#Moscato dello Zucco
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Il Marsala e i vini di Sicilia
Il Marsala appartiene alla categoria dei vini speciali. Si prepara dai cosiddetti Marsala vergini, bianchi ad alto tenore alcoolico, adeguatamente invecchiati e corretti con l’aggiunta del sifone, cio�� di mosto d’uva appassita.
Il Marsala siciliano viene rinforzato con alcool; dopo quattro anni di stagionatura in botte raggiunge l’età della beva.
I Marsala vergini sono prodotti in alcune località delle province di:
Trapani
Palermo
Agrigento
L’autentico Marsala una volta maturo si veste di un bel colore arancione, sprigiona un aromatico “bouquet” in cui si fonde l’odore dei fiori di sambuco, del tiglio e della noce moscata, manifesta un’alcoolicità sui diciotto gradi. Può essere secco, dolce o a sapore speciale di cacao, fragola, nocciola, mandorla.
La Storia del Marsala
A creare il vino Marsala fu l’inglese John Woodhouse che, venuto per diporto nel 1773 a Marsala e assaggiato il meraviglioso bianco del luogo, ebbe l’idea di esportarlo nel Regno Unito.
L’impresa parti a gonfie vele, ma le autorità marsalesi cercarono, con perfetta incoscienza, di mandarla in fallimento mediante l’imposizione di onerosi gravami fiscali;
Woodhouse, che tra l’altro era amico dell’ammiraglio Nelson, seppe in modo intelligente stornare la minaccia.
Passata la tempesta e aumentato il volume delle esportazioni, altri inglesi vennero a stabilirsi nella cittadina siciliana, la qual cosa spingeva il governo di Sua Maestà britannica ad aprirvi un consolato.
Da questi piccoli eventi sposati a fortuite circostanze nasceva poi il fatto che contribui, sia pure indirettamente, alla formazione dell’unità d’Italia. Ed ecco il fatto cosi come accadde.
Pochi giorni prima dello sbarco di Garibaldi arrivava a Marsala il generale Letizia, inviatovi dai Borboni per sedarvi una piccola rivolta e per precauzione ordinava a tutti i cittadini la consegna delle armi.
Il console inglese, parendogli che l’ordine non riguardasse i sudditi britannici, andò a chiedere spiegazioni al generale e questi gli rispose che la disposizione valeva per tutti.
Sentendosi indifeso, il console chiamava da Malta due navi da guerra che gettavano l’ancora in porto. Nel frattempo da un lato arrivava Garibaldi e dall’altro una corvetta a vapore del governo borbonico.
Sparando, la corvetta avrebbe colpito i legni inglesi e perciò dovette aspettare che i britannici si togliessero di mezzo, ma quando poté aggiustare il tiro i mille erano quasi tutti sbarcati.
Se non ci fosse stato il Marsala, vino allora inglese, non ci sarebbero state le navi di Sua Maestà britannica e senza le navi di mezzo i mille sarebbero diventati cinquecento e forse meno.
Oltre al Marsala la Sicilia fornisce una dozzina di vini da seconde mense:
i Moscati di Pantelleria, di Noto, di Siracusa e Zucco, il Capo Lilibeo, il Passolato di Trapani, il Passito di Misilmeri, la celebre Malvasia di Lipari nelle versioni secca e dolce, quella di Milazzo, il prestigioso Albanello, il Mamertino, l’Ambrato di Còmiso, che deliziano l’occhio, il palato, l’olfatto e che ammantano la loro possanza in un morbido guanto di velluto.
Pure nutrita è la schiera dei vini da pasto, da pesce e d’arrosto, ma soltanto pochi dispongono di una precisa denominazione: i bianchi Alcamo, Segesta, Taormina, Cariddi e i rossi Frappato o Cerasuolo di Vittoria, Faro, Ombra di Mascalucia, Pachino. Il Corvo, il Capo di Milazzo, l’Etna, il Ragalna, l’Anapo, L’Eloro hanno il tipo bianco e il tipo rosso.
I nomi dei vini siciliani sono:
Etna (rosato, rosso)
Marsala
Moscato di Pantelleria
Moscato passito di Pantelleria
Alcamo o Bianco Alcamo
Cerasuolo di Vittoria
Moscato di Siracusa
Malyasia delle Lipari
Moscato di Noto.
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Muscarò 2015, 100 punti al Bioweinpreis Prima volta in otto anni di concorso
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Muscarò 2015, 100 punti al Bioweinpreis Prima volta in otto anni di concorso
In 8 anni di concorso del “Bioweinpreis, International organic wine award” mai era accaduto che un vino raggiungesse il massimo punteggio. Ce l’ha fatta questo vino, che la Cossentino di Partinico (Pa) produce dal 2015.
Si tratta di un vino fatto di uve di Moscato delle Rose raccolte tardivamente e vinificate nella maniera più semplice e sincera possibile.
Al concorso che si definisce tra i più significativi al mondo per i vini biologici, tenutosi a Frasdorf in Germania, hanno partecipato 1.094 vini provenienti da 25 nazioni. I risultati si sono conosciuti nei primi di luglio ma questo eccezionale premio è passato inosservato dai media sia per una non razionale lettura dei risultati nel sito del concorso sia per colpevole mancanza di opportuna comunicazione da parte dell’azienda per cui oltre ad essere penalizzata essa stessa, lo sono stati i consumatori che non hanno avuto la possibilità di conoscere e gustare tale delizia.
Cossentino è un’azienda familiare che, dopo aver venduto per anni vino sfuso, dalla fine degli anni ’90 comincia a sperimentare le varietà più adatte con la consulenza dell’Istituto regionale della vite e del vino oggi diventato del Vino e dell’olio (Irvo). Estirpa la maggior parte del Catarratto, fin allora il più diffuso ma lasciando le viti migliori allevate ad alberello, immettendo Nero d’Avola, Grillo, Chardonnay, Cabernet e Syrah. Contemporaneamente inizia a realizzare la cantina cosicchè dal 2006 ha il piacere di commercializzare le sue prime bottiglie. Oggi i vigneti, tutti biologici, sono arrivati a 15 ettari nelle colline partinicesi a quote tra i 350 e 450 metri, 14 le etichette; Nino Cossentino, il capo famiglia si occupa della campagna, il figlio Francesco della commercializzazione, enologo è Salvatore d’Amico.
Il Moscato delle Rose è un vitigno raro forse proveniente dalla Dalmazia che ha avuto un pò di diffusione nel Trentino-Alto Adige. È stato scelto da Cossentino dopo la sperimentazione, sempre con la consulenza dell’Irvo, tra i moscati Bianco o dello Zucco, Giallo, d’Alessandria, per cui oggi è in giovanissima produzione circa un ettaro di vigneto. È caratterizzato dalla buccia viola e dal profumo di rosa, onde il nome.
Francesco e Nino Cossentino
La vendemmia inizia dalla fine di agosto quando i grappoli sono appassiti, ma non troppo per mantenere una buona acidità con una resa di solamente 30 q/ha. Fermentazione in acciaio con lieviti spontanei per circa un mese, quindi almeno un anno di affinamento in tonneau da 500 litri. Filtrazione grossolana e piccolissima aggiunta di solfiti solo in fermentazione.
Nel calice il colore è granato quasi impenetrabile con riflessi viola. Al naso inizia una sinfonia di note di rosa, confettura di frutti rossi su un sottofondo di miele e di fichi secchi, sentori balsamici quasi mentolati. È incredibile per fascino ed eleganza, per il suo ventaglio complesso tanto che è difficile non continuare ad affondarci il naso. In bocca è denso con un ingresso dolce ma non troppo mentre la sinfonia va crescendo con un pieno di orchestra dove i solisti sono la struttura, la dosata acidità, il tannino più che vellutato. Una sinfonia che eccelle per armonia e per un’intensità che si va spegnendo molto lentamente.
Muscarò è un vino da dessert che emoziona, dalla dolcezza gentilmente equilibrata, dall’olfatto suadente e dal palato ampio e complesso. Lo destinerei al salotto accompagnando dei dolcetti di mandorla o dei formaggi stagionati, ma se lo degustate da solo non potrete che apprezzarlo maggiormente nella sua esclusività. Sono solamente mille bottiglie da ½ litro che in enoteca troverete sui 25 euro, e siccome non è facile trovarlo rivolgetevi direttamente all’azienda.
Per informazioni: www.cossentino.it
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