccia atomica dell'Iran, Roma, Koinè Nuove Edizioni, 2006). In esso, con documenti alla mano, spiega la genesi degli attentati dell'11 settembre 2001, la guerra all'Iraq del 20 marzo 2003 e la probabilmente futura guerra (nucleare) all'Iran, che scatenerà una catena di ritorsioni nucleari, capaci di sconvolgere la faccia della Terra. Il magistrato parte da un recente attacco verbale contro l'ONU (Firenze, 12 novembre 2005) da parte di
Michael Ledeen (personaggio legato alla Loggia massonica P2 e al SISMI) e Richard Perle, entrambi neoconservatori americani, che dietro imput di Cheney e Rumsfeld, vogliono lanciare l'attacco atomico contro l'Iran, mettendo prima a tacere le resistenze delle Nazioni Unite. Richard Perle è «un ebreo legato al Likud, partito di estrema destra israeliana» (p. 20) e specialmente con Benjamin Netanyahu ha scavalcato a destra anche Ariel Sharon, troppo moderato verso i palestinesi. Assieme a Michael Ledeen, egli dirige l'American Enterprise Institute «noto anche in Italia per i contatti con la P2 e i servizi segreti italiani» (p. 22). Imposimato, citando Albert Einstein, si chiede: «esiste il rischio di un conflitto nucleare di portata apocalittica, che porterebbe alla fine 2/3 dell'umanità?» (p. 25). Egli risponde affermativamente, asserendo inoltre che l'Iran e la Siria sono i prossimi obiettivi dell'America. Quanto alla 2ª guerra contro l'Iraq, essa non fu la conseguenza dell'11 settembre 2001, ma «fu decisa molto tempo prima dell'attacco alle Torri gemelle» (p. 26), verso il 1999/2000. Tale guerra fu fatta «per conquistare le risorse petrolifere del medio oriente ed allargare il dominio degli USA, offrendo protezione ad Israele, esposta al rischio di un nuovo olocausto» (p. 27). Inoltre, prosegue Imposimato, è falso che «tutto sia cominciato con l'11 settembre 2001». Infatti già nel febbraio del 1993 «un camioncino con 700 chili di semtex esplose nel parcheggio del WTC» (p. 99). Il 7 agosto 1998 «alcuni camion di esplosivo con kamikaze devastarono le ambasciate americane di Nairobi in Kenia e Dar Es Salam in Tanzania» (p. 100). Infine ci fu l'informazione ricevuta dall'FBI nell'agosto 2001 di «attacchi terroristici imminenti, su larga scala, contro obiettivi altamente visibili» (p. 103). Dunque, conclude il giudice, si conosceva, e si era già costatato sin dal 1993, la capacità operativa del terrorismo anche in terra americana; ma si è voluto lasciar fare, per attaccare guerra in medio oriente, come a Pearl Halbor nel XX secolo contro il Giappone, e sulle coste di Cuba nel XIX secolo contro la Spagna. Secondo Imposimato (che dimostra sempre quel che scrive), «un governo mondiale invisibile muove le fila dei governi nazionali (…). Tutto ciò con l'avallo dell'estrema destra ebraica, il Likud…, dietro gli eventi del terzo millennio vi è un gigantesco complotto ordito per giustificare la guerra all'Iraq e preparare quella all'Iran» (p. 27). Dopo lo smacco subito in Iraq, l'America penserebbe di impiegare «armi nucleari di tipo nuovo, piccole bombe atomiche ad effetto territoriale limitato» (p. 32). George W. Bush «si avvale di consiglieri preziosi, come Karl Rove, ebreo legato al Likud, e come Dick Cheney, che ha al suo fianco Lewis Libby, anche lui ebreo vicino a Bibi Netanyahu, capo del Likud. A decidere non è solo Bush, ma lui e il suo staff, che serve anche altri padroni (…). Bush, manovrato da Cheney e Rove, pedine di Netanyahu, intende dominare il mondo con la forza e a furia di guerre preventive può coinvolgere anche l'Europa, a partire all'Iran» (p. 35). Imposimato scrive che «Bin Laden e al-Qa'ida avevano preparato e organizzato…, la sfida militare agli USA» (p.40). Ma ammette anche che «del piano sapevano in molti, e primo tra tutti il Mossad, con infiltrati ovunque, e non fecero nulla per impedire l'evento… Dall'11 settembre, il sostegno dell'America a Israele fu automatico» (p. 40). Inoltre lo scandalo dell'uranio che Saddam avrebbe voluto comprare in Niger, per prepararsi la bomba atomica, risulta essere un falso, preparato nel 2000, da un ex agente dei servizi segreti italiani e poi rilanciato dall'Inghilterra. Esso ha costituito la famosa «canna fumante» per scatenare la guerra all'Iraq che non poteva esser tirato dentro l'11 settembre, poiché estraneo alla mentalità di al-Qa'ida (cfr. pp. 41-54).Tuttavia, questa volta, la forza militare e nucleare iraniana è reale e «non può essere sottovalutata» (p. 82). Infatti «il potenziale militare dell'Iran è notevole. Teheran è in possesso di più di 500 missili
balistici Sheab-1 e Sheab-2 con una gittata da 300 a 500 km; e di un numero indeterminato di Sheab-3 che hanno una portata di 3000 km ed una carica esplosiva di 700 kg e sono in grado di raggiungere le città e le basi israeliane» (pp. 152-153). «Manca la certezza della vittoria» (p. 83) ed è solo per questo che non è ancora stata ingaggiata guerra. Inoltre, con Ahmadinajead al potere in Iran, la vittoria di Hamas in Palestina, gli Hezbollah in Libano diretti dalla Siria, si corre verso uno scontro frontale con Israele, alimentato da sionisti, neoconservatori americani e per contrapposizione da al-Qa'ida e Bin Laden. Penso -data anche l'attuale situazione creatasi in Siria, Libano e Turchia- che sia certa la guerra, resta incerto solo chi attaccherà per primo: il blocco arabo anti-israeliano oppure il sionismo-americanista? Purtroppo, uno dei due lo farà sicuramente, scatenando la reazione dell'altro, che porterà alla catastrofe nucleare mondiale. Imposimato ci ricorda che «l'Italia, secondo le dichiarazioni del generale James Jones al "New York Times", sarebbe immediatamente coinvolta nel conflitto nucleare più di altri Paesi. Essa, infatti, ospita da Aviano e Ghedi, per conto della NATO, 90 armi atomiche di cui 50 in dotazione di aerei statunitensi e 40 di aerei italiani… L'Italia rappresenta, dunque, un obiettivo nucleare dei nemici dell'America» (p. 135). Il magistrato conclude così il suo libro: «È prevedibile una serie di reazioni a catena dopo l'attacco all'Iran… Sarebbe l'apocalisse più volte evocata da Einstein» (p. 151). L'alawismo siriano e il wahabismo Ritornando alla Siria, essa non è anti-sunnita, come scrive comunemente la stampa politicamente corretta, ma anti-wahabita. In Siria i sunniti godono di piena libertà religiosa e il presidente siriano Bashar al-Assad partecipa regolarmente alle celebrazioni sunnite. Invece in Arabia Saudita è proibito insegnare la teologia sunnita tradizionale. Bashar al-Assad è nusayrita o alawita. Muhammad ibnNusayr, il fondatore del nusayrismo o alawismo, nell'872 si separò dallo sciismo e assieme ai suoi seguaci emigrò in Siria dall'Iraq. I nusayriti o alawiti sono una corrente dello sciismo di circa 1 milione di persone che vivono in Siria e nelle valli del Libano. «È grottesco che la pretesa di difendere i sunniti siriani venga proprio dall'Arabia Saudita, un regime diretto da una setta ignorante e fanatica, che ha perseguitato e assassinato i sunniti per oltre 200 anni» (32). I nusayriti si distinguono per la loro dottrina del giusto mezzo tra lo zelo esagerato («gulùw») e la negligenza («gafà») nell'osservanza dell'islam. Essi sono stati accusati dai movimenti estremisti di miscredenza («kufr») peggiore di quella degli ebrei e dei cristiani. Gli alawiti trasferitisi in Siria adottarono ivi degli elementi cristiani, si aprirono ad una certa accettazione della SS. Trinità (ma'nà, ism, bàb), festeggiano l'Epifania e la Pentecoste, hanno numerose cerimonie simili alla Messa cattolica (cfr. Mircea Eliade, Enciclopedia delle Religioni: l'Islam, Milano, Jaca Book, pp. 17-18). Il movimento wahabita-salafita predica l'odio e la guerra civile inevitabile tra i rami dell'islam, favorendo la politica anglo/americana e israeliana del divide et impera. Il wahabismo-salafita ha vari bracci armati, i 'Fratelli Musulmani' (33), i qaedisti, i talebani, che lanciano una guerra santa non contro l'occidente, ma contro i regimi nazionalisti arabi sia sciiti che sunniti. Si noti che il wahabismo è stato fondato da Muhammad ibn 'Abd al-Wahhab († 1792), ritenuto comunemente un «marrano», ossia un cripto-ebreo, che ha fatto finta esteriormente e pubblicamente di essere musulmano mentre in privato era rimasto ebreo, così come pure il primo re saudita 'Abdal-'Azizibn Sa'ud (1902-1969) (34). Non deve perciò stupire più di tanto l'alleanza tra il wahabismo e il sionismo. Infatti il wahabismo è religiosamente zelota, fanatico, farisaico e marrano; politicamente collaborazionista dell'occidente e del sionismo; socialmente liberista (35), economicamente calvinista (36) e affamatore dei poveri. Quindi
esso è capace di fornire all'America e a Israele una massa di sudditi consenzienti, sottomessi e quiescenti nella lotta contro il nazionalismo sociale arabo moderatamente islamico. Certamente all'interno dell'Arabia Saudita la monarchia Saud ha creato un'enorme povertà di massa, ma ha saputo dirottare verso l'esterno (nazionalismo arabo) il malcontento dei suoi sudditi, totalmente sottomessi ai Saud, e senza saperlo agli USA e a Israele (37). Stéphane Lacroix ha ben capito e descritto il ruolo del wahabismo saudita: «esso 1°) conferisce una forte identità ad una massa di individui alienati e impoveriti; 2°) una visione del mondo certa e assoluta, sino al manicheismo, diviso in bene e male assoluti; 3°) fornisce un surrogato di protesta contro l'ordine stabilito in Arabia Saudita, trasferendolo altrove; 4°) garantisce un rifugio spirituale e ideologico ad una massa altrimenti incerta e diseredata; 5°) promette una vita migliore anche su questa terra redenta dall'islam wahabita e jiaidista» (LesIslamistes Saoudiens, Parigi, PUF, 2010; Id. Islam in Revolution, New York, Syracuse University Press, 1995, p. 49). Il salafismo-wahabita predicando la necessità della jahd tra i diversi rami dell'islam ritiene come al-Qa'ida e Osama bin Laden (38) che ogni vero musulmano (wahabita) ha il dovere di uccidere gli infedeli, compresi i sunniti e gli sciiti. Inoltre dopo la cacciata dei sovietici dall'Afghanistan i media americani hanno tramutato i qaidisti da ex eroi anticomunisti in acerrimi nemici dell'occidente durante l'invasione americana dell'Afghanistan (2011), riempiendo il vuoto lasciato dal crollo dell'URSS e fornendo una giustificazione lungo gli anni Novanta al riarmo degli USA e all'occupazione di enormi aree strategiche per ripresentarli poi nel 2011 come i neo-patrioti contro il dittatore siriano. Di fatto molte formazioni terroristiche, violente, ramificate e ben organizzate sono marionette di alcune superpotenze che tramite i loro servizi segreti (CIA, MI6, Mossad) le riforniscono di armi, le addestrano e le supportano (39). Giovanni Filoramo spiega che il wahabismo ha suscitato una certa diffidenza i sunniti, dato il suo zelo eccessivo, esaltato, che risultava intollerabile alla mentalità sunnita tradizionale. Esso ha potuto sussistere solo grazie all'alleanza, stipulata nel 1744, con lo sceicco IbnSa'ud della casa reale Saudita e alle sue ingenti ricchezze. La polemica dei sunniti contro il wahabismo si fonda soprattutto sull'atteggiamento manicheo e farisaico dei wahabiti, i quali disprezzano tutti gli altri islamici (sunniti e sciiti) come non veri musulmani e ritengono solo se stessi l'unico vero islam (come il fariseo che sale al Tempio a pregare Dio disprezzando in cuor suo il pubblicano e tutti gli altri uomini). I teologi sunniti e sciiti ritengono che il wahabismo sia un'eresia scismatica islamica, fondata su un settarismo intemperante e fanatico, pronto a scomunicare e uccidere tutti quelli che non condividono le loro idee, in quanto ritenuti infedeli e politeisti e quindi degni di morte (cfr. G. Filoramo, Islam. Storia, dottrina, tradizioni, Bari, Laterza, 2005, pp. 260-261). Mircea Eliade sottolinea il carattere di alleanza tra wahabismo e sauditi fondato sulla divisione dei compiti: la dottrina ai wahabiti e la politica ai Saud per cui ne è nata una setta con due facce: l'una ferocemente integralista in religione (wahabismo) e l'altra pragmatica e pronta al compromesso politico (Saud); cfr. Enciclopedie delle Religioni: l'Islam, Milano, Jaca Book, pp. 684-685. Importanza teologico/escatologica della Siria nell'islam Paolo Sensini (Divide et impera, cit., p. 265) scrive che per i salafiti e i wahabiti la Siria come è oggi non esiste: essa sarebbe solo un'espressione geografica ed anzi una creazione degli infedeli, come l'Iraq. Infatti secondo il salafismo il nazionalismo, anche arabo e musulmano, che si consacra alla prosperità del proprio Paese, commette un peccato di «associazionismo» (in arabo «shirk»), ossia associa all'unico vero Dio, Allah, una miriade di false divinità o idoli, come la Nazione, la
Patria, il Popolo. I nazionalisti arabi violano il dogma religioso dell'Unicità divina (in arabo «tawhid») e quindi meritano la morte. Per i salafiti l'unica azione lecita pro Patria è la jihad o guerra santa per conquistare all'islam il medio e vicino oriente e poi il mondo intero. Il panarabismo nazionalista musulmano moderato laico e sociale è, sempre per il salafismo, un sacrilegio in quanto distrugge il dogma della madre patria musulmana in tutto l'orbe (in arabo «umma») (40). Inoltre la Siria per l'escatologia jiadista islamica rappresenta l'ultimo campo di battaglia, ossia la terra della resurrezione e del giorno del giudizio divino. Damasco, storicamente, ha un valore enorme per l'islam jihadista poiché sino al 750 fu la capitale del primo califfato, quello omayyade (41), che secondo il salafismo deve essere esteso a tutto il mondo, mediante la «guerra santa», ed oltrepassare le singole Nazioni ed anche l'Arabia intera (42). In questa divisione dell'impero ottomano a macchia di leopardo sono stati creati ad arte alcuni piccoli Stati opulenti (Arabia Saudita, Emirati, Kuwait), che concentrano in sé la quasi totalità della ricchezza disponibile, mentre un'enorme massa di diseredati vive nella più completa indigenza per mantenere l'intera regione araba in uno stato di continua agitazione e perpetua strisciante guerra clandestina che la indebolisca e la renda facile preda degli interessi israeliani e statunitensi (P. Sensini, Divide et impera, cit., p. 39). La Siria è considerata comunemente il cuore del nazionalismo arabo o «panarabismo», fondato sull'islam non religiosamente integralista, ma politicamente antisionista ed antiamericanista, analogamente ai regimi autoritari come l'Iraq e diametralmente contrapposta al wahabismo saudita. Perciò la «primavera araba» è stata un colpo di Stato dell'islamismo wahabita e al-Qa'idista estremista contro i popoli e le Nazioni dei Paesi arabi non soggetti a Israele e agli USA (43). Come si vede il salafismoqaidista e jiaidista è radicalmente anti-nazionalista ed anti-panarabo. Di qui la guerra dei musulmani radicali contro la Siria, la Libia, il Libano, l'Iraq e la Palestina e l'estrema ferocia con cui si combatte da parte salafita il regime di Bashar al-Assad, con il sostegno del calvinismo massonico americanista e del fariseismo zelota sionista (44). Nell'ottica salafita il governante non è l'autorità in quanto legittimamente eletto, ma esso è l'autorità legittima in quanto «giusto» o santo, ossia integralmente salafita. Se il governante non è «giusto» o santo, cioè colui che governa secondo gli stretti dettami della legge divina, non è l'autorità legittima (45). Non deve, quindi, destare meraviglia se il nemico principale della Siria è l'Arabia Saudita (assieme allo Yemen, all'Oman e al Qatar (46)), mentre suoi alleati sono il Libano, la Palestina, l'Iraq e l'Iran. Anzi proprio per disintegrare l'asse dell'islamismo religiosamente moderato, ma politicamente nazionalista, che impediva la creazione, nel secondo dopoguerra mondiale, del «Nuovo Medio Oriente» (47) da inglobarsi nel «Nuovo Ordine Mondiale», gli USA e Israele si son serviti del wahabismo saudita e della jihad afgano/qaidista per abbattere -con una «guerra santa»- la Libia, la Tunisia e poi la Siria, la quale resiste ancora, anche in quanto appoggiata da Libano (Hezbollah), Palestina (Hamas), Iran, e specialmente Russia e Cina. Vedremo più avanti perché. Inoltre la Siria è il tallone d'Achille o il punto debole dell'alleanza che va dal Libano all'Iran. Quindi si cerca di abbatterla per poi colpire il Libano e l'Iran. Infine il piano destabilizzante riguardo il medio oriente non prevede, come scrive il generale Fabio Mini, «una Siria senza al-Assad, ma nessuna Siria» (48). Paolo Sensini, nel suo interessantissimo libro 1°) si chiede come mai l'antagonismo occidente/islam radicale è riuscito nel 2011 a far fronte comune per difendere la democrazia contro i governi autoritari e nazionalisti del mondo arabo 2°) osserva che l'islamismo wahabita radicale filo-occidentale è una sorta di ossimoro perché rappresenta un
fronte comune assai eterogeneo in quanto comprende l'interventismo mondiale statunitense, il neo-colonialismo franco/britannico, il fariseismo settario e 'petrol/dollifero' del wahabismo; 3°) si domanda come mai gli emirati si sentono minacciati dall'Iran e non da Israele, che pur essendosi auto-definito come «l'unica democrazia del vicino oriente» si è alleato con l'Arabia Saudita e gli emirati arabi, che sono monarchie dispotiche e tiranniche 4°) si chiede infine come mai i cristiani viventi in Siria si sentono minacciati dall'esportazione della democrazia americana ed europea tramite i sauditi mentre si sentono protetti dal dittatore siriano al-Assad? (Divide et impera, cit., p. 37-38). Sensini abbozza una prima e breve risposta: non si tratta di esportare la democrazia, ma di impadronirsi del petrolio e del medio oriente per costruire il Mondialismo globalizzante. Per far ciò occorre mascherare un fine così materiale (il petrolio e la terra) dietro un ideale umanitario, ossia l'esportazione della democrazia nel mondo arabo autoritario nazional/sociale moderatamente islamico, che rappresenta il nuovo impero del male dopo il crollo dell'URSS e che è esportatore per sua natura di uno «scontro di civiltà» tra islamo/fascismo e giudeo-«cristianesimo/calvinista» in cui la lotta contro l'imperialismo sionista e americano non ha nulla a che vedere. Bernard Lewis lancia lo «scontro di civiltà» nel 1976 Di questo «scontro di civiltà» ne ha parlato per primo lo storico dell'università di Princeton, nonché membro del 'Bilderberg club' ed ex ufficiale dei servizi segreti britannici, Bernard Lewis (The Return of Islam, in "Commentary", gennaio 1976, pp. 39-49) che ha ripreso il tema di quest'articolo nel 1979 durante la Conferenza del 'Bilderberg club' ed ha lanciato il piano di una strategia anglo/americana in alleanza col movimento wahabita e coi Fratelli Musulmani (49) per promuovere una balcanizzazione o «libanizzazione» dell'intero mondo arabo, basandosi sulle rivalità etniche e religiose, intrinseche alla sua riedificazione, scientemente volute dall'imperialismo ottocentesco dell'Inghilterra e della Francia dopo il crollo dell'impero ottomano, ed analogamente - nel Novecento/Duemila - dal neo imperialismo degli USA e d'Israele, che stanno ridisegnando il nuovo medio oriente in maniera ancor più frammentata ed esplosiva al suo interno in vista della costruzione del «Nuovo Ordine Mondiale». Successivamente Bernard Lewis, che era divenuto -con l'amministrazione Reagan, Bush padre e figlio- un pezzo grosso del Dipartimento della Difesa americano, scrisse nel 1992 un memoriale per la rivista "Foreign Affairs" del 'CFR' titolato Rethinking the Middle East (Ripensare il medio oriente). In quest'articolo Lewis prospettava una politica nuova verso il medio e vicino oriente: finita la guerra fredda con l'URSS, egli individuava nel fondamentalismo qaidista e wahabita, nemico del nazionalismo arabo e dell'islam moderato e laico, un elemento destabilizzatore e frantumatore dell'unità geopolitica del medio oriente per poterlo «libanizzare» o balcanizzare, ossia governarlo grazie alla divisione tra le tribù e le etnie che lo compongono messe in guerra permanente l'una contro l'altra. L'analista politico e storico statunitense Webster Tarpley scrive che «dal 1945 gli USA e i satelliti della NATO si sono sistematicamente contrapposti all'alternativa ragionevole del nazionalismo laico e sociale negli Stati arabi moderatamente islamici (chiamato dai neocon «islamo/fascismo»), mentre hanno favorito immancabilmente le alternative fondamentaliste, preferendo quelle più retrive e farisaiche per disgregare il medio oriente. Non si tratta di errore, ma di una ben precisa scelta politica imperialista» (50), che seminando la divisione nel mondo arabo lo governa secondo l'adagio degli antichi Romani: «dìvide et ìmpera». Paolo Sensini commenta che appena gli USA hanno cominciato ad esercitare la loro egemonia sul medio oriente, i 'Fratelli Musulmani' erano già presenti quali umili servitori degli USA per seminare l'odio tra sunniti e sciiti, sposando
l'ideologia settaria wahabita e salafita (51). Il medio oriente è strategicamente di capitale importanza per il mondialismo e la globalizzazione. Infatti esso è confinante con l'URSS, contiene i ¾ del petrolio mondiale, ed è già in conflitto costante con uno degli Stati più potenti del mondo, Israele. Si capisce che entrare pienamente nel medio oriente equivale a iniziare a mettere i piedi nella Russia, a bloccare l'avanzata economico/finanziaria cinese e a governare quasi tutto il mondo. È per questo che la Russia di Putin e la Cina sono intervenute con le loro flotte per impedire l'attacco dell'America e d'Israele contro Siria e Libano. Il delirio d'onnipotenza ebraico foriero di catastrofi Ma sino a quando gli USA riusciranno a temperare gli ardori del fanatismo zelota di Israele e Netanyahu? Solo Dio lo sa! Infatti il giudaismo è vittima di un delirio di onnipotenza, poiché si ritiene ancora l'eletto, il superiore e il prediletto tra tutti i popoli. Martin Buber scrive: «l'umanità ha bisogno del giudaismo, perché esso è l'incarnazione delle più alte aspirazioni dello spirito» (52), ed Emmanuel Lévinas continua: «L'ebraismo è necessario all'avvenire dell'umanità (…), esso è come una scala vivente che raggiunge il cielo» (53). Pierre Lévy spiega che «gli ebrei possono essere di destra o di sinistra, liberali, marxisti o ortodossi, credenti o atei, ma non possono non essere partigiani dell'Impero globale d'Israele» (54). Questa è l'unità del giudaismo rabbinico, apparentemente differenziato ma sostanzialmente uniforme; essa è una «utopia di cui l'ebraismo vive» (55) e tale scopo sta per essere raggiunto con il mondialismo, la globalizzazione e il «Nuovo Ordine Mondiale», che hanno avuto il loro exploit con le due guerre del Golfo persico (1991, 2003), ma che hanno segnato anche l'inizio della decadenza degli USA e probabilmente - nell'immediato - anche di quella d'Israele, che si appresta ad affrontare militarmente Iran, Libano, Siria e Palestina. Anche perché la cruda verità, come scrive il generale Fabio Mini, è che gli americani giocano con l'immagine falsata di un'autorità che non hanno su Israele: «quando dicono di concedere un sostegno politico a Israele in realtà si tratta di sottomissione alla potente lobby ebraica» (Mediterraneo in guerra, cit., p. 174 (56)). Hungtinton rilancia lo «scontro di civiltà» nel 1993 Quest'idea dello «scontro di civiltà» è stata ripresa recentemente da Samuel Hungtinton prima (nell'estate del 1993) in un articolo su "Foreign Affairs", la rivista del 'CFR', intitolato The Clash of Civilizations? e poi elaborato nel 1996 in un libro noto a tutti: Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, tr. it., Milano, Garzanti, 1997. Lewis riteneva di dover mettere l'estremismo wahabita e qaidista musulmano contro l'URSS per impedire ad essa di esercitare un forte influsso nell'area del mondo arabo, visto che gli estremisti musulmani avrebbero diffidato dell'URSS atea più ancora che degli USA solamente agnostici, i quali avrebbero potuto godere delle lotte tra islam radicale e URSS e, come si sa, «tra i due litiganti il terzo gode». La dottrina Lewis (57) (1976/79, 1992) ha fatto scuola tra i servizi segreti americani, britannici, i neocon (58), l'amministrazione Reagan (1980) e poi è stata rivista da Huntington (1993/1996) con l'amministrazione Bush (1990-2002) e non ha cessato di farsi sentire in pratica (anche se non sbandierata in teoria) con l'amministrazione Barak Obama, che nel vicino e medio oriente prosegue praticamente la politica di Reagan e Bush, mentre se ne distanzia solo a parole. Trozkismo e neoconsevatorismo Paolo Sensini scandaglia la comune radice trozkista (59) dei neoconservatori o «sion-con» americani (quasi tutti di origine ebraica (60)). L'idea di Trotskij della rivoluzione comunista permanente e universale è stata mutuata dai neocon ed applicata al vicino e medio oriente come esportazione della democrazia americana nel mondo intero quale fattore di lotta permanente e destabilizzatrice delle Nazioni che si vogliono dominare dopo averle sprofondate nel caos
(Divide et impera, cit., p. 48). Quest'idea ha influenzato e quasi determinato la decisone di Bush padre e figlio d'invadere l'Afghanistan (7 ottobre 2001) e l'Iraq (20 marzo 2003) e puntare poi sulla Libia, Tunisia, Egitto per giungere alla Siria, all'Iran, alla Russia e ridimensionare l'emergere del potere economico cinese. I neocon vogliono fondare una politica estera di tipo trozkista, che esporti la rivoluzione e il caos permanente e una politica interna agli USA di tipo psico-poliziesco «staliniano» condito dalla concezione affaristica del liberismo selvaggio di Milton Friedmann (61), che soffochi le persone con uno stato di «psico-polizia» per prevenire un nuovo 11 settembre e per gettare nella povertà la piccola e media classe con i mutui senza condizioni, che portino all'indebitamento i cittadini ai quali le banche toglieranno ed esproprieranno i mezzi di sussistenza privata. La trappola dell'Afghanistan: «il cimitero degli eserciti» Zbnigniew Brezinski, consigliere per la sicurezza degli USA, ha ammesso in un'intervista (V. Jauvert, Lesrévelations d'un ancien conseiller de Carter: «Oui, la CIA est entrée en Afghanistan avant le Russes», in «Le Nouvel Observateur», n. 1732, 15-21 gennaio 1998, p. 76) che il presidente americano Jimmy Carter il 3 luglio 1979 firmò la prima direttiva per fornire appoggio militare, tramite la CIA, ai mujahidin afgani oppositori del regime filosovietico di Kabul. Questo passo, racconta Brezinski, spinse fortemente l'URSS ad invadere l'Afghanistan (considerato dagli strateghi «il cimitero degli eserciti nemici») il 24 dicembre 1979 e a cadere nella trappola di una guerra durata circa 10 anni da cui l'URSS uscì nel 1989 con le reni spezzate e che segnò il declino dell'impero sovietico. Il crollo dell'URSS valeva l'appoggio ai talebani. Si capisce perché la Russia di Putin ora sostenga la Siria con tanta fermezza e quale sia l'importanza dell'esito dell'aggressione alla Siria: il 'Nuovo Ordine Mondiale' sotto l'egida di Israele, degli USA e del fondamentalismo wahabita. La questione della Siria ci riguarda non solo come uomini sociali o politici, ma anche e soprattutto come cattolici romani, che nulla hanno a che spartire con i «cristianisti» americano/calvinisti o «teo/sion/conservatori». Circa agli inizi del 1992 l'America iniziò a formulare una nuova fase della sua politica estera, che è arrivata al suo pieno svolgimento dopo l'11 settembre del 2001. Infatti nel 1992 Dick Cheney (il segretario alla Difesa degli USA) diede incarico a Paul Wolfowitz (il numero tre del Pentagono) di redigere il Defense Planning Guidance (Guida al piano di difesa), chiamato anche «piano per governare il mondo» (Plan for Global Dominance). Questo documento del 1993, che in seguito è stato comunemente chiamato «la Dottrina Wolfowitz» (riprendeva il pensiero di Bernard Lewis, 1976 e Samuel Huntington, 1993), è comparso quasi subito dopo il crollo dell'URSS a causa della disfatta in Afghanistan; esso fondeva inseparabilmente e sempre più strettamente gli interessi americani e quelli sionisti servendosi del wahabismo per evitare che sorgesse un nuovo rivale a rimpiazzare l'URSS in medio oriente. Gli USA erano oramai convinti di essere soli al vertice del potere mondiale: militarmente, economicamente, tecnologicamente e «culturalmente». Perciò bisognava cavalcare l'onda della lotta culturale tra occidente giudaico/calvinista contro il mondo arabo, servendosi dell'integralismo wahabita-salafita contro i regimi nazionalistici («islamo/fascismo») e autoritari del vicino e medio oriente. Infatti Hungtinton come Lewis pensava che le lotte del XXI secolo non sarebbero state determinate soprattutto da interessi economici o sociali, ma soprattutto «culturali», ammesso che si possa parlare di una «cultura» americana e non piuttosto di una «tecnica» o «pratica». La domanda di Lewis, Hungtinton, Wolfowitz era la seguente: come dividere il mondo, e specialmente quello arabo, dopo il crollo dell'URSS per governarlo e dominarlo totalmente? La risposta consisteva nell'asserzione di dover destrutturare le sovranità
nazionali, anche in medio oriente (la vecchia Europa le aveva già perse nel 1945(62)) e ricomporre il tutto in un mosaico di etnie, religioni e staterelli in perpetuo conflitto tra loro per esercitare la leadership americana, come scrisse senza troppa ipocrisia il "The San Francisco Chronicle" del 26 settembre 2001. In effetti, commenta Paolo Sensini (cit., p. 65), ovunque si trova al- Qa 'ida, seguono a ruota l'esercito statunitense e le grandi imprese economico/finanziarie. In breve gli USA volevano promuovere un «Nuovo Ordine Mondiale» dal caos del medio oriente, secondo il motto della massoneria «ab caohordo» (63). Tuttavia l'idealistico e «culturale» (o meglio «prammatico») scontro di civiltà fungeva da paravento per nascondere interessi molto più prosaici, ossia il dominio della terra che contiene i grandi giacimenti petroliferi ed i gas naturali mediante una barbarica dissociazione delle società civili. don Curzio Nitoglia Note 1) "La fonte ed il fine delle due guerre mondiali"; "Tre occasioni create dagli usa per entrare in guerra". 2) Cfr. S. Romano, Anatomia del terrore, Milano, Rizzoli, CS, 2004. 3) Cfr. P. Serra, Americanismo senza America, Bari, Dedalo, 2002; O. Foppiani, La nascita dell'imperialismo americano, Roma, Settimo Sigillo, 1998; A. Jennings, La creazione dell'America, Torino, Einaudi, 2003; M. Molinari, George W. Bush e la missione americana, Bari, Laterza, 2004G. Alivi, Il secolo americano, Milano, Adelphi, 1996 G. Batault, Judaisme et Puritanisme, rit., Waterloo, Javelot, 1994; A. Donno, Gli Stati Uniti, il sionismo e Israele, Roma, Bonacci, 1932; . 4) Cfr. M. Blondet, Stare con Putin, Milano-Viterbo, EFFEDIEFFE, 2004. In Russia vi sono jihaiddisti ceceni che osteggiano fortemente Putin e che sono entrati in Siria per combattere al-Assad; cfr. M. Adomanis Chechen Volunteers in Syria, in "Forbes", 24 luglio 2012. Il venerdì 12 ottobre 2012 lo sceicco al-Qaradawi, che nel febbraio 2011 aveva lanciato una fatwa condannando a morte Gheddafi, ha gridato dallo schermo della TV qatarinaAljazeera: "La Russia è il nemico numero uno dell'islam" ed ha incitato i musulmani alla lotta contro russi, cinesi e iraniani perché sostengono la Siria. (Cfr. "Al Madanar", 13 ottobre 2012). 5) In questo articolo mi baso sull'ottimo libro di Paolo Sensini, Divide et impera. Strategie del caos per il XXI secolo nel vicino e Medio Oriente, Milano, Mimesis, 2013 ([email protected]) e lo integro qua e là, invitando il lettore a studiare attentamente quest'opera, la quale getta una luce abbastanza forte sulle vicende attuali nel medio oriente, che potrebbero portare a un 'Nuovo Ordine Mondiale' sotto l'egida di Israele e USA con il wahabismo saudita quale vassallo. 6) Cfr. Madawi al-Rasheed, Storia dell'Arabia Saudita, Milano, Bompiani, 2004. 7) S. Ritter, Obiettivo Iran: perché la Casa Bianca vuole una nuova guerra in Medio Oriente, Roma, Fazi, 2007. 8) G. Chiesa, Zero2. Le pistole fumanti che dimostrano che la versione ufficiale sull'11/9 è un falso, Milano, Piemme, 2011; M. Blondet, 11 settembre 2001: colpo di Stato in USA, Milano-Viterbo, Effedieffe, 2002. 9) Si calcolano circa 4 milioni e mezzo di morti afghani nella guerra mossa dagli USA all'Afghanistan il 7 ottobre 2011. Cfr. G. Polya, 4, 5 Millions Dead in Afghan Genocide, in "Afghan Holocaust", 2 gennaio 2010. 10) Si contano circa 3 milioni e mezzo di morti iracheni nell'invasioni americane dell'Iraq del 17 gennaio 1991 e 20 marzo 2003. Cfr. S. Ross, Us-Uk Genocide Against Iraq 1990-2012 Killed 3, 3 Millions, in "Uruknet.info", 4 dicembre 2012. 11) P. Sensini, Libia 2011, Milano, Jaca Book, 2011. 12) Cfr. J. Petras, USA: padroni o servi del sionismo?, Francoforte sul Meno, Zambon, 2007. 13) Quest'articolo è stato tradotto in inglese da Israel Shahak con il titolo The Zionist Plan for the Middle East, Belmont, Association of Arab-American UniversityGraduates, 1982. 14) Ibidem, p. 78. 15) P. Sella, Prima d'Israele, Milano, Edizioni Uomo Libero, 2006. 16) E. Goldstein, Gli accordi di pace dopo la Grande guerra, Bologna, Il Mulino, 2005; Z. Brzezinski, La
Grande Scacchiera, Milano, Longanesi, 1998. 17) J. Hamilton, Il Dio in armi. La Gran Bretagna e la nascita dello Stato d'Israele, Milano, Corbaccio, 2006. 18) S. Thion, Sul terrorismo israeliano, Genova, Graphos, 2004; E. Nolte, Il terzo radicalismo, islam e occidente nel XXI secolo, Roma, Liberal Edizioni, 2012; M. Mlecin, Perché Stalin creò Israele, Roma, Teti, 2010; A. Mariantoni, Gli occhi bendati sul Golfo, Milano, Jaca Book, 1991; C. Nitoglia, Sionismo e Fondamentalismo, Napoli, Controcorrente, 2000. 19) M. Galletti, Storia della Siria contemporanea, Milano, Bompiani, 2006; F. Mini, Mediterraneo in guerra, Torino, Einaudi, 2012. 20) Si pensi a Saddam Hussein, Yasser Arafat, Muhammad Gheddafi, Ben Alì ed in parte Hosni Mubarak. 21) Durante la guerra alla Siria il giornalista John Pilger ha rispolverato questo documento nel quotidiano francese "Le GrandSoir", 9 settembre 2012, in un articolo intitolato La manièrelibérale de diriger le monde. 22) Madawi al-Rasheed, Storia dell'Arabia Saudita, Milano, Bompiani, 2004. 23) G. Corm, Il mondo arabo in conflitto, Milano, Jaca Book, 2005; M. Mamdani, Musulmani buoni e cattivi, La guerra fredda e le origini del terrorismo, Bari, Laterza, 2005. 24) G. Corm, Il Vicino Oriente. Un montaggio irrisolvibile, Milano, Jaca Book, 2004. 25) Cfr. S. K. Samir, Cento domande sull'islam, Genova, Marietti, 2002. 26) La Salafiyyah è un movimento moderno islamico nato nella metà dell'Ottocento, come il wahabismo, che si rifà agli "antenati" in arabo "salaf". Il capo dell'ideologia salafita è Jamal al-Din al-Afghani, che nel 1878 fu ammesso nella loggia massonica del Cairo di rito scozzese e nel 1883 fondò la salafiyyah, essa ha avuto l'appoggio della Gran Bretagna e pian piano ha radicalizzato, specialmente nel Novecento, in maniera farisaica e calvinista la sua ideologia (che inizialmente era modernizzante) sotto l'influsso della setta wahabita dei Saud. L'erede principale di queste due scuole di pensiero sono i Fratelli Musulmani nati nel 1928 sotto la direzione di Hasan al-Banna. Oggi i 'Fratelli Musulmani' sono il braccio politico e armato del movimento wahabita e salafita (cfr. M. Campanini, Islam e politica, Bologna, Il Mulino, 2003). I salafiti sono stati resi giuridicamente pubblici ed ufficiali a partire dalla fondazione del Regno dell'Arabia Saudita nel 1924-1932, mentre teologicamente sono diffusi anche al di fuori della Penisola arabica (cfr. S. Amghar, Le Salafisme d'aujourd'hui. Mouvementssectaires en Occident, Parigi, Michalon, 2011; B. Rougier, Qu'est-ce que le Salafisme?, Parigi, PUF, 2008). Quando nel 1924 ʿAbd Al-ʿAzīzIbnSaʿŪd prese il potere in Arabia, e lo consolidò nel 1932, il nuovo Stato adottò il wahabismo come dottrina ufficiale e trasse la sua legittimità dal possesso di due fra i tre grandi luoghi santi dell'Islam, la Mecca e Medina. Ma la sua influenza non sarebbe stata così importante se il suo territorio non avesse custodito, insieme alla Mecca e alla Medina, una straordinaria ricchezza petrolifera. È questa la ragione per cui il Regno della Famiglia Saud, costituzionalmente legittimato dal wahabismo nella sua missione spirituale tipicamente "farisaica" negli affari interni e prodigiosamente arricchito dal petrolio, giuoca un ruolo molto importante nella politica Medio Orientale, alleato - laicisticamente - e modernisticamente, con gli USA negli affari esteri. I wahabiti sauditi sono religiosamente moralisti/ipocriti e politicamente sono alleati degli USA, come i farisei dei tempi di Gesù erano alleati di Roma. Questa mentalità farisaica all'interno e libertaria all'esterno propria del wahabismo lo accomuna all'americanismo e al teoconservatorismo, che si sono costituiti su tre principali realtà: il giudaismo post-biblico, il calvinismo supercapitalistico ed il massonismo imperialistico mondialista. La monarchia saudita si è sempre sentita legittimata a proporre un regime di tipo tradizionale, teocratico e fondamentalista quanto ad assetti politici interni e a costumi (rigida separazione dei sessi). Tuttavia la Famiglia reale saudita, in politica estera, ha
mantenuto un costante orientamento filo-occidentale. Per questo è tacciata di rigorismo morale 'farisaico' interno e di doppiezza politica 'machiavellica'esterna: si rigetta all'interno del Paese farisaicamente ogni costume non-musulmano, ma si è alleati in politica estera con l'occidente americanista teoconservatore, il quale è il maggior esportatore dei costumi corrotti, che il wahabismo dice di voler combattere all'interno, mentre in realtà si serve e vive di essi, anche economicamente e militarmente, in politica estera. L'influenza del wahabismo è molto forte sui movimenti militanti contemporanei arabi e islamici, che si propongono di disegnare nuovi equilibri geo-strategici planetari in funzione dell'eccellenza del modello islamico nel medio oriente, ma con l'aiuto degli USA. Ecco come si spiega il ruolo svolto dall'Arabia Saudita nell'invasione - sotto l'egida di USA, Israele ed Ue -della Tunisia, Libia, Egitto e Siria. Inoltre il pensiero wahabita riesce ad affrontare positivamente lo spinoso problema del rapporto fra modernità occidentale ossia americanista e islam: rifiuto puramente teorico ed 'in casa propria', ma cooperazione pratica e reale nella 'politica estera'. Il salafismo jihadista qaidista, di carattere rivoluzionario, propugna la guerra santa armata e non ascetica-personale. La Siria è il "banco di prova" a partire dal quale il futuro prossimo del globo può prendere una direzione oppure un'altra. Infatti in Siria si fronteggiano gli USA ed Israele, che si servono come di bassa manovalanza dei salafiti e wahabiti qaidistitrans- nazionalisti o mondialisti - da una parte - contro l'Iran, la Russia di Putin e la Cina dall'altra, che si ritrovano a fianco di un Regime autoritario locale nazionalista e baathista. 27) A. Vanzan, Gli sciiti, Bologna, Il Mulino, 2008. 28) Cfr. C. Nitoglia, Per padre il diavolo. Introduzione al problema ebraico, Milano Cusanino, Edizioni Barbarossa, 2002, cap. XXIV, "Il sionismo, un magnifico sogno o un terribile scacco?", pp. 313-346. 29) Cfr. T. Bonazzi, Il sacro esperimento. Teologia e politica nell'America puritana, Bologna, Il Mulino, 1970; T. Iurlano, Sion in America, Firenze, Le Lettere, 2004; A. Hertzeberg, Gli ebrei in America, Milano, Bompiani, 1993; S. Bercovitch, America puritana, Roma, Editori Riuniti, 1992; G. Giussani, Teologia protestante americana, Genova-Milano, Marietti-1820, 2003 . 30) P. Sensini, Divide et impera, Milano, Mimesis, 2013, p. 30. 31) Cfr. F. Imposimato, Terrorismo internazionale, Roma, Koinè, 2002; P. Di Pasquale, Hezbollah, Roma, Koinè, 2003. 32) Cfr. Mohamed Omar, I sunniti sono oppressi in Arabia Saudita, non in Siria, in "Eurasia", 13 agosto 2012. 33) M. Campanini, I Fratelli Musulmani nel mondo contemporaneo, Torino, Utet, 2010. 34) Cfr. W. Madsen, The Donme, in "Strategic Culture Foundation", 26 ottobre 2011; M. D. Baer, The Donme: Jewish Converts, Stanford, Stanford University Press, 2010. 35) Cfr. L. Binder, Islamic Liberalism, Chicago, University of Chicago Press, 1988. 36) Cfr. F. Bugart, L'Islamisme en face, Parigi, La Découverte, 2007. 37) Cfr. P. Ménoret, Sull'orlo del vulcano. Il caso Arabia Saudita, Milano, Feltrinelli, 2004. 38) Cfr. M. Blondet, Osama bin Laden, Milano-Viterbo, EFFEDIEFFE, 2003. 39) A. G. Marshall, The Imperial Anatomy of al-Qaida, in "Global Research", 5 settembre 2010. 40) Cfr. BatharKimyongur, Le terrorisme anti-syrien et sesconnexionsinternationales, in «Internationalnews», 16 aprile 2012; Id., Syriana, la conquete continue, Bruxelles, CoulerLivres et Investig'action, 2011. 41) Cfr. B. E. SelwanKhoury, Bilad al-Sam, ritorno al Califfato, in "Limes", n. 2, marzo 2013, p. 125. 42) Cfr. Tariq Ramadan, Il riformismo islamico, Troina, Città aperta, 2004. 43) Negli anni Ottanta durante il conflitto dell'URSS contro i talebani qa 'idisti Hollywood rappresentava i mujahidin come eroi, combattenti per la libertà. In realtà essi hanno rappresentato allora le "brigate islamiche" della CIA, che li ha addestrati anche in America assieme al loro capo Osama bin Laden mentre a partire dall'11 settembre (le 'Due Torri
Gemelle') e dal 7 ottobre 2001 (invasione americana dell'Afghanistan) sono diventati il male assoluto e poi con le primavere arabe nel 2011 son tornati ad essere i patrioti della democrazia. In realtà i talebani sono stati sempre controllati dalla famiglia Sudary, che rappresenta il clan più filoamericano e filoisraeliano della famiglia reale saudita Saud; cfr. R. Baer, La disfatta della CIA, Casale Monferrato, Piemme, 2003; F. Heisbourg, Dopo al Qaida. La nuova generazione del terrorismo, Roma, Armando, 2013; W. G. Tarpley, La fabbrica del terrore made in USA, Bologna, Arianna, 2007; S. Zunes, La scatola esplosiva. La politica americana in Medio Oriente e le radici del terrorismo, Milano, Jaca Book, 2003. 44) Cfr. E. Sivan, Radical Islam, New Haven & London, Yale University Press, 1991; M. Campanini, L'alternativa islamica. Aperture e chiusure del radicalismo, Milano, Bruno Mondadori, 2012; AA. VV., Islam e occidente. Il caso del fondamentalismo islamico, Macerata, Liberilibri, 2005. 45) Cfr. B. Etienne, L'islamisme radical, Parigi, Hachette, 1987. 46) Il Qatar è uno Stato dell'Asia, retto da una monarchia assoluta ereditaria, proteso sulla costa occidentale del golfo Persico, confinante ad oriente con l'Arabia Saudita e a sud con gli Emirati arabi. Il suo territorio consiste in una striscia di 160 km di lunghezza e di 50/80 di larghezza. La sua popolazione (circa 600 mila persone) si è quintuplicata negli anni Settanta con la scoperta del petrolio nel suo sottosuolo e per i 4/5 è costituita da immigrati dal Pakistan e dell'India. In esso vi sono enormi disuguaglianze sociali. La religione di Stato è il wahabismo. Il Qatar si è costituito in sceiccato nel settecento e sino al 1914 ha fatto parte dell'impero ottomano, poi è divenuto uno sceiccato sotto il protettorato britannico ed infine nel 1971 ha ottenuto l'indipendenza e si è legato strettamente all'Arabia Saudita. La sua capitale è Doha. Assieme all'Oman e allo Yemen subisce attualmente una certa influenza dell'Arabia Saudita e notevoli infiltrazioni di qaidisti. 47) Il termine "Nuovo Medio Oriente" è stato coniato da Condoleezza Rice, l'ex segretario di Stato americano dell'amministrazione Bush, nel giugno del 2006 a Tel Aviv in contrapposizione e sostituzione al vecchio concetto di "Grande Medio Oriente"; cfr. A. Macchi, Rivoluzioni SpA. Chi c'è dietro la Primavera Araba, Lecco, Alpine Studio, 2012. 48) Due anni dopo e un giorno prima, in "Limes", n. 2, marzo 2013, p. 40. 49) Cfr. M. Campanini, I Fratelli Musulmani nel mondo contemporaneo, Torino, Utet, 2010. 50) W. Tarpley, La fabbrica del terrore made in USA, cit., p. 529. 51) M. Eliade (a cura di), Enciclopedia delle religioni: L'islam, Milano, Jaca Book, 2004; G. Filoramo (diretta da), La storia delle religioni: l'Islam, Bari, Laterza, 2005. 52) M. Buber, Judaisme, Parigi, Verdier, 1982, p 31. 53) E. Lévinas, Difficile liberté, Parigi, Albin Michel, 1995, 3a ed., p. 326. 54) P. Lévy, World philosophie, Odile Jacob, 2000, p. 12. 55) A. Memmi, La Libération duJuif. Portrait d'un Juif, vol. II, Parigi, Gallimard, 1966, p. 127. 56) Cfr. J. Petras, USA: padroni o servi del sionismo?, cit., p. 42. 57) Sulla dottrina di B. Lewis vedi Edward W. Said, Covering Islam. Come i media e gli esperti determinano la nostra visione del resto del mondo, Massa, Transeuropa, 2012. 58) G. Borgognone, La destra americana: dall'isolazionismo ai neocon, Bari, Laterza, 2004; C. Nitoglia, Dal giudaismo rabbinico al giudeo americanismo, Genova, Effepì, 2008; J. Mearshemeir - S. M. Walt, La Israel lobby e la politica estera americana, Milano, Mondadori, 2007. 59) Cfr. A. Frament, Connaissanceélémentairedu Trotskisme, Parigi, AFS, 2001. 60) Secondo uno dei massimi esponenti del neoconservatorismo americano, MaxBoot "appoggiare Israele è un principio cardine del neoconservatorismo" (What the Heckis a neocon?, in "The Wall Street Journal", 30 dicembre 2002). 61) Innanzitutto occorre sapere che Milton Friedman è stato il fondatore della Mont Pelerin Society, che è una "lobby" molto potente composta da economisti, filosofi ed uomini
politici molto influenti, riuniti in un "club", o meglio una 'Super-Loggia', per influenzare la politica interna ed estera degli USA e Gb, promuovere un mercato ed una finanza "assolutamente liberi" da ogni ingerenza dello Stato e dell'etica. La suddetta Society è nata in Svizzera, presso le terme di Mont Pelerin, da cui ha preso il nome, il 10 aprile del 1947 da 36 grandi-fratelli fondatori. La Mont Pelerin Society ha sempre cercato di passare agli occhi dell'opinione pubblica come un'innocua accademia di studiosi e non un think-tank ("serbatoio di cervelli pensanti" capaci di cambiare il mondo) politico/finanziario di tendenza anti cattolico-romana, fortemente democraticista, liberale, liberista e libertaria, quale realmente è. Uno dei suoi obiettivi è la creazione di un "Ordine Internazionale o Mondiale", che salvaguardi la Libertà (intesa come un assoluto ed un fine e non come un mezzo per raggiungere il Fine ultimo), la Pace (americana) e le Relazioni Economiche Internazionali, ossia il potere dell'alta finanza mondiale, delle Banche, deibankster e la globalizzazione mondialista anglo/americana. Tra i suoi membri, oltre a Milton Friedman, figurano anche Friedrich August von Hayek, Ludwig von Mises, Karl Popper, Walter Lippman, e per l'Italia Luigi Einaudi, Sergio Ricossa, Antonio Martino, Bruno Leoni. Tra i 76 consiglieri economici del Presidente statunitense Ronald Reagan ben 22 erano della Mont Pelerin Society. Dalla Mont Pelerin Society è nato il pensiero neocon, che ha influenzato la politica estera e la finanza americana dagli anni Ottanta sino all'Amministrazione Bush jr (2008) e continua in maniera strisciante ancor oggi ad influenzare il Presidente statunitense Barac Obama, con le relative guerre geopolitiche di esportazione della democrazia contro l'Iraq e il default o fallimento della finanza mondiale grazie ai mutui ad alto rischio, concessi da Alan Greenspan Presidente della Federal Reserve (Banca Centrale) americana, che non potevano essere pagati dai "beneficiari", i quali perdevano i risparmi e la casa. Questo default o fallimento è arrivato sino all'Europa, che ne è stata infettata e si trova in una crisi finanziaria mai vista prima, neppure nel 1929. Friedman ha influenzato a partire dagli anni Ottanta sino ad oggi (a sette anni dalla sua scomparsa), potentemente e trasversalmente, la politica (sia democratica che repubblicana) del Presidente statunitense Ronald Reagan, poi di Bill Clinton, di Bush padre e figlio e persino di Barac Obama nell'attuale congiuntura siriana; inoltre ha influenzato anche la politica europea dei Primi Ministri britannici Margaret Thatcher, Tony Blair e David Cameron rifacendosi al pensiero filosofico di Edmund Burke, Karl Raimund Popper, Russel Kirk ed anche la pratica finanziaria della "Banca Centrale Americana", alla luce del pensiero degli economisti della "Scuola di Vienna" Von Mises e Von Hayeck. Infatti da questi ultimi assieme a Friedman sono nati i Chicago boy's e i dirigenti neoconservatori dell'Amministrazione Bush (Paul Wolfowitz, Richard Perle, David Roomsfeld, Dick Cheney, eccetera), che analogamente alla "Scuola di Francoforte" (1922-1979) di Adorno & Marcuse son riusciti ad unire (da una posizione di "destra" liberal-conservatrice) il marxismo di Trotskij e il liberismo "mini-archista" (che vuole concedere il minimo spazio al potere dello Stato) se non francamente anarchico/conservatore. Adorno & Marcuse, invece, avevano sposato (da una posizione di "sinistra" anarchico-rivoluzionaria) il Trozkismo con la psicanalisi freudiana. Si può dire, perciò, che mentre Adorno & Marcuse univano sinistra e libertarismo per la conquista psicologica delle menti di tutti gli uomini (la "Rivoluzione intellettuale" del 1968), i neoconservatori sposano il libertarismo liberal-democratico con la "destra" conservatrice angloamericana per la conquista militare e geopolitica del globo (il "Nuovo Ordine Mondiale" dal 2001 al 2013). In realtà il neoconservatorismo, ispirato da Friedman, ha spinto gli USA (come braccio armato a favore d'Israele) in una guerra totale contro
l'Iraq, l'Afghanistan, il Pakistan dalla quale sta uscendo con le ossa rotte, come pure Israele ha subìto una umiliante "vittoria di Pirro" in Libano nel 2006 nonostante che avesse sganciato "oltre 1 milione di bombe a grappolo"(61) ed a Gaza nel 2008-2009 abbia gettato "bombe al fosforo bianco" nella famigerata "operazione piombo fuso". Sembrerebbe che questi ultimi avvenimenti (assieme alle "Rivoluzioni primaverili" in Tunisia, Libia, Egitto e all'imminente guerra contro la Siria nella quale il pensiero di Friedman si fa ancora sentire anche nell'Amministrazione democratica di Barac Obama) potrebbero segnare l'inizio della fine della supremazia israelo/americana, la quale nell'agosto del 2013 si straccia le vesti (come Anna e Caifa nel 33) per l'uso dei gas tossici in Siria (pur non sapendo con certezza da parte di chi), mentre i caporioni di essa hanno sganciato le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, le bombe al fosforo su Dresda, le bombe all'uranio impoverito sul Kosovo, le bombe a grappolo in Libano ed al fosforo bianco su Gaza. La crisi economico/finanziaria, che ha portato nel 2011/2013 gli USA e l'Europa sull'orlo del fallimento è iniziata nel 2005/2008, con "la più grande frode finanziaria della storia mondiale" operata dall'operatore di Borsa Bernard Lawrence Madoff e portata avanti dal Presidente della 'Federal Reserve' o 'Banca Centrale' degli USA Alan Greenspan, che -ispirato dalle teorie finanziarie di Friedman- ha iniziato con un grandioso boom economico per finire con un miserabile crack, facendo "arricchire" gli americani incitandoli a 'spendere e spandere', pur non avendo denaro sufficiente, senza paura di pignoramento, comprando e vendendo case, mediante mutui senza garanzie e coperture, che -si badi bene- non avrebbero potuto essere pagati ed avrebbero condotto infine alla miseria l'incauto compratore il quale si era accollato mutui ipotecari ad alto rischio (subprime), scientificamente studiati ed immessi - a mo' di liberismo selvaggio - sul mercato da Greenspan, le cui prodezze stiamo ancora pagando e non si sa se riusciremo ad estinguere il prestito ipotecario o a finire ipotecati ed espropriati. Il crack della "Monte Paschi di Siena" in Italia nel 2013 è una delle conseguenze collaterali dell'imbroglio iniziato nel 2005 da Greenspan. L'economia mondiale è sembrata avanzare sino al 2008, mentre era già malata da almeno tre anni ed è entrata in crisi nel 2009 per arrivare al quasi fallimento o al crack (o default, come lo si chiama adesso in maniera più soft) nel 2012. I lavoratori americani, i quali non erano in grado, come previsto, di rendere il denaro, che in realtà non avevano mai posseduto, a causa dell'aumento del petrolio e dei tassi d'interesse non son riusciti più a pagare i mutui. Quindi in brevissimo tempo milioni di case son rientrate in possesso delle banche dalle quali erano uscite solo apparentemente ("sopra la banca la casa campa, sotto la banca la casa crepa!"). Di conseguenza i poveri degli USA si son ritrovati più poveri di prima. Questo è il risultato della teoria usuraia legalizzata, e promossa con il massonico 'Premio Nobel', di Milton Friedman e fratelli. Si può concludere che come Wolfowitz ha rovinato l'esercito americano trascinandolo in guerra contro l'Iraq nel 2003, così Greenspan, ispirato da Friedman, ha disastrato la finanza degli americani trascinandoli nella bancarotta dei mutui ad alto rischio. 62) Si noti che ora in Europa a Bruxelles oltre il parlamento europeo vi è anche quello israeliano; v. First Ever European Jewish Parliament inaugurated in Brusels, in "EJU News", 16 febbraio 2012. 63) Cfr. A. Joxe, L'impero del caos. Guerra e pace nel nuovo disordine mondiale, Milano, Sansoni, 2002. Condividi
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navigamus-blog-a-vela · 4 years ago
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SAIL 2018 - Adaptive Windsurf all’Italian Slalom Tour 2018
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17 maggio 2018 - Corri sull’acqua-Windsurf 4 Amputees, il primo e unico progetto al mondo che avvicina i portatori di protesi e disabili fisici allo sport del windsurf, sarà presente quest’anno con Adaptive Windsurfall’Italian Slalom Tour a Torbole.    La seconda tappa del Campionato Italiano di Slalom 2018, intitolata 23º Trofeo Paolo Neirotti e valevole anche come tappa del Campionato Zonale AICW XIV zona, si svolgerà sabato 19 e domenica 20 maggio sull’alto Garda presso il Circolo Surf Torbole. Con Adaptive Windsurf i protesizzati e i diversamente abili potranno partecipare, per la prima volta al mondo, a un campionato. Da quest’anno infatti tutte le persone disabili con il livello tecnico necessario e regolarmente tesserate FIV (Federazione Italiana Vela) e AICW (Associazione Italiana Classi Windsurf) potranno gareggiare nelle varie classi, regatando insieme a tutti gli altri atleti e a competizione terminata avranno una classifica ufficiale dedicata. Nel 2014, con la fondazione dell'associazione sportiva dilettantistica “Action 4 Amputees", Francesco Favettini, istruttore di I Livello Tavole a vela FIV e istruttore Windsurf e SUP VDWS, ha creato il progetto sociale "Corri sull'acqua... Windsurf 4 Amputees!", il primo progetto al mondo che avvicina i portatori di protesi allo sport del windsurf, oggi ampliato a tutte le disabilità fisiche. Durante i 15 stage organizzati in diverse località italiane sono saliti sulle tavole oltre 40 ragazzi con vari tipi di protesi e disabilità. Grazie ai sorprendenti risultati ottenuti e modificando l'aspetto tecnico e la didattica, il 90% dei ragazzi che ha partecipato agli stage in Italia è riuscito a navigare. Da maggio 2017 Francesco Favettini ha aperto a Porto Pollo (Palau, Sardegna), una delle capitali europee del windsurf, il “2 Sides Porto Pollo Water Sports Center” dove chiunque sia portatore di disabilità fisiche può imparare questo fantastico sport gratuitamente e che, grazie alle attività degli associati, supporterà le attività istituzionali riservate al mondo Adaptive. Durante il Windfestival di Diano Marina nel 2016 è stata organizzata la prima regata al mondo per disabili, con la partecipazione di dieci atleti che sono stati premiati dalla campionessa Alessandra Sensini (4 medaglie Olimpiche nel Windsurf). La seconda regata è andata in scena lo scorso 2 ottobre sempre in occasione del Windfestival di Diano Marina. “Per migliorare ulteriormente l’esperienza velica” - dice Francesco Favettini - “abbiamo dotato le nostre tavole del nuovo dispositivo IDo Innovation che consente alla vela di non cadere in acqua facilitando l'apprendimento per chi ha problemi di equilibrio. Inoltre metteremo a disposizione di tutti gli amputati le nuove protesi della College Park Industries, appositamente studiate per l’attività sportiva e più stabili e comode rispetto alle normali e la nuova versione di Kingii Wearable, il più piccolo dispositivo di galleggiamento al mondo: si porta al polso come orologio, è riutilizzabile e può dispiegare in soli due secondi un cuscino autogonfiante capace di offrire 57 Newton di galleggiabilità aggiuntiva e mantenere a galla una persona di 130 Kg, un aiuto decisivo in caso di difficoltà.”.
FROM http://www.navigamus.info/2018/05/adaptive-windsurf-allitalian-slalom.html
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bergamorisvegliata · 4 years ago
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AVVOCATI COME STARS!
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Se l'estate del 2020 ha rappresentata una timida ripresa per la stagione della musica dal vivo, con i "piccoli" che si sono presi la rivincita suonando nei loro spazi e in presenza di un buon pubblico, la pausa "forzata" e "colorata" dell'autunno/inverno 2020-'21, ha imposto un enorme sacrificio, non solo ai gestori dei locali, ma anche agli stessi musicisti sempre più frastornati e destabilizzati da norme e divieti che si sono accaniti in primis su di loro.
Ma intorno ai primi mesi del 2021, alcune manifestazioni di protesta hanno permesso alle persone di rioccupare le piazze, dapprima in numeri ridotti, anche stante il clima invernale non proprio ideale per assistere a "eventi live"!
E poi, via via con l'arrivo della primavera, in modo sempre più massiccio, tant'è che non appaia un'esagerazione definire "rock" la popolarità di molti esperti del settore, in particolare tra avvocati, medici e giornalisti "contro", oltre che attori di grande fama nazionale.
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Poi, pan piano, ha preso "piede" questa "moda" che ha coinvoltog4 mesi si è svolto ininterrottamente nei fine settimana a Cesena e grazie alle relazioni di Paolo Sensini.
Poi, pan piano, ha preso "piede" questa "moda" che ha coinvolto grossi nomi del sistema alternativo giuridico italiano, diviso ma non in concorrenza, anzi in molti casi del tutto d'accordo sulle dinamiche che hanno portato alla situazione attuale.
"1000 Avvocati per la Costituzione" sorretto dall'Avvocato Polacco,
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e dall'Avvocato Lillo Musso, si è ben distinto per le "dirette facebook" sempre puntuali, sempre precise nei dettagli e curate nel fornire alle persone ogni possibilità di difesa dei Diritti Costituzionali.
Non da meno è stato il Comicost (del quale in apertura vediamo un'immagine "rock" dell'Avvocato Nino Moriggia) che grazie anche alla brillantezza e alla competenza dell'Avvocato Maurizio Giordano,
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ha fornito spunti di notevole interesse, e dalla primavera si sta facendo spazio con una serie di convegni e di manifestazioni, ultima delle quali quella di Aosta di circa 20 giorni fa.
Sotto "traccia", ma non per questo meno "gettonato", l'Avvocato Mauro Sandri,
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sempre in prima linea nelle sue battaglie contro i tamponi, i test falsati, i "vaccini", e contro ogni misura restrittiva lesiva dei diritti dei cittadini. L'ultima battaglia in ordine di tempo sostenuta da Sandri, è quella che lo ha visto annullare la chiusura del celebre locale "La Torteria" di Chivasso, che a giorni tornerà a pien operare.
Altri nomi di spicco, non solo dell'Avvocatura, ma pure tra i "politici" certo non allineati, sono quelli di Loretta Bolgan, di Sara Cunial, della Dottoressa De Mari, e della combattente Solange Hutter.
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Ma soprattutto, come non citare un nome Storico nel mondo del Cinema e del Teatro italiani? Enrico Montesano,
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si dimostra una volta di più, non solo un'intelligente personalità, ma anche abile affabulatore e dotato di ironia e arguzia, in un mondo -quello dello spettacolo- sempre più alla deriva con i suoi "miti" allineati al "maisntream" squallido e fuori luogo.
Per l'attore romano, è una nuova rinascita, meritata e supportata dall'affetto dei suoi fans, mai come in questo periodo così vicini al celebre cabarettista laziale.
Questi sono solo alcuni nomi che stanno contraddistinguendo la primavera 2021, e in mancanza di concerti...Oppure, che ne dite se si iniziasse a coinvolgere qualche "nostro" rappresentante? In fondo nomi non ne mancano, tra Canali, Severini e Ruggeri, un evento "rock live" non sarebbe da scartare, magari con il supporto dell'Avvocato "rock", Moriggia!
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mariuskalander · 7 years ago
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Liked on YouTube: SIRIA, TUTTE BALLE? Paolo Sensini https://youtu.be/hi9zIRk1sU8
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jamariyanews · 7 years ago
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L’Italia e il nodo libico
16:02 08.12.2017
Tatiana Santi
La Libia, un Paese nel caos più totale dal futuro tuttora ignoto, si ritrova al centro degli interessi geopolitici delle grandi potenze. L’attuale labirinto libico, dossier strategico per Roma, va letto nella prospettiva della guerra del 2011. L’Italia e il nodo libico.
Per comprendere a fondo il complesso scacchiere libico è fondamentale sapere le ragioni dell'attacco contro la Libia del 2011, accompagnato da un coro mediatico secondo cui Muammar Gheddafi da un giorno all'altro diventò un dittatore pazzo da distruggere. "Libia. Da colonia italiana a colonia globale" è un libro di Paolo Sensini (edito da Jaca Book) che ripercorre la travagliata storia della Libia gettando luce sulle fatidiche "primavere arabe" e sulle vicende che i media mainstream hanno taciuto.
© Foto: fornita da Paolo Sensini
Paolo Sensini, storico, analista geopolitico
 Gli interessi economici dei Paesi occidentali e le immense risorse di petrolio furono le principali cause di quella guerra che segnò l'inizio di un disastro degenerato fino ai giorni nostri. Oggi i riflettori della stampa sono puntati sul dramma dei migranti trattenuti e torturati in Libia, scenario sempre più complesso dove a scontrarsi sono gli interessi dell'Italia e dei suoi "alleati" occidentali. Quali sono le possibili soluzioni della crisi libica? Qual è il ruolo della Russia in questo contesto? Sputnik Italia ha raggiunto per un'intervista Paolo Sensini, storico, analista geopolitico e autore del saggio "Libia. Da colonia italiana a colonia globale". — Il dossier libico è di un'importanza cruciale per l'Italia. Paolo, qual è il ruolo di Roma e qual è la posta in gioco in questo scenario? — La posta in gioco è molto alta, perché con la guerra del 2011 l'Italia si è giocata il rapporto con il Paese più importante del Nord Africa, fra i più grandi produttori di petrolio dell'intero continente africano. A seguito di quel disastro, causato in primis dai francesi congiuntamente a Gran Bretagna e Stati Uniti è iniziata una catastrofe economica, sociale e politica che si è protratta fino ad oggi. Il Paese è stato lasciato nel completo caos con brandelli di governi che si contendono diverse parti della Libia. Tutto ciò con un afflusso di centinaia di migliaia di persone, forse qualche milione da quando è crollato il Paese nel 2011 verso le coste italiane.
Oggi è in discussione il dossier che il ministro Minniti aveva cercato di trattare con il governo Serraj, cioè per un possibile controllo dei flussi di migranti, ma quest'iniziativa è stata condannata dall'ONU, perché si sostiene che non si possono fermare persone in Libia per via delle torture e ci sono dei rischi di violazione del principio di non respingimento. L'ONU vanifica quest'estremo tentativo per cercare di fermare quest'afflusso continuo.
— Per capire la situazione attuale della Libia è indispensabile analizzare anche il passato del Paese. "Libia da colonia italiana a colonia globale" è il libro che hai scritto in merito. Ce ne puoi parlare? — Durante il 2011 avevo già dato un contributo con il libro "Libia 2011" in seguito ad un viaggio che feci con una delegazione internazionale in Libia. Nel 2011 ricorreva il 150-simo anniversario dell'Unità d'Italia e il 100-simo anniversario dell'occupazione italiana delle due province, la Cirenaica e la Tripolitania. Ho scritto "Libia da colonia italiana a colonia globale" perché mi sembrava fondamentale capire la storia di quel Paese. Oltre all'aspetto storico parlo dello sviluppo e delle componenti religiose in particolare della Sanusiyya, la branca islamica della Libia molto estremista, per certi versi assimilabile ai wahabiti, perché anche loro sono letteralisti. Proprio loro sono stati i protagonisti della rivolta che i media occidentali ci spacciavano per rivolta democratica. Queste persone in realtà hanno gettato nel più completo caos il Paese. Ho cercato di chiarire questi aspetti che sono poco conosciuti e di entrare nel merito delle vere ragioni che hanno scatenato quel conflitto, in particolare da parte della Francia, della Gran Bretagna, degli Stati Uniti e dei Paesi del Golfo. I Paesi del Golfo hanno contribuito non solo con soldi e mezzi, ma anche con l'informazione, pensiamo ad al Arabiya e al Jazeera. Parliamo di una vera info war nei confronti della Libia. Essendo stato lì di persona ho potuto rendermi conto, parlando con le autorità, di ciò che era avvenuto. — In Libia si scontrano gli interessi di più Paesi, frenando la soluzione della crisi alla fin fine. Qual è il gioco condotto dagli "alleati" dell'Italia? — A noi era stato raccontato durante quel periodo che si interveniva perché c'erano le fosse comuni, si rievocava un immaginario che sconvolgeva la gente, quindi si giustificava un intervento militare anche dell'Italia. L'Italia è un Paese che nel 2009 firmò un trattato con la Libia con cui c'era un'amicizia e cooperazione. Questo trattato addirittura contemplava l'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Libia qualora essa fosse stata attaccata da qualcuno. Poi sappiamo com'è andata, anche l'Italia ha partecipato a bombardarla…
© Foto: fornita da Paolo Sensini
Copertina del libro “Libia. Da colonia italiana a colonia globale” di Paolo Sensini
Perché la Francia è intervenuta in quel modo? Le ragioni sono il fulcro del problema. La Libia, in particolare Gheddafi, aveva un grave torto a loro avviso: Gheddafi era l'artefice principale dell'introduzione in Africa del dinaro d'oro, un tentativo cioè di un ridisegno dell'assetto monetario del continente africano. Si introduceva una moneta tangibile che metteva fine al saccheggio delle enormi materie prime africane pagate con carta straccia: gli americani col dollaro e soprattutto i Paesi dell'area del Sahel, ex colonie dell'Impero francese, che contrattavano con il franco CFA, moneta battuta da Parigi. Introdurre quindi il dinaro d'oro minacciava di eliminare il franco e il dollaro. — Quindi? — Questo ha scatenato uno tsunami, Gheddafi fu indicato come un nemico esistenziale degli asset finanziari africani. Le e-mail diffuse da Wikileaks fra Sidney Blumenthal e la Clinton hanno confermato questo fatto epocale. Seppure Gheddafi pagò la campagna elettorale a Sarkozy nel 2007, la Francia intervenne molto attivamente, la ragione del conflitto fu il desiderio di impossessarsi del petrolio e di scalzare l'Eni sostituendola con la Total. Togliere di mezzo Gheddafi, che era incontrollabile per questi Paesi, era un fatto importante. — Per quanto riguarda i possibili scenari per la Libia, credi che siano fattibili delle elezioni?
— La vedo molto difficile attualmente perché il quadro politico vede dei rappresentanti come al Serraj, che è un personaggio messo dagli stessi attori che hanno distrutto la Libia, cioè le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza. Chi ha organizzato il bombardamento della Libia sono gli stessi che oggi hanno inserito al Serraj. Dall'altro lato c'è Khalifa Haftar, un personaggio sicuramente più rappresentativo e più forte da un punto di vista militare. Neanche lui gode però di grande popolarità. È una situazione dove c'è un vuoto di potere.
Una soluzione, molto complessa, che potrebbe garantire a mio avviso il futuro della Libia, sarebbe provare a rimettere in gioco Saif al Islam, il figlio di Gheddafi, personaggio ben posizionato prima del crollo, il quale cercò un'apertura con l'Occidente. È stato imprigionato per molto tempo e liberato di recente. È una strada tutta in salita, ma l'unica che potrebbe avere, secondo me, un risultato in una situazione complessissima. — Qual è il ruolo della Russia in Libia dal punto di vista della partita diplomatica fra Haftar e Serraj?
© Sputnik.
Libia: prima e dopo Gheddafi
 — Secondo il mio punto di vista la Russia ha giocato molto bene le sue carte. Ammaestrata dalla vicenda siriana, dove è intervenuta a fine settembre 2015, di fatto salvando un Paese dalla devastazione dei takfiri, sta giocando nel modo più intelligente possibile la sua partita nel Mediterraneo. Con gli accordi fra Haftar e Serraj e il tentativo di mediazione anche con l'Egitto, la Russia sta facendo un'opera molto importante cercando di tenere insieme i pezzi. Mosca ovviamente fa la propria politica nel Mediterraneo, cerca di mediare delle situazioni, che gli americani avevano esasperato fino al disastro. L'abbiamo visto con le primavere arabe, dobbiamo ringraziare la signora Hillary per questo. Proprio questi giorni Putin ha dichiarato che la Siria è stata quasi integralmente bonificata, l'ISIS è stato quasi tutto debellato salvo qualche sacca. Da una parte vediamo l'importanza dell'intervento russo, d'altro canto vediamo che, pacificatasi la situazione, Israele attraverso i bombardamenti verso la Siria continua a creare una tensione pericolosa. L'opinione dell'autore puo' non coincidere con la posizione della redazione. Preso da: http://ift.tt/2jDjXka  http://ift.tt/2AXcsw1
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sportpeople · 7 years ago
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“Ridateci il calcio”, parte da qui il mio racconto di Milan-Rijeka, da questo stendardo esposto in seconda transenna della Curva Sud di Milano dal gruppo Roma 1978. Tutti desideriamo rivivere quelle emozioni che trasmetteva proprio quel “vecchio calcio” di cui abbiamo tanta nostalgia, per chi lo ha fortunatamente vissuto o per chi sfortunatamente ne ha solo sentito parlare.
Il classico martedì della Coppa delle Coppe, la Coppa Campioni di mercoledì e la Coppa Uefa di giovedì, in orari diversi per ciascuna gara in base al fuso orario, con partite proposte magari in un’affascinante differita, lì dove le distanze erano ancora improponibili per le trasmissioni. Quelle distanze che ieri sembravano troppo lontane e che oggi sono tremendamente vicine grazie alle innovazioni tecnologiche.
Sì perché spesso il progresso non è sempre sinonimo di vantaggio e di benessere ma può essere talvolta intollerabile per chi ci viveva bene anche senza o che avrebbe potuto anche conviverci bene se non vi fossero state immolate tutte le proprie tradizioni.
L’inconfondibile voce telefonica di Bruno Pizzul e Alfredo Provenzali, le affascinanti storie europee del Vicenza di Lamberto Zauli e Pasquale Luiso o del Parma di Dino Baggio e Nestor Sensini che non potevano non coinvolgere chi il calcio lo viveva con passione.
Magliette non troppo sofisticate, colori sociali di appartenenza, pochi sponsor, numerazione classica da 1 a 11 senza nomi sul retro. I calciatori non erano di certo prime donne come oggi, lo testimoniano i baffi inconfondibili di un certo Pietro Paolo Virdis, la chioma dorata di Stromberg, la grinta di Rizzitelli e da qui ne potremmo nominare tantissimi altri che senza tanti estetismi primari sono rimasti nel cuore di chi è innamorato del pallone.
Quella passata Coppa Uefa oggi ci viene riproposta come Europa League, con orari standardizzati per tutte le partite alle ore 21.05 oppure alle 19.00. La gente non ne è più particolarmente coinvolta: troppe gare da disputare prima di giungere alle fasi cruciali, chi è a casa spesso non la segue nemmeno in TV e gli stadi continuano ad essere sempre meno affollati come il San Siro in questa gara che di certo non richiama il pubblico delle grandi occasioni. Cosa diametralmente opposta invece accade in altri paesi, come quelli dei Balcani, per esempio, che visti più da vicino in questi ultimi anni attirano sempre più gli interessi del nostro paese fino adesso affezionato e radicato al movimento ultras nostrano.
Ed è proprio lì, in alcune nazioni, che non solo il calcio ma lo sport in generale può diventare sinonimo di rivalsa sociale e viene vissuto con acceso orgoglio e passione. Ad emergere è quel senso di appartenenza che spinge ben oltre quello che può essere il semplice sostegno per i propri colori, dove sostenere la propria squadra in altre città, oltre i confini della propria terra, alimenta quel giusto valore di patriottismo che rende ammirevole e a tratti unica una tifoseria e persino un intero movimento ultras.
È il caso, quest’ultimo, dei sostenitori Croati del Rijeka che in questo match sono presenti in oltre 4 mila, sistemati in quel settore ospiti al terzo anello della Curva Nord di San Siro che non rende giustizia alle tifoserie avversarie che giungono al Meazza. Un sostegno incondizionato per tutta la durata della gara a prescindere dal risultato in campo; vari bomboni esplosi e tantissime torce accese, molte delle quali lanciate sul terreno di gioco durante alcune fasi del secondo tempo, causandone la sospensione per un paio di minuti.
Dall’altra parte, della Curva Sud c’è poco da rimarcare. Nonostante qualche spazio vuoto, il sostegno ai rossoneri non è mai mancato. Ottimo il compito di coordinazione dei vari lanciacori che, posti sui diversi striscioni e a distanze notevoli, hanno gestito con grande unità di intenti un settore così ampio come il primo anello di San Siro.
Bandieroni in movimento soprattutto nelle fasi iniziali e finali della partita che hanno creato davvero un ottimo impatto visivo. Il ritorno dell’utilizzo dei tamburi poi, ha permesso che il tifo non subisse particolari cali, dove la dimestichezza di chi lo suona in sintonia con la giusta interpretazione della gara da parte del lanciacori, hanno permesso di rifiatare nei momenti opportuni con ritmi coinvolgenti di battimani.
Anche se prima e al termine della partita non si sono verificati episodi tali da essere riportati, all’interno dello stadio sono stati molteplici i cori avversi che si sono scambiati le due tifoserie, con i Croati in questo caso protagonisti e artefici di un ottimo lessico italiano.
Lello Onina.
Milan-Rijeka, Europa League: quel che resta dei sogni “Ridateci il calcio”, parte da qui il mio racconto di Milan-Rijeka, da questo stendardo esposto in seconda transenna della…
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kristiansensini · 7 years ago
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Laboratorio di Musica per Film Centro Sperimentale di Cinematografia
Gli aggiornamenti scarseggiano un poco ultimamente, non perchè non abbia novità importanti…tutt’altro sono talmente tante che non riesco nemmeno a parlarne come vorrei.
Il mese di Luglio ad esempio sono stato impegnato a Roma dove ho avuto l’onere e l’onore di organizzare insieme a Sergio Bassetti e Adriano De Santis il Laboratorio di Musica per Film del Centro Sperimentale di Cinematografia.
La direzione artistica è stata affidata a Pivio (che tutti conosciamo come 50% del duo Pivio e Aldo De Scalzi).
17 giovani compositori, dopo una attenta selezione, hanno partecipato per due settimane ad una incredibile full immersion nel mondo della Musica per il Cinema, hanno avuto modo di incontrare tanti compositori ed esperti del settore come il premio Oscar Nicola Piovani e Paolo Buonvino, confrontarsi con i giovani registi del Centro Sperimentale e con affermati autori come Gianni Amelio, imparare i trucchi del mestiere da tanti maestri tra i quali cito in rappresentaza Federico Savina, vera e propria gloria del suono del Cinema Italiano. Una giornata è stata dedicata alla Steinberg, il product specialist Franco Fraccastoro ha presentato agli studenti Cubase 9 ed il nuovissimo software di notazione musicale Dorico.
A Settembre i compositori, ai quali sono stati assegnati dei cortometraggi di allievi del Centro Sperimentale, torneranno a Roma dove dovranno dirigere le registrazioni di un quartetto d’archi che eseguirà le loro colonne sonore, un’esperienza professionale che sicuramente lascerà il segno.
Nel mio canale Youtube ho postato un paio di video dove illustro nei dettagli il corso, ovviamente consiglio a tutti di visitare il sito http://ift.tt/2s6L2i3 e di scrivere alla mail [email protected] per essere prontamente aggiornati su nuove edizioni del corso, i posti sono sempre limitati!
    from Kristian Sensini – Film Composer http://ift.tt/2vu2mid
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libreriamilitareblog · 7 years ago
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Incontro con l’Autore: Paolo Sensini, la Siria e la Libia e gli interventi occidentali
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La Libreria Militare è lieta di invitarvi Giovedì 18 Gennaio 2018 – ore 18.15 presso la Libreria Militare Via Morigi 15 – 20123 Milano all’incontro  con l’autore Paolo Sensini che discuterà i suoi due volumi “Libia. Da colonia italiana a colonia globale” e “Siria. La strategia del caos sotto i nostri occhi”  (entrambi Jaca Book). Nei primi mesi del 2011, a cent’anni esatti dall’impresa coloniale…
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atomicgiveranchor-blog · 3 years ago
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Riempire Piazza Duomo! Con Paolo Sensini e Gian Marco Capitani
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