#POLITICOS RANCIOS
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prechy0000 · 2 years ago
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#carnavalesco
Dentro de poco os paso con la señorita que se encarga de los audios. No se muerde los carrillos y habla sin lengua pero, ¡tiene una voz, tan dulce..! “Tempos de carnaval” ¡Vide! ¡Vide meus meniños! Acercádevos a este Reino de Anás e Caifás. É digno de admirar e penso queimalo todo. Tempos de festa, tempos de carnaval, de aventuras e desventuras onde grandes e feitiños ou  aqueles que no o son…
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gregor-samsung · 6 years ago
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Quando Pin arriva è l'ora del rancio e tutt'a un tratto si ricorda d'aver molta fame. Danno una scodella anche a lui e lo mettono in coda. Tra i detenuti sono molti renitenti alla chiamata alle armi e anche molti per reati annonari, macellatori clandestini, trafficanti in benzina e in sterline. I delinquenti comuni sono rimasti in pochi, ormai che nessuno da più la caccia ai ladri; gente che aveva da scontare vecchie condanne, e non è più in età di chiedere l'arruolamento per avere il condono. I politici si distinguono per i lividi che hanno sulla faccia, per il modo come si muovono con le ossa rotte dagli interrogatori. Anche Pin è un «politico», lo si vede subito.
Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, Einaudi (collana I coralli, n° 11), 1964 [1ª ed. originale 1947]; p. 62.
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giancarlonicoli · 4 years ago
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7 ago 2020 13:21
"I MIGRANTI SI SONO MANGIATI I MIEI CANI" – VIAGGIO NELLA LAMPEDUSA DELLA DIFFICILE CONVIVENZA TRA CHI DENUNCIA DI AVER VISTO TRASFORMARE IL SUO ETTARO DI TERRA IN UNA DISCARICA (E DI AVER VISTO SPARIRE GALLINE, CAPRETTI E QUATTRO CAGNOLINI) E I MIGRANTI DELL’HOTSPOT CHE VIVONO IN CONDIZIONI DISUMANE: IN UN METRO QUADRO C’È CHI FA I SUOI BISOGNI E POI MANGIA. UN FORO NELLA RETE CHE DELIMITA IL CENTRO PERMETTE LORO DI USCIRE: TUTTI LO SANNO, MA NESSUNO PROVVEDE. RIPARARLO SCATENEREBBE L’INFERNO…
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Salvatore Dama per "Libero Quotidiano"
Prima del porto nuovo c'è una strada sulla destra. La riconosci perché, all'angolo, c'è un tizio che affitta mute da sub. Sono vie che conoscono solo i lampedusani. Molti di loro abitano nell'entroterra. In fincas monopiano perimetrate da muretti di pietra viva. La loro altezza non supera il metro da terra. Facilmente scavalcabili. Ma prima, quando le hanno costruite, bastavano quelle.
Nel senso, per delimitare la proprietà privata. A Lampedusa i residenti sono quattromila. D'inverno. Si conoscono tutti. O quasi. Si chiamano per nome, per soprannome o con un patronimico. Poi - ti spiegano - la pace è finita con gli sbarchi. Quando l'hotspot di Contrada Imbriacola è al collasso, per le troppe presenze, nelle aree circostanti è l'anarchia, vige la legge della giungla. La strada sulla destra, dicevamo. La si percorre per un tot, poi si gira a sinistra. Finisce l'asfalto e comincia lo sterrato. Poi termina lo sterro e partono i sassi.
Alla seconda intersezione sei in mezzo al nulla. Ma sei vicino all'hotspot. Lo sai perché incroci gruppetti di tunisini. Camminano in due o tre, al massimo quattro. Sono reclusi nel centro di prima accoglienza. In quarantena, per via del coronavirus. Sì vabbè, reclusi Ciaone. La rete che delimita il lato Nord è bucata. Un bello sbreco. Basta tirare giù la testa e in un attimo si è fuori. Le autorità lo sanno e non fiatano. «Se chiudono il buco, dentro l'hotspot succede il finimondo.
Come nel 2016», ricorda Attilio Lucia, vice coordinatore della Lega lampedusana, «quando i migranti diedero fuoco a un plesso». È una valvola di sfogo. Alcuni ragazzi escono per comprare frutta e farsi due passi sul lungomare. Altri sono meno educati. Si portano fuori i materassi in gommapiuma. Le coperte di pile. Le vaschette con i cibi precotti della mensa. Qualche birra comprata al market giù al porto. E si dirigono nelle campagne attigue.
IL DRAMMA DI ROSY... Una di queste appartiene a Rosy. Ed è disperata. Sono quattro anni che sporge denunce. Inutilmente. Il suo ettaro di terra è diventato una discarica. Negli anni ha raccolto centinaia di plaid, monnezza, cocci di bottiglie, escrementi. Ha dovuto fronteggiare un gruppo di dieci migranti ubriachi. Ma c'è di peggio. Le sono sparite galline, capretti e quattro cagnolini.
«Se li sono mangiati», è la sua sentenza. Orripilante. Tuttavia è dura credere che i tunisini apprezzino il barbecue canino. Karin, per esempio, ha un palato gourmet. Ci incrociamo lungo il sentiero ciottoloso che porta al buco. Canotta Nike Jordan, shorts di jeans e borsello, si dirige verso il paese per fare acquisti.
«Vado a comprare qualcosa da mangiare», annuncia, «oggi, a mensa, c'era un pezzetto di pane così» - fa un gesto con la mano per mimare l'esiguità del rancio - «e una salsiccia di tacchino. Poca roba». Parla abbastanza bene l'italiano. Ma non è qui da noi che sta pianificando il suo futuro. «Devo andare in Francia», precisa, «lì c'è mia moglie».
...E QUELLO DI KARIN Karin rimpiange i tempi di Ben Alì: «Prima almeno rubava uno solo, ora rubano tutti». Il trasbordo in barca gli è costato «cinquemila dinari, mille e cinquecento euro, più o meno». È al quattordicesimo giorno di permanenza. Ha finito la quarantena. Tra qualche ora lo porteranno altrove.
Ed è contento: «Qui fare la cacca è un problema», confessa, «devo uscire, portandomi dietro una bottiglia d'acqua, e farla sotto un albero». In effetti le frasche adiacenti al buco sono oltre il limite della tolleranza. Un ammasso di materassi, rifiuti e merda. Annunciato da nuvole di mosche e un tanfo nauseante. Ieri a Lampedusa è sbarcato Sami Ben Abdelaali, deputato tunisino. Voleva sincerarsi delle condizioni dei suoi connazionali presso l'hotspot.
Ma è stato rimbalzato. Attraverso il prefetto, il ministro Luciana Lamorgese gli ha negato il permesso di visitare Contrada Imbriacola. Un mezzo caso diplomatico. Abdelaali è stato ricevuto dal sindaco Salvatore Martello. Occasione in cui si è lamentato dell'atteggiamento del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il quale ha annunciato di voler tagliare i fondi della cooperazione destinati al suo paese.
Poi il membro del Parlamento di Tunisi si è seduto a un tavolino di un bar del porto vecchio e ha incontrato una delegazione di tunisini ospitati presso l'hotspot. La situazione dentro è davvero drammatica, ha appreso il politico nordafricano. Ci sono ancora quasi settecento persone laddove ne dovrebbero essere ospitate 97. Condizioni inumane, hanno raccontato i migranti: «I servizi igienici sono insufficienti.
Nello stesso metro quadrato, c'è chi mangia, chi piscia e chi si china per cagare». Data l'assenza di spazi, si dorme anche nei plessi resi inagibili dall'ultimo incendio. E lì oltre ai wc mancano pure le docce. C'è una pompa. Dove ci si lava a turno. Ma visto che era motivo di risse tra gli ospiti, è stata eliminata pure quella.
In sostanza, non ci si lava proprio. In nottata dovrebbe calare il maestrale, consentendo alla nave-quarantena di fare un nuovo carico di migranti. Se non bastassero i guai, in fase di manovra la Azzurra ha tranciato dei cavi telefonici lasciando Lampedusa senza internet. O quasi.
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toscanoirriverente · 8 years ago
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Dopo Renzi, sul patibolo dei giustizialisti finirà anche Beppe Grillo
(...) Nel ’92-‘94, caso unico in Europa, ben cinque partiti e relativi leaders e una buona parte della classe  politica circostante scomparirono di scena non per il voto degli elettori, ma per la “sentenza anticipata” espressa dagli avvisi di garanzia urlati dai TG e dai titoli dei famosi quattro quotidiani (Corriere della Sera, Repubblica, Stampa, Unità) consorziati fra di loro in una sorta di pool parallelo a quello costituito dai pm di Mani Pulite. In primo luogo Craxi, poi Forlani, quindi larga parte dei gruppi dirigenti della Dc e del PSI, furono additati al pubblico ludibrio: “il cinghialone” non poteva non essere colpevole e i fascio-comunisti celebrarono la loro piazzale Loreto a largo Febo davanti all’Hotel Raphael con il lancio delle monetine. Che poi un bel po’ di quei comunisti e di quei fascisti successivamente sono anch’essi finiti in guai giudiziari è un’evidente testimonianza della veridicità del motto “chi la fa l’aspetti”.
Non parliamo poi di quello che è avvenuto nei 20 anni successivi, dal 1994 al 2013. Il ventennio berlusconiano è stato scandito dalle operazioni delle procure che sono andate dalle ipotesi stragiste (secondo esse Berlusconi e Dell’Utri erano i registi o addirittura, secondo qualche versione più hard, gli esecutori della strategia della tensione del ’92-’93 che ha disseminato di bombe alcune città italiane),  a “normali” reati di corruzione e di concussione, fino alle trasgressioni criminal-sessuali con le famose olgettine colte fior da fiore fra Casoria, la Puglia, Roma e Milano, anch’esse oggetto di travolgenti iniziative giudiziarie con tanto di perquisizioni, pedinamenti, intercettazioni, ovviamente tutti comunicati in diretta a gazzette e telegiornali in omaggio al segreto istruttorio.
Poi da quando una legge incredibile, che prevede l’esclusione dal parlamento per una sentenza di primo grado e che fu per equità accompagnata addirittura da una interpretazione retroattiva, ha parzialmente messo fuori gioco Berlusconi, allora dopo una una breve fase sospensiva per carenza di soggetti,  ecco che nel mirino è entrato il PD, anche per una sorta di nemesi storica: grazie all’occhio di riguardo usato a suo tempo da Mani Pulite, quello del PD è l’unico sistema di potere rimasto in campo.  Di conseguenza nell’occhio del ciclone sono finiti il PD e i suoi alleati di governo. Anche in questo caso, però, fra la demonizzazione realizzata per via giudiziaria e mediatica e i risultati processuali c’è stato uno squilibrio che avrebbe dovuto mettere in imbarazzo quei magistrati e quei giornalisti che per giorni e giorni hanno lavorato a stretto gomito per mettere il mostro in prima pagina: prosciolta Federica Guidi, cancellato dalla Cassazione il rinvio a giudizio di Clemente Mastella, prosciolto Ettore Incalza, assolto Vincenzo De Luca: poi la stessa sorte ha riguardato Salvatore Margiotta, Vasco Errani, Ilaria Capua così come Antonio Penati e poi Ignazio Marino.  L’apoteosi viene raggiunta con Stefano Graziano messo alla gogna da tutte le gazzette, che invece hanno taciuto, per ragioni di riserbo, quando le accuse per concorso esterno in associazione mafiosa sono state archiviate. Sul lato politico opposto dopo analoghi fuochi d’artificio di giornali e di televisioni le assoluzioni o i proscioglimenti hanno riguardato Luigi Cesaro, Antonio D’Alì, Maurizio Gasparri.
Adesso il grand guignol viene apprestato nei confronti di Matteo Renzi.
Nel passato sono state poste in essere due metodologie. Nel caso Craxi si è seguito quello dell’attacco frontale: uno che ha l’aspetto del “cinghialone” non solo non poteva non sapere ma era certamente “un grande criminale”. Come disse Francesco Rutelli “non vediamo l’ora che Craxi prenda il rancio a Regina Coeli”. L’altra metodologia è invece quella della manovra avvolgente: si comincia con i padri, i figli, le mogli, gli amici, per poi arrivare al bersaglio principale. A quanto sembra nei confronti di Matteo Renzi si sta seguendo questa seconda metodologia. Per ora il “cinghiale” è Tiziano Renzi. Allora nel suo caso tutto è buono. La lettera T scritta su un “pizzino” recuperato da una discarica è certamente riferita a Tiziano Renzi, le ��bistecche” sono certamente le tangenti. Poi ovviamente viene preso per oro colato quello che dice un cavaliere senza macchia e senza paura come l’attuale amministratore delegato della Consip, Luigi Marroni, che adesso ricorda che tale Russo gli disse che Tiziano Renzi lo minacciava avendo in mano la sua carriera: ma perché Marroni non si è rivolto subito ai magistrati? Questo e molto altro ancora viene miscelato e poi rilanciato da un giornale ad un talk show con i direttori dei quotidiani e i conduttori televisivi che si rilanciano la palla. In questo modo il processo è fatto, le condanne sono già date, la Cassazione si è pronunciata nel terzo grado di giudizio. Matteo Renzi tramite suo padre, Luca Lotti e quanti altri è certamente colpevole: tutti quanti devono salire sulla carretta che li porti alla ghigliottina. Meccanismi di questo tipo sono inarrestabili. Così alla fine, dopo il taglio di tante teste finirà al patibolo anche Beppe Grillo, nel tripudio delle tricoteuses e di Di Maio, di Fico, di Di Battista e della Lombardi. No, grazie, non partecipiamo a questo suicidio in diretta televisiva dell’Italia.
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horizontemexiquense · 5 years ago
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CRUCIAL, RETO POLITICO-SOCIAL PARA TODOS LOS MEMBRETES PARTIDISTAS
CRUCIAL, RETO POLITICO-SOCIAL PARA TODOS LOS MEMBRETES PARTIDISTAS
Encarar la realidad, debe ser la principal preocupación de los “gerentes” nacionales, de todos los “partidos” políticos que se “mantienen”, — con los impuestos de todos los causantes mexicanos, — amparados por el grupo de la partidocracia estatal, en la misma etapa están los”gerentes” estatales en el Estado de México, el tema es obligado porque los relevos, revuelcan viejos rencores, rancios…
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